Destra di Popolo.net

ECCO LE CARTE CHE ACCUSANO MINZOLINI: DA CAPRI A CORTINA, 1.500 EURO IN 5 GIORNI

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

IL RAPPORTO DELLA G.D.F. ALLA BASE DELL’ACCUSA DI PECULATO CONTRO IL DIRETTORE DEL TG1 SU CUI DECIDERA’ IL GUP…PER 12 VOLTE NEGLI HOTEL PIU’ LUSSUOSI IL GIORNALISTA HA PAGATO PER DUE PERSONE CON LA CARTA DI CREDITO DELLA RAI

Augusto Minzolini e Mauro Masi la chiamano “incomprensione amministrativa”.
Un innocuo pasticcio da 74.636,90 euro sperperati in un anno dal “direttorissimo”usando la carta di credito aziendale della Rai.
Non ci siamo capiti e finiamola lì.
Ma il procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna lo chiama peculato e il Nucleo di polizia tributaria della Capitale addirittura truffa aggravata (reato punibile con la reclusione da 1 a 5 anni).
Il quadro probatorio sembra non lasciare scampo a Minzolini. All'”incomprensione amministrativa” è legata la sua sorte di direttore del Tg1.
Martedì il giudice delle indagini preliminari decide sulla richiesta di rinvio a giudizio.
Se dà  il via libera al processo, Minzolini ha le ore contate.
In 77 pagine di informativa la Guardia di Finanza ricostruisce dettaglio per dettaglio la vicenda della carta di credito aziendale usata indebitamente dal direttore del Tg1.
Un lavoro certosino, che scava nella vita privata del giornalista quando questa è stata foraggiata dai soldi pubblici della Rai. Incrocio di ricevute sequestrate a Roma e Torino, verbali di interrogatorio, corrispondenza interna: su queste basi la procura ha messo sotto indagine Minzolini per peculato escludendo la truffa.
Il 6 dicembre sarà  un’impresa far passare un vorticoso e invidiabile elenco di località  di vacanza, spese allegre, misteriosi informatori, ristoranti e alberghi di extra lusso con i quali si potrebbe scrivere una breve guida Michelin, come un piccolo equivoco senza importanza.
Nel dossier si ritrovano molti particolari già  conosciuti.
Le mete delle trasferte del direttorissimo: week end a Capri, Barcellona, Ischia, Cortina, Cannes, Sanremo, Venezia, Marrakech, Dubai, Londra, Palma de Majorca, Amburgo, Monaco, Saturnia, Il Cairo.
Il totale speso per questi viaggi e addebitato sulla carta di credito aziendale: 74.636,90 euro in poco più di un anno, dal 28 luglio 2009 al 30 novembre 2010, quando scoppia lo scandalo e la Rai ritira la carta a Minzolini.
Di questa cifra il giornalista ha restituito 65.341,33 euro in 5 tranche: 2000 trattenuti sullo stipendio di febbraio 2011, 63.330,76 con tre assegni da marzo a maggio dello stesso anno, 1134 versati nel giugno scorso.
Ma, precisa la polizia tributaria, ai fini del reato “è irrilevante la successiva avvenuta restituzione in cassa della somma”.
Il pasticcio dunque si complica.
La lettura delle carte offre infatti altri particolari inediti.
Le Fiamme gialle segnalano l’ipotesi di truffa aggravata per alcuni casi in cui Minzolini ha ottenuto un doppio rimborso: quello registrato per la carta di credito e quello a forfait, “richiesto e ottenuto dallo stesso Minzolini, per un importo complessivo di 1637,16 euro”.
In pratica, il direttore pagava il ristorante con il denaro aziendale attraverso la carta ma chiedeva anche il rimborso della diaria.
Negli alberghi più belli e nelle località  più lussuose, in 12 occasioni Minzolini “ha fruito di pernottamenti per 2 persone” e dieci volte è stato giustificato dall’azienda.
Il direttore si portava il lavoro a letto. Ma sull’informatore o l’informatrice che Minzolini ospitava nella sua stanza c’è il buio pesto.
Nemmeno la Finanza è riuscita a saperne di più.
Le “schede alloggiati”, come si chiamano in gergo i verbali delle Questure che registrano le presenze in hotel sulla base dei documenti presentati alla reception, non hanno fornito alcuna risposta.
L’identità  della Mata Hari è destinata a rimanere un mistero.
Per legittimi motivi di riservatezza, Minzolini non rivela i nomi degli ospiti dei suoi pranzi o dei suoi aperitivi.
Fa una sola eccezione e in questo modo risparmia 3166,50 euro dalla somma restituita a Viale Mazzini.
La cifra, si giustifica il giornalista, è riferita a pasti con il vicedirettore di Libero Franco Bechis. “L’analisi delle spese   –   scrivono le Fiamme gialle   –   ha consentito di evidenziare un uso quasi quotidiano della carta di credito in esame”.
La usava anche quando non lavorava? Dal 28 luglio 2009 al 30 novembre 2010 Minzolini risulta “assente dal servizio” solo 5 giorni: il 29 e 30/8/2009, il 2 giugno, 29 giugno e 1 novembre 2010.
In queste giornate spende 1527,70 euro pasteggiando nei ristoranti di Roma La Vecchia pineta, Mirabelle, Flame, Cesare, Harry’s Bar, Gallura, Palazzo Manfredi, Girarrosto Fiorentino. “Senza autorizzazione” pranza al ristorante di Fiumicino “Bastianelli al Molo” 14 volte in un anno per una spesa di 2351,70 euro. Paga la Rai.
I numeri sono un incubo per il direttorissimo.
Quelli del Tg1 in caduta libera di spettatori. E quelli delle note spese.
Ma nel giro del mondo di Minzolini colpiscono anche gli indirizzi.
Un concetrato della migliore tradizione alberghiera planetaria.
A Venezia cambia e prova diversi alberghi: Gritti Palace, Bauer il Palazzo, Boscolo. Poi c’è il Cap d’Antibes beach (Cannes), il Carlo IV (Praga), il Four Season (Firenze), il Capri Tiberio Palace, il Principe di Savoia (Milano), Baglioni Hotel (Londra), Atlantis (Dubai), Vier Jahreszeiten Kempinski (Monaco).
Dodici volte la carta di credito lo segnala in un luogo di vacanza, ma lui risulta in servizio.
Il sistema registra. Dopo le prime notizie sull’inchiesta, “Minzolini rettifica la sua posizione considerandosi a riposo”.
Tutto questo è solo un pasticcio interno?
Incomprensione amministrativa è una formula studiata da Masi e Minzolini con il contributo degli avvocati per tirarsi fuori dai guai.
Eppure Minzolini, nello scambio burocratico di lettere, non rinuncia a uno strappo. Scrive il 19 marzo 2011 (e la Finanza annota): “Di questo cortocircuito l’azienda avrebbe potuto avvertirmi prima e non aspettare 18 mesi…”.
A Masi girano le scatole, si capisce dalla replica: “P. S.: un’amichevole precisazione.
“E’ più che evidente che la tua affermazione è sicuramente una semplificazione giornalistica e come tale la intendo”.
Schermaglie ininfluenti sulla decisione finale.

Goffredo De Marchis
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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MI MANDA MILONE: CI SONO DEGLI IMPRESENTABILI NEL GOVERNO MONTI

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

IL PREMIER NEGA IL CONFLITTO D’INTERESSI NEL SUO GOVERNO, MA SU MILONE (DIFESA) GRAVANO UNA CONDANNA, VARI PROCESSI E IL CASO FINMECCANICA…LA VICINANZA CON LA RUSSA E LIGRESTI

L’amico Ignazio l’ha portato alle Poste. Poi gli ha garantito un ‘incarico speciale: consigliere personale del ministro della Difesa per la politica industriale.
E adesso Filippo Milone ha fatto il grande salto. Da segretario del ministro a sottosegretario alla Difesa.
Un carrierone nel segno di Ignazio La Russa, vera stella polare nella vita e nel lavoro per l’ultimo arrivato nel governo di Mario Monti.
Un tecnico? Pare di no.
Milone ha speso una vita al servizio di Salvatore Ligresti. Anche il sottosegretario ha radici a Paternò, la cittadina in provincia di Catania, di cui sono originari Ligresti, i La Russa e tutti gli storici collaboratori del costruttore.
Il suo curriculum personale racconta che Milone ha cominciato a lavorare, appena laureato, nell’azienda di costruzioni di Gaetano Graci, uno dei quattro cavalieri catanesi che negli anni Ottanta e Novanta furono al centro di mille intrighi di mafia e corruzione. Da allora Milone ha fatto carriera tra progetti, palazzi, cantieri e nel periodo di Tangentopoli ha subìto una condanna penale (un anno e sette mesi) cancellata con la riabilitazione.
Anche suo fratello Giuseppe è targato La Russa e siede nel consiglio provinciale di Milano per il Pdl.
Pure lui, manco a dirlo, lavora per Ligresti.
Il nuovo sottosegretario non ha comunque mai avuto niente a che fare con la Difesa del Paese, se si eccettua la breve parentesi, dal 2008, come assistente dell’ex ministro.
Negli anni in cui ha lavora per Ligresti, Milone è riuscito anche a fare affari in proprio.
Si è messo in società  con Giuseppe Pizza, noto alle cronache politiche come segretario della nuova Democrazia Cristiana, un partitino nell’orbita berlusconiana.
Nel 1998 la coppia Pizza-Milone compare tra i soci della Edilalfa di Roma, una piccola impresa di costruzioni.
Finisce male: la Edilalfa va in fallimento nel 2001.
Una brutta avventura, ma l’esperienza da manager della Grassetto era stata anche più travagliata, almeno sul fronte giudiziario. Nei primi anni Novanta Milone è finito più volte in tribunale, da imputato, ed è stato anche arrestato.
Furono solo poche ore nell’ottobre del 1992, quando i pm di Torino indagavano su di lui per turbativa d’asta e abuso d’ufficio in una vicenda di presunte tangenti ad Asti. Nel 1997 è arrivato la condanna defintiva in Cassazione, poi cancellata con la riabilitazione. Da Aosta a Padova, da Napoli ad Asti e a Milano, in quel periodo Milone finisce più volte alla sbarra.
Ad Asti, interrogato dai pm, il manager della Grassetto svelò il sistema dei versamenti illegali delle aziende ai partiti.
Passa il tempo e col tempo si smosciano anche i furori di Tangentopoli. Per Milone arrivano le assoluzioni.
A Padova, nel processo per le mazzette sui lavori per il tribunale, le accuse cadono in appello.
A Milano, invece, è la prescrizione a salvare il manager di Ligresti, coinvolto nell’indagine sulla presunta corruzione per le licenze edilizie nell’area Portello.
Nel 2001 finisce fuori tempo massimo anche il processo sulle tangenti per il metrò di Napoli. Milone non si arrende.
Fedele alla causa, quella dei Ligresti, il manager catanese conserva la poltrona nel consiglio di molte aziende di famiglia.
Holding immobiliari come la Progestim e anche la Saiagricola, che gestisce i vigneti di Montepulciano della Fondiaria assicurazioni.
L’amico La Russa si ricorda di lui nel 2005, quando il governo Berlusconi mette mano ai vertici delle Poste.
Milone, in quota ad Alleanza Nazionale, viene nominato dal Tesoro nel consiglio di amministrazione della società  pubblica.
Dura fino al maggio 2008, quando alle Poste va in scena un altro ribaltone. Milone però non resta disoccupato.
Per lui è pronto un incarico di consigliere per la politica industriale dell’amico La Russa, nel frattempo diventato ministro della Difesa.
Ed è in questa veste che lo vediamo ricomparire in un’intercettazione telefonica di una conversazione tra Lorenzo Borgogni e un altro manager del gruppo, Marco Forlani, nell’inchiesta Finmeccanica.
È lui il Filippo del quale parlano i due manager, che chiedeva con urgenza un contributo in vista della festa del Pdl del 2010 a Milano.
Per il pm Paolo Ielo da questa telefonata “si evince con solare evidenza come il ruolo di Borgogni dentro Finmeccanica fosse anche quello di occuparsi di contribuzioni illecite ai partiti”.
Il responsabile relazioni internazionali di Finmeccanica, Marco Forlani, dice a Borgogni: “Mi ha chiamato Filippo che dice su, su quel discorso che facciamo ogni anno della loro offerta di partito a Milano eccetera (…) credo sia una cosa del Pdl (…) lui mi ha anche detto che gli hai indicato che non volevi comparire come Finmeccanica, ma con una società  esterna (…) lui dice scusami sto all’ultimo con l’acqua alla gola eccetera, perchè lui deve parlare con qualcuno dei nostri tra oggi e domani”.
Borgogni si infuria: “dai Marco, maremma puttana Marco” perchè non sono argomenti di cui parlare al telefono.
Su questa telefonata, due giorni prima della nomina di Milone, Borgogni è stato interrogato dai pm Alberto Caperna e Paolo Ielo alla presenza dell’avvocato e della polizia giudiziaria.
Borgogni ha cercato di minimizzare: “era solo un contributo per una cena di partito da 5 mila euro e lo ha fatto una società  terza”. Gli investigatori sono rimasti molto scettici e presto Milone sarà  sentito.

Marco Lillo e Vittorio Malagutti
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IN MANETTE PER TANGENTI FRANCO NICOLI CRISTIANO (PDL), NUMERO DUE DEL CONSIGLIO REGIONALE .LOMBARDO

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

IL CONSIGLIERE BRESCIANO ARRESTATO ALL’ALBA PER UNA PRESUNTA TANGENTE DA 100.000 EURO…IN MANETTE ANCHE IMPRENDITORI, POLITICI E FUNZIONARI PUBBLICI: L’ACCUSA E’ DI TRAFFICO ORGANIZZATO DI RIFIUTI ILLECITI E CORRUZIONE

Il vicepresidente del Consiglio della Regione Lombardia, il 68enne bresciano Franco Nicoli Cristiani (Pdl), è stato arrestato all’alba dai carabinieri di Brescia.
L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip Bonamartini nell’ambito di un’inchiesta per una presunta tangente da 100 mila euro.
L’arresto del vice presidente del consiglio regionale lombardo rientra in un’operazione dei carabinieri del comando provinciale di Brescia, supportati da personale del Ris e da un elicottero di Orio al Serio.
In manette sono finiti imprenditori, politici e funzionari pubblici.
I reati contestati sono: traffico organizzato di rifiuti illeciti e corruzione.
Sequestrata la cava di Cappella Cantone (Cremona) destinata ad una discarica di amianto, un impianto per il trattamento di rifiuti a Calcinate (Bergamo) e due cantieri della Brebemi a Cassano d’Adda (Milano) e Fara Olivana Con Sola (Bergamo). L’operazione vede impegnati 150 uomini dell’Arma.
Le indagini, cominciate otto mesi fa e coordinate dai pm Silvia Bonardi e Carla Canaia, hanno portato anche al sequestro di alcuni cantieri della Brebemi in territorio di Milano e Bergamo. Destinatarie di ordinanze di custodia cautelare anche altre nove persone, tra cui un altro bresciano.
Tra gli arrestati, anche il coordinatore degli staff dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) della Lombardia.

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‘NDRANGHETA, ARRESTATO IL MAGISTRATO CALABRESE VINCENZO GIGLIO: “FAVORIVA IL CLAN LAMPADA”

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

IN MANETTE ANCHE L’AVVOCATO VINCENZO MINASI, IL CONS, REGIONALE PDL FRANCESCO MORELLI E IL MARESCIALLO DELLA G.D.F. MONGELLI… PRIMA O POI TOCCA A TUTTI

Magistrati di spicco, politici di primo piano, uomini delle forze dell’ordine e affiliati: è un’operazione anti-‘ndrangheta che coinvolge tutti i livelli quella in corso in queste ore a Reggio Calabria ad opera della Dda di Milano.
In manette Francesco Morelli, consigliere regionale del Pdl, considerato dagli inquirenti l’anello di collegamento tra i clan e gli ambienti politici nazionali.
Il suo non è l’unico nome di peso.
Corruzione, favoreggiamento personale, rivelazione del segreto d’ufficio con l’aggravante di aver agevolato le attività  della ‘ndrangheta: con queste accuse, la Dda di Milano ha arrestato il giudice Vincenzo Giglio, 51 anni, presidente anche di Corte d’Assise e della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, esponente della corrente di sinistra di ‘Magistratura democratica’ , docente di diritto penale alla Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università  statale Mediterranea di Reggio Calabria.
Secondo gli inquirenti, avrebbe favorito un esponente del clan Lampada e gli interessi della cosca.
L’inchiesta del procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini e dei sostituti procuratori Paolo Storari e Alessandra Dolci ha fatto scattare le manette anche per l’avvocato milanese Vincenzo Minasi e per Francesco Morelli, componente del Consiglio Regionale della Calabria, eletto nella lista ‘Pdl-Berlusconi per Scopelliti’.
Il primo è noto, tra le altre cose, per essere il difensore di Maria Valle, la figlia di Francesco, patriarca della famiglia, della quale tempo fa aveva ottenuto l’annullamento dell’arresto in Cassazione.
Morelli, invece, è considerato uomo molto vicino al sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ne aveva fortemente sponsorizzato la candidatura e sostenuto la campagna elettorale, intervenendo anche in prima persona.
In carcere, inoltre, anche il maresciallo capo della Guardia di Finanza, Luigi Mongelli, per corruzione, e sono in corso perquisizioni che riguardano anche Giancarlo Giusti, giudice in servizio presso il Tribunale di Palmi. In tutto, gli arresti dovrebbero essere una decina.
Sono stati fermati anche tre presunti affiliati alla ‘ndrangheta, Gesuele Misale, Alfonso Rinaldi e Domenico Nasso.
Misale è accusato di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, Nasso di associazione mafiosa e Rinaldi di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità  mafiose.
I fermi sono stati eseguiti dalle Squadre mobili di Reggio Calabria e di Milano.
Su disposizione della Dda di Reggio Calabria sono stati perquisiti, inoltre, gli studi degli avvocati Francesco Cardone, del Foro di Palmi, e Giovanni Marafioti, del Foro di Vibo Valentia, indagati nella stessa inchiesta.
La dda di Reggio Calabria ha confermato che il provvedimento di custodia cautelare è del Gip di Milano, su richiesta della Dda del capoluogo lombardo, mentre la Dda di Reggio Calabria ha emesso il provvedimento di fermo eseguito stamattina.
Immediata la reazione delle istituzioni calabresi. ”Fateci leggere le carte. Dateci la possibilità  di leggere qualcosa. Ancora non abbiamo nessuna notizia” ha detto il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti in merito all’arresto del consigliere regionale Franco Morelli.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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FLI GENOVA: ARRIVA IL CONGRESSO TAROCCO, ALLA CONTINI DANNO IL CONTRATTO A TERMINE, NAN FA LA FUSIONE, FINI ASSISTE

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

NEL CAOS NATALIZIO SI TERRA’ DI CORSA IL CONGRESSO, PRESIEDERA’ PONZIO PILATO..L’INGAGGIO DELLA CONTINI RIDOTTO A 15 GIORNI DA PANCHINARA, SOTTRATTOLE IL CONTROLLO DEL   TESSERAMENTO…NAN SENZA SEGUITO DECIDE LA FUSIONE CON UN’ALTRA SQUADRA RETROCESSA: AVANTI GENTE D’ITALIA-FLI

Dall’incontro tra il Presidente Fini e Barbara Contini chi si aspettava la fumata del calumet della pace è stato solo parzialmente buon profeta.
In realtà  la soluzione trovata è più in linea con una nuvoletta di fumo emessa da un bocchino che da una chiara e limpida tirata di pipa.
Il vertice di Fli, riunito per l’occasione nella sala Ponzio Pilato della sede romana, notoriamente trovata dall’immobiliarista Enrico Nan, respira il clima natalizio e decide di regalare al loro patrono e benefattore, fra Enrico da Pietra Ligure, anche il controllo del partito a Genova col pacchetto “fusione societaria” sperimentato con successo a La Spezia.
Dopo gli incidenti sugli spalti avvenuti sul campo di Genova tra Fini e un gruppo di giocatori espulsi “per troppo rendimento”, ecco le decisioni del giudice sportivo, assistito per l’occasione da Sabine Degan:
1) Il precedente allenatore Contini evita di tornare a Bassora, rimane formalmente ancora per 15 giorni sulla panchina, ma alla formazione da schierare in campo ci penserà  mister Guapparia da Aversa.
2) Viene indetto d’urgenza il congresso prov. a Genova che si giocherà  a stadio chiuso, in modo che possano avere accesso solo gli addetti ai lavori con l’Italopass.
3) Qualsiasi sarà  l’esito della gara, tutti i deputati di Fli faranno finta di credere che sia stato vero e non sponsorizzato dallle arance tarocco: nell’occasione sarà  data loro libertà  di esultare per “l’imprevedibile” risultato della gara scudetto.
4) Unica pubblicità  ammessa a bordo campo quella di una nota marca di saponette che ben si inquadra con lo spirito della gara e lo slogan “Laviamocene le mani”.
Nell’intervallo è anche prevista una sfilata di macchinari di una nota ditta genovese specializzata in bonifiche ecologiche.
5) Per garantire la sicurezza del risultato la compagine Fli che deve vincere sarà  integrata per nove undicesimi da nuovi tesserati di   Avanti Gente d’Italia, stranieri dal buon possesso palla raccomandati da Lavitola e dal conte Ugolino recentemente esibitisi al Picco di Spezia dove sono comparsi all’improvviso 80 elementi per determinare in campo superiorità  numerica senza neanche essere in regola col permesso di soggiorno.
6) L’arbitro sarà  designato per sorteggio pescando in un’urna che conterrà  5 biglietti sigillati. Tutti contenenti il nome di Sabine Degan.
7) La premiazione della squadra vincente avverrà  il giorno successivo a Dubai, nota località  climatica o in alternativa in Kenia, altrettanto ambita meta turistica, con guida locale in lingua italiana, professione “molto ricercata” da quelle parti.
Le epiche gesta saranno ovviamente tramandate ai posteri dalla dotta e   impareggiabile penna di struzzo di Sor Patacca.
Avanti Fli, gloria e (poco) onore.

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IL DEPUTATO PISACANE: “30.000 EURO AL MESE? SONO TROPPO POCHI”

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

A “LA ZANZARA” L’ESPONENTE POLITICO SI LAMENTA DI FARE UNA VITA DA CANI : “SE UNO INVESTE IN POLITICA, I SOLDI CHE GUADAGNO SONO POCHI”

“Mi sento penalizzato con questo stipendio, io faccio una vita da cani per essere additato alla Casta?! La vera Casta è quella che ci governa in questo momento”.
Lo ha dichiarato a La Zanzara Michele Pisacane, l’onorevole del PID balzato agli onori delle cronache lo scorso mese, quando si è scoperto che sua moglie è consigliere regionale della Campania e, contemporaneamente, amministratrice delegata dell’Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare.
Sul doppio incarico della signora (che come ad ISA percepisce 140.000 euro lordi all’anno), Pisacane dichiara stizzito: “Non c’è nessuna incompatibilità . Il mio stipendio di questo mese è 4.412 euro. Per ascoltare gli elettori si hanno delle spese. E’ chiaro? Se io tornassi a fare la mia professione, porterei a casa molti più soldi netti di quelli che mi rimangono adesso!”
Alla domanda di Cruciani sui 30 mila euro netti mensili che entrerebbero in casa Pisacane, il deputato ha replicato: “Se uno investe nella politica, questi soldi che io guadagno sono pochi! Cruciani, sarebbe il caso che interrompessimo la chiamata!”.

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SICUREZZA NELLE SCUOLE, FONDI BLOCCATI: “SONO 42.000 GLI EDIFICI SU CUI INTERVENIRE”

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

A TRE ANNI DALLA TRAGEDIA DEL LICEO DARWIN DI RIVOLI, SI ASPETTA ANCORA IL PRIMO STRALCIO DI 358 MILIONI DELLA CIFRA DI 1 MILIARDO DEI FONDI CIPE PER L’EDILIZIA SCOLASTICA… GUARINIELLO: “LE NORME CI SONO, MA MANCANO I CONTROLLI”

Tutto fermo. I soldi per la sicurezza delle scuole sono bloccati.
A tre anni esatti dal disastro del liceo Darwin di Rivoli (Torino), dove un controsoffitto crollò uccidendo lo studente Vito Scafidi, “il primo stralcio di 358 milioni di euro del miliardo dei fondi Cipe per l’edilizia scolastica pare non essere arrivato ancora a destinazione”, denuncia Legambiente.
Lo fa in occasione di un incontro organizzato da Libera, Acmos e Benvenuti in Italia, “Scuole sicure: un obiettivo per salvaguardare il futuro”, tenuto proprio nel liceo Darwin.
Lo scopo? Ricordare Scafidi, le 27 vittime decedute nella scuola elementare di San Giuliano di Puglia e i giovani della Casa dello Studente de L’Aquila, ma anche tenere alta l’attenzione sul tema.
“L’unico motivo per cui siamo qui questa mattina — ha affermato Cinzia Caggiano, madre del ragazzo — è cambiare le cose per altri ragazzi”.
Tuttavia la situazione è ancora lontana dal cambiamento: “Sono 42mila gli edifici che hanno bisogno di interventi — ha affermato Vanessa Pallucchi, responsabile Legambiente Scuola e Formazione -. Molti edifici sono stati costruiti prima del 1974, cioè prima della legge antisismica, e tanti edifici che ospitano gli alunni sono in deroga, come lo era la scuola di San Giuliano. Vito è una vittima dell’incuria del nostro paese”.
Non sembra essere un problema di leggi, quindi, ma di fondi e di controllo, come ha affermato il sostituto procuratore Raffaele Guariniello, che ha condotto l’indagine sul crollo e il processo con cui è stato condannato un funzionario della Provincia di Torino: “Le norme ci sono e sono buone, ma sono difficili da applicare perchè mancano i controlli”.
Quindi è una questione di decisioni delle amministrazioni: “C’è bisogno di risposte certe dalla politica, altrimenti noi società  civile potremmo solo organizzare commemorazioni mentre vorremmo avere soluzioni”, ha dichiarato Davide Mattiello, presidente del think tank “Benvenuti in Italia”.
A tre anni dalla tragedia si torna quindi a parlare di sicurezza nelle scuole: “Non si riesce a uscire dall’emergenza — ha detto Pallucchi -. Gli enti locali, strozzati fra il patto di stabilità  e il mancato trasferimento di fondi dallo Stato, non riescono più a stanziare sufficienti finanziamenti per la manutenzione delle scuole e il livello di qualità  dei servizi scolastici, come mette in evidenza il nostro rapporto”.
I lavori non sono stati avviati, stando alla delibera del Cipe del 3 agosto (pubblicata il 18 novembre).
Per colpa dei ritardi nelle autorizzazioni e nella firma dei contratti non sono partiti gli interventi dei due programmi del piano straordinario per la sicurezza, il primo di un valore di 18 milioni di euro (“pari all’11 per cento dell’importo complessivo”) e il secondo da 91,2 milioni di euro (“30 per cento dell’importo complessivo”).
Solo poche settimane fa il presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni Graziano Delrio e il presidente dell’Unione delle Province Giuseppe Castiglione avevano scritto ai ministri Raffaele Fitto e Giulio Tremonti di “adottare le necessarie iniziative affinchè, nei tempi utili e prima della chiusura del bilancio, sia completata l’assegnazione dei 358 milioni al ministero delle Infrastrutture” per “dar seguito agli interventi urgenti di messa in sicurezza degli edifici scolastici”. Eppure gli interventi erano stati decisi nella primavera del 2010.
Il primo piano straordinario aveva assegnato 358 milioni di euro direttamente a Comuni e Province per mettere in sicurezza 1.706 istituti scolastici sull’intero territorio nazionale.
Delle circa 1.600 convenzioni stipulate tra enti locali e governo “il Ministero delle Infrastrutture ha potuto approvare e impegnare risorse solo per 770 convenzioni, poichè la disponibilità  di cassa di cui dispone non consente di dare seguito alle altre convenzioni”, segnalavano Delrio e Castiglio.
Appello tardivo, caduto nel vuoto con il governo.

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TAGLI E NUOVE TASSE, MANOVRA DA 20 MILIARDI, I CONTRIBUTI SALIRANNO OLTRE I 40 ANNI

Novembre 30th, 2011 Riccardo Fucile

CRISI ECONOMICA: LE NUOVE STIME OCSE INDICANO UN CALO DEL PIL PER IL 2012 DELLO 0,5%

Potrebbe valere 20 miliardi la manovra che il governo si appresta a varare per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013.
Secondo quanto si apprende da tecnici al lavoro in questi giorni sui conti, con l’ipotesi di un calo del Pil dello 0,5% servirebbe una correzione di 20 miliardi comprensiva di 4 miliardi della delega fiscale.
A lanciare l’allarme per la probabile entrata dell’Italia in recessione a partire dal prossimo anno era stata ieri l’Ocse 1, prevedendo per il paese nel 2012 un prodotto interno lordo dello -0,5% contro il +1,6% prospettato sei mesi fa, mentre per il 2013 la previsione è di una crescita dello 0,5%.
Tra le misure che il governo sta studiando per la manovra economica che dovrebbe fare fronte a questa situazione potrebbe esserci, stando alle indiscrezioni, anche un’ipotesi clamorosa che riguarda le pensioni di anzianità  con l’innalzamento (comperso tra i 41 e i 43 anni) del numero di anni obbligatori per il ritiro dal lavoro.
Altro provvedimento al vaglio dell’esecutivo sarebbe poi il blocco totale del recupero dell’inflazione per le pensioni per il 2012.
L’intervento, secondo quanto si apprende da tecnici che stanno lavorando alla manovra, varrebbe 5-6 miliardi compreso il blocco della perequazione già  previsto per le pensioni più alte.
A questa possibilità  si oppone però il sidnacato pensionati della Cgil. “E’ impensabile – afferma il segretario generale dlelo Spi-Cgil Carla Cantone – verrebbero penalizzate tutte quelle persone che vivono con un reddito da pensione bassissimo. Se fosse confermato un intervento di questo tipo verrebbe meno quel segno di equità  auspicato dal presidente del Consiglio Mario Monti nel suo discorso programmatico. Non vi è, infatti, nulla di più iniquo che andare a fare cassa con milioni di persone che hanno una pensione che arriva a malapena ai 700 euro mensili”.
Altre misure allo studio riguardano un giro di vite sui vitalizi dei parlamentari , l’anticipo del passaggio al sistema pensionistico contributivo già  al 2012 e l’anticipazione dell’adeguamento dell’età  pensionistica delle donne che lavorano nel settore privato a quella degli uomini.
Al momento l’inizio del percorso è fissato per il 2014 con conclusione   nel 2026.
Intanto la commissione Ue sta incalzando Roma con la richiesta di adottare in fretta “misure aggiuntive” per rispettare l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 e per stimolare la crescita.
Le istanze dell’Unione sono contenute in particolare in un rapporto redatto dagli ispettori di Bruxelles di ritorno dalla loro missione in Italia e che stasera sarà  discusso alla riunione dei ministri delle Finanze europei.
Nel documento, l’esecutivo Ue chiede all’Italia una manovra da undici miliardi di euro e, per ora, non prende in considerazione la richiesta di Monti di privilegiare le riforme per la crescita.

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INDAGATO PER GESTIONE ILLECITA DI FONDI EUROPEI, FINGE DI DIMETTERSI E POI ENTRA IN FUTURO E LIBERTA’

Novembre 29th, 2011 Riccardo Fucile

CONCETTO BELLIA, EX RESPONSABILE DI “TERRA DELL’ETNA E DELL’ALCANTARA” USA LE DIMISSIONI PER FAR VENIR MENO IL PERICOLO DI REITERAZIONE DEL REATO…POI ADERISCE A FLI CHE DICE DI NON SAPERE CHE FOSSE INDAGATO

«Che sia indagato sinceramente non mi risulta. Sicura di non sbagliarsi?». Giuseppe Ferrante, vicecoordinatore per la Provincia di Catania di Futuro e Libertà , delle indagini a carico di Concetto Bellia dice di non saperne nulla. Eppure in virtù della sua recente entrata in Fli Bellia, ex sindaco di Castiglione di Sicilia, ex presidente del Parco dell’Etna e attuale — ma anche un po’ ex — presidente del Gruppo di azione locale (Gal) «Terre dell’Etna e dell’Alcantara», ha ricevuto un incarico importante.
Il 20 novembre è stato nominato membro del coordinamento provinciale catanese del partito di Gianfranco Fini.
Bellia è un personaggio molto conosciuto in città .
A maggio del 2010 gli è stato notificato un avviso di garanzia: da verificare è se abbia gestito in maniera corretta alcuni finanziamenti europei.
Un’indagine a seguito della quale il neo membro del coordinamento ha annunciato le sue dimissioni dal ruolo di presidente del Gal.
Ma, a più di un anno di distanza, la firma che appare sotto i documenti del gruppo di azione locale «Terre dell’Etna e dell’Alcantara» è ancora la sua. Che intanto non esclude una sua candidatura alle prossime amministrative del 2013.
Tutti misteri in realtà  facilmente spiegabili secondo Bellia.
L’obiettivo di un Gal, ente a partecipazione mista tra il pubblico e il privato, è quello di favorire lo sviluppo locale, gestendo i contributi finanziari dell’Unione europea.
Cosa che, secondo i magistrati, Bellia non avrebbe fatto a dovere.
«Si tratta semplicemente di un’indagine per favoreggiamento in un progetto che abbiamo finanziato — spiega lui stesso — Niente di particolare».
La storia, secondo l’indagato, sarebbe lineare: «Abbiamo dato, come Gal, un finanziamento a una persona che ha partecipato a un bando pubblico — racconta — e la stessa persona, per farmi un dispetto, è andata a denunciarmi, perchè lavorava con mia moglie e ha litigato con lei».
Una questione personale, dunque, a causa della quale Bellia si è ufficialmente dimesso dal suo ruolo: «L’ho fatto per continuare a vivere sereno con la mia famiglia», aveva dichiarato il 23 maggio 2010 al quotidiano locale.
Ma i documenti del Gal «Terre dell’Etna e dell’Alcantara» — che ha sede a Randazzo — li firma ancora lui.
«Sono due Gal diversi», chiarisce. Stesso nome, stessa finalità , stessi fondi europei di riferimento e, perfino, stesso presidente.
«Solo che il primo, quello dal quale mi sono dimesso, era un’associazione temporanea di scopo, il secondo una cooperativa».
Differenza sfuggita a molti. Nata nel 2009, la cooperativa convive da allora con l’associazione temporanea «perchè, in attesa della chiusura di un progetto, aspettiamo l’apertura dell’altro», dice Bellia, ex non più ex.
In mezzo, la politica.
«È entrato nel coordinamento del Terzo polo perchè era stato sindaco, amministratore e non era un volto sconosciuto», commenta Ferrante.
Almeno al di fuori del partito, visto che dell’inchiesta a carico di Bellia non sa nulla, nè sa qualcosa delle passate dimissioni dal Gal.
Come sia finito nel novero dei coordinatori provinciali del Terzo polo, poi, pare un altro mistero: «Sinceramente non lo so, magari lo sa qualcun altro». Puccio La Rosa, infatti, vicecoordinatore provinciale di Fli pure lui, è chiarissimo: «I membri del coordinamento sono stati selezionati dal partito». E che il partito abbia scelto un uomo la cui posizione deve ancora essere chiarita è una novità  anche per lui: «La cosa non mi risulta», sostiene.
Anche in questo caso, per Bellia, nessun equivoco. «Pensa forse che io vada in giro a dire che ho ricevuto tempo fa un avviso di garanzia?».
Nemmeno a due vicecoordinatori del suo partito? «Non sono i miei interlocutori — risponde — E poi, tra l’altro, la stampa ne ha parlato tantissimo. Sono uscito in prima pagina».
E sul suo ruolo politico Bellia è possibilista: «Non escludo niente».
Nemmeno di candidarsi alle primarie del Terzo polo in provincia di Catania, qualora si facessero.
«In fondo — conclude — penso di non essere più delinquente degli altri e di aver amministrato e di amministrare non peggio di molte persone».

di Luisa Santangelo
www.redazionesottosfratto.it
(da “Il Fatto Quotidiano“)

argomento: Costume, denuncia, Futuro e Libertà, Giustizia, la casta, Politica | Commenta »

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