Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile E’ ACCADUTO A GENOVA: GIANNI PLINIO, DOPO AVER ACCETTATO LA CANDIDATURA A CAPOLISTA, SI E’ SENTITO CHIEDERE DA ‘GNAZIO 50.000 EURINI “COME CONTRIBUTO PER FINANZIARE LA CAMPAGNA ELETTORALE”… E HA RINUNCIATO, RITORNANDO NEL PDL
E’ durata meno di 24 ore la candidatura di Gianni Plinio alla Camera, come primo ligure di
Fratelli d’Italia, il progetto politico degli ex ministri Giorgia Meloni e Ignazio La Russa.
Sanato pomeriggio un Plinio trionfante annunciava di aver trovato “casa”, “la vera destra ha bisogno di combattenti” aveva detto.
Ieri poco prima di mezzogiorno una mail ha certificato la sua “retromarcia” per “l’emergere di forti perplessità di ordine politico e organizzativo”.
Cinquantamila euro chiesti al capolista per finanziare la campagna elettorale sono più di una perplessità per Plinio.
Tanto più che da vecchia volpe della politica probabilmente si è fatto due conti, considerando troppo rischioso come investimento il gioco con Fratelli d’talia, per il momento sotto il 2% (sbarramento per entrare a Montecitorio).
Abbastanza perchè ieri mattina calasse a Genova un preoccupato Ignazio La Russa: “E’ più facile che un cammello passi attraverso la crune di un ago, piuttosto che far pagare qualcosa a un ligure” ha ironizzato l’ex ministro.
Protagonista del’ennesino testacoda politico, Gianni Plinio (Pdl, ex An) ha così affidato la sua spiegazione a un comunicato stampa.
L’andirivieni di Gianni Plinio sulla rotta Pdl-Centrodestra nazionale ha dato così il pretesto ai vertici locali del Pdl per chiedere le sue dimissioni da vice-coordinatore cittadino.
Ma almeno ha risparmiato 50.000 euro.
(da “il Secolo XIX“)
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile MA CHE ATTENTATI, SILVIO HA SOLO PAURE DELLE “PIAZZE VUOTE”
E adesso Berlusconi si gioca anche un possibile allarme attentati, una minaccia diretta alla sua persona e alla sua sicurezza.
Di cui parla lui stesso, ovviamente con la formula più generica possibile.
Ospite de La7, nella sua ennesima intervista, il Cavaliere dice testualmente: «C’è una forte preoccupazione da parte di certe autorità nei miei confronti. Mi hanno pregato di non andare a fare discorsi nelle piazze. Ci fu un tentativo di uccidermi… e adesso, con l’odio che circola a piene mani …».
Prosegue con aria preoccupata: «Coloro che hanno la responsabilità della mia scorta mi hanno espresso questa preoccupazione pregandomi, se deciderò definitivamente di recarmi nelle singole regioni, di fare interventi pubblici nei teatri o nei palazzi dei congressi»
Pochi minuti, nessun dettaglio in più.
Nè fornito da lui, nè tantomeno successivamente dagli uomini del suo staff.
L’allarme resta volutamente vago.
Ma il duplice riferimento a «certe autorità » e a «coloro che sono responsabili della sicurezza» fanno ritenere che l’allarme arrivi direttamente dall’Aisi, il servizio segreto interno, da cui dipende la ventina di uomini della sua scorta.
Come riferiscono fonti del Viminale, l’ex premier aveva diritto a una protezione da parte dello Stato ancora per un anno dopo le sue dimissioni, ma alla scadenza, a novembre del 2012, da palazzo Chigi è partito l’ordine di un’ulteriore proroga
Al Viminale reagiscono con estrema freddezza, ma senza dimenticare però che Berlusconi è stato effettivamente vittima di due aggressioni, quella di Milano del 2009 e quella di Roma di cinque anni prima.
Di mezzo e successivamente altri episodi che però non si sono mai risolti in concrete minacce e pericoli.
L’abbiamo presa seriamente, come tutto viene preso seriamente qui dentro, ma di certo non l’abbiamo drammatizzata ». Nelle stanze del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri nessuno si permette dire, brutalmente e su due piedi, che l’allarme rivelato da Berlusconi è una bufala.
Per carità , un ex prefetto come lei non potrebbe mai avere una simile caduta di stile. Del tutto inutile quindi cercare una battuta ad effetto di questo tipo.
Soprattutto perchè di Berlusconi, al Viminale, conoscono bene la storia e ricordano quei due agguati – piazza Duomo e piazza Navona – che hanno segnato fisicamente l’ex premier
Ma da qui a ritenere che su di lui, in queste ore, incomba un reale e documentato pericolo ce ne corre.
Anche questo non viene detto così brutalmente, ma passando da una verifica all’altra si capisce che quanto Berlusconi ha affermato in tv non ha un riscontro cartaceo di alcun tipo.
Riscontro che, per la sua rilevanza, avrebbe avuto un posto in bella evidenza sulla scrivania del ministro, avrebbe comportato un’immediata informativa del capo della polizia Antonio Manganelli col ministro medesimo, e alla fine avrebbe prodotto anche uno specifico appunto per palazzo Chigi.
Di tutto questo, a quanto si può capire, non c’è traccia alcuna al Viminale
Le 16 sono passate da pochi minuti quando Mauro Alberto Mori, il portavoce del ministro Cancellieri, legge sulle agenzie la dichiarazione del Cavaliere e subito chiama per telefono il ministro che, in quei minuti, non si trova in ufficio.
La prima reazione a caldo, a quanto riferiscono poi fonti del Viminale, testimonia che l’ex prefetto apprende per la prima volta il rischio che Berlusconi possa vedersi inibite le piazza per un rischio di possibili attentati.
Cancellieri non sembra drammatizzare. Le ore successive confermano che al Viminale non si accende una spia rossa, nè tantomeno si scaldano i telefoni
Un fatto viene dato per certo nell’entourage del ministro: nè dai suoi uffici, nè tantomeno da quelli della polizia e del prefetto Manganelli, sono partite notizie e allarmi simili a quelli denunciati da Berlusconi. –
La fonte dell’ex premier non è il Viminale.
Nè tantomeno minacce di quel genere sono state riferite allo stesso Viminale da altre fonti informative, i servizi per intenderci.
Nè al Viminale si slanciano in ipotesi su chi possano essere le «autorità » a cui Berlusconi, in tv, ha attribuito l’origine dell’allarme.
Tuttavia, com’è costume di Cancellieri, anche la sortita di Berlusconi viene risolta in positivo. Nessuna nota ufficiale, nessuna dichiarazione.
Ma tra i suoi collaboratori viene fatta una considerazione che suona così: «Durante la campagna elettorale, ovviamente, l’attenzione di tutta la nostra struttura è al massimo livello. Essa lavora per consentire che la competizione si possa svolgere nel modo più sereno possibile».
C’è un’ultima riflessione che si può raccogliere al Viminale e riguarda il comportamento del capo del Pdl.
Se egli effettivamente fosse stato messo in allerta per un pericolo concreto sicuramente, come prima mossa, si sarebbe rivolto proprio al ministro dell’Interno e alla polizia.
Del resto, al di là degli uomini di scorta che dipendono materialmente dal servizio segreto interno, quello sarebbe stato il punto di riferimento obbligato per un potenziamento della sua protezione.
Ma questo passo, ci si limita ad osservare, non è avvenuto.
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile ESCLUSI DIVELLA, LA MORTE E VALDITARA… NELL’UDC A CASA VOLONTE, TASSONE E CARRA
Ufficialmente è per ragioni di dati anagrafici mancanti, ma gli slittamenti nella pubblicazione
delle liste di Udc e Fli hanno il sapore, amaro per alcuni dei protagonisti, degli aggiustamenti dell’ultimo minuto.
Le liste però sono sostanzialmente pronte e difficilmente potrà cambiare molto.
Le regole draconiane imposte da Mario Monti e da Enrico Bondi hanno provocato qualche smottamento soprattutto nel partito di Pier Ferdinando Casini.
L’Udc ha voluto dare spazio al mondo cattolico (di qui la candidatura contestata di Paola Binetti) e al mondo produttivo, con Mario Catania (ministro dell’Agricoltura) e Giorgio Guerrini (ex presidente di Confartigianato).
Tra gli emergenti c’è Giuseppe De Mita, figlio di Ciriaco e vicepresidente della giunta regionale, che sarà indicato come capolista in Campania 2.
Ma anche un nome meno noto, Gianna Galzignato, professoressa di italiano di Treviso, seconda in lista in Veneto.
Tra gli esclusi, invece, ci sono protagonisti di anni di battaglie politiche. È il caso di Mario Tassone. Entrò alla Camera nel 1979 e da allora è transitato attraverso Dc, Ppi e Cdu.
Ieri ha chiesto che venga «convocato il Consiglio nazionale del partito, nel rispetto di una prassi consolidata nel tempo, per l’approvazione delle liste elettorali».
Tassone è stato escluso dalle liste in considerazione dell’anzianità parlamentare: «Non ne faccio una questione personale, sono serenissimo. Credo però che abbia ragione Ernesto Galli Della Loggia e che la politica debba avere un suo primato. Nella stesura di queste liste c’è stato un condizionamento esterno che ha il sapore dell’antipolitica».
Tra chi non ci sarà , fanno buon viso a cattivo gioco Renzo Lusetti e Luca Volontè.
Quest’ultimo ha scritto anche un saluto agrodolce su Facebook: «Carissimi amici, non sono ricandidato. I criteri ferrei della coalizione, dopo 16 anni di impegno, me lo hanno impedito». Dopo un rapido riepilogo della sua attività , Volontè conclude ringraziando e invitando tutti a votare Udc e Lista Monti.
Molto meno bene l’ha presa Enzo Carra, che polemicamente vuole «che si dica che sono stato escluso perchè sono un noto criminale, mentre gli altri candidati nell’Udc sono tutte persone perbene».
Esclusioni dolorose anche in Fli, dove hanno dovuto rinunciare alla corsa in Parlamento, per limiti di legislatura, Francesco Divella, Carmine Patarino e Donato Lamorte, memoria storica di An e finiano doc, che è stato al centro del dibattito negli ultimi anni soprattutto per la gestione del patrimonio immobiliare di An.
Candido De Angelis ha invece rinunciato per candidarsi come sindaco di Anzio.
E ha rinunciato anche Angela Napoli, che ha lasciato il partito a novembre, in polemica con Italo Bocchino.
Ma c’è un caso sollevato da Giuseppe Valditara, che ha scritto una lettera aperta a Gianfranco Fini, il quale gli avrebbe chiesto di «correre per la Camera, come capolista, in un collegio prestigioso e dal risultato possibile».
Ciononostante, Valditara ha deciso di dire no.
Con parole forti per un partito che ha fatto «errori gravi» e si è condannato alla «totale irrilevanza politica».
Valditara teme una «cannibalizzazione» della Lista Monti e non condivide la decisione di correre da soli alla Camera per «salvaguardare qualche dirigente nazionale che non sarebbe stato accettato in una lista unitaria».
Tra le new entry di Fli ci sarebbe Gennaro Iezzo, ex portiere del Napoli, che insieme a lui passò dalla serie C alla A.
Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile “RUBY TUTTA UNA MONTATURA”..”IN 9 ANNI FATTO PIU’ COSE DI TUTTI GLI ALTRI IN 50 ANNI” …”IL PDL AL 23% SIAMO A 4 PUNTI DAL CENTRO SINISTRA”
La rimonta di B. è possibile? “Lo dicono i sondaggi”.
Mario Monti attacca a testa bassa? “E’ preoccupato dai sondaggi che lo indicano come un leaderino di centro”.
Il vero avversario del Pdl? “E’ il Pd, come emerge dai sondaggi”.
Nelle ultime puntate della sua occupazione mediatica, Silvio Berlusconi punta forte sulla specialità della casa: i numeri.
Quelli degli istituti di statistica a lui vicini (in primis Euromedia), che — come detto a Lo Spoglio su Sky e ripetuto a Omnibus — lo danno a soli 4,5 punti di distacco dai democratici del candidato premier Bersani.
E alla faccia dei rilevamenti di altri, autorevoli società di statistica, che danno il Cavaliere staccato ancora di 9/10 punti dal Partito democratico.
Berlusconi, però, di questa forbice non vuole sentir parlare e sempre sui numeri si basa la nuova offensiva nei confronti del Professore, accusato di essere “sotto choc per i sondaggi che lo indicano come uno dei leaderini del centro”
Anche in questo caso, tuttavia, l’ex premier sottovaluta le proiezioni, con gli stessi sondaggi a cui lui crede che danno Monti vicino al 15% al Senato, dove si gioca la vera partita delle elezioni.
“Draghi al Quirinale? Lo voterei?” — Non dice il ‘suo’ nome, quello che aveva annunciato ieri come “molto gradito” alla sinistra.
Ma Silvio Berlusconi un endorsement per il successore di Giorgio Napolitano lo ha fatto.
“Assolutamente sì. Se ci fosse una maggioranza che lo proponesse, io lo voterei” ha detto a Omnibus alla domanda se voterebbe Mario Draghi come presidente della Repubblica.
Draghi ascrivibile alla sinistra? “No — ha detto Berlusconi — sono io che l’ho voluto alla Bce ed abbiamo un presidio che ci tranquillizza”.
“La Boccassini andrebbe processata” —
Non poteva mancare l’affondo sulla Procura di Milano, i cui giudici “dovrebbero andare sotto processo perchè che sono mostruose macchine di diffamazione. E’ uno scandalo vero”.
Nel mirino, in particolare, Ilda Boccassini, “che dovrebbe andare sotto processo per un sacco di buoni motivi”.
Uno tra gli altri, “aver impiegato ingenti risorse dello stato su un’accusa inesistente”, ha detto il leader del Pdl a proposito del caso Ruby.
L’ex premier ha polemizzato anche e soprattutto sulla decisione dei giudici milanesi di non sospendere il processo per il periodo elettorale.
“Secondo la Boccassini — ha detto — io non conto niente, non faccio campagna elettorale, non tengo insieme il centrodestra. La Boccassini ha fatto riferimento al fatto che non sono candidato premier”, quando, ha ricordato il Cavaliere, è il Presidente della Repubblica che dà l’incarico.
Il Cavaliere e il fact checking: “Dico solo cose vere” —
“Di solito i politici raccontano tante storielle, io no, sono un imprenditore legato alle cose concrete, posso incorrere in alcuni errori ma dico solo cose vere”.
Ha aperto così la sua intervista di ieri a Lo Spoglio su SkyTg24, dover Silvio Berlusconi, ha risposto alle domande di Ilaria D’Amico e assicurato che “Alfano sarà premier” e che “si troverà una convergenza con la Lega“.
Poi la replica a Monti, che dagli studi di Porta a Porta lo ha paragonato al “pifferaio magico” e, oltre a definire lui “un bluff” che “ha zero credibilità ” e le sue parole “una mascalzonata”, ha aggiunto che il Presidente del Consiglio “in 13 mesi ha alzato le tasse di 3 punti percentuali” e ora “vuole tassarmi anche il piffero”.
E in vista delle politiche ha citato il trend positivo del centrodestra “sotto di soli 4,1 punti” rispetto alla formazione di Bersani.
Un quadro che emerge dai sondaggi Euromedia “che sono sempre risultati corretti” dove “il centrodestra è al 34,2 %, il Pdl al 23,1, il centrosinistra al 38,3.
Il centrino è all’11: Udc al 4, Fli ha raggiunto la vetta di 1, mentre la ‘scelta cinica’ è al 7%.
Ha spiegato che scriverà “un nuovo contratto con gli italiani” anche se “quello precedente è stato rispettato all’80%” e ha detto che ”noi in 9 anni abbiamo fatto più cose di tutti e 50 i governi messi assieme”.
Processo Ruby —
I primi momenti dell’intervista si sono concentrati sul caso Ruby, nel giorno in cui i giudici di Milano hanno respinto la richiesta di sospensione del processo avanzata dai difensori dell’ex premier.
Un processo definito “una comica, una farsa, una montatura diffamatoria. Non c’è nulla di vero, è solo un modo per diffamare una persona”.
“Alfano premier. Noi liste più pulite del Parlamento” —
Berlusconi ha specificato che chi vota per il centrodestra vota “per Angelino Alfano candidato premier e la Lega è d’accordo”.
E aggiunge: “C’è una legge elettorale che comporta che si dia indicazione del capo della coalizione. Il candidato premier non esiste, perchè è il presidente della Repubblica che deve dare l’incarico di formare il governo.”.
Ha assicurato che “siamo la lista più pulita del Parlamento” ma che non sarà inserito “nessun giocatore del Milan, neanche Gattuso“.
Nonostante “la convergenza” annunciata con la Lega, perchè il Carroccio ha indicato “Tremonti premier” nel simbolo?
“E’ una birichinata… ma loro avendo il 5-6% non hanno nessuna possibilità di indicare il premier”. Per lui, dunque, si tratta “solo di una indicazione pubblicitaria. Essendo Tremonti persona seria e capace si avvalgono di averlo con loro”.
Candidati e condannati in Parlamento —
Sulla candidatura di parlamentari indagati e condannati ha aggiunto: “Noi non siamo giustizialisti ma garantisti — ha spiegato- Il comitato di presidenza del mio partito si è riunito e sui nostri 420 parlamentari solo uno ha avuto una condanna definitiva. Quanto ai candidati indagati e con condanna non definitiva, ci sarà una commissione di nostri parlamentari avvocati che deciderà guardando le carte”.
E anche se i suoi avvocati Ghedini e Longo, entrambi parlamentari, “hanno delle resistenze in proposito, io insisterò per candidarli”.
Anche sulla candidatura di Nicola Cosentino, quindi,”valuterà il comitato” e quanto a Marcello Dell’Utri afferma che non sarà candidato, perchè “la sua candidatura sarebbe strumentalizzata dai nostri avversari”.
Il Professore e le tasse —
Monti sull’Imu “ha cambiato posizione come fa spesso, raggiungendo uno zero di credibilità che i cittadini conoscono bene”. Berlusconi conferma che il Pdl in caso di vittoria “eliminerà subito” la tassa sulla casa “e i comuni non si devono preoccupare perchè gli stessi soldi arriveranno direttamente dal ministero del tesoro” attraverso la tassazione su alcuni prodotti, come il tabacco, l’alcol, i giochi.
Per Berlusconi “Bersani e Monti hanno cambiato parere perchè nei loro programmi non c’era affatto l’abrogazione dell’Imu”. In più, aggiunge, “in tanti anni di governo non ho mai aumentato le tasse, non ho mai messo le mani nelle tasche degli italiani e ho sempre mantenuto i conti in ordine”.
Nel frattempo arriva la precisazione di Draghi (“sto bene dove sono”) e un dura presa di posizione dei vertici europei del Ppe: “In Italia ci rappresenta Monti, non Berlusconi”…e si parla di espulsione del Pdl dal Gruppo.
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile TESI ORIGINALE VISTO CHE LA LISTA MONTI, APPENA CREATA, E’ AL 10%… POI FA COME PIPPO BAUDO: “DRAGHI? L’HO INVENTATO IO”…”IN EUROPA ERO TEMUTO” (E QUI CI CREDIAMO…)… “NEL 2006 HO PERSO PERCHE’ HANNO TRUCCATO LE SCHEDE”
“Monti è sotto shock per i sondaggi che lo indicano con uno dei leaderini del centro. Mi sono
ricordato Flaiano, ‘qualche volta l’insuccesso dà alla testà (quanto è vero…n.d.r.). Monti è molto diverso da come pensavamo e ci siamo cascati”.
Silvio Berlusconi si è svegliato male e questa mattina a “Omnibus” torna ad attaccare il professore, che ieri a sua volta aveva duramente polemizzato con lui.
Lo spread e le tasse.
L’accusa di non saper gestire lo spread è per il Cavaliere “una mascalzonata assieme alle altre, perchè non non c’entra nulla con i governi, è indipendente ed è qualcosa frutto dei movimenti finanziari e della speculazione”.
E così sulla politica fiscale l’ex premier rivendica un redditometro diverso e migliore di quello del capo del governo. “Il redditometro era totalmente diverso: ad esempio ora c’è l’inversione dell’onere della prova e ci sono tutte quelle voci che spaventano i cittadini, ed è disincentivante dei consumi, se aggiungiamo l’impossibilità di pagare in contanti fino a 999 euro e con la sinistra entreremo in uno stato di polizia tributaria perchè vuole alzare il limite a 300; hanno congelato completamente gli acquisti di certi beni. Tutto questo produce contrazione dei consumi e riduzione delle vendite e si ha un esubero dei lavoratori”.
Il professore “immorale”.
Ma la polemica personale non si ferma e riguarda anche il ruolo di senatore a vita di Monti. “Trovo assolutamente immorale che Monti che è contro di noi si fregi ancora di questo titolo che dovrebbe essere super partes. Monti si presenta sotto mentite spoglie di indipendenza – ha aggiunto – ma è una protesi della sinistra”.
“Draghi? Merito mio”.
Sulla sua scarsa credibilità nella Ue Berlusconi ribatte: “In Europa io ero temuto, non irriso. Io ho imposto Mario Draghi a capo della Bce, l’ho imposto contro Tremonti che era contrario, e contro Sarkozy. Anche Barroso, in accordo con Tony Blair, l’ho messo lì io”.
Le mille liste del centrodestra.
“Il trenino di liste è dovuto a questa legge elettorale che premia quel trenino che va più forte, ma io chiedo di dare la maggioranza dei voti al Pdl, il più grande dei vagoni del trenino”.
E a questo proposito il Cavaliere ha poi parlato di “brogli della sinistra che ci hanno fatto perdere le elezioni del 2006: hanno truccato tutte le schede bianche e poi hanno vinto”.
I processi di Milano.
“Io sono preoccupato dall’esito dei processi soprattutto quando si svolgono a Milano”. “Per fortuna esistono anche dei giudici integerrimi, mentre sono politicizzati quelli che condannano sulla base di fatti inesistenti”.
Il processo Ruby? “La reazione dei miei elettori di fronte a un’ennesima prova di parzialità da parte dei giudici di Milano sarebbe una reazione di ancora maggior sostegno”.
Per stamane ci ha fatto ridere abbastanza, aspettiamo fiduciosi il pomeriggio…
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile QUELLA DI MONTI E’ UNA STRATEGIA CALCOLATA, NON UNA RITORSIONE CONTRO BERLUSCONI
Monti si è guadagnato sul campo, ieri sera da Bruno Vespa, la palma di più risoluto, più implacabile, più sarcastico e (per molti aspetti) più feroce «No Cav» d’Italia.
Mai un candidato premier aveva picconato con tale energia il profilo di Berlusconi.
Nell’ultimo ventennio Occhetto, Prodi, Rutelli, di nuovo Prodi e infine Veltroni con alterna fortuna si erano preoccupati di far leva soprattutto sui programmi propri, sulle rispettive «agende» che allora avevano un altro nome.
Lo stesso Bersani, nemmeno una settimana fa, sempre «chez» Vespa, si era regolato da primo ministro in pectore, serenamente avviato verso la vittoria e mai sopra le righe, certo non con il coltello tra i denti e tantomeno contro il capo della destra, trattato con i guanti bianchi perfino nell’arena di Santoro.
Laddove Monti ha sfoderato per due ore l’intero repertorio di attacchi a Berlusconi con una tale determinazione da fare immaginare una precisa strategia, politica e comunicativa.
Va considerato, segnalano i collaboratori del premier, anche il risvolto umano.
Nei giorni scorsi Silvio era andato giù greve, aveva lamentato presunte «mascalzonate» commesse da Monti (concetto ribadito ieri), presentandone la scelta di candidarsi come un atto moralmente riprovevole.
È un livello di contestazioni su cui chiunque dotato di amor proprio (il presidente della Bocconi non fa eccezione) avrebbe reagito a tono.
«Mica poteva porgere l’altra guancia», si fa osservare. Inoltre ha sfoderato nelle risposte «la consueta classe», senza scendere a livello da osteria.
Ma nella replica da Vespa è impossibile non cogliere un «surplus» di animosità .
Calcolata. Studiata a tavolino.
Insomma, meno legata alle offese e più alla sostanza.
Spiega chi è ben addentro alla campagna elettorale montiana che il Professore ha voluto consapevolmente inaugurare un anti-berlusconismo di nuovo conio, per certi aspetti inedito e tutto da testare.
Basato sulla condivisione di parecchie istanze care all’elettorato di centrodestra, come si deduce da certe aperture (alcune davvero inattese) in tema di tasse: dalla possibile riduzione dell’Irpef a quella altrettanto auspicabile dell’Iva, dal no secco alla patrimoniale al rigetto del redditometro, dalle larghe vedute sull’Imu alla revisione della riforma Fornero sulle pensioni…
Musica per il popolo moderato.
Esattamente quello che un elettore Pdl gradirebbe sentirsi promettere dal proprio partito. Accompagnato però da un ripudio netto del personaggio Berlusconi, da un giudizio spietato che si riassume in quel «pifferaio» dal quale solo degli sprovveduti potrebbero farsi trascinare nel fiume.
Per immedesimarsi nei panni di chi in altri momenti l’ha votato, Monti ammette di essersi illuso lui stesso ai tempi della «rivoluzione liberale», s’era fatto incantare dalla sirena di Arcore.
A questi elettori, il premier manda a dire: se voi volete davvero che tutto questo si realizzi, il vostro interlocutore sono io. Lui vi attira soltanto guai…
L’offensiva del Prof ha ulteriori perchè.
Da qualche settimana nei sondaggi è in atto una certa ripresa della coalizione Pdl-Lega, chi dice attestata al 25 chi al 30 per cento dei voti.
Nulla in grado di impensierire Bersani, che dalle stesse rilevazioni figura perlomeno una decina di punti avanti. Tuttavia abbastanza da mettere in forse l’obiettivo per il quale Monti si è deciso a «salire» in politica: una destrutturazione dei poli, o perlomeno di uno soltanto di essi.
Al momento, il centrodestra non solo non pare prossimo a sfaldarsi, ma sta ritrovando a Palazzo Grazioli il suo centro di gravità .
Urge dunque una controffensiva, e nessuno può negare che Monti vi si stia applicando con una franchezza di linguaggio sorprendente per chi, come lui, viene dal senato accademico.
Mal che gli vada, questa battaglia gli attirerà le simpatie del pianeta anti-berlusconiano duro e puro, ne farà il super-eroe della resistenza al Cavaliere Nero, l’unico davvero in grado di sbarrarne la via.
Per cui può verificarsi uno strano paradosso: che l’inedito combattivo Monti di «Porta a Porta» (perlomeno rispetto agli standard «sobri» cui ci aveva abituato) rubi voti a sinistra non meno che a destra.
E anzi, vada a intaccare il serbatoio elettorale di Bersani addirittura più del bacino berlusconiano.
Ma questo lo scopriremo solo il 25 febbraio, quando le urne saranno state aperte.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile IL PARTITO (RI)SCOPRE LA LEZIONE DI BERLINGUER: NON SI GOVERNA CON IL 51%
Si va materializzando lo scenario peggiore. E i sondaggi cominciano a essere univoci, se non
nelle percentuali, certamente nel cambio di rotta degli umori elettorali.
Sì, il Pd tiene e resta oltre il 30%: ma nessuna delle altre rilevazioni sembra confortare il partito di Pier Luigi Bersani.
Nichi Vendola continua a vedere erosi i consensi a Sel dalla lista «rivoluzionaria» di Antonio Ingroia (che comincia a consolidare la sua presenza), il Centro di Monti (e di Fini e Casini) è arrivato al 15%.
E soprattutto, continua la rimonta di Silvio Berlusconi: «Dopo Santoro, la sinistra ha cominciato a preoccuparsi davvero», ha annotato con malizia il Cavaliere. E non ha detto una bugia.
Due elementi, ieri, hanno dato plasticamente la misura dei timori che cominciano a serpeggiare nel quartier generale di Pier Luigi Bersani: la richiesta rivolta ad Antonio Ingroia di non presentare liste per il Senato in Campania, Sicilia e Lombardia, e l’offerta nuovamente avanzata a Mario Monti di un patto, di un dialogo, a elezioni concluse.
Massimo D’Alema, in una intervista al Tg1, è chiaro: «Spero che Monti sappia misurare i termini dello scontro politico, perchè dopo le elezioni dovremo tornare a dialogare».
E Bersani, spiegando al Washington Post il rapporto che intende instaurare col Professore, non lo smentisce: «Noi siamo pronti a collaborare. Non a uno scambio di favori, ma a stringere un patto per le riforme e la ricostruzione del Paese».
Le parole di Bersani e D’Alema sono magari diverse (patto, piuttosto che dialogo) ma il segnale pare univoco: è come se il Pd andasse maturando la certezza che l’alleanza con Vendola non sarà sufficiente per ottenere una solida maggioranza al Senato e quindi governare il Paese.
«E’ una legge elettorale pazzesca quella per la quale un partito che vince in 17 regioni su 20 non ha poi la maggioranza al Senato per governare», lamentava ieri Claudio Burlando, governatore Pd della Liguria.
Ma intanto così è: ed è con questo scenario che occorre fare i conti.
I vertici democrats osservano da qualche giorno con preoccupazione la lieve ma continua flessione dei consensi al partito di Nichi Vendola stimato, da alcuni istituti di sondaggio, addirittura sotto il 5 per cento.
Cresce, invece, «Rivoluzione civile», la lista di Antonio Ingroia che – rispetto a Sel – sta sfruttando una rendita di posizione non irrilevante: radicalismo a piene mani e una linea di sinistra-sinistra, non avendo il problema di un accordo e di un programma di governo sottoscritto col Pd e assai vincolante in camapagna elettorale.
Da qui, forse, l’idea (risultata impraticabile) di chiedere a Ingroia di non presentare liste al Senato nelle regioni in bilico.
«In Campania ci abbiamo provato – spiega Enzo Amendola, segretario regionale Pd – ma con De Magistris in campo c’è poco da fare. La vittoria qui è in bilico, perchè il Pdl ha sdoganato di nuovo Cosentino, candidandolo naturalmente al Senato, e l’Udc – già forte grazie a De Mita e agli ex dc – schiererà Casini come capolista: naturalmente al Senato…».
Risposta analoga (cioè: no) alla richiesta di desistenza è arrivata dalla Sicilia, altre regioni in bilico. «E’ una proposta – ha spiegato Leoluca Orlando – che fa seguito ai mille rifiuti del Pd a qualunque dialogo… Se è una proposta elettorale, ritengo sia molto modesta…».
L’aria, insomma, si è fatta improvvisamente pesante: e giunti al punto cui si è, anche correggere la rotta è diventato difficile per il Pd.
«Non mi sorprende che Ingroia possa sottrarre qualche consenso a Vendola – spiega Rosy Bindi -. Ma non è che noi adesso si possa abbandonare la linea del dialogo con Monti per cercare di fare il pieno a sinistra. Io credo che occorra chiarirsi con Monti sulle prospettive del dopo-voto e andare avanti così».
C’è un’altra ragione, infine, per la quale il Pd non ritiene possibile interrompere il filo del dialogo con Monti: com’è pensabile governare l’Italia in crisi avendo all’opposizione i populismi di Berlusconi e della Lega, i radicalismi della sinistra-sinistra e anche la moderazione e le competenze del centro di Monti?
«Non si governa il Paese con il 51% dei voti», disse a metà degli anni ’70 Enrico Berlinguer di fronte ad un’Italia spaccata a metà tra Dc e Pci. Una lezione che Pier Luigi Bersani, evidentemente, non ha dimenticato…
Federico Geremicca
(da “La Stampa“)
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile IL PROFESSORE E’ PARTITO ALL’ATTACCO : “HA GOVERNATO PER 8 DEGLI ULTIMI 11 ANNI: E’ SUA LA RESPONSABILITA’ DELL’AUMENTO DELLA TASSAZIONE”…”SUL PIANO INTERNAZIONALE NON HA PIU’ CREDIBILITA'”
La situazione grave in cui versa l’Italia è colpa dei governi che hanno guidato il Paese negli ultimi 10 anni.
Mario Monti, dopo l’intervento all’inaugurazione di Porta Susa, a Torino, a Porta a Porta torna ad attaccare gli esecutivi che lo hanno preceduto. E si scaglia soprattutto contro le promesse fatte da Silvio Berlusconi che, secondo il premier uscente, “ricordano il Pifferaio di Hamlin che incanta i topini. Che gli italiani possano credere a certe parole pronunciate da quella bocca mi fa venire in mente il pifferaio magico che porta i topini ad annegare”, ha detto il professore.
Che ammette: Berlusconi “è uno che ha già illuso gli italiani tre volte. La prima vota mi sono fatto illudere anch’io”, spiegando di avere votato per il Cavaliere nel 1994. E continua: “I sacrifici chiesti agli italiani possono essere dissipati in tre mesi se arriva un nuovo illusionista o un vecchio illusionista ringalluzzito”.
Da Monti dunque arriva una svolta che era nell’aria.
Addio all’equidistanza Berlusconi-Bersani con una decisa sterzata polemica nei confronti del Cavaliere.
L’attacco ai predecessori.
Un anno fa “non ero sicuro che un anno dopo l’Italia sarebbe stata salva dal punto di vista finanziario.
Che sia successo è frutto della responsabilità con cui i cittadini hanno accettato una cura dura. Ma la situazione sarebbe più grave se l’Italia fosse saltata come la Grecia. Ma l’Italia non può continuare così: il disagio delle famiglie, delle donne, dei giovani, del Sud, è troppo grande.
Per questo bisogna cambiare il rapporto tra politica e cittadini”, ha affermato Monti. E qui arriva l’attacco ai suoi predecessori: “Voglio parlare chiaro: se prendiamo gli anni dal 2001 al 2011 abbiamo avuto 8 anni di governo Berlusconi, due di Prodi, un anno di tecnici. Si è arrivati ai tecnici perchè la situazione era molto precaria perchè chi aveva governato non aveva fatto le riforme necessarie per rendere l’italia competitiva, visto che prevalevano gli interessi delle strutture e degli apparati e non quelli dei cittadini”.
Niente polvere sotto il tappeto.
Monti riconosce, poi, il “disagio” di famiglie e imprese e spiega che “bisogna cambiare il rapportotra politica e cittadini”.
Rivolgendosi, infine, al leader del Pd, il premier dimissionario ha cercato di rassicurarlo: “Non c’è polvere sotto il tappeto”, ha detto, replicando all’affermazione di qualche giorno fa del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, secondo il quale per giudicare se ci sarà o meno bisogno di una nuova manovra sui conti pubblici bisognerà vedere se è stata “messa polvere sotto il tappeto”.
Tasse e credibilità .
Per alleggerire le tasse “ci vuole credibilità .
Berlusconi dice che vuole abbassare le tasse?
Andate a vedere il sito (pagellapolitica.it) in cui viene calcolato il tasso di veridicità delle dichiarazioni dei politici. Inchioda tutti noi alle nostre dichiarazioni: Monti all’89%, Bersani 73%, Berlusconi 51%, Grillo 44%”, dice il premier dimissionario, riferendosi alle ipotesi di alleggerimento fiscale.
Poi aggiunge: “Quanto ci vorrà per abbassare l’Irpef? Molto poco.
Anche il punto in più di Iva può essere evitato” ma in entrambi i casi, spiega, “dipende da quello che sarà fatto per la riduzione della spesa pubblica”
Nuova manovra.
“Dipenderà da chi governerà “.
Così Mario Monti ha risposto sull’ipotesi di una manovra correttiva in primavera. “Tutti gli accertamenti dell’Ue sono nel senso che il disavanzo strutturale nel 2013 sarà zero .
Abbiamo avuto per l’Italia e questo governo il plauso dell’Ue. Siamo quelli in ordine”, aggiunge.
Imu.
“Anche io desidero che l’Imu prima casa venga ridotta, ma senza le giravolte dell’ultimo minuto, in campagna elettorale, come chi ci ha vinto le elezioni per poi doverla rimettere”, afferma ancora il presidente del Consiglio dimissionario, puntualizzando: “Non penso a un’imposta patrimoniale”, chiarendo che al riguardo c’è stato qualche “equivoco”.
Spread e disoccupazione.
Berlusconi sostiene che è vero che Monti ha portato spread così in basso però c’è disoccupazione e le riforme non hanno dato effetto.
” Lo sa anche un bambino da che dal momento in cui si da la medicina a quando passa la malattia ci vuole del tempo”, ribatte Monti. Quanto alla riduzione dello spread il premier ha spiegato che “questo è dovuto alla riduzione del disavanzo italiano e al riacquisto di credibilità presso il mondo e i mercati che e avvenuto prima di quanto pensassi. Questo e dovuto non solo all’Italia anche alla Bce, infatti l’indicatore più significativo non è tanto lo spread rispetto alla Germania, ma rispetto alla Spagna. L’Italia ha guadagnato terreno rispetto a Spagna”, ha concluso.
Bersani premier? Non impossibile.
Bersani è convinto di essere il prossimo premier?
“È una convinzione legittima, e non inverosimile secondo i sondaggi. Ma ognuno di noi è qui per presentare una proposta agli italiani, e la mia è diversa da tutte le altre, perchè mira a cambiare il rapporto tra la politica e i cittadini”, ha detto Monti.
“Noi non abbiamo una struttura di partito che comporta certe esigenze di mantenimento e di favori. Noi vogliamo attirare, affinchè si rimbocchino le maniche – spiega monti – le forze buone della società civile in tutti i campi. Vogliamo continuare a dire la verità ai cittadini che non sono dei bambini. Gli italiani hanno una grande sfiducia nei partiti, noi facciamo una proposta diversa”.
E tra i candidati “io sono quello che ha la maggiore esperienza di governo: ho governato per 10 anni nel governo europeo, e un anno in italia nella situazione più difficile”.
Stampella e pungolo.
“Non siamo e non saremo mai la stampella di nessuno come dice con disinvolta eleganza Berlusconi” afferma Monti, sottolineando invece di voler essere “un pungolo. E vedremo cosa dirà Bersani circa il modo di aprire l’economia e la società italiana se vincerà , come dicono i sondaggi, le elezioni”. §
Redditometro.
Il redditometro “è un’altra misura doverosa presa da chi ci ha preceduto e che hanno punteggiato come bombe a orologeria il cammino di questo governo”, dice Mario Monti che rileva che “fosse per me non l’avrei messo” e che l’ipotesi di toglierlo è peraltro “da valutare seriamente”.
Parlamentari.
“La riduzione dei parlamentari, il governo non poteva farla perchè ci voleva una riforma costituzionale. Questa sarà la cosa che io proporrei nel primo Consiglio dei ministri”, ha annunciato Monti.
Carriere magistrati.
“Non sono favorevole alla separazione delle carriere per i magistrati se il retroterra è qualcosa di punitivo”, ha risposto il professore interpellato in proposito.
Monti tuttavia precisa: “Non è un tema che conosco abbastanza, se fosse stato attuale nel governo da me presieduto avrei avuto grandissima fiducia nel ministro Severino per affrontarlo. Non presumo infatti di esser egualmente competente su tutti i temi: credo che il prossimo governo debba porsi questo tema. Il mio governo ha fatto passi avanti in questa materia in modo meno controverso rispetto al passato quando l’argomento era oggetto di forti polemiche”.
Confronto tv.
“Certamente”. Una sola parola per dichiarare la sua disponibilità a un confronto con gli altri leader politici
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Gennaio 15th, 2013 Riccardo Fucile RITORNA LA MACCHIETTA STORACE, EX DIPENDENTE DI FINI E STIPENDIATO DAL PARTITO, CHE SPUTA SUL PIATTO DOVE HA POTUTO INGRASSARE PER TANTI ANNI… E ORA, BASTA ACCHIAPPARE UNA POLTRONA, RITORNA ALLEATO DELLA LEGA CHE VUOLE AFFAMARE IL CENTROSUD
Ennesimo colpo di scena nella farsa e nella corsa alla presidenza della Regione Lazio. Alla fine
sarà il leader de La Destra Francesco Storace il candidato della coalizione di centrodestra che sfiderà , con l’appoggio del Pdl, Nicola Zingaretti.
A ufficializzare la notizia è stato in serata il profilo twitter Berlusconi2013, gestito dal Pdl.
Se fino a ieri sembrava essere passata la linea di schierare la deputata Pdl Beatrice Lorenzin, per non disperdere voti e seggi in favore di altri partiti, oggi i giochi si sono conclusi in favore dell’ex governatore.
A persuadere Silvio Berlusconi, che già in passato, nonostante le resistenze del partito locale, aveva lanciato Storace, sarebbe stata alla fine una riflessione tattica a livello nazionale, suffragata da sondaggi a favorevoli all’ex governatore.
Il capo de La Destra sarebbe risultato infatti il trascinatore più efficace per la coalizione nel Lazio, con lo scopo, complice l’election day, di puntare al premio di maggioranza al Senato.
Seggi pesantissimi quelli che potrebbero prendere gli storaciani, illuminati dal faro della campagna regionale, ma comunque `blindati’ da un corposo patto di coalizione stretto col Pdl su punti programmatici molto cari alla Destra.
Seggi in ogni caso più pesanti, si ragiona nel centrodestra, di quelli che avrebbe guadagnato il Pdl in un Consiglio regionale comunque davvero ostico da strappare a Zingaretti.
Storace oggi aveva mostrato i muscoli: «Sarebbe assurdo scegliere un candidato che prende pochi voti – ha affermato – A livello nazionale possiamo aspirare al 5%. Portiamo un milione di voti. E credo che possiamo conquistare anche la Regione Lazio».
«Torna in campo Mr 10 Miliardi di Debito – ironizza il segretario romano del Pd Marco Miccoli – I cittadini non dimenticano», mentre per il capogruppo di Sel Luigi Nieri «è un film già visto che certifica la crisi del centrodestra. Non possiamo che essere avvantaggiati».
Nicola Zingaretti, da parte sua, è lanciatissimo.
Oggi ha presentato la Lista Civica, che sarà guidata da Livia Azzariti, e ha promesso che, dopo il suo quinquennio, la Regione sarà «più trasparente, più giusta e più competitiva».
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