Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile FICO, RUOCCO E SIBILIA NON VOLEVANO NEANCHE ANDARE… DI MAIO E DI BATTISTA NON CONTROLLANO I GRUPPI PARLAMENTARI
La scaletta, da quelle parti, è sostanza, messaggio simbolico. “Apre Grillo”, “chiude Grillo”, sarà lui il matador, padrone di casa.
E questa è novità , dopo che, per dirne una, prima del comizio finale della Raggi a Roma, addirittura Dario Fo lo invitò a stare lontano dal palco, perchè, per come parla lui, avrebbe potuto spaventare qualche elettore.
“Apre Grillo”, “chiude Grillo”, il padrone di casa però non proporrà un ritorno alle origini, al vaffa, ai toni aggressivi, al chissenefrega del governo.
L’operazione è tutta qui, nella due giorni palermitana, l’Italia a Cinque stelle.
Nella bolgia di 100mila persone, 138 gazebo, dibattiti in stile agorà , modello “uno vale uno”, il fondatore, questo l’obiettivo, farà passare a modo suo, la svolta di governo.
Tenendo unito il Movimento nei toni, parlando alle corde più profonde, quella delle purezza e della “diversità ”. E rilegittimando Luigi Di Maio, la cui candidatura a premier non è in discussione. Ma va preparata, rafforzata, rivestita di un linguaggio più movimentista, dopo la fase delle lobby e delle ambasciate.
Ecco che, nel tardo pomeriggio di sabato, si materializzerà sul palco di Palermo il gruppo garante dell’operazione.
Sotto ci sono Fico, la Ruocco, Sibilia, contrariati, delusi, come racconta più di un parlamentare che ne ha raccolto gli sfoghi: “Parecchi non volevano andare a Palermo. Pizzarotti fa storia a sè, ma la frattura è profonda anche nei gruppo parlamentari”. Sopra il palco, per la prima volta, salirà Davide Casaleggio, che potrebbe ricordare ricordando il padre la cui immagine da bambino sognante, campeggia già sui manifesti.
E poi Di Battista, Di Maio, Grillo. È questa la vera chiusura politica, più del discorso di domenica. La foto dà l’idea plastica della riorganizzazione. Di fatto sancisce la fine del Direttorio, anche se ancora non si capisce se “l’annuncio di Grillo” riguarda la nascita di una nuova struttura.
La sensazione è che gli organigrammi, le questioni organizzative sono rimandate tutte per mancanza di accordo e per approccio di Grillo.
Perchè, in verità , molto è cambiato lì dentro. “Beppe non dirige, reagisce e si adatta per preservare l’unità di facciata del Movimento” sussurrano i ben informati.
L’unità , fondamentale in ogni partito, nei 5stelle è un totem che tiene assieme tutto. L’ultimo sondaggio arrivato da Pagnoncelli racconta che l’elettorato pentastellato perdona tutto — gaffe, errori — in nome dell’inesperienza e del “lasciateli lavorare”. Ma non perdona le divisioni che ricordano i partiti tradizionali, la guerra tra correnti, le ambizioni personali.
Ecco, Grillo lo sa e vuole alimentare questo mito della diversità , per ricomporre un’unità di facciata.
Di facciata perchè la verità è che la frattura, dopo il caso Roma, è irreversibile. Il direttorio non c’è più. Di Maio con la Ruocco e Sibilia si parla se proprio si incrociano nello stesso corridoio, altrimenti i rapporti sono allo zero assoluto. Racconta un parlamentare di peso: “La situazione dei rapporti di forza è questa. Dibba e Di Maio sono i più forti mediaticamente quindi se ne fregano della riorganizzazione, si chiami direttorio o altro. Ma i gruppi parlamentari non li controllano neanche loro dopo la morte di Casaleggio. Che succede di fronte a un caso di espulsione o di fronte a un casino? Chi ha la forza di imporre cosa? Anche perchè questa operazione su Di Maio premier spaventa molto. Secondo te mette in lista la Ruocco o la Taverna?”.
Musica, comizi, spettacolo mediatico, retorica movimentista copriranno ciò che in realtà è ben altro.
La svolta di governo è già compiuta e dentro le stanze dei bottoni lo streaming è spento.
Arriveranno a Palermo anche la Appendino e la Raggi, simboli del movimento che sa governare. E il no alle Olimpiadi copre tutto ciò che su Roma è irrisolto e ha alimentato la frattura: il caso Marra, l’indagine sulla Muraro, pure il nuovo caso Tutino, il magistrato indentificato come nuovo assessore al posto di Minenna e bollato come “casta” da Di Battista un paio d’anni fa.
Qualche vaffa ci sarà , come in tutti i comizi di Grillo, ma è un vaffa di governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile LA RAGGI VOLEVA L’EX MAGISTRATO TUTINO, MA E’ PROPRIO COLUI CHE DUE ANNI FA AVEVANO ATTACCATO… NESSUNA NOVITA’ PER IL CAPO DI GABINETTO, SUCCURSALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, MA TUTTI SI TIRANO INDIETRO
Il nuovo assessore può attendere. L’ingresso nella giunta Raggi sembrava imminente e invece slitta
ancora alla prossima settimana, nonostante l’annuncio liberatorio sia atteso anche alla kermesse di Palermo che comincia domani.
Il motivo principale sembra dovuto al fatto che la sindaca non possa più permettersi passi falsi. Per completare la squadra serve molta prudenza, controllare ogni virgola dei curriculum e scavare nel passato dei candidati.
Le nomine assessoriali ancora in bianco sono due perchè la poltrona del dimissionario Minenna sarà divisa tra due deleghe separando quella alle partecipate da quella al Bilancio.
Per il nuovo assessore che dovrà vigilare sulle casse comunali, la rosa è ormai stretta a tre-quattro nomi, anche se in cima alla lista c’è Salvatore Tutino, magistrato in pensione della Corte dei Conti ed ex direttore del Secit, il Servizio ispettivo tributario. Esperto di politica fiscale e tributaria sarebbe il preferito dalla sindaca che temporeggia per evitare nuovi inciampi e malumori nel Movimento.
Quello che potrebbe creare problemi è un precedente attacco rivolto dai parlamentari dei Cinque Stelle quando il governo lo nominò consigliere della Corte dei Conti.
E questa sarebbe la seconda ragione che spinge Virginia Raggi alla prudenza.
Era il dicembre del 2013, c’era il governo Letta e furono Carla Ruocco e Laura Castelli ad attaccare il governo insieme a un durissimo Alessandro Di Battista con un post di fuoco: “Mentre questo governo di ladri impoverisce il Paese e svuota persino le tavole natalizie di molti italiani, contemporaneamente, non perde occasione di fare nomine ad amici e lo fa in tempi davvero sospetti!” scriveva Dibba sui social. La materia dello scontro era il tetto di 300 mila euro sul cumulo di pensioni, vitalizi e stipendi pubblici che stava per essere approvato dalla legge di stabilità . Quelle nomine arrivarono prima e per i pentastellati fu l’occasione per inveire contro gli “esponenti della casta cui venivano garantite le poltrone”.
Anche la giornata di oggi è così passata senza nuovi annunci, anzi a raffreddare le indiscrezioni di stampa sui possibili candidati del resto della squadra.
Resta infatti ancora vacante la poltrona di capo di gabinetto, crocevia delicatissimo per il funzionamento della macchina amministrativa e vero punto dolente fin dal principio nelle scelte di Virginia Raggi.
Nella lunga lista di papabili di un giorno è spuntato l’ennesimo uomo con la divisa della Guardia di Finanza, quasi fosse una nursery per il Movimento 5 Stelle.
Dopo il rifiuto del generale Ugo Marchetti, l’ultimo in ordine di tempo è Gianluca Berruti, tenente colonnello delle Fiamme Gialle, le stesse da cui provengono Raffaele Marra e il suo vice Gianluca Viggiano, così com’è finanziere anche il capogruppo in consiglio comunale Paolo Ferrara.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile IL SINDACO DI PARMA ESCLUSO DA “ITALIA A 5 STELLE”: “NONOSTANTE L’ARCHIVIAZIONE DELLA MIA INDAGINE, E’ STATA CREATA LA SOSPENSIONE AD PERSONAM”… MA PER DI MAIO E LA RAGGI NON VALE
Non sarà a Palermo per Italia 5 Stelle, perchè nessuno lo ha invitato. Nè lui, nè gli attivisti di Parma.
Così, alla viglia della kermesse del M5S, il sindaco Federico Pizzarotti — ha affidato a Facebook un attacco ai vertici del movimento.
“Saluto e ringrazio tutti gli attivisti che mi hanno scritto in questi giorni, ma non parteciperò alla due giorni di Italia 5 Stelle — scrive — i vertici del Movimento hanno negato a #Parma, ai suoi consiglieri comunali e agli attivisti la possibilità di installare il gazebo informativo, al contrario di quello che è avvenuto nelle edizioni precedenti. Il gazebo non è soltanto un tendone e quattro aste, ma rappresenta e simboleggia l’esistenza del Movimento 5 Stelle nei vari territori“.
Secondo argomento dell’affondo: il mancato reintegro dopo che il 16 settembre il gip di Parma ha archiviato l’indagine a suo carico per le nomine al Teatro Regio: “Inoltre, e nonostante l’archiviazione della mia indagine, la sospensione perdura da oltre 100 giorni senza che nessuno si sia preso la briga di leggere cinque paginette cinque di controdeduzioni, una lentezza che neanche la burocrazia italiana: immaginiamola al governo. D’altra parte — scrive il sindaco all’attacco di Beppe Grillo — un garante che si mostra vicino ad alcuni e lontano da altri non può essere garante di nulla, nè può essere a garanzia di alcunchè. Un garante non parteggia mai. Parliamo poi di una sospensione che, lo sanno tutti ma si fa finta di niente, non esiste in nessun regolamento del Movimento. È stata creata ad personam“.
Secondo Pizzarotti, quello del Movimento è un problema di metodo: “Non si rispettano le poche regole che ci sono — prosegue il sindaco — mentre alcune vengono palesemente inventate per far fuori chi non è allineato. L’indifferenza non rende piccolo chi la subisce, ma chi la attua. Per quanto mi riguarda, e al contrario dei vertici, io posso guardare le persone negli occhi senza provare vergogna”.
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile DOPO NON AVER DIFFUSO FOTO DELLA PICCOLA, ECCO CHE COMPARE A MATTINO 5 SU CANALE 5
Prima uscita sul piccolo schermo di Ginevra, la primogenita della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni,
nata il 16 settembre.
L’immagine in esclusiva della bimba ( che non pubblichiamo per scelta, essendo una minore) è andata in onda durante la trasmissione di “Mattino 5”, tra i cui autori c’è il papà , Andrea Giambruno.
Lo scatto della piccola, avvolta in una copertina grigia, è stato poi diffuso anche via Twitter sulla pagina ufficiale del programma mattutino di Canale 5.
Se era sembrato strano che non fossero state diffuse foto della madre con la piccola, ora forse si spiega tutto: l’esclusiva era stata affidata alla trasmissione in cui il marito della Meloni e’ uno degli autori.
Finisce come era iniziata: annunciata durante l’evento mediatico del Family day, presentata in Tv sul canale preferito.
E’ la politica spettacolo, ragazzi.
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile I GRILLINI L’HANNO PROPOSTA MA LA TEMONO, ALTRI NON LO DICONO MA LA VORREBBERO
In questi giorni c’è un gran viavai davanti al ristorante Al Moro.
Nel locale dietro fontana di Trevi ha un tavolo fisso Denis Verdini (padre dell’Italicum prima versione).
Tra una portata e l’altra il senatore spiega ai suoi commensali — tutti prima o poi ci finiscono a tavola: renziani, berlusconiani, leghisti, solo i bersaniani preferiscono incontrarlo lontano da occhi indiscreti — la sua ultima passione in tema di legge elettorale. La cara, vecchia proporzionale.
Vista come unico antemurale all’avanzata dei Cinquestelle verso Palazzo Chigi.
Ma siccome il Verdini ha la passione dell’ingegneria elettorale e non si accontenta di riproporre semplicemente la legge con cui gli italiani hanno votato dal 1948 al 1994, quello che sta venendo fuori è un inedito. Un ibrido.
Via il ballottaggio, resterebbe il premio di maggioranza, ma per aggiudicarselo una coalizione o lista dovrebbe raggiungere almeno il 40 per cento dei voti.
Altrimenti tana libera tutti, i seggi verrebbero distribuiti con la proporzionale.
E la somiglianza, se le indiscrezioni fossero confermate, sarebbe in fondo più con la legge truffa del ’53 che con i vari maggioritari sperimentati dopo.
E’ chiaro a quel punto che la grande coalizione post-voto sarebbe obbligata, con un governo Pd-Forza Italia-Ncd-Ala.
Una sorta di nuovo arco costituzionale che terrebbe fuori solo le forze antisistema, grillini e salviniani sovranisti.
E in questo c’è tutto il paradosso della vicenda italiana.
La proporzionale, legge ufficialmente sponsorizzata dai Cinquestelle (nella loro versione detta Democratellum), viene studiata dagli avversari per tenerli lontani dal governo.
E gli stessi grillini, pur dicendo di volerla, sotto sotto sperano che resti l’Italicum con il ballottaggio che li farebbe vincere.
Quando si parla di legge elettorale tuttavia il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e, per un’eterogenesi dei fini, chi si fa una legge per suonare di solito finisce suonato. Capitò alla Dc con il Mattarellum, pensato dopo il referendum Segni del ’93 per arginare la Lega, che portò alla vittoria di Berlusconi del 1994.
Accadde con il Porcellum, escogitato dal governo Berlusconi alla fine del 2005 ma che l’anno successivo consegnò Montecitorio a una larga maggioranza di centrosinistra (ben 70 seggi di scarto), nonostante soli 24 mila voti di differenza, pari allo 0,07 per cento. Senza dimenticare in quello stesso 2006 la figura eroica di Mirko Tremaglia, che si battè tutta la vita per far votare gli italiani all’Estero e poi, quando finalmente ci riuscì, gli elettori scelsero la sinistra.
Insomma, la legge elettorale è una brutta bestia da cavalcare.
Perchè quando si sceglie l’ortopedia elettorale per raddrizzare un sistema politico, usciti dall’ospedale capita spesso di realizzare che a essere ingessata è la gamba sbagliata.
Francesco Bei
(da “la Stampa”)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile SPACCIA COME PIAZZA DEL M5S LA FOLLA DI UN CONCERTO DI DAVID GUETTA IN ROMANIA
Sarà probabilmente il minore dei problemi, ma è pur sempre una nuova grana in arrivo. 
Dopo le difficoltà a formare la Giunta e il tanto discusso no alle Olimpiadi, con tanto di ‘buca’ data ieri a Giovanni Malagò, per Virginia Raggi e il MoVimento 5 Stelle i guai non sono finiti.
Probabilmente il MoVimento sarà chiamato ad affrontare una piccola grana legale a causa dell’immagine di copertina scelta per la pagina di Virginia Raggi e per quella del M5S romano.
La prima pubblicazione, sulla pagina della sindaca di Roma, risale al 19 giugno, la domenica del ballottaggio.
Quella sulla pagina del MoVimento locale, invece, tre giorni dopo.
La foto di quella piazza gremita di gente, però, non c’entra nulla con il M5S e con Virginia Raggi, semplicemente perchè quelli non sono sostenitori pentastellati.
Lo spiega benissimo, in un commento, l’ungherese Pal Szilagyi: «Quella foto l’ho scattata io ad un concerto di David Guetta in Romania, non è una manifestazione politica».
Inconfutabilmente, l’uomo posta anche il link dell’immagine, scattata nell’agosto del 2015 a Cluj-Napoca, proprio durante l’esibizione live del dj francese.
Le condizioni di utilizzo, esplicitate alla perfezione, parlano chiaro: la foto può essere usata solo per fini editoriali, e non per scopi pubblicitari o promozionali.
Il commento, però, è stato cancellato dopo qualche ora.
Qualcuno, rispondendo a Pal, gli aveva anche suggerito: «Questo è un reato, dovresti quererarli».
Lascia perplessi un epic fail del genere da chi, come il MoVimento 5 Stelle, ha fatto dell’onestà , della trasparenza e della rete i propri capisaldi
Ma ormai la Raggi non finisce di collezionare brutte figure.
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile “LA SOLIDARIETA’ E’ UN DIRITTO E UN DOVERE, VIOLATA LA LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE CON MISURA SPROPOSITATA”… LE DUE RAGAZZE SI ERANO LIMITATE A FORNIRE INFORMAZIONI AI PROFUGHI
Il Tar ligure ha annullato il provvedimento del Questore di Imperia che, a fine maggio 2016, aveva imposto il rimpatrio obbligatorio con foglio di via a due giovani “no borders” solidali con i migranti in transito verso la Francia alla frontiera di Ventimiglia, accusate di essere “pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica”. L’impegno delle due ragazze era stato documentato da ilfattoquotidiano.it mentre erano intente a fornire indicazioni legali a un gruppo di migranti in arrivo alla stazione della città frontaliera: “Se avete le impronte nel sud Italia potete chiedere asilo (…) Chiedete un avvocato, ne avete diritto”.
Il giudizio di “illegittimità ” dei provvedimenti di rimpatrio con foglio di via è un’importante vittoria per il movimento “no borders”, le cui attività vengono riabilitate dalla sentenza, risultando perfettamente coerenti con quanto sancito dall’Art. 2 della Costituzione, ovvero che “la solidarietà non solo è un diritto ma è un dovere inderogabile dei cittadini” come sottolinea l’avvocata Alessandra Ballerini, che con il collega di studio Nicola Rossi ha difeso le due ragazze.
Entrando nel merito dei singoli casi, le accuse erano rispettivamente di “muoversi a bordo di un’autovettura con l’intenzione di raggiungere una manifestazione composta da migranti” e di “trovarsi presso l’oratorio della chiesa di San Nicola” in compagnia di alcuni migranti che si nascondevano dal rischio di trasferimenti forzati.
In base a questi episodi, il Questore ravvisava nell’agire di queste persone “manifesta pericolosità per la sicurezza pubblica”, imponendo a entrambe un allontanamento di tre anni non solo da Ventimiglia, ma anche da cinque comuni limitrofi, nei quali, come evidenziato dai giudici, non si sono mai tenute iniziative del movimento “no borders” e dunque non si ravvisano motivi che facciano “comprendere le ragioni” di tale contrasto con il principio di proporzionalità , tanto più grave quanto concernente un “diritto fondamentale, costituzionalmente garantito”, quale “la libertà di circolazione”.
Eccessiva, “irragionevole e sproporzionata” viene giudicata anche la durata di tre anni prevista dalla misura di prevenzione.
Il movimento no borders viene definito dal Questore come “sodalizio noto per agire in totale spregio delle leggi dello Stato”, ma questo viene ritenuto dai giudici un ulteriore elemento per sostenere che, dietro questi fogli di via, ci sia il “dissimulato scopo di contrastare le attività solidaristiche del cosiddetto movimento no borders”.
Per entrambe le misure di prevenzione, inoltre, la sentenza sottolinea come la Questura di Imperia abbia “omesso la doverosa comunicazione di avvio del procedimento”, senza neppure fornire le “necessarie e gravi motivazioni” che giustificherebbero questa omissione.
In base alle sentenze, il Ministero dell’Interno è stato condannato al pagamento delle spese processuali, per un ammontare di 800 euro, da rimborsare a entrambe le ricorrenti.
Leggendo sulle sentenze le storie di impegno delle due giovani assolte, emerge chiaramente quanto sia eterogeneo il cosiddetto movimento “no borders”, scomodo e sgradito perchè alle attività di supporto a assistenza legale, logistica e psicologica alle persone in viaggio, associano il monitoraggio del rispetto dei diritti umani, la puntuale denuncia degli abusi e la lotta politica per la libera circolazione, anche attraverso momenti assembleari e iniziative di protesta contro ordinanze come quella che, ancora oggi, vieta sul territorio di Ventimiglia la distribuzione di alimenti ai migranti “con risibili giustificazioni di ordine igienico e sanitario”, come sottolineano anche gli operatori della Caritas Intemelia.
“Da oltre un anno camminiamo assieme alle persone in viaggio, viaggiatori anche noi, clandestini tra clandestini, fratelli tra fratelli. Queste sentenze ribadiscono che non si può criminalizzare la solidarietà e non può essere reato sostenere i diritti umani” è questo il primo commento informale proveniente dall’area “no borders”, mentre nella giornata di oggi arriverà un comunicato su queste sentenze e su quelle che aspettano un’altra ventina di giovani solidali, tutti rimpatriati con il foglio di via con l’accusa di “mettere in pericolo la tranquillità pubblica”, secondo i criteri stabiliti dal regio decreto sulla pubblica sicurezza del 1931, e dalle “misure di prevenzione personali” previste dall’articolo 1 del decreto legislativo n.159 del 2011.
Pietro Barabino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile PRANZO AD ARCORE CON I BIG… IL NUOVO PROGETTO POTREBBE CHIAMARSI “PER L’ITALIA”
«Lasciamolo lavorare. Parisi è una persona seria, ci aiuterà ad allargare i confini di Forza Italia e riportare
al voto chi ci ha voltato le spalle».
Silvio Berlusconi, che già a luglio l’avrebbe voluto coordinatore del partito, ammette che l’ex direttore di Confindustria non scalda i cuori, non ha il suo carisma, ma non è un infiltrato, una quinta colonna dei nemici.
Come invece ha cercato di sostenere ieri Renato Brunetta all’ufficio di presidenza che si è svolto ad Arcore. Sì, perchè il capogruppo dei deputati azzurri avrebbe la prova che «Mr Chili» sia una sorta di cavallo di Troia: ne parlano troppo bene quelli che Brunetta chiama «i giornaloni».
Un ragionamento che non convince il Cavaliere e contrastato da Gianfranco Miccichè, coordinatore siciliano di Fi: «Ma ce l’ha prescritto il medico che dobbiamo sempre soffrire, scomparendo dalle cronache politiche? Vogliamo rimanere al 13%?».
Anche Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Francesco Giro pensano che finalmente ci sia una novità , una risorsa nuova spendibile per non farsi sopravanzare dalla Lega.
Senza per questo fare tabula rasa di coloro che sono rimasti in Fi e tenuto botta.
Il progetto di Parisi non è di farsi un suo partitino. Sta facendo quello che Berlusconi gli ha chiesto e che chiama «scouting»: un lavoro di scoperta, volti e persone concrete, portatori di idee ed esperienze professionali che vogliono impegnarsi con il centrodestra. Un lavoro per un programma di governo, credibile e fattibile.
Prima o poi questo esperimento politico confluirà in una Forza Italia rinnovata, forse anche nel nome.
Berlusconi da tempo accarezza «L’Altra Italia». Un’altra ipotesi gliel’ha suggerita Parisi: «Per l’Italia», rievocando quel grande «Per» che campeggiava alla convention di Milano. Ma è ancora presto per questo passaggio che dovrà varcare le forche caudine del referendum e della legge elettorale che ne conseguirà .
L’Italicum sarebbe la peggiore di tutte perchè costringerebbe i partiti del centrodestra in un solo listone.
L’ex premier vuole differenziare la sua area moderata del centrodestra e riportarla al comando della coalizione. «Non si vince con le posizioni della Lega».
Meglio il premio di maggioranza alla coalizione, ma senza il ballottaggio che potrebbe favorire i 5 Stelle, dunque.
«E se c’è una cosa che dobbiamo evitare assolutamente è che al governo vadano i grillini. Noi possiamo tornare a essere un’alternativa credibile a Renzi che sta facendo male in economia ed è ai margini dell’Europa».
Di Italicum e come cambiarlo se ne parlerà solo dopo il referendum e l’eventuale vittoria del no. E per far vincere il no, sostiene Berlusconi, «non basta il lavoro egregio di Brunetta: tutta Forza Italia deve essere impegnata».
In Fi più di uno ha letto in queste parole un modo per dire che il no interpretato solo da Brunetta è controproducente: rischia di favorire il sì.
«È vero che ancora non ha dato prova di fedeltà al progetto e alla storia di Forza Italia, ma lasciate lavorare Parisi», ha ripetuto Berlusconi che è tornato dopo mesi a partecipare attivamente a un vertice del suo partito dopo l’intervento al cuore.
Un pranzo con i vecchi tricolore di una volta. Prima un aperitivo in giardino, poi tutti dentro Villa San Martino, con il padrone di casa in forma.
Anche se a un certo punto ha ammesso che prima viveva come un quarantenne, ora è consapevole della sua età . Serve dunque cercare un candidato premier.
Cosa che potrebbe accadere molto presto se dovesse vincere il sì al referendum, perchè Renzi vorrà andare ad elezioni nel 2017.
E allora ben venga «Energie per l’Italia» di Parisi, che per ottobre sta preparando altri cinque appuntamenti in varie regioni come quello di Milano della scorsa settimana.
Se dovesse vincere il no, Berlusconi esclude di partecipare o sostenere un governo di scopo. È un’ipotesi che esclude anche Parisi al quale Berlusconi pensa come candidato premier di un centrodestra unito e competitivo.
Sempre che riesca ad animare l’area moderata della coalizione.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Settembre 23rd, 2016 Riccardo Fucile SENZA PIU’ LAVORO, E’ STATO ACCOLTO A CAMINI, BORGO CALABRESE RIPOPOLATO DAI PROFUGHI
Zaino in spalla, una pagina di giornale come biglietto da visita e la speranza di una nuova occasione: «È qui che date una mano ai migranti? Io sono italiano, ma non è mi è rimasto niente. C’è posto per me?».
Angelo racconta il suo inaspettato lieto fine tra i sorrisi e qualche lacrima di commozione, rigirando tra le mani i doni appena ricevuti dai suoi nuovi compaesani: una bottiglia di olio d’oliva e un paio di scarpe nuove.
Senza lavoro nè casa, dopo due giorni di viaggio in treno e una lunga camminata è arrivato da Torino a Camini, in Calabria.
A convincerlo ad attraversare il Paese senza nemmeno un euro in tasca è stata la storia – pubblicata in agosto da La Stampa – del borgo destinato a scomparire e ripopolato dai migranti. Come Riace, Gioiosa Jonica, Stignano, Benestare e altri comuni della Locride, anche Camini partecipa allo Sprar, il Sistema di protezione asilo e rifugiati gestito dal ministero dell’Interno.
Gli abitanti sono poco più di duecento, più 89 migranti arrivati da Siria, Iraq, Nigeria, Mali. Gli ultimi arrivati sono quaranta bimbi siriani, scappati con le loro famiglie dall’inferno della guerra.
Mentre i più grandi si preparano a frequentare la scuola elementare, Angelo Olivella, 58 anni, siciliano, corre su e giù per le stradine strette e assolate e dà una mano dove può.
Ha sempre lavorato come idraulico, e lo scorso agosto ha lasciato Licata, la sua città d’origine, per tornare a Torino, dove ha vissuto molti anni.
Un amico gli aveva promesso un lavoro, ma pochi giorni dopo il suo arrivo si è trovato senza nemmeno un posto dove dormire.
Così ha portato con sè la pagina di giornale capitatagli tra le mani per caso, ha deciso di tentare. «Se laggiù sono così buoni da accogliere chi non ha più nulla — si è detto -, forse avranno un posto anche per me».
«Ero al lavoro in ufficio, quando uno dei ragazzi mi ha detto che un signore mi stava cercando. Sono sceso, e davanti a me c’erano Angelo e il suo sorriso timido – racconta Rosario Zurzolo, che con la moglie Giusy gestisce il progetto di accoglienza diffusa -. Ci ha raccontato la sua storia, e che non mangiava da due giorni. Ne ho parlato con il parroco e il sindaco del paese, Giuseppe Alfarano, e insieme abbiamo preso l’unica decisione possibile».
Divorziato, ha un solo figlio che non sente più da tempo.
«Lui ha la sua vita, una bella famiglia, e non lo voglio rattristare con i miei problemi — racconta -. Qui sto bene, ho incontrato delle persone buone e sincere, come piacciono a me. Posso dare una mano con dei lavoretti, insieme agli altri ragazzi. Qualcuno parla già italiano, ma un modo per capirsi si trova. Non smetterò mai di ringraziare i miei nuovi amici».
«Non voglio illudere nessuno, e appena arrivato gli ho spiegato con chiarezza la situazione della nostra terra — continua Rosario -.
Per mangiare e dormire, nessun problema. In paese lo conoscono già tutti, e sono felici di offrirgli un caffè o ospitarlo per pranzo. Ma sa che trovare lavoro è molto difficile, c’è tanta gente che cerca un impiego senza trovare nulla».
Ora ha una stanza in un Airbnb della zona, e per sdebitarsi con il proprietario l’ha sistemata da sè, con una nuova mano di vernice.
Per le spese personali, Rosario gli passa ogni settimana una piccola somma: sono le stesse banconote colorate che i comuni della Locride usano come pocket money per i migranti, e che si possono spendere solo nei negozi del paese.
La sua preferita? Quella con Che Guevara.
«In questi giorni le famiglie e i ragazzi ospitati a Camini hanno raccolto mille euro per il terremoto del Centro Italia — racconta Rosario -. Le famiglie siriane hanno donato 50, 60 euro, un quarto di quel che ricevono ogni mese per tutte le loro esigenze. Nessuno pensa a se stesso, tutti vogliono aiutare i parenti che devono sopravvivere a guerre e fame. All’inizio non li volevo nemmeno accettare, ma poi ho capito: per loro era importante aiutare il Paese che li ha accolti».
Nadia Ferrigo
(da “La Stampa”)
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