Destra di Popolo.net

MOSE, ALTRO TEST E ALTRO FLOP: LE DIGHE S’INCEPPANO DI NUOVO

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

ED E’ MISTERO SUI COSTI DI MANUTENZIONE: TRA 12 E 80 MILIONI… TRA LE INCOGNITE FANGO E COZZE

Ci risiamo. Le paratoie del Mose fanno di nuovo cilecca.
A fine maggio un collaudo alla bocca di porto di Lido Nord-Treporti aveva registrato un malfunzionamento nel rientro di due paratoie dopo l’innalzamento.
Ora la stessa situazione di impasse si è ripetuta, sempre a Punta Sabbioni, a causa dei detriti che hanno intasato le camere dei cassoni sui fondali.
Le pesantissime paratoie sono uscite dal fondo fino a realizzare la diga mobile che dovrebbe fare da barriera alle acque alte. Ma quando è stato il momento di rientrare in sede si sono verificati problemi analoghi a quelli del precedente collaudo, che hanno interessato quattro paratoie.
Il che dimostra come per quest’opera imponente la manutenzione sarà  ancora più costosa, visto che si dovranno tenere puliti i fondali da accumuli inconsueti e inattesi in fase di progettazione.
“Se lei deve scegliere un’auto, immagino che si ponga il problema del costo di gestione e della spesa per la sua manutenzione nel tempo. Ebbene, per il Mose non è così. Nessuno sa quanto verrà  a costare, ogni anno, mantenerlo in attività  e consentirgli di funzionare”.
La professoressa Andreina Zitelli, veneziana, docente di Igiene Generale e applicata, già  componente della commissione nazionale di Valutazione d’Impatto Ambientale, non è stupita dalle dichiarazioni rilasciate a ilfattoquotidiano.it da Luigi Magistro, uno dei tre commissari nominati dal governo dopo lo scandalo.
Nonostante il progetto definitivo sia vecchio ormai di una quindicina di anni e quello di massima di più di quattro lustri, nessuno è in grado di dire quanto costerà  la gestione e la manutenzione di un’opera idraulica da più di cinque miliardi e mezzo di euro. Paradossale, ma vero.
Bisognerà  attendere la messa a punto e la sperimentazione di tre anni che verranno condotte dal Consorzio Venezia Nuova a partire dal 2018, quando tutte le paratoie saranno calate in acqua.
Solo allora sarà  individuabile una scala di grandezza, che terrà  conto della reazione dei materiali e delle strutture a una prolungata permanenza in acqua.
“Le incognite sono molte, dall’accumulo dei detriti e dei ‘peoci’ (le cozze, ndr), alla necessità  di pulire ciclicamente le paratoie, dall’usura delle cerniere che assicurano il movimento al funzionamento del jack-up, il natante che si occuperà  del prelievo e della sostituzione delle paratoie” continua Zitelli. Che conclude: “Il Mose è una macchina di cui non si sa quasi niente. Per questo, dopo gli scandali, sarebbe stato più prudente, da parte del governo, procedere con una verifica tecnica dei costi”.
Uno dei due grandi interrogativi sul futuro dell’opera che deve salvare Venezia dalle acque alte è destinato a rimanere un “buco nero” per la finanza pubblica, anche se alcuni punti fermi per capire quale sarà  il costo effettivo ci sono.
Ma bisogna tornare indietro di sette anni, al 20 febbraio 2009 quando la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato della Corte dei conti licenziò una relazione allarmante.
Dovevano ancora arrivare gli scandali e gli arresti che nel 2014 hanno travolto la “cricca” di Venezia, a partire dal presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati.
La Corte scriveva: “I costi di gestione e di manutenzione dell’opera potrebbero risultare superiori a quelli stimati, creando problemi per la loro sostenibilità . Va affrontato, sin da ora, il problema del reperimento delle risorse per il corretto funzionamento dell’opera, previa la loro rigorosa determinazione, considerati anche il rilevante impatto finanziario annuale che esse sono destinate a produrre e le valutazioni per la loro effettiva sostenibilità ”.
Quel “fin da subito” e quel “rigoroso” sono rimasti lettera morta, visto che si è marciato verso il completamento del Mose, ma il problema dei costi futuri non è stato affrontato.
Eppure la traccia della Corte dei conti era illuminante. “Rilevanti risultano essere i costi di gestione e di manutenzione stimati nel Progetto definitivo, peraltro destinati a lievitare, secondo quanto emerso anche nell’adunanza del 23 ottobre 2008”.
Il progetto del 2002 prevedeva un costo di gestione di circa 3 milioni di euro annui, comprensivo del costo del personale operativo (15 tecnici e 5 persone a presidio delle stazioni presso le tre bocche di porto) e dei consumi elettrici. “Il costo di manutenzione — anche per la sua difficoltà , a causa delle opere sommerse (migliaia di metri quadrati di superficie con anfratti), per l’aggressività  dell’acqua marina e per deterioramento delle strutture per crescita delle incrostazioni biologiche – è stato stimato in 9 milioni di euro all’anno”.
Così scriveva la magistratura contabile. In totale 12 milioni all’anno. Ma se l’innalzamento del livello del mare dovesse causare un incremento del numero delle volte in cui sarà  necessario alzare le paratoie, allora gli “oneri di manutenzione sarebbero fortemente crescenti.”
Dodici milioni, questo il costo minimo. Una cifra ben presto ridicolizzata, come ha scritto la Corte dei conti. Basti pensare che il progetto di massima del 1994 stimava un costo di gestione di 2,7 milioni di euro.
“Tale sostanziale invarianza dei costi di gestione rispetto al Progetto definitivo, considerato l’aumento rilevantissimo dell’onere per i lavori e per la manutenzione, suscita perplessità . Peraltro, già  i valori del Progetto di massima furono contestati nel voto n. 48 del 18/10/1994 dal Consiglio superiore dei lavori pubblici”. Sempre nel 1994 l’onere di manutenzione era stimato in “12,8 miliardi di lire, cioè lo 0,4% del valore delle opere”. Importi “assolutamente sottostimati”.
Per arrivare a una cifra plausibile bisognerebbe moltiplicare i costi di almeno cinque volte.
La Corte dei conti, nel 2009, aveva preso come parametro lo studio del comune di Venezia che già  allora spostava la cifra verso i 50 milioni di euro all’anno.
Ecco il ragionamento dei tecnici della giunta veneziana. “I costi della manutenzione che normalmente si calcolano per le opere civili ammontano a circa l’1% del valore dell’opera; percentuale destinata a salire almeno del 50% per le opere subacquee. Ai costi di manutenzione vanno aggiunti quelli di gestione che appaiono anch’essi sottostimati dal progettista. Se ci si rapporta al costo totale dell’opera, pari a 4,271 milioni di euro, i costi annui di manutenzione andrebbero calcolati in almeno 43 milioni di euro circa”.
Poichè nel frattempo il Mose ha superato il costo complessivo di 5 miliardi e mezzo di euro, a prendere per buone quelle cifre, si deve pensare che gestione e manutenzione debbano costare come minimo 55 milioni di euro (se restiamo all’1%), ma trattandosi di opere subacquee si può arrivare anche a 80 milioni di euro (ipotesi 1.5%).
Per gli amanti dei numeri, basta moltiplicare per cento volte la somma per avere il costo totale nel secolo di vita pianificato per il Mose.

Giuseppe Pietrobelli
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA SINDACA CHE FA PORTARE LE SEDIE DA CASA AL COMITATO DEL NO AL REFERENDUM

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

LA STAR DI SAVONA CAPRIOGLIO, ELETTA CON IL CENTRODESTRA, VIETA L’USO DELLE SEDIE DEL COMUNE AI CITTADINI CHE PARTECIPANO A UN DIBATTITO IN PIAZZA… FIGURIAMOCI SE LE AVESSERO CHIESTO QUELLI DEL SI’

Volete discutere sul referendum?
Bene, vedetevi pure in piazza ma state in piedi perchè il Comune di Savona in versione centrodestra le sedie, come ribadisce una piccata nota della sindaca Ilaria Caprioglio, le sue sedie le mette a disposizione dei cittadini “solo per eventi organizzati dal Comune stesso”.
«Non c’è problema: la sedia ce la portiamo » hanno detto, imperturbabili, dal Comitato per la Costituzione che ha promosso per giovedì 15 alle 18 in piazza Sisto IV, davanti al Comune che non vuol rilasciare sedie, una manifestazione per il “no” con Adriano Sansa, magistrato e il comico Enrique Balbontin. Che ha già  avvertito che lo slogan sarà : “Lasciate a casa le chiappe e venite a discutere”
«Portate una sedia, uno sgabello, una poltroncina, quello che volete – spiega Maria Gabriella Branca, una delle promotrici del Comitato – La libreria Ubik, che organizza l’incontro insieme a noi, metterà  una cinquantina di sedie: chiediamo a chi verrà  di attrezzarsi. Perchè farci rimanere in piedi avrebbe significato vanificare l’iniziativa che, vorremmo sottolinearlo, ha anche un’importanza istituzionale. Può sembrare un’idea divertente portarsi la sedia, ma in realtà  quanto accade mette tristezza, se mai».
In un primo momento l’obiezione della sindaca era stata che le sedie a disposizione fossero “usurate” (savonesi, mettetevi a dieta…).
Ieri invece, la precisazione: il vento è cambiato. Sedie non se ne danno più e non si fanno trattamenti di favore perchè “potrebbero tornare danneggiate o non tornare affatto”
Curioso peraltro che le stesse sedie, se l’evento è di marca comunale, si possano usare.
Poi si arriva all’umorismo: visto che l’iniziativa porta il marchio della libreria Ubik, si segnala che «noi non siamo per i provvedimenti ‘ad personam’, e desideriamo pari diritti e pari doveri per tutte le attività  commerciali».
Ma il problema è commerciale o politico?
Se l’iniziativa per il No (al cui ambito Caprioglio rivendica di appartenere) l’avesse organizzata la Lega, chissà  che le sedie non sarebbero arrivate, si dice.

(da agenzie)

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BELSITO RINVIATO A GIUDIZIO PER EVASIONE FISCALE: “NASCOSE AL FISCO 7,7 MILIONI DI EURO”

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

SEQUESTRATI AL LEGHISTA BENI PER UN MILIONE DI EURO… SALVINI NON AVEVA VOLUTO COSTITUIRE LA LEGA PARTE CIVILE PERCHE’ “BELSITO NON HA NULLA”

Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, è stato rinviato a giudizio questa mattina per evasione fiscale e intestazione fittizia di beni.
Lo ha deciso il giudice per l’udienza preliminare Claudio Siclari.
La vicenda è quella degli oscuri trasferimenti di fondi milionari in Tanzania, fatto per il quale la guardia di finanza lo aveva indagato.
Secondo l’accusa Belsito, difeso dagli avvocati Paolo Scovazzi, Alessandro Vaccaro e Nicola Scodnik, avrebbe dovuto dichiarare al fisco la cifra di circa sette milioni di euro sottratti illecitamente alle casse del Carroccio quando era tesoriere, peraltro rientrati nelle casse della Lega.
Praticamente la tesi si basa sulla convinzione che i vertici politici della Lega non fossero a conoscenza dell’investimento di Belsito in altri Paesi per fini speculativi, peraltro operazione che sarebbe vietata a un partito politico.
Non a caso la Lega non si è costituita parte civile, suscitando parecchio malumore tra gli iscritti, quasi che ci fosse un accordo tacito con Belsito per garantirsi il suo silenzio.
Il processo inizierà  il prossimo 12 gennaio.
Il sequestro dei beni a fine gennaio
La guardia di finanza a fine gennaio aveva sequestrato a Belsito una serie di beni ritenuti nella sua disponibilità : le quote societarie del Bar Balilla di via Cesarea, un appartamento da 700mila euro nella stessa strada, le quote della società  Movida srl, che gestiva la discoteca Sol Levante di Cavi di Lavagna.
E qui si ritorna al fatto della mancata costituzione di parte civile di Salvini che l’aveva motivata con la tesi (smentita dai fatti, oltre che da chi scrive a suo tempo) per cui Belsito era un poveraccio senza un euro e non era il caso di infierire.
Il sequestro per equivalente era legato all’oscuro trasferimento offshore di 7 milioni di euro di fondi del suo ex partito in Tanzania e a Cipro: anche se quei fondi sono stati successivamente restituiti, nel momento in cui Belsito ne ha avuto la disponibilità , argomenta la Procura avrebbe dovuto dichiararli al Fisco.
L’evasione fiscale ipotizzata dagli inquirenti, e contestata dai legali dell’ex tesoriere, ammonta a circa 2,4 milioni di euro.

(da agenzie)

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SI FACCIA QUALCOSA DI DESTRA: PULIZIA ETICA SUL WEB, ARRESTO IMMEDIATO E CONFISCA DEI BENI PER CHI PERSEGUITA DONNE, ISTIGA A REATI E DIFFONDE FALSI O VIDEO PRIVATI

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

IL WEB E’ DIVENTATO UNA FOGNA, NULLA DEVE RESTARE PIU’ IMPUNITO: UNA DENUNCIA DEVE ESSERE EVASA IN 24 ORE E PORTARE A UN PROCESSO PER DIRETTISSIMA…PER I MINORI NE DEVE RISPONDERE LA FAMIGLIA, COSI’ QUALCUNO TORNERA’ A OCCUPARSI DEI PROPRI FIGLI

Oggi le cronache riportano gli ennesimi reati collegati ad un uso da fogna del web.
Una ragazza ubriaca e non in grado di reagire violentata a Rimini con le sue amiche dementi che, invece che correre in suo soccorso, filmano l’evento per poi farlo girare su internet.
E il caso di Tiziana che si è tolta la vita perchè non ha retto alle persecuzioni sul   web di centinaia di sfigati che la insultavano da mesi per un video hard che aveva girato con il suo compagno di allora e che è stato messo in circolo a sua insaputa.
Ma è sufficiente girare sul web e sui social per capire che non vi è più limite al degrado: dagli insulti, alle minacce, dalla violazioni della privacy all’apologia di reato, dall’omofobia al razzismo, dallo stalking alle calunnie, da immagini rubate alla persecuzione di donne e ragazzi con handicap.
Un delirio crescente a cui nessuno pone rimedio, se non strappandosi le vesti a posteriori.
Pochi i controlli, pochi gli uomini dello Stato assegnati alla repressione di questo genere di reati, nessun “canale privilegiato” nell’ordinamento giudiziario per arrivare a una rapida sentenza.
Se in Italia esistesse una destra seria e non dei caratteristi da avanspettacolo, sarebbe l’occasione, prima che sia troppo tardi, di lanciare l’appello “fate qualcosa di destra”.
Cosa si potrebbe fare, con pochi provvedimenti?
1) Creare una struttura ad hoc delle forze dell’ordine che raccolga le denunce e le renda operative entro 24 ore: accertino il fatto, raccolgano le prove e segnalino il tutto all’autorità  giudiziaria di competenza territoriale.
2) Allo scadere delle 24 ore, l’autorità  giudiziaria provveda alla denuncia dei soggetti e all’immediato blocco dei beni, a garanzia delle sanzioni future.
Nei casi più gravi, arresto immediato e processo per direttissima con l’imputato detenuto per evitare la reiterazione del reato e la manomissione delle prove.
3) Le multe vanno portate a un minimo di 100.000 euro, in caso di minori ne rispondono i genitori coi loro beni. Vanno bloccati conti correnti, beni mobili e imnobili, rendite e patrimoni.
4) In caso di condanna i minori andranno nei carceri minorili per procedere alla loro rieducazione al mondo civile. I maggiorenni condannati dovranno scontare almeno metà  della pena in carcere, pene che devono essere raddoppiate.
5) Per rendere operativo il tutto è necessario che siano in servizio almeno 300 agenti dedicati al web e che si stabilisca un canale giudiziario preferenziale per questo genere di reati, onde consentire processi per direttissima e inutili perdite di tempo.
Ovvio che non si risolve il problema solo con la repressione e che occorre una “cultura alla tolleranza e al rispetto del prossimo”, ma di fronte a una emergenza è necessario che lo Stato provveda a una “pulizia etica”.
Nel vivere civile devo esistere “regole”, se qualcuno pensa di essere nella foresta e fare i cazzi propri sulla pelle dei più deboli, ci sono altri sistemi per raddrizzare le schiene.
Siamo certi che dopo un anno i reati sul web calebbero del 50% e ne guadagnerebbe l’intera comunità  nazionale (oltre che le casse dello Stato).
Finirà  che la destra patacca perderà  pure questa occasione e la proporrà  il Renzi o il Di Maio di turno…

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CARA DI FOGGIA, LO STATO SI SVEGLIA, PRIMI INDAGATI PER CORRUZIONE, TRUFFA E FALSO IN BILANCIO

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

DOPO L’INCHIESTA DI GATTI SUL TRATTAMENTO INUMANO DI 1000 PROFUGHI E LE RELATIVE SPECULAZIONI SULLA LORO PELLE, INTERVIENE LA MAGISTRATURA

Ci sono i primi indagati nell’indagine della Procura di Foggia sulla gestione del Cara di Borgo Mezzanone a Manfredonia (Foggia).
I reati ipotizzati sono corruzione, truffa, falso e falso in bilancio.
Le indagini sono coordinate dal procuratore Leonardo Leone De Castris e dai sostituti Dominga Petrilli e Francesco Diliso.
La vicenda sulla struttura che ospita i richiedenti asilo che attendono l’esito della procedura di richiesta della protezione internazionale era esplosa dopo l’appello di Eugenio Scalfari su Repubblica (“il governo fermi l’inferno del Cara”) in seguito alla pubblicazione dell’inchiesta di Fabrizio Gatti sull’Espresso.
Anche la prefettura foggiana, su input del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha avviato un’indagine.
Lo stesso Alfano aveva annunciato una verifica su tutte le strutture di accoglienza dei migranti sul territorio italiano e in particolare un programma di interventi strutturali per il Cara di Foggia.
Senza l’inchiesta denuncia di Gatti sarebbe successo lo stesso?

(da agenzie)

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FRANCESCO VINCE L’ORO: “NON CE LA FACEVO PIU’, POI HO SENTITO I TIFOSI CHE URLAVANO ITALIA, ITALIA, E HO DATO TUTTO”

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

IL RAGAZZO GENOVESE HA FATTO OTTO VASCHE DI PURA PASSIONE ALLE PARAOLIMPIADI: UN ESEMPIO PER TUTTI

Otto vasche di pura passione. Così Francesco Bocciardo si è messo al collo l’oro dei 400 stile libero S6, il secondo per la spedizione azzurra alla Paralimpiade brasiliana dopo quello di Federico Morlacchi nei 200 misti SM9.
Entrato in finale con il secondo tempo nuotato al mattino (5’18”61), il ventiduenne genovese non si è fatto spaventare dal rivale olandese Thijs Van Hofweegen e già  dopo i primi 100 metri ha innestato il turbo, conducendo una gara in solitario per regalarsi il gradino più alto del podio.
Ha chiuso la sua fatica in 5’02”15, precedendo proprio il nuotatore oranje (5’07”82) ed il cubano Lorenzo Perez Escalona (5’14”44).
«Quando sono distrutto e non respiro più, le mie labbra diventano viola come oggi. È stata un’impresa difficilissima perchè sono stato colto dall’emozione, all’ultima vasca non ce la facevo più, poi ho sentito il pubblico che urlava “Italia, Italia” e ho dato tutto per il mio Paese”
“È un momento che mi porterò indietro per tutta la vita e che un giorno potrò raccontare ai miei figli. Nonostante vincere il Mondiale sia incredibile, farlo alla Paralimpiade è qualcosa di ancora più grande, amplificata a 360°».
L’atleta è affetto da diplegia spastica, una forma tipica di paralisi cerebrale che colpisce entrambe le gambe.
Eppure il nuoto è stata la sua passione fin da piccolo, per l’esattezza dall’età  di 3 anni, e ha debuttato nella disciplina nel 2011.
“Francesco è un grandissimo campione e un ragazzo straordinario – dice il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli .
Anche Genova è orgogliosa di lui.

(da agenzie)

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COSI’ IL BRACCIO DESTRO DELLA RAGGI FACEVA AFFARI CON L’IMMOBILIARISTA DELLA CASTA

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

QUANDO ERA DIRETTORE DEL PATRIMONIO IN QUOTA ALEMANNO COMPRO’ UN ATTICO DI LUSSO DA SCARPELLINI CON UNO SCONTO DI MEZZO MILIONE DI EURO

Sergio Scarpellini è un immobiliarista romano. Famoso per essere il costruttore preferito dalla Casta, perchè proprietario di alcuni palazzi affittati per lustri dalla Camera dei Deputati a peso d’oro.
Un imprenditore pieno di amici ed entrature importanti considerato, dai big del movimento Cinque Stelle, uno dei nemici pubblici numero uno della Capitale.
Un simbolo plastico della “suburra” di affaristi che si arricchisce grazie ai politici e ai soldi pubblici, sempre a scapito dei contribuenti.
Non a caso Beppe Grillo, in un post del gennaio 2015 dedicato ai «regali di Renzie ai grandi evasori» definiva Scarpellini «un evasore di Iva», mentre Alessandro Di Battista (dopo la battaglia vittoriosa del M5S per la rescissione di un contratto ventennale, quello di palazzo Marini, costato in totale «500 milioni di euro») lo definì letteralmente «un gentleman meglio noto come “er cavallaro”».
È sorprendente scoprire, dunque, che il braccio destro di Virginia Raggi, l’ex capo di gabinetto Raffaele Marra (dopo la crisi della scorsa settimana in procinto di trasferirsi, pare, ad altro incarico apicale) nel 2010 abbia comprato un attico proprio da una società  del gruppo dell’immobiliarista, ottenendo uno sconto di quasi mezzo milione di euro rispetto ai prezzi di mercato.
Circa il 40 per cento in meno rispetto a un altro acquirente che, nello stesso periodo, prese da Scarpellini un appartamento gemello dirimpetto al suo.
La compravendita di Marra fu perfezionata, tra l’altro, quando il dirigente era seduto – grazie agli eccellenti rapporti con l’ex sindaco Gianni Alemanno – sulla poltrona di direttore dell’Ufficio delle Politiche abitative del Comune di Roma e su quella, strategica, di capo del dipartimento del Patrimonio e della Casa, la prima ottenuta nel giugno del 2008 e la seconda a fine 2009.
L’acquisto tra due privati dovrebbe escludere in teoria qualsiasi conflitto di interessi. Però Scarpellini era (ed è ancora) proprietario di sedi affittate direttamente al Comune di Roma con contratti a sei zeri, ed aveva (ed ha ancora) interessi su importanti aree edificabili che obbligano il gruppo a un rapporto costante (a volte complesso) con il Campidoglio e i suoi uomini.
Basti pensare allo scandalo del palazzo a Largo della Loria, di proprietà  di un’ente pensionistico dei giornalisti, l’Inpgi, affittato dalla Milano 90 di Scarpellini per 2,1 milioni annui e poi subaffittata al Comune di Roma per 9,5 milioni nel 2008.
O ai sei milioni annui che il Campidoglio ha dato all’immobiliarista per alcuni locali usati dall’assemblea e dal gabinetto del sindaco a Via delle Vergini, e fortunatamente restituiti.
“L’Espresso” ha consultato gli archivi dell’Agenzia del Territorio, scoprendo il giro di compravendite tra il costruttore e Marra, ancora oggi principale collaboratore della sindaca e defintito qualche giorno fa «un bravo ragazzo» dall’assessore Adriano Meloni, nonostante gli attacchi di parte del direttorio grillino per il suo passato alemanniano.
Il dirigente aveva deciso di trasferirsi nell’elegante residence dell’Eur all’Acqua Acetosa già  a fine 2009, quando aveva firmato un rogito con la società  Progetto 90 di Scarpellini.
Allora la società  aveva quasi finito di costruire i cinque palazzi di un complesso residenziale di lusso, con due piscine (una di 25 metri con lettini e ombrelloni e un altra destinata ai bambini), comprensiva di palestra, videosorveglianza e guardiania H24 e un bellissimo campo da golf da 18 buche, non ancora ultimato.
L’appartamento di cui Marra si innamora è uno dei più belli del mazzo: un attico su due piani di 168 metri quadri con doppio terrazzo (nella brochure di vendita si spiega che le fioriere sono «ad irrigazione automatica»), ingresso, soggiorno, cucina, ripostiglio, tre bagni e due camere.
Gemello per valore catastale e metratura di quello comprato qualche mese prima da un imprenditore, che — documenti alla mano – aveva sborsato per un gioiellino (secondo la pubblicità  sono tutti con «infissi in rovere, pavimenti pregiati in marmo o parquet a listoni in rovere, armadi a muro realizzati artigianalmente, cucine in marmo, bagni in marco con doccia o vasca idromassaggio, androni con boiserie e cornici in gesso, pavimento in travertino») più un box auto ben 1.204.000 euro Iva inclusa.
Marra un anno dopo riesce a concludere l’affare della vita, perchè davanti al notaio Claudio Togna e al figlio di Scarpellini, Emanuele, si mette in tasca una casa identica a soli 728 mila euro, con un risparmio di quasi mezzo milione rispetto a quello che il gruppo immobiliare considerava evidentemente prezzo di mercato.
I due appartamenti sono nell’edificio E, quelli più alti.
Facendo altri raffronti, è un fatto che Scarpellini venda a una ragazza, nell’edificio A, un appartamento della metà  del valore catastale rispetto a quello di Marra quasi allo stesso prezzo: 676 mila euro.
Stesso criterio, quello della dura legge di mercato, per il signor A.V., che è riuscito a ottenere un piano terra di sole 5 stanze a 724 mila euro.
“L’Espresso” ha provato a chiedere all’ufficio acquisti il costo attuale di un attico nello stesso comprensorio: “Ce ne sono pochi invenduti. Ne abbiamo uno di 110 metri quadri calpestabili nell’edificio B, che è un po’ più basso, più un grande terrazzo. Costa 1.350 milioni di euro, ma c’è un minimo di trattabilità . I prezzi li abbiamo abbassati, qualche tempo fa stavamo a 10 mila euro al metro quadro. Oggi stanno a nove».
Marra ha comprato a circa 4.500. Un business da leccarsi i baffi.
Ma ci sono altri particolari che rischiano di imbarazzare Raggi e il M5S. Il dirigente comunale, che ha già  versato una caparra nell’ottobre del 2009, il 23 giugno 2010 salda la Progetto 90 srl con un assegno da 400 mila euro, a cui aggiunge quello ottenuto attraverso un mutuo da 250 mila euro della banca Barclays.
Ma Scarpellini sembra aver preso davvero a cuore questa compravendita: lo stesso giorno, davanti allo stesso notaio, compra la vecchia casa di Marra, in tutto quattro camere di una modesta palazzina distante poche centinaia di metri dalla nuova residenza.
Scarpellini per accaparrarsela gira a Marra un assegno da 400 mila euro attraverso la sua Progetto 90, stessa identica cifra che qualche minuto dopo Marra gira al gruppo Scarpellini per comprarsi l’attico.
Un nuovo affare per il funzionario: Marra nel 2003 aveva infatti acquistato la sua prima casa in via Francesco Gentile attraverso una cartolarizzazione fatta dalla società  SCIP: l’immobile era infatti dell’Inpdap.
Nel 2003 il fedelissimo di Virginia la paga poco meno di 140 mila euro. Sette anni dopo Scarpellini la ricompra a prezzo triplo.
Non sappiamo perchè il costruttore fa, dopo il maxi sconto, un secondo favore al consigliere della sindaca.
Scarpellini infatti non solo nell’appartamento non ci metterà  mai piedi (vivendo in una stupenda villa sull’Appia Antica che fu di Silvana Mangano) ma se ne libererà  appena possibile (un anno dopo) per 380 mila euro. Perdendoci dunque 20 mila euro.
Non sappiamo nemmeno se negli anni Marra e Scarpellini siano rimasti in contatto.
È un fatto che, dopo qualche screzio con Alemanno, Marra sia poi stato nominato (dal 2011 al 2013) dall’allora governatore della Regione Lazio direttore Regionale del Demanio e del Patrimonio.
Anche l’ente oggi guidato da Nicola Zingaretti ha affittato immobili da Scarpellini.
Finora nessuno conosceva gli affari immobiliari del fedelissimo di Virginia. Nemmeno Grillo, che lo considerava inadatto a fare il capo o il vicecapo di gabinetto già  a luglio perchè considerato troppo vicino alla destra romana.
Marra è stato spostato a capo del personale del Campidoglio, con una insolita delibera a tempo che scadrà  a fine ottobre.
Si tratta di una poltrona di enorme peso che sovrintende su 24 mila dipendenti diretti, che arrivano a 60 mila se si considerano anche gli impiegati delle partecipate.
Chissà  se Raggi, dopo il nuovo scandalo, riuscirà  a proteggerlo ancora.

Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso”)

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RAGGI BUSSA ALLA PORTA DEL CONSIGLIO DI STATO: “DATEMI UN CAPO DI GABINETTO”

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

CONTINUA LO SCOUNTING PER COMPLETARE LO STAFF… SI RESTRINGE LA ROSA PER L’ASSESSORE AL BILANCIO

A.A.A. cercasi capo di gabinetto per la Giunta di Roma.
Dove? Al Consiglio di Stato.
Secondo quanto riporta Il Messaggero, la sindaca della Capitale, Virginia Raggi, lunedì si è recata a palazzo Spada per cercare “il profilo giusto a cui affidare una poltrona delicatissima”, quella su cui dovrà  sedere il sostituto del magistrato Carla Romana Raineri.
“Per evitare altre sorprese sgradevoli, la sindaca ha chiesto udienza a Palazzo Spada per avere consigli sul tema. Ufficialmente la grillina ha inoltrato una richiesta di collaborazione, richiesta che prevede una procedura specifica. Il distacco di un consigliere passa infatti attraverso una richiesta formale al consiglio superiore del Consiglio di Stato. La visita dell’altro giorno equivale solo ad una presa di contatto”.
Scelta difficile, quella della sindaca di Roma, che deve trovare un nuovo capo di gabinetto dopo l’uscita della Raineri, finita al centro della bufera per un contratto da 193mila euro che fu deciso “senza passare attraverso un bando come invece prevede l’assunzione dei dirigenti ex articolo 110”, sottolinea Il Messaggero.
Per Virginia Raggi c’è anche un altro compito impellente, quello di riempire la casella, anch’essa vuota, dell’assessore al Bilancio.
Dopo due tentativi falliti, quelli di Marcello Minenna e Raffaele De Dominicis, la sindaca cerca la quadra definitiva. In pole ci sarebbe l’economista Nino Galloni.
La rosa di nomi si sarebbe ristretta a pochi nomi rispetto ai 14 ‘candidati’ della settimana scorsa.

(da “Huffingtonpost”)

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FILMINI HOT IN RETE A SUA INSAPUTA, MASSACRATA SUI SOCIAL, ALLA FINE TIZIANA SI E’ IMPICCATA

Settembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

E’ UN FEMMINICIDIO CHE HA UNA RESPONSABILITA’ COLLETTIVA E CHE RIGUARDA TUTTA LA NOSTRA SOCIETA’…E’ QUESTA LA NOSTRA CIVILTA’ SUPERIORE?

Da un anno e mezzo la vita di Tiziana Cantone, 31 anni, era diventata un inferno. Aveva girato dei video hot che, a sua insaputa, erano finiti sul web diventando virali, con tanto di nome e cognome.
Una spirale di vergogna che l’aveva costretta a fuggire dal suo comune di residenza, e che oggi l’ha portata a suicidarsi nell’abitazione dove viveva da qualche tempo, con la madre, a Mugnano, in provincia di Napoli.
La donna, 31 anni, aveva ingaggiato anche una battaglia legale per il diritto all’oblio. Il suo avvocato, Roberta Foglia Manzillo, aveva ottenuto di recente dal tribunale di Napoli nord un provvedimento d’urgenza, ex articolo 700, con il quale si intimava a un social network di rimuovere post, commenti e contenuti multimediali relativi alla donna.
Ma il danno ormai era stato consumato: malgrado lei avesse anche avviato le procedure per il cambio di cognome, la diffusione capillare delle immagini, della sua foto, delle generalità  rappresentava una ferita non rimarginabile.
Sul web la vicenda della donna rimbalza da tempo. C’è chi riferisce di un precedente tentativo di suicidio, chi descrive il progressivo aggravarsi della sua depressione.
La vicenda sarebbe iniziata come un gioco.
Poi le immagini erano finite praticamente ovunque, siti porno compresi, dando vita sul web a una catena di insulti e dileggi.
Alta, bruna, capelli lunghi e sguardo intenso, un fisico da modella. La donna lavorava nel locale di cui erano titolari i genitori, in provincia di Napoli, e in seguito alla diffusione dei video fu costretta prima a lasciare l’attività , poi a trasferirsi fuori Campania.
Di recente era tornata in provincia di Napoli, a Mugnano, a casa di una parente. Ma il peso di questa vicenda si era fatto insostenibile, in un crescendo di angoscia e depressione, fino al tragico epilogo di questa sera.
Tiziana Cantone era una ragazza molto dolce, finita per sbaglio in un girone infernale da cui non vedeva l’uscita. È cosi che la descrive l’amica Teresa Petrosino sulle pagine del Corriere, ancora scioccata dal suicidio della ragazza dopo che i suoi video hard sono diventati virali in rete.
“È finita in questo schifo senza poter fare nulla. Quei video hanno cambiato per sempre la sua vita – dice Teresa al Corriere – L’ultima volta che l’ho incontrata mi era sembrato però che stesse un po’ meglio. Mi aveva parlato della sua voglia di gettarsi tutto alle spalle, di chiudere con il passato”.
Tiziana però, non ci è riuscita, e si è suicidata il 13 settembre, impiccandosi con un foulard nello scantinato del suo palazzo, distrutta dalle prese in giro e dalle condivisioni dei suoi 6 video “hard” sui social
“Mi chiedo come si possa essere così feroci, come sia possibile accanirsi contro una ragazza che non ha fatto nulla di male. Quei video sono stati un errore? Ma per favore. Se andassimo a cercare nei cellulari degli stessi che le hanno gettato la croce addosso sono certa che troveremmo molto di peggio. Credo che a vergognarsi dovrebbero essere tutti quelli che hanno riempito il web di insulti e che di nascosto intanto guardavano le immagini” commenta l’amica.

(da “Huffingtonpost“)

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