Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
I NUOVI VOLTI RENZIANI TRA ESTETISTE, GAFFES E IMPREPARAZIONE
Accessori indispensabili per una serata sul divano: telecomando, cuscino anticervicale e dosi massicce di
Maalox.
Ogni volta che accendono la tv, quelli del back office, aumentano di un punto il loro rischio di bruciori di stomaco.
Sono le truppe nelle retrovie del Renzi I, i parlamentari del Pd lasciati in panchina, costretti al quotidiano confronto con il front office del Nazareno.
E Matteo volle che quel ruolo – di certo complesso, ma di garantita carriera – fosse riservato quasi in esclusiva alla pattuglia femminile della sua squadra.
Lungi da noi, quindi, mettersi a costruire categorie di genere sulla efficacia comunicativa del renzismo: è che – tolti i Gozi, i Nardella, i Carbone e la new entry Andrea Orlando – è di donne che ci tocca discutere quando parliamo delle relazioni pubbliche del Pd.
Otto ne ha messe al governo e una è diventata Lady Pesc.
Ma mai, quando Federica Mogherini saliva a capo della politica estera europea, avremmo immaginato di ritrovarci con Lady Like. Copyright di Alessandra Moretti, europarlamentare (ieri vivisezionata da Libero insieme alle colleghe di cui parleremo più avanti: zero interrogazioni, zero mozioni, zero report, si piazza 670esima su 749 quanto a produttività ) ora in corsa alle primarie per il candidato governatore del Veneto: “Si dice che sono quella che può mettere più in difficoltà Zaia”, confessa.
Ma si fosse limitata a non peccare di modestia, sarebbe il meno.
No, la Moretti, al Corriere.it   ha snocciolato il nuovo impegno per la cittadinanza tutta: “Ho deciso di andare dall’estetista ogni settimana”.
È lo stile “Lady Like” e se non vi piace peggio per voi.
“Sappiano che non ci intimidiscono”, tuona la Moretti a chi dovesse osare criticare la tinta ogni sette giorni.
Ieri ha chiesto a Twitter di “verificare” il suo account: guai a scambiarla per un fake, vuole che si sappia che è tutta farina del suo sacco.
Poi, chiude ogni messaggio con #Alè: è il diminutivo del suo nome, ma sa tanto di overdose da Floris. E proprio lì, martedì sera, Pina Picierno (all’europarlamento lei è 394esima, a metà classifica) ha subìto “la prova della piazza”, come profeticamente recitava il titolo della trasmissione.
Già temprata dai cori di scherno quando sostenne che con 80 euro ci si fa la spesa per due settimane, non paga di aver accusato la Camusso di essere leader di un sindacato che si regge su tessere false e pullman pagati, l’altra sera ha tentato di parare i colpi di Fuksas e Costamagna ripetendo ossessivamente la parola “cambiamento”.
Stile di squadra. Ecco la replica di Simona Bonafè (due interrogazioni e quattro discorsi, 414esima a Strasburgo) al dibattito aperto dal collega M5S Piernicola Pedicini su idrocarburi, estrazioni petrolifere e altre questioni ambientali: “Mi sembrano questioni talmente tecniche che in questa sede che è più politica forse varrebbe la pena concentrarci su altre tematiche e soprattutto evidenziare lo sforzo tutti insieme, perchè di questo si tratta, veramente per portare dei cambiamenti fin da ora alle politiche di cambiamento climatico”.
O le domande sono troppo tecniche o non sono abbastanza “di rinnovamento”.
Così spiegò il ministro Marianna Madia ai giornalisti che volevano sapere se per lei la Pubblica amministrazione “si può chiamare unfardello”.
In attesa della risposta, perfino la Cisl ha deciso di scioperare.
Ciò che non potè il Jobs Act, potè la Madia.
Lei sì che è “di rinnovamento”.
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
E’ QUANTO EMERGE DA UNA INTERCETTAZIONE TELEFONICA TRA GERBINO, CONSULENTE AMBIENTALE, E LASTRICO, EX DIRIGENTE DELL’AMIU… IL 13 NOVEMBRE SONO STATI ESEGUITI SETTE ARRESTI
Il Polcevera, l’irruente torrente esondato sabato scorso seminando danni e devastazione da Bolzaneto al mare, potrebbe nascondere un terribile segreto.
Nelle sue acque, che corrono a ponente, dalle colline della valle omonima fino al mare fra Sampierdarena e Cornigliano, si nasconderebbe l’insidia mortale del cromo esavalente.
In una concentrazione tale da risultare letale per la salute umana.
È quanto rivela una intercettazione telefonica che risale al giugno 2012, fra Tomaso Gerbino, consulente ambientale e Enrico Lastrico, ex dirigente dell’Amiu, l’azienda rifiuti genovese.
I due erano stati intercettati dal Carabinieri del Nucleo ecologico nell’ambito di un’inchiesta della procura della Repubblica che poi si è conclusa con i sette arresti del 13 novembre.
In carcere, fra gli altri, sono finiti i fratelli Gino e Vincenzo Mamone e il dirigente dell’Amiu Corrado Grondona. Un giro di escort era stato adoperato, secondo gli investigatori, per ammorbidire i funzionari pubblici e facilitare la vittoria negli appalti alla ditta dei Mamone, specialisti nello smaltimento dei rifiuti.
“E in più ti dico che lì c’è pieno di cromo esavalente”, rivela Gerbino all’allibito interlocutore, l’ex dirigente Amiu Enrico Lastrico.
Gerbino si riferisce appunto al torrente Polcevera. Lastrico si stupisce: “Ah sì?”. Gerbino conferma: “È pieno di cromo esavalente. Si sono inventati una analisi di rischio … il comune…per cui e ti ho capito, ma belin, il cromo esavalente lo troviamo nel… nel… nel… nell’alveo del Polcevera. Ma a livelli di 4-500 microgrammi per litro”.
La reazione di Lastrico è tra l’incredulo e l’inorridito: “Madonna, ragazzi, ma allora ci ha buttato della roba… terrificante”.
A chi si riferisce Lastrico quando parla di qualcuno che avrebbe sversato la micidiale sostanza nel torrente? I pm Calleri e Cardona Albini stanno cercando di appurarlo.
I Carabinieri del Noe scrivono di “una sequenza di illeciti ambientali messi in opera dal comune”.
La località da cui proverrebbe il cromo esavalente sarebbe rintracciabile a Bolzaneto, nel sito che ospita un impianto di biopile, che è una tecnica di depurazione del suolo contaminato che consiste nell’utilizzo di speciali batteri idonei a eliminare gli agenti inquinanti presenti in terra, rocce o altro materiale.
Non risulta peraltro che in quel sito sia mai stato smaltito cromo esavalente.
Presente in abbondanza invece nel sito dell’ex fabbrica Stoppani di Cogoleto che lo ha prodotto per oltre un secolo, fino al 2003, quando è stata chiusa.
La bonifica, finanziata dalla regione Liguria con quasi 3 milioni di euro, si è impantanata a causa dell’indisponibilità della discarica speciale del rio Molinetto, chiusa perchè non rispondente agli standard di sicurezza imposti dalla legge.
Nel marzo scorso la procura di Genova aveva aperto un’inchiesta contro ignoti sospettando che la gara di appalto per eseguire i lavori di adeguamento della discarica fosse stata truccata.
Tornando all’intercettazione, Gerbino conversando con Lastrico dice: “È da aver paura .. hanno fatt .. c’eravate di mezzo anche voi (l’Amiu, ndr) ma poi siete usciti .. le Biopile a Bolzaneto .. che doveva diventare un centro di recupero rifiuti che avreste gestito voi .. voi fortunatamente .. furbamente ve ne siete scappati a gambe levate .. dopo 4 anni hanno portato via il materiale classificato come terre e rocce da scavo .. tieni conto che erano rifiuti che avevamo tirato via dalla bonifica (quale bonifica?, ndr) e avevan fatto le biopile proprio per scendere dei limiti di concentrazione sotto i mille l e dice va beh .. e no dice va beh … il problema qual è? che sono arrivati i carabinieri”.
Lastrico: “Ah”. Gerbino: “del NOE …beh .. no no .. eee .. per dirti .. quando sono preoccupato sugli Erzelli con la parte pubblica .. perchè? .. perchè poi belin .. loro quello che ritengono belin di fare perchè loro sono .. sono i committenti”.
Lastrico: “e lo so .. no no .. guarda me .. secondo me lì i carabinieri ci sono arrivati quelli NOE perchè .. in realtà c’è una cosa evidentissima lì alla .. a fianco di quell’area lì sotto il viadotto c’è…”. Gerbino: “Sì sì si”. Lastrico: <Praticamente là sotto c’è un’intera discarica abusiva lungo tutto il viadotto… Fai conto che ci saranno 200 metri di rumenta (rifiuti, ndfr)> .Gerbino replica. “Anche lì il Comune ha le sue responsabilità ”.
A quale viadotto si riferisce Lastrico? A Bolzaneto passa un viadotto dell’autostrada Genova-Serravalle, che scavalca proprio il torrente Polcevera,in via Romairone, poco prima del casello autostradale.
Accanto al campo nomadi di Bolzaneto.
Renzo Parodi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
UNA GENERAZIONE ILLUSA DAL TAROCCO “MENO DIRITTI, PIU’ LAVORO”
È un’immagine che ritorna: la figura mitica dell’eroe vicino al “popolo” — di un Risorgimento tanto ideale
quanto fallimentare — che dal popolo stesso anzichè accolto viene aggredito e insultato.
Già evocata e sublimata fantasiosamente nel 1974 in Allonsanfan dei fratelli Taviani, si ripropone nell’attualità politica e mediatica, i cui termini sono sempre più stretti e interconnessi.
Nel 1857 la spedizione di Carlo Pisacane — cui i Taviani parzialmente si ispirarono per il loro film — si concluse in un eccidio, perchè i contadini che i mazziniani e i rivoluzionari volevano liberare dall’oppressione borbonica, anzichè attendere a braccia spalancate il manipolo di liberatori, li infilzarono con falci e forconi.
Non c’è nulla di più labile e fluttuante della categoria “popolo”. Oggi come ieri.
Ne fa le spese talvolta chi a esso si sente contiguo, chi ne prende le parti e ne brandisce idealmente le ragioni, chi vorrebbe lottare per la sua causa, ma viene proditoriamente ricacciato indietro dal popolo stesso.
È il caso di Maurizio Landini, (Anno Uno, La7, giovedì, 21.15) — che ha le stimmate dell’eroe ottocentesco — indotto a dialogare con una realtà , scivolata via via su una china incerta — al centro di un parterre di giovani, che lo incalzano quasi con astio pretestuoso, come fosse un qualsiasi Tony Blair, costretto a giustificarsi di aver sostenuto la guerra in Iraq.
Le accuse sono quelle generiche e rivendicative, di chi ritiene che i “sindacati” non abbiano fatto gli interessi dei “non garantiti”.
Il leader della Fiom sembra colpito da tanta vis polemica, anche se cerca di parare i colpi e ribattere.
Ma ciò che emerge nella dialettica del talk è la solitudine del “liberatore”, quasi il suo sgomento, non perchè non abbia argomenti, anzi, ma perchè gli appare curioso e doloroso che debba utilizzarli — da sindacalista “politico”, che non si occupa solo di contratti, ma a cui sta a cuore che non vengano lesi i diritti dei lavoratori — contro coloro cui la sua battaglia si rivolge.
Come un insegnante, che avesse dedicato la vita intera alla causa dei giovani, votato alle sue finalità educative e professionali, che dagli alunni infine, anzichè un grazie, ricevesse indifferenza, incomprensione e ostilità .
O come chi si trovasse in Pakistan, in una di quelle regioni in cui i piccoli già a quattro anni tessono tappeti per poche rupie, e pensasse di lottare per liberarli dalla schiavitù, scoprendosi solo nella sua battaglia, perchè sono gli stessi genitori che li vendono o affittano, quei bambini, e l’intero sistema economico del Paese che ci prospera.
La solitudine del liberatore è un paradosso straniante.
Il diritto allo studio, la politica industriale, l’articolo 18, la tutela dei principi costituzionali: gli argomenti di Landini, che rappresentano la sua piattaforma di richieste al governo, si infrangono contro la diffidenza di coloro che non vogliono ascoltare ragioni, che percepiscono superate dalla realtà , ma che fino a poco tempo fa a tutti sembravano incontestabili.
Nulla sembra smuovere quei giovani animosi, che navigano nel mare dell’oggettività , senza orizzonti nè orientamento, incantati dall’unico refrain: meno diritti, più lavoro.
Come se l’equazione e l’approdo, peraltro, fossero scontati e non tutti ancora da dimostrare.
Luigi Galella
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
IN TESTA LE LARGHE INTESE, IN TASCA L’ACCORDO CON NCD
È già partito con la campagna elettorale. Ignazio Marino è ancora sindaco, dice «per quanto mi riguarda non ci sono nè dimissioni nè elezioni in vista», pensa a un mini rimpasto per restare in sella, ma Alfio Marchini si è portato avanti col lavoro e scommette sulla fine anticipata del mandato.
Ci sono i sei per tre alle rotonde, i manifesti lungo le strade, alcune affissioni abusive: se ti fermi al semaforo è probabile che l’autobus davanti a te sia ricoperto dal suo celebre cuore rosso.
Già , il cuore, è il simbolo di Alfio Marchini, il bello, che ci riprova e corteggia la città . Imprenditore per eredità , giocatore di Polo, a 29 anni era già nel cda della Rai, in quota centrosinistra.
Alle ultime comunali Marchini guidava una lista civica con dentro molti centristi e si è fermato al 9,49 per cento: poco più di 110 mila voti, non molto rispetto alla copertura mediatica che gli hanno assicurato televisioni e giornali.
È benvoluto nel mondo dell’informazione, Marchini, questo sì, ma non è bastato: in consiglio comunale sono entrati in due, Marchini e Alessandro Onorato, ex consigliere del Pd, poi transitato per l’Udc, una volta lasciati i democratici perchè, dopo l’era veltroniana – era la poco profetica lettura di Onorato – il partito era «destinato a diventare una riedizione del mai tramontato Pci».
Marchini ora è pronto a riprovarci, con il suo cuore, e però magari non solo con quello.
Nel totonomi del possibile successore a Ignazio Marino ( che con il partito democratico non ha ormai rapporti : e la federazione cittadina chiede un rimpasto col tono di chi indica la porta, mediata dall’intervento del vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini), finisce puntualmente il bell’imprenditore.
Non è un mistero, d’altronde, che parte del partito romano e nazionale abbia sempre visto di buon occhio la sua candidatura e anzi l’abbia ricercata già nel 2013, prima di ripiegare su Marino.
Lo ricostruisce senza imbarazzo alcuno anche Goffredo Bettini, uno che a Roma da sempre dà le carte: «All’epoca si sono sondati Riccardi, Barca, lo stesso Marchini, il quale però si è rifiutato di sottoporsi alla primarie, strumento per noi imprescindibile per scegliere il candidato» scrive sulla sua pagina facebook, in un post che fa ricadere la scelta del nome di Marino, «sul gruppo dirigente nazionale».
Ad oggi i retroscena danno Marchini più come l’uomo giusto per riunire il centrodestra dietro alla sua lista dei cuori infranti e con quella replicare il modello delle larghe intese.
Ma non è detto affatto che debba finire così, e Marchini, anzi, tiene aperte tutte le porte.
Nonostante lo scorso giro abbia preso meno del 10 per cento, Marchini è infatti convinto di poter piacere a tutti: «Oggi sempre più romani ci chiedono di guidare la rinascita», dice sicuro a Repubblica. Il Pd sappia che «io mi candiderò comunque», è l’avviso che sembra un invito.
Vuole raccogliere a destra e a sinistra, Marchini, di cui non sono un mistero gli incontri con gli alfaniani di Ncd, con il senatore Andrea Augello: «L’idilio Renzi-Berlusconi ha abbattuto gli ultimi recinti: ora il popolo sceglie libero da finte ideologie», è la teoria.
E pazienza che Augello fosse una delle colonne della giunta Alemanno, giudicata «fallimentare».
«Per vincere bisogna aggregare anche quei romani che un tempo votavano per il centrodestra e per il centrosinistra», continua ricalcando il premier. Quella del candidato Marchini è la stessa idea di Renzi, la stessa del partito della nazione, la stessa del governo, che infatti, per Marchini, è riproducibile: «A maggior ragione a Roma, dopo le fallimentari esperienze Alemanno e Marino».
Dice di piacere anche a sinistra, Marchini, perfino dalle parti di Sel. In parte è così: «Culturalmente Alfio Marchini è nel campo del centrosinistra» dice all’Espresso Gianluca Peciola, «noi ci siamo scontrati su alcuni temi, come sulla delibera con cui voleva escludere gli occupanti dalle liste per la casa, ma sullo sforamento del patto di stabilità come sulle unioni civili c’è sintonia».
Insomma, «sarebbe un peccato regalare una figura così al centrodestra». Per il capogruppo al consiglio comunale di Sel quindi «l’opzione delle larghe intese da destra va smontata, prima che smonti il centrosinistra, attraendo una parte del ceto politico e però anche elettorale del Pd».
E a riportare nel campo del centrosinistra Alfio Marchini, se non dovesse esser il litigioso Pd romano, potrebbe essere direttamente Renzi, con Lorenzo Guerini, ormai commissario in città .
Quello di Marchini con la sinistra è d’altronde un rapporto che dura da tempo.
Da generazioni.
L’omonino nonno, Alfio, detto Calce e martello, partigiano dei Gap e costruttore. Il nipote è stato socio della Fondazione ItalianiEuropei, feudo dalemiano, nel 1994 fu mandato in Rai dal centrosinistra, e ha partecipato a una delle tante rinascite dell’Unità , ai tempi di Veltroni.
«L’ingegnere» lo chiamano, anche i collaboratori più stretti.
Luca Sappino
(da “L’Espresso”)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
ELEVATI FENOMENI DI ELUSIONE SCOLASTICA… UN MILIONE E MEZZO DI BAMBINI IN POVERTA’ ASSOLUTA
A 25 anni dall’approvazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza possiamo
valutare se e quanto essa abbia contribuito a migliorare la situazione dei bambini e ragazzi in Italia e a creare una attenzione nei loro confronti da parte dei decisori politici ed economici.
Come capita spesso, ci sono luci e ombre, anche se temo che le seconde prevalgano sulle prime.
È sicuramente diminuita la mortalità infantile, che oggi, al 3,4 per cento, è tra le più basse al mondo.
Ma rimangono forti differenze regionali, con uno scarto di quasi tre punti percentuali tra il 2,1 per cento del Trentino e il 4,9 per cento della Sicilia.
È aumentato il livello di scolarizzazione, in particolare la percentuale di coloro che proseguono gli studi dopo la scuola dell’obbligo.
Ma rimangono elevati i fenomeni di elusione e abbandono, anche nella scuola dell’obbligo.
L’Italia è tra i paesi europei con il più alto tasso di interruzione precoce degli studi (prima del completamento della scuola media superiore).
Riguarda il 17,6 per cento degli adolescenti (20,6 per cento dei ragazzi, 14,5 delle ragazze), a fronte del 13 per cento medio a livello Ue.
Il fenomeno è particolarmente rilevante nel Mezzogiorno, benchè non sia esclusivamente un fenomeno meridionale.
L’Italia è anche uno dei paesi sviluppati ove sono più elevati i divari nelle competenze cognitive dei bambini e ragazzi in base alle caratteristiche sociali dei loro genitori e della collocazione territoriale: un segnale della incapacità della scuola – per il modo in cui è organizzata, per le risorse su cui può contare – a contrastare le disuguaglianze sociali di partenza.
Ne è indiretta testimonianza anche il fatto che l’Italia è uno dei paesi in cui è più alta (50 per cento) la trasmissione intergenerazionale della bassa istruzione.
Soprattutto, dalla metà degli anni Novanta, quasi in coincidenza con l’approvazione della Convenzione internazionale, la povertà minorile ha cominciato ad aumentare, soprattutto tra le famiglie numerose e nel Mezzogiorno.
Con la crisi le cose sono ulteriormente peggiorate.
Il rischio di povertà ed esclusione sociale riguarda oggi oltre il 30 per cento dei minori nel nostro paese (oltre il 50 per cento se sono stranieri), una percentuale maggiore del 5 per cento di quella degli adulti.
Un milione e mezzo di bambini e ragazzi si trova in povertà assoluta, cioè appartiene a famiglie che non hanno reddito sufficiente per acquistare un paniere di beni essenziali.
Il 4 per cento non può fare neppure un pasto adeguato al giorno.
Benchè il peggioramento delle condizioni abbia riguardato tutto il Paese, è stato particolarmente grave nel Mezzogiorno, peggiorando ulteriormente quel divario nelle opportunità di vita tra chi nasce in zone diverse del paese per cui, come è stato osservato, un bambino che nasce a Sud del 42esimo parallelo ha un rischio di nascere e crescere in condizioni di povertà superiore del trecento per cento rispetto a chi nasce a Nord di quel parallelo.
A fronte della persistenza e aggravarsi di queste disuguaglianze nelle opportunità di vita e sviluppo dei più piccoli tra i suoi cittadini, la politica ha fatto ben poco.
C’è stato poco investimento nelle politiche educative, a partire dai primissimi anni di un bambino, con la positiva eccezione di una scuola dell’infanzia quasi universale.
Le politiche di sostegno al costo dei figli sono state scarse, frammentate e spesso fuori bersaglio, come rischia di essere da ultimo anche il bonus di 80 euro per i nuovi nati. Le politiche di contrasto alla povertà pressochè assenti, sperimentali, occasionali. Siamo forse ancora il paese in cui i figli sono «piezz’ e core».
Di sicuro, siamo un paese in cui i bambini e adolescenti non sono considerati cittadini con diritti propri, ma neppure come soggetti su cui sarebbe doveroso, oltre che utile, investire.
Chiara Saraceno
(da “la Repubblica“)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
LA COMMISSIONE INFANZIA: 3,8 MILIONI DI MINORI VIVONO IN DIFFICOLTA’ ECONOMICHE
Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
La data non è causale ma ricorda il giorno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, nel 1989, la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. In 25 anni sono stati 194 Paesi a ratificarla nel mondo, l’Italia lo ha fatto nel 1991
Eppure tuttora nel mondo ci sono milioni di ragazzi e bambini vittime di violenze o abusi, discriminati, emarginati.
In Italia, dice un’indagine del Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso dell’infanzia e di Terres des hommes, sono circa 100 mila i bambini presi in carico dai servizi sociali, ogni anno, dopo maltrattamenti o abusi sessuali (6,7 casi su mille).
Per sensibilizzare i cittadini su questi problemi oggi ci saranno numerose manifestazioni
A Milano, dalle 9.30, si muove la marcia «Io e tu» organizzata da Unicef, Arci, Arciragazzi e promossa dal Comune di Milano in cui 2 mila studenti sfileranno in centro per ricordare agli adulti la volontà di essere parte attiva di un processo che tuteli e riconosca i loro diritti.
A Roma, dalle 10 nella sala Capitolare del Senato, la commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, con il dipartimento per le Politiche della famiglia e il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, promuove il convegno «Tra vecchie e nuove povertà : i minori in Italia a 25 anni dalla Convenzione di New York».
Fra i relatori ci sono Maria Elena Boschi, ministro per le riforme; Vincenzo Spadafora, Garante nazionale per l’infanzia; e Michela Vittoria Brambilla, presidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza.
«In questi 25 anni abbiamo compiuto progressi sul piano legislativo – spiega l’onorevole Michela Brambilla – ma non è ancora sufficiente il livello di protezione reale dei diritti dell’infanzia. È un vero scandalo, per esempio, la diffusione dei maltrattamenti, sconcerta che lo 0,98% dei nostri minori sia presa in carico ogni anno dai servizi sociali per maltrattamento e abuso sessuale». Numeri che preoccupano.
«Scioccanti – prosegue – ma trascurati, che chiamano in causa lo Stato per l’assenza di un sistema di monitoraggio e quindi per la mancanza di politiche di prevenzione e protezione fondate sulla conoscenza. Desta particolare preoccupazione che una parte di queste violenze si verifichi in ambiti pubblici in senso stretto, come i servizi scolastici e quelli sanitari, o più ampio, come le associazioni sportive sulle quali serve più attenzione: tutte realtà alle quali le famiglie si rivolgono con una fiducia che non può essere scossa. Il pediatra arrestato per abusi sul minore, le maestre condannate perchè costringevano i bambini a mangiare il cibo vomitato sono manifestazioni di delinquenza individuale e sconfitte dello Stato».
Ad allarmare è anche il livello di povertà minorile.
Secondo un’indagine conoscitiva che la commissione parlamentare per l’infanzia sta conducendo e di cui il Corriere ha avuto un’anticipazione, su 10 milioni di minori, quelli in stato di povertà assoluta sono passati da 723 mila nel 2011 a 1.434.000 nel 2013.
Invece sono 2,4 milioni quelli in condizione di povertà relativa (il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia è definita povera).
E ancora: il 16% delle famiglie con bambini, una volta ogni due giorni, non è in grado di garantire ai figli un pasto sostanzioso (dato Unicef).
«Va colta l’occasione della legge di Stabilità per riflettere sulla necessità di varare un programma specifico di contrasto alla povertà minorile – sostiene – magari anticipando risorse ricavabili dalla riforma dell’Isee o usando meglio i fondi europei per lo sviluppo. Non può mancare ciò che è mancato fino ad ora: una vera politica per l’infanzia, per l’adolescenza, per i giovani. Altrimenti condanniamo il nostro Paese all’irrilevanza».
Alessio Ribaudo
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
SCANDALO AMIU A GENOVA: ERA L’EX CONS. COM. DEI COMUNISTI ITALIANI, ROBERTO DELOGU, LA “SPIA” CHE ACQUISIVA INFORMAZIONI IN PROCURA
Due anni prima degli arresti, e soprattutto prima delle perquisizioni e degli avvisi di garanzia, qualcuno
sapeva che ad Amiu sarebbe «scoppiato il bubbone», perchè glielo aveva detto una dipendente della Procura addetta alle intercettazioni.
Al punto che dopo averlo scoperto, i carabinieri avevano deciso di consegnare a mano ogni documento in materia.
A possedere informazioni ultra-riservate era Roberto Delogu, tuttora funzionario dell’azienda pubblica di nettezza urbana, ex consigliere comunale e candidato sindaco a Genova con il Partito Comunista – Sinistra popolare nel 2012.
È uno dei dettagli emersi dalle carte dell’inchiesta che ha fatto finire in carcere nei giorni scorsi il dirigente Amiu Corrado Grondona e sei imprenditori, accusati di pagargli tangenti in cambio di appalti.
E però intercettando e indagando a tamburo battente, gli investigatori hanno scoperto molto di più.
E Delogu è finito a sua volta al centro di un’inchiesta parallela, avviata proprio sulla fuga di notizie, in cui s’ipotizza il reato di violazione del segreto istruttorio.
Così scriveva due anni fa il sostituto procuratore Paola Calleri, quando nessuno in teoria poteva sapere fuori dal palazzo di giustizia che si lavorava su quel fronte (le informative sono allegate alle ordinanze di custodia cautelare scattate nei giorni scorsi, ndr).
«Il 29 novembre 2012 si è verificato un episodio grave. Luigi Orlando, amministratore delegato della “Quattroerre spa, un tempo appaltatrice della raccolta differenziata, poi estromessa dai vertici Amiu a favore di Switch srl, contattava i carabinieri… Riferiva che Roberto Delogu, dipendente Amiu responsabile dei servizi integrati con il Comune di Genova, dopo avergli espresso rincrescimento per la sua estromissione, gli comunicava in via riservata di aver appreso da una dipendente della Procura che sono attualmente (cioè al novembre 2012, ndr) in corso indagini, e che sarebbe “scoppiato il bubbone”».
E poi: «Appare evidente che Delogu è a conoscenza degli accertamenti in corso, con particolare riferimento ai legami esistenti tra i vertici aziendali e la Switch 1988 srl… È altamente probabile che lo stesso possa parlarle con altri soggetti, compresi gli indagati o dirigenti di Amiu».
Il passaggio fondamentale per scoperchiare la presenza d’una “talpa” persino fra gli addetti alle intercettazioni, era stato il confronto fra Luigi Orlando, terminale delle confidenze di Delogu, e gli stessi militari.
Orlando nel novembre 2012, ovvero due anni prima degli arresti e un anno e tre mesi in anticipo persino sulle prime perquisizioni (gennaio 2014) che avevano lasciato intendere l’apertura dell’inchiesta, dopo aver incontrato Delogu telefona subito all’Arma.
E così gli uomini del Nucleo operativo ecologico, guidati dal capitano Stefano Barani, descrivono la sua segnalazione: «Orlando riferiva di essere stato contattato da Delogu, fra l’altro candidatosi alle ultime elezioni per il sindaco… Evidenziava che, saltuariamente, l’interlocutore gli esprimeva il suo dispiacere per come l’azienda Quattroerre sia stata esclusa dai servizi di raccolta dei rifiuti nel Comune di Genova, manifestando la sua posizione di “voce fuori dal coro” nell’ex municipalizzata».
Ma soprattutto: «Durante l’ultimo contatto avuto con Delogu, quest’ultimo gli avrebbe manifestato di aver saputo da una fonte di sua conoscenza alla Procura della Repubblica che starebbe per “scoppiare il bubbone” all’interno di Amiu».
E a precisa domanda dell’imprenditore su chi gli avesse confidato la notizia, Delogu confessa di conoscere «una dipendente della Procura, addetta alle intercettazioni telefoniche, senza però indicarne il nominativo».
Il procuratore capo Michele Di Lecce sceglie al momento la linea del riserbo: «Si tratta di una vicenda molto delicata, su sui sono in corso sia approfondimenti penali che disciplinari».
Matteo Indice
(da “il Secolo XIX”)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELLA FUNZIONARIA DELLA REGIONE LIGURIA SILURATA DA BURLANDO
Il 21 ottobre boccia il progetto per un centro commerciale delle Coop con annesso grattacielo da 35 piani da costruire a due passi dal Bisagno.
Il 6 novembre la Giunta della Regione Liguria, su proposta di Claudio Burlando, la trasferisce all’ufficio che si occupa di cani e gatti
Protagonista della storia è Nicoletta Faraldi, 62 anni, dirigente della Regione Liguria.
I suoi colleghi la definiscono così: “Una donna tutta d’un pezzo”, “Il rigore fatto persona”.
Faraldi racconta: “Sono in Regione dal 1981, mai avuto problemi. Amavo il mio lavoro, finchè si basava sulle leggi, sulla tecnica. Ma poi… ”.
Poi sono cominciati i guai.
Sulla scrivania di Faraldi passano carte che valgono decine di milioni: le procedure di Via, Valutazione di Impatto Ambientale. Un “sì” o un “no” decidono la sorte di operazioni immobiliari enormi.
Proprio come è successo nell’ottobre scorso: “Faraldi — spiega la consigliera regionale Raffaella Della Bianca, gruppo misto — doveva dare il suo parere a un megacentro commerciale realizzato da società legate alle Coop. Più l’immancabile area residenziale. Un grattacielo di 35 piani”.
La pratica, ha raccontato Libero, giunge sul tavolo di Faraldi nei giorni della prima alluvione genovese del 2014, quella che il 9 ottobre provocò un morto in Val Bisagno. A pochi passi dovrebbe sorgere il centro commerciale nei 4 ettari dell’ex Officina Guglielmetti.
Faraldi esordisce: “È stato acquisito il parere della struttura regionale Assetto del territorio che, nel confermare gli aspetti di criticità idrogeologica nell’area di interesse, insistendo il progetto in area caratterizzata… da suscettività al dissesto elevata e da pericolosità idraulica elevata… ”.
Quindi le conclusioni: “Si dichiara inammissibile la variante relativa al centro funzionale in esame”.
Addio centro commerciale, addio grattacielo. Sono in una zona a rischio.
E comincia la guerra.
All’una di notte del 31 ottobre, dieci giorni dopo la bocciatura, Faraldi riceve una email da Gian Poggi. Ne abbiamo già parlato: è il braccio destro cui Burlando affida le questioni delicate in materia di cemento.
L’uomo (finora non indagato) che, secondo i pm, avrebbe avuto contatti con gli imprenditori arrestati per aver pagato mazzette e prostitute a dirigenti pubblici per ottenere 10 milioni di appalti post alluvione.
I toni del messaggio di Poggi sono sprezzanti: “Anzichè porvi in un rapporto di collaborazione con il nostro ufficio, continuate a giudicare senza mai interloquire… e a svolgere imperterriti i vostri rituali, francamente di scarsa o nulla utilità . Preso atto della assoluta refrattarietà alla collaborazione, annuncio che sono stufo di questo andazzo… vi guarderò andare alla deriva… a sollecitarvi ci penseranno i diretti interessati”.
A chi allude Poggi parlando di intervento dei “diretti interessati”? Non basta.
L’email di Poggi contiene una definizione folgorante di come il centrosinistra ligure percepisce l’ambiente: “Il settore edilizio è morto, in gran parte in conseguenza delle politiche ambientali nazionali e regionali (ma forse è più opportuno definirle vessazioni) ”. Testuale.
Sei giorni dopo quel messaggio notturno, ecco che la giunta regionale, “su proposta di Burlando”… “ritiene di adottare immediatamente” una deliberazione che trasferisce Faraldi.
Addio all’ufficio Via, dove blocca i progetti, andrà a occuparsi di “Sicurezza alimentare e sanità animale”.
Della Bianca nota: “È incredibile, non c’erano posti da dirigenti liberi e pare ne abbiano creato uno apposta”.
Fino alla ciliegina sulla torta. Il giorno dopo aver appreso del proprio trasferimento, Faraldi riceve una lettera dell’assessore alle Infrastrutture, Renzo Guccinelli. C
he dice: “È assolutamente falso che la sua sostituzione sia imputabile a una mia decisione… e che avrei agito a seguito di un parere su una pratica”.
Qualcuno in Regione parla di excusatio non petita. Una cosa è certa: ora Faraldi non romperà più le scatole a progetti che stanno a cuore a molti.
Come l’Aurelia bis di Savona o il depuratore sul fiume Entella.
Un colosso da 80 milioni da realizzare dove una settimana fa il fiume è esondato.
In Regione tanti vogliono che si faccia.
Come il centro commerciale della Coop sul Bisagno.
Ferruccio Sansa
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 20th, 2014 Riccardo Fucile
LADY DIFESA SARA’ INDAGATA PER IL FALCON SU MISURA CHE L’HA PORTATA A CASA, NONOSTANTE FOSSE IN MISSIONE DI ADDESTRAMENTO
Il caso del volo “di addestramento” su misura del ministro Roberta Pinotti potrebbe arrivare al Tribunale
dei ministri entro fine novembre, intralciando la sua corsa al Quirinale.
Il procedimento nato dall’esposto dei deputati M5S Luca Frusone e Alessandro Di Battista potrebbe subire questo destino: entro la fine di questa settimana il ministro potrebbe essere iscritto sul registro degli indagati dal pm Roberto Felici.
Ed entro fine novembre il procuratore capo Giuseppe Pignatone potrebbe trasmettere il fascicolo al Tribunale dei ministri.
Le conseguenze politiche sarebbero pesanti: le eventuali indagini entrerebbero nel vivo proprio alla vigilia della corsa per il Quirinale che vede Roberta Pinotti in buona posizione.
Per ora si indaga contro “ignoti” ma l’iscrizione del fascicolo per il peculato d’uso (e non per abuso d’ufficio) sembra indirizzare le possibili investigazioni proprio sul soggetto che, per i parlamentari grillini, è stato il beneficiario del volo Roma-Genova del 5 settembre.
Il fascicolo dovrebbe arrivare al Tribunale dei ministri entro il 28 novembre perchè quel giorno scadono i 15 giorni dalla presentazione dell’esposto e la legge prevede che “il procuratore della Repubblica,omessa ogni indagine, entro il termine di 15 giorni, trasmette con le sue richieste gli atti relativi al collegio dei reati ministeriali”.
Il procuratore dopo l’iscrizione potrebbe suggerire al Tribunale dei ministri di acquisire tutta la documentazione sul volo “incriminato” compresi i piani di volo pubblicati ieri dal Tg7, e la “nota del giorno” del 31° stormo pubblicata dal Fatto il 26 settembre, dalla quale risulta che il Falcon 50 che ha portato il ministro a casa quella sera, pur se classificato come volo di addestramento, sarebbe partito solo dopo l’arrivo del passeggero Roberta Pinotti di ritorno dal vertice Nato di Cardiff.
Inoltre Pignatone potrebbe chiedere l’audizione dei militari per capire se il volo di addestramento sul quale Roberta Pinotti è salita il 5 settembre fosse stato programmato prima e a prescindere dalle esigenze del ministro.
Dal punto di vista politico sarebbe imbarazzante per il Pd un candidato al Quirinale indagato e sottoposto ad attacco dai grillini che non mollano la presa: già stasera il M5S potrebbe porre il tema durante l’audizione del ministro sull’Isis alle commissioni Difesa di Camera e Senato.
Pinotti intanto si è portata avanti con il lavoro presentando in Procura una dettagliata relazione scritta dall’avvocato del ministero della Difesa.
La linea è la stessa enunciata al Fatto il 25 settembre scorso: “Il ministro aveva prenotato il 2 settembre, due giorni prima di partire per Cardiff, un volo di linea da Roma a Genova per il sabato 6 settembre alle 10 e 20 di mattina. Nei giorni successivi il ministro ha scoperto che c’era un volo addestrativo programmato dal 31esimo stormo dell’Aeronautica da Roma a Genova in notturna con istruttore e due piloti”. Pertanto, secondo il Ministero: “Il volo di addestramento ci sarebbe stato comunque e quindi abbiamo risparmiato tre biglietti, comprendendo la scorta”.
Il punto da accertare è se quel volo di addestramento per Genova alle 21 del sabato si sarebbe tenuto comunque o se sia stato organizzato su misura per evitare uno scomodo pernottamento e un volo di linea.
Il 31esimo stormo gestisce i voli di Stato autorizzati dalla Presidenza del Consiglio ma può usare gli stessi aerei, senza chiedere autorizzazioni a Palazzo Chigi, per l’addestramento dei piloti.
Il tesoretto delle ore di volo di addestramento può essere usato discrezionalmente per far volare un politico o un generale invece di un altro.
E la questione politica è questa: il ministro della Difesa dovrebbe vigilare su questa discrezionalità invece di approfittarne.
Anche perchè Pinotti presto dovrà scegliere il nuovo capo di Stato Maggiore della Difesa e tra i nomi più quotati c’è proprio Pasquale Preziosa: il capo di Stato Maggiore di quell’Aeronautica così attenta alle sue esigenze.
Marco Lillo e Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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