Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile MINENNA CONFIDO’: “VOGLIONO FARMI FUORI”…VINCONO FAIDE, ARRIVISMI ED EGOISMI
La guerra civile che è ormai diventato il Movimento cinque stelle a Roma – una guerra combattuta anche sulla pelle di Virginia Raggi, al netto di tutte le sue debolezze politiche – è a una svolta: non se ne vanno semplicemente cinque persone, sta saltando tutto uno schema di gioco, diciamo così «istituzionale», che aveva cercato di utilizzare nel quadro della giunta Raggi una serie di grand commis o tecnici, non importa se transitati dalle gestioni Marino, o Tronca.
All’indomani della vittoria dei cinque stelle fu proprio Tronca a raccomandare alla Raggi di servirsi di alcune competenze che «sarebbero state disponibili a dare una mano a Roma, non per il Movimento, ma per aiutare la capitale a non affondare».
Fece quattro nomi: Marco Rettighieri e Daniele Fortini, dg di Atac e presidente di Ama, Carla Raineri, un alto magistrato, e Marcello Minenna, un dirigente Consob molto bravo con numeri, finanza e conti.
Risultato: i primi due – su cui Raggi si era esposta negativamente – furono messi in stand by, ci fu una frenata sul loro siluramento, che era stato variamente promesso; gli altri due sono diventati – tra mille fatiche che abbiamo documentato via via – capo di gabinetto e assessore chiave al bilancio.
Ora «sta cadendo quello schema per cui una parte degli apparati dello stato dice “ok, aiutiamo i cinque stelle a non combinare disastri”», ci dice una fonte di altissimo livello in tutta questa vicenda.
Rettighieri ha appena lasciato, Fortini lasciò un mese fa, Raineri si è dimessa (ieri l’altro, poi ieri c’è stata la revoca formale, fatta dalla Raggi per autotutelarsi dopo il parere negativo dell’Anac).
A proposito di Anac, anche Raffaele Cantone, e il prefetto Franco Gabrielli, si spesero con alcuni di questi grand commis per invitarli a continuare a lavorare per il bene di Roma anche nella stagione cinque stelle.
Dire che molti di loro fossero assai dubbiosi è un eufemismo.
Il garante di tutto questo nel Movimento doveva essere Luigi Di Maio, ma è chiaro che il garante non è al momento in grado di garantire nessuno – neanche Minenna, che era arrivato alla giunta attraverso lui e, formalmente, attraverso una presentazione fatta da Carla Ruocco.
Minenna ha confidato nei giorni scorsi: «Sono in tanti a volermi fare fuori nel M5S».
Ma possiamo dire che il fallimento dello schema-grand commis è, automaticamente, una vittoria di un fronte avverso a Di Maio? Calma.
Per quale motivo la revoca della Raineri si porta dietro le dimissioni del tandem Minenna-Solidoro, l’amministratore di Ama nominato venti giorni fa?
Se perde il fronte istituzionale, non si può dire che vinca un compatto, alternativo fronte barricadero, o del ritorno alle origini M5S.
In realtà vincono faide, egoismi, arrivismi. Si son sfasciate anche le cordate.
Minenna si è scontrato sempre più con varie figure in Campidoglio, a partire dalla sindaca, che non sopportava più nè lui nè la Raineri.
La Raggi aveva promesso «azzeriamo i vertici Acea», Minenna trattava con Caltagirone per coinvolgere Acea nella gestione dei rifiuti, anche strategicamente.
Minenna aveva scelto Alessandro Solidoro, persona competente, a capo della nuova Ama (Solidoro ha confidato: «Avevo accettato solo per Marcello, siamo amici da anni e me l’ha chiesto come un servizio, magari solo per quale mese»).
Senonchè, appena insediatisi lui e il dg Stefano Bina, si sono resi conto che Paola Muraro, la discussa assessora all’ambiente, spadroneggia e sta scrivendo il piano di ristrutturazione dell’azienda lei, al posto loro (ci torneremo in altra occasione).
Tra l’altro, a Solidoro era stato detto dal M5S che Ama versava in stato fallimentare dal punto di vista tecnico: il che non è vero, perchè i conti sono in ordine, e i problemi sono altri.
Minenna è andato su tutte le furie per questo straripare della Muraro, lo scontro con l’assessora è stato aspro; e naturalmente anche Solidoro non ne poteva più; che le sue dimissioni seguano a ruota quelle dell’assessore è naturale.
Ma ci sono anche molte altre battaglie e dissidi.
Entro settembre andrà concluso l’assestamento di bilancio del comune di Roma; può essere rimandato a novembre, ma va indicato ora dove allocare tutte le partite in entrata. Minenna contava, per dire, anche sui 400 milioni di Imu dovuti dal Vaticano.
Ma il tema, su cui la sindaca esordì battagliera, è scomparso dai radar mediatici dopo il suo incontro col Papa (e dopo ulteriori contatti tra i cerimoniali).
La Raggi ha promesso soldi ai 15 municipi, Minenna voleva invece centralizzare tutta la gestione delle risorse sul Campidoglio.
Minenna voleva tagliare gli stipendi (tetto a 76 mila euro, Raineri a parte), ma i fedelissimi di Raggi (Marra in testa) non lo aiutavano.
Minenna ritiene le Olimpiadi un volano, Olimpiadi che invece la giunta ha deciso di non fare.
Minenna aveva un piano di ricucitura coi poteri, la Raggi non è ben chiaro. I fedelissimi di Roberta Lombardi, il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito e il capogruppo M5S Paolo Ferrara, ieri nella riunione di maggioranza in Campidoglio non hanno proferito verbo: segno che si sentono forti assai.
Di Maio, di fronte alla dèbà¢cle, sta cercando di eclissarsi. L’ideale è scaricarla sulla Raggi.
Il messaggio che ieri le hanno mandato è: hai voluto fare con le tue gambe (ossia: hai voluto tenere Raffaele Marra, il vicecapo di gabinetto vicario, e il capo della segreteria Salvatore Romeo, facendo la guerra a Raineri e Minenna), ora vediamo cosa sei in grado di fare.
La fase di difficoltà del vicepresidente della Camera è speculare al grande attivismo di Alessandro Di Battista, rientrato trionfante dal tour estivo in scooter, e molto apprezzato da Grillo; ma Di Battista più che altro cura il suo orticello, le proteste di piazza, certo non ha un piano alternativo al fallimento del Movimento dei grand commis.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile TRE I “CASI SENSIBILI” TRA I COLLABORATORI SCELTI DALLA SINDACA
Nel mirino dell’Anac non c’è solo la nomina (ora annullata) di Carla Romana Raineri, il magistrato
ormai ex capo di gabinetto del Comune.
L’Autorità anticorruzione, guidata da Raffaele Cantone, sta passando al vaglio tutti gli atti dell’amministrazione Raggi dal giorno della sua proclamazione (avvenuta il 22 giugno) e li valuterà la prossima settimana.
Dopo il parere che ha portato le dimissioni in Campidoglio, ci sarebbero altre posizioni all’interno dell’amministrazione capitolina al vaglio dell’Anac.
In particolare, le delibere più “sensibili”, per gli effetti che potrebbero scaturire, sono quelle sugli staff della stessa sindaca e del suo vice Daniele Frongia visto che anche su queste potrebbero esserci dei vizi di legittimità .
L’Anac sta studiando l’applicazione degli articoli 90 e 90 comma terzo del Tuel (Testo unico enti locali), quelli con in quali vengono assunti a tempo determinato i collaboratori degli organi politici dei Comuni.
Anche lì, infatti, potrebbero sorgere dei problemi. Il consiglio dell’Autorità le valuterà al più presto nel corso di una delle prossime riunioni, quasi certamente già la prossima settimana.
I tre casi sotto la lente
Tre, soprattutto, i casi da analizzare. Quello del capo segreteria della Raggi, Salvatore Romeo, il dipendente del Campidoglio (e attivista Cinque Stelle) che si è messo in aspettativa dal Comune per poi essere “riassunto” con qualifica dirigenziale (a oltre 100 mila euro l’anno), di Andrea Mazzillo (strettissimo collaboratore della Raggi, responsabile dell’attuazione del programma, anche lui assunto con qualifica dirigenziale) e di Eric Sanna, capo staff di Frongia.
Qualora l’Anac riscontrasse errori nelle procedure adottate, anche questi contratti potrebbero essere revocati.
Ma il parere della squadra di Cantone (piuttosto seccato, si dice, per la pubblicazione su Facebook fatta dalla Raggi del parere dell’autorità sulla Raineri), fanno sapere dal Campidoglio, «non è ancora arrivato»
Ernesto Menicucci
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile PD 32,6%, M5S 30,3%, LEGA 13,1%, FORZA ITALIA 10,3%, SINISTRA ITALIANA 4,1%, NCD-UDC 2,7%, FDI 2,3%
Il Partito democratico resta il primo partito, con un distacco di oltre 2 punti sul Movimento Cinque Stelle.
E’ il risultato principale del sondaggio di Ixè per 20Agorà (Rai3).
Il Pd torna intorno a quota 33 per cento (32,6), ma da parte sua il M5s resta sopra il 30 (30,3).
La Lega Nord resta il terzo partito con il 13,1%, anche se continua la flessione, così come Forza Italia che a stento supera il 10%.
Tra gli altri partiti raccoglierebbe voti sufficienti per entrare in Parlamento soltanto Sinistra Italiana (4 per cento, +0,1 in una settimana).
Gli altri resterebbero tutti fuori: Fratelli d’Italia si fermerebbe al 2,3%, Area Popolare al 2,7%.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella rimane il leader che ispira maggior fiducia agli italiani.
Il capo dello Stato raccoglie il 57 per cento delle preferenze degli intervistati.
Seguono il presidente del Consiglio Matteo Renzi 22con il 32 per cento e Luigi Di Maio (M5s) con il 28.
Italia spaccata, invece, sulle responsabilità per le vittime del terremoto che si è verificato nel Centro Italia la notte fra il 23 e il 24 agosto.
Secondo i dati Ixè le colpe sono per il 47 per cento della natura e per il 51 dell’uomo. Sempre lo stesso sondaggio rileva che secondo il 48 per cento degli intervistati la ricostruzione delle zone terremotate sarà un’occasione di malaffare mentre per il 45 per cento sarà un’occasione di buona politica.
La maggioranza degli italiani, il 55 per cento, ritiene che il progetto “Casa Italia” presentato da Matteo Renzi sia un piano importante. Il 43% ritiene, invece, si tratti solo di un annuncio.
Tra i dati più significativi quelli sulla messa in sicurezza delle abitazioni: solo il 24 per cento dice di aver già fatto lavori alla propria abitazione.
Il 30 per cento dice che lo farà mentre il 41 nega che lo farà .
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile “LA VIGNETTA FA SCHIFO, COME PERALTRO QUELLE SU MAOMETTO CHE FECERO INDIGNARE I MUSULMANI”
Sulla polemica della nuova vignetta di Charlie Hebdo, che raffigura i terremotati di Amatrice sotto
cumuli di pasta, interviene anche Enrico Mentana ricordando a tutti coloro che dicevano “Je suis Charlie” come, di fatto, la vignetta faccia parte della filosofia del giornale.
Ricordando, con un “fa schifo”, il suo sdegno laico. Ecco il post pubblicato su Facebook.
Scusate, ma Charlie Hebdo è questo! Quando dicevate “Je suis Charlie” solidarizzavate con chi ha sempre fatto simili vignette, dissacrando tutto e tutti.
Le vignette su Maometto anzi facevano alla gran parte degli islamici lo stesso effetto che ha suscitato in tutti noi questa sul terremoto.
Fu Wolinski, una delle vittime dell’attacco terrorista del gennaio 2015, a far capire ai colleghi italiani quarant’anni fa che la satira poteva essere brutta sporca e cattiva. Vogliamo rompere le relazioni con la Francia dopo aver marciato in loro difesa?
Basta più laicamente dire che una vignetta ci fa schifo
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile SALTA IL BLITZ DI GRILLO, SALTA LA LETTERA DEL DIRETTORIO ALLA SINDACO… LA BASE IN RIVOLTA: “SE LA RAGGI FORZA ANCORA CON MARRA VIENE GIU’ IL MONDO”
Salta il blitz di Beppe Grillo a Roma, già fissato per lunedì.
Salta la lettera – già scritta – con cui il direttorio doveva dare “piena autonomia” a Virginia Raggi.
Lo scontro nei 5 stelle è aperto. L’allontanamento del capo di gabinetto Carla Raineri, che ha dato il via alle dimissioni a catena dell’assessore al Bilancio e alle Partecipate Marcello Minenna e a quelle dei vertici delle società dei trasporti e dei rifiuti, Atac e Ama, sta creando un terremoto politico da cui il Movimento stenta a venir fuori.
I messaggi più eloquenti sono quelli che gli eletti si stanno scambiando in queste ore nelle chat private di Telegram e WhatsApp.
“La paura grande riguarda il ruolo di capo di gabinetto. Se forza su Marra, viene giù il mondo”, scrive chi ha parlato con i vertici.
Per scongiurare questo, per evitare che Virginia Raggi dia ancora più potere al vice capo di gabinetto, l’ex braccio destro di Gianni Alemanno e Renata Polverini Raffaele Marra, Beppe Grillo doveva venire a Roma già lunedì.
Una decisione che però adesso – a sorpresa – rientra. Quel che è certo è che ieri i contatti telefonici con il fondatore sono stati frenetici. E che a preoccuparsi non sono state solo le parlamentari romane che più hanno seguito la vicenda (e che più sono infuriate con la sindaca): Paola Taverna, Roberta Lombardi, Carla Ruocco.
Le chiamate sono partite anche dal quartier generale della Casaleggio Associati.
La gestione del siluramento di Carla Raineri non è piaciuta neppure a chi – come Luigi Di Maio – è convinto che la sindaca di Roma vada difesa e che le si debba accordare la libertà di azione che chiede.
Solo, non si può fare nient’altro che resistere affermando – come ha fatto ieri il vicepresidente della Camera – che il problema non sia la guerra interna al Campidoglio che va avanti da oltre due mesi, ma l’ingerenza delle lobby, dei media, dei poteri forti.
C’è una cosa che però – al punto in cui si è arrivati – sarebbe considerata intollerabile: ed è proprio la promozione di Raffaele Marra, l’uomo che ha stilato la richiesta di parere all’Anac sulla nomina di Carla Raineri che ha fatto venire giù tutto.
Per questo, il potente esponente del “raggio magico” potrebbe essere allontanato e trasferito ad altro incarico.
Virginia Raggi ieri è crollata, ha pianto, ma non ha smesso per un attimo di essere combattiva. Nella riunione con la maggioranza e alcuni assessori, a chi la contrastava ha urlato, con parole più eloquenti di queste: “Cosa volete da me? Sono io che rischio tutto”.
Il Movimento, però, non è d’accordo. Luigi Di Maio e gli altri sanno che a rischiare tutto – su Roma – sono loro e la speranza di accreditarsi come una forza in grado di sfidare il Pd di Matteo Renzi alla guida del Paese. Per questo avevano scritto una lettera che dava a Virginia Raggi l’autonomia che chiedeva, ma che la inchiodava una volta per tutte alle sue responsabilità .
Una lettera bloccata da una battaglia ancora in corso.
Questo pomeriggio la sindaca riunisce quel che resta della sua giunta. In queste ore il suo staff sta tirando fuori dai cassetti i curricula scartati per trovare i nuovi assessori al Bilancio e alle Partecipate, i nuovi vertici di Atac e Ama, un altro capo di gabinetto. Ma i consiglieri – i soli che possono davvero sfiduciarla e far cadere la sua giunta – la avvertono: “Basta stipendi d’oro, non bisogna sforare il tetto di 86mila euro per i compensi, e serve più rispetto dei valori e dei principi del Movimento 5 Stelle”.
E’ quello che ieri ripeteva a un deputato Roberta Lombardi: “Non ci sono correnti, c’è chi lavora seguendo il metodo M5S e chi no”.
E’ quello che la base chiede da tempo: un modo di procedere diverso e la fine del “raggio magico”.
I militanti ce l’hanno con lo stipendio triplicato del dipendente del Campidoglio, e attivista, Salvatore Romeo (passato in un colpo da 40mila a 120mila euro annui come capo della segreteria politica della sindaca).
E ce l’hanno “con i troppi alemanniani che vediamo in giro”, come racconta un parlamentare di peso. Adesso la palla tocca alla sindaca.
“Ha piena autonomia”, ripetono dai vertici. Che per la prima volta, la lasciano davvero sola.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile IL MANAGER DI CASA ITALIA SARA’ GIOVANNI AZZONE, “UNA DELLE PERSONALITA’ PIU’ FORTI DEL NOSTRO PAESE”… HA AVUTO RUOLI ISTITUZIONALI SIA CON PRODI CHE CON BERLUSCONI, ORA SI OCCUPA DEL DOPO-EXPO’
Il rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone sarà il project manager del ‘progetto Casa Italia’,
il piano di ricostruzione delle zone terremotate e di prevenzione dei danni nelle aree sismiche.
Ad annunciarlo è stato il premier Matteo Renzi a Cernobbio: “Si tratta di un progetto che chiederò di guidare, come una sorta di project manager a una delle professionalità più forti del nostro Paese, il rettore del Politecnico di Milano. Sto cercando i migliori, sto chiedendo ai migliori – ha aggiunto il presidente del Consiglio – di mettersi in campo e mettersi in gioco, anche in altri settori”.
Professore di Ingegneria gestionale, Azzone ha alle sue spalle una lunga carriera divisa tra ruoli accademici e istituzionali.
Laureato in Ingegneria delle Tecnologie Industriali a Indirizzo Economico-Organizzativo nel 1986 (al Politecnico) è diventato docente nel 1994 e rettore nel 2010.
La sua esperienza istituzionale è stata bipartisan: dal 2004 al 2010 è staro vicepresidente del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario presso il Ministero dell’Istruzione quando al governo si sono succeduti Berlusconi e Prodi, mentre dal 1999 al 2002 è stato tra i consiglieri degli allora presidenti del consiglio D’Alema e Amato (con un ruolo di Membro del Collegio di Direzione dell’Ufficio di Controllo Interno della Presidenza del Consiglio).
Attualmente ricopre anche la carica di presidente di Arexpo SpA (la società che si occupa del dopo Expo) ed è membro del consiglio di Amministrazione di Poste Italiane spa.
Nella sua carriera da rettore al Politecnico ha portato avanti molti progetti, tra cui il passaggio di tutte le lauree magistrali alla lingua inglese che ha ricevuto diverse critiche e una forte opposizione interna.
A lui si devono anche la riqualificazione di piazza Leonardo Da Vinci (su cui l’ateneo ha investito molto in questi anni) e la decisione di portare avanti l’ampliamento in Bovisa, verso la Goccia.
Sicuramente ha avuto un ruolo chiave anche nella vicenda del post Expo, dove ha fatto da paciere tra le due anime del mondo della ricerca che si sono scontrate (anche se fin da subito si è schierato al fianco del premier Renzi e del progetto Human Technopole).
Tra le sue ultime uscite anche quella sui genitori che accompagnano i figli a iscriversi all’università , ritenuti troppo invadenti: una presa di posizione netta che ha generato polemiche ma che ha trovato anche molti favorevoli.
Adesso questo nuovo ruolo come manager di Casa Italia per cui, sicuramente, avrà un appoggio notevole da parte dei moltissimi esperti di terremoti e ricostruzione che lavorano al Politecnico.
(da “La Repubblica“)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile DOCCIA FREDDA PER IL GOVERNO: FERMI I CONSUMI E INVESTIMENTI IN CALO
Nel secondo trimestre del 2016 il Pil italiano è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente: crescita zero, quindi.
Lo rende noto l’Istat confermando le stime congiunturali del 12 agosto. Su base annua, invece, l’Istituto nazionale di statistica ha rivisto al rialzo le sue previsioni: il Pil è cresciuto dello 0,8% invece che dello 0,7% come stimato precedentemente.
Il dato relativo al secondo trimestre è una doccia fredda per il Governo.
Negli scorsi giorni, infatti, fonti del ministero del Tesoro avevano espresso fiducia sul fatto che sarebbe ritornato il segno più per il Pil alla luce del dato positivo registrato dal fatturato dei servizi.
La fotografia dell’Istat relativa all’andamento del Pil nel secondo trimestre registra consumi fermi e investimenti in calo.
I consumi, dopo aver registrato aumenti per quattro trimestri consecutivi, tornano allo zero congiunturale, in particolare quelli delle famiglie con +0,1% dopo il +0,4% del primo trimestre (+0,3 nel quarto 2015, +0,5% nel terzo e nel secondo).
Su base tendenziale la variazione scende a +1,1% da +1,5% (famiglie da +1,7% a +1,2%).
Sul fronte degli investimenti, il dato torna addirittura negativo dopo cinque trimestri: -0,3% dopo +0,8% del trimestre precedente (1% nel quarto 2015).
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile “SINDACATURA BURINA, SULLE OLIMPIADI STRACCIONI POLITICI”
“Bambolina imbambolata non va bene? E’ sessista? De Luca non si porta? Cambiamo registro,
sentiamo che ne dicono gli animalisti. Un asino in mezzo ai suoni, questo è Virginia Raggi, plebiscitata sindaca di Roma dalla plebe elettorale credulona, infuriata con i partiti tradizionali. Leggo nel web, che a governare serve poco, ma a qualcosa serve”.
Così Giuliano Ferrara, in un articolo sul Foglio dal titolo ‘Nuova classe non dirigente’.
“La facezia evoca la figura del mulo alla festa di paese con la banda che impazza. La traduzione — ad sensum — più fedele di questo detto ritengo sia ‘L’asino frastornato’. Il detto indica una persona che si trova in mezzo a un gran numero di fonti di informazioni (che nel detto sono rappresentate dai suoni).
Pertanto l’impiego è indicato per chi si trova a dover giudicare o dover decidere, e le tante voci da ascoltare giocano il ruolo di elemento di disturbo più che di aiuto”. Niente di insultante, dunque: un giudizio proverbialmente tecnico.
Al posto della banda di paese che frastorna l’asino, ecco il diviso e divisivo Direttorio (termine prenapoleonico con il quale si definisce senza sorriderne la piccola accolita di grillini raccolta intorno a Di Maio e Di Battista).
Oppure le varie storie di assessoresse all’Ambiente amiche di Buzzi e compagnia, capi di gabinetto nominati, ben pagati e poi revocati per una circolare di Cantone, assessori al Bilancio invisi a questo o a quello che si dimettono nel primo mese di attività , direttori generali dei Trasporti che se ne vanno sconsolati, e una serie di equivoci tra fidanzati in carriera, rivali della sindaca, nepotismi di serie B eccetera.
Un sistema di potere come un altro, ma più debole e inefficiente, una classe non dirigente per la capitale del paese già gravata dalle stupidaggini di “Mafia Capitale”.
Scrive ancora Ferrara
E’ già finita la favola della rivoluzione M5s in Campidoglio Sì, è stato un complotto farla vincere.
Theresa May, primo ministro britannico, non è the donkey within the sounds, l’asino eccetera. Ha esperienza. Non viene dalla società civile ma da un grande partito tradizionale. Fi and Nick, Fiona Hill e Nick Timothy, sono i suoi angeli custodi, il suo joint chiefs of staff, una coppia formidabile di capi di gabinetto di cui nessuno vuole sapere quanto guadagnano, tantomeno segnalando ruolo e busta paga all’Agenzia anticorruzione, e da cui tutti si aspettano che aiutino la premier to deliver, a produrre risultati politici decisionisti in tempi duri di Brexit.
I due vengono da “ordinary working families”, non sono etoniani, non appartengono all’èlite. La ragazza, Fiona, nasce come giornalista in Scozia, ed è garanzia di un conservatorismo “one nation”.
Lui Nick, viene da Birmingham e fa da connessione logica con le Midlands industriali, che non possono essere ignorate. E’ gente poco showy, che lavora per soddisfare i bisogni della politica, con riservatezza, senza alimentare il mito regressivo della trasparenza, casomai quello progressivo dell’efficienza.
Per Ferrara, “la sindacatura grillina di Roma, nata burina e forastica fin dal principio, promette sfascio su sfascio, sempre in nome della trasparenza, e non garantisce nemmeno gli elementi centrali di uno staff o di una squadra in grado di assolvere i doveri funzionali di una grande capitale europea. Olimpiadi? Cincischiano, dicono e non dicono, lanciano il sasso e ritraggono la mano, asini in mezzo ai suoni”. “Amministrare non è facile, ma non sapere se si vogliono fare le Olimpiadi a Roma è al di sotto del livello di sussistenza di una grande città , è un comportamento da straccioni politici”, sottolinea l’ex direttore del Foglio.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile I TRE ERRORI DI VIRGINIA RAGGI
Virginia Raggi ha commesso tre errori. Parola di Marco Travaglio, che in un editoriale sul Fatto quotidiano dal titolo ‘Tutti zitti o tutti a casa’, analizza la bufera che scuote il Campidoglio tra dimissioni e scambi di accuse fuori e dentro il Movimento 5 Stelle, che per Travaglio a Roma è “ridotto a un miserevole infantilismo da Asilo Mariuccia”.
“La Raggi, dopo il plebiscito che l’ha issata sul pennone del Campidoglio, ha commesso tre errori.
Per assicurarsi la presenza prestigiosa di Minenna, voluto dal Direttorio, gli ha concesso troppe deleghe, facendone un simil-sindaco che sbilanciava gli equilibri di giunta e acuiva l’insofferenza della base per un tecnico esterno ed estraneo al M5S; e gli ha pure lasciato scegliere l’ad di Ama e la capo-gabinetto, che rispondevano più a lui che a lei (una specie di giunta parallela), infatti ieri sono usciti in corteo come gemelli siamesi”.
Per Travaglio, il sindaco di Roma non è stata decisa nell’affrontare il nodo delle nomine
“Ha cincischiato troppo sulle nomine, annunciandone una al giorno ed esponendosi allo stillicidio quotidiano degli attacchi esterni ed interni, il che non sarebbe accaduto (o si sarebbe concentrato in pochi giorni) procedendo con tutto il blocco una volta per tutte”
Altro errore della Raggi, secondo il direttore del Fatto quotidiano, è quello di aver “tollerato i troppi galli nel pollaio, senza pretendere il rispetto da chi dovrebbe stare dalla sua parte e senza allontanare la Raineri dopo le imbarazzanti interviste, da genio incompreso, rilasciate per difendere il suo pur legittimo stipendio”.
Il risultato del caos in Campidoglio, per Travaglio, è “lo spettacolo inverecondo da ‘Prova d’orchestra’ felliniana di questi due mesi, che ha finito per oscurare i pochi risultati ottenuti.
(da “Huffingtnpost”)
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