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LA STRANA ESCLUSIONE DI FASSINA PONE DEGLI INTERROGATIVI

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

E’ POSSIBILE CHE UNA MACCHINA ORGANIZZATIVA ESPERTA COME QUELLA DI SEL COMPIA ERRORI COSI’ MADORNALI?… A CHI GIOVA RIMETTERE IN CIRCOLO IL 6% DEI CONSENSI DI FASSINA?

Partiamo dai fatti: Stefano Fassina, il canddiato sostenuto da Sinistra Italiana, è stato escluso dalle liste dei candidati per le elezioni a sindaco di Roma.
Le sue liste sono state respinte dalla commissione elettorale circondariale per vizi formali «non sanabili» e la sua candidatura ora dipende dall’esito del ricorso al Tar.
Entro le prossime ore la commissione elettorale trasmetterà  la notifica degli esiti negativi alle varie liste: ricusazione o richiesta di modifica.
Per rispondere i soggetti politici hanno tempo fino a mezzogiorno di martedì.
Nel caso specifico la decisione del Tar   arriverà  entro tre giorni dal ricorso.
Dalle prime informazioni pare che ci sia stato un duplice problema: sulla lista civica mancherebbero le date (o la data) in cui sono state raccolte le sottoscrizioni; sulla «politica» la commissione elettorale avrebbe ritenuto valide meno firme del minimo necessario (1.300).
Se ciò fosse confermato, si tratterebbe di errori “non rimediabili”, come ha precisato la commissione.
Aggiungiamo errori fin troppo grossolani per provenire da una macchina elettorale ben oliata come quella di Sel.
Per una serie di ragioni che ben comprenderà  chi ha un minimo di dimestichezza con la materia e sulle quali non si può che restare basiti:
1) quando si controlla la modulistica, prima di consegnarla alla commissione, la prima cosa che si verifica è che sia indicata la data delle sottoscrizioni. Come in questo caso possa essere sfuggita è un mistero.
2) In previsione che alcune firme possano essere contestate, se ne raccolgono sempre qualche centinaia in più. Cosa non certo difficile per un candidato accreditato a Roma di un 5-6%. Ci sono riuscite piccole liste, come mai Sinistra Italiano no? Qua si parla infatti di appena 1.300 firme che non sarebbero state raggiunte, una volta cassate quelle non valide.
3) A voler essere maligni sembrerebbe più un suicidio perfetto che un omicidio orchestrato da terzi.
A chi andranno, nel caso l’esclusione di Fassina fosse confermata, quei voti?
In una battaglia “capitale” in cui i sondaggi danno Giachetti, Marchini e Meloni racchiusi in 2% variabile di differenza, pare evidente che se anche solo la metà  dei consensi di Fassina, ovvero il 3%, dovesse orientarsi verso uno dei tre, il gioco sarebbe fatto.
A voi immaginare a quale degli aspiranti sindaco potrebbero essere dirottati quei voti.

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PLATI’, I RETROSCENA DEL PASSO INDIETRO DELLA LEONARDI: “PER UN ANNO SONO STATA BOICOTTATA”

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

“MI DICEVANO DI NON FARE LO SBIRRO, CONTRO DI ME IL PD LOCALE”…UNA DELLE DUE LISTE SI RIFA’ A UN EX SINDACO DI UNA GIUNTA SCIOLTA PER ‘NDRANGHETA

Con la benedizione del premier Renzi, Anna Rita Leonardi era stata presentata come futuro sindaco di Platì sei mesi prima delle elezioni amministrative.
Ma il giorno che avrebbe dovuto segnare l’inizio della sua cavalcata trionfale, la dirigente Pd l’ha passato a guardare altri presentare le liste che lei non è riuscita a chiudere.
Nel piccolo paese calabrese, che andrà  ad elezioni dopo dieci anni quasi ininterrotti di commissariamento, non ci saranno candidati del Pd.
A sfidarsi saranno due civiche in odor di centrodestra.
«Questa – dice Leonardi – è probabilmente l’unica vittoria ed è mia personale. Se oggi si vota è anche perchè ho stimolato la partecipazione politica».
Oggi ci sono Ilaria Mittiga, «che si è presentata – spiega Leonardi – dopo che la Bindi ha dichiarato inammissibile candidatura del padre Francesco, perchè in passato sindaco dell’amministrazione sciolta per mafia» e Rosario Sergi, di “Liberi di ricominciare”, un movimento civico noto per le feroci campagne contro l’accoglienza dei migranti in citt�
Anna Rita Leonardi, Cos’è successo a Platì?
«Per quanto tu abbia determinazione e voglia, se non hai firme e candidati non c’è niente da fare. Avevamo trovato quattro giovani che sarebbero stati disponibili ad impegnarsi con noi, poi avremmo completato la lista con degli esterni. Ma poi hanno fatto un passo indietro
Lì ha deciso di mollare?
«È stata convocata una riunione a Roma. C’eravamo io, il segretario regionale Ernesto Magorno, il responsabile calabrese dell’organizzazione Giovanni Puccio e il vicesegretario Lorenzo Guerini. Alla fine, è emerso che non c’erano più le condizioni per presentare una lista a Platì. Non c’era tempo per cercare nuovi candidati e provarci con soli esterni non avrebbe avuto alcun senso. Sarebbe stato come proseguire con il commissariamento. Noi volevamo riportare il paese a fare politica».
Perchè non siete riusciti a farlo sotto le bandiere del Pd?
«A Platì non c’è solo un’alta densità  mafiosa, ma anche un’enorme diffidenza nei confronti della politica. Non sono stata messa nelle condizioni di rompere questa cappa. Per un anno sono stata boicottata non solo da una parte del paese, ma anche da una parte del mio partito regionale. Il segretario provinciale Sebi Romeo, e Magorno mi sono stati vicini, come tutto il nazionale, ma molti dirigenti locali mi hanno apertamente osteggiata e questo mi ha reso poco credibile. In più il circolo è stato aperto e chiuso nel giro di un mese e io ero lì da sola. Una parte del Pd calabrese ha lavorato apertamente perchè questo progetto non funzionasse.
Può fare qualche nome?
«Per adesso no, ma mi riservo di delineare un quadro completo e dettagliato molto presto.
Si rimprovera qualcosa?
«Inizialmente forse ho sbagliato approccio nei confronti dei quadri locali del Pd. Credo che alcuni abbiano letto la mia candidatura come un tentativo di scavalcarli, ma nessuno mi ha mai chiesto apertamente un passo indietro. Per il resto, ho voluto fare tutto da sola. E forse avrei dovuto disturbare il mio partito e pretendere maggiore impegno».
Come mai non si è riusciti a coinvolgere la maggior parte del paese?
«Platì è un territorio complesso, dove molti, pur incensurati, hanno parenti o amici che hanno avuto problemi con la giustizia. In paese ho sempre parlato con tutti, ma fin dal principio ho messo paletti molto chiari per la formazione delle liste. Forse ho pagato la mia rigidità . C’era chi diceva che fossi lì a fare “lo sbirro”».
La ‘ndrangheta ha mai creato problemi?
«Nè io, nè i miei candidati abbiamo mai ricevuto minacce, tanto meno siamo stati avvicinati. Questa storia non ha nulla a che fare con la ‘ndrangheta, è solo un fallimento politico».

Alessia Candito
(da “La Repubblica”)

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NOGARIN E L’IMBARAZZO M5S, CASALEGGIO JR AVVERTE: “RISCHIO E’ PERDERE ELEZIONI”

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

I RETROSCENA: MOVIMENTO IN SUBBUGLIO PER L’AVVISO DI GARANZIA AL SINDACO DI LIVORNO… DI MAIO TENTA DI MEDIARE E GLI CONCEDE UNA FIDUCIA A TEMPO

Un vicolo cieco. “Se Nogarin si dimette, perdiamo voti – ammette pragmaticamente Davide Casaleggio con i pochi fedelissimi che riescono a contattarlo nel bel mezzo della bufera – ma se non si dimette rischiamo di perdere le elezioni…”.
Ecco i tormenti del Movimento Cinque Stelle, colpito al cuore dallo scandalo di Livorno. Perchè un conto è sostenere a caldo il sindaco, come fa Beppe Grillo.
Altra cosa è reggere un’intera campagna elettorale, bombardati dall’accusa di “garantismo a giorni alterni”.
Mollare il sindaco per salvare le amministrative, dunque, oppure mandare al macero anni di intransigente giustizialismo?
Tocca a Luigi Di Maio cercare la via d’uscita da questo tunnel, rompendo l’equazione “avviso di garanzia uguale dimissioni”. Il compromesso diventa una fiducia a tempo a Nogarin, in nome di una svolta elaborata dal vicepresidente della Camera alla vigilia della bufera: “E’ chiaro che dopo la vicenda di Quarto abbiamo aperto una riflessione al nostro interno – confidava solo pochi giorni fa alla Camera – Siamo a un passo dal conquistare Roma, vicini al governo del Paese. Diciamo che esiste una questione di garantismo che dobbiamo affrontare. L’obiettivo è trovare le soluzioni migliori, caso per caso”.
E dire che questa volta il direttorio aveva avuto il tempo di allacciare le cinture.
Era stato lo stesso Nogarin a mettere in guardia i vertici dei Cinquestelle dal rischio di un imminente intervento degli inquirenti.
Se la batosta era annunciata, nessuno poteva invece prevedere l’ora esatta dell’impatto.
E infatti la notizia piomba nel bel mezzo della missione “legalitaria” del Movimento a Lodi. E si diffonde, paradosso nel paradosso, mentre il comico genovese lancia sul blog l’hashtag #IoVotoOnesto.
La prima reazione della Casaleggio associati a questo disastro di comunicazione, allora, è un imbarazzatissimo silenzio radio.
Per qualche ora nessun grillino commenta, tutti tacciono di fronte all’incidente. Il blog, intanto, si tiene a debita distanza dal nodo giudiziario livornese e preferisce puntare su un intervento di Carla Ruocco sui derivati.
Si scatena invece la contraerea del Pd, mirando dritto al punto. “Chi di manette ferisce – ironizza ad esempio Ernesto Carbone, membro della segreteria renziana – di manette perisce…”.
Il cellulare di Di Maio, invece, è rovente.
Da Napoli a Torino, passando per Roma arrivano telefonate drammatiche: i responsabili delle campagne elettorali chiedono di sapere come comportarsi, perchè da domani ai banchetti per le liste non si parlerà  d’altro.
Il reggente si consulta con Casaleggio jr., poi chiama Nogarin. Il sindaco ripete al vicepresidente della Camera quanto assicurato anche a Grillo: nessuna condotta illegale, in poco tempo l’ipotesi di reato si sgonfierà .
Invoca soprattutto tempo, promette novità  importanti dal concordato allo studio del cda dell’azienda di raccolta di rifiuti livornese.
In pochi minuti il capo del direttorio mette a punto la strategia. Di fatto, si concede al primo cittadino una sorta di fiducia a tempo, sfidandolo a dimostrare nel più breve tempo possibile la propria estraneità  ai fatti.
Non tutti sono entusiasti.
Alessandro Di Battista, che a Roma combatte la sfida della vita per conquistare il Campidoglio al fianco di Virginia Raggi, invoca pubblicamente un rapido chiarimento, non escludendo il passo indietro del sindaco.
E’ una prima reazione, una trincea scavata in attesa di capire l’effetto che fa.
“Per molto meno – ricorda un ex grillino di peso come il toscano Massimo Artini – espulsero il consigliere regionale dell’Emilia Romagna Defranceschi “.
Anche Di Maio, naturalmente, conosce bene i rischi di una guerra di logoramento, testata sulla propria pelle in occasione dello scandalo di Quarto.
Anche allora si tentò di salvare Rosa Capuozzo, salvo poi sacrificarla con un provvedimento d’espulsione.
Stavolta, se possibile, è anche peggio: dopo Parma, Livorno è la città  più popolosa governata dai cinquestelle. Quella con maggior peso politico.
Per questo, il reggente mette in cantiere anche un’exit strategy, da mettere in atto se la pressione mediatica e politica dovesse farsi talmente insostenibile da mettere a repentaglio la corsa delle amministrative.
Prevede le dimissioni concordate di Nogarin, considerato un “soldato” nel Movimento. Perchè va bene la svolta garantista, ma le elezioni sono pur sempre le elezioni.

Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)

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PERCHE’ FASSINA (PER ORA) E’ STATO ESCLUSO A ROMA: DATE SBAGLIATE E FIRME INSUFFICIENTI

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

RITENUTE VALIDE SOLO 1.300 FIRME, IL PROBLEMA E’ SERIO… ACCREDITATO DEL 6%, QUEI VOTI IN LIBERA USCITA POTREBBERO CONVERGERE ALTROVE E CAMBIARE LA CORSA A SINDACO DI ROMA

Colpo di scena nella corsa al Campidoglio.
Il candidato di sinistra Stefano Fassina rischia di essere tagliato fuori dalla competizione dopo che le liste in suo sostegno non sono state ammesse dalla commissione elettorale.
“Si tratta di una decisione che, se fosse confermata, altererebbe pesantemente l’esito delle elezioni amministrative nella Capitale. Presentiamo subito ricorso e nelle prossime ore decideremo quali ulteriori iniziative intraprendere”. Ha spiegato lo stesso Fassina su Facebook.
Come spiega il Corriere della Sera l’ex dem sarebbe incappato in un duplice errore
Galeotta, per Fassina, è stata la presentazione degli elenchi all’ufficio elettorale del Campidoglio, in via Petroselli: i tecnici amministrativi hanno dichiarato «inammissibili» le liste del candidato sindaco: prima quelle per i Municipi, poi la «civica» e la «politica» (cioè Si-Sel) per il Comune.
Dalle prime informazioni pare che ci sia stato un duplice problema: sulla lista civica mancherebbero le date (o la data) in cui sono state raccolte le sottoscrizioni; sulla «politica» la commissione elettorale avrebbe ritenuto valide meno firme del minimo necessario (1.300).
E’ evidente che se il ricorso di Fassina venisse respinto a questo punto il 6% di cui era accreditato nei sondaggi sarebbe “in libera uscita” e, fermo restando qualcuno che si attesterebbe sull’astensione, una buona parte potrebbe confluire su altre candidature considerate “meno peggio”.
E’ facile pensare che a guadagnarci potrebbero essere Giachetti e in minima parte la Raggi.

(da agenzie)

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ESCLUSE LE LISTE DI FASSINA A ROMA E FDI A MILANO

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

ORA CI SARANNO I RICORSI: MODULI SBAGLIATI E MANCANZA   DELLA DICHIARAZIONE DI NON RIENTRARE NELLA INCANDIDABILITA’

“Abbiamo appreso con stupore che la commissione elettorale ha respinto le nostre liste dalla competizione per Roma. Si tratta di una decisione che, se fosse confermata, alterebbe pesantemente l’esito delle elezioni amministrative nella capitale. Presentiamo subito ricorso e nelle prossime ore decideremo quali ulteriori iniziative intraprendere”.
E’ quanto dichiara Stefano Fassina, candidato sindaco di Roma per Sinistra Italiana. Ieri alle 12 la chiusura dei termini per la presentazione delle sottoscrizioni.
A Milano stesso problema per la lista di Maria Teresa Baldini (Fuxia People), unica donna in corsa per la poltrona di sindaco, e per la lista di Fratelli d’Italia, a sostegno del candidato Stefano Parisi.
L’annuncio della ricusazione delle due liste da parte della commissione elettorale circondariale è arrivata nella tarda nottata di sabato: il modulo di dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di consigliere comunale da parte dei 38 soggetti aderenti alla lista civica Fuxia People e da parte di Fratelli d’Italia sarebbe infatti un modello «antiquato», e conterrebbe riferimenti normativi non aggiornati al 2012 (la cosiddetta «legge Severino») per quanto riguarda le condizioni ostative alla candidatura.
«La Commissione Elettorale Circondariale di Milano ha emesso un provvedimento di ricusazione della lista di Fratelli d’Italia – AN per il Consiglio Comunale, poichè nella accettazione di candidatura di tutti i 48 candidati, per un puro errore materiale ascrivibile ad un dato tecnico, mancava per ognuno la dichiarazione di non rientrare nei casi di incandidabilità  previsti dalla legge Severino – spiega un comunicato del coordinamento milanese del partito -. Tale dichiarazione è invece presente nelle accettazioni di tutti i candidati di Fratelli d’Italia nelle nove liste per i municipi, a riprova che si è trattato di mero errore materiale».

(da agenzie)

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ANZIANI DIMENTICATI, SENZA ASSEGNO IL 50% DEI NON AUTOSUFFICIENTI

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

GERMANIA E FRANCIA HANNO RIFORMATO IL WELFARE, NOI NO… E SOLO IL 4% DEGLI OVER 65 RICEVE L’ASSISTENZA DOMICILIARE

Corticella, prima periferia di Bologna, «Centro disturbi cognitivi» del servizio sanitario della Regione Emilia Romagna.
La diagnosi di Mario, uno dei due milioni e mezzo di italiani non autosufficienti con più di 65 anni, è semplice: Parkinson-demenza. E’ la sua vita a non essere stata semplice per niente.
E se il volto umano è la cartina che segna tutti i territori in cui abbiamo vissuto, quella di sua moglie Rossella, che ha 75 anni come lui, deve essere stata persino peggio, perchè mentre entra con il marito nello studio numero sei della dottoressa Antonella Tempestini, il suo sguardo si porta dentro tutta la fatica di questi anni.
Deve avviare le pratiche per chiedere l’invalidità  del marito, il cui destino è segnato. Tra poco non riuscirà  più a deglutire, avrà  bisogno del pannolone e di essere imboccato tre volte al giorno.
Così serve la pensione da 500 euro per assumere qualcuno che stia con lui quando lei va a fare la spesa, o magari a trovare la sorella.
E’ probabile che l’assegno arriverà , anche se appena il 12% dei tredici milioni e mezzo di anziani lo ottiene.
Statisticamente poco più di uno su due di coloro che ne hanno bisogno. Mentre uno su tre, aggiungono impietosamente i numeri, a differenza di Mario vive da solo.
E anche se la solitudine non è il Parkinson, è altrettanto pericolosa.
«La solitudine è forse il problema più grave di tutti, perchè in un 75enne anche un piccolo deficit cognitivo peggiora rapidamente, trasformandosi in una valanga che porterà  l’anziano in una struttura residenziale se non c’è nessuno che gli resta di fianco», dice il professor Marco Trabucchi, geriatra e professore di neuropsicofarmacologia dell’Università  di Tor Vergata.
Il futuro prossimo  
Nel giro di un paio di decenni il problema rischia di trasformarsi in una catastrofe.
Ma come agisce lo Stato per tutelare se stesso e soprattutto chi si trova o si troverà  in una condizione di debolezza, cioè ciascuno di noi? Mario e Rosella non hanno figli. O meglio, non li hanno più. Sono morti uno a 38 e l’altro a 45 anni, per colpa di una malattia genetica e non curabile: paraparesi spastica.
E mentre Rossella parla per 45 minuti con la dottoressa Tempestini, Mario guarda altrove in un posto fuori dallo spazio e dal tempo che conosce solo lui.
Quello che conosce lei – eterna accudente con la capacità  organizzativa di un manager – è invece una quotidianità  piena di pianti nascosti in cui la sua identità  viene espropriata per la necessità  di «stare accanto», «di pensare a», «di preoccuparsi per, in attesa di» e la sua agenda è piena di appuntamenti sanitari e schemi di terapie complesse e con nomi indicibili.
Il caregiver familiare  
Anche per questa sua attività  decisamente privata esiste un nome tecnico mutuato dall’inglese: caregiver familiare.
Un esercito di quasi tre milioni e mezzo di persone che vive seguendo un calendario meticoloso di gesti quotidiani dedicati ai genitori, ai propri mariti o alle proprie mogli, in attesa che si allarghi un sistema di welfare sempre più sgonfio in cui i caregiver come Rossella coprono l’80% delle prestazioni e delle spese.
«Senza un robusto incremento del finanziamento pubblico per l’assistenza agli anziani non autosufficienti il sistema è destinato a un inevitabile e progressivo declino, ma il punto è che la politica ha passato i primi dieci anni del secolo immaginando una riforma che non ha mai fatto e ora le priorità  sono cambiate e l’attenzione si è concentrata sulla povertà  più in generale», dice il professor Cristiano Gori, coordinatore del Quinto rapporto sugli anziani non autosufficienti promosso dall’Irccs-Inrca per il network nazionale per l’invecchiamento.
Soluzioni possibili? Una la offre Alberto De Santis, presidente dell’associazione nazionale strutture per la terza età . «Se i lavoratori dipendenti e autonomi rinunciassero a un giorno di ferie potremmo creare un fondo da destinare a chi in vecchiaia è particolarmente fragile».
Il modello tedesco  
La proposta è mutuata dal modello tedesco, dove i lavoratori rinunciano non a uno, ma a tre giorni di ferie per assicurarsi un futuro familiare e personale sereno. Così, per esempio, se un signore di Berlino vuole andare un mese in ferie, ci penserà  lo Stato a mandare e a pagare con mille e quattrocento euro un infermiere professionale che si prenderà  cura della madre o del padre bloccati in casa.
In Germania, cioè, già  nel 1995 hanno immaginato e realizzato una riforma per l’assistenza continuativa (Long Term Care) e altrettanto hanno fatto in Francia nel 2002, in Spagna nel 2006 e in Gran Bretagna nel 2014.
L’Italia, dice ancora il rapporto sulla non autosufficienza, «è l’unico grande Paese europeo a non avere riorganizzato in maniera organica il suo sistema» anche se «riguardo alle politiche sociali è positivo che il Fondo Nazionale per la non autosufficienza sia tornato ad avere una dotazione di 400 milioni di euro nel 2015, si tratta infatti della principale risorsa per gli enti locali a cui attingere per finanziare interventi sociali e socio sanitari» come l’assistenza domiciliare o i servizi di prossimità  e teleassistenza.
«Il ritorno del fondo è certamente un bene, ma si tratta di una goccia nell’oceano. D’altra parte, a differenza di quello che succede con Papa Francesco, avete mai sentito Renzi parlare di anziani?», chiede Trabucchi.
E anche Gori ha una domanda fa fare: «A che cosa siamo disposti a rinunciare se vogliamo immaginare un futuro diverso?».
Aspettando la riforma  
In attesa di una riforma del sistema che si preoccupi del 21% della popolazione, il ruolo dei caregiver è destinato a ridursi se è vero che il rapporto tra le persone con una età  compresa tra i 45 e i 64 anni e le persone con oltre 75 anni si dimezzerà  entro il 2050 e che la famiglia tradizionale sta cambiano forma, lasciando spazio a comunità  sempre più ristrette. E se è vero che l’assistenza domiciliare integrata (Adi) e i servizi di assistenza domiciliare forniti dalle aziende sanitarie locali hanno una funzione decisiva è anche vero che appena il 4,3% degli italiani over 65 vi fa ricorso.
Dunque, ancora una volta, lo sforzo per consentire a chi ha disabilità  psichiche e funzionali di continuare la propria esistenza a casa viene consegnato a famiglie e associazioni di volontariato.
L’alternativa sono strutture residenziali, pagate per metà  dal pubblico, che costano comunque al privato dai 1800 euro al mese in su.
Cifre che con la crisi in pochi possono permettersi, tanto che nelle strutture private non ci sono più liste d’attesa, ma oltre 17 mila posti letto disponibili. Perciò la domanda di Gori ritorna: a che cosa siamo disposti a rinunciare per immaginare un futuro diverso?
Duecentovendiduemila contatti  
Rosa Romano, pensionata e dirigente dell’Auser Filo d’argento ha rinunciato al suo tempo libero. Seduta al tavolo del centro d’ascolto di Legnano assieme ai colleghi, mostra numeri che sono la testimonianza di un successo capace di attirare l’attenzione di omologhe associazioni belghe: «Nel 2015, solo qui in Lombardia, nei nostri 21 punti di ascolto abbiamo avuto 222 mila contatti». Duecentoventiduemila.
Le linee sono aperte 24 ore su 24 e gli anziani chiamano per ogni problema: ansia, voglia di fare due chiacchiere, consigli, bisogno di avere la spesa e le medicine a casa o magari la necessità  di farsi accompagnare a una visita medica.
Esigenze che l’Auser riesce a soddisfare anche grazie ai finanziamenti frutto di un accordo con la Regione Lombardia che dovrebbe essere rinnovato in queste ore. «Speriamo, non c’è motivo perchè così non sia», dice moderatamente preoccupata Rosa, mentre Libera, una delle volontarie compone il numero della signora Anna. «Come sta Anna? Si sta preparando il pranzo? E che cosa mangia oggi?». Anna racconta e Libera ottiene due risultati. Le fa compagnia e verifica che la donna, ultraottantenne, si preoccupi delle sue esigenze primarie, cibo, pulizia, salute.
La piazza virtuale di Gallarate  
Pochi chilometri più in là , a Gallarate, Lino Campioni, anche lui dirigente Auser e responsabile del centro socioculturale («tutto attaccato perchè le due dimensioni sono inscindibili») «Figli del lavoro» gestisce una vera e propria piazza virtuale via Internet.
Parte degli anziani del centro sono collegati tra loro via Skype e nel primo pomeriggio si mettono davanti alle televisioni connesse con i computer e parlano comodamente seduti sulla poltrona di casa.
E anche Campioni sperimenta quotidianamente quanto sostiene il professor Trabucchi: «Le persone che hanno accesso alla nostra piazza virtuale hanno ridotto del 40% il ricorso al medico di famiglia. Lo Stato ha scarsissima attenzione per gli anziani. Ma queste persone sono una risorsa straordinaria. Basterebbe guardarli quando ballano e ricominciano a innamorarsi per capire».
La storia di Maria
A Torino, in via Renier, Giovanna, apre la porta dell’appartamento al terzo piano senza ascensore. E’ lei che sedici ore a settimana aiuta la signora Maria Giovaniello a lavarsi o a fare la spesa e Maria, che ha 87 anni, è invalida al 100%, ed è la settima di otto fratelli (una dei tre rimasti in vita) è legata a lei come se fosse la nona sorella. Maria vive grazie alla reversibilità  del marito (600 euro) e a un assegno di accompagnamento da 500 euro, 150 dei quali servono per garantire parte dello stipendio di Giovanna, che a suo modo è un’eccezione.
Dipendente di una cooperativa, è una badante italiana in un mondo di badanti straniere.
Delle sue 830 mila colleghe, infatti, il 90% viene dall’estero, circa un quarto dalla Romania. Due terzi di loro lavorano in nero. Giovanna no. Maria, donna di grande spirito, ha fatto le cose per bene.
«Ho avuto una vita complicata. Mio marito è stato malato per anni, poi è morto di tumore e io ho campato mangiando colli di pollo. Ma sono lucida e i miei figli mi stanno vicino. Mi piacerebbe solo che qualcuno mi portasse ancora in gita, come facevano le associazioni di volontariato quando potevo camminare. Ma non mi lamento. A mia sorella è andata peggio di me. Ha l’Alzheimer e non riconosce più nessuno. I figli l’hanno dovuta ricoverare e oggi pagano duemila euro al mese. “Sono bravi, ma che fatica».
Una fatica condivisa da milioni di persone in Italia, ma difficilmente percepita dallo Stato. «La verità  è che la nostra classe politica non è all’altezza», sentenzia Trabucchi. E a questo punto, come sostiene Karl Jasper: «l’ultima questione da sapere è se dal fondo delle tenebre un essere può brillare» o come dice più semplicemente la signora Giovaniello, esprimendo il desiderio che più le sta a cuore, «c’è qualcuno che può portarmi un’ultima volta al mare?».

Andrea Malaguti
(da “La Stampa”)

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AMMINISTRATIVE: DALL’EX DEL GRANDE FRATELLO AL CULTURISTA

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

I CANDIDATI PIU’O MENO IMPROBABILI

C’è la figlia di Aldo Moro che appoggia Giachetti a Roma, c’è l’ex concorrente del Grande Fratello Roberta Beta che sta con Marchini sempre nella Capitale e poi ci sono autisti dei big della Lega che si schierano con Parini a Milano, culturisti (Giovanni Montis in provincia di Cagliari), aspiranti politici con slogan improbabili (Carlo Goldoni a Milano), uomini che gridano alla “rivolta degli schiavi” (Dario di Francesco a Roma).
Questo e molto altro, come racconta Monica Rubino su Repubblica, nei nomi in lista nelle prossime amministrative del 5 giugno.
Ora si entra nel vivo: chiuse e depositate le liste per le comunali, scende in campo la schiera di migliaia aspiranti consiglieri, al fianco degli sfidanti alla poltrona di sindaco. Peseranno anche loro su una partita quanto mai incerta, tutta da scrivere nelle grandi città  al voto. In palio 1.368 municipi, 25 capoluogo. E, su tutti, Roma e Milano, Napoli, Torino, Bologna, Cagliari, Trieste.
Milano, in questo senso, è la sfida cui si guarda con più attenzione. Perchè i sondaggi danno appaiati il candidato del centrosinistra Giuseppe Sala e quello del centrodestra Stefano Parisi. “Li asfalteremo sulla concretezza”, ostenta tranquillità  Sala al lancio del suo programma.
Ma il centrodestra (qui unito) è pronto a brandire contro il governo un’eventuale sconfitta dell’uomo di Expo che arriva tra l’altro dopo l’amministrazione Pisapia.
A Torino Piero Fassino (Pd) corre per la riconferma contro Chiara Appendino (M5s), Osvaldo Napoli (FI), Alberto Morano (Lega e Fdi), Giorgio Airaudo (SI).
Mentre a Napoli l’uomo da battere è Luigi De Magistris, sindaco uscente che si presenta con ben 14 liste, contro le 13 di Gianni Lettieri e le 10 di Valeria Valente. Ma è ancora polemica nel Pd, sia per la scelta di Valente di farsi appoggiare da Ala, sia per quella di candidare uno degli esponenti ripresi a distribuire euro fuori ai seggi delle primarie: “Una vergogna”, dice Antonio Bassolino; “I rancori alimentano l’astensionismo”, replica Valente.
Roma, infine. Epicentro delle fibrillazioni nel centrodestra, che corre con i due candidati Giorgia Meloni (Fdi, Lega) e Alfio Marchini (FI, Ap, La Destra). Martedì arriverà  Silvio Berlusconi ad accendere la campagna elettorale, anche se dentro FI c’è chi invita a guardare ai tentativi di dialogo dove ci si presenta uniti anche in vista di una sfida unitaria per il referendum. C
on Meloni e Marchini, il Dem Roberto Giachetti si giocherà  il ballottaggio, dietro la favorita (secondo i sondaggi) Virginia Raggi (M5s). Ma è già  pronto a giocare su “incertezza e impreparazione” grilline o “onestà  e competenza” Dem.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO ROMA: RAGGI 26,5%, GIACHETTI 23,5%, MARCHINI E MELONI 19,5%

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

IL NUOVO SONDAGGIO DI SCENARI POLITICI: SORPRESE AL SECONDO TURNO

Giochi apertissimi al primo turno, e rischio di cattive sorprese al secondo.
I nuovi sondaggi condotti da Scenaripolitici per L’Huffington Post vedono Roberto Giachetti in leggero vantaggio per guadagnarsi un posto al ballottaggio (dietro Virginia Raggi saldamente in testa ai pronostici), sui suoi sfidanti Giorgia Meloni e Alfio Marchini.
L’ex consigliera M5s risulta al 26,5%, seguita da Giachetti al 23,5% e Meloni e Marchini appaiati al 19,5%.
Le sorprese guardando i diversi scenari al ballottaggio.
Non ci sarebbe partita tra Raggi e Giachetti, con la prima al 60% e il secondo al 40%. Diverso invece il caso di confronto tra la candidata M5s e sia Alfio Marchini che Giorgia Meloni, che risulterebbero in vantaggio (al 51% contro il 49%)

(da “Huffingtonpost”)

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INTERVISTA A VIRGINIA RAGGI: “I CANDIDATI RENDANO PUBBLICI I CONTRIBUTI RICEVUTI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE”

Maggio 8th, 2016 Riccardo Fucile

“LA MELONI VUOLE UN CONFRONTO CON ME? INIZI A PRESENTARSI, FINORA PER DUE VOLTE NON SI E’ VISTA”

«Invito tutti a rendere pubblici i contributi ricevuti per questa campagna elettorale, cifre e nomi». Il candidato sindaco di Roma del M5S, Virginia Raggi, richiama più volte Buzzi e Carminati, Mafia Capitale, e l’incoerenza di chi «tiene il piede in due scarpe» (si riferisce al candidato del Pd Giachetti, allo stesso tempo deputato) o di chi «diceva di essere libero dai partiti e ora li ha in casa» (Marchini).
In questa intervista a Il Tempo , la Raggi bacchetta i suoi avversari, propone un «patto» ai costruttori, assicura appalti trasparenti, uno stadio per la Roma («ma deve seguire le regole») e uno per la Lazio.
Infine, alle Olimpiadi preferisce un impegno per rilanciare gli impianti sportivi comunali. E infine accetta la sfida lanciata dalla Meloni di confrontarsi a viso aperto.
Avvocato Raggi, per i sondaggi lei è avanti di alcuni punti sui suoi avversari. Si sente inseguita?
«Non guardo i sondaggi. Mi fanno piacere, piuttosto, i riscontri positivi che ho tra la gente».
Teme che i romani che ora dicono che la voteranno possano cambiare idea?
«Noi ci proponiamo per quello che siamo, cittadini che vogliono impegnare il loro tempo per un progetto in cui credono, cioè entrare nelle istituzioni per migliorare la loro città . E faremo esattamente questo, così come abbiamo rinunciato a 42 milioni di rimborsi elettorali o creato un fondo a favore delle piccole e medie imprese. Quello che diciamo lo realizziamo».
Sulle colonne de Il Tempo Giorgia Meloni ha chiesto di confrontarsi con lei. Lo farà ?
«Certo. Ci sono già  state un paio di occasioni ma lei non si è presentata. In ogni caso io sono sempre pronta a discutere dei temi che interessano ai romani. Se la Meloni intende invece andare nei talk show o in tv, si farà  anche questo, ma non è la priorità  nè per Roma nè per me».
Giachetti vorrebbe lavorare con lei, invece, per liberalizzare le droghe leggere…
«Mi sembra che Giachetti confonda i suoi due ruoli: i sindaci non hanno competenze su questi temi. Io penso a Roma, lui si dedicasse a fare il parlamentare visto che è stato eletto per questo. Noi abbiamo un punto di vista differente: ci dicevano di candidare Di Battista o altri come sindaco ma non l’abbiamo fatto per rispettare la volontà  dei cittadini. Gli incarichi non sono trampolini di lancio».
L’hanno accusata di essere vicino alla destra, le hanno rimproverato di aver svolto il praticantato forense nello studio Previti. Pensa che in quest’ultimo mese la campagna elettorale continuerà  a essere velenosa?
«Bè, dopo il metodo Boffo c’è stato il metodo Raggi. Ma non m’importa, se ci attaccano vuol dire che stiamo lavorando bene. Mi dispiace soltanto che, vista la stagione calda, non potranno dire che ho i calzini azzurri» (come quelli del giudice della sentenza Fininvest-Cir, Raimondo Mesiano, criticati nel 2009 in un servizio tv su Canale 5, ndr).
Quanto ha speso finora per la sua campagna elettorale?
«In tutto spenderò poche migliaia di euro, noi ci finanziamo con micro-donazioni dei cittadini perchè soltanto così possiamo avere le mani libere. Sarebbe ora che lo facessero anche gli altri partiti, sostenuti in passato da Buzzi e Carminati. Li invito a rendere pubblici i contributi che ricevono».
Tra pochi giorni incontrerà  il presidente del Coni, Malagò. Si aspetta che tenterà  di farle cambiare idea sullo stadio della Roma e le Olimpiadi?
«Sullo stadio non devo cambiare idea. Voglio farlo (anche uno per la Lazio) ma il progetto deve seguire le norme. Per le Olimpiadi ho sempre la stessa linea: ricorderò a Malagò che Roma ha bisogno di sviluppare lo sport ordinario, dobbiamo sistemare gli impianti comunali che cadono a pezzi e incentivare l’attività  nelle scuole. Insomma, se uno ama lo sport deve amarlo sempre».
Vedrà  anche i costruttori?
«Certo, sono importanti per Roma e per il Lazio, danno lavoro a tante persone. La nostra proposta è puntare alla riqualificazione energetica e alla riduzione dei rischi idrogeologici e, ovviamente, al miglioramento dei quartieri. Peraltro l’Europa mette a disposizione molti fondi. Basta con nuove costruzioni, già  ci sono centomila appartamenti sfitti o invenduti».
Come combatterebbe il traffico e le buche?
«Innnanzitutto con appalti trasparenti che consentano lavori fatti bene. Poi vogliamo rafforzare il sistema “io segnalo” anche con una app con cui i cittadini possano indicare le buche grandi e pericolose. Poi immagino più mobilità  pubblica, nuovi autobus e treni, corsie preferenziali, semafori intelligenti, una rete di piste ciclabili e più car sharing. Bisogna anche ripensare il carico/scarico, incentivare il telelavoro e fare in modo che i cittadini possano ottenere on line certificati e documenti senza andare negli uffici comunali».
È vero che se diventasse sindaco il suo vice sarebbe l’ex consigliere comunale del M5S Daniele Frongia e che Marcello De Vito, anche lui 5 Stelle, potrebbe diventare presidente del Consiglio comunale?
«Stiamo lavorando sul programma, per i nomi c’è tempo. Comunque mi fa sorridere che ora alcuni mi accusino di voler dare incarichi a cittadini normali mentre fino a poco tempo fa mi accusavano di avere dietro poteri forti. Hanno paura della normalità , proprio quello che manca a Roma».

(da “il Tempo”)

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