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JOBS ACT, INTESA PD: L’ART.18 CAMBIA ANCORA, RENZI CEDE ALLA MINORANZA

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

TORNA IL REINTEGRO PER I LICENZIAMENTI DISCIPLINARI

Nessun voto di fiducia, modifiche in commissione e l’articolo 18 che cambia di nuovo con il diritto al reintegro che torna anche per i licenziamenti ingiustificati di natura disciplinare.
Il nuovo colpo di scena per la riforma del lavoro è arrivato dopo una riunione del Pd alla quale hanno partecipato tra gli altri il capogruppo alla Camera Roberto Speranza, il responsabile economia del partito Filippo Taddei e il presidente della commissione Lavoro di Montecitorio Cesare Damiano.
“Abbiamo deciso di fare modifiche rilevanti — dice Speranza — Non ci sarà  la fiducia sul testo uscito dal Senato ma ci sarà  un lavoro in commissione. Si riprenderà  l’ordine del giorno approvato in direzione. Sono molto soddisfatto. Il Parlamento non è un passacarte e abbiamo dimostrato che incide”.
Torna dunque il diritto al reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, come prevedeva l’ordine del giorno della direzione del Pd sul Jobs act.
Una questione alla quale governo e Pd tengono molto perchè slittano i tempi dell’esame in commissione Bilancio della legge di stabilità .
Le operazioni di voto dovrebbero iniziare a metà  della prossima settimana, mercoledì o giovedì della prossima settimana.
Ma ora si apre un problema politico nel governo: “se il testo è quello descritto dalle agenzie non è accettabile. Ribadisco urgente riunione di maggioranza. Altrimenti si rompe coalizione”dice il capogruppo del Nuovo Centrodestra al Senato Maurizio Sacconi.
Il fatto che sia stata un’operazione che ha coinvolto anche i vertici del Pd è dimostrato dall’intervento del vicesegretario Lorenzo Guerini: chi voleva “aprire fronti nel Pd — afferma — ha avuto una buona risposta. Il partito dentro la sua espressione della commissione Lavoro ha saputo svolgere un lavoro serio, un confronto di merito” andando a “un punto condiviso che responsabilmente impegna tutti”.
Guerini tuttavia non esclude il voto di fiducia in Aula.
Il presidente Matteo Orfini parla di “accordo larghissimo” il cui “punto politico è l’articolo 18″.
Nella delega sarà  recepito il testo della direzione Pd sul reintegro su alcuni tipi di licenziamenti, il cui elenco arriverà  coi decreti delegati.
“Escono sconfitti gli oltranzisti di destra e di sinistra — dice il deputato bersaniano Danilo Leva — che non credevano nel confronto di merito sulla questione. Abbiamo dimostrato, ancora una volta, che il Parlamento non può avere un ruolo secondario e che le ideologizzazioni non fanno bene al Partito Democratico”.
Per il renziano Andrea Marcucci “l’accordo raggiunto alla Camera sul jobs act è in linea con le dichiarazioni fatte dal ministro Poletti in Senato. Nessun cambiamento sostanziale ma semplicemente il rispetto integrale del testo approvato dalla direzione Pd”.
Ma la mediazione provoca naturalmente già  qualche malumore all’interno della maggioranza di governo.
Il punto delicato ancora una volta è l’articolo 18: “Vogliamo — prosegue Sacconi — che diventi possibile licenziare un assenteista o un ladro, in modo che l’imprenditore abbia finalmente il pieno governo dell’efficienza dell’impresa. Vogliamo che la disciplina sia semplice e certa in modo da non dare spazio alla giustizia creativa e ideologizzata”.
La conclusione è significativa perchè fa pesare ancora una volta il peso dell’Ncd nella maggioranza: “Ricordo al Presidente del Consiglio che egli stesso, quando nei giorni scorsi mi sono dimesso per un incidente nella Commissione giustizia del Senato, ha condiviso non debbano essere consentite maggioranze spurie”.
La capogruppo alla Camera Nunzia De Girolamo la spiega meglio: “Il Parlamento non è il luogo della ratifica degli accordi nel Pd”.
Ma il ministro Maria Elena Boschi, al termine della Conferenza dei capigruppo di Montecitorio, taglia corto sulle richieste degli alfaniani: “Stiamo discutendo con tutti i partner della maggioranza. Non sono necessari vertici, è sufficiente il lavoro parlamentare”.

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UN PARLAMENTO CON 300 NOMINATI: SILVIO E MATTEO PARTORISCONO UN PORCELLINUM

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

COME POTREBBE ESSERE LA PROSSIMA CAMERA, LA SIMULAZIONE DI D’ALIMONTE E GHISLERI

C’è già  chi lo chiama Porcellum 2.0 o Porcellinum.
Perchè il cuore dell’intesa tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi sulla legge elettorale sono, ancora una volta, i “nominati”.
Come nel Porcellum, la legge che Roberto Calderoli ribattezzò “una porcata”.
Il Professor Roberto D’Alimonte, uno dei massimi esperti di leggi elettorali, risponde a telefono mentre è già  all’opera per una prima simulazione che sarà  pubblicata sul Sole24Ore: “Guardi, i nominati nella nuova legge sono tanti. Quanti non lo so, perchè per essere precisi bisogna vedere la divisione dei collegi e i disegni dei collegi”.
Però le prime cifre — sia pur a spanne — già  circolano tra i parlamentari scontenti. Che non sono affatto pochi.
Federico Fornaro, senatore del Pd, ha appena fatto una simulazione: “Il rischio — dice — è che più della metà  dei deputati saranno nominati e non scelti dai cittadini”. Ecco il perchè, secondo la sua simulazione:
Partendo da uno scenario quale quello disegnato dagli ultimi sondaggi che danno il Pd al 40 per cento, M5S al 20 per cento, Forza Italia al 15 per cento, la Lega all’8 per cento, Fdi e Ncd al 3 per cento e la sinistra al 5 per cento, la situazione è tale per cui il partito di Matteo Renzi avrà  100 parlamentari scelti con le liste bloccate cui si aggiungono 240 eletti con le preferenze, il M5S avrà  100 “bloccati” più 2 eletti con le preferenze, Forza Italia avrà  78 bloccati e la Lega ne otterrà  42 , FdI e Ncd avranno rispettivamente 15 parlamentari eletti perchè scelti dal partito e non dai cittadini .
La Sinistra, se si attesta sul 5 per cento, avrà  25 bloccati.
La somma porta ad un totale di 375 parlamentari scelti dai partiti, pari al 60,8 per cento e 242 scelti con le preferenze e pari al 39,2 per cento.
È chiaro che molto dipende da come vengono disegnati i collegi. Ma a spanne il ragionamento funziona.
Ripetiamo il calcolo a D’Alimonte.
Professore, sbaglio se dico che i nominati superano quota 300? Risposta: “Il ragionamento che fa non mi pare affatto sballato”.
Stessa domanda rivolta ad Alessandra Ghisleri, la sondaggista di Silvio Berlusconi, celebre per non aver sbagliato una previsione negli ultimi dieci anni: “Sì, certo, più o meno metà  del parlamento è nominato dai leader con la legge che viene fuori”.
Facciamo due conti? Risposta: “Essendoci 100 collegi, se ne eleggono 6 per collegio. Bene, facciamo che il Pd prende il 40 e vince, avrà  il premio di maggioranza, dunque 340 parlamentari. Di questi, cento sono nominati, 240 con le preferenze. Berlusconi, se prende il 15, ne elegge 70, tutti i capilista bloccati. Grillo col 20 anche lui ne prende 100, tutti nominati, in più altri. Poi ci sono i piccoli. Quindi si superano i 300 nominati”.
Mezzo Parlamento. Nominato più, nominato meno.
Per questo in Transatlantico monta un certo malcontento. Francesco Boccia ci va giù duro: “Siamo passati dal Porcellum al Porcellinum… Un passo avanti è stato fatto perchè non sono proprio tutti nominati. Però pongo un problema. Così come è stata presentata la legge, a occhio, accade questo. Tutta l’opposizione, da Grillo a Berlusconi, nomina i suoi gruppi. Il Pd ne nomina cento. E gli unici a correre sono i 240 del Pd che vengono eletti in lista e col premio di maggioranza. Direi che è evidente che va migliorato”.
Evidente, per molti. Pure dentro Forza Italia l’intesa del Nazareno scricchiola in vista dell’Aula.
Renata Polverini dice: “Più o meno stiamo al Porcellum… Aggiungo: un sistema come questo disincentiva la campagna elettorale nei partiti che perdono. Nel Pd la preferenza funziona, ma ti chiedo: se tu sei secondo o terzo in una lista dove sai che esce solo il capolista, che fai corri e ti impegni in campagna elettorale? E daje, su”.
A proposito, in parecchi, tra i malpancisti, ricordano che alla Camera il voto sulla legge elettorale è segreto.
Sull’Italicum la preferenza di genere passò di un soffio, con soli 16 voti.
Chissà .

(da “Huffingtonpost“)

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PERCHÉ RENZI NON SI SPORCA LE SCARPE: LA PAURA DEL PAESE REALE

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

IL FANGO DI ALLUVIONATI E PERIFERIE NON HA MAI SPORCATO IL DISCORSO PUBBLICO DEL PREMIER CHE VIAGGIA IN UN MONDO PARALLELO

Alla fine la polizia è intervenuta per sgomberare il centro per immigrati minorenni di Tor Sapienza, nella periferia romana.
Il maltempo ha registrato ulteriori vittime, persino il capo della Protezione civile, Gabrielli ha sbottato: “La rabbia di Carrara si sta diffondendo”.
Nessuna sorpresa. Sono tutti eventi parte di un allarme che da almeno un mese arriva dal Paese e viene ben riflessa dall’informazione tutta. Prendiamo i titoli di oggi giovedì 13 novembre.
“Nord senza tregua, vittime e paura”, titola il Corriere della Sera oggi, con foto drammatica in prima pagina. “Immigrati, guerriglia a Roma. I residenti: via o sarà  l’inferno”, titola il Messaggero. “Nord Ovest devastato da allagamenti e frane. Altro morto i Piemonte”, titola La Stampa. “A fuoco le periferie di Roma e Milano. È scoppiata la guerra tra i poveri” è una grande inchiesta annunciata sulla prima pagina di Repubblica
Nulla di tutto questo è però riflesso nelle parole, nel cammino di Palazzo Chigi. Queste ultime settimane del Premier son passate nella affannata ricerca di una conferma o meno del patto del Nazareno, nella rispettosa ma non per questo meno criptica discussione sulle dimissioni di Napolitano, nella festosa celebrazione tra tavoli imbanditi del nuovo sistema di fund raising per il Pd, mille euro a persona per vedere il leader.
Più che due percorsi diversi, quello del Leader e quello del paese appaiono due universi paralleli, senza incroci.
Eccetto per la chiamata di Landini a Palazzo Chigi, sotto la spinta di un attacco della polizia nelle strade del centro della Capitale, l’Italia dei disastri e dello scontento non è mai entrata nel discorso pubblico del leader.
Possiamo archiviare questa annotazione scegliendo la più banale e dannosa delle spiegazioni (che pure circola), cioè che Renzi è un leader senza cuore, interessato solo a quello che costruisce il suo potere.
Ma il rapporto con il popolo è un elemento centrale di ogni leadership – anche della più mite.
Silvio Berlusconi, che pure ha esercitato una leadership popolare come quella che cerca Renzi, non ha mai mancato a un appuntamento tragico, anzi più tragici erano meglio gli venivano – come si è visto dal capolavoro mediatico che fu la sua visita all’Aquila.
Altri, più miti, appunto, non hanno mai fatto mancare il doveroso comunicato, per non parlare di Napolitano che anche nelle occasioni che abbiamo appena elencato, non ha mai fatto mancare la sua parola.
Se Renzi, che è certo il più innovativo e ambizioso dei politici che da anni cavalcano la scena pubblica, ignora il rapporto con le disgrazie del paese, c’è certo dietro una scelta, una particolarità  che ci offre probabilmente una ulteriore lettura della sua visione del mondo.
Ho provato a parlare di tutto questo con gente a lui vicina, o che lavora con lui.
Una delle spiegazioni fornite è che Renzi non vuole accollarsi “disgrazie” che sono prodotto del vecchio sistema politico.
Un’altra ipotesi è che Renzi preferisca offrire soluzioni invece di fare comizi davanti alle disgrazie. Ma anche che il Premier pensi che la sua presenza porti di per sè a una acutizzazione delle situazioni.
Le più maliziose interpretazioni dipingono invece un Renzi come determinato a non “sporcare” con nulla di negativo il suo discorso politico, improntato a un’Italia positiva, vincente, che guarda al futuro.
E ancora, che Renzi sia un politico con così alta consapevolezza della comunicazione, e della costruzione della propria immagine, da non fidarsi degli imprevisti del confronto con la realtà  allo stato brado.
Qualunque sia la ragione, la sistematica evasione della vita com’è su questo pianeta, rimane una scelta incomprensibile, dal mio punto di vista.
Per il famoso semplice fattore “struzzo” – le cose infatti tendono a rimanere anche se le neghiamo.
Un solo esempio: se la scelta tattica della assenza in Liguria potrebbe anche starci (viste le condizioni di battaglia politica in quella regione) l’assenza diventa insostenibile con il moltiplicarsi quotidiano dei disastri, incluso nelle regioni Toscana e Lombardia, dove Renzi ha un grosso investimento elettorale.
In altre parole, conviene davvero al Premier questa scelta di distanza, di non affondare le mani nel fango (letteralmente) e nelle passioni che agitano la Italia che lui guida?
Da quando la crisi ha investito l’Italia, dagli ultimi giorni di Silvio Berlusconi all’arrivo imprevisto di Renzi, in molti hanno annunciato e sperato in un mitico autunno caldo che spezzasse il circuito austerity/crisi sociale.
Questi autunni caldi non si sono mai materializzati – e nemmeno adesso con tutti gli scioperi e manifestazioni del sindacato siamo vicini a nulla che somigli a un evento che fa svoltare la politica.
Siamo di fronte invece a un processo in cui pare che l’Italia stia cedendo pezzo a pezzo. Una sorta di smottamento sociale in piccole particelle, ogni esperienza estremamente circoscritta, ma non di meno impaziente, ogni gruppo sociale, operai, inquilini, cittadini, giovani ,vecchi impiegati, disoccupati, chiuso nella sua esplosione unica e solitaria di malessere e di dolore.
Due parole – malessere e dolore – anche queste mai presenti nelle glorificate cronache dei discorsi ufficiali.
Eppure è da tutte queste cose che già  si impongono nuovi problemi, che a loro volta già  stanno nutrendo leadership alternative.
Anti-Renzi, come Landini, come Salvini, ma altri ce ne sono ancora non nel radar, che certo non sono in grado di minacciare il popolarissimo Premier, ma che pure sono la prova che la politica, come la società , non si fermano mai.
Renzi, come tutti, dovrà  alla fine confrontarsi con questi sviluppi.
La mia personale opinione su questa distanza che il Premier prende dal paese, è che alla fine ha paura.
Non posso immaginare infatti che un politico avvertito quale è lui, non veda lo sgranarsi della tela sociale.
Credo che la veda molto bene e che la tema. Nel senso di pensare di non avere al momento sufficienti strumenti per affrontarla.
Nel suo caso, strumenti di poteri e controllo dell’economia e dello stato che lo mettano in grado, appunto, di “cambiar volta” alla gestione del paese.
Solo così si spiega l’ossessione con la legge elettorale, l’accelerazione sul discorso del Nazareno portato avanti non a caso in queste stesse ultime settimane con la frenesia di chi ha una muta di cani alle calcagna.
Questa muta di cani è la realtà  che abbiamo descritto.
E per questo la possibilità  di elezioni – per quanto negata – rimane sullo sfondo ancora forse l’unico possibile approdo per Renzi, nel caso la crisi si approfondisca, per riprendere in mano le redini del paese.

Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost“)

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DELLA VALLE ACCUSA : “LA QUOTAZIONE IN BORSA DELLA FERRARI HA SALVATO LA FIAT CHE E’ UN BIDONE”

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

“ANDIAMO SUBITO AD ELEZIONI O SI MUORE”

Della Valle ha le idee chiare dopo l’annuncio della quotazione in Borsa della Ferrari: il Cavallino “ha salvato quel bidone che è la Fiat”, ha dichiarato all’evento ‘Back to Italy’ in Piazza Affari a Milano.
L’operazione, secondo il patron di Tod’s, “depaupera l’azienda che invece usava quel denaro per finanziare il suo sviluppo”.
“Invece – ha aggiunto – adesso quotano in Borsa un pezzetto per ripianare i debiti di Fiat mentre il resto se lo prendono gli azionisti. E’ vergognoso, l’Italia cambierà  quando capirà  quanto male ha fatto questa famiglia al Paese”.
Della Valle ha poi spezzato una lancia a favore del nuovo presidente di Alitalia e suo amico Luca Cordero di Montezemolo: “E’ vergognoso” il modo in cui è stato mandato via e “il motivo è evidente”:
Il patron di Tod’s ha poi lanciato l’allarme sulle difficoltà  del Paese: o il voto o il Paese muore, è il messaggio che ha lanciato.
“Auspico si vada a votare il prima possibile” perchè “fare altri due anni così significa uccidere il paese”.
“Mi auguro si termini il prima possibile la legge elettorale” e che “arrivi qualcuno che possa comandare per davvero” aggiunge Della Valle, che chiede anche di “poter decidere noi gli eletti”.
“Lo chiediamo educatamente – ha detto il patron di Tod’s – so che in Parlamento c’è qualcuno che sentendo questo salta sulla sedia perchè vorrebbe restare fino alla fine, ma in quel marasma quelli in gamba sono sommersi da quelli che hanno capito che è l’ultima occasione per loro di stare su quella sedia”.
Quanto ai suoi rapporti con il presidente del Consiglio Matteo Renzi, “i rapporti sono ottimi. Mio fratello e lui si siedono vicini allo stadio da 10 anni. Abbiamo magari la stessa visione, ma con percorsi diversi. Quando non eravamo d’accordo ce lo siamo detti in faccia”
Della Valle poi ammette di aver sbagliato a investire nel gruppo Rcs, di cui è secondo azionista: “L’investimento è stato tutto sbagliato da parte mia. Il mio pensiero era di poter portare la voce dell’impresa nel posto dei poteri forti, che erano quasi tutti mummificati e autoreferenziali” ha aggiunto Della Valle.
E ancora: “Lì non sono riuscito quasi a toccare palla”.

(da “Huffingtonpost”)

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TOR SAPIENZA “LIBERATA” DAI PROFUGHI: ORA POSSONO TORNARE SPACCIATORI, PROSTITUTE E STUPRATORI MADE IN ITALY CON BORGHEZIO AL SEGUITO

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

FONTI DEL VIMINALE: “RESA ALLA PIAZZA, GRAVE PRECEDENTE”… TRA QUALCHE GIORNO TUTTO TORNERA’ ALLA ANORMALITA’ DEL DEGRADO QUOTIDIANO

Il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Tor Sapienza si comincia a svuotare.
Dopo le ennesime tensioni nel quartiere alla periferia di Roma, con proteste, lanci di bottiglie e urla – “Scendete bastardi, scendete” – da parte di un gruppo di residenti agli ospiti di di via Morandi, è stato deciso il trasferimento dei minori non accompagnati in un altre strutture della Capitale.
A riferirlo per prima una operatrice della cooperativa ‘Il sorriso’, che gestisce il centro.
La conferma è arrivata poi anche dall’assessorato comunale alle Politiche sociali: “Si tratta di un trasferimento e non di uno sgombero – si precisa – pianificato per evitare il generarsi di altri incidenti e per far tornare rapidamente la calma”.
Gli ospiti sono in tutto 83, i ragazzi trasferiti, tutti soli e orfani, sbarcati ad agosto dai barconi del nordafrica, sono 45: 10 di loro stanno seguendo un percorso di semi-autonomia e frequentano un corso professionale per gli altri 35 la situazione è più complessa.
Tra questi anche alcuni italiani in condizioni di grave disagio.
Nel primo pomeriggio i ragazzi sono stati portati via a bordo di alcune auto scortati da volanti della polizia e ci sono state anche lacrime, e commozione degli operatori che gestiscono la struttura prima dell’ultimo arrivederci.
Ma giungevano anche voci di protesta: “Andatevene bastardi”. Sono stati smistati in altri centri cittadini tenuti segreti, ma nessuno nel V municipio teatro degli scontri.
Gli immigrati adulti sono 38 e ospiti del centro da febbraio: sono tutti richiedenti asilo politico (secondo le procedure previste dallo Sprar) e arrivano da Etiopia, Somalia Gambia e Guinee. Loro restano, e verranno alloggiato in un solo piano, quello che non risulta danneggiato.
La decisione di portar via i più giovani è nata soprattutto dopo la nuova protesta di questa mattina.
A far scoppiare la scintilla sarebbe, secondo i residenti, “l’aggressione a una ragazza spintonata stamani da uno straniero”.
Ma anche il rifiuto di far entrare gli immigrati in un bar: “Qui non potete entrare, non è per voi”. E il Campidoglio, che ne è responsabile in quanto minorenni, ha deciso lo spostamento altrove per garantire loro maggiore sicurezza. E per procedere ai lavori nei piani danneggiati
Per gli adulti richiedenti asilo del centro la questione del trasferimento è comunque sul tavolo: se ne sta discutendo, al Comune, in Prefettura e al Viminale.
“Non si può vivere così segregati, senza nemmeno la possibilità  di uscire a fumarsi una sigaretta. Ora si stanno trasferendo i minori, poi si cercherà  di provvedere anche con gli adulti” si sfoga Gabriella Errico, presidente della cooperativa “Il Sorriso”.
“Trasferiremo anche gli adulti così il centro di accoglienza chiude e alla fine saranno tutti contenti – aggiunge polemicamente – il quartiere ha vinto, Tor Sapienza sarà  contenta, e sicuramente saranno risolti tutti i problemi legati a spacciatori, stupratori e travestiti pure”.
Una decisione, quella spostamento dei ragazzi extracomunitari, che suscita non poche perplessità  anche negli stessi ambienti del Viminale, dove fonti qualificate fanno notare le possibili conseguenze di una ‘resa’ ai malumori anti-immigrati della piazza, strumentalizzabile da alcune componenti politiche e il rischio di creare un pericoloso precedente, che potrebbe alimentare ulteriori problemi per l’ordine pubblico anche in altre realtà .
A Tor Sapienza le proteste vanno avanti ormai da giorni. Nella notte tra lunedì e martedì i residenti sono scesi in strada in via Morandi contro il centro di accoglienza per rifugiati.
Sono stati lanciati sassi, bruciati cassonetti. E si sono viste anche bande con i cappucci in testa. Da quel momento la tensione è continuata a salire.
La Procura della Repubblica ha avviato un’indagine su quanto accaduto nelle ultime ore. “E’ necessario e urgente che venga fatta chiarezza sulla reale natura e provenienza degli ingiustificabili attacchi subiti dal centro. Roma è capitale dell’accoglienza e rifiuta ogni forma di violenza, razzismo e xenofobia” fanno sapere dal Campidoglio.
Dopo due notti di scontri e paura, anche questa mattina gli abitanti del quartiere romano si erano radunati sotto il centro dei rifugiati scandendo insulti “Se ne devono andare”.
A rafforzare il cordone di sicurezza sono arrivati poliziotti che si sono aggiunti ai carabinieri. La situazione è precipitata quando sono state lanciate bottiglie e pietre contro l’edificio di via Giorgio Morandi, l’ennesimo episodio nel giro di pochi giorni che ha determinato la decisione del trasferimento dei minori per evitare ulteriori tensioni. “Trasferiscono i minori? A questo punto devono andarsene tutti – hanno commentato gli abitanti – Devono proprio chiudere il centro. Sarà  una vittoria solamente quando li porteranno via tutti”.
In strada anche Don Marco Ridolfo, parroco della chiesa di San Cirillo Alessandrino in viale Morandi. “Questo quartiere soffre il degrado e l’assenza di sicurezza e non riguarda la comunità  di immigrati. Ora si parlerà  solo di razzismo e basta ma questo è la punta dell’iceberg – ha detto Don Marco – i problemi sono anche di degrado e scarsa sicurezza: sono legati alla prostituzione, allo spaccio frequente che avviene nella zona, alla scarsa illuminazione. La sera le persone hanno paura a circolare perchè ad esempio le luci sono spesso spente o comunque l’illuminazione non è sufficiente, c’è paura per atti di violenza che non riguardano solo gli immigrati, la situazione di degrado è più grande non riguarda solo la comunità  di immigrati”.
Ma i residenti non hanno accolto positivamente neanche l’annuncio dell’arrivo dei politici. “Vuole venire Borghezio? Vuole venire Salvini? Venissero pure, cacceremo via anche loro. Noi non facciamo la guerra agli immigrati, facciamo la guerra alle istituzioni che non ci proteggono da chicchessia, stranieri o no”, hanno detto alcuni abitanti.
“I politici vengono e fanno vetrina, venissero che li cacciamo”, aggiunge una donna. “Dove erano prima? — si chiede un altro — Dove? Ora vengono qui a farsi pubblicità  sulla nostra pelle. Li cacciamo, punto”.
“L’attenzione dei politici arriva solamente quando scoppia il caos, ma nessuno fa nulla per prevenirlo” — aggiunge un altro residente.

(da “La Repubblica”)

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LE ATTIVITA’ BENEFICHE DEL FINANZIERE RENZIANO SERRA? QUALCOSA NON TORNA

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

L’ASSOCIAZIONE VITA CHIEDE SPIEGAZIONI: “MANTIENE UNA MISSIONE DI 8.000 BAMBINI IN TANZANIA? I SOLDI CHE VERSA BASTANO APPENA PER 312 BAMBINI”

Non solo le vecchie polemiche per la società  basata alle Cayman e quelle, più recenti, per le “provocazioni” sui limiti al diritto di sciopero.
Il finanziere renziano Davide Serra, finanziatore della prima ora del premier, ora è finito nel mirino del mensile e giornale online del terzo settore Vita a causa delle dichiarazioni, fatte durante un’intervista a Repubblica uscita il 6 novembre, sulle attività  benefiche portate avanti attraverso la sua fondazione Hakuna Matata.
Il fondatore di Algebris ha detto al quotidiano di Largo Fochetti di “mantenere una missione di 8mila bambini in Tanzania, 2mila per ognuno dei miei quattro figli, perchè i miei sono fortunati ed è giusto aiutare chi lo è meno”.
Per inciso, poi, Serra riconosceva: “E’ vero, una parte della beneficenza si deduce dalle tasse, perchè lo stato britannico lo permette”.
Ma il risultato è “che posso raddoppiare le donazioni grazie ai benefici fiscali”.
Vita, in un articolo intitolato “I conti che non tornano del filantropo Davide Serra”, nota però che dal sito di Hakuna Matata (che ha sede a Londra allo stesso indirizzo di Algebris) risulta che “la donazione di Serra ammonta a 6.500 euro al mese, che moltiplicato per 12 mesi fanno 78mila euro“.
Una cifra che porta il giornale del non profit a dubitare che il numero di piccoli “mantenuti” possa essere quello dichiarato.
“Basta chiedere a qualsiasi ente che si occupi di sostegno a distanza internazionale”, scrive infatti Vita, “per sapere che per mantenere un bambino in Tanzania (ovvero assicurargli i pasti, un tetto, il minimo indispensabile per vestirsi e la possibilità  di frequentare la scuola e accedere ai servizi sanitari essenziali) attraverso lo strumento del sostegno a distanza occorrono fra i 250 e i 300 euro l’anno. Teniamo buona la cifra minima di 250 euro. Con i suoi 78mila annui Serra sarebbe in grado di “mantenere” 312 bambini l’anno (o 4.680 bimbi per i 15 anni di durata del progetto, secondo quanto sembra di capire dal sito, ammesso che cambino ogni anni i beneficiari) e non certo 8mila. Per “mantenere” i quali servono almeno 2 milioni di euro”.
Il sito spiega poi di aver cercato di contattare i dirigenti di Hakuna Matata per spiegazioni, ma senza riuscire a ottenere chiarimenti in materia.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA AL SOCIOLOGO REVELLI: “SALVINI E’ UN IMPRENDITORE DELL’ODIO PER UN PUGNO DI VOTI”

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

“TORNANO LE SCORIE DI UNA CERTA DESTRA E IL PD E’ UN OGM”… “RENZI VUOLE STARE COI RICCHI E PRENDERE IL VOTO DEI POVERI”

“Dalle periferie di Roma e di altre città  arrivano segnali spaventosi. Stiamo saggiando i limiti della nostra tenuta sociale”. Marco Revelli, intellettuale e sociologo, sembra scoraggiato, quasi arreso. “Queste violenze sono uno dei prodotti tipici della crisi. Quando le società  marciscono, iniziano i conflitti orizzontali alla base della piramide sociale. I penultimi contro gli ultimi: le guerre tra poveri. I poveri si combattono perchè la piramide si è allungata e i ricchi sono fuori tiro”.
E qualcuno ci specula…
C’è chi si arricchisce politicamente su questi sentimenti. È un’operazione indecente.
Nomi e cognomi?
Matteo Salvini. È l’imprenditore dell’odio. Trovo disgustoso questo modo di stare dentro la crisi per qualche pugno di voti in più. Stare contro gli ultimi per conquistare i voti dei penultimi.
Salvini, forse, risponderebbe che lui ascolta la pancia delle persone. Qualcun altro se l’è completamente dimenticate.
Non è l’unico responsabile di questa situazione. Prendiamo i rom: i campi nomadi — dove si vive in condizioni disumane — non se li è inventati certo Salvini. Le amministrazioni pubbliche di ogni colore hanno considerato questa umanità  ai margini una zavorra. Salvini incassa, ma sono in molti ad avergli preparato questa situazione.
La Lega ora si allea con Casa Pound.
La crisi sta cambiando i profili delle soggettività  politiche. Sta nascendo anche in Italia una destra virulenta, per certi versi persino peggiore del Front National francese, che nel tempo ha smussato alcune sue punte. La destra sta rimettendo in scena le scorie più tossiche della propria identità  novecentesca.
E la sinistra?
Simmetricamente, anche la sinistra ha avuto una mutazione genetica. Il Pd è un ogm, in fuga vertiginosa da ogni identità  che possa anche lontanamente ricordare le proprie origini. Renzi è impegnato in un’acrobazia spericolata: vuole stare con i ricchi al vertice della piramide (pensiamo alla Leopolda e alle cene per miliardari) e insieme conquistare il voto di chi sta in basso. Un’operazione tenuta insieme dalla sua retorica populista. È molto difficile, perchè ad ogni svolta rischia di scontrarsi con la realtà  dei fatti. Prima o poi succederà .
Siamo ai limiti. Abbiamo politici spregiudicati: Salvini, Renzi e in qualche momento pure Grillo, che è tentato di appellarsi a certi cattivi sentimenti, come su Ebola e immigrazione. Io avverto con paura degli scricchiolii dell’impalcatura della nostra tenuta civile. Il guappismo renziano ha cancellato anche quella sinistra che per qualche sussulto di memoria, ogni tanto, reagiva. Non rimane che il Papa, l’unica voce che si sforza di comunicare sentimenti e valori positivi.

Tommaso Rodano
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA FA FRANCA SOLO BERLUSCONI: 6 ANNI A MORA, 4 A FEDE, 3 ALLA MINETTI

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

PROCESSO RUBY: IN APPELLO LA MINETTI OTTIENE LE ATTENUANTI GENERICHE E A FEDE CADE L’ACCUSA DI INDUZIONE ALLA PROSTITUZIONE

Dalla tempesta del bunga bunga si salva solo Silvio Berlusconi.
La Corte d’appello di Milano infatti ha confermato le condanne per l’ex direttore del Tg4, Emilio Fede, l’ex consigliera regionale lombarda del Pdl, Nicole Minetti, e l’ex agente di spettacolo Lele Mora.
I giudici riducono le pene per tutti, fanno cadere alcuni capi d’imputazione e ne riformulano altri, ma confermano l’impianto accusatorio di quello che è stato chiamato processo Ruby bis.
Fede è stato condannato a 4 anni e 10 mesi, la Minetti a 3 anni, Mora a 6 anni e un mese. caso Ruby.
In primo grado le pene erano state rispettivamente a 7 anni per Fede e Mora e a 5 per la Minetti. I tre erano accusati a vario titolo di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile.
A luglio, invece, la Corte d’appello aveva assolto Berlusconi sia dall’accusa di concussione sia dall’accusa di prostituzione minorile.
In appello i giudici hanno riformulato le accuse per gli episodi che vedevano coinvolte la stessa Karima El Mahroug, Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil: da favoreggiamento a tentativo di induzione alla prostituzione.
Da qui la riduzione della pena. Alla Minetti, invece, i giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche e per questo la condanna è calata da 5 a 3 anni.
Sensibilmente ridotta anche la pena per Mora perchè nei sei anni e un mese inflitti dai giudici di secondo grado va compresa anche la pena per la bancarotta della sua società , per cui aveva patteggiato nel 2011.
Il sostituto pg Piero De Petris, al termine della requisitoria, nella quale aveva parlato delle serate di Arcore come di un “lupanare“, aveva chiesto invece la conferma delle condanne di primo grado.
Mora si dice soddisfatto: “Sono emozionato, perchè se fossi finito carcere si nuovo il mio fisico non avrebbe potuto reggere. Ho già  pagato perchè sono finito in carcere in isolamento per 14 mesi, trattato peggio di un terrorista. Non mi pento di quello che ho fatto perchè se uno si pente non è uomo”.
Toni diversi dagli avvocati della Minetti, Paolo Righi e Pasquale Pantano: “Con la Minetti si continua a usare la clava e fortunatamente la Cassazione non è a Milano”.
I legali sono convinti dell’innocenza della loro assistita e anche che “questo processo vada celebrato a Monza”. Quindi quella della competenza territoriale sarà  una delle questione che riproporranno nel loro ricorso davanti alla Suprema Corte con cui chiederanno l’annullamento del verdetto.
Si dice “amaramente sorpreso” Fede che ha appreso l’esito della sentenza dalla televisione: “Ho sentito solo un momento il mio avvocato, l’avvocato Paniz — dice all’AdnKronos — ma non so nulla di più di quello che ho sentito alla tv”.
Tuttavia Fede aggiunge: “Tutta questa vicenda si commenta da sola. Rispetto la sentenza, ma mi viene da sorridere al pensiero che le serate di Arcore siano diventate il motivo dominante di tre anni della storia politica”.
Anche Paniz che difende Fede assieme alla collega Alessandra Guerini, ha preannunciato che farà  ricorso in Cassazione. “Le sentenze vanno rispettate e la Corte d’Appello ha dimostrato di essersi impegnata molto”, ha spiegato Paniz, chiarendo anche che Fede, qualora dovesse essere condannato anche in Cassazione, “non finirà  in carcere”, ma ci sarà  la possibilità , data la sua età , di chiedere i domiciliari.
Non è secondario ricordare che Paniz è stato un parlamentare del Pdl fino al 2013, ma in particolare fu lui a presentare la risoluzione votata dalla maggioranza (in pratica Popolo delle Libertà , che allora comprendeva le attuali Forza Italia e Nuovo Centrodestra, e Lega Nord) con cui la Camera respinse la richiesta dell’autorizzazione per le perquisizioni negli uffici del ragionier Giuseppe Spinelli, l’uomo che teneva la contabilità  della famiglia Berlusconi e soprattutto — in questo caso — pagava le cosiddette “Olgettine”. Pdl e Lega votarono quel giorno (3 febbraio 2011) la tesi di Paniz: cioè che Berlusconi era convinto che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak. “Sapete meglio di me che la tutela dei rapporti internazionali passa anche attraverso telefonate come questa!”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CENE ED ESCORT IN CAMBIO DI APPALTI: ARRESTATI A GENOVA I FRATELLI MAMONE

Novembre 13th, 2014 Riccardo Fucile

APPALTI AMIU: MANETTE ANCHE AL RESPONSABILE LEGALE DELLA MUNICIPALIZZATA

Arresti nell’Amiu, l’azienda municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti a Genova, e nel mondo dell’imprenditoria.
Stamattina i carabinieri del Noe hanno fatto scattare le manette ai polsi di sette persone, a completare un’inchiesta in corso da tempo sugli appalti truccati dell’azienda municipale di igiene urbana.
Tra gli arrestati, Corrado Grondona, responsabile legale e affari generali dell’Amiu, e i due noti imprenditori del settore movimento terra Vincenzo e Gino Mamone.
Tre funzionari dovrebbero invece essere interdetti dalle loro funzioni, dopo l’interrogatorio col gip.
Tant’è che ma stamani due di loro, che hanno appreso la notizia in un secondo momento, erano regolarmente al lavoro.
Secondo l’accusa, gli uomini di Amiu avrebbero concesso appalti agli imprenditori in cambio di notti con escort e cene.
Le persone colpite da ordinanza di custodia cautelare sono nel complesso sette: il dirigente area acquisti ufficio legale di Amiu Corrado Grondona, gli imprenditori Gino e Vincenzo Mamone, Luigi Mamone, figlio di Vincenzo, Claudio Deiana, titolare della società  RGD, Stefano Raschellà  e Daniele Raschellà , imprenditori della società  Edildue.
La procura ipotizza a vario titolo l’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla turbativa d’asta, all’omessa denuncia e alla falsità  ideologica.
L’indagine è stata condotta dai carabinieri del Noe con il coordinamento dei pm Francesco Cardona Albini e Paola Calleri. Gli arresti sono stati effettuati in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare del gip Roberta Bossi.
Stupore nella sede dell’Amiu.
In via D’Annunzio nessuno si aspettava gli arresti e le misure di interdizione, anche perchè stamani Massimo Bizzi e Roberto Ademio   si sono presentati regolarmente in ufficio ed hanno appreso degli eventuali provvedimenti nei loro confronti dai siti internet.
Il primo è il dirigente responsabile della raccolta rifiuti della municipalizzata, il secondo un funzionario dell’Ufficio Acquisti di Amiu. Carlo Sacco, direttore della discarica di Scarpino, invece, da un mese è assente dall’azienda per malattia. “Nessun blitz dei carabinieri del Noe nella nostra sede”, precisa il presidente Marco Castagna.
Nell’ordinanza di custodia cautelare si legge   che “Mamone e Raschellà  sistematicamente remuneravano Grondona mediante l’offerta di cene spesso implicanti incontri sessuali con prostitute retribuite dagli stessi Mamone”.
In particolare, i presunti episodi di corruzione sarebbero “correlati a servizi per eventi alluvionali… tra cui la redazione da parte del responsabile del procedimento attestante i motivi dello stato di urgenza… in violazione dei principi di buon andamento, correttezza ed imparzialità  della pubblica amministrazione”
Le esigenze cautelari, secondo la Procura e il gip, sarebbero desumibili dalla   spregiudicatezza e dalla spessore criminale di Gino Mamone.

Giuseppe Filetto e Marco Preve
(da “La Repubblica“)

Ricordiamo che il nostro blog a suo tempo denunciò la visita dei Mamone alla sede di Futuro e Libertà , con le relative polemiche che ne seguirono… Allora molti ci presero per “allarmisti senza fondato motivo”: il tempo è galantuomo.

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