Destra di Popolo.net

GRASSO CORRE IN SOCCORSO DI RENZI E NEGA IL VOTO SEGRETO, POI SCAPPA DALL’AULA: DALLA VERGOGNA?

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

L’EMENDAMENTO CANDIANI SULLA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI DEPUTATI RISCHIAVA DI DETERMINARE LA SECONDA DEBACLE DEL BULLO… GRASSO CEDE ALLE PRESSIONI, UNA VERGOGNA

Bocciato con voto palese l’emendamento Candiani.
La decisione è stata sottoposta dal Presidente del Senato Pietro Grasso al voto dell’aula, che ha respinto l’emendamento Candiani più temuto, quello non “spacchettabile” sulla riduzione dei deputati e su cui si temeva il voto segreto.
Inqualificabili le pressioni del Pd sul presidente del Senato: era nell’aria un’altra sconfitta del governo e l’unica salvezza poteva consistere nel negare il voto segreto, come intimato dal capo dei giannizzeri di Renzi.
Se esisteva un emendamento “blindato” era quello, non a caso stilato da Calderoli che è considerato il massimo esperto in materia.
Ma la paura fa 90 e Grasso ha ceduto alle pressioni.
Il senatore leghista Divina ha commentato:   “Dopo l’ennesimo sopruso e violazione del regolamento, il presidente Pietro Grasso abbandona l’aula scappando come fanno i ladri di notte. Vergogna”.

(da “Huffingtonpost“)

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ARRIVA L’EMENDAMENTO KILLER E IL PRETORIANO ZANDA INTIMA A GRASSO: “BASTA VOTO SEGRETO”

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

SCONFITTI AL PRIMO VOTO SEGRETO, I RENZIANI SE LA FANNO SOTTO E IL CAPOGRUPPO ARRIVA A IMPARTIRE ORDINI: ORMAI TRA PD E DEMOCRAZIA LA DISTANZA E’ ABISSALE

Seduta molto delicata al Senato nella discussione sul disegno di legge Boschi con le riforme istituzionali.
Il Governo è stato sconfitto due ore fa in Aula con 7 voti di scarto nel voto segreto sull’emendamento del leghista Stefano Candiani sulla competenza del Senato sui temi etici.
Una votazione che ha riaperto nel Pd la ferita della “Carica dei 101” che negò a Romano Prodi l’elezione al Quirinale e ha causato scontri verbali fra Ncd e Forza Italia, con i primi ad accusare i secondi di aver causato la sconfitta della maggioranza.
Particolare attesa è ora per l’emendamento, sempre a firma Candiani, che propone di ridurre il numero dei deputati della Camera, dal momento che è una proposta che incontra un favore trasversale fra maggioranza e opposizione.
Il testo è il seguente: “La legge costituzionale stabilisce all’interno dei 500 deputati eletti a suffragio universale e diretto il numero minimo dei rappresentanti delle minoranze linguistiche fermi restando i 12 deputati eletti nella circoscrizione estero”.
E’ previsto il voto segreto, ma in aula il Pd ha chiesto che sia strettamente limitato alla parte dell’emendamento relativo alle minoranze linguistiche.
Comico l’intervento del pretoriano Zanda che attacca Grasso : “basta voti segreti !”, come se non sapesse che ce n’e’ stato uno solo finora.
“Presidente lei sta aprendo un dibattito che non dovrebbe aprire” intima Zanda che non solo non conosce il regolamento, ma che è ormai in overdose di dittatorellum.
In verità  i renziani se la stanno facendo sotto e vogliono a ogni costo impedire la votazione a scrutinio segreto.

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ITALICUM, IL SI’ DI BERLUSCONI A PREFERENZE E NUOVE SOGLIE

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

“VA TUTTO CONCORDATO, OCCORRE RICOMPATTARE TUTTO IL CENTRODESTRA”

Se l’Italicum andrà  rivisto, come vuole Renzi, allora «servirà  un Patto del Nazareno bis».
Silvio Berlusconi è pronto a sedere a questa sorta di tavolo supplementare sulla legge elettorale. Soprattutto se potrà  servire a sbloccare la riforma del Senato, ancor più se i ritocchi gli consentiranno di riavvicinare i partitini-satellite del centrodestra.
A Villa San Martino, ad Arcore, arrivano Denis Verdini e Gianni Letta, due degli “ambasciatori” (il primo soprattutto) che stanno trattando più direttamente la partita delle riforme con Palazzo Chigi.
Al pranzo – con il padrone di casa ancora convalescente dopo il virus che lo ha colpito a inizio settimana – partecipa anche Niccolò Ghedini
Torneranno a Roma in serata con un’apertura in tasca.
«L’importante per noi è che ogni modifica sia sottoscritta insieme, è restare in partita con Renzi – è la linea dettata dal capo – Per me poi è prioritario recuperare il rapporto con la Lega, con Fratelli d’Italia, se sarà  possibile anche con l’Ncd e a tal fine qualche sacrificio possiamo anche farlo».
Il tam tam nel pomeriggio ha presto raggiunto Roma e Palazzo Madama, dove nel frattempo divampava la battaglia in aula.
E tutti dentro Forza Italia hanno compreso che la strada per rimettere mano da settembre alla legge elettorale è spianata.
Per il disco verde, quello ufficiale, ha tenuto il punto l’ex Cavaliere, sarà  però solo dopo un altro faccia a faccia col premier.
Potrebbe avvenire con molta probabilità  martedì o al più il giorno dopo. Con sette giorni di ritardo rispetto a quello programmato e poi saltata per l’indisposizione del leader forzista.
Ad Arcore il big sponsor Verdini ha portato le tre proposte di modifica che il segretario Pd gli ha virtualmente consegnato.
«Ci propongono di introdurre le preferenze, ma col capolista bloccato in tutte le oltre cento circoscrizioni – ha spiegato il senatore toscano a Berlusconi – e ancora, di abbassare lo sbarramento per i partiti coalizzati dal 4,5 al 4 per cento e infine di alzare dal 37 al 40 per cento la soglia per incassare il premio e evitare il ballottaggio».
La partita è delicata, di preferenze deputati e senatori forzisti non vogliono sentire parlare.
Ma la trovata dei capolista bloccati consentirebbe di blindare l’intera squadra dei fedelissimi, vantaggio non da poco per l’ex Cavaliere.
Non mancano però le obiezioni: «Sarà  costituzionale? E poi, se giusto i capilista sono automaticamente eletti, chi tira la volata? »
Per non dire dell’Ncd di Alfano che vorrebbe abbassare lo sbarramento al 2,5, massimo 3 per cento.
Tutti argomenti dei quali Berlusconi vuol parlare de visu a Renzi. Sta di fatto che perfino un nemico delle riforme come Renato Brunetta adesso annuncia dal “suo” Mattinale che «Berlusconi e Fi sono in campo, pronti a dare una mano per attraversare il deserto che ci aspetta».
Mentre al Senato, nei panni dell’“ultimo giapponese”, Augusto Minzolini ha guidato per tutto il giorno la fronda dei 15 dissidenti forzisti, agitatissimo quando è stato bocciato con 57 voti il suo emendamento sul Senato elettivo: «Non hanno i due terzi, andremo a referendum».
Fuori dal tavolo della trattativa, il grillino Luigi Di Maio rilancia il dialogo sulla legge elettorale rivolgendosi a Renzi: «Diciamo sì al ballottaggio tra i primi due partiti, ma chiediamo in cambio le preferenze e che rompa con Berlusconi».

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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SMACCHIARE IL CANGURO: GUAI A CRITICARE IL COLLE

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

L’INTERVISTA DI GHERARDO COLOMBO E LE TRAGICOMICHE DIFESE D’UFFICIO DELLA STAMPA-ZERBINO

Il guaio, per Renzi e l’allegra compagnia di ventura che sta cercando di scassare il Parlamento per scassinare la Costituzione, è che sopravvivono in Italia alcuni putribondi figuri che la Costituzione l’hanno letta, e persino capita.
Giuristi, intellettuali disorganici, artisti, semplici cittadini che stanno contribuendo al successo dell’appello del Fatto, giunto a 200mila firme in due settimane.
L’altroieri ha aderito Gherardo Colombo, ex pm, ora presidente della Garzanti e membro indipendente del Cda Rai, impegnato da anni in un giro delle scuole e dei teatri per spiegare la Costituzione.
Nell’intervista a Silvia Truzzi, Colombo si è permesso — con il suo ragionare pacato, rispettoso e argomentato — di appellarsi al presidente della Repubblica, che ha giurato non una, ma due volte sulla Costituzione: quella del 1948, non un’altra.
E ha osato ricordare il percorso ideologico di Giorgio Napolitano, che fino ai 20 anni fu fascista, poi comunista dal novembre ’45 (quando fu proprio sicuro che Mussolini fosse morto), stalinista e filosovietico nel ’56 con l’imbarazzante elogio dei carri armati dell’Armata rossa che schiacciavano nel sangue la rivolta d’Ugheria, ma anche nel 1964 quando esaltò l’espulsione e l’esilio di Solgenitsin e nel 1969 quando partecipò all’espulsione dei compagni del Manifesto che osavano criticare Mosca per la repressione della Primavera di Praga, e infine divenne filocraxiano nei primi anni 80, attaccando frontalmente Berlinguer, reo di insistere troppo sulla “questione morale”.
Colombo ricorda le radici del “centralismo democratico” e del “primato della politica” (cioè del partito e poi dei partiti), per spiegare l’appoggio del Colle al disegno antidemocratico Senato & Italicum e alle tagliole & canguri antidemocratici imposti da Grasso al Senato.
E le reazioni da destra, centro e sinistra è un piccolo trattato su com’è ridotta la democrazia in Italia: la miglior conferma alle tesi di Colombo.
Sul Corriere, il corazziere Paolo Franchi freme di sdegno perchè Colombo “da magistrato ai tempi di Mani Pulite proponeva a se stesso e ai suoi colleghi di ‘rovesciare l’Italia come un calzino’. I risultati sono sotto gli occhi di tutti”.
Forse confonde Colombo con Davigo, che peraltro non propose mai di “rovesciare l’Italia come un calzino”: fu accusato di volerlo fare da Giuliano Ferrara.
Il fatto poi che la corruzione sia sopravvissuta all’inchiesta su Tangentopoli non è certo colpa del pool di Milano (“i risultati sotto gli occhi di tutti”): a meno che Franchi non ritenga che la sopravvivenza della mafia sia colpa del pool di Falcone e Borsellino.
Non contento, Franchi si avventura poi nella difesa del passato più indifendibile di Napolitano, dando a Colombo del “cocomeraio” che fa “un’immangiabile marmellata di marcia su Roma, Stalin, Ungheria” e accusando Silvia Truzzi di non avergli domandato che c’entri tutto ciò con la riforma costituzionale.
Se sapesse leggere, il corazziere scoprirebbe che la nostra giornalista quella domanda l’ha fatta, e Colombo ha risposto.
Se poi a Franchi la risposta non garba, affari suoi. Ma non si comprende cosa voglia, anzi lo si comprende benissimo: vorrebbe che ci allineassimo al giornalismo italiota, che censura i fatti per non disturbare il manovratore.
Come Massimo Bordin del Foglio, che dipinge Colombo come un rampollo dell’“èlite milanese che negli anni 60-70 trovava posto dietro i ritratti di Stalin portati in processione da Capanna”: forse lo confonde col suo direttore Ferrara, lui sì ex comunista togliattiano.
Il meglio però lo dà  il fu Giornale, che registra una ridicola nota del Quirinale: “La storia del presidente parla da sola” (appunto).
E riprende le tragicomiche difese d’ufficio dei pidini, letteralmente sgomenti dalla comparsa di un uomo libero. Miguel Gotor invita Colombo a “rileggersi la biografia di Napolitano” (ri-appunto). E tale Stella Bianchi trova “impossibile che quelle frasi inaccettabili vengano da un uomo delle istituzioni”.
Giusto: un uomo delle istituzioni dovrebbe usare la propria libertà  di parola solo per incensare chi comanda.
Resta da capire la differenza fra le istituzioni e Cosa Nostra.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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DA TEL AVIV A MONTECITORIO: COTTARELLI SALUTA E RENZI PUO’ PIAZZARE IL SUO CONSIGLIERE ECONOMICO ISRAELIANO

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

I TAGLI SARANNO AFFIDATI A YORAM GUTGELD, ECONOMISTA EX MCKINSEY, UOMO DELLA FINANZA INTERNAZIONALE

«A luglio 2012 un amico mi ha presentato Matteo Renzi, che stava partendo con la sua campagna per le primarie, e ne è nato un rapporto molto intenso di collaborazione. Sei mesi dopo, ero a Siviglia con la famiglia per le vacanze di fine anno, Renzi mi ha chiamato: “Ti vuoi candidare?”, ho guardato mia moglie, che ha annuito, e ho detto sì».
Gutgeld è nato in Israele nel 1959 da una famiglia di ebrei polacchi, una famiglia di imprenditori delle costruzioni, con il bisnonno membro del Parlamento di Varsavia. Nel ’39, allo scoppio della guerra, metà  è fuggita in Israele, dove il padre è diventato un avvocato di fama che contava tra i suoi clienti anche Moshe Dayan.
Università , con lauree in filosofia e matematica a Gerusalemme, e servizio militare in Israele (selezionato nella mitica Unit 8200, quella dei cervelloni, ha poi scelto di stare in un reparto normale per evitare cinque anni di servizio richiesti dalla Unit 8200).
Poi California University a Los Angeles, filosofia e business questa volta.
Ma non voleva vivere in America. «Sono venuto in Italia per uno stage estivo da McKinsey e ci sono rimasto». In Italia e in McKinsey, per 24 anni, fino a marzo del 2013, diventando senior partner e direttore, responsabile tra le altre cose della grande distribuzione a livello europeo e aprendo e dirigendo gli uffici di McKinsey in Israele. «Quell’anno siamo entrati in sei, tra i quali Vittorio Colao (oggi numero uno di Vodafone, ndr), con il quale siamo cresciuti e diventati partner insieme».
Gutgeld ha un piano, che sorridendo (le formule sono i tic dei consulenti internazionali) definisce «1+(4×30)».
Un piano da realizzare in cinque anni, una legislatura, quella che prima o poi verrà . Per il primo anno i soldi si trovano vendendo patrimonio dello Stato: «Cedendo le case popolari a prezzi convenienti per gli acquirenti e quotando per esempio Poste e Fs. Per gli anni successivi “ridurre la spesa pubblica di 30 miliardi in cinque anni; spostare 30 dei 70 miliardi che ogni anno lo Stato destina a investimenti e trasferimenti finalizzandoli alla realizzazione di piccole opere, quelle che creano più lavoro e fanno da volano alla crescita; recuperare, sempre nei 5 anni, 30 miliardi di evasione fiscale (come non lo dice) e trasformare in servizi 30 dei quasi 350 miliardi che gli l’Inps distribuisce in assegni».
Sulla spending review Gutgeld propone un metodo. «Essendo riuscito a ridurre da consulente del governo di Tel Aviv la spesa della difesa israeliana, la più efficiente del mondo, credo di sapere come si fa».
La sua ricetta è organizzata in cinque punti: «Il primo anno si deve studiare, elaborare un piano e condividerlo con le strutture. Un commissario può coordinare, ma il lavoro va fatto dentro i ministeri e richiede coinvolgimento. Il secondo punto è che si devono elaborare piani industriali dettagliati. Il terzo è procedere con leggi a ‘kilometro 0’, non si va da nessuna parte con leggi delega, alle quali seguono decreti legislativi, ai quali seguono regolamenti attuativi, ai quali seguono regolarmente contenziosi con i Tar, il Consiglio di Stato e la Corte Costituzionale: una volta fatto un piano esecutivo serio si deve partire subito con ‘leggi autoapplicative’ che non abbiano bisogno di passaggi ulteriori. Quarto, gli obiettivi devono essere misurabili e trasparenti, con un responsabile preciso, e non devono essere solo di taglio di costi ma anche di qualità  dei servizi.”
Poi c’è tutto il resto:   la creazione di un’industria del venture capital per le start up e l’innovazione, con l’utilizzo in una prima fase di matching fund pubblici (se il mercato crede in un progetto e lo finanzia per una certa cifra, lo Stato ci mette altrettanto); un grande piano nazionale per il turismo; la revisione della formazione e dei servizi per l’impiego; il rafforzamento dei fondi di garanzia per il finanziamento delle piccole e medie imprese. Il lavoro: «Oggi nella realtà  c’è solo il precariato, dobbiamo impegnarci per creare un’alternativa che potrebbe essere quella delle tutele progressive”.

(da “La Repubblica“)

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GOVERNO BATTUTO AL SENATO: ARRIVA IL PRIMO SCHIAFFONE AL BULLO, 154 A 147

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

A SCRUTINIO SEGRETO PASSA EMENDAMENTO DELLA LEGA SU TEMI ETICI, GOVERNO NEL PANICO

L’incidente tanto temuto alla fine è arrivato.
Su un emendamento presentato dal senatore della Lega Stefano Candiani la maggioranza è stata battuta con 154 voti favorevoli, 147 contrari e 2 astenuti.
Il presidente del Senato Pietro Grasso aveva concesso il voto segreto nonostante il capogruppo Pd Luigi Zanda e gli altri capogruppo di maggioranza fossero contrari.
La Boschi aveva dato parere contrario, mentre i due relatori si erano divisi: favorevole Calderoli, contraria la Finocchiaro.
Dopo il voto, il presidente Grasso ha immeditamente sospesa la seduta.
La proposta di modifica dell’articolo 55 della Costituzione conferisce al Senato competenze sui temi della famiglia e del matrimonio, su quelli della salute e su quelli etici (come bio-testamento e diritti civili) previsti dagli articoli 29 e 32 della Carta.

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RENZI RACCONTA BALLE E COTTARELLI SE NE VA: “LE NUOVE SPESE NON SONO COPERTE”

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

“AUTORIZZATI 1,6 MILIARDI DA FINANZIARE CON FUTURI RISPARMI CHE ANCORA NON CI SONO”

Il commissario della spending review è pronto a lasciare l’incarico.
In un post su Facebook Carlo Cottarelli punta il dito contro le «nuove spese non coperte» che vanificherebbero la possibilità  di tagliare le tasse.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’emendamento, votato alla Camera nel decreto di riforma della pubblica amministrazione, che consente quattromila pensionamenti nella scuola.
Ed è scontro con Renzi. L’ira di Mister Forbici è contro «quei parlamentari che hanno remato contro». A sostituirlo sarà  il consigliere economico del premier Yoran Gutgeld.
Carlo Cottarelli, lo «sceriffo » della spending review, sbotta: sui conti pubblici non va e, secondo alcune indiscrezioni sarebbe pronto a lasciare per andare al Fondo monetario.
La sortita è abbastanza formale: è affidata al «Blog del Commissario» che l’ex economista dell’Fmi ha utilizzato ieri per una denuncia circostanziata e severa: «Si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà  trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari delle spese ministeriali».
Il linguaggio è tecnico ma esplicito: vi state impegnando la spending review del prossimo anno che io ancora devo fare, oppure fate i tagli lineari, cioè il contrario della missione che sono stato chiamato a fare, che invece è costituita da risparmi mirati sulla spesa.
Poi scorrendo il blog appare una cifra bomba: «Il totale delle risorse che sono state spese prima di essere risparmiate per effetto di queste decisioni ammonta ora a 1,6 miliardi per il 2015».
La morale, in sintesi, è: «Così potete dimenticarvi il taglio delle tasse perchè non ci saranno risorse». Se la spending è un bancomat, addio al taglio delle imposte
A far saltare i nervi a Cottarelli è stato il decreto-Madia sulla pubblica amministrazione che, con lo scopo di svecchiare i dipendenti pubblici, prevede un maxi-pensionamento anticipato degli statali di 62 anni che ieri è arrivato alle battute finali alla Camera. Un aumento di spese.
Ma soprattutto una norma, introdotta durante una seduta durata fino alle tre di notte nei giorni scorsi, che prevede il salvataggio dei 4.000 insegnati, rimasti “incagliati” nel 2012, ai quali è stata data la possibilità  di andare da quest’anno in pensione con le vecchie regole pre-Fornero di «quota 96».
Una operazione che costa 396 milioni da quest’anno al 2018.
Chi è nel mirino di Cottarelli? Il Tesoro, dopo la sortita del commissario alla spending review, si è affrettato a precisare che «non si tratta di una polemica nei confronti del governo».
Tuttavia, oltre all’”assalto alla diligenza” del Parlamento, ai vari decreti sui quali nessuno ha fatto ancora conti precisi, c’è anche la partita complessiva del controllo della spesa pubblica, dei conti e dei rapporti con gli organismi internazionali, dall’Fmi, alla Bce, a Bruxelles.
Il presidente del Consiglio Renzi sta costituendo una cabina di regia economica a Palazzo Chigi, attorno al suo consigliere Yoram Gutgeld.
La cosa ha lasciato tracce nel rapporto tra Via Venti Settembre.
Ma le tensioni crescono anche all’interno di un quadro di apprensione per le sorti della finanza pubblica. Il taglio delle previsioni del Pil da parte dell’Fmi di mezzo punto sulle stime del governo crea un buco di circa 4 miliardi che potranno essere coperti dai risparmi dell’effettospread ma che comunque creano un problema. I tagli di circa 1,3 miliardi che il decreto sul bonus- Irpef affidava a Comuni, Province e regioni non sono ancora nelle casse del Tesoro e i sindaci hanno smontato l’idea del governo di ridurre i centri di acquisto (una delle idee portanti della spending review di Cottarelli).
Una partita difficile che rischia di precipitare in autunno.
Lo stesso Padoan prevede un intervento difficile sui conti in sede di legge di Stabilità  quando si dovranno trovare almeno 25 miliardi.
Le opposizioni sono alla finestra come falchi: ieri Grillo ha parlato di «tempesta perfetta» con misure devastanti, Brunetta ha persino ipotizzato una nuova lettera della Bce, mentre la Lega per ora si limita a chiedere che entri in funzione il nuovo Ufficio parlamentare di bilancio.

(da “La Repubblica”)

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COTTARELLI ROVINA LA GIORNATA A RENZI: “IO TAGLIO E VOI SPENDETE, COSI’ LE TASSE NON CALERANNO MAI”

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

IL COMMISSARIO ALLA SPENDING DENUNCIA LE CONTRADDIZIONI DEL GOVERNO

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’emendamento, votato alla Camera nel decreto P.a, che consente 4 mila pensionamenti nella scuola.
Per coprire i costi si sono usati i risparmi futuri della spending.
Il commissario Carlo Cottarelli, alle prese con il puzzle della spesa pubblica, ha allora acceso il computer e riempito una nuova pagina del suo blog per lanciare l’allarme.
«Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa – ha spiegato chiaramente – il risparmio non potrà  essere utilizzato per ridurre la tassazione su lavoro».
E solo riducendo le tasse sul lavoro – ha aggiunto – si può creare nuova occupazione.
Il nodo è chiaro. È una questione di priorità , di scelte. Che poi sono il sale della politica.
Se si fanno nuove spese non si tagliano le tasse sul lavoro: che poi – tradotto per il contribuente simplex – significa in questo momento rendere stabile anche nel 2015 il bonus di 80 euro e, magari, estenderlo anche a pensionati e partite Iva.
Ma attenti, non è una critica al governo, ma un alert per la politica.
Quella di Cottarelli è la stessa chiave di lettura che trova sponda anche nel ministro dell’Economia.
Del resto, proprio durante l’esame del decreto della P.a, il sottosegretario Giovanni Legnini aveva espresso il parere contrario del ministero. E non si può addebitare la colpa – viene fatto notare anche nelle stanze del Tesoro – al solito capro espiatorio dei mal di pancia parlamentari, cioè ai severi guardiani della Ragioneria, che hanno espresso solo un parere tecnico.
Quel che svela l’intervento di Cottarelli è inoltre quello che appare come un nuovo trucco della politica.
«Si sta diffondendo la pratica – scrive Cottarelli – di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà  trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari delle spese ministeriali».
Il problema è che questo ha un inconveniente.
Il governo sta già  faticando a trovare le risorse (almeno 10 miliardi) per stabilizzare il bonus di 80 euro nel 2015, alle quali si aggiungono altri risparmi per fare fronte alla riduzione (per circa 4,5 miliardi) del deficit, necessario per portarlo se non al «pareggio» almeno in carreggiata.
Invece sono già  stati impegnati per il 2015 ben 1,6 miliardi di risparmi ancora da trovare.
Come? Prima con la legge di stabilità  dove si spiega che la spending serve per evitare il taglio delle agevolazioni fiscali, poi nel decreto P.a per finanziare il pensionamento dei funzionari anziani.
Ora di nuovo nel decreto P.a per per l’introduzione di quella «quota 96» che consente di evitare dei simil-esodati nella scuola.
Alla fine rischiano di scattare tagli lineari oppure, nella migliore delle ipotesi, si legifera creando una «situazione paradossale in cui la revisione della spesa (futura) viene utilizzata per facilitare l’introduzione di nuove spese».
Chiaro – ammette Cottarelli – «possono sussistere mille buoni motivi per alcune nuove spese», ma «se il parlamento legittimamente decide di introdurre nuove spese dovrebbe contestualmente coprirle con tagli di spesa lineari di pari entità ».
Magari «individuandoli tra le proposte di revisione già  presentate».
Come dire, le scelte vanno di pari passo con le responsabilità .

(da “Huffingtonpost“)

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IL BULLETTO OGGI RISCHIA UNA LEZIONE, MA SI PREPARA A BARARE

Luglio 31st, 2014 Riccardo Fucile

SENATO, LA LEGA (E IL SEGRETO) SPAVENTANO IL GOVERNO … OGGI ANDRà€ AL VOTO L’EMENDAMENTO SULLA RIDUZIONE DEI DEPUTATI CHE LA MAGGIORANZA (CON L’AIUTO DI GRASSO) VORREBBE APPROVARE A VOTO PALESE

Adesso il governo ha paura.
In arrivo stamattina c’è l’emendamento del leghista Candiani, il più pericoloso di tutti (e per questo nei corridoi di Palazzo Madama si vocifera che l’abbia scritto Calderoli), quello che — con una formulazione tanto astrusa, quanto insidiosa — mette insieme la riduzione dei deputati a 500 e le minoranze linguistiche. E trattando di minoranze, è possibile il voto segreto.
“Stanno facendo di tutto per evitarlo, perchè hanno paura di andare sotto”, denuncia la senatrice-regina-dell’ostruzionismo, Loredana De Petris (Sel).
Ci sarebbe in programma un’altra Giunta per il Regolamento, proprio per decretare la non legittimità  dello scrutinio segreto.
Vedremo. In effetti, gli uffici di Palazzo Madama, da giorni, stanno cercando un modo per neutralizzarlo.
Scorporarlo? Difficile, perchè è scritto troppo male (o troppo bene).
Alla fine, il governo prenderà  le sue contromisure, e si rimetterà  al voto dell’Aula: in altre parole, per paura di andare sotto, non esprimerà  parere contrario.
Perchè i senatori sono anche vendicativi: perchè loro vanno di fatto aboliti (e sostituiti da consiglieri regionali e sindaci) e i deputati invece possono rimanere gli stessi?
Il Pd in Senato ostenta sicurezza: “Anche se passa qui, lo cambiamo alla Camera”.
E però, questo come minimo vuol dire una lettura in più delle quattro previste.
Con i tempi che si allungano.
Il dibattito in Senato, intanto, procede così, tutto a colpi di ostruzionismo, di strattoni, e di applicazioni del regolamento.
Ieri mattina, i dissidenti dem, capitanati da Felice Casson, denunciano: “Il canguro non si può applicare per le riforme costituzionali”.
Il canguro è un tormentone, con tanto di peluche che appare in Aula nel pomeriggio, però è anche il metodo trovato dal governo per aggirare l’ostruzionismo, cancellando gli emendamenti simili a quelli fatti votare.
Martedì ne sono stati fatti decadere 1400. E dunque, il grido degli oppositori della riforma è retroattivo, come è retroattiva la Giunta per il Regolamento, che Piero Grasso convoca in fretta e furia ieri mattina.
Dura quasi tre ore, e visto che il tempo è poco, le grandi riforme costituzionali si arenano per un’altra mezza giornata.
Poi arriva la decisione a maggioranza, comunicata dallo stesso Grasso, che da quando è salito al Colle la settimana scorsa, sembra aver subito una “piegatura ” in senso renziano e aver smesso di remare contro.
“Il canguro si applica anche a leggi costituzionali”, assicura. Ci sono precedenti, nel 2002 e nel 2005. Il Regolamento è dubbio, la decisione stiracchiata, i precedenti opachi. Ma tant’è.
La Giunta per il regolamento di Palazzo Madama nel 1996 lo aveva preso a prestito da quello della Camera. Ora, la stessa Giunta riconferma la legittimità  della sua applicazione anche per le leggi costituzionali, facendo rientrare la tecnica “anti-ostruzionismo” tra i poteri del presidente del Senato.
Nel frattempo, però, nel 1997 il regolamento della Camera è stato modificato: la tecnica di accorpamento delle votazioni non può essere utilizzata per i progetti di legge costituzionale.
La seduta di ieri va avanti stanca. Viene bocciato l’emendamento Minzolini sul Senato elettivo. “Il sasso più grosso è stato tolto dai binari. Ora ci aspettiamo un percorso più agevole, Pd e governo Renzi sono pronti a riaprire il dialogo con chi rinuncerà  all’ostruzionismo”, commenta il renzianissimo Andrea Marcucci.
Nonostante il ritmo lento, comincia a farsi strada la convinzione che se non per l’8, a Ferragosto arriverà  il sì dell’Aula.
Il canguro funziona, Sel sembra più morbida e i frondisti di Pd e FI hanno le armi spuntate. Twitta un Renzi tanto conciso quanto incisivo: “Mentre loro hanno finito il tempo, noi non abbiamo finito la pazienza”.
E intanto, lavora a due Cdm, uno per l’11 e uno per il 18 agosto. Oggi intanto c’è la direzione del Pd: ancora una volta il premier dovrebbe battere sugli sbandierati futuri 1000 giorni del suo governo. E tutti si aspettano l’ennesimo ultimatum sulle riforme.
Quel che è certo, è che non si farà  la segreteria: prima di incassare il sì di Palazzo Madama, Renzi le minoranze le lascia fuori.
E intanto, si lavora all’accordo, quello sulla legge elettorale. Il filo privilegiato è sempre l’asse con Forza Italia. Ma dentro, dovrebbero rientrare anche alcune delle richieste democratiche: ovvero la possibilità  di reintrodurre le preferenze.
Il punto di caduta potrebbe essere quello di eleggere una parte dei deputati a liste bloccate, una parte con le preferenze.

Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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