Destra di Popolo.net

BASTA CON QUESTI PROFUGHI CHE CI RUBANO IL LAVORO DI PORTATORI DI SANTI

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

A NOMAGLIO MANCANO ITALIANI VOLONTARI PER LA PROCESSIONE, CI PENSANO I PROFUGHI NIGERIANI A PORTARE LA STATUA DI SAN BARTOLOMEO

Gli anziani del piccolo paesino di Nomaglio mai avrebbero immaginato di vedere portare in processione per le vie lastricate di porfido la statua del patrono San Bartolomeo da dei ragazzi di colore.
Invece Thomas, Matthew, Edvin, Evans e gli altri giovani nigeriani di religione cristiana, scampati ai massacri di Boko Haram e salpati per l’Italia due mesi fa, ne sono stati entusiasti.
Quando hanno visto che si faceva fatica a trovare volontari per portare il santo, hanno chiesto loro, insieme al parroco don Nicola Alfonsi, di poter dare una mano e sfilare, passando davanti alle case colorate dai vasi di fiori e di fianco al «bornel» la vecchia fontana in pietra
«L’abbiamo interpretato come segno di gratitudine, di rispetto verso le nostre tradizioni, ma anche di voglia di una rapida integrazione — ammette Ellade Peller, eletta per sei volte sindaco del Comune all’imbocco della Serra, famoso per la sagra della castagna che si svolge la terza domenica di ottobre —. Magari qualcuno dei miei concittadini avrà  storto un po’ il naso, ma non importa. Perchè anche Nomaglio è un paese di migranti, non lo dobbiamo scordare».
In questa fetta di Eporediese, a fine ‘800 ci abitavano più di mille persone.
Molte se ne andarono in cerca di fortuna verso la Francia, l’America o la grande città  e oggi, in mezzo alle 300 anime che sono rimaste, tornano in estate e nei week end i nipoti e i pronipoti di chi partì.

(da “La Stampa“)

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CHI E’ IL DIRIGENTE ATAC DELL’ INTERESSAMENTO DELL’ASSESSORE MELEO: FEDERICO CHIOVELLI E’ UN ISCRITTO AL M5S

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

IL DG RETTINGHIERI ACCUSA L’ASSESSORE E PUBBLICA UNA LETTERA DI RACCOMANDAZIONE… LA MELEO SI LAMENTA SOLO DELLA PUBBLICAZIONE, MA NEL MERITO TACE

Marco Rettighieri ha fatto trapelare una lettera indirizzata all’assessora ai Trasporti Linda Meleo in cui critica pesantemente la sindaca di Roma Virginia Raggi e l’assessore al Bilancio Marcello Minenna per le promesse sulla metro e i fondi mai arrivati ad ATAC.
Nell’ultima parte della lettera è però presente una critica diretta alla Meleo riguardo il suo “interessamento” nei confronti di un responsabile ATAC, visto dal DG come un’intromissione.
Si parla di un responsabile della Roma-Viterbo che sarebbe stato rimosso dal suo incarico.
Rettighieri parla di una telefonata dell’assessora con richiesta di spiegazioni che sa tanto di “interessamento”, accusando la Meleo di ingerenza nelle questioni di ATAC.
Ecco il testo della sua lettera alla Meleo:
Un ulteriore elemento di “disappunto” è anche la richiesta di poter agire su operazioni di personale Atac, come occorso ieri al telefono. Lo spostamento di alcune persone all’interno di un’Azienda di qualsivoglia natura, partecipata o meno, non può essere influenzato in alcun modo da ingerenze esterne. Questo per una serie di motivi, tra i quali spicca il fatto che non si ha una conoscenza della situazione o, ancora peggio, si ha una conoscenza parziale dei fatti accaduti. Tra le altre cose, visto che ho parlato direttamente con la persona interessata allo spostamento a cui ho dato motivazioni sufficienti, non vedo l’opportunità  di esprimere riserve su questa azione, come da Lei sostenuto molto sui generis. Molti, tra cui alcune organizzazioni sindacali, vedono tutto questo come un commissariamento di Atac e mio.
Il sanzionato, scrive il Messaggero, a leggere il bollettino degli ordini di servizio è Federico Chiovelli, ingegnere dell’ATAC rimosso dal vertice della ferrovia Roma-Viterbo.
«È un simpatizzante Cinquestelle», maligna qualche collega sul quotidiano. Curiosamente, nella replica postata in serata su Facebook, la Meleo parla di tutto tranne che dell’episodio di cui sarebbe stata protagonista:
La fuga di Linda Meleo
È ovviamente inglorioso e vergognoso che l’esponente di una giunta che ha fatto della trasparenza un valore nicchi, o glissi, su un capo d’accusa così importante, visto che tra le righe Rettighieri accusa la Meleo di essersi interessata e aver contestato la decisione del DG senza argomenti e basandosi su una conoscenza parziale dei fatti.   La Meleo avrebbe dovuto replicare puntualmente sulla presunta ingiustizia subita da Federico Chiovelli, ma ha preferito glissare dando così da pensare che abbia ragione il DG.
Chiovelli, in ogni caso, è davvero un iscritto al MoVimento 5 Stelle della zona.
Ma il punto non è ovviamente questo: libero è lui di militare nel partito che vuole, libero è persino di lamentarsi con chi vuole per una sanzione che evidentemente ritiene ingiusta.
Ciò che è incredibile è che per l’ennesima volta l’amministrazione, accusata da Rettighieri come da Fortini, faccia finta di niente invece di replicare puntualmente: non c’ero e se c’ero dormivo, in pieno stile Vignaroli e senza rendersi conto della gravità  delle accuse.
Onestà  non dovrebbe far ridere con omertà .

(da “Nextquotidiano“)

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CAOS ROMA, L’EX DG ATAC RETTIGHIERI: ” MI SONO DIMESSO PER LE INTROMISSIONI DELL’ASSESSORE MELEO”

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

I VERTICI ATAC MOLLANO LA RAGGI: “UN POLITICO NON SI INTROMETTE IN AFFARI DI SOCIETA’ PARTECIPATA”

“Le mie dimissioni sono motivate puntualmente. Una delle ragioni che mi ha spinto a lasciare nasce da un’intromissione che non mi ha fatto piacere; da una lettera ufficiale che l’assessore Meleo ha indirizzato a Brandolese e me in cui si intromette in affari di una società , anche se partecipata. È una palese violazione delle regole del buonsenso ed è la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
Così l’ex dg Atac, Marco Rettighieri in una conferenza stampa con il dimissionario amministratore unico Armando Brandolese.
“Abbiamo dato l’anima per risanare Atac – continua Rettighieri – se non ci fosse stato un debito pregresso così importante sono certo che ce l’avremmo fatta in tempi rapidi”.
“Ci sono state gestioni pregresse che hanno condizionato quella attuale ma non capisco perchè il piano industriale sia stato messo in discussione, sul mio conto se ne sono dette tante e troppe. C’è chi mi ha etichettato politicamente ma io sono un tecnico.”

(da “Huffingtonpost“)

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ECCO COME LAVORERA’ ERRANI: NIENTE PASSI FALSI E TRASFERIMENTO IN LOCO

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

“NON PARLERO’ MOLTO, DOVRANNO PARLARE I FATTI”… “NON SARO’ UOMO DI PARTE, QUA COME UOMO DELLE ISTITUZIONI”

Trasferimento in loco nei prossimi giorni, lavoro sul campo per fare una stima dei danni e delle cose da fare, lavoro sulla composizione della squadra che lo accompagnerà  nella sfida che ha accettato di portare avanti.
Vasco Errani si gioca tutto nel ruolo di commissario straordinario per la ricostruzione post-sisma tra Lazio e Marche.
Ed è per questo che, nel giorno della nomina da parte del governo Renzi, l’ex governatore dell’Emilia Romagna sta bene attento ai passi falsi.
E’ lui la carta del premier Matteo Renzi per giocare una partita che vuole arrivare fino in fondo. A cominciare dalla trasparenza nella gestione delle risorse che è anche condizione per ottenere flessibilità  dall’Unione Europea.
Dopo mesi di voci e smentite su un possibile ingresso di Errani nel governo Renzi, è finalmente arrivato il gran giorno.
Il premier lo ha spiegato ieri anche ad Angela Merkel: la scelta è caduta su Errani perchè “ha fatto bene” nella ricostruzione dopo il terremoto in Emilia Romagna 4 anni fa.
“E’ uno che si è tirato su le maniche e ha tenuto botta, come dicono in quella regione”, dice Renzi. Quando il sisma di magnitudo 5,9 colpì l’Emilia Romagna nel 2012, distruggendo intere aree produttive, Errani fu nominato Commissario delegato per l’attuazione degli interventi sui territori emiliani e lanciò lo slogan ‘Teniamo botta’.
Il risultato fu il ‘Modello Emilia’ per la ricostruzione basato su una cabina di regia che coinvolgeva sindaci e rappresentanze territoriali, sulla priorità  alla ricostruzione dei centri storici evitando le New Town per collocare i terremotati in moduli provvisori, grande attenzione alla legalità .
Ma il passato è passato ed Errani evita paragoni.
“Non c’è un modello, sarebbe stolto pensare al modello Emilia o Friuli. Prenderemo le esperienze che vengono dai terremoti precedenti, vedremo i limiti e gli aspetti positivi e baseremo tutto sul modello territoriale”, dice in conferenza stampa a Palazzo Chigi, prima di recarsi ad Amatrice per il primo sopralluogo con il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.
Domani invece sarà  a Montereale e via via in tutti i paesi interessati alla ricostruzione.
“Non parlerò molto, dovranno parlare i fatti”, dice Errani che non si sbilancia in stime nemmeno ufficiose dei danni.
I prossimi giorni serviranno anche per comporre la squadra che lo accompagnerà  nell’impresa. “Non assumerò mai una decisione da solo. Cercherò di essere il più presente possibile in quel territorio, lì ci sarà  il commissario e la struttura sarà  leggera e opererà  in piena collaborazione con le regioni. Avremo una grande accuratezza nella spesa e nella trasparenza delle decisioni”.
Indagato per falso ideologico e poi assolto lo scorso giugno, per fatti legati alla ricostruzione in Emilia Romagna, Errani inizia oggi la sua nuova ‘vita’ istituzionale al fianco di un premier e segretario del Pd di tutt’altra estrazione politica.
Lui, uomo del Pci nella rossa Emilia. L’altro, giovane ex Dc ora votato a superare destra e sinistra.
Eppure l’incontro ravvicinato tra i due, così diversi, doveva avvenire: era solo questione di tempo, dicono in entrambi gli entourage.
Errani era colui che garantiva la comunicazione tra Renzi e Bersani, quando quest’ultimo era ancora segretario del Pd e il primo era ancora un sindaco pieno di ambizioni nazionali.
Ora l’ingresso ufficiale nella stessa squadra per quella che per Renzi è ‘la sfida delle sfide’, la ricostruzione.
Roba che dona pace anche nel Pd, se può servire. E servirà , in vista del referendum costituzionale.
Non ditelo a Errani, però. Anche qui l’ex governatore vede passi falsi e schiva.
“Non avrei mai accettato, e penso di averlo dimostrato su campo in questi mesi, un incarico in chiave di dialettica tra maggioranza e minoranza nel Pd — dice – Non c’entra niente. Io adesso non sono un uomo del Pd ma un uomo delle istituzioni e faccio solo questo. Non l’avrei mai accettato un incarico del genere e nemmeno il presidente del Consiglio, nè nessun altro, hanno pensato una cosa del genere. Prendo atto della dialettica politica, ma a me interessa rispondere a quelle comunità  e non mi farò coinvolgere nelle polemiche”.
Via al lavoro, consapevole di essere il jolly sul quale anche Renzi scommette tutte le sue carte: proprio nel giorno in cui i temibili avversari politici del M5s celebrano il giorno più nero della giunta Raggi che perde pezzi a pochi mesi dalle elezioni.
La scommessa ormai è di entrambi: riuscire per dare un’ultima chance alle istituzioni e alla politica dei partiti tradizionali.

(da “Huffingtonpost”)

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RADICALI A CONGRESSO SENZA PANNELLA: LA SFIDA DI GIOVANNI NEGRI ALLA LEADERSHIP

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

MOSSA DELL’EX SEGRETARIO, MENTRE GLI ORTODOSSI LITIGANO COI QUARANTENNI

Frizzanti discussioni si annunciano al congresso radicale iniziato anel carcere romano di Rebibbia. Il primo scontro sarà  proprio sulla «location»: mai era accaduto che un intero partito si riunisse dentro un penitenziario, al massimo singoli esponenti loro malgrado. Per accedervi bisognerà  superare i controlli di sicurezza e lasciare all’ingresso tutta l’elettronica, telefonino compreso.
Inoltre verrà  ammesso solo chi aveva compilato un modulo online prima del 26 agosto, i ritardatari resteranno fuori.
Cosicchè non vedremo più la variopinta umanità  tipica delle kermesse pannelliane, dove pure l’ultimo arrivato diceva la sua.
Gli organizzatori sono convinti che Marco ne sarebbe stato orgoglioso, perchè la drammatica condizione carceraria era una delle sue due nobili «fisse» (l’altra: il «diritto alla conoscenza», tema di gigantesco impatto rimasto purtroppo allo stato gassoso).
Una parte della galassia radicale, invece, sospetta che la trovata di Rebibbia sia solo un modo astuto per filtrare il pubblico, isolare chi contesta la linea e svicolare dal vero grande punto interrogativo: che ne sarà  del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito dopo la morte del suo fondatore?
«Felloni» contro ortodoss
I più critici si annidano tra i Radicali Italiani, dèpendance nazionale del PRNTT, anche per ragioni anagrafiche.
C’è proprio una diversa mentalità  tra i quarantenni come Riccardo Magi o come Marco Cappato, e la vecchia guardia pannelliana incaricata di vigilare sul lascito politico del leader scomparso, oltre che su un patrimonio stimato (tra immobili e radio) in 50 milioni di euro.
I «giovani turchi» muoiono dalla voglia di cimentarsi non solo sui due soliti temi cari a Pannella ma a 360 gradi.
Per esempio, si sono presentati alle scorse comunali di Roma e Milano, con risultati decisamente mediocri; ma non importa, dicono, per loro contava spezzare l’incantesimo o quantomeno provarci, laddove il gruppo degli «ortodossi» (Maurizio Turco, Rita Bernardini, Walter Vecellio, Sergio D’Elia) li considera alla stregua di arrivisti che non vedono l’ora di farsi cooptare nel regime.
Addirittura Turco li ha definiti pubblicamente «felloni», e di qui a sabato ne sentiremo volare altri di epiteti sanguinosi.
Grandi figure come Emma Bonino, o come Gianfranco Spadaccia, per ora se ne stanno appartate, forse pure un po’ disgustate
Il debutto di Mariann
Troppo forte è il dissidio per ricomporlo: un divorzio sembra nell’aria. Ma pure se non si arriverà  a tanto, l’unica a trarne vantaggio sarà  probabilmente Marianna.
Cioè l’associazione lanciata un paio di mesi fa da Giovanni Negri, segretario del partito pannelliano negli anni Ottanta che poi si era ritirato dalla politica per scrivere libri e produrre dell’ottimo barolo.
È ritornato in azione perchè, secondo lui, ce ne sono tutti i presupposti.
«I partiti di plastica sono finiti», spiega, «la Repubblica dei giudici ha fallito, rimane soltanto il grillismo di cui presto l’Italia si stancherà ».
Su queste macerie i radicali possono diventare l’embrione di un nuovo partito dei cittadini, Marianna appunto, che simboleggia le conquiste della Rivoluzione francese declinate nel tempo presente.
Lanciare un’opa sul Partito radicale a Negri, così egli assicura, non interessa. Tantomeno infilarsi nelle liti sull’eredità  di Pannella.
«C’è tutta un’altra storia da iniziare con l’aiuto dei tanti radicali attivi o in sonno, desiderosi di risvegliarsi».
Sta preparando la proposte di Marianna su fisco, giustizia e lavoro. Ha già  fissato l’atto ufficiale di nascita, una convention nazionale che si terrà  a Bologna il 14 e 15 gennaio.

Ugo Magri
(da “la Stampa”)

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APPALTI E PERMESSI: SI INDAGA ANCHE SUL SINDACO DI AMATRICE

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

SERGIO PIROZZI: CONTESO DALLE TV, SLANG RUDIMENTALE E SUPER POP… IL COMUNE SI TROVERA’ NEL PARADOSSALE CASO DI ESSERE INDAGATO E DI GESTIRE LA RICOSTRUZIONE

Bisogna dire che l’uomo eÌ€ proprio di questo tempo: ama il calcio, ha il cranio rasato, indossa la felpa con su scritto il nome di Amatrice.
Sergio Pirozzi, allenatore del Trastevere, sindaco e voce del terremoto amatriciano, sta nutrendo i telespettatori del suo slang rudimentale e super pop. Al microfono della Rai, nella sua prima intervista: “Barcollo ma non mollo”.
Da allora l’eccitazione degli inviati per averlo in voce eÌ€ salita di parecchio, cosicché anche la considerazione di Pirozzi per se medesimo eÌ€ andata lievitando.
“Il mio popolo sa che il suo capo eÌ€ ferito, ma non cede né scappa”. Il Capo, cioeÌ€ lui. Di piuÌ€: “Ho detto a Renzi che sarebbe il caso di indossare una felpa con su scritto Italia”.
Due sere fa al ministro dell’Interno. “Avete operato bene” e Angelino Alfano lo ha ringraziato con devoto sussiego.
“Il popolo della felpa” si chiama il suo gruppo su Facebook e di destra sono le sue simpatie politiche. Gianni Alemanno gli eÌ€ andato subito a far visita, Il Secolo d’Italia lo accudisce e Il Tempo ammonisce: GiuÌ€ le mani da Pirozzi.
Non c’eÌ€ problema, il sindaco non tentenna: “Se mi arriva un avviso di garanzia? Atto dovuto, ma me ne frego”. Se ne frega.
La ricostruzione deve passare per le sue mani e per quelle dell’ufficio tecnico.
Il Comune di Amatrice si troverà a essere indagato e a indagare.
Singolare condizione di ente propulsore e attuatore delle misure anti scossa e soggetto destinatario delle attenzioni della Procura per i mancati adeguamenti sismici.
“Il Comune di Amatrice si costituiraÌ€ parte civile perché eÌ€ parte lesa”, ha detto e nel modo piuÌ€ sbrigativo possibile a proposito della scuola del paese alla quale 700 mila euro di finanziamento pubblico non sono bastati per restare in piedi.
Non volendo perdere tempo e avere fastidio per domande inutilmente curiose, giacché “devo pensare ai miei fratelli e non rispondere ai magheggi, lei eÌ€ un mago che sa cose che io non so”.
Amatrice, classificata come area ad alto rischio sismico, è terra tremula per eccellenza e in questi anni di ogni terremoto ha conosciuto il rombo.
PercioÌ€ le sono stati concessi in tempi successivi alle scosse che colpirono prima l’Umbria (1997) poi L’Aquila (2009) finanziamenti per adeguare strutture pubbliche e private. 700mila euro alla scuola, 568 mila per alcuni edifici privati, due milioni per l’ospedale, e ancora, sembra, altri quattro milioni disponibili ma non spesi.
Proprio sulla scuola primaria la teoria del sindaco di aver fatto le cose in modo giudizioso è andata piegandosi al dubbio.
Il cartello comunale affisso al tempo dell’inaugurazione delle opere segnalava che l’edificio avesse subiÌ€to, in meno di tre mesi, “sontuose opere” di miglioramento e abbassamento della vulnerabilitaÌ€ sismica.
Opere sconosciute peroÌ€ all’impresa esecutrice

Antonello Caporale
(da “il Fatto Quotidiano“)

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I FONDI PER LA SICUREZZA DELLE CASE USATI PER COMPRARE CALDAIE E INFISSI

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

TRENTA MILIONI DISTRIBUITI AI PRIVATI SENZA CONTROLLI

Ci sono altri 21 milioni di euro che ballano tra consulenze e appalti per il dopo sisma del 1997.
Si tratta, nella sostanza, dei finanziamenti pubblici erogati dal governo e finiti nella tasche di cittadini privati, che all’epoca del terremoto (e poi anche quello del 2011) che sconvolse soprattutto l’Umbria e le Marche subirono danni alle loro abitazioni. Otto di questi milioni (oltre agli altri sessanta) finirono sul territorio provinciale.
Ma tredici di questi restarono a Rieti. Dove tutti i proprietari di immobili lesionati, nei fatti quasi tutto il centro storico, restaurarono le loro abitazioni.
Qualche villa appena fuori la città  e nei territori limitrofi, palazzi blasonati, soprattutto nel centro storico, nel quadrilatero centrale tra via Roma, via Garibaldi, via Cintia e piazza Mazzini.
E dunque, se ai 21 milioni stanziati per le abitazioni private si aggiungono i 66 milioni di euro per enti e strutture pubbliche si arriva quasi a 90 milioni di euro di soldi destinati a ricostruire e soprattutto a restaurare decine di immobili lesionati.
Che alla prova dei fatti, i casi dei palazzi di Amatrice e Accumoli insegnano, si sono dimostrati inadeguati a reggere la violenza del terremoto.
E così, nonostante le cifre messe in campo da Governo e Enti dal ’97 in avanti, molte delle case private (stavolta) sono tornata a cadere, soprattutto ad Amatrice e Accumoli.
Certo le scosse sono state dure, ma «forse — spiega una fonte — sarebbe utile capire se quei soldi ottenuti sono stati utilizzati per rendere antisismica l’abitazione oppure per riammodernarla, dotarla di maggiore confort: dalla domotica interna, alla revisione degli spazi interni, dai riscaldamenti a pavimento agli infissi».
Un po’ quello che si contesta anche nei lavori eseguiti per la scuola «Romolo Capranica» di Amatrice, dove c’è pure il riscaldamento a pavimento ma le coperture antisismiche forse no, e qualora ci fossero state, si sono rilevate insufficienti
Insomma, lavori sì realizzati, ma che sul tema cruciale della sicurezza hanno miseramente fallito.
Per mille ragioni, che la Procura di Rieti con l’apertura dell’inchiesta per disastro colposo dovrà  accertare.
Tant’è che anche ieri mentre negli uffici del palazzo di giustizia reatino si teneva un’altra lunga riunione fiume tra forze di polizia giudiziaria e procura, la guardia di finanza ha perquisito gli uffici della Provincia di Rieti.
E’ lì, infatti, che sono transitati una parte consistente di documenti e di atti per bandire appalti e affidare incarichi a una nutrita schiera di professionisti.
Ed è proprio nel palazzo della Provincia di Rieti che il 10 gennaio del 2000 fu varato e approvato lo schema di convenzione per le progettazioni relative alla ricostruzione per un importo superiore a 33 milioni di euro.
Dentro quel primo piano – sottoscritto dall’allora sub commissario per il terremoto Giosuè Calabrese, e poi confermato e integrato (con altri incarichi a professionisti e bandi per altre ditte) dal secondo sub commissario, l’ex assessore al Turismo e alla cultura della regione Lazio, Luigi Ciaramelletti — a farla da padrone sono stati come Enti attuatori la Soprintendenza e la curia di Rieti.
Solo gli uffici della Soprintendenza conferirono incarichi e progetti a ditte certificate (Og2) per restauro e risanamento per circa nove milioni e mezzo di euro su ben 36 opere periziate per danni da eventi sismici.
La curia di Rieti dal canto suo, invece, finanziò lavori e strutture (otto per la precisione in quella prima parte) per 4 milioni 170mila euro.
Ora, proprio sulle modalità  di concessione degli affidi dei lavori e degli appalti anche l’Autorità  nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone ha acceso un faro. E quindi non è da escludere che alla perquisizioni di oggi ne seguiranno altre per acquisire altri atti e verificare la legittimità  dei finanziamenti concessi per i lavori realmente svolti. Insomma, due corni della stessa inchiesta che a breve potrebbero portare a novità  eclatanti.

Paolo Festuccia
(da “La Stampa”)

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“SE LA RAGGI FARA’ ALTRI ERRORI SE NE ASSUMERA’ LA RESPONSABILITA'”: RESA DEI CONTI NEL M5S

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

I CONSIGLIERI COMUNALI GRILLINI CHIEDONO DI ANNULLARE TUTTE LE NOMINE… LA TAVERNA: ” DIMISSIONI GRAVE PERDITA”

Panico in Campidoglio. Chi si trova nelle stanze di palazzo Senatorio descrive così l’aria che tira dopo le dimissioni di due pesi da novanta: la capo di gabinetto Carla Ranieri e l’assessore al Bilancio Marcello Minenna.
Quest’ultimo da sempre considerato l’uomo chiave della Giunta avendo in mano i conti di Roma e la delega alle aziende partecipate.
Il contraccolpo nel Movimento 5 Stelle è sintetizzabile nelle parole di Paola Taverna: “Se la giudice Raineri e l’assessore Minenna dovessero formalizzare le loro dimissioni, questo rappresenterebbe una gigante perdita”.
Il problema però non è solo pratico. È molto più ampio e riguarda la guerra tra fazioni che è scoppiata in Campidoglio tanto che a settanta giorni dall’incarico si è davanti già  alla prima crisi dell’era targata Virginia Raggi con i consiglieri 5Stelle pronti a chiedere formalmente al sindaco di revocare alcune nomine mai digerite, tra queste quella del vice capo di gabinetto Raffaele Marra, che nel passato ha lavorato al fianco di Gianni Alemanno.
In campo ci sono anche i vertici pentastellati, che a taccuini chiusi, non nascondono il loro malumore per la gestione capitolina di questi primi mesi.
Pur sapendo che nella Capitale il Movimento si gioca la sua scalata verso Palazzo Chigi, qualcuno si spinge ad affermare: che “se Raggi farà  altri errori, se ne assumerà  la responsabilità “.
In sintesi, non è escluso che se le cose non dovessero andare per il verso giusto le strade di Raggi e del M5S potrebbero dividersi.
Dietro il passo indietro di Minenna e la revoca di Raineri ci sono settimane di scontri tra loro due da un lato e Salvatore Romeo, capo della segreteria, e Raffaele Marra, ancora formalmente vice capo di gabinetto, fedelissimi di Virginia Raggi, dall’altro. Alle quattro e mezzo del mattina, il sindaco decide di far fronte al caos dando lei su Facebook la notizia dell’addio di Raineri, senza però citare Minenna le cui dimissioni erano già  arrivate sul suo tavolo: “Sarà  predisposta l’ordinanza di revoca” di Ranieri poichè “l’Anac ha dichiarato la nomina va rivista” a causa di uno stipendio troppo alto rispetto a quanto prevede la legge.
Ma in mattina, ormai ex capo di gabinetto, fa sapere che “i motivi sono ben altri”. Raineri e Minenna si sono sempre mossi insieme già  dai tempi del commissario Tronca.
E anche l’assessore al Bilancio ha fatto un passo indietro dopo essere entrato in rotta di collisone con Romeo, che in passato aveva la delega alle partecipate.
Le invasioni di campo da parte di quest’ultimo e visioni così diverse tra Minenna e la sindaca sono culminate con il caos Atac e le ormai scontate dimissioni del direttore generale Marco Rettighieri.
Una guerra insomma che non piace ai vertici pentastellati e neanche ai consiglieri, adesso riuniti con il sindaco.
Si fa sempre più probabile la strada della richiesta di ‘resettare’ alcune nomine e quindi far tornare indietro la Raggi sulle scelte fatte.
Eppure in Campidoglio si fanno più insistenti voci su un possibile balzo in avanti di Marra, anche se l’ipotesi che prenda il posto della Raineri sembra piuttosto improbabile. Per evitare sorprese però, i consiglieri 5Stelle ne chiedono una cacciata definitiva.

(da “Huffingtonpost”)

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AVEVA RAGIONE GRILLO, ALLA FINE NE RESTA UNA, DA SOLA: VIRGINIA

Settembre 1st, 2016 Riccardo Fucile

ROMA, CONTINUA LA FUGA DALLA RAGGI: SI DIMETTONO I VERTICI DELL’ATAC DOPO SCONTRI CON IL MS5

Arrivano le prime conseguenze del braccio di ferro in atto giorni tra l’Atac e la giunta Raggi.
L’azienda di trasporto pubblico capitolina perde i vertici: il direttore generale Marco Rettighieri e l’amministratore unico Armando Brandolese lasciano l’azienda. I due hanno formalizzato le loro dimissioni stamattina.
La decisione arriva a poche ore dall’uscita di scena dell’assessore al Bilancio
La tensione tra Rettighieri e le giunta guidata dal sindaco Virginia Raggi era alta ormai da giorni. Il 31 agosto il dirigente della municipalizzata, nominato solo lo scorso febbraio dal commissario Francesco Paolo Tronca, aveva inviato una lettera all’assessore dei Trasporti Linda Meleo in cui contestava le cifre fornite dal Campidoglio sulla metro A e denunciava presunte “ingerenze esterne” sullo spostamento del personale aziendale.
“I 18 milioni di euro stanziati dalla giunta il 12 agosto non sono mai arrivati sul nostro conto corrente”, scriveva il dg nella lettera indirizzata anche alla Commissione Trasporti del Senato.
“La delibera di giunta, approvata poco prima di Ferragosto, è stata resa esecutiva con una determina dirigenziale della Ragioneria Generale del Campidoglio il 17 agosto — rispondeva poco dopo il dimissionario Minenna — da quella data le somme sono entrate nella disponibilità  effettiva di Atac: le risorse sono quindi state erogate nei tempi utili e funzionali all’avvio dei lavori di manutenzione della metro”.
Il Partito Democratico, intanto, affila le armi della polemica. “Unici risultati dell’amministrazione Cinque Stelle? Le guerre interne fatte pagare ai cittadini, in piena logica da vecchia politica. — attacca il deputato del Pd, Andrea Romano — cento giorni di giunta Raggi e tutto ciò che si è visto sono i guai di Ama e Atac, i superstipendi, tanta incapacità  e zero trasparenza. Le dimissioni di Raineri e Minenna sono il sigillo all’incapacità  strutturale a far corrispondere le promesse con la realtà . Pronti via e sono già  in frantumi”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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