Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile HANNO SANCITO UN ACCORDO SUL NULLA E, IN ATTESA DI PERDERE, FANNO A GARA A CHI LA SPARA PIU’ GROSSA… IL PORTAVOCE DELLA VOTINO FINIRA’ COL PERDERE PURE LA SEGRETERIA
Silvio Berlusconi stamane annuncia l’alleanza siglata ad Arcore.
Quanto al candidato premier, Berlusconi precisa che è ancora da decidere.
Maroni, parlando nel pomeriggio in una conferenza stampa in via Bellerio, afferma che Berlusconi «non sarà premier».
Quest’ultimo «si deciderà congiuntamente dopo il voto».
Maroni indica la candidatura di Giulio Tremonti.
Peccato che il Cavaliere pensi invece a se stesso o ad Alfano.
Poi Maroni spara una delle sue: “posso ragionevolmente affermare che in Lombardia si vince”, senza precisare se intedesse la Coppa del nonno o le elezioni regionali.
Nel frattempo la base leghista lo sommerge di insulti via web, tanto per prepararlo a quando, dopo la sconfitta in Lombardia, sarà cacciato dalla segreteria dai veneti incazzati.
Quanto al 75% di tasse che devono restare in Lombardia è una tale bufala che solo dei gonzi potrebbero crederci: impraticabile, incostituzionale, razzista.
Vorrebbe dire che nel Centro-sud tutti gli addetti di ospedali, scuole, sicurezza verrebbero dimezzati.
Scioppierebbe una rivolta tale che il sassofonista dovrebbe finamente emigrare in Svizzera per sfuggire ai forconi.
argomento: Berlusconi, Maroni | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile PROTESTE SUL WEB, SULLA PAGINA FB DEL SEGRETARIO E A RADIO PADANIA: “COSI’ PERDIAMO ELEZIONI E MILITANTI”
L’annuncio dell’accordo tra il Pdl di Berlusconi e la Lega di Maroni ha messo in
agitazione la base leghista.
Sono parecchi infatti quelli che vedono i sostenitori del Cavaliere come il fumo negli occhi, un pericoloso ritorno a un passato che gran parte dei militanti del Carroccio pensava di aver accantonato per sempre.
Basta aprire la bacheca facebook di Roberto Maroni o ascoltare Radio Padania per rendersi conto degli umori della base. Sul social network nell’arco di pochi minuti, questa mattina, sono piovute decine di commenti, tutti dello stesso tenore.
Matteo (in un commento rimosso a tempo di record) lancia la sua sentenza senza possibilità di appello: “No a Berlusconi”, più sotto una sfilza di interventi dello stesso tenore.
Marco (altro commento rimosso) dice: “Penso che la Lega abbia fatto male ad allearsi con Berlusconi! Prima molta stima per le cose che hai fatto, oggi molta delusione! Io probabilmente con mio rammarico non voterò Lega”.
Paolo rincara la dose: “La Lega sta sbagliando strada! Ora Berlusconi pur di prendere voti vuole aprire anche ai gay!”, Andrea gli fa eco così: “Maroni peggio di Bossi!” e William: “Che tristezza! Non ho parole”.
Luca sull’alleanza con il Pdl dice che prima di giudicare aspetterà la conferenza stampa delle 16: “Ma ho la sensazione di vivere le ultime ore da leghista e militante”. E poi conclude: “Per qualche voto del Pdl perderemmo per sempre quelli di molti leghisti. Riflettici! Spero davvero che non ci venga confermata questa alleanza!”. Scorrendo i commenti precedenti il sentimento dominante è chiaro.
Alessandro: “Ho un sogno nel cuore, vedere la porta chiusa per sempre in faccia al Pdl” e Paolo concorda: “L’accordo ci fa perdere, le elezioni e i militanti”, mentre Carlo è anche più esplicito: “Il pdl è corresponsabile dello sfacelo del 2012 e di tutto ciò che ha fatto Monti. Quindi è abominevole allearsi con sta gente. Prima il nord ma senza il nano traditore del nord”.
Se qualcuno prova a sostenere l’utilità di un’alleanza con il Pdl per favorire la conquista della Lombardia, altri rispondono: “Se è vero ciò che dice il nano, vuol dire che non avete capito niente e che ci siete di nuovo cascati… in basso”.
Giampietro analizza la situazione lombarda: “Siamo ad una incollatura nei sondaggi con Ambrosoli. I voti che ci mancano li prendiamo dagli indecisi, dai grillini, ex destra, ex lega. Dal Pdl solo marginali, hanno già Albertini, Formigoni. Noi con il Pdl perderemmo giovani e delusi sul filo del rasoio che sono tanti!”.
E, ancora, Lucio: “Se si va con il Pdl ci tira a fondo anche noi, è un partito morto”. Moreno si rivolge direttamente a Maroni: “Lascia perdere il Silvio! Basta farci condizionare da quella gente lì! Abbiamo tanta brava gente noi e tante donne da mettere in campo. Coraggio ragazzi!”.
E Chicca: “Non fare alleanze… ti metteranno sempre i bastoni tra le ruote!”.
A Radio Padania prevale la linea della prudenza, in attesa della voce ufficiale del segretario federale.
Tra i dirigenti di partito, però, c’è chi non si sottrae ad una lettura critica nei confronti della rinata alleanza.
Tra i primi ad esporsi c’è Marco Reguzzoni, ex capogruppo della Lega alla Camera, membro di spicco del cerchio magico bossiano, tra i più distanti da Maroni: “Con l’obiettivo di tenere i nostri soldi a casa nostra eravamo alleati con il Pdl al governo e in Lombardia. Hanno voluto rompere l’alleanza perchè volevano “pulizia”, sostenendo che non avremmo ottenuto niente e che bisognava ‘ascoltare la base’. Abbiamo fatto cadere la Regione Lombardia x questo motivo. E adesso? Credo che nella vita ci voglia un minimo di coerenza”.
Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: LegaNord, Maroni | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile SI TRATTA SULLE QUOTE, TRENTA SEGGI PER I MONTIANI
Centinaia di curricula di accademici, imprenditori, quadri aziendali, liberi professionisti e politici di professione stanno passando in queste ore sotto gli occhi del professor Mario Monti che – vista la complessità della selezione – ha chiesto più tempo per chiudere la sua lista civica in corsa alla Camera e il listone unico (montiani, Udc, Fli) previsto per l’elezione del Senato.
Dunque, ha detto il presidente in carica per gli affari correnti nella sua intervista a SkyTg 24, forse si andrà oltre martedì, giornata in cui il Pd renderà ufficiali le sue liste.
Probabilmente – spiegano nella sede di Italia Futura di via Properzio – per la chiusura delle 4 liste del polo di centro (alla Camera Udc e Fli alla fine vanno da sole) se ne riparla mercoledì quando ormai mancheranno solo 12 giorni al termine di legge previsto per la raccolta delle firme in calce alle liste elettorali.
E per meglio gestire questa fase convulsa del procedimento elettorale la squadra di Monti sta preparando il trasloco in una sede più grande e funzionale, affittata al centro di Roma
Per il professore, ma anche per Fini e Casini, il nodo da sciogliere è ancora quello della lista unica al Senato.
Se è vero che alla fine decide tutto Monti, secondo il refrain proposto da Italia Futura, quanto dovranno pesare le «quote» dell’Udc e di Fli?
Simulazioni alla mano – un bottino elettorale del 20% potrebbe corrispondere a una cinquantina di seggi senatoriali – i centristi reclamano «quote fisse» stabilite in partenza: per esempio, 5 senatori a Fli, 15 all’Udc e 30 alla componente civica di Monti che però dovrebbe farsi carico degli ex Pd (Ichino, Merloni, D’Ubaldo) ed ex Pdl (Cazzola, Mantovano, Bertolini, Pecorella, Stracquadanio, Pisanu) schierati con il professore.
Invece i ministri tecnici in carica non «peseranno» allo stesso modo: Andrea Riccardi ha ripetuto che non sarà candidato per restare «nella società civile» mentre Renato Balduzzi e Francesco Profumo verrebbero candidati al Senato in Piemonte.
E anche per una eventuale candidatura del ministro Corrado Passera, Monti ha osservato: «Io spero che per Passera non sia scritta la parola fine».
La questione, come è noto, ha riguardato anche la ferma volontà di Passera di varare una lista comune per il centro sia al Senato sia alla Camera.
Non è andata così.
E ora succede che alcuni ministri di Monti trovino un posto in lista anche con i centristi.
Mario Catania ha confermato a Paolo Festuccia della «Stampa» di aver accettato la proposta di Casini e di Cesa: «Io comunque mi candido con Monti nel senso che siamo tutti nel perimetro del premier».
Sulle liste, i montiani sono abbottonatissimi: «I nomi arriveranno tutti insieme perchè siamo una vera squadra, mica facciamo come il Pd che tira fuori un nome al giorno…».
Eppure su Twitter molti si stanno interrogando sulla notizia (apparsa su «l’Unità ») di una candidatura offerta da Monti al comandante Gregorio De Falco: per intenderci, il capo della Sala operativa della Capitaneria di porto di Livorno che un anno fa («Salga a bordo, cazzo…!») mise in riga il comandante della Costa Concordia Francesco Schettino.
Però Monti sta cercando soprattutto nelle università : sarebbe caldeggiata direttamente dal premier la candidatura di Guido Tabellini, rettore della Bocconi fino a ottobre del 2012, che, interpellato dal «Fatto», non ha confermato ma neanche smentito.
Alla presentazione del simbolo della lista Monti, non è passato inosservato, poi, Ernesto Auci, già direttore del «Sole 24 ore».
Mentre tra i candidati passati al vaglio dal professore ci sono anche il generale Vincenzo Camporini e la professoressa Stefania Giannini, rettore a Perugia.
Dino Martirano
(da “Corriere della Sera“)
argomento: Casini, Fini, Monti | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile GIA’ IN LISTA PROFUMO E BALDUZZI, COMPETIZIONE CON L’UDC… DIFFICILE CHE SI COMPLETI IL QUADRO ENTRO DOMANI
Nessun Cencelli. 
Di percentuali Mario Monti non vuole neanche sentire parlare.
Così, le rivendicazioni di Udc e Fli per i posti nella lista unica del Senato, dove i centristi volevano il 40 per cento e la truppa di Fini il 15, sono state rimandate al mittente.
Il professore sta vagliando personalmente e uno a uno gli oltre 2.200 curricula sul suo tavolo.
Sono quelli che hanno raccolto per lui tra la società civile i promotori di Verso la terza Repubblica: Olivero, Dellai, Montezemolo.
Ma anche le storie di chi si autopropone, o di persone che egli stesso vorrebbe nella sua squadra.
Si fa anche il nome del capitano Giorgio De Falco, diventato l’emblema degli italiani responsabili quando intimò di tornare a bordo al capitano Gennaro Schettino, che aveva abbandonato la Concordia dopo averla affondata con una manovra azzardata davanti all’isola del Giglio.
Le decisioni arriveranno tra stanotte e domani.
Dall’entourage di Monti, sono tutti ben attenti a non lasciarsi sfuggire nulla: «Presenterà un team, una squadra », dice chi gli è vicino. «Non intende distillare nomi giorno per giorno».
E però, alcune certezze già ci sono: Andrea Olivero sarà capolista alla Camera nella circoscrizione Piemonte 2.
Lorenzo Dellai, fondatore della Margherita ed ex presidente della provincia di Trento (si è dimesso il 29 dicembre), guiderà ovviamente in Trentino.
Da Italia Futura, sembrano blindati i nomi dell’economista Irene Tinagli, del manager Carlo Calenda, che lavora con Montezemolo dai tempi della Ferrari, del braccio destro Andrea Romano.
Insieme al generale Vincenzo Camporini e alla rettrice dell’Università per stranieri di Perugia Stefania Giannini.
Ci sono poi Giorgio Santini della Cisl e il portavoce di Sant’Egidio Mario Marazziti (che correrebbe al posto del fondatore Andrea Riccardi).
Oltre agli ex ministri Francesco Profumo (pare respinto dal Pd) e Renato Balduzzi.
E a Pietro Ichino: «Lo avremmo chiamato anche se non fosse già stato parlamentare — ha detto l’ex premier non lo premiamo per aver varcato un confine».
Ma c’è un certo ritardo. La presentazione delle liste «non avverrà necessariamente martedì», ha detto Monti a Skytg24.
I suoi precisano che nessuno aveva mai garantito nulla per domani, e che il tutto potrebbe slittare anche a giovedì.
Anche se liste e firme dovranno essere presentate già il 21 gennaio in Corte d’appello, e quindi, una certa fretta è comprensibile.
Il “tagliatore” Enrico Bondi invierà il suo “codice” ai partiti entro questa sera.
«I requisiti andranno al di là delle attese», dicono nel quartier generale del professore. Fli e Udc sanno già cosa attendersi: «È chiaro che chi ha problemi con la giustizia o palesi conflitti di interesse con concessioni pubbliche non sarà della partita», dice il finiano Benedetto della Vedova, pronto per un seggio al Senato.
Insieme a lui, trasmigrerà a Palazzo Madama anche Giulia Bongiorno, che per i montiani correrà anche come governatore nel Lazio.
Restano a Montecitorio invece Flavia Perina, Fabio Granata, Italo Bocchino: «Da combattenti», dice quest’ultimo, che però avvisa sui tempi: «La lista del Senato — quella unica — arriverà tra stanotte e domattina. Solo dopo potremo presentare le nostre a Montecitorio».
L’Udc punta a un rinnovamento tutto suo, in competizione con Monti.
Tra i centristi hanno già rinunciato Renzo Lusetti e Francesco Bosi, con troppe candidature alle spalle.
Non si chiederanno deroghe per Mario Tassone, che in Parlamento ci sta da 34 anni, e che pure ci sperava.
In più, sotto il simbolo con il nome di Casini bene in vista correrà il ministro Mario Catania.
Il leader sarà quasi certamente al Senato, Buttiglione è derogato alla Camera.
Infine, gli ex pdl e pd.
Monti non aveva preclusioni su chi ha lasciato Berlusconi per tempo, come Beppe Pisanu, Mario Mauro, Franco Frattini (che però ha fatto sapere di non essere interessato).
Molto più incerto il destino di Pecorella, Bertolini, Stracquadanio, Sacconi, Mantovano.
Del Pd, oltre Ichino e altri transfughi, c’è un insistente corteggiamento nei confronti di Marco Follini.
Che per ora, resiste.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
argomento: Casini, Fini, Monti | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile “HANNO VINTO VECCHIE LOGICHE”… IL MINISTRO PARTECIPERA’ ALLA CAMPAGNA ELETTORALE MA SENZA CANDIDARSI
Dopo la riunione di Sion, il convento romano nel quale Monti ha deciso la sua «salita in politica» insieme con Casini e Fini, non aveva detto più nulla.
Solo un deluso «non ci sto» in tempo reale durante la riunione. Una rottura dura nei fatti, non nella forma.
Oggi Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Economico delle Infrastrutture e dei Trasporti, 58 anni appena compiuti, spiega le ragioni della sua scelta.
Questa mattina aprirà (anche lui!) il suo bravo account Twitter e parteciperà al dibattito politico senza candidarsi.
Con una sua personale agenda che si discosta non poco da quella Monti.
E non è la sola sorpresa di questa conversazione domenicale.
«Si è persa una grande occasione, io credevo al progetto di una lista unica Monti sia alla Camera sia al Senato. C’è un grande mondo che non si riconosce nè con la sinistra–soprattutto se condizionata dalle componenti estreme–nè con l’antipolitica nè con Berlusconi. Avevo dato la mia disponibilità a candidarmi, senza pretese di ruoli presenti o futuri. Fino a poche ore prima di quella riunione del 28 dicembre sembrava tutto fatto. Durante la riunione hanno prevalso le posizioni di Italia Futura, di Montezemolo, di Riccardi, di Casini. Ho preso atto e me ne sono tirato fuori, ma non farò mancare il mio sostegno a Monti».
Perchè non le piace la soluzione trovata, la politica è fatta, purtroppo, di compromessi, spesso al ribasso?
«Non si è creata quella nuova formazione forte e chiara che io auspicavo ma un insieme di liste collegate che certamente faranno un buon lavoro, rimanendo però esposte alle vecchie logiche di corrente».
Forse lei si aspettava di avere compiti più importanti, si è sentito un po’ messo in disparte?
«Guardi, quella mattina Monti mi aveva chiesto la disponibilità ad assisterlo in un ruolo di coordinamento, ma avevo legato l’accettazione al progetto di lista nuova e unica».
E ne ha parlato con Monti dopo la rottura?
«Certo, il rapporto personale non è mai venuto meno; mi è stato anche chiesto se volevo entrare in lista, ma ho detto di no».
E ha ricevuto offerte anche da altri schieramenti?
«Non accetterei mai di candidarmi contro Monti».
Tosi e Galan hanno fatto il suo nome come possibile candidato premier della probabile riedizione dell’alleanza fra Pdl e Lega.
«Stesso discorso, Berlusconi non lo sento da un pezzo».
Siete andati sempre d’accordo lei e il presidente Monti in questi mesi?
«Sempre no, ma in una squadra è naturale».
E con gli altri ministri?
«I rapporti sono stati di leale collaborazione e di grande soddisfazione. Ho avuto problemi solo con la struttura del ministero dell’Economia, mai con Grilli».
Diplomatico Passera, troppo diplomatico. Le chiedo una previsione sulle elezioni, come andrà secondo lei?
«Sulla base delle proiezioni ad oggi, vincerà bene Bersani, ma servono maggioranze forti per affrontare alla radice i problemi del Paese. Mi auguro una coalizione forte con il raggruppamento di Monti che garantisca la governabilità del Paese almeno in questa fase ancora difficile».
E Monti si è giocato il Quirinale?
«Il suo impegno politico è un gesto di coraggioso civismo. Ha fatto ciò che era giusto, non quello che forse era per lui personalmente utile. Monti in questo senso è uomo di passione, non un freddo».
Lei ritiene però che la «scelta civica» del presidente del Consiglio non sia una soluzione politica all’altezza di ciò che ha rappresentato il suo esecutivo, è così?
«È una buona sintesi. Il nostro governo con la maggioranza che l’ha sostenuto ha salvato il Paese dalla bancarotta, dalla perdita di sovranità , non dimentichiamocelo, anche se oggi qualcuno fa finta di non ricordare la montagna di debito pubblico, 2 mila miliardi di euro, che grava sulle nostre teste e quindi alla necessità di non abbandonare la politica del rigore. Monti ha portato forte innovazione nella politica del Paese sia nel metodo che nello stile e oggi fa le sue proposte ai cittadini elettori: considero immorale definire la sua scelta immorale come ha fatto D’Alema e inaccettabili le accuse della Camusso ».
D’accordo, ma lei come se la immaginava questa ipotetica lista unica di una nuova formazione di centro, cattolica, liberale ed europeista?
«Doveva innanzi tutto essere una cosa nuova, chiara e non legata a strutture preesistenti, con figure di primo piano sia della società che della politica beninteso, in particolare del mondo dell’impresa, delle professioni, dell’economia sociale con una grande attenzione ai temi della famiglia e della solidarietà , che oggi non sono rappresentati come sarebbe giusto che fosse. Avrei voluto un programma in alcuni punti più coraggioso. Una svolta più radicale».
Nemmeno l’Agenda Monti, dunque, la soddisfa?
«Mi è dispiaciuto non rivedere richiamato con più forza, anche nei simboli, il concetto di Agenda per l’Italia, anche se sul tema dei contenuti sicuramente si sarebbe potuto lavorare a una piattaforma più completa. Siamo tutti d’accordo che non serve un Monti bis, ma un percorso di lavoro per i prossimi cinque-dieci anni che costruisca anche un modello di società nel quale i cittadini possano riconoscersi. Una società più dinamica, ma anche più coesa e dove il privato profit, il privato non profit e il pubblico condividano le responsabilità dello sviluppo sostenibile».
In quali punti ritoccare e migliorare il programma della Scelta Civica di Monti?
«Non si può rispondere con poche righe. Deve essere per esempio chiaro l’impegno a non aumentare le tasse, anzi a ridurle. No, quindi, a una nuova patrimoniale. Alleggerire il carico fiscale per le famiglie con redditi bassi e con figli e per le imprese che investono in innovazione e internazionalizzazione e soprattutto che assumono, attraverso un nuovo contratto di inserimento e reinserimento da mettere a punto. La spesa pubblica va ripensata e tagliata con interventi strutturali profondi. Valorizzato lo sconfinato patrimonio pubblico formato da terreni, immobili, partecipazioni, crediti, al fine di trovare le risorse per lo sviluppo e facilitare la riduzione del debito. Ecco un capitolo sul quale il nostro governo non ha avuto il tempo– e forse la determinazione–per portare risultati soddisfacenti».
E quali altri aspetti dell’attività dell’esecutivo, secondo lei, potevano essere curati meglio?
«Non dimentichiamoci mai la situazione di emergenza e di carenza di risorse nella quale ci siamo trovati. Si deve fare sicuramente di più per i beni culturali e ambientali e a favore del terzo settore in tutte le sue forme; c’è un tessuto fitto e prezioso di economia sociale, di sussidiarietà , che forma un capitale sociale italiano ineguagliabile».
Passera dice di apprezzare molto, nell’Agenda Monti, il richiamo alla centralità del ruolo femminile ma sostiene che sulla famiglia l’impegno dev’essere più chiaro e circostanziato.
«Si continua a sottovalutare l’enorme pressione che si accumula sulle famiglie a basso e medio reddito. Se una donna che vuole lavorare non riesce a trovare un asilo nido per i figli ogni discorso sull’occupazione appare inutile. Se non garantiamo servizi adeguati agli anziani non possiamo dirci un Paese civile. E lo stesso discorso vale per la scuola a tempo pieno, per la sanità di prossimità ».
Non soddisfa il ministro dello Sviluppo nemmeno la parte dedicata alla riduzione dei costi diretti e indiretti della politica. Troppo timida. Vaga.
«Dobbiamo incidere più in profondità sul costo vivo dell’apparato politico e amministrativo pubblico. Un esempio: un solo livello istituzionale e politico fra i Comuni e lo Stato centrale. Ripensamento totale di tutte le strutture intermedie, non solo le Province. Bilanci consolidati, certificati e confrontabili per ogni entità pubblica. Commissariamento, vero non finto, di ogni ente che non rispetta le regole; riduzione drastica di tutte le assemblee elettive locali e centrali. Si può fare molto, molto di più di quanto non si creda per migliorare il nostro federalismo. Le resistenze incontrate anche dal nostro governo sono state formidabili, veti a tutti i livelli, spesso eravamo circondati da sguardi divertiti e poco indulgenti dei dirigenti pubblici, ma quando si riusciva ad ottenere qualche risultato, l’effetto positivo era perfino contagioso. Nella pubblica amministrazione ci sono tanti talenti e persone fiere di servire lo Stato. Dobbiamo dare loro fiducia con il buon esempio. Le Poste per me sono diventate una specie di metafora dell’Italia che in pochi anni può passare dalle ultime posizioni alle prime in Europa».
Dunque, Passera, quale sarà il suo futuro?
«Ho ricominciato daccapo tante volte e sono pronto a rifarlo. Voglio continuare a dare un contributo a questo Paese. Come? Si vedrà , tutto è aperto. Per ora ho tante cose da fare come ministro ».
Ordinaria amministrazione.
«Eh no, tutt’altro, ci sono decreti da convertire, regolamenti da varare, processi da perfezionare. Dalle infrastrutture all’energia, dalle start up agli aeroporti, gli interventi sono stati numerosi e gli effetti si vedranno già nei prossimi mesi». Non mi faccia l’elenco dei provvedimenti, per carità , ce lo risparmi. «Le dico solo che da vent’anni l’Italia non aveva un piano energetico. Il mercato del gas oggi è più concorrenziale e grazie agli interventi che stiamo realizzando il gas costerà meno anche alle famiglie già dai prossimi mesi».
Per ora non si vede, purtroppo.
«Siamo riusciti a riordinare gli incentivi, esagerati, per le energie rinnovabili. In media due o tre volte quelli di altri Paesi. Una tassa occulta che si pagava sulle bollette elettriche che abbiamo evitato aumentasse ancora, senza per questo rinunciare a tutti gli obbiettivi europei. La distribuzione di quegli incentivi era stata approvata da quasi tutti i partiti e le resistenze sono state forti. Riordinato i processi sull’assegnazione delle frequenze, eliminato il cosiddetto beauty contest che favoriva il gruppo Berlusconi e altri: diciamo che anche qui non mi sono fatto molte simpatie. Affrontato tante crisi aziendali. Le faccio solo l’esempio della Fincantieri. C’era chi voleva venderla addirittura con dote mentre a mio parere si poteva completare risanamento e rilancio. Si è messo a punto un nuovo piano, stretto un accordo con i sindacati e oggi il gruppo è in grado di fare addirittura acquisizioni all’estero».
Che cosa si rammarica di non aver potuto fare in quest’anno abbondante di governo?
«Due cose, l’authority dei trasporti rimasta sulla carta, troppe e inaccettabili le pressioni, e gli incentivi all’innovazione per i quali non siamo riusciti a trovare le risorse».
Passera, lei è un cattolico, ha partecipato agli incontri di Todi, come giudica il rapporto della Chiesa con la politica?
«I cattolici sono un tessuto fondamentale del Paese, ne costituiscono una imprescindibile ossatura identitaria, il loro contributo è sottostimato, ma troppi si sentono talvolta interpreti esclusivi delle gerarchie ecclesiastiche».
E se tornasse indietro lo rifarebbe? Accetterebbe di nuovo di lasciare una delle più importanti posizioni del settore privato per un governo tecnico?
«Sì lo rifarei, senza alcun dubbio. E ridirei di sì a Monti e a Napolitano anche se non è finita come avrei desiderato».
Il suo account Twitter?
«@corradopassera, papà di Sofia, Luigi, Luce e Giovanni, marito di Giovanna, amante dell’Italia, ministro della Repubblica».
Mi raccomando niente wow o emoticon, però, perchè è come andare in bermuda all’inaugurazione di un anno accademico.
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Monti | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile MARONI CANDIDATO GOVERNATORE IN LOMBARDIA… SUL CANDIDATO PREMIER “SI DECIDERA’ DOPO, IN CASO DI VITTORIA”, QUINDI MAI… E SULLE SCHEDE IL PREMIER INDICATO SARA’ SEMPRE IL CAVALIERE… ORA SI TEME LA RIVOLTA DELLA BASE LEGHISTA
“Habemus papam questa notte all’una è trenta è stato firmato un accordo tra noi e il
Carroccio. Ho firmato io e per la Lega Nord Roberto Maroni che sarà candidato in Lombardia, io sarò il leader moderati. Premier sarà da decidere ove vincessimo”.
Lo afferma Silvio Berlusconi, ospite a Rtl 102.5.
Quanto al suo futuro nel governo il Cavaliere è umoristico: “Qualora vincessimo preferirei fare il ministro dell’Economia essendo stato in trincea molti anni. Il presidente del Consiglio ha pochi poteri”.
Ma subito dopo annuncia: “Io ho già indicato il mio successore e penso sarà ancora lui: Angelino Alfano”.
Tanto, per quello che costa dire tutto e l’incontrario di tutto, visto che la coalizione perderà sia alle politiche che alla Regione Lombardia…
«Il simbolo sarà quello delle passate elezioni – ha spiegato Il Cavaliere a chi gli chiedeva con quale nome si sarebbe presentata la coalizione -.
C’è il logo del Pdl e sotto il mio nome: “Berlusconi presidente”.
Tanto per capire chi sarà il candidato premier reale.
argomento: Berlusconi, Maroni | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile LETTERA APERTA DI “LIGURIA FUTURISTA” AL PRESIDENTE DELLA CAMERA
Liguria Futurista, costola di Fli in rotta con la dirigenza ligure del partito, scrive una lettera aperta al presidente della Camera: per le candidature alle Politiche Fli non ricorra ai soliti nomi, ma a una squadra di trentenni espressi dal territorio.
“Sarebbero difficili da giustificare altre scelte di fronte a numerosi altri parlamentari uscenti di Fli che hanno raggiunto le tre legislature (e magari non in Forza Italia)”.
Il riferimento è al coordinatore ligure Enrico Nan: “Non sarebbe meglio – si domandano a Liguria Futurista – una lista di sedici motivati giovani under 30, quattro per provincia, con capolista una giovane genovese?”
(da “il Secolo XIX” di oggi)
argomento: Futuro e Libertà, Liguria Futurista | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile INTERVISTA A MANUELA PRIVITERA: “ADESSO MI VOGLIONO DISTRUGGERE, MA AI MAGISTRATI HO CONSEGNATO TUTTI I DOCUMENTI”.. “SOLDI SU UN CONTO CORRENTE OMBRA E BONUS”,
“Lavoro da otto anni al gruppo della Lega al Senato, ma quel che ho visto in questa
legislatura, in questi ultimi tre anni in particolare, non ha precedenti. Adesso mi vogliono distruggere, mi accusano di dire il falso, perfino di aver rubato. Ma io in Procura ho depositato atti, assegni firmati dal capogruppo Bricolo, ricevute dei senatori che incassavano somme in contanti, bonifici”. Parla Manuela Privitera, la ex segretaria amministrativa del gruppo della Lega al Senato che con le sue rivelazioni ha contribuito ad alimentare il nuovo filone di indagine sull’utilizzo dei fondi pubblici da parte dei dirigenti del Carroccio.
È una donna provata dal clamore dello scandalo. “Non ero preparata a questo tormento, sbattuta così sul giornale e su tutti i tg senza aver mai parlato con un giornalista, sono stata solo interrogata dal pm”.
La voce è rotta dal pianto. Si interrompe, poi riprende. È rimasta chiusa in casa tutto il giorno, le telefonate di chi la conosce, la incoraggia.
A Repubblica racconta la sua storia recente che si intreccia con quanto di più anomalo sembra sia accaduto tra le mura di quel gruppo.
Anche lei è sotto inchiesta, ma ritiene di aver fornito chiarimenti importanti.
“Ero una semplice segretaria amministrativa, eseguivo ordini, disposizioni, tutto infatti porta le loro firme ed è nelle mani dei magistrati. Semplice esecutrice, ma in quanto tale testimone diretta. Se ho detto il falso, allora vorrà dire che loro, il capogruppo e gli altri, depositeranno in procura documenti diversi, prove contrarie”.
Cosa vuol dire che non aveva mai visto nulla del genere negli anni passati, signora Privitera?
“Che non erano mai stati pagati affitti a un capogruppo o coperte le sue carte di credito, non venivano corrisposte somme extra a singoli senatori. Non si assisteva a tutto questo giro di contanti”.
A quando risale la svolta del “contante” nel gruppo Lega?
“Finchè è stato in carica il governo Berlusconi i soldi circolavano tutti con bonifico. Subito dopo, siamo nel dicembre 2011, non saprei spiegare perchè da quel momento, il capogruppo Bricolo mi dice che vuole gestire in contanti. Ci sono i prelievi dal conto, facili da riscontrare. Venivano prelevati su delega del tesoriere o del capogruppo, li prendevo io e li giravo su loro disposizione ai senatori Bodega, a Mazzatorta, dal dicembre 2011 anche a Calderoli. Io ero tenuta a far firmare una ricevuta prestampata”.
Esisteva un sistema irregolare dunque nella gestione dei fondi?
“Io non ho titoli per definirlo in un modo piuttosto che in un altro. Posso dire che era una gestione piuttosto arbitraria, molto discrezionale, ecco. A un certo punto, Bricolo convoca il tesoriere Stiffoni e, in mia presenza, annuncia: dobbiamo aprire dei conti paralleli, dobbiamo fare degli accantonamenti”.
Ecco, i conti correnti. Quanti erano?
“Tre. Uno ufficiale, che veniva utilizzato anche per i prelievi di contanti, tutti tracciati. E poi un conto parallelo. Infine un deposito titoli”.
Perchè Bricolo e gli altri decidono di creare quei conti?
“A un certo punto non tutti i soldi vengono più girati alla segreteria di via Bellerio a Milano. Vengono trattenuti e gestiti in conti separati, appunto”.
Questo da quando avviene?
“Con l’avvento del tesoriere del partito Belsito al posto di Balocchi. Dunque siamo nel 2009”.
E perchè?
“Immagino perchè si volessero celare al Consiglio federale della Lega il reale residuo di cassa a fine anno. Molti di quei soldi, come ho documentato, sono stati utilizzati per fare dei regali”.
Che genere di regali?
“Nel Natale 2011 Bricolo decide di regalare a ciascun senatore quattro buoni da 500 euro tramite una carta Media World. Per evitare di far trapelare che la Lega, in un periodo di crisi, regalava ai propri parlamentari elettrodomestici per duemila euro. Esiste una fattura intestata al tesoriere Stiffoni da 50 mila euro”.
Una carta da duemila euro con cui i senatori hanno acquistato elettrodomestici?
“Ma sì. Qualcuno si è comprato la lavatrice, altri il televisore. Ripeto: quattro carte da 500 euro ciascuno”.
E gli extra?
“Quelli venivano corrisposti in contanti. Bricolo tratteneva per sè 2.028 euro, Bodega 778, Mazzatorta 638. Ogni mese. Caduto il governo Berlusconi, il capogruppo mi ha ordinato di assegnare 2 mila euro al mese anche a Calderoli. A carico del gruppo è poi passato anche il suo contratto telefonico con la Tim. Ho depositato in Procura anche il carteggio tra me e la presidenza del Consiglio perchè l’ex ministro voleva mantenere lo stesso numero e i medesimi servizi”.
In quanti erano a conoscenza del “sistema Lega”, al gruppo?
“Oltre a Bricolo che lo ha creato, direi i vice Mazzatorta e Bodega. E ovviamente il tesoriere Stiffoni. Calderoli ne beneficiava. Ma escludo che tutti sapessero. Anche se tutti traevano un qualche vantaggio”.
Vantaggi di che tipo, a parte il buono elettrodomestici?
“Nelle precedenti legislature, gestivamo un plafond da 5 mila euro l’anno a senatore per attività sul territorio. Ma ognuno mi doveva portare le ricevute delle spese sostenute e io li rimborsavo. Negli ultimi tre anni, con Bricolo, si è passati ai 5 mila euro l’anno accreditati sul conto corrente di ogni senatore. Poi diventati 3 mila e l’anno dopo 4.200. Senza obbligo di rendicontare nulla”.
Perchè dall’aprile 2012 lei viene silurata?
“Scoppia il caso Belsito. Poi viene travolto il tesoriere Stiffoni, che il 26 aprile lascia. Il capogruppo e i suoi mi rimuovono. Mi dicono che devono fare dei controlli. Poi a maggio mi propongono il raddoppio dello stipendio per scusarsi del disagio. La cosa mi spaventa: rifiuto. A fine luglio arriva la sospensione e poi il licenziamento. Immagino fossi diventata un testimone troppo scomodo, ingombrante”.
L’accusano ora di aver detto falsità , di essere stata una collaboratrice infedele.
“I magistrati hanno tutto, nero su bianco, faranno le loro verifiche”.
Ha ottenuto un prestito superiore al dovuto, è l’altra accusa.
“Non ho sottratto soldi alla Lega. C’è stato un momento in cui ho chiesto un anticipo sul Tfr da dipendente a tempo indeterminato del gruppo. Eccedeva la somma alla quale avrei avuto diritto. Ma il capogruppo e il tesoriere me l’hanno concessa. Come già era avvenuto per altri. Tutto erogato con bonifico, peraltro. Tutto regolare. Mi sono già impegnata anche davanti ai pm a restituire la somma eccedente”.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
argomento: LegaNord | Commenta »
Gennaio 7th, 2013 Riccardo Fucile CI ASPETTA UNA SCHEDA ELETTORALE TRA LE PIU’ COMPLESSE: UNA FORESTA DI SIMBOLI, TANTE LISTE E CINQUE POLI
CENTRODESTRA
In realtà di centro ha poco, mentre di destra ha quasi tutto quello che offre il mercato. Nel senso che fuori dall’attuale centrodestra dovrebbero rimanere solo Forza Nuova e CasaPound.
Mentre dentro c’è posto assicurato per La Destra, posto sicuro per Fratelli d’Italia, posto prenotato per una “Lista Sud” con i Governatori meridionali del Pdl e posto incerto per la Lega Nord.
Pdl.
L’ultima novità (fonte Berlusconi Silvio) è che sulla scheda elettorale ci sarà il Pdl più o meno così come l’abbiamo conosciuto finora.
Quindi, nessun cambio di nome, niente “glorioso simbolo di Forza Italia” che ritorna sulla scheda, niente restyling di quello attuale.
L’entourage del Cavaliere gli avrà fatto capire che un brand nuovo con un candidato vecchio (lui) sarebbe un marketing politico non molto efficace.
L’obiettivo è quello di perdere benissimo: aggregare tutto quello che c’è a destra di Monti, rimettere insieme quasi tutti i pezzi della ex maggioranza che, partita fortissimo nel 2008, si è frantumata nel corso della legislatura.
L’eterogeneità di liste, programmi e personaggi è secondaria, visto che si deve fare opposizione e non si deve governare.
Ma se la coalizione arrivasse al 30% potrebbe approfittare dell’ingovernabilità al Senato per condizionare l’azione del prossimo esecutivo.
Fratelli d’Italia.
Gli ex An Giorgia Meloni e Ignazio La Russa con il liberale critico verso Berlusconi Guido Crosetto hanno dato vita a uno strano soggetto politico, che non si può definire uno spin-off degli ex di Alleanza Nazionale proprio per la presenza di Crosetto.
Il simbolo, che quest’ultimo definisce ricco di significati, “Tre corde legate, una verde, una bianca e una rossa, in un nodo che non si può slegare”, sembra già visto. C’è chi dice che è copiato, e c’è chi, come Michaela Biancofiore, dice che è rubato: “L’avevo depositato prima io”.
Se il simbolo fa discutere, si ironizza anche sulla genesi della formazione: Meloni e Crosetto, usciti dal Pdl in polemica con Berlusconi, si sono subito alleati col Pdl di Berlusconi, con La Russa che sembra un agente inviato da Arcore con la missione di federare alla casa madre la riottosa coppia del “gigante e la bambina”.
Certo, la soglia di sbarramento del 4% alla Camera e dell’8% al Senato per le liste non apparentate fa paura.
“Abbiamo un potenziale del 14%”, ha dichiarato La Russa. Ma gli ultimi sondaggi dicono che Fratelli d’Italia allo stato attuale raccoglierebbe il 2,6%.
Intesa Popolare.
Giampiero Catone gongola perchè l’ultimo sondaggio accredita di un 2% la sua neonata forza politica.
Sì, ma chi è Giampiero Catone? Napoletano, ex Ccd, Forza Italia, Nuovo Psi, deputato dal 2006, lasciò il Pdl per i dissidenti di Fli, salvo poi ricredersi al primo banco di prova, la sfiducia al governo Berlusconi del 14 dicembre 2010.
Silvio ce la fece anche grazie al voto favorevole di Catone, che fu ripagato con un posto da sottosegretario all’Ambiente.
La condanna in primo grado ad otto anni per truffa aggravata, falso e bancarotta fraudolenta del 23 febbraio scorso non preoccupa Catone, che ha creato questa federazione di liste civiche e movimenti vicini al mondo cattolico (Circoli della Discussione, Alleanza Democratica, Cristiani Democratici Italiani, Destra Libertaria, Lega Cristiana), che ha come simbolo la sagoma di una famiglia (mamma-bambino-papà ) che va incontro a un tricolore.
A una prima occhiata potrebbe sembrare un qualunque partito di centrodestra degli ultimi 20 anni.
Ma dentro c’è gente come Stefano Tacconi. Che ha vinto tutto come portiere della Juve ma non è mai riuscito a farsi eleggere. Nel 1999 non ce la fece alle europee con Alleanza Nazionale, così nel 2006 alla comunali di Milano con Letizia Moratti. Mentre l’anno prima non riuscì a raccogliere firme sufficienti per candidarsi alla Regione Lombardia con il Nuovo Msi.
Grande Sud.
Lista guidata da Gianfranco Miccichè che riunisce tutti i partitini meridionalisti (Io Sud, Noi Sud, Mpa) da Raffaele Lombardo ad Adriana Poli Bortone, con il sostegno di vecchi e nuovi presidenti di Regioni del Mezzogiorno come Giuseppe Scopelliti, Stefano Caldoro e Raffaele Fitto.
L’inquieto Miccichè, pupillo di Berlusconi che si è dichiarato “pentito di essere stato con Berlusconi” prima delle ultime regionali siciliane, non ha perso tempo ad accettare l’offerta del Cavaliere.
La Destra.
I presunti e sedicenti duri e puri del vecchio Msi dovrebbero ritornare in Parlamento, capitanati da Francesco Storace, che proverà a sfruttare la parallela campagna per le regionali del Lazio, dove si è candidato alla presidenza (sarebbe un bis, dopo il non brillantissimo quinquennio 2000-2005), per provare, su base nazionale, a gettare il cuore oltre l’ostacolo del 2%.
Con il Pdl lo lega un patto d’acciaio mai messo in discussione negli ultimi due anni. In lista potrà contare su personaggi ammiccanti alla destra estrema come l’ex console fascio-rock Mario Vattani, capolista in Campania.
Lega Nord.
Ago della bilancia del centrodestra, se si allea con Berlusconi sarà accusata di poca coerenza, se corre da sola rischia di sparire dal Parlamento, dove era saldamente insediata dal 1992.
Sulle scelte di Roberto Maroni peserà molto la sua parallela corsa alla presidenza della Regione Lombardia e le minacce del Pdl di far mancare la maggioranza in Piemonte e in Veneto.
Il Nord, innanzitutto. E proprio per il Nord la Lega continua a trattare sottobanco con Berlusconi, nonostante i ripetuti proclami di indipendenza dal padrone del centrodestra.
Che se potrà contare anche sulle camicie verdi rischia veramente di rovinare la festa al centrosinistra di Bersani.
Movimento 3L.
Lista, Lavoro e Libertà sono le tre L del partitino dell’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Si alleerà sicuramente con la Lega Nord.
Poi sarà più Maroni che Tremonti a decidere se confluire nella coalizione di Berlusconi.
CENTRO.
Monti pigliatutto, tranne la lista di Oscar Giannino, che si presenterà in solitudine. Per il resto Casini, Fini e la rete di Montezemolo non solo sono alleati sotto il marchio Monti, ma hanno rischiato di essere inglobati dalla lista Monti.
Il che è accaduto solo in parte, al Senato. Alla Camera ci saranno tre liste.
Fare.
È il nome con il quale la lista “Fermare il declino” di Oscar Giannino correrà da sola alle prossime elezioni. Forte di 48 mila adesioni online e di 250 illustri firmatari dell’appello “per la crescita” lanciato la scorsa estate.
Firme illustri delle quali nessuna si è voluta impegnare in prima linea, però.
E, snobbato da Monti, a Giannino tocca candidarsi in solitudine alla presidenza del Consiglio, alla guida di una forza liberista “dura e pura”, critica con la vaghezza e il cerchiobottismo dell’agenda Monti, ma che difficilmente propri uomini in Parlamento.
Scelta Civica Con Monti per l’Italia.
È il “movimento, non partito” neonato che federa e in parte ingloba il cosiddetto Terzo Polo nel nome del premier uscente.
E della sua agenda di 25 pagine.
L’obiettivo è superare la soglia di sbarramento nazionale del 10% alla Camera e superare le soglie di sbarramento regionali dell’8% al Senato.
Per farlo il “polo Monti” si presenterà con tre liste alla Camera (dove le coalizioni devono superare il 10%) e una lista sola al Senato (dove alle singole liste basta l’8%, alle coalizioni serve il 20%).
Candidandosi poi a gestire l’ingovernabilità prevista al Senato o con un Monti bis o con un Monti ministro. Provare a dirottare al centro, insomma, le politiche del prossimo, probabile governo di centrosinistra.
Enrico Bondi, “mister spending review”, sta vagliando le candidature.
Di sicuro c’è quella dell’ex ministro Andrea Riccardi.
“Importazioni”: Giuliano Cazzola dal Pdl e Pietro Ichino dal Pd.
Quella di Monti è stata l’ultima lista a mostrare il simbolo. Nome di Monti in bella vista, blu su campo bianco, corredata da un tricolore stilizzato.
Lo ha concepito l’agenzia Proforma, pubblicitaria barese che ha portato al successo per due volte il governatore della Puglia, il “silenziando” Nichi Vendola.
Udc.
Casini si è sempre trovato a suo agio nel governo Monti, e sarà ancora più confortato dalle recenti uscite del Professore sul “tagliare le ali estreme” e sulla “libertà di coscienza sui temi etici” che allontana dalla coalizione montiana lo spettro del laicismo.
Ma la benedizione dei vescovi, che forse farà molto bene alla coalizione, potrebbe fare più la fortuna elettorale della lista Monti che dell’Udc. Il mercato dei voti al centro non offre poi così tanto margine, e l’Udc rischia di staccarsi dal suo solito 6%.
Fli.
Anche Gianfranco Fini si è trovato benissimo con Monti premier, ma dal mancato affondamento del governo Berlusconi la sua carriera politica è naufragata nell’irrilevanza. Obiettivo difficile il 2%.
Verso la Terza Repubblica.
Alla fine, Luca Cordero di Montezemolo ha deciso di non candidarsi. Ma rimane in piedi il network che ha costruito in questi anni, nei quali a più riprese è stata ventilata (da lui stesso) la sua “discesa in campo”.
Ora la rete Italia Futura e il più recente soggetto costruito col ministro Riccardi, “Verso la Terza Repubblica”, saranno al servizio di Monti.
Tanto da confluire nello stesso simbolo. Lista Monti e “Verso la Terza Repubblica” saranno infatti una cosa sola.
Italia Popolare.
Raccoglie i transfughi del Pdl che si riconoscono nell’agenda Monti, in primis Frattini: si guadagneranno un posto nella lista Monti
CENTROSINISTRA.
Un universo — da Tabacci a Vendola — che ruota intorno al Pd di Bersani, partito uscito rafforzato dalle primarie e dalla prospettiva di vincere le politiche. Fuori dall’orbita i radicali di Pannella.
Pd.
Viaggia con il vento in poppa ma con il terrore di fare qualche errore decisivo come è successo in passato ogni volta che era favorito alle politiche.
Pier Luigi Bersani si sta muovendo con i piedi di piombo, tenendosi stretto tutto quello che si muove alla sua destra e alla sua sinistra.
L’obiettivo è prendere più del 30% come partito e più del 40% come coalizione, per vincere il premio di maggioranza. Questo alla Camera.
Al Senato il pericolo si chiama Lombardia e Veneto, regioni che potrebbero rendere impossibile la formazione di una maggioranza a Palazzo Madama.
Per questo serve Renzi e candidature come Massimo Mucchetti e Carlo dell’Aringa, per presentare un Pd più liberaldemocratico e convincente nelle regioni del Nord, mentre Stefano Fassina e i “giovani turchi” mostreranno quella faccia socialdemocratica che va bene al Centro e al Sud.
Sel.
Il sindacalista Fiom Giorgio Airaudo in Piemonte, la portavoce Unhcr Laura Boldrini nelle Marche, l’europarlamentare verde Monica Frassoni, con Grazia Francescato, al Senato.
Nichi Vendola si affida ai nomi (molte donne, parecchi giovani) perchè in questi anni un partito non lo ha mai costruito veramente.
Il primo nome è il suo, che sarà speso come capolista in più regioni.
Sarà difficile arrivare al 6%, dopo l’ultimo anno passato a criticare Monti ma allo stesso tempo ad appiattirsi sulle posizioni del Pd, che fanno perdere voti nell’ex mondo “arcobaleno” della sinistra parlamentare ed extraparlamentare.
Vendola ha scommesso tutto, anche la presidenza della Regione Puglia, che lascerà dopo essere stato eletto alla Camera.
Potrebbe ritrovarsi in primavera senza la sua Puglia e con un partito irrilevante in una coalizione dove, per statuto, si deciderà su tutto a maggioranza.
Psi.
Il partito socialista di Riccardo Nencini ha aderito alla piattaforma “Italia. Bene Comune” ed è parte integrante del centrosinistra. Ma appare improbabile che riesca ad arrivare al 2% che permetterebbe di entrare in Parlamento.
Centro Democratico.
Bruno Tabacci, Massimo Donadi in fuga dall’Idv, l’Api di Francesco Rutelli: sono i centristi alleati col Pd. Si muovono in una nicchia, stretti fra l’ala renziana del Pd e le liste montiane di centro. Sarà un miracolo arrivare al 2%.
Radicali.
Fuori dal centrosinistra. Sul simbolo le parole Amnistia, Giustizia e Libertà , con il simbolo della pace e quello della rosa.
Ma stavolta Marco Pannella ed Emma Bonino non ce la faranno a uscire dalle elezioni con qualche parlamentare. La legislatura da apparentati, inglobati nel Pd non è trascorsa proprio liscia e i ripetuti conflitti fra radicali e democratici rendono impossibile il ripetersi dell’esperienza. Il futuro prossimo è extraparlamentare.
SINISTRA.
Arancioni-Ingroia-Idv-Pdci-Rc-Verdi.
Nel “quinto polo” arancione-rosso-verde si registrano già le prime defezioni: sono quelle della piattaforma “Cambiare si può”, professori come Marco Revelli, Luciano Gallino e Stefano Rodotà , snobbati da Luigi De Magistris e Antonio Ingroia nella formazione delle liste.
Di Ingroia si registra un protagonismo probabilmente indigesto per le componenti rosse e verdi dell’alleanza, più vicine a un modo collettivo di intendere la politica.
Per il resto, oltre alla necessità di superare le soglie di sbarramento per entrare alla Camera e al Senato, non si capisce cosa unisca il giustizialismo di Ingroia, De Magistris e un defilato Di Pietro all’ultima spiaggia con il post-comunismo di Oliviero Diliberto e Paolo Ferrero.
Sulla scheda vedremo sei simboli apparentati. I sondaggi dicono: 5%.
GRILLO. Movimento 5 Stelle.
Il punto di forza non saranno i candidati ma la presenza sul territorio di un movimento che pur rifiutandone decisamente la definizione assomiglia sempre di più a un partito, anche se strutturato con la “democrazia liquida” che alla sezione preferisce i forum.
Il simbolo è sempre lo stesso.
I voti forse saranno un po’ di meno delle previsioni.
Gli ultimi sondaggi danno Grillo più vicino al 10% che al 20% che aveva lambito in autunno.
Il motivo può essere l’abbondanza di offerta politica, che riempie tutti gli spazi della protesta, dell’anti-politica e del “nè destra nè sinistra” che qualche mese fa erano liberi, terreno di caccia per il comico genovese e per il suo guru Gianroberto Casaleggio.
(da “Blitz quotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »