Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
“PRIMA DI INTERVENTI MILITARI SERVE UNA STRATEGIA DEL DOPO”
Circa un’ora di cordialità e anche scambi di battute su aneddoti passati. 
A Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore Usa a Roma, la sintonia tra Matteo Renzi e il vicepresidente americano Joe Biden è totale.
C’è da dire che la visita del vice di Obama in Italia ha anche un carattere privato. Biden è accompagnato dalla moglie Jill e altri familiari, si fermerà nella capitale fino a domani sera, oggi ha visitato il Colosseo e ha anche fatto shopping in una blindatissima via dei Condotti.
Oltre a Renzi, ha incontrato anche l’arcivescovo Paul Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. E ha scelto di passare il weekend del Thanksgiving lontano dalla residenza di famiglia a Nantucket, isola del Massachussets, dove i Biden hanno sempre trascorso la festività molto sentita negli Stati Uniti fino alla morte del figlio sei mesi fa per un tumore al cervello. Carattere privato, dunque.
Ma ciò non toglie che la linea di prudenza decisa dal governo Renzi dopo gli attentati di Parigi piaccia molto a Washington. E l’ottimo clima della chiacchierata con Biden ne è la conferma.
Quanto ai rapporti con la Francia, all’indomani del bilaterale tra Renzi e Francois Hollande all’Eliseo, il premier scrive una enews per chiarire le richieste italiane.
“Da Libano ad Afghanistan, dall’Iraq alla Somalia, fino ai Balcani, l’Italia è uno dei paesi con il maggior numero di soldati all’estero. Ma questa presenza non può essere scollegata da una strategia. Manteniamo gli impegni cercando di rafforzare il coordinamento di tutti gli alleati della coalizione internazionale”.
Fonti italiane di Esteri e Difesa confermano che, in collaborazione con gli omologhi francesi, l’Italia sta studiando il modo migliore per dare una mano a Parigi inviando più soldati in Libano, Mali o altri fronti dai quali i francesi vogliono ritirarsi per concentrarsi in patria o in fronti ritenuti più urgenti al momento.
L’aiuto italiano resta comunque confinato a queste possibilità , nulla di più e solo se sarà necessario.
La visita di Biden, al di là del suo carattere privato (secondo il sito web ‘Washington Free Bacon’, vicino ai neoconservatori americani il suo viaggio tra Balcani e Roma è costato 300mila dollari), è anche una conferma della benedizione americana sulla posizione italiana su Siria e lotta all’Isis.
Biden è arrivato a Roma da Zagabria dove ha partecipato al meeting annuale dei leader della ex Jugoslavia sull’immigrazione, incontrando anche il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.
A Villa Taverna, il vice di Obama ha apprezzato lo sforzo italiano nella lotta al terrorismo islamico, nonchè la presenza militare italiana nei teatri di guerra, soprattutto l’Afghanistan, dove Roma ha deciso di seguire la scelta americana di non ritirare i contingenti.
Renzi intasca così il colloquio con Biden, importante riconoscimento dell’alleato americano che gli legittima ulteriormente la linea di cautela scelta con la Francia. Linea che chiaramente Roma non si sarebbe mai potuta permettere senza il sigillo degli Usa.
In questo momento, il ruolo di cerniera tra Mosca e Washington scelto da Renzi va benissimo all’amministrazione Obama, impegnata nei bombardamenti in Siria ma per niente interessata ad aprire un fronte serio di guerra con l’invio di truppe di terra e molto cauta per via delle permanenti tensioni con la Russia circa il ruolo futuro di Assad e non solo.
E’ anche per questo che la linea italiana regge la pressione francese, nonostante l’attivismo militare che Hollande ha raccolto al nord Europa: dalla Germania, che invia tornado per perlustrazione e una nave da guerra in Siria, e dalla Gran Bretagna, che si unirà ai bombardamenti sul Califfato.
“Abbiamo già visto ciò che è accaduto in Libia, quando si è bombardato senza pensare al dopo. Prima di decidere interventi militari, occorre avere una chiara strategia sul dopo”, sottolinea Renzi nella sua enews.
“Oggi tutti noi ci siamo sentiti francesi, stretti attorno al popolo di Parigi. La lotta al terrorismo, il controllo dell’immigrazione, il sostegno allo sviluppo funzionano molto meglio – è una banalità dirlo – se il processo di dialogo instaurato a Vienna per la Siria (e che l’Italia vuole replicare per la Libia) produrrà come è possibile risultati concreti”.
Ma il bilaterale di Renzi con Hollande, consumato nel gelo dei rapporti tra i due paesi per via delle critiche italiane al caos libico provocato da Parigi quattro anni fa, non chiude tutti i giochi.
Tanto che “si sta discutendo tra ministeri della Difesa di possibili ulteriori forme di cooperazione”. Lo dice il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a Firenze per il vertice del Gruppo speciale Mediterraneo e Medio Oriente dell’assemblea parlamentare della Nato.
Significa che il ministero della Difesa italiano in collaborazione con quello francese sta studiando le modalità di un aiuto di Roma alla causa della Francia colpita dall’Isis il 13 novembre scorso.
A Palazzo Chigi restano riluttanti: “L’Italia fa già tanto”. Lo dice pure Biden.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
IN CAMPO UFFICIALMENTE SOLO MARCHINI E FASSINA… BERLUSCONI POTREBBE INDICARE LA MELONI, MA IN FORZA ITALIA C’E’ MOLTA PERPLESSITA’… NEL PD E’ NEBBIA FITTA
Saranno amministrative all’insegna dell’ordine sparso.
A sinistra non c’è mai stata tanta frammentazione mentre a destra, al momento, si è nella fase delle giravolte.
Le certezze al momento sono due: gli unici candidati ufficiali per il dopo Marino si chiamano Alfio Marchini e Stefano Fassina.
Il Pd non ha ancora un candidato ma attorno al partito di Matteo Renzi c’è una galassia di candidati.
Il primo è Fassina, in campo per Sinistra italiana, il movimento nato da Sel e dai fuoriusciti dal Pd e dal Movimento 5 Stelle.
L’ex viceministro lancia la sua campagna elettorale in un luogo simbolo: Ostia, lido periferico di Roma e culla dell’infiltrazione della criminalità mafiosa nella Capitale.
“Io – ha detto Fassina – ci metto la faccia: propongo la mia candidatura che andrà ovviamente verificata con le mille realtà dell’associazionismo presenti nella città , con le forze economiche e sociali, con quelle politiche”.
Dunque, dialogo con la società civile ma anche ricerca di alleanze.
“Chiederò un incontro a Ignazio Marino presto, come lo chiederò anche agli ex sindaci del centrosinistra Rutelli e Veltroni. Con Marino dobbiamo dialogare”.
Eppure c’è chi, tra i consiglieri uscenti di Sel, vorrebbe proprio l’ex primo cittadino come candidato. Dal canto suo Marino non esclude un suo ritorno in campo, dopo essere stato vittima di quelle che ha definito le “26 coltellate dei consiglieri del Pd”.
Dice che ci sta pensando e nel frattempo osserva chi lo contende.
Nell’agone è sceso anche il segretario dei Radicali italiani, Riccardo Magi, ex consigliere capitolino ed eletto nella lista civica di Ignazio Marino.
A lui guarda il movimento ‘Possibile’ con cui si sta costruendo la candidatura.
“Ringrazio Pippo Civati e gli altri che in questi giorni hanno manifestato interesse nei miei riguardi – dice Magi – da Italia Unica, ai socialisti, a Stefano Fassina che oggi mi invita a ‘fare squadra’. Ora bisogna verificare se le nostre analisi e proposte possono rappresentare un terreno comune”.
Sta di fatto che resta sempre l’incognita Marino. Nei piani di Possibile non dovrebbe ricandidarsi per lasciare spazio al nuovo.
E il Pd? Non ha ancor deciso chi schierare. Franco Gabrielli resterebbe il candidato preferito dai vertici del Nazareno e su di lui prosegue il pressing, nonostante il prefetto abbia già opposto un fermo “no”.
L’idea di candidare il ministro della Salute Beatrice Lorenzin o quello della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, sarebbe tramontata.
Anche il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, non ne vuole sapere.
Nel toto-nomi c’è anche quello di Giovanni Malagò, presidente del Coni e persona molto stimata da Renzi, di Michela Di Biase (ex consigliera comunale del Pd e moglie del ministro Franceschini) e di Carlo Fuortes, numero uno del teatro dell’Opera e autore del successo dell’Auditorium. La girandola delle possibili o impossibili candidature sembra dunque irrefrenabile.
Nella Pd capitolino inoltre è tornata a circolare l’ipotesi, e per alcuni la speranza, che Alfio Marchini – sia pure convintissimo di non voler aderire a nessun schieramento – possa invece concorrere alle primarie del centrosinistra, soprattutto se l’avversario scelto dal centrodestra per il Campidoglio sarà Giorgia Meloni.
Infatti Silvio Berlusconi, che in un primo momento aveva fatto un endorsement a favore di Marchini, dopo la manifestazione di Bologna al fianco della Lega Nord di Matteo Salvini, sembra propendere verso la leader di Fratelli d’Italia. Ma anche no.
Un pezzo degli azzurri romani, capitanati da Francesco Giro, ritengono ancora Marchini il candidato giusto.
E lo stesso Berlusconi nei suoi discorsi privati continua a difendere l’opportunità di una scelta civica: “Marchini andrebbe benissimo”.
I giochi sono ancora aperti. Intanto sabato torna in pista, con le sue proposte per la Capitale, Francesco Rutelli, per due volte sindaco in Campidiglio.
Tuttavia l’ex leader della Margherita ha tenuto più volte a sottolineare che l’evento non sarà l’occasione per l’annuncio di una sua quarta ricandidatura. Piuttosto, l’ha voluto chiamare, una “Francescana”, cioè una Leopolda romana in salsa rutelliana.
Tra gli oratori sarà presente Alfio Marchini. E non a caso per molti sarà il battesimo di una lista civica.
Il blog di Beppe Grillo ha invece aperto le “candidature del MoVimento 5 Stelle per le comunali di Roma” che dovranno essere presentate entro il 4 dicembre.
L’aspirante candidato sindaco o consigliere per partecipare dovrà risultare non iscritto ad “alcun partito o movimento politico e dovrà essere iscritto al MoVimento 5 Stelle”.
Per questa condizione, tuttavia, non vengono indicati limiti temporali. Invece non sono previsti ‘papi stranieri’ perchè i candidati dovranno risiedere nella Capitale.
Resta da capire però se le primarie saranno fatte su scala nazionale o solo locale. E se davvero Grillo e Casaleggio vogliono espugnare Roma.
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
UTILIZZATE SUCCESSIVAMENTE DALLE AUTORITA’ DEL KAZAKISTAN
Emergono nuovi particolari sulle modalità del sequestro della moglie del dissidente kazako
prelevata da casa sua a Casal Palocco ed espatriata in Kazakistan con la figlioletta Alua di sei anni.
I lasciapassare forniti dalle autorità del Kazakistan per l’espatrio di Alma Shalabayeva e della figlia Alua sarebbero stati realizzati apponendovi le foto tratte dal passaporto centrafricano sequestrato alla donna.
È quanto emerge dall’inchiesta di Perugia, secondo cui due dei funzionari di polizia indagati avrebbero consegnato copia delle foto a un addetto dell’ambasciata kazaka. Dall’inchiesta sul caso Shalabayeva, che giovedì ha portato a contestare l’accusa di sequestro di persona a otto persone, tra cui il capo dello Sco Renato Cortese, il questore di Rimini Maurizio Improta, e il giudice di pace Stefania Lavore, emerge che Renato Cortese, Maurizio Improta e altri due dei poliziotti indagati per la vicenda Shalabayeva, avrebbero omesso di attestare che la donna si identificava come moglie del dissidente-ricercato kazako Ablyazov pur conoscendone le sue generalità .
Per questo sono accusati, oltre che di sequestro di persona, anche di omissione di atti d’ufficio e falso.
Shalabayeva: «Fiducia nella giustizia»
E proprio Alma Shabalayeva commenta oggi gli sviluppi delle indagini.
«Oggi ho fiducia nel sistema giudiziario italiano che sta cercando i responsabili – dice la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov – e ringrazio la procura di Perugia che è stata molto autonoma e diligente nelle sue indagini: è stato fatto un lavoro molto serio per la ricerca della verità dietro il rapimento mio e della mia bambina».
(da agenzie)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
CODA IMPRESSIONANTE PER ANDARE A VEDERE IL CENSURATO “MUCH LOVED”
“Voi avete le armi, noi abbiamo i giovani e la cultura: ecco la foto che terrorizza i terroristi”. Questo il messaggio di sfida di Amira Charfeddine, una donna tunisina che ha pubblicato sulla propria pagina Facebook l’immagine di ragazzi e ragazze che si accalcano davanti a una sala cinematografica di Tunisi dove verrà proiettato “Much Loved”, il film franco-marocchino sulla prostituzione censurato in tutto il mondo arabo.
“Voi avete 100mila kamikaze, noi abbiamo 10 milioni di tunisini istruiti”, continua Amira nel commento alla foto risalente al 26 novembre. “Much Loved” di Nabil Ayouch è una pellicola che sta scandalizzando il mondo musulmano, specialmente in Marocco dove è stato girato.
L’argomento è scottante: le protagoniste sono quattro prostitute di Marrakech che vendono il proprio corpo a ricchi sauditi oppure a uomini senza scrupoli.
Le scene sono spesso hard, nulla è lasciato all’immaginazione mentre tutto ruota intorno al denaro.
E il racconto sullo squallore della vita di queste donne è una accusa pesantissima all’ipocrisia della società araba.
Per Charfeddine la lunghissima coda dei giovani di Tunisi per guardare un film-verità , in barba alla censura, è la migliore dimostrazione che soltanto la cultura può vincere il terrorismo e il fondamentalismo islamico: “Per coloro che pensano che i ragazzi vanno a vedere questo film per il lato ‘osè’, ebbene, trovo questa ‘riflessione’ superficiale perchè i giovani sfidano i tabù che impestano la nostra società . Allora rompiano i tabù e non denigriamo i nostri giovani che sono il futuro della Tunisia”.
“Much loved” è entrato nel programma del JCC – Carthage Film Festival, mostra del cinema che coinvolge Tunisi e altre città tunisine.
Nonostante l’attentato terroristico rivendicato dall’Isis che ha colpito nuovamente la capitale, gli organizzatori del JCC hanno deciso di andare avanti con la programmazione per dare un segnale di normalità .
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
KATIE HOPKINS PARAGONO’ GLI IMMIGRATI A SCARAFAGGI, GLI STUDENTI DELLA BURNEL UNIVERSITY DI LONDRA SE NE VANNO
Si girano di spalle mentre parla, e poi escono dall’aula. 
È quanto hanno fatto gli studenti della Burnel University di Londra durante l’intervento dell’opinionista televisiva Katie Hopkins, che paragonò gli immigrati agli scarafaggi in un articolo sul Sun nel mese di aprile.
“Non facciamo errori. Questi migranti sono come scarafaggi” scriveva sul giornale.
Per esprimere il proprio dissenso, nel momento in cui ha iniziato a parlare l’opinionista, i ragazzi si sono prima voltati di spalle e poi sono usciti dall’aula.
Il fatto è avvenuto in occasione di un dibattito organizzato per il cinquantesimo anniversario dell’Università , ed è stato ripreso dagli studenti presenti in aula e caricato su YouTube.
In Gran Bretagna non esiste distinzione tra conseratori e laburisti di fronte a certe affermazioni: a differenza del nostro Paese, esistono principi comuni e la consapevolezza che certi atteggiamenti razzisti vanno isolati, anche con palesi ed educate manifestazioni di civile dissenso.
(da agenzie)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
PISAPIA APRE UNO SPIRAGLIO: “SE DAVVERO TUTTO IMPLODE…”
Alla fine, servirà un nuovo incontro – quantomeno una lunga telefonata – tra Matteo Renzi e Giuliano Pisapia.
Un colloquio che dovrebbe avvenire intorno alla metà della prossima settimana e che, allo stato, sembra l’unico modo per sbrogliare la matassa che, anche a Milano, s’è aggrovigliata parecchio.
Siamo a dicembre, a due mesi dalle primarie (7 febbraio, ma slitteranno di una o due settimane), a sei dalle Amministrative e la ritrovata “capitale morale”, la metropoli “con gli anticorpi”, non ha ancora un candidato sindaco della coalizione che l’ha governata, con successo, negli ultimi quattro anni e mezzo.
O meglio: di candidati ce ne sono due – l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino, sinistra Pd, e il parlamentare renziano Emanuele Fiano – ma nessuno è disposto a scommettere che sarà uno di loro a sfidare il centrodestra (in netto ribasso le quotazioni del direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti) e il centrista Corrado Passera.
Tutti – da mesi – aspettano la risposta del commissario Expo Giuseppe Sala, il “candidato migliore”, secondo la definizione di Renzi. Che, però, quando ne parla ai suoi collaboratori più stretti aggiunge una frase sibillina: “È il migliore, ma mentre lo dico mi rendo conto che c’è qualcosa che non mi convince fino in fondo”.
La novità degli ultimi giorni è il gelo tra Pisapia e il commissario Expo. La candidatura di Sala non ha mai entusiasmato il sindaco, il quale però fin qui si era sostanzialmente tenuto fuori dalla partita (dopo l’annuncio, mai spiegato fino in fondo, della sua rinuncia al secondo mandato).
Negli ultimi giorni qualcosa è cambiato. I tentennamenti e i continui rinvii della decisione di Sala (“non prima di gennaio”).
La sua idea quasi “commissariale” anche della politica: vorrebbe un’investitura ampia e diretta, possibilmente evitando il fastidio delle primarie, e vorrebbe dal governo un’attenzione speciale per Milano anche per il post-Expo.
Soprattutto il fatto che il suo nome spacca il “modello Milano”, cioè quella base sociale e politica ampia, dall’associazionismo cattolico ai centri sociali, compresi Pd, Sel e cespugli della sinistra radicale, che è la ragione del successo di Pisapia.
“Sala è una candidatura che divide – è il ritornello che il sindaco ripete da giorni – e non ho ancora capito quale sia la coalizione che lo appoggerà “.
Lo hanno capito la sinistra Pd e Sel, per i quali “Sala è la prima incarnazione del renziano Partito della Nazione”. Un’idea alla quale certamente contribuiscono gli apprezzamenti per il manager dell’Expo generosamente spesi dagli esponenti del Ncd e il fatto che Sala abbia incontrato neppure troppo riservatamente Maurizio Lupi.
Vista dal punto di osservazione di Sala, la candidatura a sindaco “non l’ho mai sognata, nè cercata. Mi è stata proposta, ripetutamente. Ho sempre risposto – ha detto il manager milanese – che se la politica è in grado di esprimere una soluzione, a questa va data la priorità . Ora, dopo tutto quello che ho fatto per questa città mi si dice che il mio nome è “divisivo”.
E io ripeto che se esiste una candidatura unitaria, è la benvenuta”.
Di più: “Se si cerca una candidatura che unisca, perchè Pisapia non si ricandida?”. Una provocazione, voluta, che ha fatto definitivamente calare il gelo nei rapporti tra sindaco e commissario.
E che segna senza possibilità di equivoco il fastidio di Sala per gli ondeggiamenti del sindaco: prima l’annuncio della rinuncia al secondo mandato, otto mesi di silenzio, poi l’improvviso ritorno al tavolo nel ruolo di colui che distribuisce le carte.
“Di una cosa sono convinto – ha detto ieri sera Sala ricevendo il premio dell’Ispi – che il valore e la linfa di questa città sono molto legati al cambiamento. Cambiando, innovando, si ottiene qualcosa di più”. Un modo per ripetere, in parole più eleganti, un concetto già espresso qualche giorno fa: “Io non sono Pisapia”.
È in questo quadro di tensioni che nasce e cresce il “piano B”, cioè la ricerca di una convergenza tra Pisapia e il Pd sul nome del vicesindaco Francesca Balzani, Pd ma non renziana, ex europarlamentare, buone sponde nel partito (il ministro Orlando e la vicesegretaria Serracchiani), accreditata di sensibilità politica, prudenza e capacità di piacere a tutti. Balzani è disponibile, a patto che la sua candidatura non sia contrapposta a quella di Sala e che, anzi, sia condivisa dall’intero centrosinistra.
Ieri si è incontrata con Majorino: prime schermaglie, nessuno dei due si è scoperto, la sensazione è che il ticket si possa fare.
Ma c’è un “ma” grande come una casa. Francesca Balzani ha un evidente deficit di notorietà , a Milano e soprattutto fuori Milano.
E Matteo Renzi, a Milano, non può rischiare di perdere. Si torna al punto di partenza: il premier e Pisapia si parleranno presto. Il sindaco gli spiegherà perchè sul nome della Balzani si può tenere unito il centrosinistra e si può provare, con il tempo, a costruire una candidatura vincente.
Renzi gli risponderà che ha già tanti problemi altrove, che Sala ha molte più chances della Balzani (i suoi uomini, ieri, l’hanno ripetuto a chiare lettere al segretario del Pd milanese in missione a Roma) e che Sala ha il profilo internazionale che serve a Milano.
Se non troveranno l’intesa su uno dei due nomi – intesa a oggi non semplice – è possibile, anzi probabile, che Renzi torni alla carica con Pisapia, ripetendogli ciò che gli ha già chiesto a metà luglio: “Ricandidati “.
In fondo, quello del sindaco in carica è l’unico nome che metterebbe tutti d’accordo e, in una frazione di secondo, spazzerebbe dal tavolo dubbi, polemiche e perfino l’incombenza delle primarie.
Fin qui Pisapia ha sempre detto no. Ma non ha mai detto “mai”.
Con chi ha insistito, in questi mesi, ha lasciato uno spiraglio: “Se tutto dovesse implodere…”.
Roberto Rho
(da “La Repubblica”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
LA SOMMA DEI TRE PARTITI DI CENTRODESTRA NON SUPERA IL 40% IN OGNI CASO…IN FORZA ITALIA PENSIERI DIVERSI, SU UNA SOLA COSA CONCORDANO: NON AUMENTARE LE QUOTE DA VERSARE AL PARTITO
La sua performance sarebbe la migliore tra i papabili testati. Ma l’atteso sondaggio che
Alessandra Ghisleri ha consegnato a Silvio Berlusconi sembra raffreddare comunque le possibilità di una candidatura di Alessandro Sallusti per la guida della città di Milano.
A pesare – viene riferito – sarebbe il distacco dal ‘potenziale’ candidato del centrosinistra Giuseppe Sala: una percentuale che si avvicinerebbe al 20%.
Nel centrodestra, insomma, si rischia di ricominciare da capo. Ma il punto è che, al di là dei sondaggi, lo stato di balcanizzazione del partito è tale che appena spunta un nome c’è una parte degli azzurri che comincia a fare le barricate.
Al primo turno Forza Italia si fermerebbe al 14,8%, distaccata dalla Lega che avrebbe il 22%.
Il problema è che le proiezioni su un eventuale ballottaggio lo vedrebbero viaggiare sugli stessi numeri, intorno a un massimo del 40-41%, “asfaltato” dai possibili competitor, Sala in testa.
Nè sarebbe in alcun modo decisivo Corrado Passera, accreditato appena del 4%.
Prova ne è la cena con i parlamentari lombardi che si è tenuta ieri sera nel ristorante di Alfredo, l’ex maggiordomo del cavaliere.
Una tavolata in cui la spaccatura è emersa in tutta la sua evidenza, soprattutto su un nodo: quello del rapporto con la Lega.
Una parte dei commensali, guidata da Paolo Romani e Maria Stella Gelmini, è tornata a manifestare tutte le sue perplessità sul “modello Bologna” e, di conseguenza, anche su candidature che ne sono la manifestazione, come appunto quella dell’attuale direttore del Giornale.
Ma c’è un’altra fazione, delle quali peraltro fa parte anche Daniela Santanchè che di Sallusti è la compagna, che invece è convinta che non ci sia alcuna alternativa all’alleanza con il Carroccio di Matteo Salvini.
Nonostante le divergenze interne, tuttavia, su un punto si sono trovati tutti d’accordo: la contrarietà alla possibilità che vengano raddoppiate le quote da versare al partito, come vorrebbe la tesoriera Maria Rosaria Rossi.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
IL 76% NON HA MODIFICATO IL PROPRIO ATTEGGIAMENTO VERSO I MUSULMANI: “NON BISOGNA GENERALIZZARE”
L’istituto Ixè ha indagato la reazioni dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso.
Il 39% degli italiani pensa che l’Islam sia in guerra con l’Europa ma ben il 34% pensa che sia il vecchio continente ad aver iniziato una guerra contro il mondo islamico.
La stessa indagine mostra che il 58% non crede che l’Europa abbia intrapreso un conflitto con l’Islam e (per il 45%) che neppure l’Islam abbia aperto le ostilità contro di noi.
Il 76 per cento degli italiani inoltre, non ha modificato il proprio atteggiamento nei confronti dell’Islam.
“Non bisogna generalizzare”, è la spiegazione, a differenza del 22% che ammette invece di essere diventato più diffidente.
Cresce, intanto, in una settimana (dal 51% al 66%) la quota di chi crede nell’esistenza dell’Islam moderato.
L’Occidente ha colpe nella nascita del terrorismo di matrice islamica?
Alla domanda, posta dall’Istituto Ixè, il 29% ha risposto “abbastanza”, il 23% “molte” e il 20% “poche”.
Ciò significa che oltre 7 italiani su 10 attribuiscono, in un modo o nell’altro, delle responsabilità all’Occidente, colpevole di aver alimentato il fondamentalismo islamico.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
IL PISTOLERO SICIGNANO CANDIDATO AL COMUNE DI MILANO IN NOME DELLA GNOCCA
Francesco Sicignano, il pensionato di Vaprio d’Adda che un mese fa ha ucciso con un colpo
di pistola un ladro che si era introdotto nella sua villa, sarà candidato come consigliere comunale nelle liste di Forza Italia per le elezioni amministrative del 2016 a Milano.
Silvio Berlusconi prova a stare al passo con il programma law and order dei due alleati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E dopo la foto di Bologna dell’8 novembre, Forza Italia lancia un segnale alla Lega Nord e a Fratelli d’Italia.
Il pensionato ha commentato ha spiegato di ave accettato la candidatura per Berlusconi. “Ho molta stima per Silvio Berlusconi – ha spiegato – dopo tutto quello che ha passato ha deciso comunque di rimanere in politica perchè gli sta a cuore il bene del Paese. Credo che l’Italia vada gestita come un’azienda”.
Per tutta la sua vita “ho votato l’Msi – ha continuato – ma alle ultime elezioni ho scelto Forza Italia”.
Sicignano ha aggiunto: “Lavoriamo sulla proprietà che è sacrosanto diritto da difendere, questo non vuol dire che tutti devono avere armi, ma a chi le sa gestire. In Italia non c’è sicurezza serve fare qualcosa al più presto, faccio un appello anche al ministro Alfano e gli dico che serve fare un rastrellamento del Paese da nord a sud, perchè tutti qui entrano senza controlli”.
Nella conferenza stampa c’è stato spazio anche per la goliardia.
Infatti Sicignano ha detto che “con Silvio condivido la passione per la gnocca”.
(da Huffingtonpost“)
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