Destra di Popolo.net

SONDAGGIO TECHNE’: SALA RISUPERA PARISI: 50,2% A 49,8%

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

NEGLI ULTIMI GIORNI SI E’ INVERTITO IL TREND, TORNA IN TESTA SALA

Dalle ultime rilevazioni di Tecnè emerge ancora un serratissimo confronto tra Giuseppe Sala e Stefano Parisi.
A dividere il candidato del centrosinistra da quello del centrodestra ci sarebbe attualmente solo mezzo punto di percentuale.
Da rilevare che, secondo Tecnè, Parisi sarebbe nettamente in calo rispetto a una settimana fa, quando le proiezioni lo davano in vantaggio sull’ex Commissario di Expo: dal 5 maggio avrebbe perso l’1,3%
Nel ruolo di “terzo incomodo” Gianluca Corrado: il candidato dei 5 Stelle, nell’ultima settimana è cresciuto di 2 punti e mezzo secondo l’indagine condotta per TgCom24.
Da Tecnè si ipotizza un ballottaggio tra Parisi e Sala: quest’ultimo alla fine prevarrebbe di appena lo 0,4%, overo 50,2% a 49,8%.

(da “Termometro politico”)

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ECCO LO STAFF CHE HA SOSPESO PIZZAROTTI: GLI STRATEGHI DI CASALEGGIO JR

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

LO STAFF CHE COADIUVA GRILLO E’ COMPOSTO DA ESPERTI DI SOCIAL E COMUNICAZIONE

«Gentilissimo anonimo staff» lo chiama Federico Pizzarotti.
E se i dubbi, veri o presunti, sull’identità  dei più stretti collaboratori di Beppe Grillo li coltiva il sindaco di Parma, che pure il Movimento 5 Stelle lo conosce fin dalla nascita, malgrado nel tempo abbia intrapreso una strada divergente dai vertici, figurarsi gli altri.
Ma la risposta è un passaggio ineludibile se non ci si vuol accontentare della semplicistica sovrapposizione Casaleggio Associati-M5S.
Il confine, sia chiaro, talvolta è davvero sottile. Certi nomi, infatti, ritornano di qua e di là . «È inevitabile» sostiene chi ricorda la genesi del Movimento, frutto certo della fantasia e del carisma di Grillo ma anche e soprattutto delle idee del «guru» Gianroberto. Che anche nell’avventura politica si affidava, come ora fa il figlio Davide raccogliendone il testimone, ad un gruppo ristretto di suoi collaboratori di totale fiducia, rodati e ciascuno con una particolare predisposizione.
I nomi
Tre-quattro figure, non di più, su un organico della società  che supera le dieci unità  (peraltro, con un forte turn over).
Si potrebbe dire, ricorrendo ad una metafora calcistica, che la Casaleggio Associati funge da squadra Primavera (o da serbatoio, se si preferisce, ma qualcuno l’ha definita «struttura Delta») per il Movimento.
E allora, chi scrive le mail come quella che ha tanto fatto infuriare Pizzarotti? Impossibile risalire alle impronte digitali del singolo messaggio.
Di certo, lo «staff» vede schierati, a vario titolo, naturalmente sotto la regia dei vertici politici, Pietro Dettori, Marcello Accanto, Biagio Simonetta, Mario Bucchich, Maurizio Benzi, su su fino a Davide Casaleggio.
Tra chi conosce gli arcana misteri dal di dentro c’è chi dà  per certo che molti messaggi di espulsione degli ultimi due anni portavano la «firma» proprio del figlio del fondatore.
Dettori, invece, è il Pietro che Beppe Grillo nel gennaio 2013 nel post di annuncio di avvio dello «Tsunami tour» indicava come suo braccio destro (addetto ai social) in compagnia di Walter (Vezzoli, alla guida del camper).
Proprio come esperto della comunicazione informatica, oltre a gestire gli account twitter del comico genovese, qualche volta in passato ha pubblicato, in veste quasi di ghost writer, post a suo nome.
Il reclutamento
Bucchich, tra i fondatori della Casaleggio Associati, ha la supervisione della comunicazione via social del Movimento.
Lo stesso Accanto mette al servizio della causa politica la sua esperienza come social media manager.
Sui contenuti, invece, è valorizzata la professionalità  di Simonetta, giornalista con una particolare sensibilità  per la comunicazione veicolata attraverso i cosiddetti new media.
Frutto di un singolare mix tra politica e marketing è Benzi, autore del freschissimo volume (è uscito due giorni fa) «Casaleggio Gianroberto, il suo pensiero in aforismi». Tra i fondatori dei meet up, il nucleo fondante del Movimento, è stato anche candidato, non eletto, alle Politiche del 2013. Fin qui lo staff più o meno ufficiale (le smentite sono sempre possibili, proprio in virtù del profilo anonimo scelto nelle comunicazioni interne).
Al quale si possono aggiungere altre figure. Quali? E da chi selezionate?
La risposta certa non c’è, ma in questi giorni sul sito della Casaleggio si legge di una offerta di lavoro per «web content manager» che tra i requisiti richiesti, accanto a quelli più specifici, richiede «conoscenza dell’attualità  politica italiana ed estera». Immaginare che possano essere arruolati dal M5S, forse, non è una semplice supposizione.

Cesare Zapperi
(da “La Stampa”)

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RIPRENDERSI ROMA, ORA IL PD CI CREDE

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

RENZI VEDE GIACHETTI PER DELINEARE LE STRATEGIE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE

Le difficoltà  dei 5 Stelle nel contenere l’onda d’urto del caso Pizzarotti a Parma, la spaccatura del centrodestra fra Giorgia Meloni e Alfio Marchini, la probabile uscita di scena dell’altro candidato progressista Stefano Fassina.
Tre scintille che stanno riaccendendo il Partito Democratico per la riconquista del Campidoglio, affidata al candidato Roberto Giachetti.
Anche Matteo Renzi ci crede e venerdì sera lo ha voluto incontrare per fare il punto della strategia elettorale.
Un incontro tenuto segreto, che è servito per condividere le mosse nelle ultime settimane prima del voto del 5 e 6 giugno.
5 e 6 giugno, una votazione in due giorni, per consentire una più cospicua affluenza alle urne, come verrà  stabilito domani dal Consiglio dei ministri su iniziativa di Angelino Alfano.
Proposta che, spiegano fonti del Nazareno, è stata accolta positivamente da Palazzo Chigi a ulteriore conferma del fatto che il premier non intende prendere sottogamba l’appuntamento con le elezioni amministrative, non le considera un passaggio doloroso da scavallare e accantonare nel più breve tempo possibile.
Vuole invece affrontare la sfida delle principali città  chiamate a votare, pur considerando il referendum costituzionale di ottobre la principale battaglia politica dell’anno.
Roma viene considerato dal Pd uno spartiacque perchè lì si misura anche la contesa diretta con il Movimento 5 Stelle.
Fiducia dem a Roberto Giachetti, quindi, anche alla luce dei sondaggi più recenti che lo vedono in progresso.
Renzi lo ha voluto incontrare per un paio d’ore per fare il punto. Non è stato ancora definito, però, chiariscono le fonti dem, se il premier presenzierà  a iniziative elettorali insieme al candidato sindaco del Pd prima del primo turno, oppure se si aspetterà  la (eventuale) campagna per il ballottaggio per un suo coinvolgimento in prima persona.
Il messaggio politico consegnato a Giachetti è quello di spingere sull’acceleratore in una fase in cui Virginia Raggi potrebbe subire un contraccolpo dagli scossoni interni ai 5 Stelle, il centrodestra disperde i suoi voti fra i due candidati Alfio Marchini e Giorgia Maloni, e l’elettorato di Stefano Fassina potrebbe convergere verso il Pd. Vincere a Roma, dopo il caos di Ignazio Marino e il terremoto capitolino di Mafia Capitale, sarebbe un punto che vale doppio.

(da “Huffingtonpost”)

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INTERVISTA A GIACHETTI: “IO PIU’ A SINISTRA DELLA RAGGI, SEL SI LIBERI DELL’ANTIRENZISMO”

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

“E’ IN GIOCO LA CITTA’, NON IL GOVERNO”: L’APPELLO AGLI ORFANI DI FASSINA

«Ci si può dire di sinistra senza pronunciare una parola sui diritti civili? O giusto il minimo sindacale?», si chiede Roberto Giachetti.
«Ecco, Virginia Raggi fa così perchè non vuole perdere i voti di destra, perchè l’elettorato a cui si rivolge è quello».
Lui, invece, esponente del Pd, di una cosa è certo: «Sono più a sinistra di lei».
A tre settimane al voto, nella capitale si parla di destra e sinistra. È l’effetto della decisione del Tar che ha bocciato Stefano Fassina, escluso per irregolarità  nella raccolta delle firme.
Fassina sostiene che due terzi dei suoi si orienteranno tra astensionismo e M5S.
«Gli elettori di Fassina devono porsi due domande: chi è in grado di risolvere i problemi di Roma? Io o la Raggi?».
Quell’area lì, però, non vede di buon occhio Renzi. Il suo primo sponsor può essere un ostacolo alla conquista di quei voti?
«Si vota sui problemi di Roma, non sono nè elezioni politiche nè il congresso del Pd. E poi si sa, io le mie idee le porto avanti a prescindere da Renzi. Si è visto al referendum sulle trivelle».
Fassina dice che il centrosinistra a Roma è morto con le firme dal notaio per cacciare Marino.
«Le dimissioni di Marino le aveva chieste Sel prima di quelle firme. Ma possiamo cancellare il centrosinistra a Roma per questo? È chiaro che l’obiettivo di Fassina era quello di utilizzare Roma per colpire Renzi. Guardiamo alla Regione Lazio: lì si governa bene, Roma merita lo stesso».
Del programma di Fassina lei prenderebbe qualcosa?
«Per esempio la proposta sulla rinegoziazione dei tassi di interesse sui mutui del Comune. Oggi li paghiamo al 5%, si potrebbero dimezzare. Apriamo un tavolo col governo. Così avremmo più risorse per il sociale».
Lei è favorevole all’ingresso dei privati in Atac e Ama?
«Ho sempre detto che Atac va prima di tutto risanata. Pensare di privatizzarla significa svenderla. Per Ama vale lo stesso. Rispetto a Fassina penso che le quote di alcune municipalizzate, i cui servizi non competono al Comune, si possano cedere».
Tra una settimana annuncerà  la sua giunta. Ci saranno personalità  di richiamo per il mondo della sinistra, da Bray a Tocci?
«A Bray ho chiesto contributi sulla cultura. Tocci lavora al nostro programma. Nella giunta ci saranno nomi autorevoli e competenti ma per rispetto a Roma e agli elettori non ci saranno specchietti per le allodole. Saranno personalità  che parleranno a tutta la città ».
Vicenda Pizzarotti: pensa che l’atteggiamento del M5S possa intaccare il consenso della Raggi?
«Lei un giorno dice che gli avvisi di garanzia sono come manganelli e, quindi, i magistrati sono dei picchiatori. Poi fa retromarcia a seconda di cosa stabilisca Casaleggio. Lei con chi sta? Con Grillo che espelle le persone via mail o con Pizzarotti? Quale autonomia può avere un sindaco di Roma che prende le decisioni in base a cosa decide una società  privata di Milano?».
In pochi giorni a Roma c’è stata una manifestazione sgomberata con gli idranti, un blitz di Forza Nuova al Gay Center, un assalto a un banchetto di CasaPound che minaccia risposte muscolari. Il clima si sta avvelenando?
«Dove c’è violenza sto dall’altra parte. I blitz delle formazioni neofasciste non possono avere cittadinanza a Roma».
La sua campagna come si concilia col ruolo di vicepresidente della Camera?
«Faccio, con impegno e sacrificio, entrambe le cose. Mi piace presiedere la Camera e sono stato felice di avere avuto la possibilità  di votare le unioni civili. I turni di presidenza sono ogni 15 giorni. Ora se ne riparlerà  l’ultima settimana di campagna elettorale».
E come farà  coi comizi finali?
«Un modo si troverà ».

Mauro Favale
(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA A FASSINA: “LE LISTE? UNA SOFFERENZA: UNA PARTE GUARDAVA ALTROVE”

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

“GIACHETTI E’ UN PASDARAN DEL GOVERNO, NON PENSO CHE VOTEREMO PER LUI”

«Noi siamo in campo e andiamo avanti…».
Avanti, Stefano Fassina? Una forza politica che non sa fare una lista elettorale può amministrare Roma?
«È una domanda legittima, ma non fa i conti con un percorso costituente molto accidentato. Abbiamo affrontato la sfida a mani nude, con una parte fondamentale del gruppo dirigente impegnata su un progetto diverso»
Sta dicendo che nutre sospetti su quella parte di Sel che appoggia Giachetti?
«La cultura complottista non mi appartiene geneticamente. Il clima è di grande sofferenza e rabbia, ma è stato un errore formale involontario in liste che hanno tutti i requisiti previsti dalla legge. E al di là  di chi materialmente è stato coinvolto, la responsabilità  politica è mia. Avrei dovuto seguire direttamente anche l’ultimo passaggio».
Dopo una figura così, non le resta che scusarsi.
«Mi sono scusato con i candidati e con le migliaia di uomini e donne che hanno costruito con noi il programma. Certo è che, quando ci sono problemi organizzativi, la ragione di fondo è sempre politica».
Si riferisce a Vendola, a Fratoianni, o a chi?
«A tutti, tutti… Al nucleo fondativo, a tutti quelli che hanno dato vita al progetto. Dovremo fare un radicale cambiamento. Non si può portare avanti la fase costituente quando il nucleo fondativo ha opzioni contraddittorie».
Roma doveva lanciare Sinistra italiana, invece l’«errore formale» rischia di bloccare il progetto.
«La vicenda romana impone un chiarimento definitivo sulla prospettiva. Io non vedo complotti, vedo due impianti di cultura politica. Da una parte chi, come me, considera chiusa la fase del centrosinistra. Dall’altra, chi pensa che il nostro destino sia l’alleanza subalterna con il Pd».
Non le resta che un miracolo al Consiglio di Stato.
«I dati sostanziali delle liste sono corretti, abbiamo raccolto il massimo delle firme e chi ha certificato non ha scritto la data su alcuni moduli, che però è ricavabile da altri elementi. Il Tar ha fatto una valutazione solo formale e noi confidiamo che domani il Consiglio di Stato consideri anche i dati sostanziali. Non è un passaggio burocratico».
Se va male, accoglierà  l’appello di Giachetti all’unità ?
«Non capisco come Giachetti possa pensare che quel pezzo di città  orientato sul nostro progetto possa votare chi è stato pasdaran del Jobs act, della scuola, dello sblocca Italia, dell’Italicum… E che vuole tornare a quel “modello Roma” che ha aggravato le condizioni della città ».
E se le offrisse, per dire, la poltrona di vicesindaco?
«Io mi dimisi da viceministro, da questo punto di vista non sono sospettabile».
Giachetti teme che voglia consegnare Roma a Grillo per fare un dispetto a Renzi.
«Trovo offensivo che, dopo sei mesi intensissimi di campagna, Giachetti continui a delegittimare la candidatura del sottoscritto come un dispetto a Renzi. Penso di avere ancora diritto all’elettorato passivo, nonostante il “Fassina, chi?” del 2014. Certo non smetterò di fare politica per quello».
Prima deve decidere chi votare: Virginia Raggi?
«Ha un approccio minimalista e ambiguo che mi preoccupa. Nè Raggi, nè Giachetti affrontano la questione sociale, che per noi è la priorità ».
Quindi, si asterrà ?
«Noi siamo sempre per la partecipazione, anche se i sondaggi rilevano che una parte significativa del popolo di sinistra non vota Pd, indipendentemente dalla condizione di Fassina. La quota prevalente si ritrae nel non voto e la rappresentazione di quel popolo non si costruisce con qualche battuta negli ultimi giorni».
Ha rinunciato a votare il Movimento 5 Stelle al secondo turno?
«Sul M5S avevo detto parole chiare, che sono state strumentalizzate. Tante persone vedevano in noi l’occasione per evitare un voto avventuroso e avventuriero verso l’ambiguità  dei cinquestelle».
Darà  o no indicazioni di voto ai suoi elettori?
«Ne discuteremo martedì con i 400 candidati. Non staremo a guardare, il progetto di Sinistra per Roma che faticosamente abbiamo messo in campo sarà  presente nei municipi e in tutta la città  e si strutturerà  come associazione politica».
Non teme di restare solo? Giachetti può offrire a Sel ben più di lei.
«Ognuno farà  le sue scelte».

Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)

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PIZZAROTTI PENSA ALLA CONVENTION: “NUOVO MOVIMENTO CON I DISSIDENTI”

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

I GIORNI DELL’ATTACCO QUANDO L’ADDIO SI SARA’ CONSUMATO… MA STAVOLTA I VERTICI NON HANNO A CHE FARE CON UNO SPROVVEDUTO

Un incontro a Parma come quello del dicembre 2014, cui erano accorsi molti dei parlamentari che poi – per un motivo o per l’altro – sono usciti dal Movimento 5 Stelle. Una chiamata per tutti quelli che non ci stanno a regole non scritte e cangianti a seconda dei casi, a decisioni che arrivano improvvise con mail anonime, a un Movimento che rifiuta la fatica del governare in nome di principi assoluti da scagliare contro chi dissente quando viene il momento.
Potrebbe essere questa la carta che Federico Pizzarotti deciderà  di giocarsi una volta che il lungo addio si sarà  consumato. Non adesso. Non alla vigilia delle amministrative, per non dar ragione a chi già  ora parla di una sua volontà  di boicottare il successo dei 5 stelle alle urne.
I prossimi giorni sono dedicati all’autodifesa. Quelli dell’attacco arriveranno quando la cacciata sarà  consumata.
Quando le urne saranno chiuse e il risultato definitivo. A quel punto si tireranno le somme di numeri impazziti: la metà  dei commenti sul blog che protesta per la sua sospensione (mai successo per gli altri epurati).
Le centinaia di messaggi che gli intasano telefonino e casella di posta. I parlamentari, più del previsto, che nelle chat interne esprimono tutto il loro dissenso: «Siamo dei coglioni…», «Contenti voi», «Davvero non comprendo», con Alessandro Di Battista che – unico del direttorio a intervenire – difende la scelta fatta. E instilla dubbi sulla buona fede del sindaco.
Mentre una deputata scrive sulla bacheca Facebook di chi aveva immaginato il giorno in cui «un minipost caccerà  il presidente del Consiglio per non aver risposto come si deve a una mail dello staff»: «Grazie per la risata, ma lo farebbero seriamente!».
L’incontro potrebbe avvenire in estate e preparare mosse che solo a una prima occhiata sembrano locali: Pizzarotti ha molta voglia di ricandidarsi alla guida di Parma, ma nessuna di consegnarsi al Pd e di essere tacciato di tradimento.
Quel che potrebbe fare è una lista civica con tutti quelli che in queste ore gli sono rimasti accanto.
Da lì, se arrivasse la vittoria, potrebbe partire un Movimento libero da post e-mail anonime. E consumarsi una vera scissione, non l’emorragia silenziosa degli ultimi tre anni. È
una scommessa ancora tutta da giocare. Non sarà  facile, con l’M5S guidato dal premier in pectore Luigi Di Maio così forte nei sondaggi.
Ma tutto – a Parma e dintorni – si muove in questa direzione.
I consiglieri hanno fatto ieri un selfie che li mostra insieme al sindaco: rispondono alla richiesta di conta della maggioranza da parte dell’opposizione, ma – indirettamente – replicano soprattutto alle voci secondo cui gli emissari del grande nemico interno, il candidato sindaco di Bologna Max Bugani, avrebbe fatto pressioni per far cadere la giunta.
L’espulsione è a un passo, il sindaco ne è consapevole. Non vuole però far nulla che lo lasci sulla sponda di quelli di cui si può dire: se l’è cercata.
«Gli altri fuoriusciti – è il ragionamento che si fa tra i suoi- sono andati allo scontro frontale, sconfessando il Movimento e molti dei suoi principi. Noi agiremo diversamente. Lo dobbiamo a chi ci ha votato, agli attivisti che ci sostengono». Lotterà  da dentro, Federico Pizzarotti. Fino a che gliene sarà  data la possibilità .
Solo dopo penserà  a come aggregare il consenso che – ormai da tempo – è cresciuto intorno a lui e alla sua amministrazione.
Per questo ha in mente di annullare i viaggi istituzionali in programma: resterà  in città  a preparare – con un avvocato – le risposte alla mail dello staff.
Quelle controdeduzioni che gli sono state ufficialmente richieste con l’avviso di sospensione e che è pronto a redigere senza lasciare spazio a reticenze.
L’inchiesta non lo preoccupa: la ritiene un atto dovuto seguito a un esposto del Pd. Ma non vuole pregiudicare il lavoro fatto, il sindaco di Parma.
Non vuole perdere l’appoggio di chi in questi anni – nonostante i p.s. sul blog, le accuse, l’isolamento – gli è rimasto accanto.
Non è solo tra Camera e Senato, dove ufficialmente quasi tutti restano allineati, che la situazione è in subbuglio.
Dice Davide Scano, capogruppo dei 5 Stelle a Venezia ed ex candidato sindaco: «Non credo sia una buona idea mandarlo via. Ha amministrato bene, ha ereditato una città  piena di debiti risanandola. Venendo da Venezia posso capire le difficoltà . Probabilmente avrebbe dovuto mordersi la lingua e fare dei passi di avvicinamento allo staff per il bene del Movimento e di tutti gli attivisti che gli hanno dimostrato stima, quelli che come me sono anche andati a Parma ad ascoltare la sua esperienza. Ma è uno che ha amministrato seguendo i valori dei 5 Stelle, uno degli esempi da portare a testa alta: lasciarlo andare sarebbe un peccato».

Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)

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MARCHINI VUOLE MICHELE PLACIDO IN COMUNE PER OCCUPARSI DI CULTURA

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

“ALFIO E’ IL PIU’ ADATTO A GESTIRE I PROBLEMI DI ROMA, DISPONIBILE A DARE UNA MANO GRATIS E SENZA INCARICHI”

Non è un totogiunta ma poco ci manca. Se tra una settimana esatta il candidato sindaco del Pd annuncerà  la squadra di governo che lo accompagnerà  in Campidoglio in caso di vittoria, Alfio Marchini si porta avanti con il lavoro annunciando i primi nomi di quel Senato Civico che l’imprenditore presenta come uno dei punti cardine del proprio programma.
Uno dei componenti, con delega alla cultura, sarà  l’attore e regista Michele Placido.
«Vorrei Michele Placido nel Senato Civico per occuparsi di cultura – annuncia Marchini – un modo per consentire alla società  civile di partecipare alla vita pubblica. Oggi se chiedi a qualcuno di venire a fare l’assessore ti risponde che non ci pensa proprio e che per 5mila euro al mese è troppo rischioso. Quindi, serve un luogo che non obbliga a prendere una posizione politica forte ma che sia un organo consultorio che possa dare l’indirizzo a chi poi deve prendersi la responsabilità  di gestire la città ».
All’interno di quest’organo Michele Placido sarebbe chiamato per il settore della cultura. I contatti tra Placido e Marchini vanno avanti da un po’ di tempo, come ammette lo stesso Alfio: «Ho già  parlato con lui».
Quanto alla giunta vera e propria, Marchini spiega: «I nomi li dirò quando presenteremo la squadra di governo, prima delle elezioni, perchè siamo gli unici a poterlo fare non avendo correnti».
Michele Placido non è del tutto estraneo al mondo vicino ad Alfio Marchini. L’attore e regista è infatti lo zio di Alessandro Onorato.
Placido è infatti il fratello della madre del consigliere comunale uscente, già  capogruppo della lista Marchini e ricandidato come capolista in Assemblea Capitolina.
Sarà  magari anche per questo che accoglie subito la proposta di Marchini e da Cannes si dichiara pronto a dare una mano, pur senza incarichi ufficiali o etichette per un impegno civico ancora più incisivo.
Michele Placido dice di credere in Alfio Marchini perchè «grazie alle sue competenze imprenditoriali il candidato sindaco di Roma sarebbe in grado di governare una capitale che straborda di problemi. Ci vuole polso, qualcuno che non si fa trascinare dagli inciuci».
«Quando mi ha chiesto – racconta il regista – se ero disponibile a dare una mano per la città  di Roma dove ho vissuto per lunghi anni a fornire qualche consiglio ho risposto di sì, d’altra parte lo avevo già  fatto a suo tempo quando era sindaco di Veltroni diventando direttore artistico di Tor Bella Monaca a costo zero, sia chiaro. Come vorrei che fosse chiaro che non aspiro a fare politica o a un ruolo di assessore, faccio un altro mestiere, ma se mi si chiede un consiglio sono disponibile a mettermi a disposizione, anche a riparare una buca con la pala. Ogni cittadino dovrebbe avere il senso civico, amare la propria città . Certo, c’è chi mi ha chiamato e mi ha chiesto: ma che fai Michele, voti Marchini, ma lo sai che quello sta con Storace? Ma io a Storace non lo darei mai il mio voto, come non lo darei a Berlusconi. Sappiamo però, è inutile negarlo, che esistono le alleanze. Non credo che nel Pd non ci siano ottime persone, anche Giachetti lo è, ma ritengo Marchini più adatto a gestire in questo momento una metropoli come Roma. Certo, se poi un domani la mia fiducia dovesse venire meno, lo dichiarerei senza problemi».
Placido ha da poco terminato le riprese da regista di Sette minuti «una pellicola sul lavoro e sulla battaglia per i diritti con un punto di vista femminile. Quello di undici lavoratrici, tra le interpreti Ottavia Piccolo, Cristiana Capotondi, Ambra Angiolini e Violante Placido, che dovranno scegliere per il destino di altre colleghe».

(da “il Tempo”)

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SEL PRONTA A MOLLARE FASSINA

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

E CON IL PD SI TRATTA PER LE POLTRONE

L’esclusione delle liste a sostegno della candidatura a sindaco di Roma di Stefano Fassina – confermata venerdì dal Tar – mischia le carte nel centrosinistra romano, rimettendone in discussione l’architettura politica.
Senza Fassina in campo, la dicotomia tra l’assetto regionale e quello comunale è sempre più marcata.
Alla Pisana la maggioranza che sostiene il governatore Nicola Zingaretti si poggia saldamente sull’asse Pd-Sel, pur con i Dem teoricamente autosufficienti dal punto di vista numerico.
Nella corsa al Campidoglio invece la frattura creatasi tra democratici e Sel in seguito alla caduta di Ignazio Marino e alla nuova linea politica del Pd nazionale guidato da Matteo Renzi ha portato all’archiviazione di un’alleanza ventennale.
L’esclusione di Fassina, il più critico verso qualsiasi forma di dialogo col «renziano» Giachetti, potrebbe rimettere tutto in gioco.
Le trattative tra Sel e il Pd sarebbero già  cominciate.
Anche perchè la frizione tra i vendoliani e il loro candidato sindaco è giunta quasi al punto di non ritorno.
La reponsabilità  politica dell’esclusione delle liste è da attribuire a Fassina e al suo comitato elettorale che hanno preferito far da sè senza affidarsi alla struttura romana di Sel per le complicate operazioni di presentazione delle liste e di raccolta delle firme.
Ora i vendoliani aspettano Fassina al varco: a seconda di cosa dirà  decideranno come muoversi.
Domani alle 12, infatti, è convocata l’udienza presso il Consiglio di Stato nel corso della quale la terza sezione presieduta da Luigi Maruotti dovrà  decidere sul ricorso depositato ufficialmente contro la sentenza del Tar che ha confermato l’esclusione delle liste a sostegno di Fassina.
Difficile immaginare una loro riammissione e a quel punto l’ex viceministro dovrà  decidere che linea tenere, indicare una strada ai propri elettori.
Fonti interne a Sel fanno notare che Fassina non potrà  certamente appoggiare un candidato di destra, nè praticare endorsement verso la Raggi.
Delle due l’una: o si va su Giachetti o si va al mare. L’idea di Sel è quella di cercare un dialogo col Pd sui punti cardine del programma elettorale della sinistra, come ad esempio l’emergenza casa.
Secondo i sondaggisti, il 6% di cui era accreditato Fassina si ripartirebbe in tre parti uguali dal 2% ciascuna tra astensionismo, Raggi e Giachetti. Anche se Fassina è di un’altra opinione e al Tg1 osserva: «Temo che quei voti che sarebbero andati alla sinistra rimangano nel non voto. La sinistra non è sostituibile con qualche improvvisazione negli ultimi giorni di campagna elettorale».
Nel Pd tuttavia c’è la convinzione, se non di sostituirsi alla sinistra, quantomeno di trovare un’intesa.
«A questo punto – dice il candidato sindaco Pd Roberto Giachetti – spero di incontrare Stefano. Gli elettori di centrosinistra che hanno una storia e una tradizione comune in questa città , avranno da scegliere tra un candidato di centrosinistra, la destra e la candidata di un movimento in confusione. Mi auguro vi sia una visione costruttiva. Le ragioni della divisione che per me erano inspiegabili prima, restano inspiegabili anche adesso, e spero vengano superate. Capisco che si possano avere dubbi sul governo nazionale, ma qui stiamo parlando di Roma».
Sel guarda con attenzione a come si muoverà  il Pd e viceversa. Ma anche i vendoliani sono divisi.
Così se una parte consistente di loro cerca un accordo, il segretario romano Paolo Cento ferma tutti: «Ci incontriamo e confrontiamo con tutti, ma non siamo in vendita. Siamo alternativi al Pd e il percorso di aggregazione di Sinistra Italiana va accelerato».
Eppure la convinzione che un accordo si possa trovare, magari discutendo anche dell’assetto nei Municipi – dove Pd e Sel governavano a braccetto fino a ieri – e nelle future giunte, è un’opinione piuttosto diffusa sia nel Pd sia in Sel.
Per questo c’è grande curiosità  nel vedere i nomi che Giachetti farà  sabato prossimo, il fatidico 21 maggio, quando annuncerà  la giunta.
L’allargamento a sinistra insomma rischia di modificare l’architettura dell’alleanza politica creata attorno a Giachetti.
Un dato che non sfugge ai moderati di «Più Roma – Democratici e popolari», lista a sostegno del Pd.
«In questi ultimi mesi a sinistra si è consumata una rottura – osserva il coordinatore della lista Lucio D’Ubaldo – Ora, è possibile presentarsi dinanzi al corpo elettorale con una coalizione tutta nuova, senza la sinistra radicale, mentre a livello regionale si continua a governare con i sostenitori di Fassina? È un nodo che va sciolto perchè nei prossimi giorni, nel caso permanesse l’ambiguità , apparirebbe contraddittoria la stessa posizione di Nicola Zingaretti. Non si può mettere in difficoltà  Giachetti proseguendo nella collaborazione di governo con una sinistra che si colloca fuori e contro l’alleanza dei riformisti di Roma».
Il risiko è appena cominciato.

Daniele Di Mario
(da “il Tempo”)

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I PROGRAMMI FOTOCOPIA DI SALA E PARISI

Maggio 15th, 2016 Riccardo Fucile

COS’E’ DI DESTRA E COS’E’ DI SINISTRA SE I PUNTI SONO IDENTICI?

«Noi crediamo che a distinguerci dai nostri avversari» dice Stefano Parisi, candidato sindaco del centrodestra a Milano, «sia l’idea che la migliore Amministrazione possibile sia quella che fa poche cose molto bene, e libera per il resto le energie creative della città ».
Crede male perchè Beppe Sala, candidato del centrosinistra, scrive nel suo programma la stessa cosa: «Il compito di chi guida la città  non è sostituirsi alle risorse che già  ci sono» e, continua, «dobbiamo stimolare il protagonismo degli attori economici e sociali».
Li hanno accusati da subito di essere due candidati fotocopia e, stando ai programmi, viene il dubbio che la critica fosse fondata.
La sfida tra Mr Expo e il fondatore di Chili Tv si combatterà  ad armi pari non solo perchè secondo i sondaggi i due ormai sono testa a tesa.
Ma anche perchè centrosinistra e centrodestra si presentano con programmi che in molti punti sono simili. Se non, addirittura, identici.
Se per Sala «servono basi solide e quartieri accoglienti» e «tutta la città  deve essere messa nelle condizioni di fiorire», Parisi vuole che «i quartieri diventino protagonisti del rinnovamento della città ».
Entrambi vedono nel social housing e nell’appoggio di investimenti privati la svolta per l’emergenza abitativa e il superamento dei ghetti-dormitorio delle case popolari.
Tutti e due promettono meno tasse, meno burocrazia e una città  più smart.
Per non parlare dei paragrafi sulla vocazione internazionale della città  o del fatto che, scrive Parisi, «il futuro di Milano si decide a Milano, lo decidono i milanesi». Che nella versione di Sala diventa «Milano è dei milanesi e chi ha l’onore di guidare la città  lo deve fare mettendo al centro i loro interessi».
Per entrambi il trasporto pubblico deve essere efficiente e potenziato, à§a va sans dire: la tutela dell’ambiente «deve diventare un fattore di sviluppo» (Sala) e «più mobilità  significa, più tecnologia, e più tecnologia serve a ridurre i bisogni di mobilità » (Parisi). Sulla mobilità  si intravede, in realtà , una distanza: il candidato del centrodestra dice di voler tornare a Ecopass, la zona a traffico limitato voluta dalla Moratti che prevedeva pedaggi diversi per le macchine in base alla classe inquinante; il centrosinistra invece manterrebbe Area C, con cui Pisapia aveva uniformato e alzato le tariffe per tutti i veicoli (eccetto quelli elettrici, i motorini e le moto).
Ma Parisi, che a parole ha attaccato più volte Area C, non la nomina neanche nel suo programma.
Il candidato si limita a promettere che «non chiuderemo pezzi di città ». Parisi, quindi, si tiene ampio spazio di manovra qualora decidesse di mantenere il pedaggio che, secondo le stime del Comune, ha portato tra i 20 e i 25 milioni di euro all’anno nelle casse dell’amministrazione.
La vera differenza, se mai, sta in un tema: la sicurezza.
Parisi ci torna sopra e insiste più volte, collegandola senza giri di parole all’immigrazione. La bandiera della sicurezza, del resto, è cara al centrodestra e alla Lega Nord, che fa parte della coalizione.
Sala, dal canto suo, non può annunciare grandi cambiamenti su quel fronte visto che vuole raccogliere l’eredità  della giunta Pisapia e lo fa con in lista l’ex assessore alla sicurezza Marco Granelli.
Per il resto, i due si beccano sull’unico tema che dovrebbe in qualche modo unirli: l’Expo.
Per entrambi un grande risultato: della giunta Pisapia e personale per Sala, che lo ha portato a battesimo come commissario unico incaricato dal governo; del centrodestra milanese e di Letizia Moratti, «che ha fatto di tutto per portarlo a Milano», secondo Parisi.
E se i meriti cercano di prenderseli entrambi, i demeriti, i ritardi nei lavori e tutto il resto dei panni sporchi sono buoni per farsi la guerra.
L’unica che possono fare, visto che quella dei programmi rischia di finire con un pari e patta.

Francesco Zaffarano
(da “La Stampa”)

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