Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile CASINI VERSO IL SENATO PER LIBERARE I DUE POSTI-DEROGA ALLA CAMERA… IN FLI LE DUE DEROGHE SARANNO PER FINI E BOCCHINO (RAPPRESENTANTE LEGALE DI FLI E INVULNERABILE), BONGIORNO E DELLA VEDOVA VERSO IL SENATO…AL SENATO SU 40 POSTI SARANNO 14 I POSTI COMPLESSIVI PER UDC E FLI
Tra oggi e domani, Monti passerà al vaglio la bellezza di 2205 curriculum vitae: tanti saranno complessivamente i posti in palio nelle quattro liste (una al Senato, tre alla Camera) che danno corpo al suo «rassemblement».
Da ciascun candidato, il premier pretende una ricca scheda biografica, cosa ha fatto e soprattutto cosa non ha fatto.
Ma siccome non si fida fino in fondo delle auto-certificazioni, e le bugie hanno le gambe corte, il super-ispettore Bondi ha messo in piedi una squadretta per controllare l’esistenza di eventuali magagne (conflitti d’interesse e pendenze giudiziarie in primo luogo).
Di sicuro verrà compulsato il web, da dove molte piste si possono ricavare; in qualche caso estremo verrà messo mano al casellario giudiziario.
Cosicchè in attesa del verdetto, gli aspiranti onorevoli e senatori trascorreranno la classica notte prima degli esami: «notte di lacrime e preghiere» canta Antonello Venditti, sicuramente di nevrosi e speranza poichè nel verdetto il Professore sarà implacabile, garantiscono dalle sue parti, dunque non farà sconti a nessuno («…notte di polizia/ certo qualcuno te lo sei portato via…»).
In realtà , Monti non userà sempre lo stesso metro.
Sarà «severissimo» nel varo della lista unica per Palazzo Madama e di quella civica per Montecitorio, che recano entrambe il suo nome in grande nel simbolo.
Un filino meno intransigente quando si tratterà di giudicare le «rose» degli alleati Fli e Udc.
Perchè il premier sa di non poter sfidare oltre un certo limite l’amor proprio di Fini e di Casini: in teoria il loro timbro dovrebbe essere una garanzia, e invece il doppio vaglio già lascia intendere che Monti non lo reputa sufficiente.
«Chi si crede di essere quel signore per giudicare il nostro tasso di moralità ?», è il lamento misto a tremarella tra i parlamentari Udc.
Più che un braccio di ferro, in realtà , si annuncia un complicato gioco delle parti; per effetto del quale verranno scacciati dal Paradiso tutti coloro che Pier Ferdinando (e Gianfranco) non avranno difeso fino in fondo.
Loro stessi si vanno riposizionando in vista delle grandi manovre post-elettorali.
In particolare Casini sembra in predicato di lasciare la Camera e di transitare al Senato («Può darsi», conferma agli amici il diretto interessato).
Automaticamente diventerebbe il candidato più autorevole a presiedere quel ramo del Parlamento.
Inoltre, trasferendosi nella bomboniera di Palazzo Madama, Casini avrebbe maggiori margini di manovra nella composizione della lista alla Camera, dove Cerbero-Monti ammette due sole eccezioni alla regola dell’anzianità (tanti saluti a chi in Parlamento ha trascorso più di 15 anni).
Oltre a Buttiglione, che è presidente Udc, apprezzatissimo dal Papa e dalla Merkel in quanto filosofo «deutsch-sprachigen» (che parla tedesco), dal possibile trasloco di Casini potrebbe beneficiare un ulteriore esponente di lungo corso: a sua scelta Tassone o Volontè, Delfino Teresio o Sanza.
Nuove geografie si delineano al Centro.
L’addio dei brontosauri e, forse, di personaggi un po’ chiacchierati farà spazio a una generazione post-dc dove spiccano giovani leoni come Rao.
Alla Camera resterà Fini, accanto a lui quale seconda «eccezione» Bocchino (rappresentante legale della lista Fli, praticamente invulnerabile).
Cambieranno ramo del Parlamento due esponenti di Fli che il Prof molto apprezza, Della Vedova e la Bongiorno: correranno per Monti in Senato.
Un posto è garantito per l’ex-Pdl Mauro, più incerto il destino di un altro grande ex, Pisanu.
Ma prima, c’è da ripartire la «torta»: quanti posti alla società civile?
Quanti a Udc e Fli?
Ieri sera, vertice tra Monti, Casini e Fini.
I centristi vorrebbero 15 poltrone sicure nel listone al Senato, sul presupposto che in totale ne scatteranno 50.
Dalle parti di Monti hanno un diverso senso delle proporzioni.
Pensano che alla fine i senatori saranno 40, per cui Fli e Udc insieme non dovranno superare quota 14.
Oggi nuovi frenetici incontri, poichè il Professore non si fa raggirare: esige tutti i nomi sul tavolo, tanto della Camera quanto del Senato, prima di promuovere le liste. Deve fare a tutti l’esame del sangue…
Ugo Magri
(da “la Stampa“)
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile DIMINUISCONO GLI INDECISI E SEL CORRE IL “RISCHIO INGROIA”… MA IL 20% DEGLI ELETTORI DECIDONO NELL’ULTIMA SETTIMANA
L’ elemento forse più rilevante che sta caratterizzando questa fase è l’accresciuto
interesse degli italiani verso la competizione elettorale e la conseguente formazione di orientamenti più precisi anche tra chi, fino a qualche tempo fa, si dichiarava indeciso o tentato dall’astensione.
È l’effetto inevitabile del dipanarsi della campagna, che porta a un maggiore rilievo delle tematiche politiche su tutti i media (e anche nelle conversazioni e confronti tra i singoli) e, di conseguenza, a una maggiore concentrazione (e, talvolta, mobilitazione) su queste ultime da parte dei cittadini.
Non a caso, proprio nelle ultime settimane, è diminuita la quota di chi non sa o non vuole indicare la propria intenzione di voto nei sondaggi: era attorno al 40-50% all’inizio di dicembre ed è oggi inferiore al 40%.
Qual è, dunque, all’avvio della campagna elettorale, la distribuzione dei consensi?
È opportuno esaminarla separatamente in relazione alle singole aree politiche.
Il centrodestra
Il Pdl ha visto di recente un accrescimento di consensi, dovuto anche alla sempre più frequente presenza di Berlusconi sugli schermi televisivi, passando dal 13-16% rilevato all’inizio di dicembre al 17-19% di oggi.
La differenza proviene prevalentemente da ex elettori del centrodestra delusi, che si erano rifugiati nell’indecisione e nella tentazione di astenersi.
Naturalmente, è difficile prevedere se e in che misura questo trend si confermerà nelle prossime settimane, come invece sostiene il Cavaliere, che ha indicato un obiettivo addirittura del 40%. C’è da tenere conto anche che il Pdl ha subito una serie di defezioni di alcuni dei suoi esponenti, la più rilevante delle quali (Fratelli d’Italia con La Russa, Meloni e Crosetto) ha raccolto sin qui tra l’1 e il 2% circa, ma che è comunque coalizzata col Pdl in occasione delle elezioni.
Sempre nell’area del centrodestra c’è poi da considerare La Destra di Storace – anch’essa probabile componente della coalizione – che si situa attorno al 2%.
Nel complesso, dunque, si tratta comunque di più del 20% dei consensi.
Ai quali, nelle intenzioni e nelle speranze del Cavaliere, vanno aggiunti quelli raccolti dalla Lega, situata attualmente attorno al 6%.
L’alleanza del Pdl con il partito di Maroni, di cui si discute ancora in queste ore, permetterebbe all’insieme delle forze di centrodestra (anche se l’accordo non porterebbe necessariamente alla sommatoria dei voti, data l’inevitabile defezione di una quota di scontenti dell’uno o dell’altro partito) di conquistare un risultato importante alla Camera, ma decisivo, specie in alcune regioni, per la conquista dei seggi senatoriali.
Come si sa, infatti, i premi di maggioranza per il Senato vengono attribuiti su base regionale: di qui l’importanza di prevalere in alcune regioni, quali il Lazio, la Sicilia, la Lombardia.
Il numero dei seggi in palio rende quest’ultima particolarmente rilevante: proprio qui l’alleanza del Pdl con la Lega potrebbe voler dire ottenere o meno il premio di maggioranza (ma la concomitanza con le elezioni regionali sembra rendere meno probabile questa prospettiva, dato il seguito del candidato di centrosinistra e il possibile «effetto traino») e mutare così, forse radicalmente, l’assetto in Senato e, di conseguenza, la stabilità del governo che si formerà .
Col paradosso che, come ha sottolineato Ceccanti (che lo ha definito «una curiosa eterogenesi dei fini»), se Berlusconi conquistasse la Lombardia, favorirebbe di fatto un ruolo determinante per l’avversario Monti nella formazione di una maggioranza governativa in Senato.
Il centro
La grande novità è qui l’ingresso della lista Monti, che si allea con l’Udc, con Italia Futura di Montezemolo e con Fli.
Nell’insieme, queste componenti ottengono circa il 14-15%.
In particolare, l’Udc raccoglie circa il 4%, Fli è di poco superiore all’1%, mentre la lista direttamente intestata al presidente del Consiglio (che oggi comprende anche Italia Futura di Montezemolo) conquista circa il 9%.
Quest’ultima sta raccogliendo voti specialmente nell’ambito del centrosinistra (tra gli elettori in qualche modo «delusi» dal Pd, accusato di essere troppo proiettato a sinistra e rappresentato dall’apparato tradizionale) e, in misura minore, dagli indecisi, mentre sembrano meno i consensi provenienti dal centrodestra.
Si tratta però di dati assolutamente provvisori e soggetti a mutamenti, forse anche sensibili, nel prossimo futuro.
Molto dipende dalla capacità persuasiva (o, viceversa, di dissuasione) che sarà esercitata da Monti in occasione delle sue presenze televisive e sul web.
In altre parole, il Professore può crescere, anche significativamente, come può recedere dal consenso conquistato sin qui.
Secondo la gran parte degli analisti pare improbabile, allo stato attuale, che l’insieme delle liste collegate a Monti possa superare alla fine il 20%.
Ma, nelle elezioni, come nella vita, non si sa mai.
Il centrosinistra
Il Pd resta il maggiore partito italiano, stimato oggi attorno al 32-33%.
Il dato è sostanzialmente stabile, anche se in lieve erosione rispetto alla crescita rilevata subito dopo le primarie.
Vi sono, in questo momento, forti polemiche interne conseguenti all’esclusione dalle liste della gran parte degli esponenti «montiani» del Pd (e della conseguente accentuazione del peso della componente di «sinistra»), senza che queste abbiano avuto tuttavia sin qui effetti sul seguito elettorale del partito.
Sel, che è alleata con il Pd, ottiene circa il 4% (potrebbe essere la destinataria di una erosione ad opera della nuova lista di Ingroia), mentre il Psi è stimabile attorno all’1%.
Considerando anche l’apporto della nuova lista di Tabacci e Donadi (Centro democratico), dunque, la coalizione di centrosinistra si avvicina – secondo alcuni raggiunge – a circa il 40% dell’elettorato, ciò che le consente di guardare con fiducia alla vittoria delle prossime elezioni. Ma, come si è detto, ciò riguarda prevalentemente la Camera dei deputati.
L’esito del Senato – e la possibilità o meno di governare da soli – dipenderà dalla distribuzione dei voti nelle singole regioni.
Il Movimento 5 Stelle
La forza politica capeggiata da Grillo resta assai popolare, con circa il 13-14% di consensi.
Il dato è inferiore a quanto rilevato qualche mese fa (17-19%) sia perchè una parte di cittadini, con l’avvicinarsi delle elezioni, sembra non accontentarsi più della mera protesta e si dirige verso partiti ritenuti più propositivi, sia, forse, per la presenza di «Rivoluzione civile» di Ingroia, che raccoglie il 2-3% (ma, secondo alcuni, addirittura il 5%, comprendendo però anche i consensi di Di Pietro).
Resta il fatto che il M5S costituirà , con questo seguito, una componente di grande rilievo nel prossimo Parlamento.
Lo sprint decisivo
Sin qui il quadro attuale. È probabile, però, che, con il progredire della campagna elettorale, sempre più cittadini giungano a consolidare la propria opzione e altri possano mutare il proprio orientamento.
In occasione delle ultime politiche più di un votante su cinque ha dichiarato di avere deciso definitivamente la propria opzione negli ultimi dieci giorni precedenti la data della consultazione. Soprattutto sulla base delle impressioni ricavate assistendo ai dibattiti televisivi.
Il risultato definitivo delle consultazioni di febbraio è dunque lungi dall’essere determinato.
Renato Mannheimer
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile I DUE PARTITI “ALFIERI DEL BIPOLARISMO ESASPERATO”.. “L’IMU VA MODIFICATA E DATA AI COMUNI, POSSIBILE RIDURRE IRPEF E CONGELARE IVA”
Ha già presentato la sua lista ‘Scelta civica’ che sarà alla Camera in coalizione con l’Udc di Perferdinando Casini e Fli di Gianfranco Fini e da sola al Senato, e ora Mario Monti è alle prese con la formazione delle liste elettorali.
Ospite a SkyTg24 spiega che i primi a sapere della scelta di ‘salire’ in politica sono stati i suoi ‘due Presidenti’: Napolitano e la moglie.
“Avrei preferito che non figurasse il mio nome nel simbolo- spiega-, ma c’era stata molta sollecitazione di alcune parti politiche e della società civile affinchè mi candidassi col mio nome”.
Poi parla delle promesse di taglio delle tasse che devono essere “mantenibili” e si difende da chi lo accusa di essere vicino ai poteri forti delle banche, oltre ad attaccare la ‘strana maggioranza’ di Pd e Pdl che ha ostacolato le riforme, in particolare quella sul mercato del lavoro e la legge anti-corruzione.
E sulle liste precisa di non avere subito nessun ‘diktat’ dagli alleati.
Le promesse di Berlusconi sulle tasse —
Ricorda che, nonostante gli sforzi del suo governo, la legge anti-corruzione ”va migliorata perchè le tre forze politiche della mia strana maggioranza non hanno trovato intesa per colpa del Pdl così come sul mercato del lavoro avremmo voluto fare di più ma c’era un freno del Pd”.
Sulla riduzione della pressione fiscale ha spiegato che l’Imu “va ristrutturata come va rivista l’intera struttura fiscale e farlo sull’arco di alcuni anni”.
In particolare, il gettito della tassa sulla casa deve andare maggiormente ai comuni. Nel breve periodo, però, a differenza di quanto detto da Berlusconi, “non c’è modo di ridurre l’Irpef come invece [lui] ha scritto nel suo contratto con gli italiani” perchè “le tasse vanno ridotte, ma non vanno fatte promesse non mantenibili”.
Però, sottolinea, c’è la ”possibilità ” di ridurre l’Irpef e congelare l’Iva a luglio e anche di fare “di più”.
“La via maestra — ha osservato- è la riduzione della spesa pubblica, se potremmo avere nel nuovo parlamento una coalizione di forze che sono pronte a dire no a interessi costituiti allora sarà possibile ridurre più la spesa e di conseguenza le tasse”. Non ricorda quanto sia la cifra di Imu che ha pagato perchè è la moglie che se ne occupa e ricorda di avere “detto no a Berlusconi quando mi voleva suo ministro delle Finanze”.
Riguardo Alitalia, tema sul quale Berlusconi è intervenuto di nuovo a favore della cordata italiana mentre Air France entro l’estate dovrebbe raggiungere l’accordo per la fusione, Monti dice: “Non ci sono posizioni astratte o dogmatiche. Abbiamo concluso — ha spiegato — un’operazione in cui in Avio è intervenuta General Electric con impegni molto seri sul mantenimento dell’italianità ”.
Su Alitalia “si tratta di vedere cosa ha senso industrialmente per l’Italia. Bisogna vedere quali sono le prospettive. Comunque — ha concluso — è uno dei rarissimi problemi che non sono emersi, non mi faccia improvvisare una risposta”.
Gli alleati —
Ritiene Montezemolo “una personalità di grande rilievo” che con ItaliaFutura “ha prodotto candidati interessanti”.
Su Casini e Fini: “Non li valuto per la loro storia lontana”, ha detto, ma “Casini ha visto prima di altri che i problemi dell’Italia” si sarebbero risolti solo con una “grande coalizione” ed entrambi gli alleati sono stati “tenaci sostenitori della maggioranza, mentre il sostegno di Pd e Pdl è stato a corrente alternata”.
Poi, aggiunge, ci sono persone che hanno deciso “con un forte costo personale di uscire da Pd e Pdl”, partiti che definisce “alfieri del bipolarismo esasperato”, perchè non trovavano una “spinta riformista”.
Si tratta di persone che “non verranno premiate”, perchè “sono persone che desideravamo avere. Come Ichino, che si è sempre meno ritrovato negli aspetti della politica del suo partito” che riguardavano ad esempio “il mercato del lavoro”.
Al Senato, ribadisce, ci sarà una lista unica con Monti per l’Italia che conterrà società civile e parlamentari, alla Camera ci sarà “Scelta civica” solo con “rappresentanti della società civile”.
Ma per tutte le liste, puntualizza, “sono stati preparati criteri più rigorosi riguardo conflitto di interessi e processi in corso”.
E sui temi etici, spiega che deciderà il Parlamento.
Sulla rinuncia di Passera a partecipare alla sua avventura politica, spera “che non sia scritta la parola fine”.
“Passera ha lavorato molto bene nel governo — dice, ma in merito alle liste — ha preso una posizione più rigida di me, secondo me, a torto”.
Il ministro dello Sviluppo infatti avrebbe preferito una lista unica anche alla Camera, “ma io — ha proseguito il Professore — ho pesato la mia scelta. Va bene sentire l’elitismo della società civile ma non lo sento fino al punto da escludere forze politiche serie”.
Banche e poteri forti —
Alla domanda se sia disponibile a chiedere alle banche di finanziare di più famiglie e imprese, Monti risponde: “Si può mettere in agenda, ma bisogna trovare gli strumenti di politica economica per farlo”.
Le accuse di agire a favore dei poteri forti, prosegue il presidente del Consiglio, sono “segni della superficialità del dibattito politico in Italia“.
Infatti ricorda che Berlusconi si è sempre opposto alla tassazione delle transazioni finanziarie o Tobin Tax, mentre il suo esecutivo è favorevole alla scelta opposta.
In più, aggiunge, “il nostro governo ha vietato che le stesse persone sedessero nei cda di banche e assicurazioni concorrenti”.
Quanto allo spread, ha spiegato che sotto i 300 punti ”si risparmiano molti miliardi e questo risparmio va contato sul debito pubblico per gli interessi ma anche su quello privato. Un risparmio che può essere calcolato come superiore al gettito Imu. Ma quando noi siamo arrivati, lo spread rischiava di diventare tecnicamente catastrofico”.
Lotta all’evasione ”senza precedenti” –
I 10 miliardi di recupero dell’evasione e i 60 di risparmio dal calo dello spread possono evitare una manovra ad aprile?
“A deciderlo sarà il nuovo governo ma al momento anche l’Ue ci riconosce il pareggio di bilancio pubblico strutturale per 2013. I conti sono dunque in ordine e se non ci saranno eventi non previsti…”.
Monti poi definisce la lotta all’evasione una “battaglia di civiltà ” realizzata dal suo governo con “misure senza precedenti e hanno dato un gettito considerevole”.
Obama e Merkel —
Monti spiega di sentire l’endorsement del Presidente degli Stati Uniti, sottolineata soprattutto da “questa grande facilità di rapporto sulla comprensione delle cose e delle persone”.
E su Angela Merkel, che il 22 settembre tornerà a chiedere ai cittadini tedeschi un nuovo mandato, dice di avere “lavorato molto bene anche se qualche volta si è lamentata per la mia durezza al tavolo del consiglio europeo. Non era abituata”.
Il presidente del Consiglio si riferisce in particolare allo scudo anti-spread a proposito del quale, specifica Monti, “abbiamo avuto un contrasto alle 5 del mattino del 29 giugno 2012″.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile DUEMILA EURO AL MESE A CALDEROLI, CARTA DI CREDITO E AFFITTO PAGATO AL SEN. BRICOLO, EXTRA PER LA SUA SEGRETARIA, 1.500 EURO MENSILI A UN COLLABORATORE DI COTA
C’è più di un conto che non torna nella gestione dei 3 milioni di euro che ogni anno il
Senato della Repubblica ha erogato al gruppo parlamentare della Lega Nord-Padania.
Dunque dei 15 milioni nei cinque anni della legislatura appena conclusa.
Stipendi extra corrisposti in contanti al capogruppo Bricolo e i suoi fedelissimi Bodega e Mazzatorta, ma anche una “paghetta” da duemila euro mensili per il senatore Roberto Calderoli; pagamento dell’affitto allo stesso capogruppo per 1.250 e copertura della sua carta di credito; assegni girati a collaboratori per finalità non chiare.
La Procura della Repubblica di Roma ha aperto un’inchiesta, curata dal sostituto Roberto Felici.
È ancora alle battute iniziali, gli inquirenti sono in fase di riscontro, ma sembra stia procedendo piuttosto spedita.
Anche perchè la fonte è quel che si dice una gola profonda, addentro alle cose e ai numeri del Carroccio.
A fare rivelazioni assai documentate è la segretaria del tesoriere del gruppo (il senatore Piergiorgio Stiffoni) Manuela Maria Privitera.
Nata nel ’67 a Londra, tra i pochissimi ad avere gestione piena e diretta dei milioni di euro di fondi pubblici nelle disponibilità del gruppo a Palazzo Madama.
Emerge un quadro senza precedenti dalla sua deposizione resa il 27 novembre scorso in Procura e dal memoriale che la stessa segretaria consegna ai pm, con tanto di allegati e ricevute.
LE PAGHETTE DEI SENATORI
Racconta di un sistema rodato che andrebbe avanti da anni.
«La destinazione dei fondi che il Senato mette a disposizione dei gruppi, lo dico per diretta conoscenza, non sempre è stata rigorosamente rispettata».
La Privitera rivela l’esistenza di bonifici corrisposti fino al novembre 2011 «con disposizione permanente ai senatori componenti l’ufficio di presidenza: Bricolo 2.028 euro, Bodega 778 euro, Mazzatorta 683 euro».
Soldi extra rispetto alle già ricche retribuzioni degli onorevoli.
Poi, da novembre 2011, «il presidente (Bricolo, ndr) ha deciso di volerli ricevere e dare per contanti, aggiungendo ai già menzionati senatori anche Roberto Calderoli». In quello stesso mese era caduto il governo Berlusconi e Calderoli lasciava la poltrona di ministro della Semplificazione. E «al senatore viene destinata la cifra in contanti di 2.000 euro mensili».
Spiega che «da dicembre 2011 in poi ho consegnato personalmente ogni mese il denaro in contanti, facendomi firmare una ricevuta individuale precompilata».
Non solo.
«Il gruppo pagava l’affitto dell’appartamento dove abitava il senatore Bricolo, con bonifico permanente di euro 1.250 e inoltre saldava il conto di una carta di credito che era nella disponibilità esclusiva del presidente».
E poi: «Bricolo ha impartito disposizione affinchè il gruppo si facesse carico delle spese telefoniche del senatore Calderoli».
EXTRA AI COLLABORATORI
Senatori e non solo. Tra i «pagamenti in contanti» la segretaria annota anche quello «al nostro addetto stampa Romolo Martelloni per 2 mila euro mensili a titolo di rimborso spese in aggiunta allo stipendio che egli percepiva».
E ancora, «alcuni extra per la segretaria del presidente Bricolo, Stefania La Rosa».
Poi, «la corresponsione mensile di 1.500 euro a tale Cortese Giuseppe, che non era un nostro dipendente ma collaborava con l’onorevole Cota (oggi governatore del Piemonte, ndr) quando questi era capogruppo».
LA PROLIFERAZIONE DEI CONTI CORRENTI
Parecchi soldi sono transitati dai conti correnti 10765, 9686 e dal 10331 dell’agenzia Bnl di Palazzo Madama.
Sulla triplicazione degli accantonamenti (e su quest’ultimo c/c in particolare) i pm hanno acceso i loro riflettori.
Il sospetto, ancora in via di accertamento, è che a un certo punto lo stato maggiore del gruppo che fa capo al presidente Bricolo e all’ex tesoriere Stiffoni abbia deciso di non girare più alla segreteria di via Bellerio a Milano (siamo negli anni della “monarchia” Bossi, del tesoriere del partito Belsito e del “cerchio magico”) l’importo messo a disposizione dal Senato al netto delle spese sostenute.
E che abbia piuttosto gestito in autonomia quelle somme, creando conti paralleli. Distribuendo poi migliaia di euro ogni mese in parte ad alcuni senatori per spese più o meno personali, in parte ad alcune figure che gravitavano attorno al partito.
Segretarie, portavoce, collaboratori.
Per fare cosa? Con quali motivazioni? E perchè in nero?
LA VENDETTA DELLA SEGRETARIA
La Privitera è dunque la segretaria amministrativa alle dirette dipendenze di tesoriere e capogruppo (prima Castelli e poi Bricolo) dal 2006 all’aprile 2012.
Proviene dalla Pontida Fin, la finanziaria del partito. Anche lei è sotto inchiesta e decide di parlare quando si ritrova esautorata dall’incarico.
Ma anche messa all’indice dai suoi col pretesto del prestito da lei ottenuto per l’acquisto di una casa, per una cifra che eccedeva l’anticipo di Tfr al quale aveva diritto.
Secondo lei c’era la volontà di sbarazzarsi di una testimone «scomoda». Ai pm si dice pronta a «restituire la parte eccedente» il suo Tfr. Ma occorre inquadrare il contesto.
L’ONDA BELSITO E IL REPULISTI
A marzo esplode lo scandalo Belsito sull’utilizzo dei rimborsi elettorali del Carroccio.
Il 5 aprile Bossi rassegna le dimissioni irrevocabili schiacciato dal peso della cartellina The Family.
Nel partito è il panico.
Si teme un effetto a catena. Il 24 aprile 2012 — scrive la Privitera nel memoriale — si riuniscono i senatori Calderoli, Mazzatorta, Franco, Stiffoni e il capogruppo Bricolo.
Subito dopo, Franco e Mazzatorta intimano alla segretaria di «consegnare le chiavi degli armadi, la cassettiera e la stanza».
Non prima di aver mostrato loro «le ricevute dei rimborsi che consegnavo per contante ogni mese». Da quella data viene quindi «spossessata della stanza e sospesa dalle attività ».
Il 9 maggio, «i senatori Mazzatorta e Franco accompagnati da due che si presentano come revisori prelevano dalla stanza che mi era stata requisita tutto il contenuto, compreso la cassaforte».
Il 16 maggio la segretaria viene convocata dal «senatore Divina che mi dice di aver parlato con Bricolo e Calderoli e che il capogruppo proponeva suo tramite un aumento, anzi un raddoppio di stipendio per risarcirmi del momento di disagio che stavo vivendo. Ho ribadito che il mio stipendio era più che dignitoso che l’unica cosa che dovevo riavere era il mio ruolo professionale e la mia dignità ».
Nelle stesse ore arrivava dalla Procura di Milano la notifica dell’avviso di garanzia a carico del senatore tesoriere Stiffoni.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile SPARITA LA DIVERSITA’, IL VIZIETTO E’ NORMA
Il principio della fine fu forse “il Trota”, il giovane consigliere regionale Renzo Bossi, asino a scuola più del padre Umberto, entrato anche lui in politica.
Per “Trota” c’era la laurea albanese. E i diplomi, la paghetta mensile di 5mila euro in contanti, le auto lussuose.
Vennero scoperte, si seppe che il tesoriere Francesco Belsito «rubava», gonfiava conti, e Bossi, capo assoluto, e papà , e marito, firmava.
Le sezioni leghiste scoprirono così, quasi un anno fa, per via giudiziaria, quella tragica realtà che molti intuivano, e temevano: loro facevano fatica a trovare l’intonaco per i muri scrostati, la famiglia Bossi, quelli del «cerchio magico» con Rosy Mauro in prima fila, più i vari caporioni, vivevano alla grande. Come i «partiti romani».
E quindi non sarà una sorpresa per i padani apprendere che oggi è la procura di Roma che si sta occupando dell’uso distorto dei fondi leghisti del Senato, degli euro che diventano un supplemento d’indennità , del denaro pubblico impiegato non per fare campagna (elettorale), ma farsi casa (propria).
Erano state l’»informativa preliminare del procedimento penale 37651/2011», firmata dai carabinieri del Noe, e le perquisizioni del 3 aprile dell’anno scorso, a descrivere nei dettagli molte storie in grado di sconcertare.
Chi pagava gli alimenti a Maruska, l’ex moglie di Riccardo Bossi, figlio primogenito del leader? La Lega.
E che cosa se ne faceva la Lega dei soldi che lo Stato italiano versava al partito nordista italiano?
Acquistava dieci lingotti d’oro e undici diamanti.
Anzi, come se fossero in un film, la vicepresidente del Senato Rosy Mauro e il suo collega Piergiorgio Stiffoni vennero scoperti mentre aprivano conti correnti, facevano bonifici alla Intermarket Diamond Business spa (Idb), acquistavano i preziosi e, come rivelò un impiegato, «Entrambi i clienti effettuavano un’attenta verifica e specifica spunta dei singoli preziosi che, alla fine dell’incontro, provvidero a portare via in borse».
Un po’ di diamanti vennero riconsegnati: partirono da Genova verso via Bellerio su un altro simbolo delle allegre spese leghiste, l’Audi A6 acquistata sempre per il Trota, il principe ereditario, con i fondi del partito.
Come si può dire questo?
Perchè dentro una cartella intestata — scritta in un riquadro — a «The Family», c’era vario materiale, come le multe del Trota, la polizza e i lavori sulla casa di Gemonio, l’intervento chirurgico del dentista di Sirio Eridanio.
«Se esce qualcosa è la fine», era stata la profetica frase della responsabile amministrativa della Lega Nord, Nadia Dagrada, intercettata al telefono con l’allora tesoriere Belsito.
«Se parlo io finiscono tutti in carcere», minacciava lui, mentre l’ex ministro Roberto Castelli e la corrente maroniana del partito chiedevano conto dei buchi di bilancio.
Come quelli per i soldi al Simpa, il sindacato padano gestito dalla «nera» Rosy, consistente come la nebbia, con un numero di iscritti ridicolo, ma sempre foraggiato, perchè, come raccontava un’altra segretaria leghista, Daniela Cantamessa, fedelissima di Bossi, «nel cerchio dei familiari bisogna inserire anche Rosy Mauro che di fatto, dopo la malattia del capo, si era “installata” in un’abitazione attigua a quella di Bossi, dal quale non si staccava praticamente mai».
Lei e il suo segretario particolare Pier Moscagiuro, cantante e poliziotto in aspettativa, restano indimenticabili.
Come la frase con cui la bollò una segretaria: «Per me deve stare attenta, tra un po’ quella non può uscire da casa».
Espulsa dalla Lega, Rosy Mauro è tornata da poco alla ribalta perchè quando nel 2008 era consigliera lombarda ha speso ben 7mila euro in computer.
Un’altra indagine è in corso e, rispetto a lei, dimostra di aver avuto più fantasia il simbolico Bossi junior, che s’è fatto rimborsare — forse viste le multe che prendeva? — un localizzatore di autovelox (189 euro), una sveglia, un frigo, e anche Mojito, Spritz, Vigorsol e Alpenliebe, Fonzies e Pocket coffee.
Quanto all’ex ministro alla Semplificazione Roberto Calderoli, firmatario della legge elettorale definita «porcata», bisogna ricordare un’intercettazione: «… e invece quelli di Cald come faccio? Come li giustifico quelli?». «Quelli» erano sempre rimbor
La Lega ha mutato faccia, come si sa Roberto Maroni la guida, Matteo Salvini le dà voce, però è diventato evidente come l’antico ceppo avesse contratto un virus, un «vizietto», un male poco curabile: quello dei partiti della fu Prima Repubblica, per mantenere le correnti; o di Silvio Berlusconi, con i suoi paradisi off shore, per frodare le tasse e pagare chi gli chi serve.
A Roma i magistrati indagano sulle dissipazioni dei senatori leghisti, a Milano ormai da otto mesi il truce Belsito, la sua cassaforte svizzera «Aurora», i presunti rapporti con la ‘ndrangheta sono nel mirino del procuratore aggiunto Alfredo Robledo.
C’erano una volta i barbari del Nord che si sentivano autorizzati a parlare di «Roma ladrona», e raccontavano agli elettori delle valli di essere diversi.
Ora dove sono? Spariti. Umiliati. Indagati.
Piero Colaprico
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile TRA I NOMI NAZIONALI, BERSANI POTREBBE INDICARE IL PROF. GIANNI TESTINO, NOTO EPATOLOGO, DIRETTORE DEL CENTRO DI ALCOLOGIA DI SAN MARTINO, SUPERESPERTO DI DIPENDENZE… IMPEGNATO NEL SOCIALE, AMICO PERSONALE DI FINI, MA FUORI DA LOGICHE CORRENTIZIE: BURLANDO E DON GALLO LO SPONSORIZZANO, FLI NON LO L’HA NEANCHE CERCATO
Pubblichiamo un estratto dell’articolo di Repubblica.it dedicato alle candidature liguri
del Pd
Da Roma dovrebbero arrivare i quattro nomi nazionali necessari a completare l’elenco dei dodici probabili eletti (otto alla Camera, quattro al Senato, dicono i sondaggi) ma a Roma sono in alto mare.
Insieme ad Andrea Orlando (che è di Spezia) i tre nomi nazionali sarebbero tutti romani (si parla ad esempio di Paola Concia, leader del movimento gay, un nome forse non proprio azzeccato nella città del cardinal Bagnasco) come pure rimbalza il nome dell’attrice Ottavia Piccolo, indicata da Matteo Renzi.
Se invece i nomi fossero “genovesi” sarebbero quelli del medico Gianni Testino e di Fabiola Mascardi, dirigente Finmeccanica, responsabile delle relazioni esterne di Ansaldo Energia, bocconiana, a lungo collaboratrice a Bruxelles prima di Mario Monti e poi della De Palacio.
Ad ora, in casa Pd, ci sono solo gli otto nomi “sicuri” scelti alle Primarie: con loro ci potrebbero essere il senatore Ignazio Marino (che è genovese) capolista al Senato, il responsabile Giustizia Pd Andrea Orlando (spezzino) capolista alla Camera, più due nomi espressi dalla società civile.
Se fossero genovesi in campo ne sono rimasti appunto due, Gianni Testino, medico e superesperto di dipendenze che proprio ieri ha incassato l’appoggio convinto di don Gallo, e Fabiola Mascardi, che andrebbe a coprire un settore molto importante per il Pd ligure, quello del mondo del lavoro.
Commento del ns. direttore
Fa sorridere, se non fosse tragico, che alla fine l’unico parlamentare ligure riconducibile a Fini finisca per essere eletto nelle liste del Pd.
Perchè Gianni Testino è in effetti amico personale del presidente di Fli, lo ha invitato per un paio di anni a Genova come relatore ai suoi convegni scientifici, dimostrando di non temere di essere etichettato in tempi non sospetti come “vicino a Fli”.
Avendo avuto con lui schiette frequentazioni (non dico amicizia, altrimenti peggioro la sua posizione) posso dire che avrebbe potuto essere un capolista qualificato della lista di Fli alle politiche.
Essendo fuori da logiche di partito e di correnti, avrebbe potuto rappresentare quel valore aggiunto che gli deriva dalla professionalità , dall’immagine e dall’impegno sociale.
Era una strada che si sarebbe potuta percorrere, non l’unica, ma certamente una via che avrebbe portato qualche voto in più e non in meno, tanto per capirci.
Comprendo che Fli abbia personaggi più qualificati da proporre all’elettorato ligure, ma uno che lo cerca Bersani, che ha come sponsor persino Burlando e don Gallo, forse proprio un pirla non è.
“Riccardo, non sono un politico, non me ne capisco di correnti, sono un tecnico”: ricordo le sue parole e la sua amarezza per la situazione creatasi in Fli a Genova.
E, amicizia a parte, le motivate ragioni del suo allontanamento, dopo l’aiuto che aveva dato.
Non so se qualcuno, ai vertici di Fli, gli abbia proposto una candidatura, ne dubito: certamente conosco i motivi di incompatibilità ambientale per cui Gianni si è allontanato.
Una risorsa perduta e non valorizzata perchè avrebbe fatto ombra a qualcuno.
La solita politica “ad escludendum” cui in tanti siamo rimasti vittime a Genova e che tuttora prosegue.
In bocca al lupo, Gianni.
Comunque vada.
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile MENTRE FORMIGONI DISERTA E STRAPPA: UNA SUA LISTA IN LOMBARDIA IN APPOGGIO AD ALBERTINI
Il tempo stringe e i nodi da sciogliere sono ancora parecchi.
A partire dall’alleanza con la Lega, passando per le candidature ancora da decidere nella gran parte e finendo con il messaggio e il modo di trasmetterlo in campagna elettorale, una volta che la par condicio avrà sbarrato e non poco le porte alla presenza ripetuta e quotidiana di Silvio Berlusconi in tivù (si ragiona su un megatour nelle grandi città )
L’ex premier non appare preoccupato, convinto com’è di «poter vincere», come ripete anche in privato ai suoi che si dividono tra chi invita a non farsi troppe illusioni e chi ci crede.
Fra questi ultimi, l’obiettivo diventa quindi quello di stringere al più presto un accordo con la Lega, condizione necessaria anche se non sufficiente per giocarsi qualche carta.
Il problema è sempre lo stesso: il programma sul quale Maroni vorrebbe convergesse anche il Pdl (punto più spinoso il 75% delle tasse che dovrebbe restare nelle regioni del Nord, si sta lavorando per «ammorbidirlo» ma la soluzione non è facile) e la candidatura alla premiership, visto che quella di Berlusconi è considerata inaccettabile.
Il Cavaliere fa aperture («Potrei fare il ministro…»), ma nel Pdl sono durissimi: «O la Lega accetta soluzioni intermedie (attacco a “tre punte”, scelta del premier dopo le elezioni senza pretendere il passo indietro del Cavaliere) oppure si rompe tutto.
E a quel punto, dice Berlusconi, «sarà la guerra» e potrebbero cadere altre giunte: «Subito il Piemonte, dopo un po’ il Veneto e oltre 100 giunte locali dove siamo insieme».
L’ex premier si è premurato ieri di dire che non ha mire «sul Quirinale».
Ma a complicare ulteriormente il quadro potrebbe arrivare, in caso di accordo con la Lega, la decisione di Roberto Formigoni di lanciare una sua lista, in rottura con il Pdl, pronta a sostenere Albertini al Pirellone e a tentare l’avventura solitaria al Senato in Lombardia, diventando una grossa spina nel fianco per conquistare il premio di maggioranza in regione.
Ma un’intesa è data per molto probabile per un semplice calcolo: secondo ultimi sondaggi, Ambrosoli in Lombardia sarebbe attestato attorno al 34%, Maroni sostenuto da Pdl e Lega arriverebbe al 32%: un margine ristretto che renderebbe più che giocabile la partita, e inevitabile l’alleanza.
Si vedrà nelle prossime ore.
«Domani (oggi, ndr) vedrò la Lega e speriamo di concludere un’intesa. Nel frattempo, il Cavaliere – che critica di nuovo il Corriere per un fondo del condirettore Luciano Fontana («Il giornale continua con la sua politica editoriale contro di noi») – invita a non sprecare il voto scegliendo «partitini», attacca una sinistra «comunista» che non a caso ha bloccato Renzi e alza i toni sempre più contro Monti, che per Bonaiuti gode di un trattamento «troppo benevolo dalla tv pubblica»: al premier ha imputato ieri anche l’aumento degli episodi di criminalità rispetto all’anno scorso, a dimostrazione del «cinismo del governo tecnico che diceva di voler salvare il Paese e invece in realtà lo ha impoverito con le tasse: l’austerity porta a recessione e a più criminalità ».
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile PRESO D’ASSALTO IL SOCIAL NETWORK PER PORRE DOMANDE AL PROFESSORE… RISPOSTE UN PO’ IMPACCIATE, MA ALLA FINE SFONDA IL MURO DI 100.000 FOLLOWER
“Il primo provvedimento di un Monti bis? Una legge elettorale degna di questo Paese”. 
Social preso d’assalto dalle domande degli utenti al premier del governo tecnico “salito” in politica.
“In 13 mesi abbiamo dimostrato quanto si potrà fare nei Mario Monti non si cruccia per i paletti eretti in Rai ai suoi passaggi televisivi. E approccia l’opinione pubblica offrendo il fianco alle domande degli utenti collegati al suo profilo Twitter. Il social network preferito del Professore.
L’appuntamento è alle 11 e, puntuale, Monti dà il via allo scambio in diretta annunciando: “Sono qui”.
Alla domanda sul primo provvedimento dell’eventuale Monti-bis, con Berlusconi che promette di abolire l’Imu, il Professore non ha dubbi: “Una legge elettorale seria. Questa non è degna di un Paese come l’Italia”.
Intanto l’Udc ‘conquista’ un ministro del governo Monti in vista delle elezioni politiche.
Secondo quanto si apprende, il ministro dell’agricoltura Mario Catania sarà candidato nelle liste dell’Udc di Pier Ferdinando Casini.
Catania sarà capolista alla Camera in una o più circoscrizioni.
Al momento, si tratta del primo ministro del governo tecnico arruolato tra le file del partito centrista.
Per il resto, in un vertice a sorpresa questa sera a Montecitorio, Mario Monti, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini hanno discusso della definizione delle liste e delle candidature.
Monti su Twitter.
La prima domanda a cui Monti risponde è rivolta dalla blogger Claudia Vago (@tigella): “Sicuro che quello che hai fatto (e farai) è ridurre gli sprechi?”.
La risposta del Professore: “In soli 13 mesi abbiamo dimostrato quanto si potrà fare nei prossimi 5 anni”.
Tra i mugugni degli utenti, si inserisce il tg1: “Se non dovesse avere la maggioranza, è pronto al dialogo con il vincitore, Bersani o Berlusconi?”.
Monti dapprima si scusa perchè “mi è partito un ‘invio’. E’ il bello della diretta. Ora completo la mia risposta”.
Da quel momento trascorrono molti minuti di attesa, esemplari di questa esperienza di confronto online ben lontana dalla agilità e immediatezza della comunicazione via Twitter.
Finalmente Monti completa: “Dialogo sì, con tutti, anche se avessi la maggioranza. Sostegno a governi non riformisti: NO”.
Manuel Callegari chiede: “Quali sono, secondo lei, le prime 5 priorità per l’Italia?”.
Il Professore: “In un tweet, solo la prima: valorizzare il ruolo delle donne. Senza questo, l’Italia non crescerà “.
Le domande sono tantissime, portate con educazione anche se spesso con un tono minimamente provocatorio.
Si parla di scuola, di matrimonio e diritti degli omosessuali, di tasse, impresa, giudizi sui ministri del governo tecnico, dell’Imu alla Chiesa, della ricerca, del sistema bancario, della valorizzazione e tutela dei beni culturali.
“Senatore, promette di abbassare il tetto degli stipendi dei dirigenti pubblici?”. “Senatore Monti, perchè le banche continuano a tenere i rubinetti chiusi nonostante gli aiuti Bce? La crescita riparte da lì”.
Sulla scuola, Monti risponde a Salvatore Giuliano: “Lavorare sulla scuola affinchè un giorno dirigenti scolastici e docenti siano orgogliosi di esserlo”.
Un fuoco di fila torrido, impossibile per il Professore reggere quel ritmo.
C’è chi avverte: “Tanto risponderà solo a quelle che gli fanno comodo”.
E chi, di fronte all’immagine di Monti assistito da una collaboratrice davanti al computer, affonda senza pietà : “Gli serve pure una badante!”.
Il social probabilmente soffre tanto traffico, Monti si scuote.
Marco Piera chiede: “Se guiderà il nuovo governo cosa farà (di più) per rendere il digitale chiave di sviluppo economico e sociale per nostro Paese?”.
“Cominceremo a pensarlo e utilizzarlo come lo strumento principale per trasparenza ed efficienza della PA”, la risposta del premier.
Ci prova Laura Preite: “Perchè alleanza con Udc e Fli se vuole rappresentare il nuovo in politica?”.
Monti sintetizza: “Voglio alleare la SOCIETA’ CIVILE e donne e uomini in politica scelti con rigore”.
I cittadini spingono con domande sui tagli alla politica, sulle strategie di inserimento di giovani, donne e anziani nel mondo del lavoro, sul futuro engagement dell’Italia negli scenari di guerra.
Ma Monti pesca la domanda di Nomfup (Filippo Sensi, vicedirettore di Europa): “Senatore, si sente più italiano o europeo?”.
E il Professore si divide così: “Orgogliosamente italiano, decisamente europeo”. Al che Matt sbotta: “Visto la qualità delle domande che sceglie: senatore Monti, panettone o pandoro?”.
Monti non fa una grinza.
E seleziona il quesito rivolto da Progetto Rena: “L’Italia è piena di pionieri che hanno saputo innovare il metodo di fare le cose.Ci sono pionieri nella politica? chi sono?”. “Lo dico con modestia, ma in questo momento mi sento io stesso un po’ un pioniere. Venite anche voi!”, l’invito-risposta di Monti.
Corrosiva Giuliana De Vivo: “Rispondere a così pochi è da choosy”.
L’elenco dei quesiti si fa di tweet in tweet sempre più lungo.
Molti utenti non nascondono le loro perplessità registrando i lunghi silenzi nel profilo del Professore.
In effetti, se è affascinante l’idea di un aspirante leader che si confronta in rete con i cittadini, lo strumento non sembra il più adatto: tantissime domande fisiologicamente inevase in cambio di risposte altrettanto fisilogicamente poco circostanziate, limitate dai 140 caratteri concessi dal social a ogni contributo scritto.
Il rapporto finale tra domande (oltre 2000) e risposte (16) è lungi dall’ottimale.
Così come – notano molti osservatori – la scelta dei tweet a cui rispondere non è affatto casuale: pochi “normali cittadini”, molti giornalisti e personaggi noti in Rete di cui si può supporre che conti la capacità di “influenzare” le tendenze di chi utilizza maggiormente il social network.
Un’operazione dunque ben mirata, e assai poco spontanea.
Ma il blitz di Monti su twitter fa comunque tanto rumore, in rete e sui media.
Dal suo punto di vista, l’esperimento è riuscito.
E il suo ultimo tweet celebra l’evento con un punto esclamativo corredato da emoticon: “Twitter time over :'( Non vorrei fermarmi più! Ma se continuo a twittare non preparo le liste per raccogliere le firme. Grazie!”.
Dettagli ortografici che, considerata la sobrietà del professore, la sua ormai ben nota misura delle parole, la dicono lunga sulla sua soddisfazione.
Anche se a più di un utente quel commiato suonerà come attraversato da una sottile ironia, se il bilancio finale è un pugno di risposte a fronte di migliaia di interrogativi posti dal web.
Dopo i saluti, improvvisa nuova sortita di Monti: “Un attimo… 100.007 follower. WOW!! Benvenuti a voi e a quelli che verranno”.
Passi per emoticon ed esclamativi, ma è davvero difficile immaginare il Professore dietro quel “WOW”.
Il sospetto è che Monti fosse già in ascensore mentre lo staff si appropriava del timone.
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 6th, 2013 Riccardo Fucile IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE DEI FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI BOLOGNA SI CANDIDA NEL PD ALLE POLITICHE
«Paolo Bolognesi si dimetta immediatamente dalla carica di presidente dell’Associazione vittime della strage del 2 agosto, senza attendere il prossimo direttivo dei parenti delle vittime».
A chiederlo «ufficialmente» è il capogruppo del Movimento Cinque Stelle a Bologna Massimo Bugani, dopo che Bolognesi è stato inserito (e probabilmente sarà eletto) nella lista del Pd alla Camera.
«Quel ruolo spetta a persone («come sei stato tu, caro Paolo, fino a poche settimane fa») super partes e libere da logiche di partito», sottolinea Bugani.
LA RISPOSTA –
«Un’eventuale dimissione la decideranno gli associati». Secca risposta, via Facebook, di Paolo Bolognesi a Bugani, che l’ha invitato a lasciare la guida dell’associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 ora che è candidato al Parlamento per il Pd. Bolognesi aveva già detto che avrebbe discusso la questione con i soci, e ora ribadisce tra l’altro marcando l’accento sulla «eventualità » delle sue dimissioni.
RAISI –
Il deputato di Fli Enzo Raisi, invece, va all’attacco di Bolognesi. «Benchè sconfitto alle primarie – scrive Raisi su Facebook – viene ripescato dal partito che dimostra di essere sempre più vecchio Pci dipendente, altrochè cambiamento. Gli pagano i servizi resi in questi anni a dimostrazione che Bolognesi era lì con un ruolo ben preciso». Raisi, sostenitore della «pista palestinese» nella ricostruzione della strage alla stazione di Bologna, a cui ha dedicato anche un libro, è spesso stato protagonista di accese polemiche con il presidente dell’associazione: «neanche si è dimesso, secondo me si presenterà in parlamento con la seggiola attaccata, è il suo passaporto», prosegue il deputato.
La nuova sfida tra i due ora è elettorale: «per lui in discesa, per me in salita: ma non è una storia nuova, è sempre stata così. Anche – sottolinea Raisi – nella ricerca sulla verità sull’attentato del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Lui con soldi e istituzioni dalla sua parte, io solo con la forza e l’aiuto di magnifici ricercatori volontari, che solo per amore della verità e senza sostegni, hanno continuato a cercare insieme a me i documenti occultati».
(da “il Corriere della Sera“)
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