Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
SARà€ ACCORPATA ALLA TARES E TOTALMENTE RIVISTA COSI’ NESSUNO CAPIRà€ SE PAGA PIÙ O MENO… L’IMPORTANTE E’ CHE BRUNETTA POSSA DIRE CHE L’IMU NON C’E’ PIU’
Aria fritta”. Così al Tesoro giudicano i vari scenari di riforma dell’Imu che giornalmente
vengono pubblicati dai giornali: sgravi di qua, stangata sui villini di là , abolizione completa alla Brunetta o rimodulazione alla Fassina.
Il ministero guidato da Fabrizio Saccomanni è invece assai più ambizioso e pensa di riuscire a svicolare tra i fronti contrapposti della sua maggioranza attraverso una riforma complessiva della tassazione locale che passa dunque per la cancellazione dell’Imu come pure della Tares, la nuova tariffa sui rifiuti e i servizi comunali che dovrebbe altrimenti funestare il dicembre degli italiani.
“È evidente che l’Imu non ci sarà più, è una tassa sbagliata, che deve essere superata con una nuova imposta sui servizi”, dice ad esempio Francesco Boccia (Pd), presidente della commissione Bilancio della Camera molto vicino al premier Enrico Letta.
Imu e Tares, spiegano fonti governative, si pagano entrambe in proporzione sulla casa (o il capannone) e quindi possono essere accorpate e rimodulate con l’effetto — non sgradevole — di ridurre gli adempimenti per il contribuente: “A quel punto — è la conclusione — ci saranno una decina di italiani in tutto capaci di fare i conti su quali categorie pagano di più o di meno rispetto a prima e tra quelli, per dire, non c’è Brunetta”.
La scappatoia di Letta e Saccomanni per evitare la crisi, insomma, per quanto razionale e con benefici effetti di sburocratizzazione, è una specie di gioco delle tre carte, un tentativo di buttare la palla in tribuna.
Non tutto, però, potrà rimanere nascosto dalle complicazioni tecniche.
Se infatti sarà parecchio difficile calcolare quanta parte della nuova imposta possa effettivamente essere attribuita alla componente Imu per ogni singola posizione, i grandi aggregati dovranno essere scritti nero su bianco nella relazione illustrativa e relative tabelle di bilancio: da lì si capirà subito se la nuova mega-tassa locale sarà o meno una fregatura.
Per capirci, da Imu e Tares quest’anno dovrebbero entrare senza modifiche circa 30 miliardi di euro: 22 più o meno dalla tassa sugli immobili, 8 dalla tariffa su rifiuti e servizi (quasi due miliardi in più, peraltro, rispetto agli esborsi del 2012 garantiti dalle vecchie tasse sui rifiuti).
Presentando la nuova tassa il governo dovrà indicare quanto dovranno tirar fuori complessivamente gli italiani e quanto, dunque, sarà l’eventuale taglio delle tasse locali: la prima casa, da sola, ne vale quattro, i capannoni almeno sei, gli aumenti della Tares — come detto — circa due, quantità che non possono certo essere nascoste sotto al tappeto.
Non solo, essendo tributi locali ogni diminuzione di gettito comporta una compensazione che lo Stato deve (o dovrebbe) ai Comuni: “L’esecutivo — mette le mani avanti il neopresidente dell’Anci, Piero Fassino — deve indicare di quali risorse disporranno i Comuni quest’anno e i prossimi, risorse che non potranno essere meno di quelle attuali e dovranno essere disponibili contestualmente al superamento dell’Imu”.
Per organizzare il gioco di prestigio, però, serve tempo e infatti ieri il governo ha cominciato improvvisamente a rinviare la scadenza della riforma: non più agosto, come prevede ad esempio il decreto che sospende la prima rata dell’Imu, ma l’autunno.
“Non è nè un capriccio nè un modo per rinviare — s’è difeso il ministro del Lavoro Enrico Giovannini — Le decisioni pluriennali vengono prese dal Parlamento con la legge di Stabilità . Questi sono i tempi in tutta la Ue, come definiti dal semestre europeo, e questi sono i tempi in cui il governo deciderà su Imu, aumento dell’Iva ed eventuale taglio del cuneo fiscale”.
La legge di stabilità , come la vecchia Finanziaria, arriva alle Camere in ottobre. Autunno appunto.
Entro agosto, invece, verranno definiti i criteri: roba generica, senza coperture, che può servire a tener buono il Pdl ancora qualche mese (e a settembre, per dire, ci saranno le elezioni tedesche).
Compito forse meno difficile di quanto sembri visto che il partito di Silvio Berlusconi continua a gingillarsi con gli attacchi al ministro Saccomanni — o all’innocuo vice Stefano Fassina (Pd) — e non pare aver compreso che il Tesoro organizza il gioco delle tre carte sull’Imu in accordo perfetto con Enrico Letta e nell’acquiescenza degli stessi ministri del Pdl.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
MANCANO DUE GRADINI AL PRECIPIZIO, POI L’ITALIA DIVENTERA’ UN PAESE SUL QUALE NON CONVERRA’ PIU’ INVESTIRE… LA FOLLE DEMAGOGIA DI CHI VUOLE ELIMINARE L’IMU CI PORTERA’ ALLO SFASCIO
L’agenzia Usa, Standard & Poor’s, ha tagliato il rating dell’Italia a ‘BBB’ da ‘BBB+’ e le previsioni per il futuro son nere. L’outlook è negativo.
Nella scala dei valori delle agenzie di rating mancano due gradini dopo di che l’Italia diventerà un Paese sul quale non conviene più investire.
L’abbassamento del giudizio potrebbe avere un effetto negativo sullo spread.
Infatti più è basso il merito attribuito dagli analisti, più aumenta il rischio Paese e di conseguenza il rischio nel comprare i titoli di debito di quel Paese.
E in finanza non si scappa: chiedere in prestito soldi, costa di più a chi offre una minor certezza di restituirli.
“La situazione rimane complessa, l’Italia col debito così alto rimane un sorvegliato speciale”, ha commentato a caldo il presidente del Consiglio Enrico Letta durante la puntata di Ballarò.
A far cambiare idea a Standard&Poor’s sono le prospettive dell’Italia, in quanto l’economia quest’anno si contrarrà dell’1,9%.
S&P prevede un debito al 129% del Pil alla fine del 2013.
L’outlook negativo assegnato all’Italia da Standard & Poor’s “indica che c’è almeno una chance su tre che il rating possa essere ridotto ancora nel 2013 o nel 2014”.
Per l’anno in corso “gli obiettivi di bilancio sono potenzialmente a rischio per il differente approccio nella coalizione di governo” per coprire un disavanzo “frutto della sospensione dell’Imu e del possibile ritardo del pianificato aumento dell’Iva”.
I dati sulla ripresa non sono incoraggianti.
“L’azione di rating – spiega S&P – riflette la nostra visione di un ulteriore peggioramento dell’economia in Italia con le prospettive di crescita reale dell’ultimo decennio di meno dello 0,04% di media”.
Dura la reazione del Tesoro, secondo il quale, la scelta dell’agenzia Standard & Poor’s di abbassare il rating dell’Italia è una scelta già superata dai fatti, ha uno sguardo retrospettivo e non tiene conto delle misure più recenti prese dal governo.
Il verdetto tra le due opinioni arriverà domani dal mercato: se lo spread salirà avrà ragione S&P, diversamente l’ago della bilancia penderà dalla parte del Tesoro.
(da “La Repubblica“)
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX PREMIER SI FIDA POCO DEI SUOI LEGALI E HA CHIESTO AL SUO STAFF DI INDIVIDUARE UNA ROSA DI PAESI DOVE NON VERREBBE CONCESSA L’ESTRAZIONE… LO STATO PIU’ ADATTO E’ QUELLO DELL’EX GUERRIGLIERO SANDINISTA DANIEL ORTEGA
Silvio Berlusconi non è di quella razza che si fa blandire dalle promesse, specie quando ci
stanno di mezzo i giudici.
E vuol toccare con mano, se mai sarà , la salvaguardia a cui da tempo aspira, sia essa dettata da una sentenza oppure da una serie di concause leguleie su cui capisce poco, quindi tende a non fidarsi.
Pare che da giorni il Cavaliere stia dando il tormento ai suoi più vicini collaboratori.
E non perchè c’è di mezzo la rifondazione di Forza Italia (fatto comunque rinviato a settembre, nonostante l’arrabbiatura feroce di Daniela Santanchè) o perchè — come dirà oggi durante la riunione con i suoi deputati a Montecitorio — bisogna lasciarlo lavorare questo governo e non spararne una al giorno come fanno Brunetta e Gasparri, tanto per avere un po’ di riflettori su di sè.
L’ossessione estiva di Silvio si chiama sicurezza personale.
I sondaggi, è vero, lo danno nuovamente in ascesa con il Pdl ormai in disarmo, ma lui si è convinto che, in caso di condanna sul processo Mediaset, per quanto mondata dall’interdizione dai pubblici uffici, su di lui potrebbe scatenarsi una forte onda di dissenso popolare, “non dico proprio una folla che mi vuole linciare — avrebbe confidato al suo fido Valentino Valentini — ma comunque un astio popolare di chi mi vuole comunque fuori dai giochi e monta il dissenso; pensa se non riusciamo a togliere l’Imu che guaio…”.
Ecco, dunque, l’ossessione per la sicurezza personale che si fa di nuovo largo tra i suoi incubi. Al punto, stavolta, da pensare all’espatrio.
Non proprio una fuga, quella non “è nelle sue corde”, ragiona chi gli è accanto, ma comunque un luogo dove poter stare in pace, accanto alla compagna, Francesca Pascale, e sapendo che in Italia i suoi affari sarebbero sotto la stretta osservazione della figlia Marina.
Di qui, la richiesta, considerata”inconsueta” dal suo stesso entourage, di commissionare ad uno studio legale internazionale, con sede a Ginevra, la verifica dell’elenco dei Paesi esteri nei quali avrebbe una garanzia di asilo dorato nel caso in cui l’aria, in Italia, diventasse improvvisamente irrespirabile.
Nell’elenco è stato chiesto esplicitamente anche di valutare la questione dell’estradizione, sempre nel caso in cui dovesse scattare la condanna definitiva al carcere per una serie di reati che vanno dall’evasione fiscale fino alla corruzione, insomma quelli che — a vario titolo — gli pendono sulla testa.
L’ennesima paturnia di Berlusconi è stata presa un po’ sul ridere, sulle prime, dai suoi collaboratori, specie proprio quel Valentini — suo storico compagno di viaggio nella Russia di Putin e nei Paesi dell’Est — che sa bene con quale gioia alcuni governanti aprirebbero le porte all’amico Silvio, a partire proprio da Putin e dal kazako Nazarbayev, sulla cui trascorsa collaborazione ora si addensano nubi burrascose per via di una ‘scivolata’ di Alfano.
Ma il Cavaliere ha fatto capire di non voler diventare in questo modo “ostaggio di nessuno”, soprattutto perchè con alcuni di quei governanti ancora intercorrono alleanze economiche di primo livello con l’Italia e, dunque, la questione è considerata da scartare.
E allora? Buttati alle ortiche alcuni paradisi fiscali, sembra che uno dei luoghi che potrebbe fare il caso suo sia il Nicaragua.
D’altra parte il suo amico Dell’Utri nel Paese di Daniel Ortega non è proprio di casa ma quasi e, com’è noto, di estradizione verso l’Italia (ma anche verso altri Paesi) l’ex guerrigliero sandinista non vuol sentir parlare.
Anzi, il nuovo business internazionale di quella terra oppressa dall’embargo Usa sembra proprio quello di farla diventare la patria della dissidenza, visto che nei giorni scorsi Ortega ha offerto asilo alla ‘talpa’ Edward Snowden.
E lì è di casa, ormai da trent’anni, Alessio Casimirri, un ex Br con tante cose ancora da raccontare.
Insomma, potrebbe non servire, ma intanto — è il pensiero del Cavaliere — meglio avere nel cassetto un piano B pronto a scattare in caso in cui le cose dovessero andare per il peggio. Perchè tutto si aspetta Berlusconi dai giudici, anche che alla sua veneranda età gli facciano scattare le manette ai polsi.
Così, per far capire “che hanno vinto loro”.
Un’umiliazione a cui non si abbasserebbe mai, “dopo tutto quello che ho fatto per questo Paese…”.
Sara Nicoli
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
PRIMA DEL PREVISTO E DOPO LE RILEVAZIONI DEL “CORRIERE DELLA SERA”, FISSATA LA DISCUSSIONE DEL RICORSO PRESENTATO DALLA DIFESA DI BERLUSCONI… LA SANTANCHE’ INVITA LA BASE A “PASSARE ALL’AZIONE”
Sembrava che anche questa volta potesse cavarsela Silvio Berlusconi: complicati calcoli sulla prescrizione e motivazioni della condanna di secondo grado sull’applicazione dell’indulto avevano fatto pensare che il Cavaliere, con una possibile fissazione dell’udienza in Cassazione in autunno e con l’ipotesi della rideterminazione della pena con rinvio nuovamente alla corte d’appello di Milano, potesse di fatto rinviare l’uscita di scena politica.
Perchè la pena accessoria, come previsto dal codice, diventa esecutiva solo quando la sentenza è passato in giudicato e così la temuta interdizione dai pubblici uffici sarebbe stata rimandata a chissà quando.
Ma prima del previsto e dopo le rivelazioni del Corriere della Sera su questa possibilità di scappatoia giudirica per il leader del Pdl è stata fissata immediatamente la data dell’udienza per la discussione del ricorso presentato dalla difesa Berlusconi contro la condanna in secondo grado per la vicenda Mediaset.
Si inizierà il prossimo 30 luglio davanti alla sezione feriale della suprema corte e non in autunno o addirittura a fine anno come era stato ipotizzato.
Il Cavaliere, in secondo grado, è stato condannato a 4 anni di reclusione (di cui tre indultati) e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.
Proprio per affrontare gli ermellini sulla questione dei diritti tv e la frode fiscale contestata — falso in bilancio e appropriazione indebita si sono estinti già nel primo grado di giudizio grazie alla ex Cirielli — Berlusconi ha “invitato” nel collegio difensivo il professor Franco Coppi.
Che con l’avvocato Niccolò Ghedini ha presentato il ricorso il 19 giugno scorso.
Ed è “esterefatto” dalla velocità dei magistrati proprio l’avvocato Coppi: “Penalizza la difesa che, con più tempo a disposizione, avrebbe potuto fare nuovi approfondimenti. Non si è mai vista una cosa di questo genere — afferma il penalista -. Si tratta di una fissazione di udienza tra capo e collo penalizzante”.
L’udienza è stata anticipata notevolmente e assegnata alla sezione della Cassazione che lavora anche in estate, appunto quella feriale che quest’anno è la I penale.
Quanto alla paventata prescrizione di una parte del reato contestato all’ex premier, Coppi fa notare che “in Cassazione di casi di prescrizione intermedia ve ne sono abitualmente. E in questi casi — spiega ancora — sono i giudici a rideterminare la pena senza dover rinviare l’udienza”.
Ad ogni modo, spiega ancora Coppi, “ci batteremo per chiedere un annullamento con rinvio” della sentenza della Corte d’Appello di Milano emessa lo scorso 8 maggio anche se, come ribadisce, “pensavamo di avere più tempo a disposizione”.
Secondo i giudici di secondo grado la gestione dei diritti televisivi e cinematografici faceva capo al leader del Pdl.
“Era assolutamente ovvio — avevano scritto — che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica e quindi fosse di interesse della proprietà , di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’operatività giornaliera”.
Fa eco all’avvocato Coppi Daniela Santanchè: «Le parole di Coppi che per chi ancora avesse dei dubbi, sono la certezza che la giustizia non c’è per il presidente Berlusconi – dichiara la deputata del Pdl – Che cosa facciamo noi? Aspettiamo ancora l’unica manifestazione che forse riusciremo a fare, e cioè quella di accompagnarlo in carcere? Non ci sto. Basta divisioni. Serve passare all’azione».
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
LEGGI AD PERSONAM, PRESCRIZIONE E RINVII: E L’IPOTESI DI DECADENZA DA SENATORE SI ALLONTANA DI DODICI MESI
Il Corriere della Sera spiega: per la condanna Mediaset — 4 anni in appello e 5 anni di
interdizione — metà del reato, quella relativa al 2002, si prescriverà a settembre grazie agli effetti della ex-Cirielli.
Salvo imprevisti, quindi, la Cassazione dovrà rinviare il processo in appello per il ricalcolo della pena relativa all’anno non prescritto, il 2003.
Ma a a quel punto la condanna potrebbe scendere al di sotto dei tre anni ed eliminare la temuta interdizione.
A meno di una corsa contro il tempo che porti la Suprema Corte a esprimersi prima dell’autunno, il Cavaliere avrebbe vinto ancora una volta.
L’interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi potrebbe arrivare tra un anno. O anche non arrivare mai.
Come rivela Il Corriere della Sera, Silvio Berlusconi, “anche nel caso in cui la Cassazione ne confermasse la colpevolezza per frode fiscale nel processo sui diritti tv Mediaset, potrebbe scampare allo scatto della tanto temuta interdizione dai pubblici uffici a fine 2013 con la conseguente perdita dello status di parlamentare e l’impossibilità di ricandidarsi”.
Il tutto grazie alla combinazione di tre elementi giuridici: innanzitutto ”un complicato calcolo sui vari periodi di sospensione subiti dal dibattimento”; in secondo luogo “l’imminente prescrizione di una delle due annualità fiscali” per le quali il Cavaliere è stato condannato in tribunale e appello a 4 anni di reclusione e a 5 di interdizione; infine la “conseguenza procedurale messa in atto da questa parziale prescrizione e quindi, un probabile nuovo processo d’Appello anche solo per calcolare la pena residua“.
Per capire meglio, sempre secondo Il Corriere della Sera, “è necessario ripartire dalla richiesta di rinvio a giudizio nella quale la procura di Milano contestava a Berlusconi nel 2005 “368 milioni di dollari dal ’95 al ’98″ di aumento di costi dichiarati per pagare meno tasse”.
Grazie alla legge Cirielli però — varata dal governo presieduto dal Cavaliere stesso nel dicembre 2005 — si accorciano i termini della prescrizione e, durante il processo di primo grado, estingue le “appropriazioni indebite”, i “falsi in bilancio” e quasi tutta la “frode fiscale”.
Nel 2012 i giudici con una sentenza dichiarano prescritta un’altra annata, il 2001, per 6,6 milioni di euro evasi.
Inoltre, “per gli effetti fiscali degli ammortamenti”, il tribunale condanna l’ex presidente del consiglio su due rimanenti annualità : il 2002 — per un valore di 4,9 milioni evasi a fronte di 397 dichiarati — e il 2003 — per 2,4 milioni evasi a fronte di 312 dichiarati.
Il Corriere spiega nel dettaglio i meccanismi di “salvataggio” per Berlusconi: “Il complicato calcolo delle sospensioni — si legge — svela che metà del processo, e cioè uno dei due anni in gioco, il 2002, si prescriverà tra poco, più o meno il 13 settembre e dunque prima della Cassazione prevedibile tra fine 2013 e inizio 2014″.
E la Suprema corte, non potendo fare valutazioni di merito come l’apprezzamento della misura della pena per l’annata residua, lascia aperta “la possibilità , anche in caso di condanna, di ordinare un nuovo Appello anche ai soli fini del ricalcolo della pena“. Quindi, per Berlusconi, scrive ancora il quotidiano di via Solferino “pur nel caso più sfavorevole di conferma in Cassazione della condanna, passerebbe in giudicato la colpevolezza, ma si allontanerebbe di un anno (ossia il tempo di andata e ritorno tra Cassazione/nuovo Appello/nuova Cassazione) l’operatività eventuale della pena accessoria: 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, collegati all’attuale sua condanna a più di 3 anni di reclusione che però sarà per l’appunto da ricalcolare a causa della prescrizione del reato del 2002″.
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
POLITICA & BUSINESS: HA PERSO IL MAGGIOR CLIENTE DOPO GRILLO, IL POTENTE GRUPPO EDITORIALE MAURI SPAGNOL… DA SETTEMBRE NON GESTIRA’ PIU’ LA COMUNICAZIONE ON LINE DELLE CASE EDITRICI CONTROLLATE DAL GRUPPO
Il guru dei Cinque stelle è quindi dimezzato.
Questo almeno è quanto risulta al sito di Vanity Fair.
A pesare, soprattutto, secondo gli esperti del settore, è l’addio al sito Cadoinpiedi.it e ai suoi 150mila visitatori unici al giorno.
Erede del blog Voglioscendere.it di Marco Travaglio, Pino Corrias, e Peter Gomez, il portale Cadoinpiedi era stato sviluppato dalla “Casaleggio Associati” nel marzo 2011 per conto di Chiarelettere, casa che pubblica i libri scritti dagli stessi Casaleggio e Beppe Grillo.
Già in passato i legami tra il co-fondatore del Movimento 5 Stelle e Chiarelettere erano stati al centro di numerosi dibattiti in rete, vista anche la partecipazione azionaria della seconda ne Il Fatto Quotidiano diretto da Antonio Padellaro e Marco Travaglio.
Adesso la rottura, frutto anzitutto di un’evoluzione digitale della casa editrice.
La creazione di un’area web interna ha reso superfluo infatti l’affidamento della gestione online a una ditta terza.
Nel mirino dei dirigenti Mauri Spagnol sono finite anche «la gestione dei social network, ritenuta approssimativa, e la bont» dei pur numerosissimi accessi registrati dal portale Cadoinpiedi. it».
I risultati di una ricerca visionata dai dirigenti sarebbero stati «deludenti».
Infine, pesa l’avventura politica di Gianroberto.
L’impresa non costituisce la ragione principale della fine della collaborazione, ma «non ha certo fatto piacere» a un gruppo editoriale che vuole «pubblicare autori di tutti gli orientamenti politici».
La rottura, pure consensuale tra le parti, arriva però come una mazzata per Gianroberto Casaleggio e la sua azienda.
Ormai quasi esclusivamente focalizzata sulla gestione del blog Beppegrillo.it e del “Movimento 5 Stelle” e reduce dal bilancio in rosso del 2011 per 56 mila euro, la società milanese rischia di rimanere nuovamente all’asciutto di utili e di clienti.
Anche per questo, probabilmente, Casaleggio ieri non si è presentato a un convegno degli imprenditori di Confapri (due giorni fa il loro leader Massimo Colomban aveva parlato della delusione degli imprenditori dopo il voto al M5S).
(da “il Secolo XIX“)
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
PER LA PRIMA VOLTA AVREBBE DOVUTO AFFRONTARE UN CONFRONTO PUBBLICO, MA ALL’ULTIMO MINUTO HA CAMBIATO IDEA
Per Gianroberto Casaleggio doveva essere la prima volta di un confronto pubblico in cui
partecipavano anche altri esponenti politici: e invece alla fine non si è presentato. A Castelbrando era tutto pronto, tra le mura amiche della Confapri, associazione di piccole e medie imprese nata un anno fa e che – scherzando – il suo ideatore Arturo Artom non disdegna di chiamare “Forum Ambrosetti a Cinque Stelle”.
Verso le 18 arriva la notizia del forfait, accolta con un po’ di delusione dalla vasta platea che nel frattempo stava ascoltando il sindaco di Verona, il leghista Flavio Tosi. Che a sua volta doveva confrontarsi con il collega grillino di Parma, Federico Pizzarotti, altro assente.
Il guru piemontese era l’ospite più atteso, anche per capire quale sarebbe stata l’accoglienza riservata al cofondatore del M5S.
Delusione? Rabbia? Rinnovata fiducia? Speranza? Impossibile saperlo.
L’altro padrone di casa, il fondatore del gruppo edilizio Permasteelisa Massimo Colomban, allargava le braccia: «Strano, di solito è sempre stato molto preciso e puntuale. Aveva detto che stava arrivando da Trento…».
E chissà se a Casaleggio – è una delle ipotesi circolate per spiegare il forfait – non sono andate giù le parole dello stesso Colomban all’Unità , decisamente critiche verso l’operato dei grillini: «Ma quel titolo era forzatissimo. Non ho rimproveri da muovere ai Cinque Stelle, solo un invito a dialogare di più al loro interno e con le altre forze politiche» spiegava però l’imprenditore.
Casaleggio ha comunque inviato un suo breve messaggio, letto da un grillino della prima ora e molto vicino allo “staff”, il trevigiano David Borrelli («Non son degno…», ha esordito): una lunga sequela di dati macroeconomici, dall’aumento della disoccupazione al calo della produzione interna, per spiegare che occorre rinegoziare il debito pubblico, perchè altrimenti il default è dietro l’angolo.
È un concetto più volte ribadito da Beppe Grillo e stavolta esposto davanti a una platea di operatori dell’economia.
Ma l’asse tra il M5S e la Confapri non si incrina. E anzi, l’incontro riservato avvenuto domenica scorsa a cena tra un gruppo di imprenditori e alcuni parlamentari grillini (tra cui Vito Crimi, Walter Rizzetto e Gianni Girotto) ha partorito un’idea che presto potrebbe diventare realtà : prendersi i 42 milioni del finanziamento pubblico, finora rifiutati, e girarli – come avviene in Sicilia – in un fondo per le piccole e medie imprese.
Stessa cosa per i soldi dei prossimi “Restitution day”: non più da versare nel mare magnum del fondo di abbattimento del debito pubblico, ma alle aziende.
Artom ha provato a spiegare quale sarà la strategia dei prossimi mesi del movimento: fare «l’apriscatole extraparlamentare ».
Troppo complicato incidere da dentro, e dall’opposizione.
Meglio imparare a comunicare cose concrete: «Nei prossimi giorni sarò a Roma per incontrarmi con altri parlamentari del M5S. Ogni settimana saremo in grado di spiegare fattivamente come e dove risparmiare un miliardo di euro. Di spese da tagliare ce ne sono una montagna».
Matteo Pucciarelli
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
“PER FAVORE, NON FATELO PIU'”: IL MONITO DEL PONTEFICE A CHI HA SULLA COSCIENZA MIGLIAIA DI MORTI
Ha gettato fiori sul mare per ricordare i morti fantasma”, hanno scritto molti giornali per parlare della visita di papa Francesco a Lampedusa.
Nessuno ha voluto dire senza ipocrisia che nel Mediterraneo non si muore per la violenza della natura o per la crudeltà del destino, ma a causa di un accurato piano elaborato con coscienza di causa (pena di morte) di un governo italiano.
Lo ha detto il Papa dall’altare costruito alla buona, con legno di barche affondate, rivolto a chi comanda, a qualunque grado di responsabilità : “Per favore, non fatelo più”.
Non c’era aria da cerimonia o l’astuzia di dire cose buone.
C’era verità e dolore del primo Papa che ha scelto di accorgersi che i profughi, i rifugiati, i migranti morti in mare non sono le dolorose vittime di una disgrazia.
Sono morti ammazzati.
Ricordate? C’erano, in base a un trattato, veloci e armate motovedette italiane, con marinai italiani e ufficiali o poliziotti libici con il compito di “respingere”, negando non solo le leggi umanitarie, ma i doveri del mare.
Finalmente si è saputo con chiarezza il numero: “almeno” 20 mila morti.
Che vuol dire uomini e donne giovani, mamme incinte, adolescenti, bambini, che stavano fuggendo da guerre, persecuzioni e fame credendo che l’Italia fosse un Paese civile.
Ma l’Italia era un Paese governato da Maroni e da Berlusconi, firmatari del tragico patto con la Libia.
Sapevamo, prima del Papa, che gli annegati a causa del nostro governo leghista, affarista, indifferente, crudele e stupido, erano “almeno” 20 mila? Lo sapevamo.
Lo aveva detto Laura Boldrini, allora coraggiosa portavoce dell’Onu, al Comitato per i diritti umani della Camera dei deputati che io presiedevo.
Lo aveva detto e testimoniato il solo deputato del Pd che era venuto con me a Lampedusa, Andrea Sarubbi (prontamente non più ricandidato).
Lo avevano detto i sei deputati Radicali che non avevano smesso mai di denunciare con allarme ciò che stava accadendo.
Purtroppo i media hanno taciuto temendo il potere vendicativo Maroni-Berlusconi. Per questo dobbiamo dire grazie al Papa.
Con un calice e una croce di legno e un timone ripescato dal mare accanto, ha detto, lui capo di un altro Stato, ciò che nessun italiano, inclusi i presunti buoni, aveva mai detto: “Per favore, per favore, non fatelo più”.
Furio Colombo
(da “il Fatto Quotidiano“)
Mentre Francesco annunciava il viaggio a Lampedusa i leghisti e Cl votavano in Lombardia l’esclusione da ogni cura medica per figli di clandestini …
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Luglio 9th, 2013 Riccardo Fucile
RENZI LO HA DATO IN NOLEGGIO ALLA FERRARI, MA IL RICAVATO UFFICIALE E’ DI SOLI 2.489 EURO… IL SINDACO AVEVA DETTO CHE AVREBBERO DOVUTO ESSERE DESTINATI AI BAMBINI DISABILI
I famosi 120 mila euro che la Ferrari avrebbe corrisposto al Comune di Firenze per il
noleggio a ore di Ponte Vecchio, rischiano di fare la fine del Leonardo fantasma che Renzi giurava di aver trovato dietro gli affreschi del Vasari a Palazzo Vecchio: desaparecidos, evaporati, smarriti.
L’unica vera opposizione al supersindaco (quella, di sinistra, di Ornella De Zordo e Tommaso Grassi) ha presentato ieri due interrogazioni in Consiglio comunale per conoscere i dettagli finanziari della festicciola di Montezemolo su suolo pubblico: e la risposta della vicesindaco, Stefania Saccardi, è stata davvero spiazzante.
Le uniche entrate che (almeno per ora) risultano ufficialmente sono 13.000 euro per il restauro di un’opera d’arte e circa 17.000 per l’occupazione di suolo pubblico: cioè 2.489 euro per l’occupazione di Ponte Vecchio (un vero affare!), 11.295 euro per piazza Ognissanti e 2.719 euro per il Lungarno Vespucci.
Non solo.
La settimana scorsa, un Renzi in visibile difficoltà aveva difeso la svendita del cuore della sua città tirando in ballo i più indifesi dei suoi cittadini, scrivendo nella sua newsletter telematica: “E abbiamo fatto una scommessa di comunicazione sulla città . En passant, abbiamo anche recuperato circa 120 mila euro, l’equivalente del taglio che abbiamo ricevuto sul capitolo delle vacanze per i bambini disabili. Io credo che chiudere tre ore Ponte Vecchio per questi motivi sia doveroso per un sindaco. Lo rifarei, nonostante le polemiche. Voi che ne pensate? ”.
Ebbene, De Zordo e Grassi hanno anche chiesto quale ente terzo avesse tagliato quella sensibilissima voce del bilancio comunale: e la risposta di un’ imbarazzatissima Saccardi è stata che, in verità , non c’era stato alcun taglio, e che Renzi aveva solo voluto dare l’idea del valore sociale del canone che sarebbe stato pattuito (il condizionale è a questo punto d’obbligo) con la Ferrari.
Ancora. Un accesso agli atti degli stessi consiglieri ha accertato che l’atto di concessione dell’occupazione del suolo pubblico per l’area di Ponte Vecchio della Direzione Sviluppo Economico risulta datato al primo luglio, ovvero al giorno dopo la cena su Ponte Vecchio.
Difficile, in effetti, negare un permesso per qualcosa che è già avvenuto.
Più difficile ancora non concordare con De Zordo e Grassi: “Sulla vicenda, il sindaco Renzi ha fatto una pessima figura e ha utilizzato mezzucci della peggior politica per coprire il suo operato, come annunciare 120.000 euro per coprire un buco di bilancio sulle vacanze per i ragazzi disabili quando non c’erano nè i soldi, nè il taglio, utilizzando la Città e i suoi monumenti, sfruttando il proprio potere discrezionale per accaparrarsi nuovi supporter e facendo favori a soggetti economici forti che magari potrebbero nel momento giusto restituire il favore”.
C’è da giurare che appena Matteo Renzi riprenderà il controllo mediatico della città che di fatto non amministra, i 120.000 euro compariranno, come per magia, in qualche capitolo di spesa: ora per allora, proprio come la concessione del suolo pubblico.
Ma anche chi fosse d’accordo con lo sfruttamento economico intensivo di un patrimonio artistico che, per Costituzione, non dovrebbe essere al servizio del lusso ma dell’eguaglianza, dovrebbe cominciare a nutrire qualche dubbio su un politicante capace di strumentalizzare i bambini disabili e di noleggiare Ponte Vecchio come se fosse il proprio salotto.
Perchè se davvero non si è trattato di uno spot elettorale, o di uno scambio di favori con Montezemolo, se davvero quel noleggio va iscritto in una qualche forma di iperliberista imprenditoria della città : bè, almeno i conti dell’operazione dovrebbero essere trasparenti, accessibili, puntuali.
Tommaso Montanari
(da “il Fatto Quotidiano”)
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