Destra di Popolo.net

STUDIO SWG, ECCO DA DOVE VENGONO I VOTI GRILLINI: UN TERZO DA DESTRA, UN TERZO DA SINISTRA, IL RESTO TRA GLI ASTENUTI

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

CAMBIAMENTO CONTRO APPARTENENZA IL NUOVO ASSE DELLA POLITICA… PD E PDL SCELTI PER INERZIA

Il Movimento Cinque Stelle è di sinistra-destra. O di destra-sinistra, se si preferisce.   E’ quello che si deduce dallo studio di Swg sui flussi elettorali del voto del 24-25 febbraio.
Il boom della lista ispirata da Beppe Grillo è stato alimentato per il 30% da elettori che alle europee del 2009 avevano scelto il centrosinistra (Pd, Idv e altri) e per il 27% da elettori che avevano scelto il centrodestra (Pdl, Lega e altri).
Per Grillo il bacino più grande resta comunque quello dell’astensione, pari al 37% dei suoi consensi, cioè un esercito di oltre tre milioni di persone.
Gli altri partiti al di fuori delle coalizioni principali contano soltanto per il 6%.
In dettaglio, il Movimento 5 Stelle ha preso l’11% dal Pd, il 12% dall’Idv, 7% da altri. Dal blocco di centrodestra, il 18% dei consensi grillini è arrivato dal Pdl, l’8% dalla Lega, l’1% da altri.
Nelle elezioni politiche del 2013, scrivono i ricercatori di Swg, “non si è giocato più, come nel 2008, lungo l’asse centrodestra-centrosinistra, bensì lungo la linea cambiamento-appartenenza“.
Una parte del Paese, un quarto, “ha lasciato le vecchie appartenenze e ha scelto di mandare un segnale di cambiamento“.
Il 60% ha continuato invece a votare il partito a cui si sente “ancestralmente legato”. Ma si è trattato di “un moto inerziale”, di un voto “non convinto”.
Non convinto il voto al Pd, ma neppure la mirabolante rimonta di Berlusconi.
“Gran parte degli elettori del centrodestra”, spiega Swg, non ha avuto un “atteggiamento di piena adesione al progetto berlusconiano”, ma ha agito nell’”impossibilità  di votare qualcos’altro”.
Rispetto alle europee del 2009, il Pdl perde comunque tre milioni e mezzo di voti, mentre il Pd ne guadagna 600.000, riportando alle urne ben 2.200.000 persone che in quella tornata disertarono le urne.
Quanto alla Lega nord, Swg rileva che solo il 38% degli elettori del 2009 ha riconfermanto il voto nel 2013, mentre un consistente 22% è migrato al M5S.
E Monti?
Anche lui ha pescato in modo abbastanza equilibrato dai due poli, anche se con un risultato finale molto meno soddisfacente.
Il 23% dei consensi di Scelta civica arriva dal centrodestra (soprattutto dal Pdl, 17%), il 18% dal centrosinistra (soprattutto dal Pd, 13%), il 17% dall’Udc e ben il 42% dagli astenuti.

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PIRELLONE, SEQUESTRATI TRE APPARTAMENTI AL LEGHISTA GALLI PER LE CONSULENZE TAROCCO AL GENERO OPERAIO

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

L’EX CAPOGRUPPO DELLA LEGA E’ GIA’ INDAGATO PER AVER PAGATO CON SOLDI PUBBLICI DEL GRUPPO IL MATRIMONIO DELLA FIGLIA

Il gip milanese Chiara Valori ha disposto il sequestro di tre appartamenti in Valsassina riconducibili a Stefano Galli, ex capogruppo della Lega in Regione Lombardia, e a suo genero Corrado Paroli, nell’ambito dell’inchiesta in cui l’esponente del Carroccio è indagato per peculato in relazione a presunte spese illecite con i soldi pubblici.
Il sequestro si riferisce a una nuova accusa: quella di truffa aggravata per l’erogazione indebita di fondi pubblici.
Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Alfredo Robledo e del pm Paolo Filippini, con i soldi pubblici Galli avrebbe fatto avere una consulenza da 196mila euro al genero.
I soldi furono assegnati per la ‘valutazione dell’attività  legislativa attinente i rapporti tra Regione ed enti locali a supporto dell’attività  del consigliere Stefano Gallì’: il genero dell’esponente leghista, però, lavora come operaio e ha la licenza di terza media.
Il valore delle tre case sottoposte a sequestrato a fini di confisca ammonta a circa 200mila euro.
Dalle indagini era emerso che Galli aveva pagato parte del matrimonio della figlia con i rimborsi regionali.

(da “La Repubblica”)

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MA BERSANI NON VUOLE MOLLARE: “SI’ A CINQUESTELLE O CI SPAZZANO VIA”

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

L’IDEA DEL MANDATO ESPLORATIVO… NON SI ESCLUDE CHE DOPO BERSANI ENTRINO IN GIOCO LETTA E BARCA

Bersani nei suoi colloqui di queste ore lo definisce un «governo di responsabilità  nazionale». E la partita è giocata su due tavoli: l’offerta al Movimento 5 Stelle e il dialogo (ripreso dopo le asprezze della campagna elettorale) con Mario Monti.
«Non ci sono subordinate – ha spiegato il segretario del Pd –, andiamo avanti con questa disponibilità . Anche perchè Grillo già  si frega le mani al pensiero di un governissimo tra noi e il Cavaliere, per poi tornare a votare tra un anno e ammazzarci: non gli faremo questo regalo».
L’offerta sarà  sostanziata mercoledì alla direzione del partito.
Gli uomini di Bersani stanno dettagliando le singole proposte che dovrebbero allettare i grillini e tenere alla larga Berlusconi, a partire dal conflitto d’interessi e da una vera legge anticorruzione.
«Dobbiamo stanare Grillo», è l’imput del leader del Pd.
In parallelo ha concordato con Vendola che sia proprio il leader di Sel il «pontiere» con il M5S.
C’è poi la rete degli eletti Pd in Emilia-Romagna già  al lavoro per ricucire, ma soprattutto sarebbe entrato in campo Romano Prodi.
Con una telefonata a Gianroberto Casaleggio. Mediazione smentita dall’ex leader dell’Unione, ma non è un mistero che i voti grillini, oltre che per palazzo Chigi, farebbero comodo anche per il Quirinale.
La novità  è che il segretario Pd, come detto più volte in campagna elettorale, non ha affatto abbandonato l’idea di imbarcare Mario Monti.
Tra Bersani e il premier c’è già  stato due giorni fa un lungo colloquio telefonico.
Il fatto è che il leader democratico ha un assoluto bisogno del sostegno del Professore. In primo luogo perchè a palazzo Madama, senza i 19 montiani, un eventuale governo Bersani non avrebbe i numeri per la fiducia.
Inoltre l’ombrello internazionale offerto dalla credibilità  del premier può mitigare gli effetti sui mercati dell’instabilità  italiana.
«Per la maggioranza puntiamo a un’entente cordiale tra Scelta-Civica, Italia Bene Comune e Grillo», conferma il segretario socialista, Riccardo Nencini, dopo un consulto con Bersani.
L’offerta di Berlusconi, resa pubblica ieri via Facebook, invece non viene presa in considerazione, anche se Bersani è consapevole che dentro il Pd sta crescendo un’area non piccola che preferisce guardare in quella direzione.
«Dai tempi della Bicamerale del ’96 ne abbiamo prese fin troppe di fregature dal Cavaliere», avverte un fedelissimo di Bersani come Stefano Fassina.
Anche al Colle al momento nessuna strada viene esclusa. Compresa quella di un mandato esplorativo che potrebbe essere affidato a Bersani, ma anche ad Amato o allo stesso Monti.
Altri due nomi che circolano in area Pd sono quelli di Fabrizio Barca ed Enrico Letta. Il timore di Napolitano è infatti legato all’incertezza del quadro: nel caso affidasse a Bersani un incarico pieno e il segretario del Pd non riuscisse a trovare una maggioranza, a quel punto l’unica alternativa sarebbero le elezioni a giugno.
La chiusura di Bersani al leader del Pdl lo espone tuttavia al rischio di consegnarsi mani e piedi ai diktat di Grillo.
Da qui la necessità  di bilanciare l’apertura al M5S con Monti.
Due tavoli dunque, per costruire un programma da portare in Parlamento e «vedere chi ci sta».
E intanto provare a trovare un’intesa sui presidenti delle Camere.
Bersani la definisce «la tattica del carciofo», una foglia alla volta per non essere travolto: prima i presidenti delle Camere (dal 15 marzo, l’anticipo della convocazione è troppo complicato), poi le consultazioni per il governo, infine la partita del Quirinale.
Ed è l’opposto di quanto vorrebbe Berlusconi. Il Cavaliere infatti, tramite un ambasciatore, ha fatto pervenire al leader del Pd un’offerta di alleanza preventiva «onnicomprensiva».
Un pacchetto unico, che comprende il governo di larghe intese (senza Grillo), le presidenze delle Camere e il Quirinale.
Dove il Cavaliere vedrebbe bene ancora l’attuale inquilino del Colle. «Diglielo a Bersani: in questo caos l’unica – ha confidato ieri Berlusconi al mediatore del Pd – è sperare in una proroga di Napolitano».

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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BERLUSCONI PRONTO AL GOVERNO BERSANI: “MA SUBITO, PRIMA DELLE SENTENZE”

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

E TEME L’ASSE GRILLO-PD: “MI FAREBBERO FUORI”

Pronto al patto col diavolo, pur di essere in partita.
Pochi giorni a disposizione per disinnescare la bomba della stretta democratici-Grillo che rischierebbe di spazzarlo fuori, ma anche quella dei processi con le sentenze in arrivo.
Ecco la strategia che spinge Silvio Berlusconi a lanciare una sorta di video-ultimatum al leader Pd, dal fortino di Arcore. «Io sono disposto a votare la fiducia a Bersani premier, sia chiaro, se questo ci permetterà  di dar vita a un governo politico, un governo di responsabilità , senza più tecnici» è l’uscita a sorpresa del capo al cospetto di Angelino Alfano, Denis Verdini, Paolo Bonaiuti.
I tre raggiungono in giornata ad Arcore il Cavaliere che non ha alcuna intenzione di rientrare a Roma, per ora, «non ne ho voglia».
Con Nicolò Ghedini, da giorni al suo fianco, è barricato a Villa San Martino per preparare le dichiarazioni spontanee che intende rendere domani al tribunale di Milano per il processo Mediaset.
La prima di una serie di tappe decisive per i tre processi che volgono minacciosamente a sentenza.
Così, ad Arcore si tiene il primo caminetto post guerra (elettorale). «Non abbiamo molti giorni a disposizione» dice ai suoi giustificando quell’appello a fare in fretta («Troppi quindici giorni») lanciato nel video con consueta libreria sullo sfondo.
Entro un mese, è il suo chiodo fisso, almeno Mediaset e Ruby rischiano di arrivare a sentenza.
E a quel punto le porte per un’intesa di governo si chiuderebbero per sempre.
Svanirebbero anche le sponde interne al Pd sulle quali a fatica stanno già  lavorando Gianni Letta, Gaetano Quagliariello, Fabrizio Cicchitto, tra gli altri.
Il loro leader ha fretta.
Da un lato, invita ancora i suoi dirigenti saliti ad Arcore a «mantenere la calma, non fare mosse azzardate, lasciare loro il pallino».
Dall’altro, non nasconde tutti i suoi timori: «Non ce la faranno mai a chiudere con Grillo, vedrete che torneranno da noi, ma ci riuscissero, la prima cosa che farebbero sarebbe una legge sul conflitto di interesse per farmi fuori».
È lo spettro che lo assilla, ne va non tanto del suo futuro politico, quando della tenuta dell’impero mediatico.
Ecco perchè Berlusconi si prepara alla svolta, la lotta ai «comunisti » di pochi giorni fa è già  un ricordo lontano: «Sono pronto a votare la fiducia a Pier Luigi, a me non interessa, basta che non si parli di tecnici, nè di Amato», figurarsi Monti, ormai ritenuto un comprimario.
Una via tuttavia impervia, il Cavaliere non nasconde i rischi e li mette sul tavolo al cospetto di Verdini, Alfano, Bonaiuti. «L’unico rischio è che, con Grillo unica forza di opposizione, quando si rivota avrà  il doppio dei consensi».
Ma al voto il Cavaliere spera di poter andare tra un paio d’anni.
E nel frattempo tanta acqua passerà  sotto i ponti. In ogni caso, quando sarà , il candidato premier del centrodestra sarà  di nuovo io, lo ripete già  da ora: «Io non vado in pensione, non posso permettermelo».
Intanto, deve evitare il conflitto d’interesse e chiudere l’accordo col Pd, prima delle sentenza. Non solo. «Dobbiamo essere in partita per l’elezione del presidente della Repubblica, non possiamo restarne fuori» è l’altra priorità  rivelata ai suoi.
E l’unico modo per esserlo è far parte della maggioranza.
Ma per spendere quale carta? «Mi sarebbe piaciuto salire al Colle» ha ammesso in queste ore Berlusconi alla luce dell’ultimo successo, ma tornando subito alla realtà : «Ma non sono amato da tutti, purtroppo, in Italia».
E allora? «Dobbiamo spendere al meglio le chances di Gianni Letta, l’unico apprezzato anche dalla sinistra».
Intanto bisogna disinnescare le micce accese delle sentenze in arrivo.
Il Cavaliere andrà  a deporre in tutti i processi, farà  anche lì la sua «campagna» davanti alle telecamere per spiegare la sua «innocenza ». Già  da domani.
A tutti, invece, confessa il suo rammarico per non aver fatto di testa sua alla vigilia del voto.
«Se mi aveste consentito di fare i manifesti 6à—3, se mi aveste consentito di spedire 15 milioni di lettere sull’Imu anzichè 9, avrei recuperato quei 120 mila voti e vinto» ha rinfacciato ad Alfano e Verdini.
Ma non si sogna nemmeno di mettere in discussione la regolarità  dei voti.
Molto meglio, in questo giro, che la patata bollente resti nelle mani di Bersani.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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I BIG DEL PD PROCESSANO IL SEGRETARIO: “QUANTI ERRORI, ORA DIALOGO CON TUTTI”

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

AFFONDO DI D’ALEMA E VELTRONI, MA BERSANI E’ PRONTO ALLA CONTA

Quando non ci sono richieste esplicite di dimissioni dopo una sconfitta, quando Veltroni e D’Alema partecipano a una riunione senza aprire bocca, è lì che comincia lo scontro nel Pd. Pier Luigi Bersani finisce nel mirino. Sono in discussione il suo ruolo, la sua leadership, la campagna elettorale, gli errori.
La rivolta dei big ha i contorni della critica politica: l’apertura a Grillo, il rifiuto di un confronto con il Pdl.
Ma, come sempre, straripa nelle battute personali. Velenose, niente a che vedere con le metafore di Maurizio Crozza. In tempi non sospetti D’Alema aveva criticato la corsa democratica verso il voto, puntando il dito contro l’arroganza dei vincitori annunciati.
Adesso dice: «Abbiamo sbagliato moltissimo nell’ultimo mese. Purtroppo il nostro segretario è un uomo dell”800».
Veltroni non è da meno. Ricorda il suo risultato di cinque anni fa: «Quando io presi il 34 per cento, due giorni dopo Pierluigi rilasciò un’intervista in cui chiedeva le mie dimissioni ».
E fa un riassunto spietato della recente strategia bersaniana: «Mentre Berlusconi diceva “vi restituisco l’Imu”, mentre Grillo avanzava al grido di “tutti a casa”, ho visto che la risposta del Pd era affidata a un balletto organizzato sulla terrazza di Largo del Nazareno con un gruppo di persone che cantava “smacchiamo il giaguaro”».
È un clima che non promette nulla di buono in giorni che sarebbero complicatissimi anche per leader di statura storica.
Bersani resiste, circondato dai suoi fedelissimi, appoggiato dal grosso dei dirigenti territoriali, fedele al rifiuto dei «politicismi».
È al corrente dell’offensiva dei maggiorenti, ma la liquida così: «Vogliono tornare ai discorsi di vent’anni fa, agli accordi sottobanco, agli inciuci? Fatti loro, le opinioni sono tutte legittime». Ma la sfida interna è partita, aggravata dalla peggiore crisi degli ultimi 60 anni. Perciò si schierano le truppe. Il segretario sembra pronto ad andare a una conta se sarà  necessario: nei gruppi parlamentari, nella direzione di mercoledì. Convinto com’è che il partito non digerirà  mai un nuovo esecutivo tecnico o un patto esplicito col Pdl.
Ma ci si può chiudere in un unico schema di fronte alla confusione del momento?
Questo è il punto. Sì, se si mette in conto anche l’ipotesi di un ritorno alle urne nel giro di pochi mesi.
La risposta di D’Alema a questi scenari? Un sibilo: «Sono d’accordo con Bersani. Grosso modo».
L’ex premier pensa a un tentativo del segretario, ma aprendo a tutti, non solo ai grillini. A Monti, a Berlusconi, alle forze responsabili «per dare vita a una stagione costituente ».
Di sicuro lui ha avviato un personale giro di consultazioni che non ha escluso, ieri, la telefonata a Gianni Letta, interlocutore principale di D’Alema nel campo avverso da molti anni, per non dire decenni.
Senza dimenticare un contatto con Giorgio Napolitano. Il Movimento 5elle non basta e il “grosso modo” dalemiano si riferisce all’essersi infilati in una soluzione apparentemente priva di piano B. «Una scelta demenziale», l’ha definita Marco Follini.
L’analisi di Veltroni è diversa. Per l’ex segretario, Bersani è tagliato fuori, escluso dai giochi, in nessun modo può guidare da protagonista questa fase. «Inseguire Grillo è del tutto inutile», dice. L’unica via d’uscita può essere «un governo tecnico, un governo del presidente. Uno pseudo-Monti».
Veltroni non ha nomi da proporre. L’Italia ha bruciato una tale quantità  di “esterni” che diventa impossibile fare delle previsioni. Semmai, delle esclusioni. «Ecco, Amato – spiega Veltroni nei suoi colloqui – proprio no. Il suo nome può solo ingrassare Grillo».
L’identikit dell’esecutivo però è molto chiaro. «I partiti gli staranno lontano ancor più che col governo uscente. Non dovrà  avere ministri politici. Il premier deve avere una credibilità  europea e non deve mettere le dita negli occhi nè alla destra nè a Grillo».
La linea di un’alternativa al dialogo con Grillo non è certo isolata nel Pd. «L’importante è non chiamarlo governissimo o grande coalizione. Non è questo di cui bisogna ragionare – spiega Veltroni –. Sarebbe una follia e farebbe saltare il Pd».
Ma il Pd può davvero saltare e non aiutano i 15 giorni che ancora separano lo spoglio dall’apertura delle Camere.
Bersani lavora nella direzione indicata.
A Largo del Nazareno prepara il pacchetto di riforme da presentare al Parlamento. O meglio, ai 5stelle e a Monti, con cui ha ripreso a lavorare.
Le proposte sono incentrate sul lavoro e sulla moralità  della politica: anticorruzione, conflitto di interessi, riforma dello Stato, costi della politica e dei parlamentari, legge elettorale.
Non sembra un pacchetto che si possa facilmente sottoporre a Berlusconi.
La “trattativa” con il comico, ripetono i suoi collaboratori, avverrà  alla luce del sole, ossia nelle aule parlamentari. In realtà , nel quartier generale del segretario, preparano con cura un contatto diretto con Grillo e Gianroberto Casaleggio.
Senza mediazioni, senza ambasciatori anche se sono del calibro di Romano Prodi. «Un incontro? Non è escluso, mancano ancora parecchi giorni al 15».
La strada è tracciata, ma oggi è più difficile che il partito arrivi unito al traguardo, quale che sia.
I segnali di D’Alema e Veltroni servono a far uscire allo scoperto distinguo o dissensi.
Cosa faranno Finocchiaro, Gentiloni, Tonini, per fare alcuni nomi in ordine sparso, davanti a una conta? E le pattuglie di parlamentari vicini all’uno o all’altro? Il segretario ha dalla sua parte Franceshini, Bindi, Nichi Vendola, Enrico Letta (con qualche perplessità ) e un gruppo di bersaniani disposti a vendere cara la pelle.
«Attenzione – avverte Matteo Orfini – chi vuole un altro governo tecnico o un accordo con Berlusconi dovrà  passare sul nostro cadavere. Per fortuna, abbiamo stabilito che si decide a maggioranza nei gruppi e vediamo chi ha più voti».
E se il tentativo con Grillo non funziona, il rischio Grecia fa paura fino a un certo punto. Qualcuno nel Pd ha già  disegnato un cerchietto intorno alla data del 9-10 giugno.
Per tornare a votare.

Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)

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BERLUSCONI INDAGATO PER CORRUZIONE: “DE GREGORIO PAGATO TRE MILIONI PER PASSARE AL PDL”

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

LE INDAGINI DEI MAGISTRATI DI NAPOLI E DELLA DIA SUL PASSAGGIO NEL 2006 DEL SENATORE AL PDL… I LEGAMI CON LAVITOLA

Silvio Berlusconi è indagato dalla Procura di Napoli per corruzione e finanziamento illecito ai partiti.
A quanto si è appreso, l’indagine riguarda l’erogazione di somme di denaro, quantificate in tre milioni di euro, al senatore Sergio De Gregorio in relazione al suo passaggio al Pdl nel 2006.
De Gregorio, accusato di truffa per 23 milioni nell’inchiesta sui finanziamenti al giornale L’Avanti di Valter Lavitola, era stato salvato dall’arresto dal Senato grazie al voto segreto.
Su di lui pendeva un ordine di cattura e il gip aveva disposto gli arresti domiciliari.
Era stato Valter Lavitola, l’ex direttore dell’Avanti oinvolto proprio nell’incheista sul finanziamento al suo giornale, a raccontare agli inquirenti partenopei l’anno scorso ad aprile che De Gregorio “negoziò con Berlusconi l’incarico di presidente della commissione Difesa del Senato”.
Ai pm di Napoli Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, Lavitola collocò l’episodio nei giorni immediatamente successivi all’elezione di De Gregorio al Senato nella lista dell’Italia dei Valori.
A presidente della Commissione Difesa, aveva affermato il giornalista, “era stata candidata dalla sinistra una senatrice, notoriamente pacifista, di cui non ricordo il nome, ed era uscito anche sui giornali che gran parte, diciamo così, delle Forze Armate erano contrarie a questa cosa”.
De Gregorio “che è uno intraprendente, che mica aspettava me per fare le cose, si era già  messo in contatto con alcuni del gruppo di Forza Italia, dell’epoca, e precisamente, non perchè ora è morto, pace all’anima sua, e quindi non può dirlo, con il senatore Comincioli, Romano Comincioli, se non sbaglio, il quale era uno dei fedelissimi del presidente Berlusconi, e andò a negoziarsi la nomina a presidente della commissione Difesa… De Gregorio votò con il centro destra e fu eletto presidente alla Commissione Difesa, ed in quel caso sicuramente io, ma ritengo anche il senatore Comincioli, gli creammo un link con il presidente Berlusconi, link che poi fu determinante per il suo passaggio a Forza Italia”.
De Gregorio, aveva spiegato Lavitola, votò dunque con il centro destra.
Ma cosa ottenne in cambio il senatore?
Lavitola: “De Gregorio disse a Berlusconi che lui non intendeva entrare in Forza Italia ma intendeva fare un suo movimento politico soprattutto all’estero, per fare…, eccetera, eccetera, e che aveva ovviamente necessità  di sostegno; il presidente gli disse: non ti preoccupare, non ci sono problemi; ma non si entrò nei dettagli”.
Il 9 maggio Lavitola parlò chiaramente di un milione di euro pagati dal Cavaliere per comprare De Gregorio.
L’inchiesta su Silvio Berlusconi è condotta da un pool di magistrati di due sezioni della Procura del capoluogo campano, quella sui reati contro la pubblica amministrazione e la Direzione distrettuale antimafia. Sulla vicenda indagano i pm VincenzoPiscitelli e Henry John Woodcock, titolari dell’inchiesta che nello scorso anno portò al coinvolgimento del senatore De Gregorio, nonchè i pm della Dda Francesco Curcio, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio. In mattinata sono stati notificati avvisi agli indagati.
Nel novembre scorso a De Gregorio erano state sequestrate due case del valore di circa 9 milioni di euro emesso dal gip di Napoli il 10 luglio scorso, per le somme percepite dal 1997 al 2009 dalla società  International Press che editava il giornale socialista diretto da Lavitola.
De Gregorio aveva però beneficiato della sospensione della misura di sequestro nei suoi confronti, in attesa di una pronuncia del Senato.
Che poi aveva ha deliberato l’autorizzazione.
Tra i beni sequestrati al senatore, eletto nel 2006 in Idv e rieletto nel 2008 nel Pdl dopo aver favorito la caduta di Romano Prodi, figuravano due case, una a Napoli e una in provincia di Caserta, riconducibili a De Gregorio e alla moglie.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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GIANFRANCO FINI, IL FUTURO FUORI DAL PARLAMENTO

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

LE URNE HANNO ELIMINATO LUI E IL SUO PARTITO, MA NON MOLLA… INTANTO PRESIEDERA’ DI DIRITTO LA FONDAZIONE DELLA CAMERA

Tra gli illustri perdenti che sono stati tagliati fuori dal parlamento ce n’è uno che spicca: Gianfranco Fini.
Il leader di Futuro e libertà  si è scontrato contro numeri della prima prova nazionale che lo hanno condannato all’irrilevanza.
FLI, ZERO SEGGI.
Infatti il misero 0,46% di preferenze si traduce in zero seggi per Fli. È quindi andata delusa anche l’ultima chance nella ripartizione dei seggi per il miglior perdente della coalizione Scelta civica.
Il premio di consolazione è infatti andato a Pier Ferdinando Casini.
LE PROFEZIE SBAGLIATE.
Il leader futurista, però, era convinto che sarebbe andata diversamente.
Addirittura aveva azzardato previsioni grandiose per la coalizione Monti: «Può avvicinarsi al 20%, se non andare oltre».
Invece Scelta civica si è fermata alla metà , superando per un miracolo la soglia del 10% alla Camera.
LA DEFEZIONE DI RAISI.
E immediatamente si sono registrate già  le prime defezioni.
Enzo Raisi, coordinatore dell’ Emilia Romagna si è dimesso a seguito della dèbà¢cle elettorale.
«Il risultato è stato pessimo e come tutti i capi mi ritengo responsabile», ha detto.
Per il finiano si tratta di un abbandono totale: «Ho fatto politica da quando avevo 14 anni. Queste sono state le mie ultime elezioni».
Fini però non molla.
“Nei prossimi giorni — ha dichiarato — con le amiche e con gli amici di Futuro e Libertà , che ringrazio comunque per il loro lavoro, valuteremo come dar vita ad una nuova stagione di impegno culturale e politico per consentire ad una generazione più giovane di continuare in prima persona a lavorare per una Italia migliore”.
Insomma le passeggiate al parco possono attendere.
Dopo otto legislature, Fini non potrà  però festeggiare il personale record trentennale come parlamentare.
C’è da dire che sarà  in buoan compagnia. Con lui restano a casa i fedelissimi Italo Bocchino, Fabio Granata, Chiara Moroni e Flavia Perina.
E non è andata meglio a quelli che avevano trovato un posto nella lista unica del Senato di Monti.
Eppure nel destino dell’ex leader di An non è previsto un ritiro dorato a Montecarlo, come molti maligni suggeriscono.
Neppure una sistemazione temporanea e meno chic al parco, in compagnia delle figlie Carolina e Martina.
Archiviato lo scandalo dell’appartamento monegasco della contessa Colleoni affittato dal fratello della sua compagna Elisabetta Tulliani, Fini resterà  a Roma.
IL BUEN RETIRO ALLA FONDAZIONE.
Ma non sarà  a lungo un disoccupato eccellente. Se non altro perchè sarà  di diritto il nuovo presidente della Fondazione della Camera.
Anche se non si sa fino a quando, visto che l’ente è in via di scioglimento.
La Fondazione era stata creata da Pier Ferdinando Casini nel 2002 e da allora occupa gli ex presidenti di Montecitorio che non si annoiano e continuano a respirare l’aria di Palazzo.
Lo scopo ufficiale è «realizzare una più ampia conoscenza e divulgazione dell’attività  della Camera, di promuoverne l’immagine, di favorire e sviluppare il rapporto tra i cittadini e l’istituzione».
Il tutto per il modico costo di 600 mila euro l’anno.
TAGLI SUI BENEFIT.
Nei vari tagli che hanno colpito il parlamento negli ultimi mesi, questa Fondazione non è stata risparmiata.
Quindi sono cambiati i benefit di cui possono godere gli ex presidenti della Camera. Dal 2023 non saranno più a vita ma si estingueranno dopo «10 anni dalla data di cessazione dalla carica di presidente».
Lo scorso ottobre, poi, ne è stata decisa la chiusura.
Fino a quando sarà  attiva, però, Fini potrà  avere a disposizione uffici, segretari e auto di servizio.
Il tutto nella comoda sede di Palazzo Theodoli-Bianchelli, giusto accanto alla Camera dei deputati.

Marianna Venturini
(da “Lettera43“)

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SUL BLOG DI GRILLO LA PROTESTA DELLA BASE: “CAMBIAMO IL PAESE RAGIONANDO CON GLI ALTRI”

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

DOPO L’ATTACCO A BERSANI, CENTINAIA DI COMMENTI GLI CHIEDONO PRAGMATISMO: “E’ IL MOMENTO DI POTER FARE LEGGI SUL CONFLITTO DI INTERESSI, ANTICORRUZIONE, RIDUZIONE PARLAMENTARI, LEGGE ELETTORALE E PENSIAMOA INSULTARE BERSANI?”

Il blog è stata la sua forza e il suo megafono.
I suoi post le gocce che, giorno dopo giorno, hanno scavato nell’opinione pubblica italiana fino a trasformare i lettori in un movimento convinto che cambiare si può, senza rinunciare a sognare.
Ma gli stessi lettori/militanti del blog di Grillo oggi non applaudono estasiati a ogni parola del leader trionfante dopo aver visto l’urna fare del Movimento 5 Stelle il primo partito del Paese.
Proprio quel ruolo, secondo moltissimi di quei lettori/militanti, impone a Grillo, per il bene del Paese, di smettere di urlare, di analizzare la situazione, di ascoltare gli altri. “E’ la democrazia, bellezza…”.
Ascoltare gli altri. Ascoltare Bersani, che il “portavoce” e ariete del M5S nelle piazze d’Italia nel suo odierno post – intitolato “Bersani, morto che parla” -, definisce “stalker politico” che “da giorni sta importunando il M5S con proposte indecenti invece di dimettersi, come al suo posto farebbe chiunque altro. E’ riuscito persino a perdere vincendo. Ha superato la buonanima di Waterloo Veltroni”.
Tattica? Grillo vuole solo alzare il prezzo?
Comunque sia, per una community poco avvezza al politichese così non va bene. Perchè, stando fuori del Parlamento, a essere duri e puri non si compromette il destino di una nazione.
Una volta dentro le istituzioni, le cose cambiano.
Una semplice constatazione, condivisa da tantissimi commentatori del post di Grillo, che spingono per un confronto, almeno provarci, con il Pd e con Bersani a cui dare la fiducia in base alla convergenza su pochi ma chiari punti programmatici.
Quelle che seguono sono solo alcune delle tante voci che dalla Rete, tanto cara al leader, chiedono soprattutto una cosa: pragmatismo.
“Abbiamo la possibilità , forse unica, di fare conflitto di interesse, legge anticorruzione, riduzione di numero e soldi ai parlamentari, legge elettorale, e il leader si attacca agli insulti di Bersani, dopo aver giustamente sparato a zero su tutti? Prendiamoci la responsabità  di essere attori del cambiamento. Se questo movimento è democratico come il fondatore dice forse è il caso di ascoltare tutti quelli che democraticamente si stanno esprimendo in questo senso, ad occhio sono la maggioranza”.
“Io ho votato M5S ma non per ritrovarmi in una situazione di stallo per altri 6/7 mesi e andare di nuovo alle elezioni senza poi nemmeno avere certezze sul nuovo esito del voto… siamo in una crisi nera ci dobbiamo muovere… abbiamo un numero forte in parlamento dobbiamo cominciare a lavorare in modo costruttivo ed essendo in democrazia dobbiamo farlo ragionando con gli altri”.
“Io credo che non si debba perdere l’occasione di cambiare questo paese. Il paese reale con Grillo è entrato in parlamento, ora il nostro- vostro compito è quello di modificare la vecchia politica, bisogna dare la fiducia e poi indirizzare la politica del paese. Non dare la fiducia (che non significa fare una promessa di voto perpetuo) sarebbe un errore gravissimo. Fiducia e poi lotta parlamentare per i punti del programma non siate impetuosi vi prego. Un elettore del movimento”.
“Sono convinta che un ostruzionismo a-prioristico non otterrebbe il risultato di aumentare la fiducia al M5S in vista di nuove imminenti elezioni, ma, viceversa, sposterebbe il consenso verso i vecchi partiti, se non altro, responsabili, vanificando l’eccellente risultato oggi ottenuto dal Movimento…”.
“Beppe bisogna decretare l’ineleggibilità  del nano…Legge 361 del 1957.. Per favore non facciamo cazzate…Convergiamo sui punti in comune con il PD e annientiamo il nano…”.
A sintesi dell’umore che attraversa il blog di Grillo, ecco alcuni dei commenti più votati.
In vetta alla classifica quello firmato da Matteo M: “Mi pare un errore non votare la fiducia (a un governo bersani, ndr), vorrebbe dire andare a votare tra pochi mesi con la stessa legge elettorale, può portare un vantaggio al movimento in termini di voti ed anche a Berlusconi, ma porterebbe un danno enorme al paese”.
Linea sposata da oltre 100 navigatori.
Domenico Andria, da Salerno, autore del secondo commento più votato, invita a non fare “i comunisti” e sottoporre invece al Pd alcuni punti programmatici: “legge elettorale; legge anti corruzione; conflitto di interessi; finanziamento ai partiti”.
Altro commento caldo, quello di Patrick D: “Scusa Beppe, senza polemizzare e senza volerti attaccare (tra l’altro ti ho votato), ma mi spieghi dove sta la “Democrazia della rete”? A me pare che qui scegli tutto tu. Non potresti lanciare un sondaggio su come muoversi? Che so, magari scopriresti che la maggioranza è per questa linea, però se tu lanci i tuoi strali dal blog e noi qui passivi, non capisco la differenza tra il M5S e i “vecchi partiti”.
Franco Mulato da Prato: “Non sono d’accordo! Io sono un aderente al movimento della prim’ora. A Bologna, al primo Vday, io c’ero, ed ho anche finanziato l’evento. A questa campagna elettorale ho partecipato attivamente, ho convinto almeno 10/12 persone a votare M5S, ed ho finanziato la campagna stessa. Io credo che l’esito del voto sia stato quanto di meglio ci poteva accadere: essere fondamentali e condizionanti per il nuovo governo e le sue politiche!! Lo so che anche i dirigenti del Pd sono carrieristi, lì da una vita, con le mani in pasta in banche ed affari vari, ma se mi si dà  la possibilità  di fare le leggi che volevo fare, allora posso sopportarli ancora 1 anno, non ki cambia la vita! Soprattutto, se mi danno la possibilità  di far diventare l’Italia un paese civile, con legge sul conflitto di interessi, riduzione degli sprechi, legge anti corruzione, come posso io ignorarlo?”.
Ma in queste ore, dal web piombano sul M5S altre forme di pressione.
Su change.org è partita la raccolta di firme per una petizione con cui chiedere a Grillo di votare e sostenere il nuovo governo, per cambiare l’Italia e scongiurare un accordo Pd-Pdl.
Ma gira anche un appello ai neo parlamentari del Movimento 5 Stelle.
A firma del giornalista Federico Mello, la richiesta è esplicita: “E ora? Fate decidere tutto da un comico che nessuno ha eletto?
Lui vuole andare a parlare al Quirinale, decide lui se dare o meno un voto di fiducia al governo. E poi? Cosa altro vi deve dire?
Quando fare colazione e quando andare alla vostra lussuosa buvette in Parlamento?”. Mello conclude: “Siete 162 là  dentro. Centosessantadue! Fatevi sentire!”.

(da “La Repubblica“)

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COSI’ FUNZIONA IL 5STELLE: DEMOCRAZIA ORIZZONTALE”, DAL WEB AL PARLAMENTO

Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile

OTTO NILIONI DI VOTI, 110 SEGGI ALLA CAMERA E 58 AL SENATO… L’ORGANIZZAZIONE DEL MOVIMENTO, DAI GRUPPI DI BASE AI VERTICI, LA GESTIONE E LA VISIONE DI CASALEGGIO…E SU TUTTO LA RETE E IL RINNOVAMENTO DELLA GENERAZIONE POLITICA

“Il web è più un’innovazione sociale che tecnica”.
A dirlo è Tim Berners-Lee, “padre” del World Wide Web, una delle forme della Rete come oggi la intendiamo.
Una definizione sovrapponibile senza difficoltà  a quella del MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
E degli oltre otto milioni di elettori che hanno segnato la loro preferenza per il primo non-partito ad entrare in maniera così massiccia in un Parlamento.
E che chiedono una ridefinizione delle basi della partecipazione democratica alla vita del Paese, superando la rappresentanza offerta dai partiti, applicando i fondamentali “democrazia diretta”, orizzontale e non più verticale. Intervenendo nell’attività  politica delle Camere “come cittadini e non come onorevoli” attraverso la consultazione della Rete e il lavoro dei portavoce della popolazione nelle sedi istituzionali.
Come funziona.
I “precedenti” che l’ingresso del Movimento 5 stelle porterà  nelle istituzioni sono importanti. Anzitutto, il M5s non è un partito, e si basa su un non-statuto, pubblicato sul sito di Beppe Grillo.
Ogni attività  del Movimento fa comunque riferimento a questo documento, assieme al programma politico a 5 stelle.
Nel non-statuto sono contenuti i fondamenti del M5s, tra cui la mancanza di una sede fisica (sostituita da una nel “cloud”, il blog di Grillo).
Ma oltre l’infrastruttura, che è la Rete, soprattutto si definisce la struttura di base.
Che è quella costituita dalle liste civiche certificate e dai Meetup, le comunità  digitali che organizzano incontri e attività  sul territorio.
Aperte a chiunque, è sufficiente iscriversi sul sito per essere informati su temi e attività  nella propria zona.
Una visione iperlocale della politica che di fatto sostituisce i circoli e le sezioni, divulgando le attività  delle singole cellule a livello globale, e agendo nei perimetri dei quartieri e delle circoscrizioni. Il mito dell’Agorà  digitale, la piazza telematica, o più semplicemente la Rete applicata al territorio, attraverso il web e applicazioni mobili, come quelle per la gestione dei Meetup.
E come potrebbe essere tutta la politica dei prossimi anni: un’applicazione sociale, in un mondo che aggiorna le proprie applicazioni – economia, energia, lavoro, salute – quando ne sono pronte nuove versioni, come accade con gli smartphone.
Una visione, che poi dovrà  resistere alla prova dei fatti e alla vita quotidiana di un Paese.
Governo a 5 Stelle.
Per quanto riguarda l’attività  parlamentare, l’esperienza a 5 Stelle si declinerà  probabilmente attraverso gli stessi canoni che hanno definito le consultazioni locali e l’elezione dei candidati, come accaduto con le “Parlamentarie”.
Un esperimento che ha visto i candidati a Camera e Senato pubblicare testi e video di presentazione sul web, per poi sottoporsi alle preferenze degli iscritti al Movimento.
Una selezione che ha sollevato dubbi sul metodo di gestione: i candidati dovevano necessariamente aver partecipato a consultazioni amministrative precedenti, per il Movimento. Porta chiusa agli altri.
Per il Parlamento, le cose potrebbero funzionare in maniera simile. Ovvero con l’iscrizione dei cittadini interessati ad esprimere la propria posizione al sito del Movimento, su cui presumibilmente verranno aperti spazi di informazione proposta e discussione su quanto avviene in Parlamento.
Attraverso questa piattaforma il cittadino-utente parteciperà  direttamente alle decisioni politiche che poi i deputati e senatori (in una sola parola, i portavoce) del Movimento faranno proprie in sede parlamentare.
Eletti, cittadini e “citoyens”.
Ma chi sono i parlamentari a 5 stelle, e che esperienze di governo hanno?
Per la seconda domanda, la risposta è “nessuna”.
Esistono però delle realtà  amministrative come Parma e Palermo che vanno oltre l’esperimento di laboratorio sull’innesto tra la visione a 5 Stelle e la realtà  del territorio.
La Sicilia in particolare appare come un tornasole, con il governatore Crocetta che dice che “Con Grillo si può governare”, e con i portavoce del Movimento che partecipano attivamente all’amministrazione della regione.
Uno scenario che potrebbe replicarsi a livello nazionale alla luce delle elezioni.
I profili degli eletti, anzi dei “cittadini”, come i rivoluzionari francesi del 1789, si distinguono già  dall’età , con la media di età  degli eletti intorno ai 37 anni (33 alla Camera e 46 al Senato).
Molte donne, tutti nomi nuovi.
Dalla più votata in Italia alle parlamentarie, Paola Carinelli, milanese, 32enne e impiegata, a Giulia Sarti, la preferita in Emilia Romagna, animatrice estiva. Poi Federica Daga, numero uno alle parlamentarie del Lazio.
C’è la “poetessa” romanesca Paola Taverna, che vive a Torre Maura. Roberta Lombardi, sempre romana, lavora nel settore del lusso “made in Italy”.
E poi l’autore di “Sicari a 5 euro”, un libro inchiesta curato da Casaleggio Associati, Alessandro Di Battista.
E poi il caso di Ivana Simeoni e Christian Iannuzzi, rispettivamente mamma e figlio, lei eletta al Senato e lui alla Camera. E Azzurra Cancelleri, eletta in Sicilia, sorella del capogruppo M5s all’assemblea regionale.
Il vertice.
Il ruolo di internet nell’economia del Movimento 5 Stelle arriva fino al vertice, rappresentato dal binomio Grillo-Casaleggio, ma non appare coinvolgerlo.
A internet il non-statuto riconosce un ruolo nelle fasi di “adesione al Movimento, consultazione, deliberazione, decisione ed elezione” dei rappresentanti, che dal documento si configurano come il principio e la fine del Movimento.
La dirigenza assume nel non-statuto un ruolo a quanto sembra puramente formale, tranne che per quanto riguarda le questioni di proprietà  del marchio del Movimento, registrato a nome di Beppe Grillo.
Un aspetto di impronta “aziendalista” che ha sollevato polemiche.
Quanto avviene con il “marchio” in realtà  può indicare una visione padronale del Movimento: in questo contesto Grillo e Casaleggio hanno le mani libere per fare e disfare.
Questo è uno degli aspetti più controversi, risolto parzialmente da quanto si legge nel non-statuto, ovvero che il M5s “non è un partito politico nè si intende che lo diventi in futuro”.
Si tratta di una piattaforma, con un proprietario, un capo politico e uno staff che la gestisce.
Un ritorno alla burocratica realtà , accanto alla rivoluzionaria visione del Paese offerta dal programma a 5 Stelle.
Un argomento con cui la nuova identità  politica assunta dal Movimento dovrà  confrontarsi. E infatti sul web non mancano ironia e satira.
Il primo bersaglio è naturalmente il “santone” Beppe Grillo, anzi “Peppe”.
E a ruota gli aspetti fideistici del M5s, con gli attivisti dipinti come cultori di una nuova chiesa digitale, presi da problemi come le “scie kimike” e l’efficienza della Biowashball, sottintendendo l’esistenza di questioni più “serie” che dovrebbero impegnare le menti.
Casaleggio.
Gianroberto Casaleggio è il cofondatore del Movimento 5 Stelle e numero uno di Casaleggio Associati, azienda che si occupa di strategie di rete.
Viene indicato come l’ideologo del movimento.
La figura imprenditoriale di Casaleggio nasce con il boom della new economy e si modifica dopo lo scoppio della “bolla”.
Figura di spicco nell’Olivetti di Roberto Colaninno e poi manager di Telecom e amministratore della Webegg, Casaleggio a dispetto della lunga attività  su internet non è una figura molto presente in rete.
Più volte però si è esposto come volto non-occulto del Movimento 5 Stelle, l’ultima a piazza San Giovanni a Roma nella data conclusiva dello Tsunami Tour di Grillo, altre volte in interviste e lettere ai giornali.
Non sono mancate le attenzioni su di lui quando i riflettori dell’informazione evidenziarono un collegament con Enrico Sassoon, attualmente ex-membro del cda di Casaleggio Associati e personaggio dal curriculum importante nei rapporti internazionali: presidente del comitato affari economici dell’American Chamber of commerce in Italy, una carriera in Pirelli e la direzione di Affari Internazionali, con firme come Giorgio Napolitano, Mario Monti e Fabrizio Saccomanni. Sassoon lasciò il board di Casaleggio dopo polemiche relative alla sua presenza agli incontri del gruppo Bildeberg, di cui fanno parte i nomi più pesanti dell’economia e della finanza internazionale.
Stanze lontane da quelle del Movimento 5 Stelle, non necessariamente incompatibili con la “nuova democrazia” ma dalle categorie al momento distanti.
Ma la figura di Gianroberto Casaleggio (portato a sorpresa da Grillo sul palco di San Giovanni) appare più complessa di quella offerta dalle ricostruzioni giornalistiche: l’uomo è autore di testi e contributi multimediali su ipotetici scenari per il mondo e per il web.
Una figura che in un mondo senza nazioni e barriere culturali verrebbe facile accostare proprio a quella di Tim Berners-Lee.
Non un guru e non un ideologo, ma un tessitore di quella rete che è più sociale che tecnica. O più banalmente un silenzioso analista del futuro.
L’elemento mai nominato, ma più presente del presente nei sogni programmatici del Movimento 5 Stelle.

Tiziano Toniutti

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