Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
LA PARABOLA DISCENDENTE DEL LEGHISTA TRAVET CON L’OSSESSIONE DI APPARIRE IN TV
Ubiquo e vorace collezionista di scontrini, certamente più a suo agio a Roma che a Torino, giunge
anche per il presidente piemontese in cravatta verde, inesorabile, il giorno del giudizio: torna a casa, Cota.
Il leghista che surclassa anche il bigamo più incallito, risultando in grado di mangiare contemporaneamente in luoghi distanti, e di pagare fino a cinque conti diversi per un totale di ben ventidue coperti una sera di giugno in un ristorante dei Parioli. Torna a casa, Cota.
Per quanto non si sappia bene se la sua casa vera sia a Novara o a Milano.
L’unica certezza per anni è stata quella di trovarlo nella sede leghista di via Bellerio se lì c’era Bossi, dietro al quale girovagava come un segugio, quando il senatur era ancora in auge.
Divenuto governatore del Piemonte sull’onda dell’ultima grande vittoria elettorale della destra, nel 2010, con un margine ristretto di diecimila voti per cui risultarono decisivi quelli di una Lista dei Pensionati presentata con firme risultate poi false, Roberto Cota visse il suo momento di gloria: con lui si completava il quadrilatero padano, la Lega pur rimanendo minoranza fra gli elettori del Nord conseguiva l’en plein di una maxi-regione protesa verso l’indipendenza. Ma il suo non tardò a rivelarsi il lato debole del fronte leghista.
Torna a casa, Cota. Ben presto i piemontesi, a cominciare dai campanilisti gianduiotti di Torino che avevano simpatizzato per il leghismo canoro di Gipo Farassino, fino ai sospettosi langhetti del cuneense dove un tempo Domenico Comino facilitava la distribuzione dei contributi agricoli Ue, mica lo hanno mai considerato davvero uno di loro a quel tipo di Novara trafelato, sempre in televisione con la sua chiacchiera prolissa e del tutto priva d’ironia.
Difatti Cota faticò subito a tenere insieme un consiglio regionale già in partenza scosso da uno scandalo di malasanità , divenuto litigiosissimo e infine rivelatosi il bengodi degli scrocconi.
Con i suoi eletti di centrodestra che ora cascano dalle nuvole quando i magistrati li interrogano sui rimborsi pazzi: davvero non si poteva?
Ma se da noi si è fatto sempre così…
Torna a casa, Cota. Sprovvisto della grandeur consumistica di un Formigoni – non lo beccheremo mai su jet privati o a bordo di yacht in costume da bagno – le sue erano tutto sommato spese minori, tentazioni da autogrill, capricci cioè da travet della politica che al massimo si concedeva un foulard o un videogioco, mentre considerava suo dovere offrire (mica di tasca sua, che signore) pranzo e cena alla scorta, ma con la vitaccia che faceva volevate forse negargli qualche pacchetto di sigarette a carico del contribuente? Naturalmente tutta colpa della segretaria se, grazie alle celle telefoniche, gli inquirenti lo hanno beccato 115 volte in località diverse da quelle in cui risultavano i suoi acquisti. Povera segretaria, e pensare che se l’era scelta bene: la figlia del capogruppo leghista in Regione, tanto per confermare lo stile del movimento.
Così il discredito s’è abbattuto su un uomo dal profilo tipico degli arroganti fragili, il quale adorava mostrarsi di fianco al capo di turno, ma che, divenuto egli stesso capo, litigò subito anche dentro alla sua Lega: prima di lui se n’è già andato a casa l’altra camicia verde di Novara, Massimo Giordano, rivale interno, dimessosi da assessore
Tutto ciò non risulterebbe spettacolare e involontariamente comico se Cota non pagasse anche la straordinaria esposizione mediatica in cui si cimentò, quasi che andare in televisione fosse divenuto per lui un bisogno spasmodico.
Per anni è stato il leghista di riferimento di Bruno Vespa.
Una presenza così assidua che oggi gli si ritorce contro: per quanto egli descriva la sua come una vita terribile, completamente dedita alla causa politica, riesce difficile pensare che quelle maratone televisive non corrispondessero a una sua pulsione perversa.
Già ridotto a figura tutto sommato marginale nel gruppo dirigente della Lega di Maroni, l’ansia moralizzatrice dell’astro nascente Matteo Salvini difficilmente lo risparmierà . L’aspirante neo-segretario già deve fare i conti con le fatture alberghiere della portavoce di Maroni al Viminale, Isabella Votino, guarda caso passata ora in forza al Milan.
Col governatore del Piemonte caduto nel ridicolo non può certo permettersi di snobbare la campagna di dimissioni dagli incarichi regionali avviata dall’opposizione di centrosinistra.
Dietro a cui già si scaldano un Sergio Chiamparino o un Oscar Farinetti per la reconquista dei torinesi e dei langhetti Pd.
Torna a casa, Cota, che l’è mej.
Gad Lerner
(da “La Repubblica“)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
IL “MODERATO ” DEVE A BERLUSCONI LA PROPRIA ASCESA POLITICA DALLA SICILIA ALLA PRESIDENZA DEL SENATO…ORA, PER I SUOI, È DIVENTATO UN TRADITORE
Tra le cose più straordinarie che Silvio Berlusconi ha prodotto si annovera, senza alcun dubbio, Renato Schifani.
Siciliano autoctono, naturalmente avvocato, naturalmente moderato, ha vissuto due vite parallele e antagoniste. La prima, legata al riporto, stupenda opera tricologica da parete a parete del cranio, una fodera di capelli orizzontali e sovrapposti come fuscelli di canna, lo consegna nelle braccia di Silvio, il suo Dio.
Vero, di lui ha detto che assomiglia a “Cavour”, volendo però, con questi toni bassi, confermare lo spirito riflessivo, l’amore per la ponderazione, la prudenza.
Purtroppo è vero: esistono gli scherzi della natura. Infatti il richiamo a Cavour induce Berlusconi a ritirare temporaneamente la pregiudiziale sul riporto.
Prima lo nomina capogruppo poi, addirittura presidente del Senato. Sia qui che là Schifani dà il meglio di sè, fortificando i suoi studi sui parametri sospensivi della vita terrena.
Egli analizza come un uomo di Stato, fosse proprio Cavour o il suo vice, cioè Berlusconi, abbia bisogno, durante l’espletamento dei suoi altissimi servigi di essere posto al riparo da incursioni malandrine della giustizia politicizzata.
Spunta così (e negli annali della storia d’Italia resterà traccia) il suo lodo: le più alte cariche sono extra di nome e di fatto, non sottoponibili a nessuna inchiesta.
La Corte costituzionale con un cavillo sega il pilastro del pensiero schifaniano, giudicando illegittima la sua creatura. Da lì è nata la seconda vita di Renato. Accogliendo (noi pensiamo con dolore) l’estremo invito di Silvio di abbattere il riporto, Schifani in effetti rivela la dimensione della comunione col suo leader.
Sorridendo infatti dichiara: “È il mio deus ex forbice”. Si fa asfaltare ed esce come nuovo. “Sei un gran figo”, si complimenta Berlusconi.
Il sacrificio gli varrà , grazie al senso estetico del leader carismatico per le Istituzioni, la poltrona di presidente del Senato. Temporaneamente Renato lascerà ad Angelino Alfano la firma del secondo lodo (per tutti: lodo Alfano) nel quale la summa delle disposizioni schifaniane funge da struttura portante.
Uomo di Stato, ha sempre partecipato alla vita pubblica.
Indimenticabili i suoi affacci al Tg1 al mattino e alla sera, con e senza riporto.
Le famiglie italiane (lui è cattolico e tiene alla famiglia) lo ricordano con commozione. Procede per sbalzi lessicali e chiude il pensiero nelle seicento parole del vocabolario politico televisivo. Se è bel tempo: bisogna confrontarsi con tutti, siamo moderati e costruttivi. Se è cattivo: non permetteremo che il nostro leader venga infangato.
Accadde anche, in un serrato dibattito a una festa del Popolo della libertà , che Augusto Minzolini, oggi suo collega, lo incalzasse: secondo lei c’è libertà di stampa? Lui: “Venendo qui ho incontrato dei giornalisti. Avevano deciso loro quali domande farmi”, così confermandosi liberale fino al midollo.
E da liberale cavourriano ha sempre incentrato la sua battaglia politica. In luglio, per fermare la storia agli ultimi mesi, ha contestato aspramente il diniego del Pd di eleggere Daniela Santanchè vicepresidente della Camera.
“Qui si vìola l’etica della politica”. In settembre ha annunciato, urbi et orbi, le dimissioni in massa dal Parlamento dei seguaci di Silvio.
Poi è scomparso qualche giorno e ha affrontato, con la consueta moderazione, la delicata fase di transizione che il centrodestra stava vivendo. Moderando e ponderando ha compreso che con “gli estremismi” non si sarebbe andati lontano. E ha scoperto che Silvio, mancando lui come consigliere alla riflessione, si era circondato di gente come la Santanchè, quella dell’etica. Perciò, con strazio vivo e drammatico, ha preso la decisione fatale e finale: un ricollegamento funzionale con Angelino Alfano.
Quando hanno saputo del trasloco i militanti berlusconiani si sono parecchio incazzati, e con qualche ragione. Per anni hanno dovuto reggere sia il riporto che Schifani, e sul più bello…
“Schifoso Schifani”, c’era scritto su un cartello l’altro ieri in via del Plebiscito. La polizia ha sequestrato l’offesa ed è toccato a Daniele Capezzone cinguettare su twitter. “In Italia è vietato il free speech??”. Ha detto proprio così: free speech. Come al solito nessuno l’ha capito. Alessandro Sallusti allora ha argomentato in un editoriale: “È uomo d’onore”. Schifani, infangato: “Ti querelo!”.
Sallusti allora ci ha aggiunto un aggettivo: “Viscido”. Cavour permettendo, il confronto entra nel vivo.
Antonello Caporale
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
CONTESTATI AL SENATUR 40 MILIONI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO AL CARROCCIO
Gli ultimi 17 milioni di soldi dei cittadini sono stati bloccati nel 2012 dall’inchiesta. Ma precedenti 40
milioni di finanziamento pubblico alla Lega, e cioè i rimborsi elettorali elargitile sulla base dei rendiconti al Parlamento del 2008 e 2009, la Procura di Milano ora li contesta al fondatore della Lega (di nuovo in corsa per la segreteria del partito tra una settimana) Umberto Bossi come «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche»: truffa allo Stato commessa, secondo i pm in concorso con lo scomparso segretario amministrativo Maurizio Balocchi per il rendiconto dell’esercizio 2008 e con l’allora tesoriere leghista Francesco Belsito per il 2009 e 2010, ingannando i presidenti di Camera e Senato nonchè i revisori pubblici delle due assemblee, i quali autorizzavano la liquidazione dei rimborsi sulla base di un rendiconto che li raggirava rispetto alla presenza di spese effettuate per finalità estranee agli interessi del partito o alla assenza di documenti che giustificassero spese asserite. 2,4
MILIONI DI APPROPRIAZIONE
Bossi, ma anche i suoi figli Renzo e Riccardo, l’ex vicepresidente della Camera Rosy Mauro e naturalmente l’ex tesoriere Belsito sono poi incriminati per l’ipotesi di reato (fino alla fine del 2011) di «appropriazione indebita», per scopi estranei agli interessi e alle finalità dell’associazione politica, di 3 milioni di euro del denaro depositato sui conti della Lega e proveniente appunto dal finanziamento pubblico.
L’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità è addebitata a Bossi senior (208.000 euro) e soprattutto a Belsito per 2 milioni e 400.000 euro.
LA FAMILY
Di Umberto Bossi finiscono nel mirino dei pm Robledo-Pellicano-Filippini 15 spese, tra le quali 1.583 euro di lavori edili nella casa di Gemonio, altri 13.500 e 20.000 euro in due assegni rubricati «casa Capo lavori», ancora 81.000 euro di lavori edili ma per la casa di Roma, 9.000 euro per il ricovero di un figlio, 160 euro per un regalo di nozze, 26.000 euro di capi d’abbigliamento, 2.200 euro di gioielli, 1.500 di cure dentistiche.
A Renzo Bossi sono contestati 145.000 euro in 20 spese, fra l’altro per 12 multe, due cartelle esattoriali, l’assicurazione dell’auto, e l’acquisto (77.000 euro) del titolo di laurea albanese presso l’Università Kristal di Tirana.
A Riccardo Bossi 157.000 in 48 pagamenti, fra l’altro per 23 multe, 5 riparazioni d’auto in carrozzeria, altrettanti leasing o noleggi di vetture, l’abbonamento a Sky, spese del veterinario, rate dell’Università dell’Insubria, canoni d’affitto di casa, spese di mantenimento della moglie e debiti personali.
Rosy Mauro avrebbe abusato dei soldi dei cittadini per 99.000 euro, la maggior parte dei quali (77.0000) per comprare una laurea in Albania a una persona a lei legata, Pierangelo Moscagiuro: in più per lei restano non giustificati un assegno da 16.000 euro e uno da 6.600 euro prelevati dal conto del partito.
IL TESORIERE
Belsito si vede contestare 2,4 milioni in 209 pagamenti per acquisti da Luois Vuitton, dal fiorista, in enoteca, in ristoranti e bar e rosticcerie, negozi di elettronica e serramenti e articoli sportivi, armerie, bonifiche antintercettazioni, fatture del telefono e della luce, multe e cartelle esattoriali, ma soprattutto moltissimi prelievi in contanti e spese sostenute per persone a lui vicine.
La Procura chiude anche il filone d’inchiesta sulle bizzarre operazioni estere, nemmeno tutte riuscite, di Belsito.
E gli contesta l’ipotesi di «appropriazione indebita» per 5,7 milioni di euro, dei quali 1,2 spediti il 28 dicembre 2011 da un conto genovese della Lega alla società Krispa Enterprices di Paolo Scala presso la Bank of Cyprus (850.000 euro restituiti nel febbraio 2012), e gli altri 4,5 bonificati due giorno dopo su un conto di Stefano Bonet alla Fbme Bank in Tanzania, che li respinse perchè difettava la documentazione allegata (la somma è poi rientrata nel febbraio 2012).
I due imprenditori Scala e Bonet sono indagati per ricettazione.
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
LE RISPOSTE A TANTE DOMANDE CHE I CITTADINI SI PONGONO
Ora che non è più parlamentare, dopo la decadenza, Silvio Berlusconi può essere arrestato?
È vero che non gode più dello scudo dell’immunità . Ma che il Cavaliere finisca agli arresti è ipotesi assai lontana dalla realtà , pur se tecnicamente possibile. E questo perchè, semplicemente, al momento non ce n’è ragione. Le motivazioni per la custodia cautelare, infatti, devono essere «attuali». E le inchieste in corso che riguardano l’ex premier sono tutte in stato già avanzato e non presentano esigenze cautelari: a conclusione di indagine il caso «escort» a Bari; rinvio a giudizio per la «compravendita dei senatori» a Napoli; mentre la motivazione della sentenza di primo grado del processo milanese Ruby 2 a Fede, Mora e Minetti, determinerà una nuova indagine su Berlusconi per possibili false testimonianze e inquinamento delle prove segnalati dai giudici.
Potrebbero incidere nuove condanne?
L’ex premier non corre adesso neanche il rischio di essere arrestato per l’accumularsi di più condanne. È vero che questo gli farebbe perdere il beneficio dell’indulto che, condonando 3 dei 4 anni di reclusione, ha aperto alla possibilità di richiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Ma prima che uno dei suoi processi finisca a sentenza definitiva, non prima del 2015, avrà già scontato l’anno di pena che gli resta con l’affidamento in prova (in realtà , 10 mesi e mezzo per via dello sconto previsto dalla «liberazione anticipata»).
Cosa cambia in caso di nuove indagini? Può essere sottoposto a intercettazioni e perquisizioni?
Il Cavaliere può essere ora intercettato come un normale cittadino: con la richiesta motivata di un pm e l’autorizzazione di un giudice, senza l’obbligo del via libera del Parlamento (necessaria per un senatore). Cessa altresì l’obbligo di distruggere eventuali sue conversazioni indirettamente ascoltate. La residenza di Berlusconi e il suo luogo di lavoro diventano allo stesso modo la casa e l’ufficio di un normale cittadino: possono essere perquisite senza preavviso se un’autorità giudiziaria ne ravvisi i presupposti di legge.
La decisione della Cassazione sull’interdizione cambierà lo scenario?
Nel 2014 la Cassazione deciderà sui due anni di interdizione dai pubblici uffici stabiliti il 19 ottobre in appello a Milano, pena accessoria della condanna definitiva per frode fiscale. Anche se dovessero essere confermati, non cambierà nulla per il futuro in politica del Cavaliere: comunque la legge Severino prevede che per 6 anni non si possa candidare alle elezioni, nè ricoprire incarichi di governo, al di là dell’interdizione generale dai pubblici uffici che terminerà prima
Cosa cambia per l’imprenditore Berlusconi?
Se i due anni di interdizione dovessero essere confermati dalla Cassazione, per quel periodo non potrebbe comunque ricoprire cariche societarie. Il Cavaliere ha però già da tempo lasciato le cariche sociali del gruppo Fininvest e dal 2008 non è più neanche formalmente alla guida del Milan (di cui è «presidente onorario»). Berlusconi è azionista di maggioranza del gruppo che controlla Mediaset e la sentenza non incide sulla proprietà delle quote.
Che libertà di movimento avrà l’ex premier?
Il 2 agosto, il giorno dopo la sentenza, è stato ritirato il passaporto a Berlusconi: non può andare all’estero. E con l’affido ai servizi sociali, che il Tribunale di sorveglianza esaminerà ad aprile, avrà altre limitazioni: uscite regolate da orari (solitamente dalle 6 del mattino alle 11 di sera) e in base alla distanza (non potrà uscire dalla Lombardia se non per necessità documentate). In ogni caso un regime con libertà più ampie dei domiciliari. Dopo la visita di Putin a Roma il 25 novembre è circolata la voce di un possibile «passaporto diplomatico» concesso a Berlusconi: ipotesi smentita dal Cavaliere e dal Cremlino.
Potrà candidarsi alle elezioni europee?
Secondo l’articolo 4 del decreto legislativo che attua la Severino «non possono essere candidati alla carica di membro del Parlamento Europeo spettante all’Italia coloro che si trovano nelle condizioni di incandidabilità di cui all’articolo 1», cioè chi ha subito una condanna definitiva a pene superiore ai due anni. E l’articolo 5 aggiunge che «l’accertamento della condizione di incandidabilità alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia comporta la cancellazione dalle liste dei candidati». Insomma: dall’Italia non può candidarsi a Bruxelles. Sta facendo discutere l’ipotesi che il Cavaliere possa candidarsi alle Europee in qualche paese partner dell’Unione privo di norme anticorruzione simili alla Severino. È un’ipotesi teorica, la cui praticabilità non è nei fatti però scontata.
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
RUBY BIS, I GIUDICI MANDANO LE CARTE IN PROCURA, NEL MIRINO ANCHE GHEDINI E LONGO
A leggere le carte non ci sono più dubbi: il Ruby ter ci sarà . 
Silvio Berlusconi, infatti, è “gravemente” indiziato di corruzione in atti giudiziari in qualità “di soggetto che elargiva il denaro e le altre utilità ” alle ragazze-testimoni.
Lo mettono nero su bianco i giudici di Milano del processo ‘Ruby-bis’ nelle motivazioni della sentenza a carico di Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede, condannati in primo grado per induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile.
Verso il ‘Ruby ter’. In queste motivazioni, però, ciò che salta agli occhi, non è tanto il materiale che ha a che fare con le condanne dei tre imputati del ‘Ruby bis’ (7 anni per Mora e Fede; 5 per Minetti), ma gli spunti d’indagine che dovranno essere analizzati dalla Procura. Quelli cioè che daranno origine al terzo filone di indagine sul caso Ruby.
Corruzione in atti giudiziari.
Il collegio presieduto da Annamaria Gatto, in un passaggio del dispositivo, muove quest’accusa nei confronti del Cavaliere, ma anche dei suoi avvocati (e parlamentari), Niccolò Ghedini e Piero Longo, della stessa Ruby e dell’ex legale della ragazza, l’avvocato Luca Giuliante. L’accusa riguarda anche alcune delle ragazze dei festini di Arcore che dovranno rispondere anche di falsa testimonianza.
La riunione di Arcore.
Il 15 gennaio 2011 Berlusconi e i suoi legali convocano le cosiddette ‘papi girls’, ovvero “tutte le ragazze che erano state sottoposte a perquisizione domiciliare, per parlare della questione”.
Secondo i magistrati, quella riunione “non può certamente essere ritenuta rituale, legittima o rientrante nei diritti della difesa”. Ma doveva servire per mettere a punto la strategia difensiva da adottare nell’inchiesta che aveva appena preso il via a Milano. “In seguito a questa riunione – scrivono ancora i giudici – tutte le ragazze, testimoni nel nostro processo, iniziavano a percepire la somma di 2.500 euro ciascuna a tempo indeterminato”.
Le false testimonianze in aula.
Questi versamenti di denaro “a soggetti che devono testimoniare in un processo nel quale colui che elargisce la somma è imputato, nonchè in altro processo all’esito del quale colui che elargisce la somma è interessato, in quanto vicenda connessa alla sua, non è una anomalia, ma un fatto illecito. Un inquinamento probatorio”.
Deposizioni-fotocopia.
Tutte le ragazze che percepivano i 2.500 euro “rendevano al processo dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, anche con l’uso di un linguaggio non congruo rispetto alla loro estrazione culturale. In particolare si noterà la ricorrenza nelle deposizioni di nomi, terminologie, fraseggi identici tra loro.
A precisa domanda, alcune non sapevano riferire il significato della parola o della frase utilizzata”. Per i giudici, “le dichiarazioni erano dirette a favore di Berlusconi”.
La posizione di Ruby.
Oltre che per corruzione in atti giudiziari, Ruby dovrebbe essere indagata anche per falsa testimonianza e indebita propagazione di notizie.
Il primo reato si riferisce al fatto che Giuliante, il primo avvocato della giovane marocchina, apprese da Ruby informazioni relative alle sue deposizioni davanti ai pm milanesi, notizie che poi divulgò ad altri. Inoltre, i giudici ipotizzano per Ruby l’accusa di falsa testimonianza, per le “bugie” che avrebbe raccontata durante la sua testimonianza in aula.
La protesta davanti al tribunale.
“Prima di deporre come testimone” nel processo, Ruby rese “pubbliche dichiarazioni” mettendo in atto “un’attività di possibile contaminazione probatoria” scrivono ancora i giudici riferendosi alla protesta che la ragazza inscenò davanti al Tribunale convocando la stampa nell’aprile 2013 per difendere se stessa e Berlusconi. Il collegio fa notare come Ruby lesse un testo dal “linguaggio particolarmente tecnico”, per sua stessa ammissione “preparato da altri”, non “è noto da chi”.
Nicole Minetti.
Nicole Minetti “era disponibile per Berlusconi, in virtù del rapporto di fiducia-amicizia-interesse-amore (?) che la univa a lui”. Così i giudici fotografano il rapporto tra l’ex consigliere regionale del Pdl e l’ex premier. Per il tribunale, Minetti è colpevole di favoreggiamento della prostituzione perchè “svolgeva un fondamentale e continuativo ruolo di intermediazione nella corresponsione di stabili erogazioni economiche alle donne che abitavano in via Olgettina, emolumenti che avevano indubbia natura di corrispettivo per l’attività di prostituzione svolta”.
Il tandem Fede-Mora.
Emilio Fede e Lele Mora sono stati compari e avrebbero agito “costantemente in tandem (…), in totale sinergia per procurare al ‘produttore’ i ‘programmi’ che gli piacevano”. I giudici parlano anche dei “servigi” di Mora “per procurare a Silvio Berlusconi ospiti di suo gradimento”. Attività per cui Fede “trattava con l’ex premier la dazione di denaro a Mora pretendendo da questi un rilevante compenso per la mediazione”.
Le pentite del bunga-bunga.
Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil hanno sofferto per la “partecipazione” alle serate hard a casa di Berlusconi. Così i giudici motivano “il riconoscimento del danno” da liquidarsi in sede civile alle tre giovani parti civili dai condannati Fede, Mora e Minetti. I giudici parlano di “patimento” e spiegano che le ragazze, quando scoppiò lo scandalo, sono state definite dai media come “escort (…) infilate nel letto di Berlusconi”
(da “La Repubblica”)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
IL GIOVANE LEADER EMERGENTE DEGLI EX AN ALL’ATTACCO: “I MILITANTI DI DESTRA CI HANNO RICORDATO CHE CI SONO VALORI DA CUI NON SI PUO’ PRESCINDERE”… “MANIFESTARE IN PIAZZA NEI MODI POSTI DA BERLUSCONI VA OLTRE LA DECENZA”…”NON SONO UN ROTTAMATORE, NON CONTA L’ETA MA LO SPESSORE DELLE IDEE: PER CHI NE HA”
Diciamo la verità , il comunicato a nome degli ex An in cui la portavoce Poli Bortone ha affermato che “come movimento per Alleanza Nazionale anche noi saremo a Roma per manifestare il nostro affetto, la nostra adesione e vicinanza al presidente Berlusconi” è sembrato un brutto autogol…
Credo che manifestare avverso una sentenza definitiva nei modi e nei termini posti da Berlusconi sia al limite dell’eversione e oltre la decenza. Inoltre il profilo di un parlamentare, capo di un partito, dovrebbe implicare rispetto assoluto per le istituzioni ed il loro funzionamento. Ritengo che le reazioni negative dei nostri simpatizzanti sulla dichiarazione siano state corrette.
Mercoledi avete riunito a Roma lo stato maggiore di Futuro e Libertà : che posizione è emersa in merito a quella dichiarazione?
La posizione di critica nei confronti della manifestazione è emersa dalle dichiarazioni del sottoscritto e di altri del partito attraverso twitter, con un evidente distinguo rispetto alla dichiarazione in oggetto
Storace ha sostenuto che “nessuno puo’ chiederci di comportarci come degli Alfano qualsiasi. In questa operazione solo i ciechi non vedono la brutalita’ di un’operazione politica da parte della sinistra”. Insomma gli ex An sempre berlusconi dipendenti? Legalità e rispetto delle decisioni della magistratura un optional?
Non toccherebbe certo a me ricordare come la legalità dovrebbe essere un valore inderogabile proprio della destra. Che non si può barattare con nulla. La decadenza di Berlusconi è prevista da una norma di legge. Il Senato non poteva che prenderne atto e così ha fatto. Il resto è noia.
Sui social network le posizioni della Poli Bortone sono state oggetto di pesanti critiche da parte della base elettorale potenziale di una “nuova destra”…
I nostri simpatizzanti non sono stati anestetizzati dalla gestione del potere e ci hanno ricordato come ci siano delle posizioni da cui non si può prescindere.
Tutti auspicavano un ricambio generazionale nella nuova Costituente, magari la scelta di un quarantenne e di un volto nuovo come portavoce e invece…
La fase costituente inizierà in primavera con un momento aggregativo formale, non con una semplice firma congiunta. Allora ci sarà spazio per un momento di confronto e non potrà non tenersi conto che gli altri partiti hanno operato un ricambio generazionale.
Lei è uno dei pochi che sta portando avanti iniziative di aggregazione concrete: è nato un “rottamatore” anche nell’area politica di destra?
Io non mi considero un rottamatore. Non ritengo, inoltre, il ricambio fine a sè stesso positivo a prescindere. L’età non incide sullo spessore delle idee. Per chi ne ha, contano quelle.
(a cura del ns. direttore)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
LA PROSSIMA SETTIMANA FIDUCIA ALLE CAMERE: LETTA DECISO A CHIUDERE I CONTI CON BERLUSCONI
La telefonata del Quirinale gli arriva nel gelo di Vilnius. Enrico Letta ha appena messo piede al
Radisson Blu che ospita la delegazione italiana.
È spiazzato, probabilmente non aveva previsto la decisione di Napolitano. Nè aveva intenzione di chiedere una nuova fiducia alle Camere.
Si chiude nella stanza d’albergo, si attacca al telefono per fare il punto con Alfano e Franceschini. E si prepara a conquistare la nuova «fiducia politica» dopo frattura con il Cavaliere.
Un nuovo inizio, necessario secondo il Colle dopo lo strappo berlusconiano.
La road map sarà concordata già lunedì dal premier in un faccia a faccia con Giorgio Napolitano. Ma alcuni paletti sono già fissati: i tempi saranno rapidi e non ci sarà alcuno spazio per il rimpasto. Non era nei piani di Palazzo Chigi, questo ulteriore snodo della legislatura più travagliata.
Ma al termine della visita della delegazione di Forza Italia al Quirinale, Letta ha preso atto dell’indicazione del Capo dello Stato.
«Nessun cambiamento – ha spiegato a sera – si tratta di un modo per rafforzare ulteriormente il percorso di governo. Anzi, andremo avanti con maggiore forza».
Al telefono con Giorgio Napolitano, poi nei numerosi contatti con Angelino Alfano e Dario Franceschini, il presidente del Consiglio ha tracciato le prossime mosse.
Si presenterà alla Camere nella pienezza dei suoi poteri, indicherà il progetto per un rilancio nel 2014. Poi si sottoporrà al giudizio della nuova maggioranza.
L’idea originaria era quella di affrontare il Parlamento dopo il congresso del Pd, ma il capo del governo è ormai orientato a chiudere al più presto la partita.
Non intende farsi logorare, nè consegnare Palazzo Chigi a un pericoloso limbo. Già la prossima settimana, allora, si recherà in Parlamento per ottenere la nuova fiducia.
La maggioranza si gioca tanto, tantissimo. E non è tanto per la voce che si rincorre per l’intero pomeriggio, secondo la quale Forza Italia sarebbe disponibile a non boicottare il percorso delle riforme tracciato dai saggi in cambio della tanto reclamata verifica. Piuttosto, è la voglia di chiudere finalmente i conti con Berlusconi, togliendo fiato anche alle frange più critiche della maggioranza. In fondo, il ragionamento di Letta resta quello di sempre: «Governo finchè è possibile fare le cose, non devo restare a Palazzo Chigi a tutti i costi».
Il nuovo inizio stabilito dal Capo dello Stato ha colto il premier a Vilnius.
Una giornata spesa a incontrare i leaderorientali Ue alle prese con il pasticcio degli accordi di partenariato congelati su pressione russa.
E infatti ufficialmente solo di Ucraina parla il premier con i giornalisti, avvolto nella sua sciarpa rossa fuoco che nulla può contro il gelo lituano.
Ma la mente, quella è rivolta a Roma. E lì che si gioca la partita più dura.
Il Cavaliere è pronto ad agitare la piazza, Matteo Renzi preme su Palazzo Chigi. Il candidato alla segreteria del Pd alza sempre di più l’asticella e le tensioni non possono che ripercuotersi sulla tenuta dell’esecutivo.
Una certezza, però, guida i ragionamenti del Presidente del Consiglio: «Non conviene neanche a Matteo andare a votare con questa legge elettorale. Anche perchè con Grillo al 20 per cento… ».
E poi c’è il Cavaliere «di lotta». Certo, l’asse fra il premier e Alfano è saldissimo, i destini corrono paralleli. Ma è chiaro che l’obiettivo di Berlusconi resta quello di tirare quanto più possibile la corda.
A partire dalla paradossale disputa sui sottosegretari azzurri.
Ieri sera solo Jole Santelli e Gianfranco Miccichè avevano consegnato le dimissioni nelle mani del Capo di Arcore. Non Bruno Archi, nè Walter Ferrazza.
Rocco Girlanda ha preferito postare una sua foto al ministero, al lavoro, come se nulla fosse cambiato.
E anche Cosimo Ferri, considerandosi un tecnico, preferisce per ora restare al suo posto.
Letta, però, pretende un passo indietro. Considera la presenza di sottosegretari azzurri un’incongruenza da sanare: «Se non arrivano le dimissioni in tempi congrui e ragionevoli, agirò di conseguenza».
Tradotto, è pronto a ritirare le deleghe a chi non lascerà spontaneamente l’incarico. Come se non bastasse, i renziani hanno messo nel mirino anche il viceministro Antonio Catricalà .
Un tecnico, ma considerato troppo vicino a Gianni Letta per restare al governo. A Vilnius fa freddo, ma a Roma il clima resta incandescente.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
UNO DEI PADRI FONDATORI DI FORZA ITALIA, DA TEMPO CRITICO: “CREDEVO NELLA SPINTA LIBERALE, MA FORZA ITALIA PRESE UN’ALTRA STRADA”…”NON SI PUO’ PENSARE DI AGGREGARE SOLO IN FUNZIONE DEL PERICOLO COMUNISTA, OCCORRE DARE RISPOSTE”
“Oggi finisce un’epoca e probabilmente ne inizia una nuova”. Secondo Giuliano Urbani, uno dei padri fondatori della prima Forza Italia, il giorno della decadenza di Silvio Berlusconi rappresenta un punto di rottura nella storia politica del nostro paese. Un momento che, fin dalle prossime settimane, imprimerà un cambiamento radicale allo scenario politico italiano. “Nell’economia di questi anni lo considero un evento epocale”.
Due volte ministro (Funzione pubblica nel 94-95, Beni culturali dal 2001 al 2005), Giuliano Urbani è stato un tassello fondamentale nel percorso verso la discesa in campo di vent’anni fa.
“Dal 1994 Berlusconi è sempre stato il catalizzatore della competizione politica in Italia — continua Urbani -. Adesso esce di scena e non può più essere protagonista in prima persona”.
Come molti osservatori, anche l’ex ministro concorda sul fatto che Berlusconi continuerà a fare politica: “Però non potrà più essere lui il centravanti, dovrà accontentarsi di fare l’allenatore. Questo fatto introdurrà delle novità sostanziali”.
Cambia quindi il perno del sistema politico: “Cambierà il modo di farsi la concorrenza reciproca — spiega -. Ammesso che sarà Renzi il candidato del centrosinistra, a destra dovranno inventarsi un personaggio da mettere in campo in grado di tenergli testa”.
E poco importa chi sia: “La cosa che fa più impressione non è tanto un nome o l’altro, quanto la certezza che l’alternativa a Renzi, non essendoci Berlusconi, si presenterà in modo comunque diverso da lui. Più o meno conflittuale, più o meno cooperativo, più o meno bellicoso e questo porterà inevitabilmente delle novità , fin da gennaio”.
Difficile pensare a un Berlusconi lontano dalla politica.
Difficile pensare che il sistema mediatico digerirà velocemente un personaggio così ingombrante e così presente nell’immaginario collettivo: “Anche io credo che lui farà di tutto per continuare a occupare tutto lo spazio possibile — continua Urbani -. Però sarà molto diverso. Lui ora è costretto a mettere in campo una squadra”.
E non possono essere semplici figuranti ma persone capaci, autonome: “Il bipolarismo assomiglia molto al tennis — spiega -. Se davanti hai un giocatore che fa un certo gioco devi mettergli di fronte uno che sappia fare palle corte, passanti e smash, altrimenti finisce che perdi 6-0 6-0” e in politica sarebbe inaccettabile, tanto più per una squadra allenata da Berlusconi.
“Lui è un uomo con un fortissimo orgoglio e un fortissimo senso di sè — conferma Urbani -, quindi sta vivendo malissimo questa fase”, probabilmente anche perchè è consapevole del fatto che non potrà portare la nuova Forza Italia ai livelli del 1994: “Allora Berlusconi aggregò attorno a sè tutte le forze anticomuniste, creando una compagine estremamente eterogenea. Quello secondo me fu un errore strategico. Eravamo forti elettoralmente e ma debolissimi sul piano programmatico. Un gruppo che garantiva numeri importanti ma che era politicamente ingessato ogni volta de doveva affrontare temi nevralgici”.
E per chi come Urbani aveva visto in Forza Italia un’autentica spinta liberale, quello è stato da subito un handicap pesante: “Di allora ricordo l’emozione positiva e galvanizzante di veder nascere una forza espressamente liberale. Ma dall’altro lato ricordo anche il disagio di essere stato assieme a partner con cui avevo poco in comune. Vedi la Lega secessionista o Alleanza nazionale. Ma così anche gli ex democristiani: con Casini, Follini e Tabacci non avevo quasi nulla in comune”.
Oggi, ragiona Urbani, il paese non si può più permettere un partito che punta tutto sull’aggregazione dei nemici dello spettro comunista.
Oggi servono un’operatività e una dinamicità al passo con i tempi. Servono risposte. Ecco perchè nel giorno della decadenza, l’auspicio dell’ex ministro è che l’Italia riesca a superare Berlusconi: “Mi auguro che con la sua uscita di scena finalmente qualcuno ci dica come abbattere il debito pubblico, che ci dicano come convivere con il 3% del patto fiscale europeo. Le vere domande sono queste, alla gente non importa che ora la maggioranza sia forte e coesa, la gente vuole sapere cosa fai per il paese”.
Alessandro Madron
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
“SE NO SI SCORDINO LE RIFORME”… AD ARCORE CON I FIGLI E CONFALONIERI
È il giorno della ritirata e del silenzio amaro, Silvio Berlusconi nel day after è il boxeur che realizza solo al
risveglio di essere andato al tappeto.
«Dobbiamo far capire agli italiani cosa è successo, voi dovete aiutarmi, non lo hanno capito realmente, andate in tv, spiegate alla gente» è il tormentone che si sentono ripetere i suoi al telefono.
Un leader che appare stordito, stanco, ma non rassegnato, dicono, semmai ossessionato più di prima dall’incubo arresto, quando riprende il comando delle operazioni da Arcore, dove è «fuggito» la sera prima subito dopo il comizio e il voto
Una quiete rabbiosa, tuttavia. L’ipotesi della presentazione di una mozione di sfiducia non viene esclusa, adesso.
«Non dobbiamo dare tregua al governo Letta-Alfano, pretendiamo l’apertura della crisi, le dimissioni prima che vadano avanti, altrimenti le riforme con noi se le scordano, dovete dirlo a quel signore al Colle» è l’ordine perentorio che Brunetta e Romani, capigruppo, ricevono prima di salire al Quirinale.
Con loro, la delegazione forzista composta da tutti i vice (Bernini e Gelmini) e i presidenti di commissione.
Il capo li avrebbe voluti la notte prima, dopo il voto di decadenza, in presidio con candele in mano sotto le finestre di Napolitano.
Spiegano che quando comunicano l’esito dei 90 minuti di braccio di ferro col presidente della Repubblica, Berlusconi non abbia gioito: «È una presa in giro, protegge il governo, non vuole le dimissioni, vogliono chiuderla con un voto di fiducia».
La possibilità ventilata da Arcore allora è che si presenti una mozione di sfiducia, estremo atto di sfida ad Alfano e i suoi ministri ormai dall’altro lato della barricata.
Da Villa San Martino il Cavaliere si muove solo un paio d’ore a metà giornata, per una visita dentistica a Milano. Poi si concede il pranzo coi figli maggiori e la consueta riunione con Confalonieri e i vertici delle aziende che lunedì scorso era saltata, per la conferenza stampa a Roma sulle “carte americane”.
Accanto a lui solo Francesca Pascale, Maria Rosaria Rossi, i collaboratori, non vuole parlare con altri, fa sapere di aver bisogno di riposo a chi lo cerca dal partito, così almeno fino a ora di pranzo. In effetti dorme a lungo. Alcuni riusciranno a contattarlo dal pomeriggio, almeno i big che poi sono stati ricevuti al Quirinale
Racconteranno dell’ex premier provato. Come se avesse realizzato solo ieri, realmente, quel che era accaduto. Sempre più preoccupato per un ipotetico arresto. «Sono privo di tutele, qualsiasi pazzo può buttarmi dentro, pensate quanti pm vorrebbero fare la carriera di Di Pietro ».
Sconforto, comunque. È la ragione per la quale è scattata l’imprevista eclissi. Altro che bombardamento tv e radio. Batte la ritirata, il Cavaliere, almeno per tutto il fine settimana.
Promette di tornare a Roma all’inizio della prossima, di presidiare la sede del partito dove intende tenere riunioni continue con tutti i parlamentari. Un’uscita pubblica forse a metà settimana con Bruno Vespa, per la presentazione del suo libro, anche per compensare il forfait di mercoledì a Porta a Porta.
L’appuntamento clou al quale lui e Verdini e la Santanchè hanno già chiamato Forza Italia alla mobilitazione è invece convocato per domenica 8 dicembre. Non più a Milano, ma nella Capitale, all’Auditorium della Conciliazione, per il battesimo dei «primi mille club Forza Silvio».
Ma se il capo tace, il partito dovrà invece lanciarsi in una campagna martellante sui territori. Ieri Denis Verdini ha inviato a tutti i parlamentari europei, nazionali, ai consiglieri regionali e provinciali una lettera dai toni perentori. «Nel prossimo fine settimana c’è la necessità di far sentire in tutte le province la nostra voce, mobilitando l’attenzione anche dei quotidiani e dei media locali – si legge – Chiediamo che sia convocata in tutte le province una conferenza stampa, possibilmente entro sabato 7, utile a chiarire e ribadire le nostre posizioni su tre argomenti che hanno segnato gli ultimi giorni: l’estromissione del presidente Berlusconi dal Parlamento, il no a questa legge di stabilità e a questo governo, il ritorno a Forza Italia».
E oggi lo stesso staff di Verdini provvederà a diffondere a tutte le sedi locali un documento riassuntivo, con la «linea»
È il diktat del leader che risuona da Arcore, «dobbiamo far capire agli italiani cosa è successo, non lo hanno capito». Altre lettere sono state inviate ai coordinamenti provinciali di Forza Italia dal nuovo coordinatore dei club, Marcello Fiori, con indicazioni per l’apertura di nuove cellule.
Berlusconi ne pretende mille prima della kermesse dell’8 dicembre che dovrebbe fare da contraltare mediatico alle primarie Pd, nei disegni berlusconiani. In cantiere c’è il lancio nei prossimi giorni di una sorta di folto comitato dei dirigenti di Forza Italia, una trentina, potrebbe farne parte da subito il direttore del Tg4Giovanni Toti, ormai sempre al suo fianco ad Arcore (sembra anche ieri) e l’attuale ad del Milan Adriano Galliani, se davvero maturerà l’addio alla società .
Con il Cavaliere sempre il medico Zangrillo che, contattato, intanto esclude «nel modo più assoluto» che il leader indossasse due sere fa al comizio un giubbotto antiproiettili, «non si è nemmeno riparato dal freddo».
Racconta a differenza di altri di un paziente pimpante, «si è alzato molto presto e quando sono andato a visitarlo già leggeva documenti e riceveva telefonate, lucido e determinato. È una persona che si sente ingiustamente accusata e che soffre le conseguenze di questi eventi».
Niente super farmaci, solo l’invito a «dosare le forze: in questo momento ha solo bisogno di essere circondato da persone amiche».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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