Destra di Popolo.net

NIENTE MURO AL BRENNERO: SALVINI DOVRA’ USARE IL FILO SPINATO PER IL SUO GIARDINO DI CASA

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

L’AUSTRIA CAMBIA IDEA MENTRE I DATI SMENTISCONO GLI ALLARMI: GLI ARRIVI SULLE COSTE ITALIANE AD APRILE SONO CALATI DEL 50% RISPETTO AL 2015

Dopo mesi di tensioni tra Roma e Vienna passando per Bruxelles, come per incanto il muro al Brennero non c’è più.
Lo ha certificato il ministro dell’Interno Angelino Alfano che oggi ha incontrato il suo omologo Wolfgang Sobotka al valico italo-austriaco.
“Ci siamo voluti incontrare qui al Brennero, dove doveva sorgere un muro e una rete che non ci sarà “, dice il titolare del Viminale.
E anche i siti dei giornali austriaci, per esempio il più diffuso il Kronen Zeitung, certificano lo stesso risultato: niente reti, per ora.
La scelta di Vienna di sospendere la recinzione al Brennero è anche conseguenza del vuoto di potere creatosi dalle dimissioni del Cancelliere Werner Faymann, travolto dalle polemiche dopo la vittoria del leader della destra nazionalista Norbert Hofer al primo turno delle presidenziali. E poi certo ci sono le pressioni della Commissione Ue, di Berlino, il rafforzamento dei controlli in Italia.
Roma comunque ‘beneficia’ della tregua. Che durerà  almeno fino al secondo turno delle presidenziali in Austria, il 22 maggio.
Sarà  poi il nuovo presidente eletto ad affidare l’incarico di formare un governo. E tra le possibilità  c’è anche che il prossimo premier sia il leader del partito di appartenenza di Hofer, il Partito della libertà  austriaco (Fpà¶). Cioè Heinz-Christian Strache, il leader dell’ultradestra che di recente ha attaccato Matteo Renzi e Angela Merkel definendoli “scafisti di Stato”. Evidentemente ogni decisione sul Brennero toccherà  al prossimo governo austriaco.
Ma la retromarcia sul muro e la scelta di fermarsi solo ad un rafforzamento dei controlli di frontiera è scattata anche per altri fattori, non del tutto scollegati dal futuro politico dell’Austria.
Per ipotesi: quello di Strache sarebbe il primo governo di ultradestra in Europa. Roba da far tremare i polsi a tutte le Cancellerie europee, già  preoccupate per il referendum sulla Brexit in Gran Bretagna.
E’ anche per questo che, dopo mesi di silenzio sulla questione Brennero, anche Berlino batte un colpo a favore di Roma.
Lo ha fatto la Cancelliera Merkel una settimana fa nel vertice con Renzi a Palazzo Chigi. E oggi lo fa il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble. “I trafficanti troveranno nuove rotte — dice Schauble in un’intervista all’Handelsblatt – E noi dovremo mostrare solidarietà  all’Italia. L’Austria dovrebbe sostenere l’Italia, invece di stabilire al Brennero, una delle frontiere più intrise di significato emotivo d’Europa, nuovi controlli”.
Detto fatto. Complice anche la Commissione Europea che ha negato la richiesta austriaca di includere il Brennero tra le frontiere interessate alla sospensione di Schengen per altri sei mesi, sospensione chiesta da sei paesi tra cui Austria e Germania e accordata da Bruxelles.
Vienna però riconosce a Roma anche i maggiori sforzi nei controlli alla frontiera.
Con Alfano, Sobotka parla di “scambio di dati eccellenti: il numero di migranti illegali dall’Italia è ormai pari a zero”.
E va da sè che la retromarcia sul Brennero è scattata anche per via dei costi altissimi che la sospensione di Schengen comporta per l’economia delle comunità  di fronteria.
Questo finora. A Roma intanto accolgono con soddisfazione i dati di Frontex, secondo cui gli arrivi di aprile sulle nostre coste dal Mediterraneo Centrale sono diminuiti del 50 per cento rispetto all’anno scorso e del 13 per cento rispetto a marzo.
Anche se gli 8.370 arrivati in aprile sono molti di più dei circa 2.700 sbarcati in Grecia nello stesso periodo.
E’ la prima volta che gli sbarchi in Italia superano quelli in Grecia dall’inizio dell’emergenza dalla Siria. Segno che l’accordo tra Ue e Turchia, conclude Frontex, funziona.
Ma resta la preoccupazione per la rotta da Egitto e Libia. Lo ammette anche il premier: “In Italia non c’è emergenza, ma la situazione va monitorata… Basta un’emergenza in Libia…”, ha spiegato ieri a ‘Porta a Porta’. I mille migranti salvati ieri nel Canale di Sicilia dalla Guardia Costiera arrivavano dall’Egitto, per dire.
Non a caso l’Africa è al centro del ‘migration compact’ presentato dall’Italia all’Ue, sul tavolo del Consiglio Europeo a fine giugno. Non a caso l’Italia sta tentando di ricucire i rapporti con il Cairo, tesi per via dell’omicidio Regeni.
In Italia, spiega Flavio Di Giacomo, portavoce in Italia dell’Organizzazione internazionale migranti (Oim), “i migranti arrivano in gran parte dalla Libia e si tratta di africani occidentali, del Corno d’Africa e del Sudan.
Dall’Egitto c’è un aumento del 10% di arrivi rispetto al 2015 che però non è collegato alla chiusura della rotta balcanica ma si tratta di persone che provengono dall’Africa orientale, dalla Somalia, dal Sudan e dall’Eritrea…”.

(da “Huffingtonpost”)

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L’EX ASSESSORE INNOCENTE QUERELA DI BATTISTA E GLI CHIEDE UN MILIONE DI EURO DI DANNI: ORA C’E’ DA RIDERE

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

LO AVEVA CITATO IN TV COME CONDANNATO PER CORRUZIONE, MA IN REALTA’ CIONI E’ STATO ASSOLTO CON SENTENZA DEFINITIVA IN CASSAZIONE

La piovra si ritorce contro il Movimento 5 Stelle.
Graziano Cioni, ex assessore Pd alla Sicurezza di Firenze, è stato assolto da pochi giorni dalla Corte di Cassazione dall’accusa di corruzione perchè “il fatto non sussiste”.
Ma il suo nome figura, come lui stesso denuncia sulla sua bacheca Facebook, nella “piovra” rilanciata da Beppe Grillo sul suo blog che mette in fila tutti gli esponenti del Pd coinvolti in inchieste della magistratura.
L’immagine è apparsa anche alle spalle del deputato grillino Alessandro Di Battista durante il suo intervento alla trasmissione Piazza Pulita: “Io in bella vista risulto condannato ad un anno per corruzione”, denuncia Cioni. “No, non ci sto!. Non mi sono ancora ripreso dall’effetto Sentenza della Cassazione di venerdi 6 maggio, con la quale si chiude un incubo durato otto anni, che il lunedi successivo, in una trasmissione della 7, ben a conoscenza della sentenza , il deputato Alessandro Di Battista, mostra un manifesto con una piovra rossa che avvolge l’Italia , dal quale io in bella vista risulto condannato ad un anno per corruzione”.
L’immagine non era aggiornata con l’assoluzione in terzo grado di Cioni che ora va all’attacco: “Ho incaricato l’avvocato Pasquale De Luca di depositare querela nei confronti di Di Battista, il responsabile del blog di Grillo e la 7 per “diffamazione aggravata” per quanto di rilevanza penale, come civile. Chiedo ad Alessandro Di Battista di rinunciare all’immunità  parlamentare e di assumersi le sue responsabilità “. Secondo quanto riporta il Corriere fiorentino, l’ex assessore avrebbe chiesto un risarcimento di un milione di euro.

(da “Huffingtonpost“)

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FASSINA FUORIGIOCO: IL TAR CONFERMA L’ESCLUSIONE DELLA LISTA A ROMA

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

ORA A “SINISTRA PER ROMA” RESTA SOLO IL RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO

E’ confermata l’esclusione della lista Sinistra per Roma Fassina Sindaco dalle elezioni amministrative del 5 giugno.
Lo ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto il ricorso della lista.
L’ex viceministro dell’Economia presenterà  ora un nuovo ricorso al Consiglio di Stato che avrà  l’ultima parola sugli errori di compilazione nelle sue liste che ne avevano causato l’esclusione dalla corsa al Campidoglio.
“Apprendiamo con rammarico la sentenza del Tar del Lazio che esclude le nostre liste dalla competizione elettorale a Roma. Non ci fermiamo qui. Siamo convinti delle nostre ragioni e ricorreremo al Consiglio di Stato” la prima reazione di Fassina.
Raggi e Giachetti incassano.

(da agenzie)

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LA STRATEGIA DI PIZZAROTTI: ANDARE AVANTI, PRONTO ALLO SCONTRO FINALE

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

LA GIUNTA DI PARMA COMPATTA CON IL SINDACO TROPPO INDIPENDENTE PER PIACERE AI GRAN BURATTINAI DEL MOVIMENTO

Il sindaco ribelle va fino in fondo. E ha una strategia: se finora è stato lui a cercare loro, adesso dovranno essere loro a cercare lui.
Altrimenti lo scontro si chiuderà  in modo brutale, probabilmente con il primo cittadino espulso e addio alla guida, quella da dove tutto è nato, del primo Comune capoluogo a 5 stelle in Italia.
In che contesto? Quello di un Movimento che a un mese dalle amministrative apparirebbe double face: difensore dell’ortodosso sindaco di Livorno Nogarin e affossatore dello scomodo parmigiano.
Federico Pizzarotti è lucido, incazzato, e aspetta.
Non intende fare altro dopo la notizia della sua sospensione. Perchè d’altronde cosa vuol dire “sospensione di un sindaco?”.
“E’ un atteggiamento irresponsabile, non ci sono delle regole chiare su questo. Che farà  il direttorio, andrà  a gusto? A questo punto aspetto, non so, che mi mandino un’altra mail anonima per capire cosa devo fare” dice stizzito.
E’ probabile che per lui valga una regola già  applicabile in altri casi: 10 giorni di tempo per chiarirsi con i vertici del MoVimento, altrimenti sarà  fuori.
A Pizzarotti il non allineato, quello che pensa di testa sua, che non piace a Grillo, a Roma e non piaceva a Casaleggio, sembra non importargliene molto di quel che decideranno Di Maio e company. Ha “a cuore solo Parma”.
Tira dritto, dice di avere la coscienza a posto, anche su questa storia dell’avviso di garanzia che i vertici pentastellati hanno usato “come scusa per sospendermi”.
La tesi romana è che Pizzarotti doveva avvertire, la sua è che con i rapporti Parma-Roma-Milano interrotti da mesi lui ha agito correttamente.
Una tesi che il sindaco ribadisce da mesi e che ora “sbatte” in prima pagina. La sua, quella di Facebook. Pubblica decine di sms fra lui e Di Maio, lui e Fico. Solo che lui scrive e il direttorio non risponde. Lamenti inascoltati.
“Io ho avuto un profilo adeguato. Da nessuna parte c’era scritto cosa bisognava fare. Noi abbiamo dato disponibilità  alla magistratura. Il procedimento da tenere era questo, non la spettacolarizzazione, pubblicare documenti o delle cose. Non siamo tutti nel circo mediatico” dichiara con una piccata punturina indirizzata a Nogarin, l’altro sindaco 5 stelle indagato, quello che ha pubblicato i documenti su Facebook, quello che Grillo ha subito chiamato per offrirgli difesa ed aiuto
E allora conscio di “non aver sbagliato” l’informatico che esattamente quattro anni fa, sostenuto da Beppe e votato dai parmigiani fu eletto sindaco, adesso non si dimette affatto.
“Se temo un’espulsione? Chiedetelo a loro. Parma va avanti. Continuiamo a governare per il bene della città  con senso di responsabilità . Non c’è nessuna crisi, sia come giunta che come consiglieri siamo tutti allineati” ripete a testa alta
E’ stato il simbolo del avvenire in politica del Movimento 5 stelle, eletto ben prima che Di Maio, Di Battista, Fico o i Crimi di turno mettessero piede in Parlamento. Eppure oggi è tacciato come un appestato, uno a che, dice lui, non viene nemmeno dato il diritto di replica.
“Lo sapete, sono stato avvisato alle 14.57 della sospensione. Alle 15.01 c’era già  il post online. Il diritto di replica lo si da a tutti. Mi hanno dato solo quattro minuti per fare qualcosa? Assurdo, è tutta una scusa”.
La strategia da adottare, ora che “non c’è rispetto”, che ha perso la fiducia “in alcune persone del MoVimento” (vedi Di Maio l'”irresponsabile”), è quella dell’attesa.
Se avesse avuto un espulsione scritta fra le mani e non una semplice mail (“il mondo reale non è Facebook”) probabilmente l’avrebbe stracciata in attesa di conoscere la replica del direttorio.
In fondo è questo che intende fare nella delicata partita a scacchi di Parma ducale in corso a un solo mese dalle comunali di Roma: temporeggiare e vedere come si comporterà  il MoVimento.
Davvero lo butteranno fuori alla vigilia della sfida della Raggi?
Davvero lo cacceranno del tutto solo per non aver voluto girare dei documenti a una mail anonima, lui che lamenta di non aver ricevuto neanche una telefonata?
Davvero non contano le migliaia di attivisti che lo sostengono e gli esprimono solidarietà , quelli che per cui “crede ancora nelle basi di M5s”?
Da Roma sono sul serio pronti a far cadere una delle loro giunte ancor prima di un rinvio a giudizio?
Interrogativi che troveranno presto una risposta e se dovesse andar male Pizzarotti ha già  pronta un’opzione tutta sua, ritornare “cittadino”, o meglio, contadino.
Come anticipato ieri da Huffpost e confermato dal sindaco stesso se la sua avventura politica dovesse finire sta pensando di aprire una fattoria con la moglie, lontano dalle polemiche, da regole “ad personam”, da quella “totale mancanza di rispetto che non mi merito. Che Parma non si merita”.

(da “Huffingtonpost”)

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DIETRO LA CACCIATA DI PIZZAROTTI LA PRESSIONE DEI FALCHI, COSI’ E’ NATA LA NORMA AD PERSONAM

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

LUNGHE ORE DI PRESSING DEGLI ORTODOSSI E DELLA COMUNICAZIONE CHE SI INVENTANO UN PROVVEDIMENTO NON PREVISTO DALLO STATUTO

L’Epurazione, perchè tale è nella sostanza, per ritrovare l’equilibrio politico. L’Epurazione come valium per il placare il nervosismo interno.
Perchè da ieri, da quando è esploso il caso Pizzarotti, Beppe Grillo è stato subissato di mail, telefonate. Anche dei parlamentari, anzi soprattutto dei parlamentari alla Morra, i falchi, puri, ortodossi in nome dell’“abbiamo sempre detto che ci si dimette per un avviso di garanzia”.
Lo diceva anche Luigi Di Maio, nuovo leader e aspirante candidato premier.
Sulla rete rimbalza la sua intervista a alla Stampa in cui invoca le dimissioni anche di fronte a un avviso di garanzia per abuso d’ufficio, per non parlare della richiesta di dimissioni ad Alfano, quando esce la notizia che è indagato — per abuso d’ufficio — per il trasferimento del prefetto di Enna.
C’è questo fuoco sotto la cenere del caso Pizzarotti.
La richiesta (da parte dei parlamentari) di un incontro con Grillo. “Non la reggiamo, così non la reggiamo” ripetevano i comunicatori pentastellati. “Non possiamo assumere una posizione poco chiara”.
Per un giorno hanno provato a imbastire una linea per uscire dal fuoco di fila del Pd. E per trovare una coerenza tra la copertura dei sindaci indagati e mesi in cui, sugli avversari politici, qualunque reato — tanto abuso d’ufficio, tanto concorso esterno, senza distinzione — è stato caricato come una condanna preventiva, buona per proteste, sfiducie parlamentari, campagne o manganellate mediatiche.
Attività  molto redditizia in termini di consenso. E allora: vale la pena scaricare questa Santa Barbara giustizialista in nome della difesa di Pizzarotti?
Già  Nogarin è stato difficile da reggere, però andava fatto perchè “ortodosso”. Pizzarotti no, è l’eretico anche con una certa consistenza di consenso.
Con lui i rapporti sono inesistenti da mesi, almeno dallo scorso autunno, di reciproca insofferenza, da “nemici”. Sono di allora gli ultimi contatti. Poi, il gelo.
Nasce da qui la “svolta”, con la decisione di “sospendere” Piazzarotti, maturata nei contatti tra Milano e Genova.
Attenzione, Grillo spiega che non per l’avviso di garanzia viene “sospeso” Piazzarotti ma perchè non ha rispettato il codice della trasparenza, rifiutandosi di mandare i documenti giudiziari richiesti dai vertici del Movimento.
Peraltro dopo aver tenuto per sè il segreto di essere indagato, questo sì a differenza del ligio Nogarin che la notizia l’ha diramata per primo.
Una norma, non presente nello statuto, ad personam che consente a Nogarin di rimanere in sella e di condannare Pizzarotti.
Ad personam, perchè nello statuto non è prevista l’istituto della “sospensione” nè per un avviso di garanzia nè per trasparenza, virtù della quale non brilla neanche il candidato sindaco di Roma Virginia Raggi, che ha omesso di rendere noto il suo praticantato da Previti.
Chi ha la memoria più robusta non può non notare che la sospensione rappresenta un unicum nel mondo pentastellato.
Prima funzionava che Casaleggio decideva l’espulsione, che poi veniva ratificata dal mitico web. Stavolta, via web, è stata direttamente consegnata la sentenza senza avviso preventivo.
E non è sbagliato, parlando con fonti informate, dire che — in fondo — il Direttorio non aspettava altro per liquidare Pizzarotti, vissuto come un fastidioso corpo estraneo nel Movimento.
A monte della scelta c’è una convinzione granitica. E cioè che, nell’elettorato dei 5Stelle, sarebbe stato difficile spiegare il perchè un avviso di garanzia non porta alle dimissioni, non la cacciata di fatto.
E in parecchi ricordano i precedenti: “Dopo le espulsioni non abbiamo mai perso voti, anzi”. Insomma, come diceva Giuseppe Stalin, “il Partito, epurandosi, si rafforza”.

(da “Huffingtonpost“)

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SOSPENSIONE PIZZAROTTI DIVIDE IL WEB: “DUE PESI E DUE MISURE CON NOGARIN”

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

IL MURO DEL PIANTO: GLI ELETTORI CINQUESTELLE DIVISI TRA CHI E’ D’ACCORDO E CHI NON CONDIVIDE LA DECISIONE DI GRILLO

Sulla sospensione di Federico Pizzarotti decisa dai 5Stelle, la Rete non è compatta. Commenta, giudica, litiga sul blog del fondatore, e si divide. E gli utenti danno un primo colpo al Movimento che ora rischia di implodere dall’interno.
Il post si intitola “Pizzarotti sospeso dal MoVimento 5 Stelle: la trasparenza è il primo dovere” e tra i tag all’articolo, le parole abuso d’ufficio, avviso di garanzia, M5S, MoVimento 5 Stelle, nomine, Parma, Pizzarotti, Teatro Regio.
E’ l’annuncio della punizione del sindaco M5S di Parma, ‘colpevole’ per il Movimento di mancanza di trasparenza sull’avviso di garanzia ricevuto tre mesi fa e reso pubblico solo ieri.
Ma i commenti aperti agli utenti aumentano ogni minuto.
“Non sono a conoscenza dei fatti, premetto. Però questa sospensione ‘suona’ male” scrive un utente.
Alle 16 sono già  un centinaio, di cui uno su 3 è contrario alla decisione. “Quello di Grillo è un comportamento sbagliato (userei anche parole piຠforti) che sembra del tutto pretestuoso per togliersi dalle scatole una voce critica (ma tante volte a ragione)”, aggiunge Massimo B.
“Grillo ma perchè in prossimità  delle elezioni non ti fai i cavolacci tuoi e vai due mesi a bora bora e lasci fare ad altri? Ma sempre bordelli 1 mese prima di votare? Lo fai apposta? Io sono stufo.. seguo.. faccio donazioni.. litigo tutti i giorni per difendere un idea e te rovini tutto con un click?” dice chiaro Fabrizio, che si firma anche come “sostenitore stremato”.
E un altro chiede: “La sospensione di Pizzarotti chi l’ha decisa? La Rete?”
“Quando si tocca il fondo si può sempre scavare, caro Movimento. Pizzarotti è l’unica cosa discreta che avete prodotto da che esistete, e ovviamente non potevate sopportarlo” protesta un attivista 5 Stelle.
E un altro aggiunge: “Non vedevate l’ora… con questa decisione vi siete scavati la fossa per sempre. Amen”.
E ancora: “Sinceramente la scusa che lui lo sapeva prima di voi mi sembra una scusa grossa come una casa, non è per niente credibile, sarebbe stato meglio aspettare le elezioni del 5 giugno e poi eventualmente sospenderlo”.
Ma c’è chi condivide e anzi chiede il pugno duro anche contro l’altro sindaco indagato, quello di Livorno, Filippo Nogarin. “Io sospenderei anche l’altro, a dire il vero. Non possiamo arretrare di un millimetro sulla questione morale, o avranno vinto i vecchi partiti” attacca un attivista. E un altro concorda: “Sì, ora tocca al sindaco di Livorno essere sospeso e all’ assessore. Prima di tutto la coerenza”.

Katia Riccardi
(da “La Repubblica”)

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PIZZAROTTI PUBBLICA LE MAIL E ATTACCA DI MAIO: “MI ASPETTO LE SCUSE DAL DIRETTORIO, SONO MESI CHE CHIEDO CHIARIMENTI”

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

“NON MANDO DOCUMENTI A MAIL ANONIMA, COMPORTAMENTO NON ADEGUATO PER UNA FORZA DI GOVERNO”… SOLIDARIETA’ DAL SINDACO DI POMEZIA

Federico Pizzarotti è stato sospeso dal Movimento 5 stelle perchè “solo ieri si è avuto notizia a mezzo stampa dell’avviso di garanzia ricevuto, ma il sindaco ne era al corrente da mesi. Gli abbiamo chiesto i documenti e non ce li ha mai inviati: la trasparenza è il primo dovere”.
L’annuncio è comparso sul blog di Beppe Grillo e arriva dopo mesi di tensioni tra il sindaco di Parma e i vertici grillini.
Lui ha replicato su Facebook pubblicando lo scambio di mail delle scorse ore con lo staff in cui si rifiutava di rispondere per mail e chiedeva di essere chiamato direttamente “dal responsabile enti locali Luigi Di Maio“.
Solo ieri è uscita la notizia pubblicata dalla Gazzetta di Parma sull’iscrizione nel registro degli indagati del primo cittadino per la vicende delle nomine del Teatro Regio.
La procura ha confermato che Pizzarotti era stato informato nella seconda metà  di febbraio. Il direttorio e lo staff hanno invece scoperto la faccenda leggendo i giornali e questa situazione aveva aumentato i malumori tra le parti che da mesi non si parlano. “Non ci rispondono al telefono da autunno, come potevamo fare a dirglielo?”, avevano commentato da Parma.
“Io non ho detto ‘non do i documenti’”, si è difeso Pizzarotti in una conferenza stampa in comune, “ho detto allo staff, venite qui e qualificatevi. Li abbiamo cercati per mesi e siamo disponibili a pubblicare i centinaia di messaggi in cui li cerchiamo. Io mi aspetto scuse e chiarimenti da parte del direttorio”.
E ha poi accusato il direttorio e i vertici M5s: “Non mi sembra un comportamento adeguato per una forza di governo. Ho perso la fiducia in alcune persone del Movimento, ma non nei principi che lo hanno ispirato”.
Il primo cittadino ha anche accusato direttamente Di Maio: “Io penso che una responsabilità  ce l’abbia. Non ha mai voluto fissare nemmeno un appuntamento”.
La sospensione dal Movimento è già  stata utilizzata una volta per l’ex consigliere regionale dell’Emilia Andrea De Franceschi, dopo l’indagine della Corte dei conti su due contratti: il “portavoce” si appellò al Tar, vinse e venne reintegrato nel Movimento (salvo essere poi espulso dopo la condanna dei giudici contabili in un altro filone d’indagine).
La decisione di sospendere Pizzarotti è un modo per prendere tempo: se accetta in silenzio la decisione e viene poi archiviata la sua posizione, si può valutare un passo indietro. Ma i rapporti sembrano ormai talmente logorati che è impossibile tornare indietro.
La difesa del sindaco M5s di Pomezia
Il primo a prendere le difese di Pizzarotti è stato il sindaco grillino di Pomezia Fabio Fucci: “Sapete cosa è successo?”, ha scritto su Facebook. “Anche io ho ricevuto un avviso di garanzia ma è già  tutto archiviato. Chissà  come mai nessuno ne ha parlato prima. Pensate che disastro se mi fossi dimesso per un avviso di garanzia basato su accuse inconsistenti e reati inesistenti”.
E poi ha concluso: “Noi sindaci del Movimento siamo sindaci di frontiera ci vuole coraggio ad amministrare città  che il Pd ed altri hanno devastato. A noi del Movimento 5 Stelle spetta il compito di risollevare le città  dalle macerie. Sapete qual è il bello? Che ci riusciamo. Un abbraccio a Federico Pizzarotti e Filippo Nogarin sindaco di Livorno. Conosco le difficoltà  che affrontate quotidianamente ed apprezzo i risultati che state conseguendo”, conclude il primo cittadino”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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OTTANTAMILA MINORI ABUSATI OGNI ANNO: SE LA POLITICA, QUANDO TROVA IL TEMPO, SI INTERESSASSE DI LORO?

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

I DATI AGGHIACCIANTI DI TELEFONO AZZURRO: IL 68,9% DEGLI EPISODI AVVIENE IN FAMIGLIA

Sono tanti, un esercito di piccole vittime, indifese e spesso silenti.
Cittadini del domani derubati dell’infanzia, un danno che avrà  ripercussioni anche nel futuro. Il loro e quello dell’intera società , di cui diverranno membri.
Sono i 70-80 mila minori abusati nel Belpaese, il nove per mille della popolazione minorile. Per loro nemmeno le pareti domestiche offrono un rifugio sicuro.
Al contrario: il 68,9% degli episodi avvengono in famiglia, così come l’80% di quelli di bullismo hanno come teatro gli istituti scolastici.
Sono i dati agghiaccianti di Telefono Azzurro nel periodo compreso fra il 1° gennaio del 2015 e il 31 gennaio 2016.
I ragazzi lo sanno. E uno su tre mette fra i diritti più violati, dopo quello ad avere uguali possibilità  per ricchi e poveri (segnalato dal 42%), proprio quello alla protezione da violenze e abusi.
Dicevamo dei luoghi. Quelli pubblici e sconosciuti, da sempre nell’«immaginario collettivo» identificati come i più insidiosi, la statistica ci dice che sono presenti in percentuali decisamente basse (4,3%), come rivelano le chiamate alla «Helplines». Secondo il Report di Child Helplines International, nel periodo dal 2003 al 2013, i minorenni di tutto il mondo si sono rivolti alle «linee d’aiuto per maltrattamento fisico nel 32% dei casi, abuso sessuale nel 19%, abuso psicologico nell’11%.
Dai dati relativi ai casi segnalati al Servizio 114 Emergenza Infanzia del Telefono Azzurro, il diritto alla salvaguardia nei confronti di ogni forma di abuso e violenza risulta – in linea con la percezione dei bambini – tra quelli più violati.
La percentuale più alta di richieste riguarda situazioni di abuso e violenza (48,3%) dietro le quali spesso c’è un quadro di fragilità  nelle relazioni interpersonali, in famiglia e fuori.
Su un totale di 2210 casi gestiti nel periodo in esame, quelli con motivazione primaria di abuso e violenza sono stati 1068.
Il 26% composto da casi di abuso psicologico, il 25,3% di abuso fisico, quasi il 10% sessuale.
Il presunto responsabile della situazione di disagio del bambino è nel 73,7% un genitore (madre nel 44,2% e padre nel 29,5%), un parente nel 3,3%, un amico nel 3,2%, un conoscente nel 3%, un insegnante nel 2,5%.
Solo il 2,2% dei responsabili sono estranei adulti.
E il confronto con gli altri Paesi?
È difficile in assenza di una banca dati che permetta una rilevazione omogenea e un monitoraggio su scala nazionale. La letteratura scientifica ci dice che l’Italia ha un indice di prevalenza di abusi e maltrattamenti del 9,5 per mille, pari a circa 70/80mila casi l’anno, rispetto all’11,2% dell’Inghilterra e al 12,1% degli Usa.
In Europa 18 milioni di bambini sono vittime di abusi sessuali (13,4% delle bimbe e 5,7% dei bambini), 44 milioni di violenza fisica (22,9%), 55 milioni di violenza psicologica (29,6%).
Le nuove tecnologie non hanno migliorato al situazione. L’industria dell’abuso sessuale online genera ogni anno 50 mila nuove immagini a danno di minori. Insomma, la diffusione di Internet allarga alla realtà  virtuale la geografia dell’infanzia violata.

Maurizio Gallo
(da “il Tempo“)

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EXPO, PROFONDO ROSSO DI 23,8 MILIONI DI EURO

Maggio 13th, 2016 Riccardo Fucile

PUBBLICATI I DOCUMENTI… CREDITI VERSO I CLIENTI DI 130,4 MILIONI, MA SARANNO INTERAMENTE RISCOSSI?… NON ANCORA DONATI I SOLDI RACCOLTI PER IL TERREMOTO IN NEPAL

Expo ha chiuso il 2015 con un rosso di 23,8 milioni di euro. E a questo vanno aggiunte perdite per altri 7,7 milioni accumulate da inizio anno fino al 18 febbraio, data di messa in liquidazione della società  e delle dimissioni di Giuseppe Sala.
Il dato, che non era sinora stato reso noto, è messo nero su bianco sui documenti pubblicati sul sito della società  riguardanti i rendiconti e le relazioni consegnate dall’attuale candidato a sindaco di Milano due settimane fa.
Il risultato negativo, più volte negato da Sala, viene dunque confermato nei rendiconti che il prossimo 28 maggio verranno presentati ai soci per l’approvazione del bilancio, che quindi dovrebbe avvenire prima delle elezioni e non dopo, come in un primo momento fatto intendere dal presidente del collegio dei liquidatori, Alberto Grando. Le perdite del 2015, inferiori ai 30,6-32,6 milioni stimati nella relazione del cda discussa dai soci nell’assemblea dello scorso 9 febbraio, portano a un patrimonio netto a fine anno di 30,7 milioni (23 milioni al 18 febbraio).
È questo il dato che Sala ha sempre rivendicato come un successo, ma che le cose non siano andate come previsto lo si capisce paragonando i nuovi rendiconti con il bilancio del 2014, nella cui relazione di accompagnamento lo stesso Sala scriveva che il 2015 si sarebbe chiuso “con un significativo utile, in grado di coprire le perdite cumulate degli anni precedenti e di portare al pareggio gestionale”.
Anzichè coprire le perdite accumulate dal 2008 a fine 2014 (78,1 milioni di euro), il 2015 ha dunque portato a un ulteriore aggravio dei conti, dal momento che i 744,8 milioni di ricavi (di cui 427,1 per vendita dei biglietti) non sono stati in grado di generare utili come previsto in precedenza.
E come Sala evita di ricordare, visto che nella relazione sulla gestione che accompagna i rendiconti scrive il contrario di quanto scritto nell’analogo documento firmato un anno fa visto: questa volta infatti definisce il 2015 come “anno di completamento delle opere e degli impianti di gestione necessari all’esposizione universale e di prevalenza dei costi gestionali necessari alla gestione dell’evento stesso”.
Da ricordare poi che la Corte dei conti nella relazione sull’esercizio 2013 (datata dicembre 2014) scriveva: “Il patrimonio netto alla fine dell’evento sarà  pari a circa 135 milioni di euro”.
Tra le voci che potrebbero creare criticità  nella fase di liquidazione, quella sui crediti verso clienti che al netto dei debiti che Expo ha verso gli stessi soggetti, valgono 130,4 milioni di euro.
Di questi, 59,7 milioni sono coperti dal fondo di svalutazione crediti.
La quota valutata come esigibile è pertanto di 70,7 milioni, ma di questi alla data di messa in liquidazione ne sono stati incassati solo 33, mentre sul rimanente importo ci sono garanzie per appena 2,2 milioni.
Nei prossimi mesi andranno poi coperti i costi del 2016, che richiederanno un rifinanziamento da parte dei soci (in particolare ministero dell’Economia, regione Lombardia e comune di Milano) stimato nella già  citata relazione del cda presentata a febbraio in 48 milioni di euro, fabbisogno che probabilmente verrà  rivisto al ribasso, forse dimezzato, come anticipato nelle settimane scorse da Grando.
Resta però il fatto che Sala, nella relazione sul bilancio 2014, scriveva che “sulla base delle previsioni del budget 2015, ad oggi non si prevedono ulteriori oneri in capo ai soci stessi che potrebbero derivare dall’eventuale procedura di liquidazione”.
Da notare infine, nei debiti, 916mila euro riferiti alla “emergenza Nepal”: sono la somma di tutte le banconote e monete donate dai visitatori nelle teche installate da Expo in collaborazione con i sindacati per raccogliere fondi per il terremoto del 25 aprile 2015.
Fondi che non sono ancora stati donati: “Non essendo pervenuto dal governo del Nepal alcun progetto specifico di ricostruzione in cui far confluire le donazioni raccolte — si legge nella nota integrativa — i sindacati, in qualità  di titolari della raccolta e gestori dell’iniziativa, dopo aver vagliato diverse soluzioni, hanno deciso di affidarsi all’ong Save the children come soggetto realizzatore del progetto”.
Ma al momento i soldi sono ancora nelle casse di Expo.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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