Febbraio 2nd, 2010 Riccardo Fucile RENATA DIFENDE GLI IMMIGRATI, PROPONE NORME A TUTELA DEI DIRITTI DELLE COPPIE NON SPOSATE, PARLA DI EDILIZIA POPOLARE: NEL PDL E’ PSICODRAMMA…”SI ATTENGA AL PROGRAMMA” DICONO GLI EX SOCIALI ALEMANNO E STORACE… “NEI MANIFESTI NON HA MESSO IL SIMBOLO DEL PDL E NEMMENO IL NOME DI BERLUSCONI”: MEGLIO, FORSE COSI’ PRENDE QUALCHE VOTO IN PIU’
Sinistra spiazzata, centrodestra in pieno psicodramma: “meno male che Renata c’è”, verrebbe da cantare, mutuando i salmodianti cori forzaitalioti.
E’ bastato che la candidata del Pdl alla presidenza della Regione Lazio parlasse di “edilizia popolare e riforma della sanità al fine di dare una casa decente e un servizio ospedaliero adeguato al popolo laziale” e già i notabili del partito hanno avuto una crisetta, pressati dalle telefonate di qualche loro amico costruttore e di qualche proprietario di cliniche private.
Quando poi ha contestato giustamente (dati alla mano) l’improvvida frase del premier “meno immigrati=meno criminalità “, sostenendo che “immigrazione non è assolutamente sinonimo di violenza”, la Polverini ha suscitato i latrati dei leghisti della padagna del magna magna e dei suonatori di corte di Palazzo Grazioli.
Ora è uscita con un concetto semplice sulle coppie di fatto, ovvero quelle che convivono senza essere unite in matrimonio.
Ecco il testo: ” Al centro della mia politica c’è e ci sarà sempre la famiglia, istituzione cardine della nostra società .
Sono nettamente contraria a qualsiasi forma di unione che possa apparire come un’altra forma di matrimonio o come un surrogato della famiglia tradizionale. Ma credo che chi compie scelte differenti debba poter trovare delle forme di tutela per diritti fondamentali, che sono del resto previste dalla Costituzione e dal codice civile.
Non si tratta di una scelta ideologica, ma di una semplice questione di buon senso. Chi sceglie di non contrarre matrimonio, religioso o civile che sia, oggi è costretto a seguire strade tortuose per veder concretizzati diritti e doveri reciproci”.
Se questi concetti, che valgono in tutti i Paesi civili, di dare norme che regolino anche le unioni di fatto, ha scatenato le fobie di qualcuno nel centrodestra, sono problemi loro.
Fa specie che tra i primi a lagnarsi sia stata una delle ex coppie di fatto più note della Capitale, ovvero il sindaco Gianni Alemanno e l’ex presidente della Regione, Francesco Storace. Continua »
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Febbraio 2nd, 2010 Riccardo Fucile OCCORRONO 1.210 GIORNI PER RECUPERARE UN CREDITO, 1.549 PER UNA CAUSA CIVILE, 1.039 PER UNA DI LAVORO, 781 PER UN DIVORZIO, 3.333 PER UN FALLIMENTO…MA LA PRODUTTIVITA’ PRO-CAPITE DEI GIUDICI ITALIANI E’ IL DOPPIO DI QUELLA DEGLI ALTRI GRANDI PAESI…IL PROBLEMA SONO L’ORGANIZZAZIONE E LE SCARSE RISORSE
Analizziamo il problema giustizia in Italia con dati esteri “super partes”, onde evitare il solito
litigio tra potere politico e magistratura: sono quelli che emergono dal rapporto Doing Business 2009 della Banca mondiale che stima l’efficienza del sistema giudiziario di una nazione.
Nella apposita classifica redatta dall’organismo internazionale, su 180 Stati considerati, il sistema giudiziario italiano rotola al 156° posto.
Subito dopo di noi ci sono Gibuti, Liberia, Slovenia, Sri Lanka, Bangladesh, Afghanistan.
Davanti guida il Lussemburgo (1° posto), la Germania è al 7° posto, il Belgio al 21°, la Gran Bretagna al 23°, la Svizzera al 29°.
Altri dati che emergono dal rapporto: per recuperare un credito ci vogliono in Italia 1.210 giorni, con un costo del 29,9% del debito azionato.
I ritardi della giustizia costano 371 euro di tassa occulta su imprenditori, fornitori e clienti.
Sono 1.549 i giorni in media necessari per una causa civile davanti alla Corte d’Appello, 1.021 per un processo di previdenza, 1.039 per uno in materia di lavoro.
In tribunale si arriva in 762 giorni al nord, 954 al centro, 1.172 al sud.
Un divorzio rimane in piedi 571 giorni al nord, 781 al centro, 693 al sud.
I fallimenti richiedono 2.561 giorni al nord, 3.333 al centro, 4.052 al sud.
Ciò nonostante (dato Eurispes 2010), la fiducia degli italiani nella magistratura, che nel 2006 era al 38,6%, è salita al 47,8%, segno evidente che molti attribuiscono le cause della mala-giustizia ad altri fattori.
Non a caso la stessa Commissione europea per l’efficacia della giustizia, nel famoso rapporto Cepej sui processi civili, scrive che “la produttività pro-capite dei giudici italiani è corca il doppio di quella degli altri grandi Paesi europei e 50 volte quello degli inglesi”.
Cosa non va allora?
Intanto gli italiani sommergono i Palazzi di giustizia di migliaia di cause di poco conto, quasi fosse ormai un’abitudine rivolgersi ai giudici anche per anla più banale bega condominiale.
Invece di usare il buon senso, spesso si finisce per ingolfare un sistema che già boccheggia da solo. Continua »
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Febbraio 2nd, 2010 Riccardo Fucile RAPPORTO EURISPES: A PARITA’ DI POTERE D’ACQUISTO, L’ITALIA AL 23° POSTO SU 30, CON UN SALARIO MEDIO DI 14.700 EURO…. SUPERIAMO SOLO I PAESI DELL’EST E IL PORTOGALLO: STIPENDI INFERIORI DEL 28% RISPETTO AI TEDESCHI, DEL 19% AI GRECI, DEL 14% AGLI SPAGNOLI… SIAMO SOTTO DEL 23% RISPETTO ALLA MEDIA EUROPEA
Tanto per chiarire un volta per tutte che la vera emergenza italiana è quella sociale e non certo quella giudiziaria, un buon punto di riferimento per valutare la situazione ci viene dal Rapporto 2010 dell’Eurispes : gli italiani hanno gli stipendi più bassi tra i Paesi industrializzati.
A parità di potere d’acquisto, nell’area Ocse, il nostro Paese occupa il 23° posto sui 30 paesi monitorati, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro.
Tra i paesi con il maggior salario medio netto annuo per un lavoratore senza carichi familiari si collocano tra i primi dieci: Corea del Sud (39.931 dollari), Regno Unito (38.147), Svizzera (36.063), Lussemburgo (36.035), Giappone (34.445), Novergia (33.413), Australia (31.762), Irlanda (31.337), Paesi Bassi (30.796) e Usa (30.774).
Il nostro Paese, con 21.374 dollari, occupa la 23° posizione, collocandosi dopo quegli altri Paesi europei con retribuzioni nette annue intorno ai 25.000 dollari, tra i quali Germania (29.570), Francia (26.010), Spagna (24.632) e superando solo Portogallo, Turchia, Messico, Polonia, Slovacchia, Rep. Ceca e Ungheria.
La distanza dell’Italia dal vertice della classifica è notevole, essendo la differenza dei salari piuttosto elevata: i dipendenti italiani percepiscono infatti uno stipendio annuale netto inferiore di 18.557 dollari rispetto ai coreani, di 16.773 rispetto agli inglesi, di 14.600 rispetto agli svizzeri. Continua »
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