Destra di Popolo.net

“COSTA TROPPO”: L’EXPO’ BLOCCO’ IL VIAGGIO IN GIAPPONE DELLA RACCOMANDATA DI MARONI. E IL GOVERNATORE NON PARTI’ PIU’

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

NUOVI SVILUPPI DELL’INCHIESTA IN CUI MARONI E’ INDAGATO: AL SUO POSTO FU INVIATO MANTOVANI

I biglietti erano già  stati prenotati. Volo per Tokyo, andata e ritorno, più soggiorno al Park Hyatt Hotel: portare Mariagrazia Paturzo in Oriente, nella delegazione della Regione Lombardia impegnata nelle celebrazioni della Festa della Repubblica del 2 giugno scorso, sarebbe costato quasi 6mila 500 euro.
La trasferta era gestita dal ministero degli Esteri, però, e non faceva parte delle tappe del World Expo Tour.
Per questo i vertici di Expo 2015 si sono opposti a finanziare il viaggio alla donna, che per la Procura di Busto Arsizio sarebbe stata assunta nella società  su pressione del governatore Roberto Maroni.
Così i biglietti già  prenotati non vengono emessi, i soldi vengono bloccati e girati alla delegazione del vicepresidente Mario Mantovani, che parte per il Giappone al posto di quella del presidente. Perchè, dopo le tensioni con Expo, Maroni decide improvvisamente di non partire.
Resta in ambasciata a Berna, poi fa ritorno in Italia.
Partendo proprio dalle assunzioni di Mara Carluccio in Eupolis (società  della Regione) e di Mariagrazia Paturzo in Expo, i carabinieri del Noe, coordinati da due pm della Procura di Busto Arsizio, Eugenio Fusco e Pasquale Addesso, hanno verificato come la Paturzo – oltre ad aver ottenuto un contratto presso l’Agenzia dei beni confiscati quando Maroni era ministro degli Interni – fosse presente alle due missioni del World Expo Tour, precedenti al viaggio a Tokyo, a Barcellona e Parigi.
In entrambi i casi è stata Promos (Camera di commercio) a farsi carico della spesa.
Per il viaggio a Tokyo, invece, sorgono i problemi: la missione non fa formalmente parte del World Expo Tour.
E da Expo fanno sapere al governatore che non sono contenti di questa spesa.
Sull’inchiesta i pm Fusco e Addesso mantengono il massimo riserbo, tanto da aver vietato ai giornalisti l’accesso in Procura.
Ma è un fatto che siano sfilati davanti agli investigatori molti testimoni in grado di chiarire cos’è successo in quei giorni di fine maggio: l’amministratore delegato di Expo, Giuseppe Sala; il direttore delle relazioni esterne Roberto Arditti e anche la portavoce di Maroni, Isabella Votino, sentita a metà  luglio.
Nell’inchiesta sono indagati per induzione per costrizione Maroni e il capo della sua segreteria Giacomo Ciriello; il direttore di Eupolis, Alberto Brugnoli; e ora anche Mara Carluccio, per turbata libertà  del procedimento di scelta del contraente (stessa imputazione di Brugnoli).
Il manager è rimasto per oltre otto ore davanti ai pm, che stanno scavando anche su altre assunzioni negli enti regionali considerate anomale.
La gara per l’assunzione di Carluccio, per esempio, si è perfezionata in brevissimo tempo.
Per l’accusa, la candidata si sarebbe accordata, anche con sms, con Brugnoli per un compenso (29mila 500 euro annui) identico a quello del bando di gara.

Sandro De Riccardis
(da “La Repubblica”)

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GUARDAPECORE, SAGRESTANO E CAMERIERE: I TIROCINI DELLA VERGOGNA FINANZIATI DALLA REGIONE SICILIA

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

IL “PIANO GIOVANI” DOVEVA AIUTARE GLI UNDER 35 AD INSERIRSI NEL MONDO DEL LAVORO, MA L’AFFARE LO FANNO LE AZIENDE CHE OTTENGONO MANODOPERA GRATUITA E VENGONO ANCHE PAGATE

Nel mondo degli stage gratuiti, dei contratti precari, dei co. co. co. e delle finte partite Iva, non si era ancora visto un “tirocinio” per sagrestano, per di più pagato da un ente pubblico.
Adesso questo poco invidiabile primato lo ha conquistato la Regione Sicilia con il suo “Piano Giovani”, un progetto da venti milioni di euro con cui l’ente territoriale prova a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro degli under 35.
“Il progetto ha la finalità  di rafforzare le opportunità  di transizione scuola-lavoro, disoccupazione-lavoro, inattività -lavoro e contenimento del disagio della non occupazione giovanile in Sicilia”, si legge nel bando che illustra il progetto siciliano lanciato dalla giunta di Rosario Crocetta, “e quindi di realizzare interventi di formazione on the job, sotto forma di tirocinio di formazione ed orientamento, nonchè di inserimento/reinserimento, che prevedono l’assegnazione di facilitazioni economiche per i percorsi di formazione avviati”.
Dove la Regione abbia però visto la “formazione e l’orientamento” nei tirocini che le aziende propongono è tutto da capire.
Il progetto funziona infatti così: attraverso un sito, i vari datori di lavoro inseriscono delle richieste per avere dei tirocinanti, specificando il lavoro che dovrebbero svolgere, la località  dell’impresa e il titolo di studio richiesto.
I giovani interessati provvedono poi a segnalare il proprio interesse e vengono eventualmente ricontattati.
Ma iscrivendosi al sito in questione si scopre che tra i tanti annunci c’è davvero di tutto: tirocini per cameriere, per commessi, per addetti alla ricarica dei distributori automatici, per operai di ogni tipo e genere.
Decine e decine di lavori che di norma non richiederebbero alcun tirocinio, per di più pagato dal pubblico.
Dagli annunci per manovalanza non specializzata si arriva poi a richieste palesemente contro la legge: continui riferimenti alla “bella presenza” e richiesta di lavoratori di un determinato sesso (quindi discriminatori).
E, come spesso accade, il passo dallo scandalo alla farsa è breve: ecco allora gli annunci per “guardapecore”, per “addetti ai bovini”, per non chiarissimi “scavatori manuali” (tirocinanti che devono scavare con le mani?), badanti, “donne tuttofare” o addirittura “comici”, ma con esperienza. E per fortuna che di tirocinio si trattava.
Quanto valgono i tirocini.
Come già  detto in precedenza, lo stanziamento complessivo della Regione per questo progetto è di circa 20 milioni di euro, pari a duemila tirocini attivati per sei mesi l’uno. Ogni tirocinante otterrà  dalla Regione 500 euro lordi al mese, mentre l’impresa che lo “ospita” ne ottiene 250 al mese.
Un vero e proprio affare per i datori di lavoro insomma, che non solo ottengono manodopera, per loro, a costo zero, ma vengono addirittura pagati per questo.
Le stesse aziende possono inoltre accedere a una serie di agevolazioni in caso di assunzione dei propri tirocinanti: assunzioni che però non sono affatto obbligatorie e che, c’è da scommetterci, per la maggior parte dei giovani resteranno solo un miraggio.
Il precedente.
L’iniziativa, che ha subito dovuto affrontare non pochi problemi a causa di procedure burocratiche farraginose e alla scarsa preparazione degli uffici preposti al rilascio dei documenti, riporta alla mente un caso simile già  denunciato dall’Espresso.
Parliamo del progetto “Sardegna Tirocini” , finanziato dall’altra grande Isola italiana. In quel caso avevamo parlato di “tirocini da schiavi” per proposte di lavoro in tutto e per tutto simili a quelle proposte in Sicilia.
Con una sola differenza: in Sardegna non era previsto che la regione arrivasse addirittura a pagare il datore di lavoro.

Mauro Munafò
(da “L’Espresso“)

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SANITA’, TICKET TROPPO ALTI: GLI ITALIANI ORMAI SPENDONO 30 MILIARDI DI TASCA PROPRIA NELLE STRUTTURE PRIVATE

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

TROPPO LUNGHI I TEMPI DI ATTESA…E NELLE FASCE PIU’ POVERE NON CI SI CURA PIU’

Italiani in fuga dal servizio sanitario nazionale.
Ticket stellari e tempi di attesa troppo lunghi stanno spingendo sempre più connazionali – oltre 12 milioni – verso le strutture private.
Secondo le stime che emergono dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla sostenibilità  economica del Ssn, condotta dalle commissioni Bilancio e Affari Sociali della Camera, la spesa privata ha sfondato il muro dei 30 miliardi l’anno.
Per l’esattezza 30,3 mld, tra farmaceutica, diagnostica e assistenza, che costituiscono “una percentuale rilevante della spesa sanitaria complessiva”.
Una spesa ingente che – osservano i deputati – “pur non collocandosi su un livello non dissimile da quella di altri Paesi europei, è nel nostro Paese quasi per intero ‘out of pocket’, mentre altrove è in buona parte intermediata da assicurazioni e fondi”.
L’indagine della Camera svela anche i motivi di questa emigrazione di pazienti dal pubblico al privato: “È stato rilevato – si legge nel documento – come l’applicazione dei ticket stia di fatto escludendo le fasce economicamente più deboli della popolazione dall’accesso alle prestazioni sanitarie, in particolare a quelle di specialistica e diagnostica”.
Questa fotografia trova conferma nei dati rilevati dal Censis.
Secondo una recente ricerca dell’istituto sul ruolo della sanità  integrativa, sono infatti sempre di più gli italiani che pagano di tasca propria i servizi sanitari che il pubblico non garantisce più: nel 2013 la spesa sanitaria privata è infatti aumentata del 3% rispetto al 2007.
E nello stesso arco di tempo quella pubblica è rimasta quasi ferma (+0,6%).
Insieme alla spesa cresce anche il numero delle persone che si rivolgono al privato, secondo gli ultimi dati del Censis 12,2 mln di italiani.
La ragione fondamentale è perchè nel pubblico bisogna aspettare troppo tempo per accedere alle prestazioni, come dichiarato dal 61% di coloro che ricorono alla sanità  privata.
Altre motivazioni sono per quasi il 33%, la possibilità  di scegliere il medico di fiducia, e per il 18,2% “se paghi vieni trattato meglio”, mentre il 15% fa riferimento alla indicazione di una persona di fiducia.
Secondo l’Eurostat, la spesa sanitaria italiana è in linea con il resto dei Paesi europei – i quali nel 2012 hanno speso 948 miliardi di euro, pari al 7,3% del Pil.
Il Paese membro più generoso è la Croazia, con il 9,2% del Pil, seguito dall’Olanda con l’8,9% e dalla Danimarca con l’8,6%.
L’Italia è al decimo posto, con una spesa del 7,3% del Pil.
Chi spende di meno è la Romania, che si ferma appena al 3,1 % del PIL, seguita da Cipro e dalla Lettonia.

(da “Huffington Post”)

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L’ULTIMA TRAPPOLA RESTA IL VOTO SEGRETO

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

SU SENATO ELETTIVO E MINORANZE LINGUISTICHE I FRANCHI TIRATORI POSSONO CONVERGERE CON L’OPPOSIZIONE

Azionata la «tagliola», con il contingentamento dei tempi che porterà  il Senato a licenziare in prima lettura il ddl di riforma costituzionale entro l’8 agosto, l’incognita numero uno per il governo diventa ora un’altra.
E riguarda quei 920 emendamenti (dei quasi ottomila presentati al testo) sui quali le opposizioni hanno chiesto il voto segreto.
Numero in realtà  ampiamente ridimensionato: dopo la riunione della Giunta per il regolamento di mercoledì, ne restano poco più del dieci per cento, per effetto della decisione di procedere all’esame con la tecnica del «canguro», saltando cioè tutte le proposte di modifica simili se non addirittura analoghe.
La questione più delicata si era aperta su quel gruppo di emendamenti all’articolo 1 relativo alla disciplina delle funzioni delle Camere.
In tutto 141 (su un totale di circa 2.200), quasi tutti presentati da Sel, che richiamando il tema della tutela delle minoranze linguistiche, sul quale il presidente del Senato Piero Grasso ha riconosciuto la legittimità  del voto segreto, introducono però, surrettiziamente, ulteriori modifiche che, se approvate, rischierebbero di stravolgere l’intero assetto della riforma costituzionale.
Come? Innanzitutto prevedendo la riduzione del numero dei deputati (tra trecento e cinquecento) rispetto agli attuali 630, tema che il ddl del governo non sfiora neppure. Non solo: ben 72 emendamenti puntano a ripristinare anche l’elettività  del Senato a suffragio universale, estendendo cioè il voto anche ai diciottenni (oggi riservato ai maggiori di 25 anni).
Se una sola di queste proposte venisse approvata, verrebbe vanificata la metamorfosi di Palazzo Madama disegnata dal governo, che vorrebbe i componenti della prossima assemblea non eletti direttamente dai cittadini.
Insidie, in realtà , quasi del tutto disinnescate. L’esame di questi emendamenti avverrà  mediante spacchettamento.
Se sulla parte concernente la tutela delle minoranze linguistiche si procederà , cioè, con voto segreto, sulla parte restante, vale a dire su quei commi dei medesimi emendamenti che puntano a diminuire il numero dei deputati e reintrodurre il suffragio universale anche per il Senato, si voterà , invece, a scrutinio palese.
Insomma, in questo modo, il cammino del governo verrebbe sminato da tutte le bombe disseminate dalle opposizioni.
Tutte, tranne una. Quella contenuta nell’emendamento 1.0.22, presentato dal senatore della Lega Nord, Stefano Candiani, che recita: «Fermi restando i dodici deputati eletti nella circoscrizione Estero, la legge costituzionale stabilisce il numero minimo dei rappresentanti delle minoranza linguistiche fra i cinquecento deputati eletti a suffragio universale e diretto».
Un unico comma, impossibile da spacchettare. Una vera e propria trappola che, nel segreto dell’urna, potrebbe innescare la convergenza di opposizioni e franchi tiratori per fiaccare il cammino delle riforme e del governo.

Antonio Pitoni

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CLAMOROSO A GENOVA: DOMENICA ARRIVANO DUE ROTTAMI, LA CONCORDIA E RENZI

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

COME HA SAPUTO CHE CI SARANNO LE TV DI TUTTO IL MONDO, L’EX ROTTAMATORE SI PRESENTERA’ PER PRENDERSI COME SEMPRE I MERITI NON SUOI

“L’arrivo della Costa Concordia è previsto domenica mattina intorno alle 5-5.30”. L’annuncio è dell’ammiraglio Melone, Comandante della Capitaneria di Porto.
Sono pronti i quattro piloti che porteranno “a casa” la Concordia: a guidarli sarà  Giovanni Lettich , comandante dei piloti genovesi, che nel 2005 la condusse fuori dal porto.
Per ormeggiare la nave di fronte al terminal Vte ci vorranno dalle tre alle cinque ore, ha detto Alessandro Serra, capogruppo degli ormeggiatori di Genova.
Il gigante sarà  legato a tredici bitte.
Ma la notizia è che a Genova la Concordia non sarà  l’unico rottame ad attraccare al Vte: a sfruttare l’avvenimento in mondovisione figuriamoci se non arrivava anche il rottame ex rottamatore, in arte Matteo Renzi.
D’altronde per un viaggio impegnativo che lascia stupefatti, chi meglio di “boccaperta” poteva rappresentare lo stupore degli astanti.
In Prefettura si stanno definendo i dettagli della visita del premier.
Domani pomeriggio arriverà  a Genova il cerimoniale della Presidenza del Consiglio per visitare i luoghi, definire le ultime modalità  e individuare il punto in cui il Presidente potrà  incontrare i giornalisti e vedere la Concordia.
Dalla Prefettura confermano che “il presidente del Consiglio Renzi sarà  presente in banchina al Vte quando la Concordia avrà  concluso le manovre di attracco”.
Non si sa mai che qualcosa non vada a buon fine… meglio aspettare che la nave sia fissata alle bitte, altrimenti la marchetta in Tv diventerebbe un boomerang.
Ma Renzi stia tranquillo, non l’ha gestito lui il recupero della Concordia.
Quindi andrà  tutto bene.

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IL COSTITUZIONALISTA PERTICI: “LA TAGLIOLA SUL DIBATTITO E’ IMMOTIVATA E LA BOSCHI NON SA DI COSA PARLA”

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

IL DOCENTE DI DIRITTO COSTITUZIONALE: “NON C’E’ UN MOTIVO GIURIDICO PER CONTINGENTARE I TEMPI”….”CON I DUE TERZI DI SI’ IL REFERENDUM NON SI PUO’ FARE”

«Esiste la possibilità  di approvare leggi con una procedura abbreviata» spiega il professor Andrea Pertici, ordinario di diritto costituzionale a Pisa.
La procedura abbreviata è prevista, dall’articolo 72 della Costituzione, «per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza».
La ghiogliottina o la tagliola, poi, «sono previste dai regolamenti d’aula».
«Ma quale sarebbe il motivo giuridico che giustifica la fretta di approvare la riforma del Senato?» si chiede Pertici.
«Non c’è una scadenza», «non c’è un’urgenza», «se è vero che la legislatura durerà  fino al 2018 c’è tutto il tempo per la procedura ordinaria».
Ecco perchè, per Pertici, «è una cosa incredibile», «immotivata» che il Senato si appresti a contingentare i tempi della discussione sulla riforma costituzionale. L’articolo 72 «esclude il ricorso al rito abbreviato per i disegni di legge in materia costituzionale», e se si è confermato l’iter normale, che prevede il passaggio in commissione e poi l’Aula, contingentare i tempi è quantomeno «contradditorio»
L’ostruzionismo può esser fastidioso, sì, «ma non esiste una disciplina specifica» ricorda Pertici ed è dunque difficile, «tolti gli emendamenti più pretestuosi», stabilire la soglia che possa giustificare una procedura snellente: «chi decide che 500 emendamenti vanno bene e 600 sono ostruzionismo?».
«Non tutti i gruppi» nota poi Pertici, «hanno presentato molti emendamenti».
I dissidenti del Pd una cinquantina, i 5 Stelle 200, «solo Sel si potrebbe sostenere che abbia volutamente rallentato il dibattito» ma se lo ha fatto, «bisogna anche notare che l’ostruzionismo è spesso la reazione a una rigidità  eccessiva della maggioranza».
E se il ministro Maria Elena Boschi difende la scelta della maggioranza annunciando che il Pd chiederà  comunque di ricorrere al referendum confermativo, Pertici stronca l’ipotesi.
«O la Boschi auspica quindi che non si raggiungano i due terzi, e cioè sta chiedendo ad alcuni senatori del Pd di non votare la riforma per non raggiungere la maggioranza qualificata e dare seguito al referendum, oppure vuole modificare l’articolo 138 della Costituzione».
Sì, perchè «l’articolo 138 prevede che si proceda al referendum confermativo, se richiesto da 500 mila cittadini o da un quinto dei membri di una Camera», ma lo prevede «solo quando la riforma non è stata approvata dai due terzi».
Recita l’articolo 138: «Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti».

Luca Sappino
(da “L’Espresso”)

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GRILLO: “COLPO DI STATO”, RENZI “COLPO DI SOLE”. PER NOI E’ SOLO UN COLPO DI “SOLA” DI UN PATACCARO

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

GRILLO ATTACCA RENZI, CRITICA NAPOLITANO E INVOCA ELEZIONI…IL PREMIER SVENTOLA LA “SOLA” DELLA RIFORMA CHE GLI ITALIANI NON VOGLIONO COSI’

Beppe Grillo lo chiama “colpo di Stato“. Matteo Renzi lo definisce “colpo di sole”. Ma in fondo è solo l’ennesimo colpo di “sola” (alias fregatura)   inferto al popolo italiano da un venditore di pentole bucate e dai suoi mandanti.
Dentro e fuori dall’Aula, continua lo scontro sulla riforma di Palazzo Madama che il governo vuole approvare a tutti i costi entro la pausa estiva.
E la storia degli ultimi giorni è solo l’inizio di una lunga odissea: prima la decisione della seconda carica dello Stato di accettare il voto segreto su alcuni emendamenti, poi la “tagliola” sugli interventi in Aula per arrivare al voto l’8 di agosto e infine il corteo dei partiti di minoranza (M5S, Sel e Lega Nord) al Quirinale che Napolitano non ha ricevuto “perchè indisposto”.
Una tragica farsa.
Il giorno dopo il primo a tornare all’attacco è   il leader del Movimento 5 stelle sul blog. “Un Parlamento votato con una legge incostituzionale”, scrive Grillo “un presidente della Repubblica che nomina come e peggio di un monarca tre presidenti del Consiglio senza passare dalle elezioni, un patto per cambiare la Costituzione di cui nessuno sa un beneamato cazzo fatto con un pregiudicato. Ora si vuole eliminare il Senato elettivo inserendovi i gerarchetti locali dei partiti e una Camera di nominati. Questo si chiama colpo di Stato. Mussolini ebbe più pudore. Non le chiamò riforme”.
La risposta del presidente del Consiglio arriva poco dopo su Twitter: “Caro Beppe: si dice sole. Il tuo è un colpo di sole”.
Prima, sempre sui social network, Renzi aveva ribadito l’intenzione di fare un referendum tra i cittadini in seguito all’eventuale approvazione del ddl Boschi: “Perchè le opposizioni urlano? Di cosa hanno paura? Del voto degli italiani?”.
In verità  le cose non stanno così e Renzi mente sapendo di mentire.
In primo luogo perchè se voleva consultare gli italiani su quale modello di costituzione avrebbero gradito poteva farlo sottoponendo loro più opzioni attraverso una pubblica consultazione, invece di imporre quello che pare ed è utile a lui e ai suoi compagni di merenda.
Mente quando dice che il referendum ci sarà  in ogni caso.   Solo se non si raggiungeranno i due terzi di voti in Parlamento la riforma dovrà  essere avallata attraverso un referendum “confermativo”.
Altra cosa dire sì o no a un piatto pronto rispetto alla libera scelta in un ricco buffet.
Mente quando dice che gli italiani sono d’accordo: sono d’accordo sul fatto che il Paese abbia bisogno di riforme, ma non delle sue riforme patacca.
Tanto è vero che un sondaggio qualificato ha rivelato che il 72% degli italiani boccia la sua riforma demenziale del Senato.
Questo per dire in quanta considerazione il ducetto di Pontassieve tenga in considerazione l’opinione dei suoi “sudditi”.

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INGRAO, FINI, CASINI, BERTINOTTI: I PRESIDENTI “GARANTI” CHE SEPPERO TUTELARE LE OPPOSIZIONI

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

MOLTI LITIGARONO CON LE LORO STESSE MAGGIORANZE PUR DI GARANTIRE IL RUOLO SUPER PARTES… SOLO CON SCHIFANI CI FU “CONTINGENTAMENTO” SULLA LEGGE COSTITUZIONALE

«E’ vitale per il buon funzionamento del sistema che l’opposizione abbia la possibilità  all’interno dell’istituzione parlamentare di usufruire di spazi e strumenti adeguati ed efficaci (…). Una vigorosa dialettica parlamentare è stata sempre la linfa vitale della democrazia rappresentativa».
Oppure: «E’ importante garantire che l’opposizione possa far conoscere attraverso un dibattito parlamentare non asfittico le ragioni della sua contrarietà . In più di un’occasione ho ampliato i tempi del contingentamento della discussione in relazione alla complessità  del dibattito proprio perchè tali ragioni potessero emergere nella completezza di tutte le loro motivazioni».
Chi parla così, un presidente d’aula amante del diritto come Piero Grasso?
O magari delle minoranze, come Fausto Bertinotti?
O magari Pietro Ingrao, il compagno Ingrao nei tempi che furono?
No, parlava così nel 2002 (dibattito sul «legittimo sospetto») Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera eletto dal centrodestra, e oltretutto non dalla destra liberale: da Berlusconi. Al quale Casini non concesse nulla.
Ecco, oggi Grasso è violentemente sotto attacco, ma diciamo che i presidenti d’aula in Italia (per fortuna) si sono quasi sempre attenuti a una prassi dialogante con le opposizioni; anche quelli di destra, con davvero pochissime eccezioni.
E dunque, Casini litigò con Berlusconi, che gli diede del «parruccone» anche perchè faceva rigorosamente rispettare le garanzie dell’opposizione. Al chè Pier rispondeva (nel 2004) «i regolamenti parlamentari non sono il Vangelo, però mi sembra che le cose funzionino abbastanza bene, cambiarli non mi pare proprio il problema prioritario che abbiamo di fronte. Ce ne sono ben altri…».
Bertinotti nel 2007 litigò con Prodi, che voleva anche lui più celerità , lamentava «i giochi politici», ma rimpallato dal presidente di Rifondazione, che gli rimproverò «scarsa dimestichezza con le aule parlamentari».
Per non dire di Fini, che anche prima di diventare bersaglio della campagna dei media berlusconiani aveva già  tolto spesso la parola in aula a esponenti del centrodestra, e non sarà  ricordato come uno che fece favori per accelerare le leggi della sua parte. Solo Schifani concesse qualcosa di più: non per caso, l’unico precedente di «contingentamento» su una legge costituzionale risale al 2004 al Senato, e presidente era lui. L’aveva voluto Berlusconi.
Non verrà  ricordato nei momenti gloriosi di storia parlamentare.
Insomma, i presidenti d’aula – lì apposta per garantire – questo hanno sempre, bene o male, fatto.
Certo, «la Jotti era implacabile contro gli ostruzionismi», ha raccontato Massimo Teodori, che nell’81, contro la legge Reale, parlò sedici ore, e Nilde lo interrompeva con obiezioni storiche e filosofiche per sfiancarlo; ma Ingrao era assai più tollerante. Per non dire di Giuseppe Paratore, che nel dibattito del ’53 sulla legge truffa si dimise, tante le minacce.
E di Meuccio Ruini, che finì per farsela addosso.
Importante è che chi guida le Camere non lo faccia.

Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)

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L’ITALIA CHE AMIAMO: IL DENTISTA CHE CURA GRATIS I BAMBINI IN DIFFICOLTA’

Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile

INGRESSO LIBERO UNA VOLTA LA SETTIMANA: “TROPPI STANNO MALE E NON HANNO SOLDI”… “C’ERANO MADRI CHE CHIEDEVANO DI PAGARE UN’OTTURAZIONE A RATE DI 5 EURO”

In punta di piedi e con un sorriso un po’ timido, Salvatore, 32 anni, e sua moglie Barbara, 28, entrano nello studio e stringono la mano al medico dentista.
Lo guardano con una strana espressione, il dottor Giovanni Valenti, qualcosa a metà  strada tra la riconoscenza e l’incredulità , la commozione e la gioia.
Hanno perso il lavoro, a distanza di tre mesi l’uno dall’altro, e hanno due bambini.
Il più grande, Antonio, 5 anni, ha le carie e sta per iniziare la cura più straordinaria, solidale e improbabile del mondo: quella regalata da questo professionista, un affermato dentista toscano, che ha deciso di dedicare ogni giovedì di ogni settimana alla cura gratuita dei bambini o dei ragazzi delle famiglie più svantaggiate.
L’idea, insieme alla moglie Letizia, livornese purosangue e un’innata pulsione ad aiutare il prossimo, il dottor Valenti, 61 anni, l’ha avuta sette giorni fa.
«Con Letizia abbiamo deciso che non era più possibile vedere tanta sofferenza nel nostro lavoro – racconta il medico – incontrare bambini con la bocca devastata, sentirci chiedere da mamme disperate se potevano pagare un’otturazione cinque euro al mese. Così ci siamo inventati questa forma di volontariato: lavorare gratis per un giorno alla settimana e farci carico delle spese per i bambini delle famiglie che non ce la fanno. Un piccolo aiuto che spero possa essere seguito dai colleghi e che può dare una mano anche all’affollato sistema sanitario nazionale».
Il primo giorno, quello di ieri, è stato molto laborioso.
La voce si è sparsa velocemente in Maremma e allo studio sono arrivati i genitori di una decina di bambini.
«La maggioranza di origine straniera – spiegano Giovanni e Letizia -, di tutte le etnie, ma anche giovani coppie italiane, colpite dalla crisi».
Il dottor Valenti non lo racconta, per quella forma di distacco professionale che i medici s’impongono per non cadere nel vortice dell’emozione, ma ieri si è commosso quando una mamma di colore, con tre bambini, lo ha benedetto parlando uno strano italiano-ispanico.
Non immaginate un Giovanni Valenti con l’aureola, però, tutto lavoro e opere pie.
In una stanza del suo mega studio il «dottor solidarietà » ha allestito una sala musicale rock. Un organo Hammond e il super sintetizzatore Moog lo aiutano nei momenti di pausa a riprendere la carica.
«Sono innamorato della Premiata Forneria Marconi», dice davanti alle tastiere prima delle visite pomeridiane intonando Impressioni di Settembre , la stessa che suonava anni fa in una band.
Poi ci mostra le foto delle dune quando a bordo del suo fuoristrada da 4 mila di cilindrata, ha percorso mezzo deserto del Sahara. «Ho collaborato anche per mensili specializzati, è un’altra delle mie passioni», spiega Giovanni, figlio di un venditore ambulante e di una casalinga, studi universitari pagati con cento lavori.
Le carie di Antonio sono quasi scomparse adesso e il bambino, fiero, abbozza un sorriso. «Vai giovanotto, ci vediamo il prossimo giovedì», gli sussurra il dottore, mentre suona il campanello e in sala di attesa arriva un’altra giovane coppia con tre bambini.
Giovanni e Letizia si guardano soddisfatti. Oggi c’è molto da fare, ma per il prossimo giovedì si prevede un raddoppio di giovani pazienti.
Prenotazioni anche da fuori Toscana. Le buone notizie corrono veloci.

Marco Gasperetti
(da “il Corriere della Sera”)

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