Destra di Popolo.net

FINALMENTE DAL M5S UNA BUONA IDEA: CANCELLARE ITALICUM E TORNARE AL PROPORZIONALE SENZA PREMIO DI MAGGIORANZA

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

E’ L’UNICO SISTEMA CHE PERMETTE A TUTTI DI ESSERE RAPPRESENTATI… E IN ITALIA, COI MEGALOMANI CHE GIRANO AI VERTICI DEI PARTITI, CI MANCA   PURE DARE TROPPO POTERE A CHI SI CREDE NAPOLEONE

“L’Italicum va cancellato tout court in quanto non è una legge migliorabile perchè è antidemocratica e incostituzionale. Il Governo Renzi sembra composto da un gruppo di dilettanti allo sbaraglio perchè non è stato neanche in grado di scrivere una buona legge elettorale, dopo la bocciatura del Porcellum da parte della Consulta. Non ci piace l’Italicum, a prescindere dal fatto che possa farci vincere le elezioni o meno, perchè a noi sta di più a cuore l’interesse dei cittadini, che devono essere adeguatamente rappresentati in Parlamento sia alla Camera che al Senato”.
E’ quanto affermano i deputati M5S della commissione Affari costituzionali della Camera, commentando il testo della mozione M5S sull’Italicum, depositato questa mattina
“Secondo noi deve essere adottato un sistema elettorale con formula proporzionale – si legge nel testo della mozione – da applicarsi in circoscrizioni medio-piccole in quanto, oltre a garantire rappresentatività  e vicinanza agli elettori, favorisce l’aggregazione fra le forze politiche piccole e medio-piccole, spingendole a mettere insieme le loro idee, se conciliabili, dentro forze politiche più grandi ma coese e favorisce l’omogeneità  interna dei partiti e dei movimenti, disincentivando frantumazioni e scissioni. La legge elettorale per il Parlamento italiano deve essere, anzitutto, rappresentativa dei cittadini e, allo scopo, occorre adottare un sistema proporzionale senza alcun premio di maggioranza”.
“Per queste ragioni chiediamo al Parlamento – concludono – di approvare in tempi rapidi una nuova legge elettorale con formula proporzionale, in circoscrizioni medio-piccole e modalità  di espressione della preferenza da parte degli elettori”.

(da agenzie)

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“NON C’E’ SPAZIO PER I BAMBINI PROFUGHI, MANDIAMOLI NELLO SPAZIO”

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

LA CAMPAGNA PROVOCATORIA DI SAVE THE CHIDREN… SULLA TERRA DISTURBANO LA DIGESTIONE DEI BUONI “BORGHESI” BENPENSANTI E MAGARI RUBANO UNA MERENDINA   PERCHE’ HANNO FAME

“Per molti giovani migranti, la vera Odissea non è nello spazio”.
Save the Children ha scelto di lanciare una campagna provocatoria dal titolo “The space migrant” per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei migranti minorenni.
Il video racconta la storia di Amadou che a 12 anni ha affrontato un lungo e pericoloso tragitto per arrivare in Italia, prima a piedi attraverso il deserto e poi sfidando le acque del Mar Mediterraneo su un’imbarcazione di fortuna.
Ma proprio quando pensa di essersi lasciato alle spalle la fatica e le insidie del viaggio e di essere approdato in un luogo sicuro e protetto dove potrà  costruirsi una vita migliore, si trova nuovamente esposto a rischi e difficoltà  perchè nessun Paese è disposto a offrirgli la dovuta accoglienza e protezione.
Che fare di tutti i giovani migranti come Amadou che arrivano sulle nostre coste? Nessuno li vuole, mandiamoli nello spazio. così Amadou che avrebbe preferito restare sulla terra, affronta invece la preparazione per diventare astronauta e approdare nello spazio, “dove non esistono nè muri, nè barriere”.
L’associazione migranti lancia quindi una provocazione con “The Space Migrant”, per raccontare il dramma di milioni di bambini per i quali troppo, lasciato il proprio Paese, spesso “non c’è posto in nessun altro luogo, dove hanno difficoltà  a ricongiungersi con le proprie famiglie, dove spesso rischiano di finire nelle mani di sfruttatori senza scrupoli. Dove diventano invisibili perchè non riescono a trovare un luogo sicuro o perchè le istituzioni non riescono a difenderli dai pericoli”.
Per chi volesse, è possibile aderire alla campagna modificando la propria immagine del profilo Facebook, “indossando” una tuta da astronauta.

(da agenzie)

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BERTOLASO- PINOCCHIO NON RINUNCIA ALLA PRESCRIZIONE AL PROCESSO GRANDI RISCHI

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

IN CAMPAGNA ELETTORALE A ROMA AVEVA GIURATO CHE AVREBBE RIFIUTATO LA SCAPPATOIA: OGGI HA CAMBIATO IDEA

Da candidato sindaco di Roma aveva più volte promesso che avrebbe rinunciato alla prescrizione nel processo in cui era imputato a L’Aquila. E invece stamattina Guido Bertolaso è venuto meno alla sua promessa: lo ha fatto sapere il suo avvocato, Filippo Dinacci, nel corso dell’udienza del cosiddetto “Grandi Rischi bis”, in cui l’ex capo dipartimento della Protezione civile deve rispondere del reato di omicidio colposo plurimo e lesioni.
Era il 16 febbraio 2016 quando Bertolaso, da poco sceso in campo per la corsa al Campidoglio, in un’intervista rilasciata a per la prima volta a Radio24 aveva dichiarato: “Mi continuano tutti a fare queste accuse dei processi giudiziari, e siccome i processi giudiziari non finiscono, anzi dovrebbero andare in prescrizione, io ho già  detto che la prescrizione la rifiuto, e quindi voglio una sentenza”.
Affermazione che poi aveva ripetuto.
E invece stamattina il legale di Bertolaso — che non era presente in aula — ha annunciato la decisione del suo assistito nel corso dell’udienza dibattimentale svoltasi nel capoluogo abruzzese.
Quello in questione è il processo “satellite” alla commissione Grandi Rischi: Bertolaso vi è imputato per aver convocato, una settimana prima del terremoto che colpì L’Aquila il 6 aprile 2009, il convegno di tecnici ed esperti di sismologia per fare il punto sulle continue scosse che interessavano da mesi l’Abruzzo interno.
Un convegno che però — secondo le stesse parole dell’allora capo della Protezione civile, intercettato telefonicamente alla vigilia dell’incontro — doveva essere nient’altro che una “operazione mediatica” col solo scopo di “rassicurare la gente”.
I giudici aquilani dovranno ora stabilire se questa condotta costituisca o meno reato.
Nel processo principale lo scorso 20 novembre i giudici della Cassazione avevano assolto gli scienziati della Commissione Grandi Rischi e confermato la condanna dell’allora vice capo della Protezione civile Bernardo De Bernardinis.
L’avvocato Dinacci ha precisato che, anche se l’imputato non intende rinunciare alla prescrizione, la difesa aveva intenzione di rinunciare all’ascolto di tutti i testi precedentemente presentati, in modo da accelerare il processo e giungere a sentenza prima del 6 ottobre, data in cui il reato per cui Bertolaso è imputato andrà  estinto assieme a tutti gli altri filoni legati al post-sisma.
Il giudice Giuseppe Grieco ha accordato la richiesta e fissato le prossime udienze per il 27 e il 30 settembre.
Nella prima si svolgerà  l’arringa difensiva, nella seconda sono previste le repliche e la sentenza. “Noi avevamo un obbligo di trasparenza e l’abbiamo adempiuto — ha dichiarato dopo l’udienza Dinacci al giornale aquilano NewsTown — rinunciamo completamente alla nostra difesa, rinunciando all’intera lista dei testimoni. Non è cosa da poco”.
Una mossa demagogica perchè quello che conta è la prescrizione che scatterà  anche in caso di condanna. Se uno voleva uscirne a testa alta doveva rinunciarvi e farsi i tre gradi di giudizio, come aveva promesso Bertolaso in campagna elettorale.
Cambiando idea ha solo fatto la figura del bugiardo.

(da agenzie)

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COMPRAVENDITA SENATORI: “BERLUSCONI COLPEVOLE MA E’ INTERVENUTA LA PRESCRIZIONE”

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

IN PRIMO GRADO BERLUSCONI E LAVITOLA CONDANNATI A TRE ANNI PER CORRUZIONE, ORA L’APPELLO, MA TUTTO SARA’ PRESCRITTO

Nel giorno un cui il ddl per la riforma penale arriva nell’aula del Senato — il testo prevede tra l’altro lo stop della prescrizione dopo la sentenza di primo grado — da Napoli arriva la richiesta del sostituto procuratore generale di Napoli, Simona Di Monte, che ai giudici della corte d’Appello di Napoli sia confermata la responsabilità  di Silvio Berlusconi ma contestualmente dichiarata la prescrizione anche nei confronti del coimputato Valter Lavitola, ex direttore de L’Avanti.
Cuore del processo per la presunta compravendita di senatori che avrebbe determinato la caduta del governo Prodi.
La richiesta è stata formulata dal pg al termine di una requisitoria durata circa tre ore. In primo grado Berlusconi e Lavitola furono condannati a tre anni per corruzione.
I fatti contestati si riferiscono ad un arco di tempo che va dal 2006 al 2008. Il processo, davanti alla seconda sezione della Corte di appello di Napoli, riprenderà  il 18 ottobre.
Poco meno di un anno fa i giudici di primo grado depositarono le motivazioni di primo grado in cui motivarono la condanna scrivendo che il “ricchissimo Berlusconi pagò con disprezzo”.
Nelle 157 pagine i magistrati scrissero che “la compravendita dei senatori, ideata e realizzata allo scopo di far cadere il governo Prodi, rappresenta un tipico esempio di corruzione. Non intesa in senso generico come categoria morale, bensì una precisa infrazione al codice penale che nulla ha a che fare con la libertà  di scelta riconosciuta a ogni parlamentare. E non vi è dubbio che i tre milioni di euro versati all’ex senatore Sergio De Gregorio, eletto nell’Idv (che ha patteggiato la pena, ndr), per indurlo tra il 2007 e il 2008, a trasmigrare nelle fila del centrodestra, provenissero da Silvio Berlusconi”.
La presunta compravendita dei senatori “in qualche modo — si leggeva nella sentenza — dimostra lo sprezzo con cui il ricchissimo Berlusconi potè affrontare quei pagamenti corruttivi senza doverne avvertire minimamente il peso“. Lavitola — condannato in altri processi è detenuto ai domiciliari dallo scorso marzo — veniva descritto come la mente e “ispiratore” della Operazione liberà . I giudici sottolineano che nel processo non si è indagato sulla provenienza della provvista “ma non vi sono dubbi che essa provenisse dalle risorse personali di Berlusconi”.
I magistrati avevano sottolineato l’enorme possibilità  dell’ex premier di gestire somme ingenti, ma “questo naturalmente non sminuisce la gravità  della vicenda. Per il Tribunale, riguardo de Gregorio, il reato non consisteva nell’aver ricevuto soldi per cambiare schieramento politico ma nell’aver “abdicato in cambio di denaro, precisamente di tre milioni di euro, alla libera e incoercibile facoltà  di scegliere se fare eventualmente anche tutto ciò, laddove egli lo avesse ritenuto meglio rispondente agli interessi della Nazione, o di non farlo nei casi in cui non ne ricorressero le condizioni”.
I giudici avevano affrontato anche il nodo cruciale della qualificazione giuridica del comportamento del parlamentare che agisce in cambio di soldi o altri vantaggi.
La vicenda non sarebbe accostabile ai frequenti “cambi di casacca” e salti della quaglia” che caratterizzano le cronache politiche.
“Solo una lettura superficiale e impropria — scrivevano — potrebbe condurre a una semplicistica equazione secondo cui le utilità  promesse o corrisposte in tutti questi casi e in numerosi altri analoghi possano essere intese come ‘pactum sceleris’, come corrispettivo di un accordo corruttivo.
“Quel che connota la corruzione, insomma — evidenziava il Tribunale — non è il corrispondere il denaro o altra utilità  e vantaggi economici e politici, nè che proprio questo influisca e determini le scelte e le alleanze dei politici, ma solo eunicamente l’aver il parlamentare rinunciato alla propria libera determinazione e scelta in cambio e in stretta e inscindibile correlazione con queste promesse e queste dazioni”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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POVERO BOSSI, LA SUA LEGA RIDOTTA AL NULLA DI SALVINI

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

E’ BASTATA LA COMPARSA DI PARISI, UN ESPONENTE DI CENTRODESTRA DALLE SEMBIANZE UMANE, PER DECRETARE LA FINE DI SALVINI….A BREVE PROVERA’ IL BRIVIDO DI CERCARSI   IL PRIMO IMPIEGO

Umberto Bossi compie 75 anni. Ha legato la sua vita a una sola cosa: la Lega Nord, il figlio che gli è riuscito meglio, va detto.
Dispiace che proprio in questi giorni il movimento abbia mostrato i suoi ultimi vagiti di vita. I tre giorni di raduno a Pontida hanno purtroppo evidenziato tutti i limiti della guida di Matteo Salvini.
E lasciato un’unica certezza, anche tra i militanti sul sacro prato: non c’è nulla all’orizzonte.
Il leader in felpa non sa dove andare. È solo slogan, senza neanche più la ruspa. E solo slogan vuoti.
Privi di prospettiva, concretezza, maturità .
Come si fa ad andare a cercare i voti in Sicilia e poi tornare a inneggiare all’indipendenza del Nord? Salvini sembra finito.
Ha deciso di non candidarsi sindaco di Milano la scorsa primavera per timore che qualcuno gli sfilasse la leadership del Carroccio. Ma non ha pensato a come legittimarsi nel tempo a capo del movimento. A
Pontida ha scandito il requiem della sua Lega. Ed è un peccato.
Certo, il declino è iniziato con i guai della famiglia Bossi, i diamanti in Tanzania di Francesco Belsito e la laurea del Trota in Albania.
Ma se non ci fosse stato un gruppo di politici delle seconde file bramoso di potere — per poi rivelarsi totalmente inadatto — Bossi sarebbe rimasto lì. E, col senno di poi, sarebbe stato meglio, molto meglio.
Quegli stessi politici che hanno alimentato le polemiche per sfilargli le chiavi di casa (sua, fra l’altro) avrebbero potuto stringersi attorno al Capo e proteggerlo capendo che cosi avrebbero protetto anche loro stessi.
Invece l’hanno fatto fuori per sostituirlo con Roberto Maroni. Che in 18 mesi da segretario ha usato il partito (le casse soprattutto) per la campagna elettorale personale a governatore della Lombardia, vincendo solo grazie a Forza Italia e Roberto Formigoni, e trascinando la Lega ai minimi storici.
Poi è stata la volta di Salvini. Che ha ereditato, va detto, una situazione disperata. Ha licenziato tutti i dipendenti, chiuso il giornale, azzerato ogni costo. E s’è buttato al sud e in tv. Ma la spinta è durata poco.
Una stagione televisiva di polemiche populiste sugli immigrati, centri sociali e altre baggianate. Contenuti zero.
Il commento sulla scomparsa di Carlo Azeglio Ciampi pochi giorni fa è stato un epitaffio. Per Salvini. Ormai ridotto a meteora.
Perchè sia così rapidamente finito nell’oblio è a mio avviso semplice. Non è cresciuto politicamente, si è sempre limitato ai soliti slogan, al presunto celodurismo, al notuttono.
Ma ha sempre avuto spazio e voce perchè era indicato (e ritenuto) come possibile leader dell’opposizione di centrodestra. È bastato che Silvio Berlusconi investisse Stefano Parisi (seppur perdente alle amministrative milanesi) per spostare subito i riflettori su di lui.
Con profonda soddisfazione da parte degli organi di stampa, fra l’altro.
Basta leggere il Corriere della Sera delle ultime settimane per comprendere a pieno quale e quanto bisogno ci fosse di un esponente di centrodestra con sembianze umane, capace di dialogare, confrontarsi con toni pacati e insomma presentabile.
Perchè le felpe e la ruspa, gli insulti e le boutade populiste, stancano.
E così finisce un movimento creato dal nulla da un signore stravagante che non aveva voglia di lavorare, che mentiva a famiglia e moglie (disse di essersi laureato in medicina e finse pure per mesi di andare a lavorare), un po’ cialtrone ma dotato di uno straordinario genio politico.
La Lega di Bossi, piaccia o no, ha segnato la storia del Paese perchè ha mostrato una parte della realtà  dell’Italia.
Ha dato voce a istanze concrete e necessità  reali di milioni di cittadini che si sentivano (e sentono ancora oggi) oppressi dallo Stato centrale e centralista.
Dopo Tangentopoli la Lega è stato l’unico partito tradizionale nell’accezione scientifica del termine, cioè dotato di valori condivisi da una base elettorale che si riconosceva in determinati simboli e specifiche istanze.
Io ho avuto la fortuna di seguire per anni Bossi e la vera Lega. E il Senatur era un genio, è innegabile. Anche dopo la malattia.
Ho avuto il privilegio di ritrovarmi tra i pochi giornalisti accolti al suo tavolo nelle infinite notti scandite da coca cola e sigari Garibaldi negli alberghi in cui alloggiava in giro per il Nord negli anni in cui era al governo.
Ce ne sarebbero una infinità  di cose da raccontare di Bossi e di quel suo innato, inconscio, naturale genio per la politica e la sua Lega.
E ancora a Pontida ha provato a rimettere la barra a dritta, a parlare onestamente con il suo popolo riunito sotto il palco e non dandogli solo slogan ripetitivi e vuoti, ma coinvolgendoli. Perchè la Lega era una famiglia.
Ma Salvini non ha capito e gli ha risposto con spocchia, rinfacciando al Capo i diamanti, Belsito, il Trota.
E trattando i militanti come menti vuote. “Non saremo più servi di nessuno”, gli ha saputo dire.
Dovrebbe andare da Bossi o da alcuni bravi parlamentari (e ce ne sono) della Lega a chiedere consiglio, confrontarsi, parlare.
Perchè se continua cosi gli toccherà  a breve provare il brivido di cercarsi il primo impiego.
Chissà , per lui che non hai mai lavorato in vita sua, questo potrebbe essere uno stimolo.
Povera Lega.

Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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SALVINI PRENDE DUE SBERLE ANCHE DA “AVVENIRE”: “NON SA NEANCHE DI COSA PARLA”

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

“DOPPIA IGNORANZA E MISTIFICAZIONE SU RATZINGER E PAPA FRANCESCO”

In un editoriale del direttore Marco Tarquinio, dal titolo ‘Giù le mani dai Papi’, il quotidiano di ispirazione cattolica parla di “doppia ignoranza” del segretario federale della Lega Nord in riferimento al discorso tenuto domenica dal palco di Pontida. Avvenire critica il fatto che Salvini abbia tirato in ballo due Pontefici, Benedetto XVI e Papa Francesco, con “la pretesa di giocare ‘politicamente”, mettendoli “propagandisticamente gli uni contro gli altri e facendo addirittura la caricatura del loro magistero”.
Scrive ancora Avvenire in riferimento a Salvini
“Doppia ignoranza e doppia mistificazione. La solita di chi, senza averlo mai letto e magari basandosi su alcune artate manipolazioni, continua a citare il discorso di Benedetto XVI a Ratisbona come una sorta di dichiarazione di guerra all’Islam, mentre si tratta di una mirabile e implacabile riflessione contro ogni ‘guerra santa’, sull’alleanza tra fede e ragione e sull’urgenza del ‘dialogo tra culture e religioni’. Ma anche la solita di chi tiene da matti a strillare il suo ‘non mi piace’ all’indirizzo di Papa Francesco che si ostina a predicare il Vangelo e a ricordare che Cristo ci ha insegnato a riconoscerLo nel povero, nell’ammalato e nello straniero”.
Avvenire chiama in causa il concetto di responsabilità  che dovrebbe appartenere a chi fa politica
“Responsabilità  di un politico è certamente anche quella di parlar chiaro, ma ancora più importante e addirittura decisiva per la sua credibilità  è la responsabilità  che lo porta ad avere almeno un’idea minimamente chiara delle questioni che affronta. Non si può dire che Matteo Salvini non parli chiaro, ma non si può nemmeno dire che sappia sempre quel che dice. Anzi, qualche volta è del tutto evidente che non   proprio di che cosa parla, ma fa lo stesso. E gli esiti sono disastrosi per lui”.

(da “Huffingtonpost”)

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DUE, NESSUNO…CENTOMILA ASSESSORI: ROMA ASPETTA, VIRGINIA FAI PURE CON COMODO

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

LA RAGGI SDOPPIA L’ASSESSORATO AL BILANCIO: “I NOMI? HO AVVIATO LA RICERCA”

Due assessori al posto di uno per Virginia Raggi anche se al momento non è ancora stato trovato nessuno.
“Di recente – ha detto il sindaco durante l’assemblea capitolina – l’assessore al Bilancio ha rassegnato le sue dimissioni. Da allora io, coadiuvata dalla giunta, ho avviato una ricerca su due nuovi assessori, perchè le deleghe che inizialmente erano previste in funzione di bilancio e patrimonio e un’altra separata per partecipate ritornano ad essere separate”.
“Sto visionando curriculum, sto esaminando persone – ha aggiunto Raggi – in questa ricerca abbiamo inizialmente nominato il procuratore generale De Domincis, successivamente alla nomina sono venute meno le condizioni politiche per il rapporto fiduciario, ragione per la quale questa ricerca è continuata, e nel più breve tempo possibile ma nel tempo necessario procederemo alla nomina di queste due nuove figure”.
A tre mesi dalle elezioni l’eletto sindaco non ha ancora una squadra.
Faccia con calma, in fondo Roma che fretta ha?

(da Huffingtonpost”)

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NEW YORK TIMES E GUARDIAN BOCCIANO LA RAGGI: “PARALISI AMMINISTRATIVA A ROMA”

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

“SINDACA IN AFFANNO, RISCHIA DI COMPROMETTERE LE AMBIZIONI ELETTORALI DEL M5S”

Prima il New York Times, poi il Guardian. In 24 ore due tra i più autorevoli quotidiani della stampa internazionale accendono il faro sulla “paralisi amministrativa” di Roma e sulla figura di Virginia Raggi, mettendo in evidenza l’impatto negativo che le difficoltà  della sindaca possono avere sull’ascesa del Movimento 5 Stelle a livello nazionale.
Non solo. Il caos in Campidoglio potrebbe avvantaggiare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in vista del referendum costituzionale.
Il New York Times è perentorio nel sottolineare il fatto che la Raggi “appare in affanno” e ricostruisce i tre mesi della sindaca al Campidoglio, ripercorrendo tutte le tappe delle sue vicissitudini.
Dal caso dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro, che ha coinvolto anche il vicepresidente della Camera e membro del Direttorio, Luigi Di Maio, ai rifiuti, al video dei bambini che giocano a contare i topi nel quartiere di Tor Bella Monaca.
“Quando la prima donna sindaco di Roma è stata eletta lo scorso giugno rappresentava la più alta aspirazione anti establishment del Movimento Cinque Stelle. L’avvocata 38enne con scarsa esperienza politica che si è presentata come la riformatrice dalle mani pulite appare in affanno”.
Il Guardian è sulla stessa lunghezza d’onda del New York Times
“Il caos nella Capitale potrebbe giovare un effetto domino sulla stabilità  politica del Paese e influenzare il voto sul referendum, l’esito del quale influenzerà  il futuro del premier Renzi”
Il quotidiano britannico riporta un commento di Giovanni Orsina, professore di Storia contemporanea all’università  Luiss. “La situazione è molto difficile. La città  è in ginocchio. I servizi pubblici, dalla raccolta dei rifiuti ai trasporti, non funzionano. E le lobby che li gestiscono sono così potenti che per contrastarle servirebbe un’azione politica radicale, ma lei (Raggi, ndr) non ne ha la forza”
Nell’analisi del Guardian si parla anche del nesso tra le difficoltà  dei 5 Stelle in Campidoglio e il referendum costituzionale.
“Con la crisi della destra, la più grande minaccia per il Partito democratico di Renzi è il M5S. Per mesi il Movimento ha cercato di proporsi come l’alternativa a Renzi, ma le difficoltà  di Raggi potrebbero spingere gli italiani a riflettere si i Cinque Stelle siano davvero pronti a guidare la nazione”.
Il finale, tuttavia, secondo il Guardian, è ancora tutto da scrivere perchè Renzi non è ancora “fuori pericolo”

(da “Huffingtonpost”)

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DIRETTORIO M5S A PEZZI: RISSA PER CHI DEVE SALIRE SUL PALCO A PALERMO

Settembre 20th, 2016 Riccardo Fucile

VETI INCROCIATI, SI SCATENA LA GUERRA A RAGGI E DI   MAIO … RUOCCO E LOMBARDI NON VOGLIONO LA SINDACA

Per la prima volta Beppe Grillo ha paura del palco. Non tanto per sè, guitto e attore navigato.
Quanto per chi dovrà  calcarlo a Palermo, chi si troverà  al suo fianco abbozzando un sorriso di circostanza che nasconderà  invece un rancore insanabile.
Nella tormentata storia pentastellata ci sono stati altri momenti segnati da traumi e difficili ricomposizioni.
Questa volta però la kermesse di Italia a 5 Stelle, nel capoluogo siciliano il prossimo week-end, sarà  più complicata da gestire. Perchè i veleni sono arrivati al cuore del M5S e lo hanno intossicato.
Il direttorio salirà  diviso sul palco e a nulla sembrano valere le preghiere di Grillo che continua a chiedere unità .
I veti incrociati, i capricci personali, a oggi ancora, rendono impraticabile pensare a una fotografia di tutti i big del M5S accanto al comico e magari a Virginia Raggi, ospite sgradita soprattutto per le donne della fronda più ortodossa.
Carla Ruocco non vuole salire sul palco accanto a Luigi Di Maio (e Alessandro Di Battista, ormai considerato un tutt’uno), e non vuole vedere la sindaca nemmeno a centinaia di metri di distanza.
Anche Roberta Lombardi, che coordina l’organizzazione di Italia a 5 Stelle, prima di cadere sotto la falce verbale di Grillo che ha frenato il suo j’accuse contro Raggi, aveva preteso che lei non fosse celebrata sul palco. Le hanno detto di accomodarsi in platea.
Se Raggi, come Grillo si aspetta, formalizzerà  il suo no alle Olimpiadi, sarà  accanto a Chiara Appendino e agli altri sindaci.
Tant’è che ieri il fondatore ha nuovamente postato un altro video di incoraggiamento della sindaca (solito messaggio: «Siamo sotto attacco, facciamo vedere chi siamo»), affidando a lei il lancio della due giorni siciliana.
Grillo, scontento per la scaletta dell’anno scorso a Imola, si sta occupando in prima persona degli ospiti internazionali. Il programma definitivo ancora non c’è, anche perchè, confermano fonti dello staff, le divisioni rendono difficile incastrare le apparizioni delle star grilline.
A Palermo, così, ci sarà  la plastica rappresentazione delle ferite nel direttorio, ormai svuotato di senso e destinato a cambiare forma.
La scena in fondo ne ripete un’altra di qualche giorno fa, quando a Nettuno, nelle ore terribili delle verità  nascoste da Di Maio, Grillo volle il direttorio con sè sul palco dell’ultima tappa del «Dibba-tour» per dare l’ìimmagine di un M5S unito.
Fu una finzione. Carlo Sibilia e Roberto Fico, a malapena sorridenti, faticarono ad abbracciare i compagni.
Ruocco lasciò furiosa la compagnia mentre ancora parlava Fico. E ora certo non aiutano le rivelazioni del libro Supernova , scritto da due ex 5 Stelle, in cui si racconta di una Ruocco intollerante contro i «ragazzetti incattiviti» (Di Maio e Di Battista) intenzionati a scalare il Movimento dopo la morte di Gianroberto Casaleggio. Rivelazioni che hanno scatenato la macchina del silenzio del M5S che ha obbligato tutti a tacere e a lasciar trapelare che si tratta solo di «squallidi pettegolezzi».
In attesa delle prossime puntate del libro, la Casaleggio ha fatto sapere che a breve sarà  annunciato il voto online per il nuovo regolamento che normerà  le espulsioni. Mentre il caos fratricida ha reso più opportuno allungare i tempi sul Non-Statuto e sulla delicatissima questione della proprietà  del simbolo.
Con il direttorio a pezzi, Grillo non è più così convinto di lasciarla ai parlamentari.

Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)

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