Destra di Popolo.net

SONDAGGIO EMG-LA7: PD 32,4%, M5S 29,2%, FORZA ITALIA 12,4%, LEGA 11,6%, FDI 4,1%, SIN. ITAL. 3,7%, NCD 3,1%

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

L’EFFETTO RAGGI-DI MAIO FA PERDERE OLTRE IL 2% AL M5S, IL PD NE APPROFITTA… NEL CENTRODESTRA FORZA ITALIA   TORNA A ESSERE IL PRIMO PARTITO

Il sondaggio Emg-La7 di stasera conferma la forte flessione del M5S dopo le brutte figure di Raggi-Di Maio.
Il Pd recupera consensi e si attesta al 32,4%, quasi tre punti in più dei grillini, scesi al 29,2%.
Nel centrodestra è ormai un dato di fatto la sconfitta di Salvini per la leadership a vantaggio di Forza Italia. Il partito di Berlusconi va al 12,4% , la Lega   scivola all’11,6, mentre è stabile Fdi al 4,1%.
Seguono Sinistra Italiana xxon il 3,7% e Ncd-Udc al 3,1%.
Ballottaggi
Il M5S batterebbe il Pd 52,3% a 47,7% e straccerebbe il centrodestra 57,2% a 42,8%.
In caso di confronto tra Pd e centrodestra unito vincerebbe il primo 54,1% a 45,9%.
La tendenza tra i partiti segna il recupero del Pd a scapito dei Cinquestelle, mentre nel Centrodestra vince il silenzio di Berlusconi rispetto all chiacchiere di Salvini.
Tendenza che potrebbe essere accentuata dal “traino” della Convention di Parisi prevista la prossima settimana che avrà  ampia risonanza mediatica.

(da agenzie)

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GRILLO PROVA A SEDARE LA RIVOLTA M5S USANDO IL BILANCINO

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

IL DIRETTORIO NON SARA’ AZZERATO MA ALLARGATO

“Che Beppe abbia scritto un post è un fatto positivo. A prescindere”. Mentre passeggia nel Transatlantico, una deputata 5 Stelle – in prima linea nel far fronte alla crisi che ha sconvolto, e anche cambiato, il mondo pentastellato — tira un respiro di sollievo vedendo sul suo cellulare che il fondatore è ancora in campo e prende decisioni.
Una rassicurazione che arriva quando il Movimento 5 Stelle è al massimo livello dello scontro al suo interno, tanto che era circolata la voce, riportata dal Corriere della Sera, di un imminente azzeramento del Direttorio, che in fondo in tanti vorrebbero.
Grillo non scrive una smentita vera e propria ma interviene via blog, con firma in calce al post, per sedare la rivolta.
Da un lato blinda il Direttorio, lasciando intendere che non ci sarà  un azzeramento, ma dall’altro avverte che ci sarà  un allargamento della struttura di coordinamento, intesa non necessariamente come Direttorio ma in senso più ampio.
Insomma, la struttura va rafforzata, saranno distribuiti alcuni incarichi ad eletti e attivisti M5S perchè il Direttorio non basta più.
Il leader non va nel dettaglio, i contenuti rimangono vaghi, ma di certo mette per iscritto quanto basta per dire che lui c’è e che segue da vicino tutto ciò che succede.
Dopo la ricaduta del ‘caos Roma’ sul Movimento nazionale, dopo che Luigi Di Maio non ha informato i suoi colleghi del fatto che l’assessore Paola Muraro era stata iscritta nel registro degli indagati, sempre più deputati e senatori si sono fatti sentire per chiedere di resettare tutto e avere un maggiore coinvolgimento nelle decisioni da prendere. In questo senso le pressioni sul leader, nei giorni scorsi, sono state costanti e una fuga di notizie ha lasciato trapelare un azzeramento del Direttorio.
Così, non poco spaventati, i cinque della struttura creata da Beppe Grillo e da Gianroberto Casaleggio, hanno subito contatto il leader: “Beppe, ma è vero?”.
A Roma si attendevano una smentita: “Ma l’unico che può farla è proprio Beppe”, spiegavano in mattinata i vertici, mentre continuavano gli interrogativi su chi avesse messo in giro determinate voci per seminare zizzania.
Poi arriva il post nelle prime ore del pomeriggio. Più che una smentita è una ‘fotografia’ sulle strutture che governano il Movimento: il direttorio e non solo.
C’è anche l’associazione Rousseau con tutte le nomine che ne sono conseguite. Il leader vuol far vedere quindi ai critici dello strapotere dato a Di Maio, Di Battista, Ruocco, Sibilia e Fico, che il Direttorio c’è e resta in piedi, ma ci sono anche altre strutture e ce ne saranno sempre di più perchè “il Movimento sta crescendo”.
C’è tuttavia un po’ di incertezza nello stesso Direttorio, tra chi tenta di interpretare e chi si fida delle parole di Grillo, costretto nei giorni scorsi ad arrivare a Roma e ad organizzare in fretta e furia la piazza di Nettuno per far vedere un Movimento unito. Ma decisioni condivise, sul tavolo, al momento non sembrano esserci, solo tanta incertezza.
Intanto si susseguono le riunioni tra Palazzo Madama e Montecitorio per serrare i ranghi. Senatori e deputati insieme per stabilire la linea comune in questo momento di emergenza, cioè cosa dire quando si viene interpellati dai giornalisti.
Poi solo deputati e poi solo senatori. Questi ultimi però non sono rimasti del tutto soddisfatti dal post di Grillo: “Non basta sapere che ci sarà  un allargamento della struttura di coordinamento. È necessario un allargamento del Direttorio”, avrebbe fatto presente un senatore durante uno degli incontri.
Intanto Di Maio prova a tornare in campo smentendo in prima persona, poco prima della pubblicazione del post, la volontà  di azzerare il Direttorio e poi su Facebook scrive: “Avanti nonostante le difficoltà ”.
Si tiene alla larga dalle vicende romane rispondendo sempre: “Chiedete in Campidoglio”, segno che il responsabile Enti locali del Movimento ha ormai perso il polso della situazione.
Alessandro Di Battista invece annuncia nuove tappe del suo tour contro la riforma costituzionale e si muove sempre più attraverso le piazze nella sua scalata.

(da “Huffingtonpost”)

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LA DE GIROLAMO RINVIATA A GIUDIZIO PER LA INCHIESTA ASL DI BENEVENTO PER ASSOCIAZIONE A DELINQUERE FINALIZZATA ALLA CORRUZIONE

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

LA PROCURA AVEVA CHIESTO ARCHIVIAZIONE, MA IL GIP HA ORDINATO L’IMPUTAZIONE COATTA

Arriva il rinvio a giudizio per Nunzio De Girolamo, l’ex ministro dell’Agricoltura coinvolta nelle indagini sulla Asl di Benevento.
Il giudice per le udienza preliminare sannita Roberto Meloni ha infatti ordinato che l’esponente di Forza Italia venga processata con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla concussione e al voto di scambio.
Insieme alla De Girolamo vanno a giudizio anche Felice Pisapia, ex direttore amministrativo dell’Asl di Benevento, Michele Rossi e Gelsomino Ventucci, rispettivamente ex direttore generale e sanitario dell’Azienda, Arnaldo Falato, ex responsabile budgeting dell’Asl, Giacomo Papa e Luigi Barone, collaboratori della deputata, e il sindaco di Airola, Michele Napoletano.
Sono tutti accusati a vario titolo di associazione per delinquere, concussione e utilità  per ottenere il voto elettorale.
Per l’ex esponente del Nuovo Centrodestra il procuratore di Benevento Giovanni Conzo e il pm Nicoletta Giammarino avevano chiesto l’archiviazione, ma il gip Flavio Cusani aveva disposto l’imputazione coatta: la prima udienza del processo è a questo punto prevista per il 3 novembre prossimo.
Il gip Cusani, ordinando l’imputazione coatta, aveva indicato la De Girolamo come organizzatrice e promotrice di un “direttorio politico-partitico” tramite il quale orientò nomine, appalti e clientele dell’Asl di Benevento secondo logiche di potere e di tornaconto elettorale.
In questo senso l’ordinanza del gip aveva stravolto lavoro del pm, ordinando nuove indagini sui misteri dell’appalto del 118.
Un appalto del quale si parlò a lungo nelle riunioni registrate da Pisapia, che successivamente mise a verbale come la De Girolamo intendesse favorire un’impresa vicina al Pdl che aveva partecipato al tesseramento del congresso provinciale 2012. Sempre il gip aveva deciso che l’audio delle riunioni, registrate di nascosto da Pisapia, non dovevano essere distrutte, come invece chiedevano gli avvocati della ex ministra, perchè non rientravano “nelle comunicazioni per le quali è necessario chiedere l’autorizzazione alla Camera e non violano la privacy del parlamentare”.
“Mi aspettavo questo provvedimento anche perchè l’udienza preliminare lascia poco margine decisionale al Gup”, ha detto l’esponente forzista, fresca imputata.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA CDU DELLA MERKEL VINCE IN BASSA SASSONIA, LA DESTRA XENOFOBA FA FLOP, SOLO IL 7,8%

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

LA CDU AL 34,4%, SPD AL 31,2%, VERDI AL10,9%   FANNO IL “CIAONE” AD AFD

La Cdu, il partito cristiano-democratico della cancelliera Angela Merkel, si è confermata prima forza nelle elezioni Comunali svoltesi ieri in Bassa Sassonia dove i populisti dell’Afd sono rimasti ben sotto la quota del 10%.
La formazione “Alternativa per la Germania” (Afd), formazione che a livello regionale aveva superato per la prma volta la Cdu una settimana fa in Meclemburgo facendo leva sul tema dei migranti,   si è fermata al 7,8%: quindi sotto l’11,9% ottenuto alle più recenti elezioni comunali cui aveva partecipato (in Assia a marzo)
La Cdu, primo partito in Bassa Sassonia dall’inizio degli anni Ottanta,   ha ottenuto il 34,4%, in calo rispetto al 37,0% di cinque anni fa.
Sono arretrati anche il partito socialdemocratico (Spd) che ha ottenuto il 31,2% (rispetto al 34,9% della precedente tornata del 2011), i Verdi (10,9% rispetto al 14,3%).
Sono cresciuti i Liberali della Fdp (4,8% rispetto 3,4%) e il partito di sinista della Linke (3,3% dopo 2,4%). Nel capoluogo Hannover Spd e Verdi hanno perso la maggioranza che avevano dal 1989.
In crescita anche l’affluenza al 55,5% dei 6,5 milioni di elettori chiamati alle urne.

(da agenzie)

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MIRACOLO IN ATAC: L’80% DEI DIPENDENTI “MALATI” GUARISCE DOPO LE VISITE FISCALI

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

LA SCOPERTA DELL’AZIENDA DOPO AVER IMPOSTO LE VISITE MEDICHE… ORA CHI HA ORDINATO I CONTROLLI E’ STATO FATTO FUORI DAI CINQUESTELLE: C’E’ UN NESSO CON IL 70% DI CONSENSI CHE IL M5S HA TRA IL PERSONALE ATAC?

“Miracolo” a Roma: dopo una visita decine e decine di dipendenti Atac ritenuti “malati” sono miracolosamente guariti.
La storia è raccontata dal Messaggero che spiega come l’azienda di trasporti romana abbia recentemente visitato, tramite medici aziendali e del Cispi, buona parte dei 160 dipendenti (su 11mila) che avevano dichiarato di avere problemi fisici tali da rendere impossibile il lavoro come conducenti o operai delle officine.
Di questi, dopo le visite mediche, l’80% è “miracolosamente risultato ideoneo”.
“Neanche a Lourdes succedono cose del genere”, scherza un funzionario dell’Ufficio personale dell’Atac. Una cosa è certa: nella sede della partecipata romana dei trasporti, anche chi diffida dei miracoli avrebbe modo di ricredersi.
È successo infatti che quasi tutti i dipendenti che per anni avevano evitato i faticosi turni alla guida di un bus o di un treno della metro grazie al certificato di «inidoneità », dopo la visita medica finalmente pretesa dall’azienda, sono risultati completamente «riabilitati».
Le disabilità  temporanee? Sparite.
Ci sarebbe da organizzare pellegrinaggi, se non fosse che l’ormai ex capo del Personale della municipalizzata, Francesca Rango (dimissionaria anche lei, insieme al direttore generale Marco Rettighieri e all’amministratore unico Armando Randolese) abbia creduto poco a queste guarigioni di massa.
Anzi, a dirla tutta ha sospettato una truffa ai danni di Atac e dell’Inps. Per questo, insieme a Rettighieri, qualche settimana fa ha presentato un esposto alla Procura di Roma” scrive il Messaggero.
Sempre il quotidiano romano fornisce le cifre:
Tra gli oltre 11mila dipendenti di Atac, in 160 avevano problemi fisici tali da rendere impossibile il lavoro come conducenti o operai delle officine.
“Per questo l’azienda li aveva ricollocati dietro una scrivania, decisamente più confortevole rispetto al sedile di un bus.
Fino a quando, i vertici di Atac (che in settimana verranno sostituiti dall’assemblea dei soci) hanno deciso di avviare una serie di controlli straordinari.
Mettendo in campo sia i medici aziendali sia quelli del Cispi e ricorrendo a tutti gli strumenti previsti dal decreto ministeriale 88/1999, quello che prevede l’«accertamento dell’idoneità  fisica e psicoattitudinale del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto».
Alle visite mediche si sono sottoposti oltre cento dipendenti con «inidoneità  temporanee». E l’80% è risultato in perfetta forma, tanto da tornare subito in cabina o in officina”

(da “Huffingtonpost“)

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LA RAGGI E’ NERVOSA ED ATTACCA I GIORNALISTI: “MI FATE PENA, NON PENSATE A MIO FIGLIO”

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

MA NON E’ STATA LEI A PORTARE IL FIGLIO IN CAMPIDOGLIO COME UN’ICONA? DI CHE SI LAMENTA?… E I SUOI COLLEGHI, PRONTI A GIUDICARE TUTTO E TUTTI, NON SONO ALLA STESSA STREGUA DI AVVOLTOI?

Il buongiorno del lunedì la sindaca lo dedica ai giornalisti: Virginia Raggi filma i cronisti e poi via Facebook si sfoga contro i reporter che l’aspettano sotto casa. “Buongiorno a quei poveri giornalisti che aspettano ore e ore sotto casa mia…Cosa vi hanno ordinato di “catturare” oggi? Un dito nel naso, i capelli fuori posto, mio figlio che magari fa i capricci per dire che sono una madre snaturata? Mi fate un po’ pena a dir la verità : tutta la vostra vita passata ad aspettare che qualcuno “inciampi”.
E poco dopo, sempre sul suo profilo privato, aggiunge: “Per ridere (siamo all’assurdo). Un fotografo dopo il post su Facebook: c’è gente che ci odia! È contenta sindaco? È contenta?. Beh… Se pubblicare una foto di voi sotto casa, può portare a tanto, forse non è solo “merito” mio. E immaginate cosa potrebbe accadere se pubblicassi il video del buongiorno quotidiano! La trasparenza è anche questa: che le persone sappiano come fate vivere non tanto me, ma mio figlio (che non ha alcuna responsabilità  in questa follia che state creando). P.s. Ho un’altro video di giornalisti che scattano foto mentre porto Matteo al centro estivo e mentre esco dal centro estivo
E sul web ironia e sfottò per l’errore grammaticale della sindaca che ha scritto “un’altro” con l’apostrofo.
Sfoghi a parte, sarà  una settimana intensa per la prima cittadina.
Nei prossimi giorni potrebbe essere sentita dai pm l’assessora ai Rifiuti, Paola Muraro, e la procura acquisirà  tutte le carte della commissione Ecomafie.
Solo a questo punto si saprà  se la sua posizione in giunta resterà  o meno la stessa. Poi c’è il rebus giunta: restano scoperte ancora 4 caselle e Raggi dovrà  esaminare una decina di curricula per trovare l’assessore al Bilancio.
Il vicesindaco arrivato in Campidoglio ha escluso che la nomina possa essere fatta in giornata.
Dopo il video e il messaggio pubblicato su Facebook, sono state immediate le reazioni.
“La sindaca Raggi invece di amministrare Roma impiega il suo tempo ad insultare giornalisti e fotoreporter colpevoli di fare il loro mestiere – attacca Francesco Giro, senatore di Forza Italia – Se la sindaca non vuole i giornalisti fra i piedi (ma non era costei alfiere della trasparenza?) c’è un solo modo: cambi mestiere, si dimetta. Roma e i romani non hanno bisogno di una sindaca inadeguata   e in preda ad una crisi di nervi. E non è stata proprio la sindaca ad esibire il figlio minorenne ai flash dei fotoreporter che oggi insulta? Allora perchè oggi si lamenta? Un esibizionismo al quale non si è sottratto neppure il marito che su Facebook ci ha informato con dovizia di particolari sul mènage familiare. Evidentemente credevano nel palazzo del Campidoglio di vivere un gioco a tinte rosa. Ma ora è un incubo. Allora basta con l’ipocrisia e i piagnistei. La sindaca sia la prima a lasciare fuori il figlio piccolo da questo agone politico mediatico invece di insultare i professionisti della stampa. Si vergogni!”. Interviene l’ordine dei giornalisti dopo i post della Raggi. “Il sindaco – spiega Enzo Iacopino interpellato dall’agenzia Dire – dovrebbe avere consapevolezza che la sua privacy è attenuata. Ed è doverosamente sotto i riflettori. Dall’altra parte, i giornalisti dovrebbero fare informazione, non gossip”.
Difende i giornalisti, il presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito.
A chi gli chiedeva un commento sulla stampa, accusata in queste ore di fare “pena”, De Vito ha sottolineato: “Assolutamente no, talvolta penso che si esageri però ho rispetto del vostro lavoro, ovviamente”.-
(da agenzie)

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BRESCIA FA I SOLDI COI RIFIUTI DEI ROMANI: “QUI LA SPAZZATURA DIVENTA ENERGIA”

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

BOLLETTE PIU’ LEGGERE SFRUTTANDO L’EMERGENZA DELLA CAPITALE, RICAVI PER 5 MILIARDI DI EURO

Cinque alveari di api sotto la ciminiera. «Li abbiamo messi per dimostrare la buona qualità  dell’aria e il miele è ottimo», spiega Lorenzo Zaniboni, direttore del termoutilizzatore più grande d’Italia.
Mentre a Roma, Napoli, Palermo e in decine di altri comuni i rifiuti sono un incubo, a Brescia sono una ricchezza.
La multiutility A2A, di cui i comuni di Milano e Brescia hanno insieme la metà  delle azioni, ha chiuso il 2015 con ricavi per quasi 5 miliardi di euro.
Trasformando la spazzatura in energia e calore ha reso Brescia la città  più teleriscaldata d’Italia e con la bolletta energetica e la Tari più basse (-35% rispetto alla media nazionale).
Anche in Lombardia tutto iniziò dall’emergenza: la discarica piena.
Come Malagrotta oggi a Roma, così a Milano 20 anni fa il sito di Cerro arrivò a saturazione. Fu costruito l’inceneritore di Silla e oggi Milano con il 55% è una delle metropoli europee con più raccolta differenziata.
Cassonetto col bancomat  
Nel ’95 il comune di Brescia avviò il termovalorizzatore e oggi per aprire il cassonetto in cui gettare la spazzature i cittadini hanno una tessera. In pratica ogni rifiuto è tracciato.
«Senza responsabilità  individuale non può crescere la raccolta differenziata», sostiene Gianluigi Fondra, assessore alla Tutela ambientale -. Abbiamo più isole ecologiche pro capite di qualunque altra città  con l’obiettivo di riciclare tutto ciò che non occorre bruciare».
Persino le polveri raccolte nelle strade dalle spazzatrici automatiche diventano bitume. «La filiera trasforma in una risorsa il problema dello smaltimento», evidenzia il presidente del gigante nato dalla fusione delle aziende municipalizzate di Milano e Brescia. Un sistema a ciclo completo che parte dalla raccolta e, attraverso il trattamento, trasforma la spazzatura in energia.
Dal 2009 anche ad Acerra funziona un impianto gemello per l’emergenza Napoli. Resta fuori Roma che con 500 milioni potrebbe dotarsi di un suo termovalorizzatore ma nè la Regione a guida Pd nè il Campidoglio in mano ai Cinque stelle intendono fare il passo.
Non che a Brescia manchi chi vuole spegnere l’inceneritore per l’impatto ambientale. «Inquiniamo 70 volte meno del traffico automobilistico e 40 volte meno del riscaldamento domestico – ribattono i tecnici alle centraline di rilevamento -. Ed è l’ultima tecnologia disponibile. Il Regno Unito ha avviato la costruzione di 10 impianti come questo per la produzione di energia dai rifiuti e l’impatto sulla salute delle nostre emissioni nell’aria è meno di un centesimo rispetto agli impianti industriali».
Deficit di incenerimento
Nei Paesi più virtuosi (Danimarca e Olanda) la quantità  di energia prodotta dai rifiuti è sei volte superiore all’Italia.
Brescia e Milano con una mano pagano tariffe agevolate per lo smaltimento e con l’altra incassano dividendi dalla spa nata dalla fusione delle municipalizzate.
Al Campidoglio costa 40 euro a tonnellata trasportare i rifiuti fino a Brescia e altri 90 farli bruciare.
La discarica di Malagrotta è stata chiusa senza che venisse individuato un sito alternativo per le emergenze. A Roma i rifiuti restano per terra, in assenza del termovalorizzatore e di alternative.
Il Lazio ha un fabbisogno attuale di incenerimento di 773 mila tonnellate e, da gennaio, la capacità  degli impianti di Colleferro e San Vittore sarà  di 480 mila tonnellate: un deficit di trattamento di 280 mila tonnellate.
E così i rifiuti di Roma continueranno a viaggiare, a caro prezzo, verso Brescia e Nord Europa.
Nella capitale una famiglia di 3 persone in un appartamento di 70 metri quadri paga 300 euro all’anno di tassa sui rifiuti. A Brescia 238.
Gli accordi di filiera industriale per la riduzione degli imballaggi, a Roma sono utopia.

Giacomo Galeazzi
(da “La Stampa”)

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LA CRISI DEI LAUREATI: ULTIMI IN EUROPA, SIAMO FERMI AL 13%

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

LA QUOTA DI ABBANDONO RAGGIUNGE IL 45%

La Commissione Ue mostra che l’Italia nel 2013 ha una delle quote di abbandono universitario più alte in Europa (45%), e una delle più basse di laureati fra i 30 e i 34 anni.
Nella distrazione generale, il Paese sta vivendo un’esperienza che ne mette in pericolo il ruolo nella competizione globale dei prossimi decenni: l’istruzione superiore è arrivata alla crescita zero.
Per la prima volta dal 1945 il numero dei laureati disponibili per le imprese sta smettendo di crescere. E aumenta il numero dei laureati italiani che lascia ilnostro Paese.
Germania, Gran Bretagna e Svizzera sono le prime destinazioni chehanno assorbito un terzo dei nostri migranti.
Manuela Croatto, una funzionaria dell’Università  di Udine, ha capito che un diaframma invisibile era caduto il giorno in cui ha letto questo post su Facebook: «Ho mentito ai miei sulla laurea e ora il passo più grande è inscenare la discussione della tesi. Mi rivolgo a quanti di voi sono nella mia stessa situazione: se qualcuno volesse organizzare la propria proclamazione, potremmo organizzare una finta cerimonia».
Presto sono arrivate le risposte: «Mi trovo nella stessa situazione» o «Vi prego aiutate anche me, sono disperata».
Croatto, che gestisce l’orientamento per gli studenti, di recente ha trovato anche un sito di consigli su come far credere ai genitori che assisteranno a una vera discussione di tesi. Tre volte negli ultimi tempi si è dovuta occupare di ragazzi intrappolati nelle loro storie di lauree fittizie.
Il rettore di Udine, Alberto De Toni, ha finito per offrire un servizio dell’ateneo per la consulenza psicologica a chi entra in questo labirinto di bugie
Questi sono sintomi acuti, però non isolati.
La Commissione Ue mostra che l’Italia nel 2013 ha una delle quote di abbandono universitario più alte in Europa (45%), e una delle più basse di laureati fra i 30 e i 34 anni.
Nella distrazione generale, il Paese sta vivendo un’esperienza che ne mette in pericolo il ruolo nella competizione globale dei prossimi decenni: l’istruzione superiore è arrivata alla crescita zero.
Il sorpasso polacco
Per la prima volta dal 1945 il numero dei laureati disponibili per le imprese sta smettendo di crescere.
Resta fermo ai livelli più bassi nel confronto internazionale, mentre altri Paesi a reddito alto o medio-basso hanno imboccato la direzione opposta.
L’Ocse di Parigi mostra che la popolazione laureata in Francia o in Germania cresce almeno il doppio più in fretta che in Italia e la sua incidenza è già  molto superiore (vedi grafico).
In Polonia nel 2014 vivevano 5,6 milioni di diplomati delle università , come in Italia, ma il sorpasso ormai è inevitabile. In Irlanda o in Corea del Sud l’intensità  dell’istruzione superiore nella società  è tripla, e in aumento costante.
Non è solo un fenomeno dei Paesi avanzati. La Cina nel 2014 aveva già  74 milioni di laureati e ai ritmi attuali tra non molti anni quattro cinesi su dieci usciti dai licei si iscriveranno all’università ; a metà  del prossimo decennio la Repubblica popolare potrebbe raggiungere una quota di laureati superiore al 13% di questo Paese. Il rischio che il sistema industriale italiano si trovi spiazzato ben oltre l’universo del basso costo è tutt’altro che remoto: economie dove il lavoro resta più a buon mercato stanno iniziando a competere nella conoscenza, nelle tecnologie, e sulla parte alta del valore aggiunto.
Fuga all’estero
Non è questa, per la verità , la storia che emerge dalle statistiche ufficiali. Sulla base dei dati Istat, la Fondazione Leone Moressa di Mestre mostra che l’incidenza dei laureati nella popolazione italiana starebbe in effetti continuando a crescere: dal 12,9% del 2014 al 13,3% dell’anno scorso.
L’istituto statistico italiano non mente, però dispone di informazioni incomplete a causa della difficoltà  di tenere il conto dei laureati italiani che si trasferiscono all’estero. Proprio questo è uno dei fattori che contribuisce di più alla crescita zero dell’istruzione superiore nel territorio nazionale
L’Istat stima che negli ultimi anni aveva una laurea circa una persona ogni quattro fra quelle hanno lasciato l’Italia per lavorare altrove.
Più difficile per l’agenzia è però calcolare l’entità  di questi deflussi, perchè la qualità  dei suoi dati dipende da una scelta che molti non compiono se non dopo molti anni di emigrazione: iscriversi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero.
L’Istat può tenere conto di loro solo in quel momento, eppure alcuni indizi permettono di misurare che le uscite dal Paese sono probabilmente circa tre volte più delle 145 mila stimate nel 2015.
Germania, Gran Bretagna e Svizzera sono le prime destinazioni per gli italiani che espatriano e, secondo le statistiche ufficiali, negli ultimi anni hanno assorbito circa un terzo dei nostri migranti.
Chi arriva in Germania, nel Regno Unito o in Svizzera deve registrarsi subito per poter ottenere il codice fiscale, l’assistenza sociale o il medico di famiglia, anche se non si cancella dall’Italia.
E i numeri sugli immigrati italiani in mano alle amministrazioni di Berlino, Londra e Berna sono in media tre volte e mezzo più alti di quelli che registra l’Italia.
La Germania è il caso più estremo: secondo l’Istat sono poco più di 17 mila le persone trasferitesi verso la Repubblica federale nel 2014, ma l’omologa agenzia tedesca ne conta oltre quattro volte di più
Istruiti ma poveri
Questi dati permettono di stimare ragionevolmente che in un anno come il 2015 siano usciti dall’Italia circa 100 mila laureati, ne siano entrati circa 27 mila (su 273 mila nuovi arrivati nel Paese) e altri 65 mila siano morti.
Con queste forze in azione, i 212 mila nuovi diplomi dell’ultimo anno – stima Alma Laurea – basterebbero a far salire la quota di laureati sulla popolazione italiana di appena lo 0,12%. C’è però un problema: i 50 mila iscritti in meno all’università  in questi anni produrranno presto una flessione nel flusso dei nuovi diplomi e questa può portare il tasso di crescita dei laureati allo zero-virgola-zero-qualcosa.
Nel frattempo le tecnologie nei sistemi produttivi globali si fanno sempre più sofisticate, i concorrenti dell’Italia sempre più decisi a dominarle.
Per un giovane, la scelta di smettere di studiare può apparire razionale: il salario medio d’ingresso di un laureato triennale è crollato da 1.300 euro del 2007 a 1.004 euro del 2012, se e quando trova lavoro. Ivano Dionigi, presidente di Alma Laurea, sottolinea quanto sia paradossale che un bene scarso come la conoscenza in Italia venga remunerato tanto poco.
Di certo, sulla scala di un Paese sta diventando un atto di masochismo collettivo: in Italia solo le imprese più aperte al contributo dei laureati – come dimostra un nuovo studio di Fadi Hassan del Trinity College e altri – stanno tenendo il ritmo della competizione con il resto del mondo.
Le altre molto meno.

Federico Fubini
(da “il Corriere della Sera“)

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GRILLO PRONTO ALLA SVOLTA: ADDIO AL DIRETTORIO

Settembre 12th, 2016 Riccardo Fucile

IL LEADER VUOLE UNA NUOVA STRUTTURA… INSUFFICIENTE L’IPOTESI DI RITIRARE LE DELEGHE

Uno scossone all’orizzonte dopo le polemiche e le liti. I Cinque Stelle vogliono ripartire da zero e lo fanno dalle fondamenta. I cocci della vicenda romana hanno lasciato il segno. Profondo.
Nel Movimento in questi giorni sta maturando una riflessione collettiva e condivisa, che ha toccato anche Beppe Grillo e Davide Casaleggio.
Una riflessione che – secondo le indiscrezioni – avrebbe del clamoroso: un addio al direttorio.
I motivi
La mossa sarebbe solo il preludio a un ripensamento della struttura del M5S ed è dettata da una duplice considerazione: da un lato i pentastellati si stanno espandendo (i Comuni amministrati ora sono qualche decina e non più pochi casi sparuti, le ambizioni sono quelle di una formazione di governo), dall’altro la cabina di regia in questa gestione delle vicende romane ha mostrato crepe evidenti.
Il mancato coordinamento, la fuga di notizie, l’arroccarsi su posizioni a volte inconciliabili tra loro ha di fatto sancito la fine di questa fase politica del Movimento. Inizialmente si era valutata l’idea di ritirare le deleghe principali (enti locali e meet up) a Luigi Di Maio, Roberto Fico e Alessandro Di Battista, ma l’opzione sarebbe sembrata ai vertici aleatoria, insufficiente per ricompattare i cinque deputati, finiti anche nel mirino dei senatori.
Oltretutto ci sarebbe un altro (doppio) nodo: si vorrebbe creare una rete più capillare per gestire i rapporti con gli enti locali e aumentare il numero di persone coinvolte nella gestione del M5S.
I tempi
Grillo, in sostanza, chiede una scossa, quel «bagno di umiltà » evocato anche da alcuni esponenti della prima ora.
Il progetto è quello di azzerare la struttura per dare vita a una nuova organizzazione e a una nuova fase (non è ancora chiaro se i parlamentari si dimetteranno dal loro ruolo, come sembra più probabile, o se il garante interverrà  in qualche modo).
Le valutazioni su quello che sarà  il Movimento post-direttorio sono ancora allo studio, ma – visti anche i cambiamenti allo statuto che si stanno ultimando in questi giorni – è chiaro come i pentastellati abbiano tempi stretti.
L’idea di dare una risposta forte per ricompattarsi e l’esigenza di avere un quadro chiaro prima della kermesse di Italia 5 Stelle in programma tra meno di due settimane a Palermo fa sì, gioco forza, che quella che inizia oggi sia una settimana decisiva per sancire i nuovi equilibri. Non è un caso che il weekend sia stato fitto di incontri e contatti tra i parlamentari.
La creazione
Sono trascorsi meno di due anni dal novembre 2014 quando Grillo annunciò via blog di «essere un po’ stanchino» e diede vita al direttorio.
Da allora molte cose sono cambiate, ma per certi versi le parole del garante sono ancora attuali. «Dobbiamo ripartire con più energia ed entusiasmo – scriveva –. Il M5S ha bisogno di una struttura di rappresentanza più ampia di quella attuale. Questo è un dato di fatto».
Grillo nel frattempo ha tentato il suo «passo di lato», ma gli eventi degli ultimi mesi lo stanno riportando al centro della scena. La sua voce è stata determinante nel gestire la crisi.
Appare improbabile possa esserci un suo ripensamento dell’ultima ora sulla fine del direttorio. Ciò che è certo, invece, è che il peso dei cinque deputati che ne fanno parte è cresciuto con il tempo e, anche con una nuova struttura, avranno un ruolo di primo piano (e potranno ancora assecondare le loro aspirazioni per la leadership pentastellata)
Il riserbo
Nel Movimento sull’argomento c’è il massimo riserbo, la parola direttorio sembra quasi un tabù e i commenti si limitano solo a manifesti di buone intenzioni. «Speriamo di dare una svolta a questa situazione», dicono alcuni glissando riferimenti alle novità  in arrivo.
«Siamo ottimisti, ripartiremo presto con il piede giusto», sostengono (lasciandosi andare a un mezzo auspicio) i più.

Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera”)

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