Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
“SCONFITTA ENORME ALLE REGIONALI, COSI’ REGALIAMO LA CANDIDATURA ALLA LEGA”…”AZZERAMENTO DELLE CARICHE E POI PRIMARIE”
L’ennesimo affondo arriva dopo la batosta rimediata alle regionali e questa volta ha le sembianze di un processo.
Palazzo Grazioli è quanto di più lontano esista in natura dal tribunale di Milano, ma anche lì alla sbarra c’è Silvio Berlusconi.
“Nè Forza Renzi, nè Forza Salvini. Non possiamo essere sempre gregari“, è l’attacco portato da Raffaele Fitto alla leadership di Forza Italia durante i “tempi supplementari” del comitato di presidenza nella residenza romana dell’ex premier.
Il punto di partenza delle critiche mosse dall’europarlamentare, da tempo candidatosi alla successione all’ex Cavaliere e ieri assente perchè impegnato con i suoi a Strasburgo per la visita del Papa, è la sconfitta in Emilia Romagna e Calabria: “Una sconfitta poteva essere immaginabile, la sua dimensione è stata enorme” causata da “errori in costituzione delle alleanze e scelta delle candidature” con i quali il partito “ha regalato la candidatura alla Lega Nord“.
Alla presenza di Silvio Berlusconi, l’ex ministro pugliese parte all’attacco della linea del partito e mette nel mirino l’alleanza elettorale stipulata con Matteo Salvini in Emilia-Romagna e la scelta di allinearsi al governo Renzi, in ossequio al patto del Nazareno. “E’ indispensabile rilanciare sui temi e i contenuti, a partire dall’economia. Commentiamo l’attività degli altri, anzichè essere protagonisti. C’è troppa ‘renzologia’ e troppa ‘salvinologia’ in giro…”, avverte Fitto, ribadendo che il modello organizzativo del partito è un “problema grandissimo“.
Per questo, continua il capo dell’ala dissidente secondo il racconto dei presenti alla riunione a porte chiuse, “serve uno choc organizzativo in FI, bisogna rimettere tutto in mano agli elettori per avere una partecipazione”.
Il tema delle primarie “è stato posto da mesi perchè, in caso contrario, saranno gli alleati di FI nel centrodestra a trascinare il partito alle primarie”, l’ennesimo attacco di Fitto che all’uscita da Palazzo Grazioli è più preciso: “Ritengo sia doveroso un azzeramento delle cariche per mettere in campo un sistema di elezione della nostra classe dirigente che sia un sistema dal basso”, ha detto il dirigente azzurro che in mattinata aveva spiegato di non avere nessuna intenzione di uscire da Forza Italia: “Ho rinnovato la tessera del partito — ha detto a Radio 24 — le battaglie vanno fatte dall’interno, escludo una rottura, ma chiedo rispetto”.
Una visione diametralmente opposta a quella enunciata da Silvio Berlusconi, che anche oggi si è detto “assolutamente convinto della bontà del patto del Nazareno” e che ieri, alla presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa, aveva ribadito la convinzione circa la necessità di un’alleanza con la Lega: “Salvini è un buon centravanti, ma ha bisogno dietro di un buon centrocampo”.
Per questo “a me andrebbe bene anche di fare il regista dietro Salvini”.
Ma l’endorsement in favore di Salvini apre un nuovo fronte tra Fitto e Berlusconi. “Se c’è qualcuno più bravo, sono pronto a farmi da parte — è la posizione dell’europarlamentare — ma non puoi indicare come centravanti della tua squadra uno che non è del tuo partito”.
“Le mie parole su Salvini sono state strumentalizzate — la difesa dell’ex premier — non ho mai detto che lui è il futuro leader, ho solo detto che è uno dei potenziali leader”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
GLI ISTITUTI SMENTISCONO LA STAMPA: “NON E’ VERO. BASTA CON GLI ALLARMI”… MA IN ITALIA NON NE RISPONDE NESSUNO, COSI’ SI ALIMENTA IL RAZZISMO
Vandali rom che tirano pietre contro gli studenti di tre scuole romane nei pressi di Monte Mario. 
La notizia è apparsa questa mattina sul quotidiano “Il Messaggero” e ha messo in allarme i politici locali, contribuendo al clima di stigmatizzazione nei confronti dei residenti dei campi nomadi.
Dopo una verifica con i presidi degli istituti coinvolti, però, è apparso evidente che si trattava di una bufala.
L’articolo de “Il Messaggero” raccontava episodi molto circostanziati:
Torna difficile la convivenza nei pressi del campo rom di via di Cesare Lombroso tra chi frequenta la succursale del Tacito in via Vinci e i due istituti Alberghieri. «Negli ultimi giorni – racconta un dirigente scolastico – alcuni ragazzi provenienti dal vicino insediamento sono entrati a scuola, a bordo di un motorino rubato anche di giorno, durante l’orario scolastico. Hanno aspettato che si aprisse il cancello, per entrare e scorazzare qui dentro, quando i bidelli se ne sono accorti, uno è scappato scavalcando, l’altro è stato bloccato. Poi i carabinieri li hanno identificati. Ma la situazione comincia a preoccuparci. Entrano ed escono, non sappiamo bene che cercano. Noi e le famiglie abbiamo paura per la sicurezza degli alunni».
Dopo aver letto il giornale, due assessori del XIV municipio hanno deciso di fare visita alle scuole citate, ottenendo però informazioni completamente opposte: nessun agguato rom nei confronti degli alunni nè una presunta insicurezza derivata dalla presenza del campo nomadi. Riporta FanPage:
Peccato che i dirigenti scolastici degli istituti, la professoressa Giulana Mori per il Tacito e Ida Paladino per i due istituti alberghieri, abbiano con decisione smentito di aver rilasciato dichiarazioni su un presunto “allarme rom”, invitando anzi a stigmatizzare il clima di strumentalizzazione e di allarme attorno alle scuole.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
LA RETORICA ANTIGUFI DI “MATTEO IL MAGNIFICO”
“Massimo rispetto per chi vuole chiacchierare”, ha twittato dopo la vittoria del Pd in Calabria e Emilia-Romagna, “noi nel frattempo cambiamo l’Italia”.
“Noi” è lui, o meglio: lui con la Boschi, Orlando, Martina (è un ministro), Alfano e ovviamente Verdini, nel tempo libero concessogli dai rinvii a giudizio.
E chi è che chiacchiera?
“Chiacchierano” i sindacati, Landini, i professoroni , gli operai, i costituzionalisti, gli editorialisti, quelli che non cacciano mille euro per cenare con lui, i feticisti dell’art. 18, la minoranza del Pd e in sostanza tutti quelli che dissentono da lui.
Siccome hanno tempo da perdere, godono nel produrre brusio al solo scopo di demoralizzare il manovratore.
E pensare che nelle signorie, in quel glorioso Rinascimento che sbocciò nel cuore della sua Firenze, il Signore era lasciato libero di regnare nell’arbitrio, sapendo egli cos’era meglio per tutti.
Come Lorenzo, Matteo il Magnifico si sa costantemente sotto attacco, soggetto a congiure, complotti, manovre per fargli perdere velocità .
Ma non demorde, anzi. È un sacrificio, una quotidiana offerta di sè tributata al futuro e premiata dai risultati.
Il giochino è furbo: raso al suolo il Pd, Matteo ci vende la pseudo-vittoria nelle due regioni spolpate in questa specie di midterm della ‘nduja e del tortellino come una fase di assestamento della sua opera rivoluzionaria.
Lui aveva previsto tutto: dal calo dell’affluenza a quello delle tessere, conscio dei movimenti dialettici della Storia.
Ogni flessione, ogni apparente recessione, è una tappa verso la gloria.
È il destino dei grandi: prima che si capisca che stanno cambiando il mondo, devono superare un sacco di resistenze.
Che la gente che ha smesso di andare a votare non siano burocrati ma quel popolo che la sinistra amava e sosteneva, e che alle calcagna del vincitore frema il candidato leghista, sono dettagli noiosi. “2-0 netto”, twitta Matteo come se avesse 7 anni e non quasi 40, mentre si auto-seleziona una classe di à¼ber-votanti ottimisti, patriottici, depurata dai gufi che hanno avuto il buon gusto di restare a casa.
Nonostante il giurin-giurello fatto a Repubblica di essere di sinistra, di rispettare la storia del partito e altri abracadabra per anime pure, propinare il racconto che alle chiacchiere oziose e al dibattito sterile si preferisce governare alacremente secondo oscuri disegni è inequivocabilmente di certa destra.
Il chiacchiericcio prodotto da chi esercita l’arma del dubbio e della critica ha sempre dato fastidio al potere e a chi lo maneggia con ossessività egotica.
Senza andare alla pistola di Gà¶ring, le analisi, irrise come “alte strategie” e culturame da intellettuali, sono sempre state sbeffeggiate da chi ha un debole per la forza.
E Renzi è abile nelle forzature linguistiche.
Rintontisce con le metafore, da quelle calcistiche a quelle telefonistiche (il gettone nell’iPhone) per dissociarsi da una realtà sgradevole.
Inventa tagliole lessicali per creare fittizie coppie di opposti e imporre a chi ascolta una scelta: siete con chi fa o con chi blatera? Per la speranza o la paura? Per il cambiamento o la conservazione?
Tutte opposizioni senza senso, essendo falso l’assunto principale, ovvero che lui rappresenti sempre il primo dei termini della dicotomia.
È un trucco oratorio da dilettanti, noto a tutti i capipopolo.
Perciò, appena Landini incappa in un errore che svela la sua estraneità ai giochini linguistici, si sguinzagliano gli azzannatori renzini, zitti sulle offese a suon di decreti a quegli stessi onesti che si pretende di rappresentare.
Certo è vero che se non tutti quelli che sono con Renzi sono disonesti, molti dei disonesti che conosciamo stanno con lui.
E perciò si bagnano d’eccitazione le penne degli ex-berlusconiani, ora ammaliati dal figo fiorentino: per l’arrembante, spregiudicata effrazione che Matteo fa anzitutto alla logica. Come per il paradosso del cretese che dice che tutti i cretesi mentono, delle due l’una: o gli credono quando dice di essere di sinistra, e quindi non dovrebbero sostenerlo; o non ci credono, e quindi non dovrebbero sostenerlo in quanto bugiardo.
Ma forse la fortuna di Matteo sta tutta qui, in questa violenza spudorata al linguaggio e ai suoi limiti.
Daniela Ranieri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
L’EX CONSIGLIERE AIELLO HA PAGATO TRAMITE LA SUA AZIENDA 1665 EURO, MA IL REGOLAMENTO DEL PARTITO PREVEDE CHE LE ISCRIZIONI DEVONO AVVENIRE IN SEDE
Più di un centinaio di tessere del Pd pagate dal conto corrente di una farmacia in una città dove il partito di
Matteo Renzi ha raccolto alle ultime amministrative meno di 400 voti.
A Belpasso, in provincia di Catania, numeri e logica dalle parti dei democratici non sembrano andare d’accordo.
All’ultima campagna di tesseramento, alla fine del 2013, a pagare 111 tessere del Pd è il farmacista Giuseppe Aiello, ex consigliere comunale, dirigente della corrente che fa capo a Renzi.
Aiello fa due versamenti, ognuno da 832 euro e 50, per un totale di 1665 euro: ovvero il costo di 111 tessere pagate 15 euro l’una.
Il primo versamento lo fa tramite assegno il 9 novembre del 2013, intestato a Morabito Agatino, all’epoca segretario del Pd di Belpasso, attingendo dal conto corrente della sua farmacia.
Il secondo, tre giorni dopo, è un bonifico bancario, partito sempre dal conto della sua azienda, che questa volta è intestato alla sezione provinciale del Pd di Catania.
Il regolamento interno al Pd prevede, infatti, che la quota delle tessere deve essere divisa tra i circoli locali e le sezioni provinciali del partito.
Sempre il regolamento del Pd, però, non lascia dubbi sulle modalità del tesseramento: “l’iscrizione è individuale” è scritto al punto due delle regole che disciplinano le modalità di tesseramento del Pd nazionale, mentre il punto otto prevede come “l’iscrizione avviene presso la sede del circolo mediante la sottoscrizione e il ritiro della tessera”.
A Belpasso, come in ogni altro comune di’Italia, chi voleva iscriversi al Pd doveva recarsi personalmente al circolo per pagare la sua tessera.
In un secondo momento, poi, il tesoriere del circolo cittadino avrebbe trasferito quanto dovuto al Pd provinciale.
Aiello però ha reso la vita più semplice a tutti: con un bonifico e un assegno ha evitato ai 110 iscritti di recarsi al circolo del Pd per pagare la loro tessera.
“È possibile che in questo caso Aiello abbia raccolto il denaro di tutti i tesserati e abbia poi fatto un versamento unico per evitare di pagare 111 volte la stessa commissione” spiega Enzo Napoli, segretario del Pd di Catania.
“È tutto regolare: l’ho fatto in decine di altri casi. Io comunque ho i documenti firmati di ognuno dei 110 iscritti che mi autorizzano ad occuparmi del loro tesseramento” si difende il diretto interessato.
Non è chiaro però perchè il farmacista di Belpasso si sia preso la briga di girare assegni a segretari cittadini e bonifici al Pd provinciale facendoli partire dal conto corrente della sua farmacia.
Professionista apprezzato in provincia di Catania, responsabile sanità del Pd etneo, Aiello è un renziano di ferro e grazie alle ultime primarie, nel 2013, può vantare l’elezione di Margherita Francalanza, ovvero sua madre, all’assemblea nazionale del Pd, unica donna eletta in provincia nell’assise nazionale del partito.
Le primarie del 2013 sono un periodo delicato per il Pd: Renzi è dato in forte ascesa e ovunque sul territorio si moltiplicano i renziani dell’ultima ora.
In vista dell’assemblea nazionale e dei congressi locali fiumi di tessere spuntate da chissà dove inondano sezioni e circoli.
Se ne sono accorti a Trapani, dove a pochi giorni dal congresso, tesoriere e segretario si accorgono che oltre alle 300 tessere inviate dal partito (in relazione ai 5mila voti presi dai democrat alle ultime elezioni cittadine) ne esistono altre 450, arrivate non si sa da dove, e assegnate non si sa da chi.
A quel punto nella città delle saline i democratici si sdoppiano: da una parte il cosiddetto congresso dei fantasmi, dall’altra quello degli iscritti ufficiali.
Solo che alla fine, ad essere considerato valido dalla commissione regionale sarà soltanto il primo, quello dei 450 iscritti last minute.
“Un po’ in tutta la Sicilia hanno fatto così — spiega Sabrina Rocca, già candidata a sindaco di Trapani — pacchi di tessere acquistati da deputati, senatori e notabili locali. Gente che comprava tessere in blocco per prendersi il partito. E alla fine ci sono riusciti”.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
“SE IL PD NON CAMBIA CI SARA’ BISOGNO DI UNA NUOVA FORZA”
«Non ci siamo divisi…»
La minoranza si è spaccata in tre, presidente Rosy Bindi.
«Gli obiettivi di chi ha votato no e di chi ha lasciato l’Aula, come me, erano gli stessi. Marcare la distanza netta da un provvedimento che, eliminando il diritto al reintegro, considera il lavoro come una merce».
L’indennizzo non basta?
«È un passo indietro profondo, secolare, rispetto alla dignità del lavoratore richiamata dal Papa. Oltre a non condividere il merito io ho voluto prendere le distanze dal messaggio che il premier ha costruito in questi mesi. Le sue parole hanno scavato un solco tra il governo, il segretario del Pd e il mondo del lavoro, la parte più sofferente dell’Italia. Abbiamo visto la delegittimazione del sindacato e una provocazione davvero lontana dalla situazione reale degli italiani»
Pensa che l’astensionismo nasca da qui?
«Tra Emilia e Calabria il Pd ha perso 750 mila voti. Se alle Regionali avessero votato gli stessi elettori delle Europee dovremmo dire che oggi il Pd è tornato al 30%, un numero più vicino al 25 di Bersani che non al 41 di Renzi».
L’astensionismo è ininfluente, secondo lui.
«Affermazione molto grave. L’astensionismo è un problema per la democrazia di un Paese, per il Pd e anche per il governo. Il premier ha fatto campagna in prima persona e ha lanciato dal podio dell’Emilia uno dei messaggi piu gravi quando ha detto che lui crea lavoro, mentre il sindacato organizza gli scioperi. Con le Regionali Renzi si è unito ai tanti salvatori della patria a cui gli italiani amano affidarsi, per poi sperimentare la cocente delusione».
Rimpiange Enrico Letta?
«Il paragone non è con Letta. È con Grillo, con Salvini, con il Berlusconi dei primi anni. La rottura della politica col Paese reale è profonda e sembra rimarginarsi quando gli italiani si affidano al salvatore di turno, per poi delusi andare a ingrossare l’unico partito che vince, quello dell’astensione. Il voto di domenica dimostra che è iniziata la parabola discendente, anche di Renzi».
Gufa perchè rottamata?
«Sono stati rottamati 750 mila elettori in un colpo solo, non la Bindi. Questa categoria è servita a Renzi per vincere, ma ora, per continuare a governare, deve prendere per mano la povertà , le periferie, il dissesto del territorio, la crisi industriale. Chi guida i processi politici deve indicare il cammino, la speranza, e responsabilizzare tutti nella fatica della paziente ricostruzione».
La minoranza chiederà il congresso anticipato?
«Il gioco interno al Pd non interessa agli italiani, figuriamoci a me. Quel che mi interessa è che ci sia una forza politica che abbia il coraggio di ricostruire il tessuto democratico e affrontare una crisi economica sempre piu grave».
Progetta la scissione?
«Dico che questa è la funzione del Pd, se ha memoria delle origini, se non vagheggia l’idea del partito unico della nazione e se è un partito riformista, ma di sinistra. Quello sul Jobs act è stato un primo passaggio di merito, ma ora ce ne sono altri non meno importanti».
La riforma costituzionale?
«Appunto. Così è irricevibile, umilia il Parlamento e lo rende subalterno al governo».
La legge di Stabilità ?
«Non può essere una mera, finta restituzione delle tasse, c’è bisogno di sostegno vero al lavoro e agli investimenti».
E l’Italicum, lei lo vota?
«Se il patto del Nazareno non ha più futuro, nessuno pensi di portare avanti quella legge elettorale con sostegni diversi in Parlamento. C’è da dare al Paese una legge che assicuri il bipolarismo, non attraverso i nominati e il premio di maggioranza al partito unico».
E se Renzi va a votare?
«Questo risultato dovrebbe farlo riflettere, non è tempo di facili ricorsi alle urne. Voglio sperare che al di là del messaggio grave, sbagliato e pericoloso che ha mandato all’Italia, Renzi abbia un momento di ripensamento serio. Spero cambi stile e accetti il confronto. E si ricordi che il segno di chi ha la responsabilità più alta è unire, non dividere».
Perchè non uscite per fondare una forza alternativa, guidata da Landini?
«Se il Pd torna a essere il partito dell’Ulivo, che unisce e accompagna il Paese, non ci sarà bisogno di alternative. Ma se il Pd è quello di questi ultimi mesi, è chiaro che ci sarà bisogno di una forza politica nuova».
Una forza minoritaria?
«Tutt’altro che minoritaria, una forza di sinistra, competitiva con il partito della nazione. E allora servirà , oltre alle idee, la classe dirigente».
La sinistra fuori dal Pd non è un ferro vecchio?
«Renzi sbaglia quando si paragona al partito a vocazione maggioritaria di Veltroni, che prese il 33% e ridusse la sinistra radicale a prefisso telefonico. Quello era collocato nel centrosinistra e non ambiva a fare il partito pigliatutto. Se il Pd è quello di questi mesi una nuova forza a sinistra non sarà residuale, ma competitiva. E sarà un bene per il Paese, se non vogliamo che il confronto si riduca ai due Matteo. Sarà una sinistra riformista e plurale, ma sarà una sinistra. Sarà il Pd».
Il voto sul Quirinale sarà una resa dei conti?
«Quando dovremo confrontarci su quella scelta, spero più tardi possibile, io auspico che venga fatta ricercando l’unità del Paese. Fu un bene bocciare la riforma del centrodestra, che riduceva il capo dello Stato a portiere del Quirinale».
Perchè Renzi dovrebbe cercare un nome non condiviso?
«Ci sono molti modi per ridurre il ruolo del Colle, come rinunciare alla ricerca della personalità più autorevole per considerarla strumentale alla politica del governo. Sarà fondamentale trovare la persona che più unisce e la cui autorevolezza sia considerata indiscussa, da tutti».
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
IL 16 OTTOBRE BOLOGNA SI ERA FERMATA PER LA PROTESTA GENERALE: QUEL GIORNO SI E’ ROTTO IL RAPPORTO TRA ELETTORE E PD
La storia del progressivo distacco tra il Pd di Matteo Renzi e il suo elettorato inizia il 16 ottobre. 
Quel giorno Bologna si ferma e più di 20 mila persone scendono in piazza per partecipare allo sciopero generale della Cgil.
Vincenzo Colla, segretario regionale Cgil, dice dal palco che “una cosa così non si vedeva da anni”. Accanto a lui, da Roma, è arrivata Carla Cantone, emiliana, segretario generale dello Spi-Cgil, i pensionati.
Quel giorno si è rotto qualcosa e oggi, con l’indebolimento in Parlamento, la fuga di 750 mila elettori, lo “shock” del gruppo dirigente emiliano, se ne vedono gli effetti.
Qualcosa aveva capito Stefano Bonaccini.
Raccontano che quando giovedì scorso, al Paladozza, Renzi ha chiamato l’applauso dei circa tremila contro il sindacato, il neo-presidente abbia reagito con una brutta smorfia del viso.
Consapevole del disastro che si stava preparando. Un bolognese attento e curioso come Wu Ming 1 non ha dubbi: “Il Pd, e lo stesso Renzi, sono andati in tilt quando si è espresso il conflitto sociale. E l’idea di contrapporre la Leopolda alla piazza di San Giovanni gli si è rovesciata contro”.
L’allergia al conflitto è visibile nel nervosismo con cui il premier affronta le piazze che lo contestano. I Wu Ming hanno allestito una mappa interattiva, Renzi scappa per documentare i casi di fuga dalle piazze avverse.
La Cgil, in Emilia Romagna, ha 821 mila iscritti, seconda solo alla Lombardia, più grande e più industrializzata. Lo Spi ne conta 640 mila.
Logico, quindi, puntare lo sguardo in quella direzione.
I pensionati della Cgil smussano i toni, ricordano di aver fatto un appello unitario, insieme a Cisl e Uil, per andare a votare.
A differenza del segretario Fiom, Bruno Papignani, che aveva invitato a stare a casa. Però, tra i 750 mila rimasti a guardare, gli anziani sono molti come confermano anche nel sindacato. Lo ribadisce, ad esempio, Stefano Brugnara, presidente dell’Arci bolognese. “Certamente, sono andati a votare di più rispetto ai giovani, ma di anziani nei circoli Arci che dicevano di non voler votare ne ho sentiti molti. Ed è un dato che deve preoccuparci, tutti. Nessuno può chiamarsi fuori”.
Una buona sintesi di questo fenomeno la fornisce un protagonista insospettabile: il candidato “renziano” alle primarie regionali sconfitto da Bonaccini. Roberto Balzani è un autorevole professore, amico del rimpianto Edmondo Berselli — “all’Emilia manca la sua capacità di raccontare e capire” — fuori dalle logiche degli ex Dc o ex Pci del passato. A differenza del premier, però, non solo non sottovaluta l’astensione ma la fissa con precisione con l’espressione “sciopero generale del voto”.
La stessa analisi di Wu Ming 1 che individua nella “pratica degli scioperi generali” l’elemento che ha costituito “uno choc anafilattico” per il gruppo dirigente del Pd. Giudizio rinforzato dal sondaggista Roberto Weber, di Ixè: “L’Emilia è tale grazie ai corpi intermedi. Non puoi attaccarli tutti i giorni e pensare di cavartela”.
Balzani invita anche a non sottovalutare il ruolo dei “ceti medi riflessivi” quella fascia di tecnici, professionisti, imprenditori, che cavalcano il rinnovamento, “ma conservano l’attenzione ai ‘beni comuni’” e che non sopportano più un gruppo dirigente locale inadeguato.
Il “modello Errani” che Renzi ha tutelato in tutti i modi facendo coincidere i suoi commenti al voto con quelli dell’ex governatore.
La vicenda locale ha giocato un ruolo non secondario, spiega Weber: “Qui c’è una cultura contadina robusta che non sopporta la corruzione e vuole correttezza nei comportamenti. Logico che gli scandali abbiano creato insofferenza”.
Gli astenuti del Pd, quindi, hanno storie e fisionomie diverse. Ma sono figlie di una storia che Renzi vuole sradicare anche se oggi sembrano solo seduti sugli spalti a guardare la partita, dopo aver gridato con forza che l’allenatore a loro non piace.
“La tipologia di coloro che hanno votato non è molto diversa da chi si è astenuto” spiega Weber: “Hanno solo una sofferenza sociale e un’insofferenza in più”.
“Ma non so se torneranno indietro, aggiunge, certi comportamenti sono irreversibli”.
Altri immaginano un rinsavimento del gruppo dirigente Pd in grado di ricucire con il sindacato e di dare una svolta al partito.
“Serve un’intelligenza collettiva” chiede Brugnara. Ma serve anche, aggiunge Balzani, “uscire una volta per tutte dalla storia del vecchio Pci che qui non è mai morto”.
Ma forse, vale l’immancabile puntura di spillo che proviene dal sempreverde Romano Prodi: “Come ti fai il letto, così dormi”.
Salvatore Cannavo’
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
SENTENZA STORICA: “NO A RINNOVO SISTEMATICO DI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO”… IL GOVERNO ORA DEVE ASSUMERE 250.000 PRECARI, 100.000 IN PIU’ DEL PREVISTO E SI APRE UN CONTENZIOSO DA 2 MILIARDI
È un giorno importante per i precari della scuola italiana: la Corte europea dà ragione al ricorso contro il rinnovo sistematico dei contratti a tempo determinato, e stabilisce che dopo tre supplenze annuali un docente (o un ausiliare tecnico amministrativo) dev’essere assunto.
Ma la sentenza, per quanto storica, non coglie del tutto impreparato il governo: la stabilizzazione di 150mila docenti era già prevista nel piano “La buona scuola”. Anche se il parere della Corte potrebbe aprire ulteriori fronti di rivendicazione
Tutto nasce dalla direttiva europea n. 70 del 1999, secondo cui dopo 36 mesi di servizio i precari hanno diritto ad essere assunti a tempo indeterminato, a meno che non sussistano “ragioni oggettive”.
Una norma che l’Italia ha recepito con il decreto legislativo 368/2001, tanto che nel 2010 il sindacato Anief aveva sollevato la questione e cominciato la lunga battaglia arrivata oggi a sentenza.
Per stoppare i ricorsi, nel 2011 il governo aveva emanato una legge secondo cui la normativa non poteva applicarsi al mondo nella scuola, per la presenza appunto di queste “ragioni oggettive”, poi specificate dalla Consulta: il fatto che, prestando servizio, gli insegnanti accumulavano comunque punteggio utile ai fini della futura assunzione; la circostanza che il Ministero non fosse in grado di valutare a priori la consistenza degli organici; quindi motivazioni economiche.
Un castello di sabbia che l’Europa ha smontato oggi in maniera definitiva: come recita la sentenza “la normativa europea osta a una normativa nazionale che autorizzi, in attesa del l’espletamento delle procedure concorsuali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili”.
Pertanto il sistema italiano è illegittimo
La questione riguarda in particolare i cosiddetti posti vacanti e disponibili: cattedre vere e proprie, senza un docente titolare alle spalle da sostituire, che sarebbero potute essere assegnate in pianta stabile.
E che invece lo Stato ha sempre preferito trasformare in incarichi a tempo determinato rinnovati annualmente, per ragioni essenzialmente economiche.
Difficile quantificare con precisione il numero dei docenti potenzialmente interessati dalla sentenza: il sindacato Anief parla addirittura di 250mila precari da stabilizzare. Di certo c’è che dei 150mila docenti delle Graduatorie ad Esaurimento (i cosiddetti “precari storici”), circa 125mila hanno maturato nel corso degli anni 36 mesi di servizio.
Sarà per questo che il governo ha deciso di varare un piano straordinario di assunzioni, per cui ha già stanziato le risorse necessarie (un miliardo di euro nel 2015) in legge di stabilità .
Del resto non è neanche un mistero, nel documento “La Buona scuola” il procedimento della Corte europea viene esplicitamente annoverato fra le ragioni alla base della riforma.
I ricorrenti erano già circa 6-7mila, ma dopo la sentenza in migliaia avrebbero potuto andare in tribunale e vedersi facilmente data ragione.
Con questa infornata di assunzioni, invece, il governo si mette al riparo da pericolose azioni legali. Almeno in parte.
La questione sembra appianata per i precari delle GaE, che verranno assunti.
Ma qualcuno di loro potrebbe ugualmente chiedere un risarcimento danni (in particolare relativamente alla ricostruzione degli scatti di carriera).
E soprattutto il fronte potrebbe allargarsi al personale Ata (di cui non c’è traccia nella riforma) e ai docenti abilitati con i Pas: per accedere ai percorsi abilitanti speciali, infatti, era necessario avere tre anni di servizio.
Sono circa 65mila in totale, alcuni di loro potrebbero avere i requisiti per chiedere anch’essi la stabilizzazione.
Per tutti questi casi, dunque, la palla tornerà ai giudici nazionali: il parere della Corte è vincolante, ma comunque dovvrebbe essere lasciata discrezionalità di scelta fra la stabilizzazione e l’indennizzo economico; e potrebbe esserci anche un certo margine di manovra sulla verifica delle condizioni a monte della situazione.
Non dovrebbe esserci niente da fare, invece, per gli altri precari della scuola, i neoabilitati.
In teoria la sentenza stabilisce un principio generale: d’ora in avanti chiunque occuperà per tre anni una cattedra dovrà essere assunto.
Ma con l’infornata prevista della riforma e i nuovi organici funzionali le supplenze annuali verranno tutte assorbite, e scompariranno.
Le migliaia di docenti abilitati esclusi dal piano dovranno comunque attendere i prossimi concorsi.
Lorenzo Vendemiale
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
SU AGORA’ A RAI3 I DEPUTATI BARBANTI E TURCO VIOLANO L’EMBARGO…E GRILLO NON HA DI MEGLIO DA FARE CHE ATTACCARE PIZZAROTTI
Neanche 24 ore dopo la scomunica di Beppe Grillo al parlamentare Walter Rizzetto per la partecipazione al
talk show “Omnibus” su La7, due colleghi sfidano il diktat e intervengono al programma “Agorà ” di Rai3.
I deputati Sebastiano Barbanti e Tancredi Turco, entrambi in collegamento da piazza Montecitorio, hanno difeso la necessità di andare in tv perchè la gente, hanno sostenuto, si informa soprattutto attraverso il piccolo schermo.
“Dobbiamo riconoscere che è il momento di fare autocritica — ha detto Turco — di iniziare una riflessione seria al nostro interno. Forse i cittadini non sono ben informati su tutti i provvedimenti che abbiamo portato avanti, su tutte le nostre battaglie, e se non sono informati forse è anche colpa nostra, delle scelte che abbiamo fatto. Grillo deve rimanere il nostro megafono, ma è opportuno che venga affiancato anche da altri megafoni che siamo noi parlamentari”.
Per Barbanti, “Grillo deve rimanere a capo del Movimento. Se noi siamo qua in televisione è per far conoscere meglio i nostri programmi non certo per vanità o per soddisfare il nostro ‘punto G’”, ha messo in chiaro richiamando una vecchia espressione con cui Grillo mise alla porta la consigliera comunale bolognese, Federica Salsi, proprio per la sua partecipazione a un talk show.
Dopo il risultato delle Europee a maggio scorso, che nel Movimento avevano percepito come poco soddisfacente, il leader e lo staff avevano deciso di dosare le partecipazioni televisive.
Così solo alcuni volti selezionati in questi mesi hanno potuto comparire sul piccolo schermo.
Una scelta che però è stata più volte contestata da attivisti ed eletti e che dopo le Regionali è tornata ad essere criticata.
Al centro della discussione la crescita delle Lega Nord, che in molti nel Movimento attribuiscono anche al presenzialismo del leader Matteo Salvini proprio in televisione. Solo ieri Grillo ha attaccato Rizzetto, dicendo che se vuole andare nei talk show è libero di farlo, ma in quel caso parla solo a titolo personale.
Ma non c’è solo la televisione a dividere il Movimento.
Oggi il leader ha pubblicato sul blog una lettera dell’ambientalista Walter Ganapini sull’inceneritore di Parma.
E quello che sembrava un appello per un intervento in aiuto del sindaco Federico Pizzarotti, si è trasformato in realtà nell’ennesimo attacco. “Non è vero”, si legge, “che tutto si è fatto per impedire completamento ed avvio del forno. Non aver combattuto e vinto la battaglia contro la ‘dirigenza politicante’ Iren, priva di strategia industriale moderna e capace solo di accumulare miliardi di debiti, ha creato un danno enorme al Paese, non solo al Movimento, quando Parma poteva diventare il simbolo di una svolta decisiva,in senso europeo, delle politiche ambientali/infrastrutturali nazionali: c’erano tutte le condizioni”.
Dal Comune fanno sapere che la lettera di Ganapini a Pizzarotti risale ad un anno fa.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 26th, 2014 Riccardo Fucile
LA (NON) ANALISI DEL VOTO NEL BLOG DI GRILLO
A tre giorni dal flop alle regionali, sul blog di Grillo ancora non ce n’è traccia. Bisogna far scorrere la pagina molto al di sotto del settimo necrologio di Casaleggio sull’imminente morte dei giornali per trovare un’analisi dei risultati in Emilia Romagna, ben nascosta in un articolo sull’astensionismo.
Eccola: «Il MoVimento 5 Stelle nel 2010 raccolse 126.619 voti. Ieri ha aumentato i consensi con 159.456 voti».
Fine dell’analisi.
Il fatto che Grillo abbia perso tre quarti degli elettori delle politiche (658.443) e due terzi di quelli delle europee (443.936) è stato evidentemente ritenuto un dettaglio insignificante.
A meno che il profeta Casaleggio – l’uomo che ha già predetto la fine di tutto – abbia visto in questa emorragia di voti un segnale incoraggiante, un indizio della vittoria prossima futura.
Che arriverà , magari, il giorno in cui non ci saranno più i giornali.
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica”)
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