Destra di Popolo.net

IMPRESENTABILI, ENNESIMA FARSA: IL GRILLINO INCONTINENTE FA INFURIARE LA BINDI

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

ALLA FINE SPUNTANO SOLO QUATTRO NOMI PUGLIESI, MA SE CONSIDERASSERO GLI INQUISITI PER PECULATO SAREBBERO 400

“Solo” quattro nomi, tutti pugliesi. In tutto saranno una dozzina e per lo più campani. Ma per conoscerli bisognerà  aspettare venerdì, in zona cesarini visto che dalla mezzanotte scatterà  il silenzio elettorale. Forse, però.
Il condizionale è d’obbligo perchè in questa storia delle liste pulite il diavolo ha assunto varie fattezze e ci ha messo vari zampini. Come prevedibile.
Ad esempio quello di un Cinque stelle frettoloso di informare i suoi colleghi pugliesi. Ma anche le prefetture che, nonostante le richieste, non hanno inviato i dati richiesti e necessari per identificare i candidati e fare le verifiche giudiziarie.
Così, forse, venerdì avremo i nomi degli impresentabili che tutta Italia aspetta da giorni. Ma poco sarà  quello che sembra.
Molto, invece, resterà  fuori dalla black list.
“Se nel codice etico dell’Antimafia fosse stato inserito il peculato, gli impresentabili sarebbero stati 400” commenta l’ineffabile senatore Ciro Falanga approdato nel gruppo di Fitto.
Ma il peculato non c’è, così come tutti i reati che non hanno l’aggravante mafiosa. Venerdì, forse, la montagna partorirà  un topolino. Pasticciato, per giunta.
Il “diavolo” assume le fattezze del deputato grillino Francesco D’Uva, capogruppo M5S in Commissione antimafia e, ironia della sorte, certamente il gruppo politico che, con Sel, più di tutti ha preteso che la lista degli impresentabili fosse resa pubblica.
Nel pieno della riunione dell’Antimafia, appena il presidente Rosi Bindi rende noti i quattro nomi dei candidati pugliesi impresentabili, il giovanotto si mette a digitare sul telefonino nomi, cognomi, reati e liste di appartenenza.
Il risultato è immediato: sui siti appare il resoconto dell’informazione che doveva restare riservata e alla cui segretezza il deputato doveva sentirsi vincolato.
Quando Bindi viene informata della fuga di notizie, diventa una furia. “Chi è stato?” ha tuonato. “Lui” ha indicato un altro deputato zelante all’incontrario. E D’Uva, candidamente: “Ma io l’ho solo detto i miei colleghi sul territorio….”.
Apriti cielo. Giurano che il presidente Bindi non ha bestemmiato ma ha fatto molto di più senza scomodare il Padre Eterno.
A quel punto s’è bloccato tutto. Erano le 18.
E dire che a quell’ora la riunione, iniziata alle 16, pur pesantissima era giunta a un buon compromesso: rinviare tutto a venerdì.
Questa volta “il diavolo” ha assunto le fattezze delle prefetture campane.
Succede infatti che, nonostante le richieste dell’Antimafia, le prefetture campane non hanno inviato a San Macuto le liste dei candidati campani.
O meglio, non hanno inviato le liste con l’identificazione anagrafica dei candidati. Senza la certezza sull’identità , non è possibile la verifica giudiziaira.
Così, nonostante i tre magistrati (tutte donne) consulenti della Commissione abbiano lavorato senza sosta dal 15 maggio, non hanno potuto verificare la posizione nel registro giudiziario dei candidati campani.
Una svista? Un errore? Solo sciatteria? La domanda sarà  certamente girata al ministro dell’Interno Angelino Alfano.
“E’ stata sprecata un’occasione” commenta a fine riunione il senatore Beppe De Cristofano, campano di Sel.
“Le intenzioni della Commissione Antimafia erano nobili e giuste, abbiamo fatto un Codice etico apposta per avere liste pulite e in queste settimane i consulenti e il presidente Bindi hanno fatto un duro lavoro su una massa di dati enorme (circa settemila candidati, ndr). Spiace dover arrivare a poche ore dal voto con elementi parziali”.
I quattro “impresentabili” pugliesi, dunque: due sono con il candidato fittiano Schittulli; uno con Poli Bortone e uno con Emiliano. Per due di loro i reati sono prescritti. Giovanni Copertino, in lista con Poli Bortone, è stato condannato per corruzione aggravata, il reato è poi prescritto.
Fabio Ladisa, lista Popolari per Emiliano, è a giudizio per furto aggravato, tentata estorsione e truffa. Massimiliano Oggiano è imputato per voto di scambio e associazione mafiosa, nonostante questo Schittulli lo ha messo in lista. Così come Enzo Palmisano, condannato in primo grado per corruzione e truffa aggravata, è stato poi beneficiato dalla prescrizione.
Sono “puliti” i candidati liguri e toscani.. Qualche altra verifica è in corso in Veneto e nelle Marche.
Resta presentabile il candidato governatore Vincenzo De Luca perchè l’abuso d’ufficio non è inserito nel codice etico dell’Antimafia.
E resta presentabile anche la moglie del boss candidata in Campania. E’ incensurata. E non sarà  eletta. Ma il suo clan potrà  contare il pacchetto di voti di cui dispone. E metterlo sul tavolo. Quando servirà .
Un topolino, appunto.

(da “Huffingtonpost”)

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ORA FANNO TUTTI I PODEMOS, MA DA NOI LA SINISTRA NON C’E’

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

LA VITTORIA DELLE COALIZIONI SOCIALI E IL PARALLELO IMPOSSIBILE… TRA LANDINI, CIVATI, FASSINA E ZINGARETTI

Giocando con le parole si potrebbe dire: in Spagna Podemos, in Italia “podevamos”. Tante sono le liti della sinistra italiana e i detriti malmostosi di una sconfitta rovinosa, da far pensare che l’occasione sia giaÌ€ passata.
E tante le facce già viste contro la freschezza e la novità del fenomeno spagnolo.
Quel che è più vero, però, è che lo spazio politico che in Spagna ha saputo occupare il partito di Pablo Iglesias, in Italia è presidiato da tempo dal Movimento 5 Stelle.
La pensano cosiÌ€ politologi come Piero Ignazi o Alessandro Campi. E la pensa cosiÌ€, soprattutto, Gianroberto Casaleggio che non ieri ha diramato l’indicazione ai suoi di non commentare il risultato spagnolo.
Il M5S non ha nessuna intenzione di farsi trascinare su questo terreno perché non ha nessuna intenzione di dialogare con le varie parti della sinistra che guardano con ansia a Podemos.
Chi ha chiaro questo aspetto, ad esempio, eÌ€ un osservatore attento come Paolo Flores d’Arcais, tra i promotori iniziali della lista Tsipras, abbandonata proprio per il suo arroccamento nell’angusto spazio dell’ex sinistra radicale.
Il direttore di MicroMega ha fatto ieri il suo appello al voto per le Regionali del 31 maggio contro la “deriva di berlusconismo senza Berlusconi rappresentata dal governo Renzi”.
D’Arcais indica solo due nomi: Felice Casson a Venezia e la candidata M5S, Alice Salvatori, in Liguria, perché “Pastorino eÌ€ totalmente fuori gioco, come Toti del resto, il fotofinish eÌ€ tutto tra Paita e Alice Salvatore”.
Eppure, attorno al risultato di Pastorino si giocano molte delle chance per quella “Podemos all’italiana” a cui guardano in molti.
Un risultato a due cifre, magari attorno al 15%, magari in grado di far perdere Raffaella Paita, significherebbe per Giuseppe Civati, Nichi Vendola, Paolo Ferrero, Stefano Fassina, Sergio Cofferati e altri, trovare spazio anche a livello nazionale.
La strada, però, non è semplice e le divisioni, le sfumature, sono sempre in agguato.
Anche nella stessa Liguria, dove accanto a Pastorino c’eÌ€ l’Altra Liguria di Antonio Bruno, sostenuta da don Paolo Farinella, polemica contro le manovre che hanno portato alla candidatura dell’ex sindaco di Bogliasco.
Pippo Civati, intanto, uscito dal Pd pochi giorni fa, sta cercando di formare un gruppo parlamentare autonomo al Senato senza però dover passare necessariamente per i senatori di Sel che, a Palazzo Madama, conta su sette parlamentari.
Quest’ultima, a sua volta, vuole dimostrare di essere decisiva e cosiÌ€, il gruppo ancora non nasce
Il rischio che anche in questo campo ci si paralizzi per la ricerca della leadership è alto. Anche perché i soggetti sono più di due.
Stefano Fassina eÌ€ atteso fra poco come nuovo compagno di strada. La sua uscita dal Pd dopo le Regionali, anzi dopo l’approvazione del ddl sulla scuola, eÌ€ cosa fatta. Insieme a qualche altro parlamentare terraÌ€ un’assemblea nazionale per decidere di mettersi a disposizione di “nuovi percorsi”.
La dote principale che porta con sé Fassina non eÌ€ una fetta consistente del Pd — anche se a livello locale le simpatie non mancano —, ma un rapporto privilegiato con la Cgil. Le mosse future dell’economista sono calibrate con Susanna Camusso che ormai guarda con interesse a possibili novitaÌ€ a sinistra del Pd.
C’eÌ€ chi spera anche che nomi come quello del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, sempre piuÌ€ stretto nel partito renziano, possa decidersi a un passo. Zingaretti ha giaÌ€ pronto nome e logo di un’associazione culturale che dovrebbe varare in estate.
Se nel possibile soggetto unitario di una sinistra che guarda a Podemos ci saraÌ€ anche una fetta consistente della lista Tsipras — a partire da Marco Revelli — critiche e diffidenze sono invece arrivate dall’europarlamentare Barbara Spinelli che nell’uscita da quel progetto ha sottolineato anche l’incapacitaÌ€ di parlare con il M5S.
Poi c’eÌ€ la “coalizione sociale” di Maurizio Landini che si pone “fuori dai partiti” ma a cui piace Podemos.
Il debutto del progetto si terraÌ€ a Roma il 6 e7 giugno e il percorso immaginato da Landini guarda soprattutto alla “maggioranza che non vota” e alla capacitaÌ€ di tessere alleanze soprattutto a livello territoriale.
“Basterebbe indicare un perimetro comune”, spiega il responsabile organizzativo di Sel, Massimiliano Smeriglio, “in cui mettere a validazione democratica le varie opzioni”.
Ma non è detto, però, che le varie opzioni vogliano o possano stare nello stesso perimetro.

Salvatore Cannavò
(da “il Fatto Quotidiano“)

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INTERVISTA A ENEIDE (LIGURIA LIBERA): “LA POLITICA PENSI ANCHE AI DISABILI E AI GIOVANI COSTRETTI A CERCARE LAVORO IN FRANCIA”

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

IL GIOVANE CANDIDATO NELL’IMPERIESE: “IL TURISMO PRENDA ESEMPIO DALLA COSTA AZZURRA: COSI’ SI CREA OCCUPAZIONE”

Se non sbagliamo lei è al primo impegno politico: cosa l’ha spinta a candidarsi ?
Quando mi è stato proposto la prima reazione è stata dire di no, non mi sentivo all’altezza, sono un cittadino comune che lavora ed è impegnato nel sociale. Poi ho pensato a mio figlio, ai tanti giovani disillusi dalla politica e mi sono detto che è anche un dovere tentare di garantire a loro un futuro diverso. E che forse vale la pena provarci.
Lei è candidato a Imperia per Liguria Libera. Perchè proprio questo partito?
Perchè è nuovo, non è legato a vecchie logiche, non ha inquisiti. E perchè ha un programma che raccoglie le buone idee che possono da molti essere considerate o di destra o di sinistra, senza paraocchi.
Spesso si parla di ragazzi italiani costretti a cercare lavoro all’estero come di un fenomeno da statistiche: lei ne è un esempio concreto, vive a Ventimiglia ma l’occupazione l’ha dovuta cercare in Francia, a Cagnes-sur-Mer. Non si sente un po’ tradito dall’Italia?
Tradito magari no, un po’ deluso sì. Però sono una persona umile, forse anche io avrei dovuto fare di più , il mio lavoro poi è un lavoro particolare e solo pochi “fortunati” lo possono fare in Italia
La Riviera dei Fiori è rinomata, ma il lavoro uno lo deve cercare in Costa Azzurra: sembra una contraddizione, cosa manca al nostro Paese rispetto alla Francia? Sono molti i giovani italiani costretti alla sua stessa scelta?
Purtroppo ogni giorno ho occasione di fare raffronti tra la Costa azzurra e la mia riviera e nell’accoglienza turistica non c’è paragone. Ci sono tanti govani come me che lavorano in Francia, un po’ per necessità , un po’ per scelta. I francesi sono più creativi, in Italia il confronto lo regge solo la riviera romagnola.
Uno slogan della sua campagna elettorale è quello di una regione più vicina alle famiglie: si fa troppo poco in termini di welfare?
Faccio parte del consiglio direttivo di famiglie sma onlus, associazione a livello nazionale e mondiale, e alleno al calcio bambini da 9 anni. Il problema è che a forza di tagliare il sociale si finisce spesso con il tagliare non gli sprechi ma le prime necessità  di tante famiglie in termini di servizi e di strutture sportive e per il tempo libero
Lei è anche l’unico a portare in campagna elettorale un tema importante, quello dei diritti dei disabili. Il governo aveva addirittura tagliato i fondi, salvo poi dover fare marcia indietro di fronte alla protesta delle famiglie. Trova che vi sia insensibilità  nei confronti delle famiglie di disabili? Cosa propone?
Per capire le difficoltà  occorre aver vissuto questa esperienza: trovi tanta solidarietà  umana nella gente comune ma anche una burocrazia spesso sorda e lenta e una politica vicina a parole ma lontana nei fatti. Basti pensare alle strade inaccessibili ai disabili, quando basterebbe poco ad alleviare le difficoltà  a chi ne deve già  affrontare tante. Per non parlare degli aiuti concreti: la Regione Lombardia, tanto per fare un esempio, stanzia 700 euro per gli aiuti, la Liguria no.
A ponente si sta accentuando la crisi occupazionale, ci sono aziende che hanno chiuso i battenti, altre in difficoltà : cosa consiglierebbe a un giovane?
Di non rassegnarsi mai, se ha la fortuna di poterlo fare di studiare, di avere coraggio di mettersi in discussione, di rischiare.
L’ultima domanda la rivolgiamo al croupier abituato al tavolo da gioco: quale risultato vede per Liguria Libera a queste regionali e qual’è il suo obiettivo?
Personalmente di avere il voto delle persone che mi conoscono e che mi stimano, di chi apprezza il mio impegno civile e nel volontariato. Per Liguria Libera di volare alto e sempre liberi. La libertà  è la conquista più importante.

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BERLUSCONI: “GRAZIE ALLA CONSULTA NEL 2018 CI SARO’

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

E SILVIO SI AFFIDA A SAN FRANCESCO PER IL MIRACOLO

«Un leader si farà  vivo, ma ancora non c’è», torna a ripetere Silvio Berlusconi davanti agli oltre mille che lo ascoltano ad Assisi, tappa umbra del suo mini tour elettorale.
Ma l’apparente sconforto con cui ammetteva il vuoto intorno a sè davanti alle telecamere di Fazio domenica sera, lascia ora spazio a un ghigno di compiacimento.
«L’anti-Renzi sono io, non ne vedo altri, Salvini non potrà  mai esserlo», dice in queste ore ai suoi, per nulla sorpresi del colpo di coda improvviso, proprio quando tutto sembrava portare verso la successione.
«Ma ancora non l’avete capito che Berlusconi succederà  a se stesso? » ragiona Maria Rosaria Rossi al termine del comizio a due passi dalla Basilica di San Francesco.
Inutile la caccia all’erede, insomma, dal primo giugno – anche per irreperibilità  di figure credibili – sarà  lo stesso leader a occuparsi della ricostruzione di Forza Italia.
E nel 2018, quando si tornerà  al voto? «A molti sfugge che per quella scadenza il nostro presidente tornerà  candidabile», continua la tesoriera e amministratrice del partito, sua ombra. In realtà , i sei anni di interdizione e incandidabilità  dell’ex Cavaliere scadrebbero nel 2019.
Potrà  chiedere la riabilitazione, certo, ma solo decorsi tre anni dall’estinzione della pena (lo scorso marzo).
Peccato che tra febbraio e marzo 2018 si sarà  già  votato.
E allora non resta che confidare nella Corte di Giustizia europea in autunno e ancora più nel giudizio della Consulta sulla legge Severino.
«Vedrete che sarà  cancellata nei prossimi mesi – è la tesi dell’ex premier – conviene anche ai sindaci e magari ai futuri governatori della sinistra».
La caccia all’erede, del resto. «Parlare di successione è stucchevole, Berlusconi resta alla guida del partito come resterà  proprietario del Milan», si dice sicura da giorni anche Daniela Santanchè
Il leader si sente saldamente al comando, domenica sera ha fatto testare da focus group il suo “ritorno” in tv da Fazio.
Il report di ieri di Alessandra Ghisleri è stato per lui «più che positivo».
E stasera si replica da Vespa. «Io sono disposto a lasciare, ma a qualcuno che abbia la capacità , non posso gettare al vento vent’anni di patrimonio politico », ripete Berlusconi tra le mura amiche.
«E poi credo di aver diritto al mio giro di ritorno, solo io posso sfidare Renzi e riconquistare i moderati », continua in privato.
E l’adrenalina da campagna elettorale ieri sera lo ha portato a ipotizzare il colpaccio perfino nell’improbabile Umbria con Claudio Ricci.
Un 4-3 al contrario.
«I nostri elettori sono purtroppo disorientati – ammette dal palco di Assisi – Ma se noi dovessimo vincere in Veneto, Campania, Liguria e Umbria questo signore va a casa, ce ne sarebbe un grande bisogno, queste elezioni non hanno solo valenza regionale».
Il signore in questione sarebbe Renzi, che in mattinata lo aveva attaccato («In 20 anni politicamente ha fallito»).
Il leader forzista sogna di ripetere l’exploit del 2000 (con dimissioni di D’Alema) e finisce col tirare nella contesa perfino il Santo.
«Andrò in basilica a rivolgere una preghiera a San Francesco: “Fa o santo caro che quel miracolo del 2000 si ripeta”».
Il comizio finisce tardi, in basilica non metterà  piede.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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JOBS ACT, TANTI DATI (E RUMORE) PER NULLA

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

I POSTI IN PIU’ IN REALTA’ SONO SOLO 7.235

Ancora un’altra serie di numeri e dati utilizzati per dimostrare la bonta del Jobs Act.
Si tratta di numeri ufficiali, che derivano direttamente dalla fonte naturale, il ministero del Lavoro: “Le comunicazioni obbligatorie” relative al mese di aprile 2015 e che descrivono “le dinamiche dei contratti di lavoro”.
Sulle agenzie e i siti internet si è letta subito la cifra di 210 mila posti di lavoro in più. Guardando meglio si scopre che i posti in più sono 7.235.
Una guerra di numeri, di interpretazioni che ormai sta stancando.
La tesi ottimistica, infatti, mette a confronto le oltre 756 mila attivazioni di contratti registrate a luglio con le 546 mila cessazioni.
Il saldo attivo, dunque, è di 210 mila.
Ma nell’aprile 2014, segno di una regolarità  di quest’andamento, il saldo tra attivazioni (717 mila) e cessazioni (514 mila) era stato di circa 200 mila unità .
Quindi non c’è molto di nuovo.
Il dato analiticamente più corretto per misurare l’effettiva capacità  di creare nuovi posti di lavoro è quello relativo al saldo tra attivazione-cessazioni del 2015 in rapporto alle attivazioni-cessazioni del 2014.
Fatte le somme, viene fuori la cifra di 7.235 nuovi contratti.
Tanta fatica per niente, si potrebbe dire.
Quello che va effettivamente riconosciuto è altro: il saldo attivo relativo ai contratti a tempo indeterminato.
Rispetto all’anno precedente, ad aprile 2015 crescono di 48 mila unità .
Anzi, la crescita sarebbe ancora maggiore se consideriamo che nell’aprile 2014 il saldo tra cessazioni e attivazioni era favorevole alle prime di oltre 4 mila unità .
Allo stesso tempo, diminuiscono di circa 25 mila unità  le attivazioni di contratti a tempo determinato.
Quindi la tendenza a stabilizzare i rapporti di lavoro esiste. Ma i nuovi contratti, quelli stipulati senza articolo 18, quindi con un licenziamento sempre in vista, quanto possono essere davvero considerati a tempo indeterminato?
E quanto pesa il fatto che per ogni nuova assunzione le imprese possono godere di un beneficio fiscale fino a 8000 euro l’anno?
Domande già  fatte su dati già  visti.
Meglio, allora, concentrarsi sull’andamento della disoccupazione e su quanti posti di lavoro, veri e nuovi, saranno creati d’ora in poi. Il resto sono cifre che contano poco.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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SALVINI E TOTI CON GLI INQUISITI A GENOVA: POCA GENTE E SOLITI TAFFERUGLI

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

LA POLIZIA ITALIANA AL SERVIZIO DEL SECESSIONISTA PADAGNO ACCOLTO DA 500 PERSONE E 200 CONTESTATORI AL GRIDO DI “SALVINI UOMO DI MERDA”

Comizio congiunto Toti-Salvini in piazza De Ferrari: ampiamente pubblicizzato ma con esito scontato.
Poche centinaia le persone presenti e soliti contestatori (non solo centri sociali, visti gli insulti che hanno accompagnato il leader leghista da parte di passanti appena sceso ultrablindato dall’auto).
Poi sul palco insieme al Gabibbo bianco targato mediaset e paracadutato capolista in Liguria lancia il solito anatema: “carabinieri e polizia non dovrebbero essere qui, ma in giro ad acciuffare spacciatori”.
Ma basterebbe così poco: che lui rinunciasse alle centinaia di uomini di scorta che lo Stato italiano gli garantisce a spese del contribuente e gli agenti sarebbero liberi di dedicarsi agli “spacciatori”.
In attesa che qualche magistrato abbia il tempo di dedicarsi a coloro che spacciano odio.
Quando ha iniziato a parlare Salvini sono partiti i primi cori, accompagnati da tamburi e i lanci di petardi, fumogeni e quindi di bottiglie sotto il porticato del Carlo Felice.
Con conseguente carica della polizia italiana.
Salvini chiude con una perla: “Sono orgoglioso delle mie liste, delle donne e uomini della Lega. Se qualcun altro ha candidato gente strana ne risponderà . Io rispondo delle mie liste. Spero che i nostri alleati abbiamo fatto la stessa pulizia».
Parla lui che ha ripresentato i due consiglieri regionali rinviati a giudizio per peculato e presto processati in buona compagnia ( di altri 4 consiglieri di Forza Italia, 1 di Fdi e 1 di Ncd).
Ma per i finti-destri affogatori di profughi è notorio che la legalità  è un optional.

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12 SENATORI PASSANO CON FITTO: “ADERIAMO A CONSERVATORI E RIFORMISTI”

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

ALLA PRESENZA DEL CAPOGRUPPO ECR SYED KAMALL, SI CONSUMA A ROMA IL PRIMO STRAPPO…ANCHE L’EX FDI CORSARO ANNUNCIA LA SUA ADESIONE

Il convegno organizzato alla Camera dei Deputati sul tema “Una nuova direzione per il centrodestra italiano” è stata l’occasione per Raffaele Fitto di mettere a segno un primo colpo: l’annuncio della costituzione del gruppo ‘Conservatori e Riformisti’ al Senato, sottoscritto da 12 parlamentari, due in più del necessario.
Ed è solo l’inizio, in attesa dell’esito delle elezioni regionali della prossima settimana.
Presenti Syed Kamall, capogruppo ECR Conservatori e Riformisti Europei e Geoffrey Van Orden vice Capogruppo ECR, con la coordinatrice italiana Susy De Martini, in un’aula affollata è stato dato l’annuncio.
I senatori sono 12, 10 di Forza Italia e due di Gal si tratta di Anna Cinzia Bonfrisco, Francesco Bruni, Luigi D’Ambrosio Lettieri, Salvatore Di Maggio (Gal), Ciro Falanga, Pietro Liuzzi, Eva Longo, Antonio Milo (Gal), Marco Lionello Pagnoncelli, Luigi Perrone, Lucio Tarquinio, Vittorio Zizza.
“Con entusiasmo abbiamo partecipato insieme a Raffaele Fitto alla conferenza di oggi a Montecitorio con i vertici del gruppo Conservatore e Riformista europeo, Syed Kamall e Geoffrey Van Orden – spiegano i 12 senatori – Condividiamo questa nuova direzione per il centrodestra italiano. E riteniamo che un nuovo progetto, credibile e rivolto al futuro, possa rivolgersi ai 9 milioni di elettori che negli ultimi anni hanno lasciato il centrodestra, scegliendo l’astensione. Per questo, con piacere, annunciamo la nostra adesione al movimento ‘Conservatori e Riformisti’.
“Sono qui per vedere se può nascere qualcosa di diverso in un centrodestra bombardato dalle macerie interne… “. C’è anche il deputato ex Fratelli d’Italia Massimo Corsaro al convegno organizzato dai ‘Conservatori e riformisti’ di Raffaele Fitto con gli esponenti del gruppo conservatore britannico al Parlamento europeo ‘Ecr’, che sta per iniziare nella ‘auletta’ dei gruppi a Montecitorio.
Corsaro spiega di aver aderito alla nuova associazione lanciata dal leader dei ricostruttori: “Sì, ho aderito all’associazione ‘Conservatori e riformisti’ di Fitto. E voglio partecipare alla costituzione di un’area di centrodestra che sia davvero alternativa a Renzi senza populismi e demagogie ed estremismi. Io penso che questa area, quella immaginata da Fitto, possa essere quella giusta per far nascere qualcosa di diverso”.

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POSTE: IL GRANDE IMBROGLIO SUI TEMPI DI CONSEGNA, ECCO COME I CONTROLLATI SPIAVANO I CONTROLLORI

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

LETTERE CAMPIONE A DESTINATARI CHE DOVREBBERO ESSERE SEGRETI, MA I LORO NOMI ERANO NOTI AI FUNZIONARI CHE LI SEGNALAVANO VIA MAIL

È il 28 novembre 2007 quando un funzionario di Poste italiane scrive una email ad alcuni colleghi: “Vi trasmetto le tabelle con l’elenco dei droppers e receivers Izi… ”.     Il punto è che l’elenco dei droppers e dei receiver in questione, per Poste italiane, dovrebbe essere assolutamente top secret: una sorta di servizio di spionaggio, tra alcuni funzionari di Poste italiane, era riuscito a intercettare i nominativi di chi doveva controllarli.
A dimostrarlo una “struttura” che emerge da un archivio di oltre diecimila email interne.
Stiamo parlando, infatti, di chi controlla ufficialmente il tasso di qualità  del servizio postale.
Un coefficiente valutato da un ente esterno a Poste italiane: la Izi srl che, da anni, certifica la qualità  del servizio.
Il coefficiente è un dato fondamentale, per Poste italiane, poichè, in base a un contratto sottoscritto con lo Stato, può essere costretta a pagare fino a 500 mila euro l’anno di sanzione se non rispetta i parametri prefissati.
In media, parliamo di 50 mila euro per mezzo punto percentuale sforato, senza contare che, proprio a partire dalla certificazione di qualità , il governo affida a Poste italiane il servizio di posta universale che lo Stato italiano paga, in media, almeno circa 300 milioni di euro l’anno.
Come funziona    
È chiara, quindi, l’importanza di dimostrare allo Stato che gli standard qualitativi prefissati siano stati raggiunti.
Ed è altrettanto chiara l’importanza del servizio di monitoraggio — tuttora effettuato da Izi — nel certificare lo standard qualitativo di Poste italiane.
Per certificare che la posta in viaggio — prioritaria, raccomandate, spedizioni dall’estero — sia recapitata nei tempi previsti, la Izi predispone una rete di droppers e receivers, ovvero persone che si spediscono lettere tra loro, segnando data e ora, sia della spedizione sia del recapito.
Izi è un ente terzo, è il controllore di Poste, nominato in precedenza dal ministero della Comunicazione, poi dello Sviluppo economico e anche dall’Autorità  garante per la comunicazione.
L’elenco di chi spedisce e riceve le lettere — droppers e receivers — dovrebbe quindi risultare segreto per il controllato, cioè Poste italiane, ma il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare che non sempre è stato così.
Per quanto riguarda il solo 2007, infatti, esistono decine di email in cui si elencano i nominativi dei droppers e dei receivers di Izi e della Moneo, con la quale ha lavorato in associazione temporanea d’impresa. Non solo.
Il Fatto Quotidiano ha potuto contare, tra i destinatari delle email, una dozzina di persone dedite a comunicarsi i nominativi dei “controllori”.
Alcune le abbiamo rintracciate telefonicamente e hanno confermato di lavorare tuttora per Poste italiane. Non hanno voluto commentare il contenuto delle email perchè non autorizzate a parlare con i giornalisti.
Dodici persone, bisogna aggiungere, che riguardano una sola macro-area: l’accorpamento di tre regioni italiane, che non riveliamo per proteggere la nostra fonte, di notevole importanza strategica.
Ed ecco alcune delle comunicazioni interne che il Fatto Quotidiano ha potuto visionare in esclusiva.
Le scorreremo in ordine cronologico.
“Sotto controllo”    
È il 12 aprile 2007: “Confidenziale, vi invio il nominativo di un nuovo receiver monitorato in data odierna”. Segue nome, cognome, indirizzo , che non riveliamo per tutelarne la privacy.
Il giorno successivo — 13 aprile — viene inoltrata un’altra mail: “Vi invio un altro nominativo di receiver monitorato in data odierna…”.
Cinque mesi dopo, il 4 settembre, un funzionario scrive: “Ti invio altri due nominati che impostano e ricevono per la Mo-neo spa. Teneteli sotto controllo”.
Il concetto sembra chiaro: Poste italiane sta cercando di tenere sotto controllo i suoi controllori.
I nomi di dropper e receivers, che dovrebbero essere segreti, sono stati in qualche modo scoperti.
Gli elenchi    
A ottobre parte un’altra comunicazione: “Confidenziale. Vi invio in allegato i nominativi dei dropper ai quali è stato spedito il ‘bustone’ contenente le lettere test da impostare nel mese di ottobre. Probabilmente già  conoscete i nominativi. Ci sentiremo, comunque, telefonicamente per concordare le azioni da porre in atto. Saluti”.
Passiamo al 5 novembre: “Modalità  spedizioni Izi/Moneo mese novembre. Confidenziale. Vi invio le modalità  della spedizione della Moneo per il mese di novembre. Saluti”.
Nove giorni dopo l’informazione è più dettagliata: “…vi confermo che la Moneo ha impostato a (…) nei giorni 6 novembre (2 invii…), 10 novembre (3 invii…), 13 novembre (3 invii…). Considerato che (c’è il nome di una signora, che omettiamo, ndr) imposta per tre flussi di destinazione, città  per città  (per se stessa), provinciale (c’è il nome del destinatario, che omettiamo, ndr), regionale (c’è il nome del destinatario che omettiamo, ndr), dovremmo trovare gli invii in questione ai recapiti competenti. Fatemi sapere”.
Nelle mail inoltrate, molto spesso, vengono allegati elenchi di nominativi con indirizzi.
Il Fatto Quotidiano ha potuto visionare un elenco, inviato come allegato in una delle tante email in questione, di 12 persone: parliamo dell’elenco relativo a una sola regione per il solo mese di novembre 2007.
Altri 9 nominativi vengono segnalati il 3 dicembre. Ma torniamo al novembre 2007. Ecco il testo inviato il giorno 24: “Confidenziale. Elenco dropper Moneo — Izi”. Nel testo si leggono quattro nominativi.
Quattro giorni dopo: “Vi trasmetto le tabelle con l’elenco dei droppers e receivers Mo-neo — Izi delle regioni (…) pregandovi di verificare se sono stati recapitati i 12 invii previsti per l’impostazione del mese di novembre sui flussi regionali (…), preciso che il 30 per cento dovrebbe essere affrancato con maaf e il 70 per cento con francobollo (…). Preciso che il flusso extra regionale in arrivo su (…) e (…) non deve essere conteggiato. Fatemi sapere. Saluti”. E ancora, il 3 dicembre: “Vi comunico che in data odierna sono stati impostati i bustoni destinati ai droppers di (…) e (…) vedi allegati. Saluti”.
Corsia riservata    
Ma a cosa serviva individuare questi nominativi? “A creare una corsia preferenziale — spiega la nostra fonte che intende mantenere l’anonimato — per consentire il recapito in qualsiasi condizione, anche in situazioni di criticità ”.
Il Fatto Quotidiano ha contattato Poste italiane per conoscere la sua versione.
“Il periodo di riferimento, 2007, è molto lontano nel tempo”, risponde Giovanni Maria Lione, responsabile Funzione Normativa Posta, comunicazione e logistica.
“Oggi sia localmente sia in direzione generale sono cambiati manager e addetti. Poste italiane non ha mai intrattenuto rapporti con i soggetti incaricati di effettuare i test di qualità . Da anni la società  aggiudicataria è risultata la Izi spa. Il modello di controllo definito dalla normativa di settore esclude che Poste Italiane abbia alcuna possibilità  di conoscere i mittenti e destinatari delle lettere test che, peraltro, rappresentano lo 0,015% dei pezzi totali in lavorazione. Sarebbe come cercare un ago in un pagliaio. Quindi, per individuarne una sola bisognerebbe esaminarne migliaia e ciò negli stringenti tempi di lavorazione del prodotto (consegna in un giorno lavorativo), nonchè in un contesto di generale automazione dei processi, quindi non solo non v’è mai stato alcun rapporto con i nostri controllori, nè alcuna corsia preferenziale delle lettere test”.
Un fatto è certo, quindi, Poste italiane conferma che, in nessun modo, i suoi dipendenti dovrebbero conoscere i nominativi dei “controllori” reclutati da Izi.
Il Fatto ha verificato che, tra i nomi menzionati nelle email in questione, c’è effettivamente gente che ha lavorato, per conto di Izi, nella rilevazione del servizio di qualità . E ci ha confermato di aver espletato il ruolo di dropper o di receiver proprio nel periodo delle email che abbiamo pubblicato.
L’ultima lettera    
Il Fatto Quotidiano ha anche contattato la Izi. “Ogni sei mesi cambiamo i receivers, contiamo tra i quattrocento e i seicento collaboratori, e penso sia impossibile che Poste italiane possa individuarli o intercettare le loro lettere”, spiega Giacomo Spaini amministratore delegato della Izi. Obiettiamo che li abbiamo individuati persino noi del Fatto Quotidiano.
“Non hanno certo giurato fedeltà  alla Patria, non sono dei professionisti…”. Obiettiamo ancora che l’ente professionista è Izi e dovrebbe garantire la segretezza visto che certifica per conto dello Stato. “Noi la garantiamo”, continua Spaini.
Ma come abbiamo visto la segretezza dei nominativi non è stata garantita.
“È comunque una non notizia, perchè sul nostro campione di rilevamento, individuare soltanto alcuni nominativi, non inficia il dato dal punto di vista statistico ed è ininfluente sulla bontà  del nostro servizio. E comunque, qualsiasi criticità  o problema abbiamo individuato, l’abbiamo sempre denunciata: questo significa che il nostro sistema funziona”.
Aggiungiamo che la nostra fonte ci ha fornito 21 nominativi che, secondo la sua versione, stanno lavorando come droppers e receivers proprio mentre scriviamo. Abbiamo provato a contattarne una. Il dropper receiver non è in casa, ma c’è sua moglie: “Sì — risponde — stiamo spedendo e ricevendo le lettere del controllo di qualità . L’ultima? L’abbiamo ricevuta venerdì 22. All’inizio della settimana facciamo le spedizioni, a seconda di quante dobbiamo farne nel mese. C’è un capozona al quale vanno consegnate. Chi ci consegna le buste con le lettere da spedire? La Izi”.

Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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RAFFAELLA PAITA E QUELLE AMICIZIE POCO RACCOMANDABILI

Maggio 26th, 2015 Riccardo Fucile

DAL PRESUNTO PRESTANOME DEL BOSS AI MOLTI INTERROGATIVI PER I BROGLI ALLE PRIMARIE… DUE INDAGINI PUNTANO AD ALBENGA: “UN QUADRO RACCAPRICCIANTE”

Il destino politico di Raffaella Paita è appeso alla «città  delle torri», Albenga, paesone del ponente ligure, terra di campanili, asparagi violetti, immigrati nei campi, infiltrazioni della ‘ndrangheta e intrighi elettorali.
L’ultimo, il più plateale, è stato confezionato per le primarie del Pd che hanno incoronato «Lella» aspirante governatrice della Liguria. Palazzo Oddo, storico edificio tra i caruggi, domenica 11 gennaio 2015: al seggio democratico accorrono spaesati stranieri, imberbi minorenni, timorose vecchine.
Paita trionfa con un bulgaro 84 per cento: 1.320 consensi su 1.578.
Sergio Cofferati, il suo sfidante, lamenta brogli e nefandezze.
A molti sarebbero stati elargiti i due euro necessari per votare. Altri avrebbero avuto un «rimborso » addirittura maggiore. Tanto che i vertici del partito savonese denunciano una delle pagine più nere che la politica ligure ricordi.
Una pagina che la Procura di Savona ha però deciso di non archiviare. Negli ultimi mesi il nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri ha interrogato più di mille votanti.
Un’indagine portata avanti tra reticenze e omertà . Mutuando le parole di uno degli inquirenti: «Il quadro emerso è raccapricciante».
Intere squadre di calcio trascinate al seggio, gruppi di marocchini ricompensati con la colazione al bar, pakistani pagati dieci euro.
E persino appelli su Facebook, in cui viene annunciato il rimborso dell’obolo necessario per indicare la preferenza.
Gli interrogatori proseguiranno nei prossimi giorni. Solo quando saranno completati, Ubaldo Pelosi, il magistrato di Savona che coordina l’inchiesta, deciderà  come procedere.
L’articolo 294 del codice penale recita: «Chiunque con violenza, minaccia o inganno, impedisce in tutto o in parte l’esercizio di un diritto politico » è punito con una reclusione che va da uno a cinque anni.
Il reato, quindi, si consumerebbe se, alle elezioni, venisse indicato un candidato scelto con criteri fraudolenti.
Due mesi dopo, i democratici locali rimangono coinvolti in un’altra inchiesta del pm Pelosi. Che, seppur indirettamene, si collega ancora una volta a quel contestatissimo voto. Il 6 marzo 2015 viene arrestato Carmelo Gullace, detto «Ninetto».
La Procura di Savona lo accusa di usura, tentata estorsione, estorsione e intestazione fittizia dei beni.
Ma «Ninetto» non sarebbe solo uno spietato cravattaro. La Direzione antimafia (Dia) di Genova lo considera un esponente di spicco della cosca Raso-Gullace-Albanese di Cittanova, nel reggino: sarebbe lui l’uomo che governa la ‘ndrangheta nel nord-ovest d’Italia.
Tra gli indagati dell’inchiesta c’è anche un imprenditore di Albenga: Paolo Cassani. Viene considerato il prestanome del boss, per agevolare il suo giro d’usura. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip di Savona, Emilio Fois, spiega: «Gullace, essendo stato condannato per reati di criminalità  organizzata e già  sottoposto a misura di prevenzione, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, attribuiva fittiziamente a Cassani Paolo la disponibilità  di denaro e di rapporti giuridici».
Ma Cassani, oltre al paventato ruolo criminale, è anche un fervente supporter di Paita. Addirittura è il responsabile di uno dei comitati nati ad Albenga proprio per promuovere la candidatura dell’ultrarenziana «Lella» alle primarie. Il 6 ottobre 2014 i due vengono pure immortalati insieme. «Albenga: Raffaella Paita incontra tre comitati a suo sostegno» titola Savona News.
Nella foto d’apertura viene ritratta la candidata con i coordinatori dei comitati: tra questi c’è pure Cassani, annota il sito.
Dopo la notizia dell’inchiesta, tutti prendono le distanze da Cassani, che si dimette subito.
La Casa della legalità , la onlus che da anni denunciava Gullace, scrive che l’uomo ha già  avuto «una condanna divenuta definitiva» e «un’interdizione all’esercizio di impresa commerciale per anni dieci».
Eppure Cassani ha un ruolo di primo piano alle primarie. Una contingenza che getta su quelle elezioni un’ombra ancora più sinistra.
Vero regista della votazione sarebbe stato però un ras locale dei consensi folgorato sulla via democratica: Roberto Schneck.
Della sua conversione, finalizzata alla candidatura in una lista pro Paita, i giornali locali cominciano a scrivere già  nell’autunno 2014.
Nel mentre, il politico albenganese avrebbe cominciato a organizzare il voto per le primarie.
Gli investigatori hanno ricostruito pure le riunioni con i suoi «galoppini», tra cui alcuni consiglieri comunali. Sarebbero stati loro a raccogliere le ricevute consegnate nei seggi agli elettori: una colletta necessaria per contare poi le preferenze ottenute.
Paita, nonostante il fragore delle polemiche, non ha mai commentato il voto di Albenga.
In molti si aspettavano almeno un’implicita stigmatizzazione, con l’esclusione di Schneck dalle regionali. Che invece corre per «Liguria cambia», lista civica che appoggia Paita.
La candidata renziana, in compenso, ha annunciato che la nascitura Commissione regionale alla legalità  avrà  sede ad Albenga: «Il posto giusto da dove ripartire con risposte forti e nette».
Le promesse però non dissimulano gli intoppi. Paita è già  indagata per concorso in disastro e omicidio colposo per l’alluvione di Genova del 9 ottobre 2014.
E adesso l’inchiesta sulle primarie di Albenga mette sotto accusa anche il suo sistema di potere.
Lella, come annunciano i manifesti elettorali, «va veloce ».
Ma sul suo orizzonte si addensano le nubi più fosche.

Antonio Rossitto
(da “Panorama“)

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