Destra di Popolo.net

GRANDE MANIFESTAZIONE A ROMA CONTRO LA VIVISEZIONE: IN DIECIMILA CHIEDONO LA CHIUSURA DI GREEN HILL

Giugno 16th, 2012 Riccardo Fucile

SLOGAN E STRISCIONI NELLA GIORNATA DI MOBILITAZIONE DEGLI ANIMALISTI PERCHE’ NON VI SIANO GOLPE IN COMMISSIONE SENATO

Ore dedicate ai sit-in e alle proteste a tutela degli animali nella capitale.
Da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni, i manifestanti sfilano contro la vivisezione chiedendo la chiusura di Green Hill, azienda di Montichiari (Brescia) che alleva cani beagle per i laboratori di vivisezione.
La manifestazione è organizzata da Occupy Green Hill e dal coordinamento antispecista del Lazio, e vede la partecipazione di più di 10 mila persone con oltre 30 i pullman giunti per l’occasione da numerose città  italiane.
Al centro della polemica, l’inserimento nel nostro ordinamento del divieto di allevamento di cani, gatti e altri primati sul territorio nazionale per vivisezione, provvedimento attualmente allo studio della XIV Commissione del Senato. Secondo i manifestanti, il provvedimento sarebbe ostacolato da gruppi di pressione.
I ragazzi hanno portato cartelli con le scritte: “No a Green Hill, no alla vivisezione”, “Libertà  per gli animali, libertà  per gli esseri umani” intonando slogan come: “Tutti liberi” e “Allevarli per ammazzarli per farne cibo, vestiti, ma cos’è questo, ma cosa siamo? Vergogna”.
“Ci batteremo con forza affinchè Green Hill e tutti gli altri lager per animali vengano immediatamente chiusi” ha dichiarato il presidente dei Verdi Angelo Bonelli che oggi ha partecipato alla manifestazione con l’ex ministro del Turismo Michela Brambilla.
Stamane invece si è tenuto il presidio organizzato dal P. A. E. e supportato dai
militanti di Centopercentoanimalisti contro le botticelle a Roma.
La protesta è durato 90 minuti in piazza Santissimi Apostoli.
La decisione dei manifestanti è stata di attendere l’arrivo di Michela Brambilla, che aveva promesso un saluto, e poi l’annullamento della manifestazione anti botticelle.
Avvenuto l’incontro con   la Brambilla, gli aderenti al PAE si sono recati alla manifestazione anti Green Hill in atto nella capitale, mentre i militanti di Centopercentoanimalisti, si sono diretti verso Piazza di Spagna, luogo solito di riunione delle botticelle.
Sciolto quindi il presidio, quattro militanti di Centopercentoanimalisti hanno deciso di protestare per le vie di Roma, alla “caccia” di botticelle, ma giunti a piazza Navona un vetturino non ha gradito la loro presenza aggredendone uno.
Sul posto sono intervenuti i carabinieri che hanno fermato i militanti per una identificazione.

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TAGLI E SVILUPPO, IL BISCOTTO DI MONTI

Giugno 16th, 2012 Riccardo Fucile

NEL DECRETO POCHI EURO, MA MOLTE POLTRONE ELIMINATE…E LA SFIDA SULLA SALERNO-REGGIO CALABRIA PRONTA ENTRO IL 2013

Di tagliare le tasse proprio   non se ne parla, ma dopo   settimane di duello con i   cerberi della Ragioneria   generale dello Stato il governo è   finalmente riuscito ad approvare   il decreto Sviluppo (vittoria   personale di Corrado Passera).
Ma la novità  più forte della giornata   sono tagli di spesa, al ministero   del Tesoro e a Palazzo   Chigi.
“Un corpo organico e robusto”,   riassume il premier Mario   Monti.   Le novità  più concrete riguardano   gli incentivi all’assunzione di giovani lavoratori molto   qualificati (laurea in campo tecnico-   scientifico o dottorato), un   credito di imposta del 35 per cento del costo aziendale che richiede   come contropartita di tenere   il personale assunto per tre   anni.
Le risorse a disposizione   sono spiccioli — 50 milioni di euro   — ma secondo le stime del governo   dovrebbero generare   4000 posti di lavoro di alto profilo.
Le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni   edilizie salgono   dal 36 al 50 per cento (una soglia   considerata sufficiente perchè il   cliente abbia incentivi a chiedere   la fattura anzichè accettare lo   sconto del nero).
Peccato che   l’agevolazione duri solo fino a giugno 2013, stessa data anche   per quella per gli interventi che   portano risparmio energetico   (ma qui l’aliquota scende, nel   2013, dal 55 al 50).
Il ministro   Corrado Passera confida molto   nei project bond, debito finalizzato a costruire opere specifiche,   che avranno la stessa aliquota   fiscale dei titoli di Stato, 12,5 per cento. Sommando l’impatto delle varie misure il ministro   si abbandona a una iperbole   berlusconiana: “Il decreto mobiliterà    risorse fino a 80 miliardi”,   40-45 dalla tassazione agevolata   sui project bond e 30-35 dal resto.
E berlusconiana è anche la   promessa, abituale per politici   di professione meno per i tecnici,   di completare l’eterna autostrada   Salerno-Reggio Calabria:   “Dobbiamo assicurarci che entro   la fine dell’anno prossimo   tutti i cantieri — oggi sono 13 e   due devono essere ancora aperti   — siano completati”.
Lui alla scadenza   non sarà  più ministro (le   elezioni sono in estate), chissà    se avrà  ancora un ruolo, comunque   oggi dice: “Metto la faccia in   tanti posti, la metto anche qui”.   D
Di soldi, per ora   ne mette davvero pochi, anche a   causa delle restrizioni imposte   dalla Ragioneria dello Stato:   guardando la copertura finanziaria,   si vede che gli interventi   veri (considerando il dato strutturale)   sono per 104 milioni di   euro nel 2012, 89,6 nel 2013,   240,9 nel 2014.
Poca roba, ma   meglio di niente.
“I ministri di   spesa pensano di manifestare la   loro presenza con la spesa, invece   dovrebbero farlo tagliandola   e permettendo al presidente del   Consiglio di abbassare le tasse.   Serve ossigeno, non vitamine”,è   la diagnosi del senatore ex Pd Nicola   Rossi su Passera e il decreto,   di cui apprezza soprattutto una   parte a costo zero ma impatto rilevante:   quella che limita i ricorsi   in appello per la giustizia civile   (“l’impugnazione è dichiarata   inammissibile dal giudice competente   quando non ha una ragionevole   probabilità  di essere   accolta”).
In effetti, i tagli di spesa ci sono.
E pesanti, anticamera   di quelli che arriveranno a fine   mese, soprattutto ai ministeri —   si parla di oltre 30 miliardi di euro   — che stanno trasformando la   lima della spending review di Enrico   Bondi nella vanga di una manovra   correttiva mascherata.
Inevitabile, se si vogliono rispettare   i saldi di bilancio a fronte di   un calo delle entrate (3,4 miliardi   meno del previsto solo nei primi   tre mesi) dovuto alla recessione.
Mario Monti comincia da Palazzo   Chigi e dal suo ministero, il   Tesoro, “come segnale e come   anticipo ai nostri colleghi di governo”.
A Palazzo Chigi si tagliano   il 20 per cento dei dirigenti, il   10 del resto degli organici, idem   al ministero dell’Economia dove   scompaiono alcuni feudi. Cancellata   l’Agenzia del Territorio, il   catasto, celebre per le folli spese   di rappresentanza del suo direttore   Gabriella Alemanno (oltre   un milione di euro in un anno,   celebre il caso di uova di struzzo   decorate per migliaia di euro regalate   a Natale, come rivelato   dal Fatto ), finirà  sotto l’A ge n z i a   delle Entrate.
I Monopoli di Stato   passano sotto l’Agenzia delle   dogane, il direttore generale de Monopoli Raffaele Ferrara prudentemente   si era dimesso nei   giorni scorsi.
Non verrà  licenziato   nessuno, i dipendenti pubblici   passano da un ente all’a l t ro ,   ma essendo scomparsi dalle   piante organiche non saranno   sostituiti da nuovi assunti.
Basterà  tutto questo a   far ripartire un po’ il Pil e a rassicurare   i mercati? Chissà .
Di   certo ieri gli investitori avevano   altre priorità : su tutte le elezioni   estive sulla Salerno-Reggio.
A riflettere con attenzione sulla   frase detta ieri dal ministro dello   Sviluppo economico (“metto la   faccia in tanti posti, la metto anche   qui”), viene il dubbio che ci   sia uno sfondo di grande ironia   dietro la decisione di imbarcarsi   in uno dei più leggendari luoghi   comuni del politicante trombone.
La sistemazione della Salerno-Reggio, opera nata male per   vari motivi (autostrada gratuita   affidata a un carrozzone come   l’Anas, percorso tortuoso per   toccare ogni comune politicamente   ben rappresentato, selezione   delle ditte costruttrici   non trasparentissima), è stata   messa all’ordine del giorno da   Bettino Craxi nel 1987.
Da allora   il costo è decuplicato. Siamo abbondantemente   oltre i 10 miliardi   di euro per “adeguare ” un’autostrada di 400 chilometri.
I lavori sono entrati nel vivo solo   negli anni ’90, con il governo   Prodi.
Il sottosegretario Antonio   Bargone annunciò la fine dei   lavori per il 2003, poi cambiò mestiere, oggi fa il manager autostradale (noblesse oblige).
Poi   in Grecia e la possibile uscita dall’euro di Atene. La Bce di Mario   Draghi ha comunicato che “continuerà  a garantire liquidità  alle   banche solventi che ne avessero   necessità ”, mentre la Casa Bianca   ha comunicato che “gli Stati   Uniti sono pronti a ogni emergenza   che potrebbe arrivare dall’Europa dopo il voto della Grecia”.
Si vota domenica, lunedì si capirà  quanto è seria l’emergenza da affrontare.

Stefano Feltri
da (Il Fatto Quotidiano)

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MARGHERITA, UN ADDIO TRA I VELENI. PARISI LASCIA L’ASSEMBLEA: “E’ UN GOLPE”

Giugno 16th, 2012 Riccardo Fucile

RUTELLI ARCHIVIA IL PARTITO: “SU LUSI NON C’ERANO SOSPETTI…. QUEL CHE RESTA DEI SOLDI ALLO STATO

Margherita, addio tra i veleni. L’assemblea federale del partito ha sancito oggi la fine formale dell’esperienza politica nata del 2000 e che sette anni dopo confluirà  nel partito Democratico.
Ma l’ultimo atto della vita dei Dl, traumatizzati dalle conseguenze del “caso Lusi”, si è consumato tra polemiche e veleni.
Al termine di una lunga riunione durata oltre cinque ore, l’assemblea (composta da circa 400 persone, presenti circa un centinaio) ha votato a stragrande maggioranza la definitiva archiviazione del partito.
Ad un collegio di liquidatori composto da tre persone definite “indipendenti”, il compito di occuparsi del patrimonio, che a parte un finanziamento di circa 3 miliardi da destinare al quotidiano “Europa” sarà  interamente «restituito allo stato».
L’epilogo del partito, anima centrista e cattolica delle alleanze di centrosinistra dell’ultimo decennio, si consuma in un torrido pomeriggio estivo, all’auditorium Antonianum, a pochi metri dalla basilica di San Giovanni in laterano.
L’assemblea si svolge a porte chiuse per preciso volere dei delegati, che votano due volte perchè la stampa non assista alla riunione.
«Un golpe», dice Arturo Parisi, storico esponente Ulivista del partito – non ci hanno nemmeno fatto vedere i bilanci».
«Nessun golpe – replicherà  alla fine Francesco Rutelli – non ricordo una sola assemblea in cui Parisi non sia andato via prima protestando. Il bilancio c’è nero su bianco, è il resoconto degli ultimi 11 anni, compreso le spese per le fotocopiatrici».
Fatto sta che lo spettro del “caso Lusi” è la cifra dell’ultimo atto di vita del partito.
In una lunga relazione iniziale, Rutelli chiede più volte «scusa ai militanti, ai cittadini, agli elettori», rivendica il fatto che nessuno («nemmeno nel Pd») si aspettava da Lusi quel che è poi emerso dalle carte processuali, e assicura che la storia della Margherita si chiuderà  «dignitosamente».
«L’errore sulla persona è evidente – aggiunge Rutelli – le vicende degli ultimi mesi illuminano ancora di più la doppia personalità  dell’uomo che si manifestava scrupoloso, intransigente. Oggi – continua il leader dell’Api – resta solo il suo secondo volto: dal rifiuto di ammettere tutti i misfatti e di restituire senza sotterfugi il maltolto, all’attività  di allusiva aggressione e velenoso inquinamento efficacemente analizzata negli atti della Magistratura, fino a un cinico “muoia tutta la politica”, pur di tentare di salvare se stesso».
Rutelli ammette che le attività  dell’ex tesoriere del partito, «attraverso sofisticati artifici, attuati secondo la Magistratura con il contributo di commercialisti, avvocati, famigliari, non hanno trovato nelle nostre regole interne difese ne sensori adeguati. La gran parte della classe dirigente è stata troppo fiduciosa in una persona sola, la cui delega cresceva via via che eravamo impegnati ad agire oltre la Margherita».
Oltre 13 milioni di euro sono stati spesi senza alcun rendiconto, ribadisce Rutelli. Ma la «nostra risposta sarà  limpida e forte – conclude srotolando davanti ai giornalisti un enorme pannello che riproduce il bilancio della Margherita – e restituiremo tutto allo Stato».
Ma gli oppositori oltre che sul modo in cui la riunione è stata convocata e sull’assenza di moltissimi delegati, hanno da ridire anche sulla consegna in tempi molto stretti delle carte contabili.
«È stata messa una pietra tombale su quanto accaduto – denuncia Luciano Neri – una scelta di auto assoluzione che tiene conto delle conseguenze politiche, morali e gestionali. Non poteva esserci epilogo peggiore».«Dobbiamo chiedere scusa agli italiani e vergognarci per quello che è successo – aggiunge sconsolato Pierluigi Castagnetti – poi le responsabilità  penali di Lusi sono di tutta evidenza e sarà  la magistratura a continuare il suo lavoro».
Scuse che arriveranno direttamente sia da Rutelli che da Enzo Bianco al termine dell’assemblea: «Non ci sono conseguenze politiche da trarre – dice l’ex ministro dell’Interno – qui l’unica cosa da fare e che abbiamo fatto è chiedere scusa agli italiani».

(da “La Stampa”)

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TRATTATIVA SUL COLLE: MANCINO CHIAMO’ LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA PER LAMENTARSI DELLE INDAGINI DEI PM DI PALERMO

Giugno 16th, 2012 Riccardo Fucile

LA TRATTATIVA STATO-MAFIA AL CENTRO DELLE INTERCETTAZIONI, LE PRESSIONI DI MANCINO, LE   DIVERSE VALUTAZIONI DELLE PROCURE, I CHIARIMENTI CHIESTI DALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA SULLA OPPORTUNITA’ DEL DIALOGO PER FERMARE LO STRAGISMO

Dialogare con la mafia per fermare lo stragismo è un reato? Se lo chiedono allarmati gli indagati eccellenti, intercettati dai pm di Palermo. E non solo.
Preoccupato dall’evoluzione dell’indagine della Procura del capoluogo siciliano sulla trattativa mafia-Stato, per il rischio di una sorta di impeachment morale della classe politica italiana, se lo è chiesto persino il Quirinale.
Nessuno, in Procura, è disposto a confermarlo, ma tra i 120 faldoni dell’inchiesta palermitana, ormai giunta alle battute finali, c’è anche una lettera della Presidenza della Repubblica, indirizzata nei primi mesi di quest’anno al procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito, nella quale si chiedono chiarimenti sulla configurabilità  penale della condotta degli esponenti politici coinvolti nell’indagine.
Facendo riferimento a una sollecitazione dell’ex senatore Nicola Mancino, nello scorso dicembre particolarmente preoccupato per il suo coinvolgimento nell’inchiesta, il Quirinale avrebbe sollecitato informazioni sulle inchieste segnalando l’opportunità  di raggiungere una visione giuridicamente univoca tra le procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta, tutte parallelamente impegnate nella verifica del ruolo di ex ministri e parlamentari nel biennio della trattativa a suon di bombe, ma con prospettazioni del tutto differenti.
Non è un mistero, infatti, che le tre Procure sin dall’inizio dell’indagine sulla trattativa abbiano manifestato — in particolare, durante una tornata di audizioni davanti alla commissione Antimafia — notevoli divergenze sulla questione dell’imputabilità  dei politici coinvolti.
I pm nisseni e quelli fiorentini appaiono propensi a credere che gli esponenti delle istituzioni chiamati in causa nella trattativa furono costretti ad accettare la logica del negoziato imposta da Cosa Nostra con il terrore, e dunque sarebbero da ritenersi “vittime” dell’intimidazione mafiosa, ovvero soggetti penalmente non perseguibili.
La procura di Palermo, invece, la pensa in tutt’altro modo: l’aggiunto Antonio Ingroia e i pm Lia Sava, Nino Di Matteo e Francesco Del Bene ritengono che quella dell’apertura dialettica tra mafia e Stato sia un’iniziativa consapevolmente adottata dai politici e dagli uomini degli apparati, convinti in questo modo di fermare lo stragismo, ma anche di salvare la pelle.
Inutile chiedersi quale sia l’interpretazione più apprezzata da Mancino che, il giorno dopo esser stato interrogato a Palermo, il 7 dicembre scorso, si affretta a telefonare al magistrato Loris D’Ambrosio, uno dei più stimati consiglieri del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Un’intercettazione, oggi agli atti dei pm palermitani, rivela che, al telefono con D’Ambrosio, Mancino si abbandona apertamente a uno sfogo preoccupato, sostenendo di essere un “uomo solo”.
Ma le telefonate agli atti dell’inchiesta sarebbero più di una.
Mancino avrebbe chiamato direttamente il procuratore di Palermo Francesco Messineo, cercando di evitare di essere posto a confronto con l’ex Guardasigilli Claudio Martelli.
Il faccia a faccia in Procura si tiene però regolarmente: Martelli conferma di aver chiesto a Mancino le ragioni dell’iniziativa investigativa avviata nel ’92 dal Ros di Mario Mori con l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino.
Mancino, invece, continua a negare con decisione.
Nei primi mesi dell’anno i palazzi della politica sono in fibrillazione per l’evolversi delle indagini: ci si interroga su come minimizzare i possibili danni dell’inchiesta palermitana sulla trattativa.
Qualcuno, tra gli indagati eccellenti, si lamenta — sempre al telefono — dell’inerzia del procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito davanti a un problema cruciale per l’intera politica italiana: si può processare un pezzo dello Stato per avere aperto un canale di comunicazione con Cosa Nostra, allo scopo di evitare altre stragi?
C’è chi, conversando alla cornetta, arriva persino a rivelare di aver interessato della questione il capo della Dna Pietro Grasso, che però avrebbe minimizzato la portata dell’inchiesta. Millanterie?
È in questo periodo che il Quirinale avrebbe inviato la sua richiesta di chiarimenti al pg Esposito, sollevando l’esigenza di giungere a una visione univoca condivisa dalle tre procure. Tutto il resto è cronaca.
Nei primi giorni di marzo, il pg Esposito richiede al procuratore nisseno Sergio Lari l’invio degli atti dell’inchiesta su via D’Amelio, entrando a gamba tesa — con un’iniziativa senza precedenti — nell’attività  del distretto giudiziario siciliano che indaga sulla morte di Falcone e Borsellino. Al punto che Lari commenta attonito: “Sono disorientato”.
La richiesta di Esposito viene letta inizialmente come la premessa di una possibile azione disciplinare nei confronti della procura nissena per aver violato la privacy dei tanti nomi eccellenti contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Alessandra Giunta, di cui vengono riportate le deposizioni, ma anche le tante contraddizioni, le reticenze, le omissioni e le bugie.
Oltre alle risposte di Mancino, ci sono quelle degli ex ministri Claudio Martelli e Giovanni Conso, degli ex presidenti del consiglio Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi, dell’ex presidente dell’Antimafia Luciano Violante.
Ma il vero significato di quella richiesta viene fuori quando, ancora una volta, Mancino prende il telefono, stavolta per contattare direttamente Esposito e congratularsi: quella iniziativa è “un segnale forte”, dice, una mano tesa “in difesa dei politici”.
Le sue parole restano ancora una volta incise nelle bobine delle intercettazioni.
E oggi svelano un altro pezzo dello Stato che frana moralmente davanti alla ricerca della verità .

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA “STECCA” DI MARONI: LA “NUOVA” LEGA DI BOBO ARRUOLA I VECCHI AMICI DI BELSITO, ECCO IL CONDANNATO CAVALIERI, SOCIO DI BONET E VICINO A SCALA

Giugno 16th, 2012 Riccardo Fucile

IL NUOVO COME IL VECCHIO, MARONI COME BOSSI: SI DIVIDONO INQUISITI, CONDANNATI E TESORIERI…NEI PROBIVIRI AL CONGRESSO VENETO MARONI E TOSI HANNO PROPOSTO IL NOME DI ENRICO CAVALIERE CONDANNATO A DUE ANNI E TRE MESI PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA…

Il nuovo come il vecchio. Maroni come Bossi: si dividono inquisiti, condannati e tesorieri. Il Senatur aveva come tesoriere Francesco Belsito, Maroni tra i suoi uomini ha Enrico Cavaliere, con una condanna sulle spalle.
E legato a Stefano Bonet, inquisito nei tre filoni d’inchiesta sull’uso del denaro pubblico in mano alla Lega, compreso il presunto riciclaggio in Tanzania e Cipro.
Al congresso nazionale in Veneto, la corrente di Maroni-Tosi ha inserito nella lista dei candidati probiviri Cavaliere.
Non è stato eletto per un pelo, ma si è
conteso il posto con Paola Gosis. Bossi nel 2005 lo aveva sospeso per sei mesi dal partito e declassato a sostenitore.
Le sezioni di Venezia e Mestre ne avevano chiesto l’espulsione per gli investimenti in Croazia e in Liguria: nel villaggio Skipper, nel casinò dell’Hotel Istra a Pola e nella sala scommesse Bigonet a Genova.
E lui aveva pagato per tutti ed era stato emarginato dal partito.
Ex parlamentare, ex presidente del consiglio regionale del Veneto, tra i fondatori della Liga Veneta, Cavaliere è stato condannato a due anni e tre mesi di carcere per banca rotta fraudolenta riguardo al buco finanziario di un miliardo 875 milioni di vecchie lire della società  Ceit di Montegrotto Terme. Società  fallita nel 2004 che avrebbe dovuto costruire il villaggio turistico Skipper sul golfo di Pirano, in Croazia, detto anche “il paradiso di Bossi”. L’ope razione era sponsorizzata dai militanti, compresa Manuela Marrone (moglie di Bossi) e dall’attuale tesoriere Stefano Stefani.
Sempre in Croazia il Carroccio aveva investito nella Santex, a Pola, una società  che avrebbe dovuto aprire un casinò all’in terno del mega villaggio Skipper.
Ma pure qui si registra un fallimento finanziario e così il Carroccio decide di vendere la società  ai Leichner, padre e figlio, croati, poi arrestati dall’Fbi per truffa.
La Corte di Cassazione descrive così le capacità  degli investitorleghisti: “Valutazione incongrua, imperita e imprudente nella operazione immobiliare. Evidente gravità  dei fatti”.
Per la disastrosa campagna di Croazia Cavaliere fa da capro espiatorio.
Ma l’uomo riappare per il ricorso contro la riforma dei vitalizi dei parlamentari. E’ uno dei 15 leghisti a essersi opposti ai tagli, ma Gianpaolo Dozzo, presidente dei deputati del Carroccio, chiarisce che Cavaliere e altrsono “ex parlamentari degli anni Novanta che da tempo non rappresentano più, a nessun livello, il nostro Movimento e non ne sono più iscritti”.
Certo è che a Meolo, in provincia di Venezia, dove abita e dove Bonet è nato, si tiene nel 2008 la “Scuola politica e amministrativa del Basso Piave”, voluta dalla Lega, e lui è alla cabina di regia e intende insegnare come “si legge un bilancio”.
Alla presentazione, con lui, c’è Francesca Zaccariotto, presidente della Provincia di Venezia, e Daniele Stival, assessore regionale veneto, quello che disse che i profughi vanno “fermati col mitra”.
PUR SENZA incarichi istituzionali dal 2005, l’ex parlamentare vive nel sottobosco leghista.
Tiene i contatti con Bonet, anzi “è Cavaliere che avvicina Bonet alla Lega”, rivela un leghista della prima ora. Infatti gli affari tra loro due corrono assai velocemente.
Fra le società  di Bonet c’è la Polare che cura, tra l’altro, i grandi eventi per i turisti sul Lago di Garda, promossi dall’associazione “Lago di Garda tutto l’anno” dell’onore vole Pdl nonchè ministro-lampo Aldo Brancher, il pontiere con i leghisti.
SOLO il 13 giugno i Probiviri della Margherita, “convocati d’urgenza alla presenza dei membri del direttivo deliberano in via cautelare la sospensione con effetto immediato di Luigi Lusi da ogni qualifica e funzione”.
E chiedono di acquisire gli atti della procura di Roma e la richiesta di arresto avanzata dal gup Simonet ta d’Alessandro. La lettera, datata 13 giugno, è stata recapitata ieri con pony alle 9.33 presso lo studio Lusi e poi girata al senatore via mail presso la villa di Genzano aliere, e ne faceva parte anche Bonet che solo un anno dopo, nel 2009, subentra a Cavaliere nella carica di amministratore e il bilancio societario della Polare improvvisamente si gonfia: da 367mila euro a 25 milioni. Il bilancio forse stride con le finalità  descritte nello statuto della società : “La società  non ha fini di lucro e ha lo scopo di svolgere l’attività  di ricerca di base”.
La Polare è una società  consortile di cui ne fanno parte il Consorzio Marco Polo e Area Impresa, due società  partecipate sia da Bonet sia da Cavaliere. Davanti al notaio, all’atto costitutivo, queste due società  sono inizialmente rappresentate da Sonia Zoccoletto, domiciliata allo stesso indirizzo di Cavaliere a Meolo.
Mentre la sede legale delle tre società  è sempre a San Donà  del Piave. Bonet nel 2010 cede quote societarie di Area Impresa e Marco Polo Technology alla società  di diritto inglese Malaussene Limited con sede a Hertfordhire amministrata, fra gli altri, da Paol Scala, coinvolto negli investimenti leghisti a Cipro, dove vive e lavora come promotore finanziario. Il suo nome emerge dalle indagine dei magistrati che l’avrebbero accostato alla cosca De Stefano. Per la procura di Reggio Calabria dalle conversazioni telefoniche emergerebbe che sarebbe Scala “il gestore dei fondi esteri del gruppo di imprenditori che ruotano attorno alle figure di Bonet, Romolo Girardelli e Belsito”.
L’intreccio affaristico sarebbe confermato, secondo i magistrati, da diverse intercettazioni ma una merita maggiore attenzione delle altre. Scala parla con un certo Manolito.
Ecco che cosa si dicono, Manolito: “Le buone notizie sono che Marina sta cercando di fare accettare la lettera perchè è scritta a mano e mi hanno detto che quello che è scritto a mano e non può essere accettato per un importo grande come questo di 4,5 milioni”. Scala: “Io me ne frego tantissimo; a me interessa che vengano depositati i soldi oggi”. (…) “Quello che ci interessa è che venga aperto il conto corrente nuovo a Cipro per Stefano (Bonet) perchè è da lì che poi partirà  il denaro per andare all’altro”. Cioè Belsito, su un conto in Tanzania.
Trasferimento poi bloccato. La Lega invece va avanti, da Bossi a Maroni.
Con Cavalieri.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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MARONI BECCATO SUL FATTO, ECCO CHI HA CANDIDATO TRA I PROBIVIRI IN VENETO: IL CONDANNATO ENRICO CAVALIERE

Giugno 16th, 2012 Riccardo Fucile

RIPORTIAMO L’ARTICOLO DEL “CORRIERE DEL VENETO” DEL 9 NOVEMBRE 2010: “BANCAROTTA CEIT, L’ACCUSA CHIEDE TRE ANNI PER CAVALIERE. DOVEVA COSTRUIRE IL VILLAGGIO DEL CARROCCIO”

Quello che fino a ieri pomeriggio era solo un sospetto, diventa notizia attorno alle 16 nell’aula del tribunale Collegiale di Padova.
I soldi della Lega Nord, con precisione 560 milioni delle vecchie lire, sono stati utilizzati nell’aprile 2001 per tentare il salvataggio della Ceit, società  di Montegrotto nata nel ’98 con un capitale sociale di 20 milioni di lire.
Ma in grado di finanziare la costruzione del villaggio turistico Skipper, un complesso di 2.300 appartamenti e 4800 metri quadri affacciato sul golfo di Pirano in Croazia: operazione targata Lega e finita malissimo.
A documentare il flusso di denaro è il consulente tecnico della Procura, il dottor Carlo Pampaloni.
Incaricato dal pm Paolo Luca a ricostruire i movimenti della società  tra i cui soci figuravano diversi esponenti del Carroccio, chiamati ufficiosamente a partecipare con una quota di 40 milioni di lire, quando l’ufficiale indicazione societaria parlava di quota minima di 100mila lire.
Per l’unico di loro finito a processo, l’ex presidente del Consiglio Regionale del Veneto Enrico Cavaliere, il magistrato ha chiesto 3 anni.
L’accusa è di aver lasciato un buco di un miliardo e 875 milioni di lire lasciato in eredità  alla società .
Soldi che sarebbero stati manovrati «in maniera impropria e con finalità  estranee a quelle di Ceit, usati per oliare le macchine della burocrazia croata», ha tuonato l’accusa.
Ma il dubbio avanzato dal pm che Skipper fosse «un’iniziativa per finanziare il partito», come sostenuto dalla gola profonda Luca Bagliani – negli anni ’90 deputato per il Carroccio – è emersa ieri.
«Ci sono stati tentativi di salvataggio della Ceit, così come c’erano caratterizzazioni delle quote sociali.
Tra i nomi ricordo Manuela Marrone (moglie di Umberto Bossi, nda)», ha detto Pampaloni.
Altri imprenditori in orbita leghista avevano delle quote: dall’ex ministro Giancarlo Pagliarini al sottosegretario Maurizio Balocchi, morto nel febbraio scorso dopo essere stato rinviato a giudizio.
Senza dimenticare l’orafo vicentino Stefano Stefani, archiviato su richiesta della Procura.
«Siamo all’aprile del 2001 – ricostruisce Pampaloni – e la società  friulana Euroservice versa 560 milioni nelle casse di Ceit. E’ un’operazione che viene sostanzialmente fatta dall’allora tesoriere della Lega, e socio Ceit, Maurizio Balocchi». S
oldi che nella contabilizzazione Ceit risultano essere un versamento fatto da un privato.
«Il denaro però arriva direttamente dal conto corrente che il Carroccio ha presso il Banco di Napoli a Montecitorio. Contabilizzati dalla Lega come finanziamento personale a Balocchi e che l’ex Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, ha restituito quasi in toto».
Ma com’è avvenuto il giro di denaro?
I soldi dovevano passare attraverso l’Euroservice che si era poi dichiarata creditrice verso Ceit.
A far saltare il banco e smascherare il sistema Lega è stata una duplice registrazione nella stessa data dei 560 milioni di lire.
Per Euroservice erano soldi da dirottare a Ceit.
Per quest’ultima però era un finanziamento privato di Balocchi.
«Che la Lega avesse un doppio interesse?», si è chiesto il magistrato.

Nicola Munaro
(da “Il Corriere Veneto“)

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