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L’AUTOGOL DI CASA POUND: “CHI SCAPPA DALLA GUERRA ABBANDONANDO MOGLI E FIGLI NON MERITA RISPETTO”. E IL DUCE ALLORA?

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

UN ASSIST AGLI AVVERSARI: “MUSSOLINI LASCIO’ LA MOGLIE PER FUGGIRE AL NORD CON LA PETACCI, TRAVESTENDOSI DA TEDESCO”

“Chi scappa dalla guerra, abbandonando genitori, moglie e figli non merita rispetto!”: l’iniziativa per combattere l’immigrazione. di Casa Pound stavolta si è tramutato in un brutto autogol.
Si è trattato di una campagna fatta a base di striscioni appesi nottetempo in zone periferiche di varie città  italiane
Casa Pound li ha definiti “manifesti choc”, probabilmente credendo di dire qualcosa di inaudito, ma il fatto è che sono anni che sentiamo dire da chiunque si oppone all’arrivo degli immigrati e dei richiedenti asilo che non sono veri profughi perchè i ragazzi giovani non scappano dalla guerra (con il telefonino!) ma restano a combattere.
Le obiezioni sono molte, a partire dal fatto che lo status di rifugiato politico non viene concesso solo a chi scappa da un paese in guerra ma anche da chi fugge da persecuzioni di altro tipo (ad esempio dalle zone della Nigeria sotto il controllo di Boko Haram).
Quando la guerra viene combattuta nel modo atroce in cui si combatte in Siria e la tua casa è stata distrutta dalle bombe forse non hai alcun motivo per “combattere per la libertà ”, soprattutto quando questo significa combattere sia contro l’ISIS che contro le forze fedeli ad Assad.
Già , perchè nella visione di Casa Pound combattere per la libertà  significa stranamente stare dalla parte di un dittatore criminale che ha massacrato il suo popolo.
Ma la guerra in Siria non è — purtroppo — l’unico conflitto armato (nella regione l’ISIS è attivo anche in Iraq e c’è una guerra in Yemen) e quindi anche se in molti ritengono che in Africa non ci siano guerre la verità  è che la maggior parte dei conflitti sono proprio all’interno del continente africano.
La Libia deve ancora uscire dalla guerra civile, in Egitto il governo ha messo in atto una dura repressione dopo le proteste del 2011. In Nigeria c’è ancora Boko Haram (che è “affiliato” all’ISIS, per i più distratti).
Da dicembre 2013 è in corso una guerra in Sud Sudan, al-Shabab continua a colpire la popolazione civile in Somalia, il malcontento degli Oromo in Etiopia e la repressione brutale delle forze governative ha già  spinto molti ad abbandonare il paese e rischia di esplodere in un conflitto aperto.
In altri paesi come la Repubblica democratica del Congo e lo Zimbabwe si annunciano tempi di instabilità  politica che convincono chi può ad andarsene prima che esploda una guerra civile.
A questo va aggiunto il fatto che ci sono ovviamente anche migranti che fuggono dalla fame e dalla povertà  e vengono in Europa per avere una vita migliore.
Persone che dovrebbero semmai essere aiutate da chi si definisce “destra sociale” e non insultate.
Ma questi striscioni hanno anche fornito un assist sui social a chi ha potuto   far notare come anche Benito Mussolini abbia fatto esattamente la stessa cosa che secondo Casa Pound rende una persona automaticamente non degna di rispetto.
Il Duce infatti quando la Guerra era ormai perduta e le forze di liberazione avevano ormai preso Milano, invece che rimanere a combattere preferì lasciare moglie e figli per fuggire con l’amante Claretta Petacci verso Como travestito da soldato tedesco.
Del resto anche dopo la fuga da Campo Imperatore Mussolini invece che prendere parte alla difesa di Roma acconsentì a farsi proteggere dai nazisti in nord Italia, abbandonando la Capitale in mano alle forze d’occupazione tedesche.
Quando Mussolini fu fermato e ucciso a Dongo con lui non c’erano la moglie o i figli, perchè il Duce dopo aver abbandonato Milano per aggregarsi a Menaggio ad un convoglio della Whermacht che si stava ritirando verso Merano e successivamente sarebbe andato in Germania.
Questo per quanto riguarda l’abbandonare “moglie e figli” e travestirsi in modo da sembrare qualcos’altro (un soldato tedesco? Un profugo?).
Quindi che senso ha accusare un padre di famiglia di codardia solo perchè preferisce affrontare assieme alla moglie e ai figli un viaggio nel quale sa che le probabilità  di morire (annegati, uccisi, di fame, di freddo) sono decisamente elevate?
Casa Pound dimentica che i migranti non viaggiano a bordi di treni che arrivano sempre in orario, ma a bordo di gommoni che affondano e prendono fuoco, e che anche se non lottano contro il nemico, sono costretti a lottare contro gli abusi di scafisti e trafficanti di uomini che li trattano come bestie da macello.
I problemi seri non si possono affrontare con slogan e senza conoscere la Storia.
Si rischia di fare solo il gioco degli avversari.

(da “NextQuotidiano“)

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ROMA MULTISERVIZI, LE BALLE DELLA RAGGI SMENTITE DALL’ASSESSORE COLOMBAN: RISCHIO LICENZIAMENTO PER 4.000 LAVORATORI

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

IL PIANO SULLE PARTECIPATE DISATTENDE COMPLETAMENTE QUANTO PROMESSO DALLA GIUNTA GRILLINA, I SERVIZI ANDRANNO A GARA

«Multiservizi non si vende, si compra», diceva l’allora assessora Paola Muraro a nome della Giunta Raggi nell’ottobre scorso.
«Abbiamo la legge Madia arrivata tra capo e collo, dobbiamo ottemperare a questa legge, quindi una serie di società  saranno accorpate, altre dismesse, spero recuperando tutti i lavoratori. Ci vorrà  ancora un mese o due per terminare tutti i piani industriali. Le società  rimarranno 10-12, tra queste Roma Metropolitane. Su Multiservizi la sentenza e’ di due giorni fa, stiamo vedendo con gli avvocati come fare per salvaguardare l’occupazione. Queste ultime due aziende sono i casi più difficile dove il nostro primo problema è evitare che ci siano rischi per i lavoratori», dice oggi l’assessore alle Partecipate Massimo Colomban.
Non ci crederete: uno dei tanti “problemini” tra la Giunta Raggi e la realtà  sta per scoppiare in mano al MoVimento 5 Stelle romano.
Sta infatti per accadere quello che era ampiamente previsto.
Il M5S romano durante la campagna elettorale aveva promesso ai lavoratori di Roma Multiservizi che sarebbero stati assunti in AMA.
Nell’agosto scorso anche un ordine del giorno approvato dalla maggioranza grillina in Assemblea Capitolina ricordava alla sindaca che era necessario assorbirli nella municipalizzata dei rifiuti.
Poi la Raggi e la Muraro cambiarono idea: Roma Multiservizi sarebbe stata acquistata al 100% dal Comune
All’epoca c’era chi faceva notare che in questo modo si violava il piano di rientro del debito del Comune di Roma, ma chissenefrega.
Poi, a dicembre era arrivata la protesta dei lavoratori in Consiglio comunale al grido di “Buffoni buffoni”: «Te lo ricordi quando stavi all’opposizione e stavi in mezzo a noi?», gridavano all’indirizzo di Marcello De Vito quella sera i lavoratori, quando avevano scoperto che era andata deserta la gara in 5 lotti per l’affidamento in global service dei servizi necessari al funzionamento delle scuole di Roma Capitale.
Cosa è successo dopo?
È successo che alla fine il TAR ha annullato quel bando e l’assessore Colomban oggi ha spiegato cosa intende fare il Comune: «Su Multiservizi stiamo lavorando con gli avvocati a fronte della sentenza del Tar di due tre giorni fa che ci ha chiesto uno spezzettamento della società . Il nostro obiettivo è salvaguardare l’occupazione. Abbiamo la legge Madia arrivata tra capo e collo, dobbiamo ottemperare a questa legge, quindi una serie di società  saranno accorpate, altre dismesse, spero recuperando tutti i lavoratori».
Ora, inutile star lì a ricordare che la Madia è stata approvata nel dicembre scorso e quindi il Comune avrebbe dovuto o velocizzare al massimo le procedure per evitare di finirci dentro (ma sarebbe stato possibile?) oppure regolarsi di conseguenza.
Meglio segnalare la replica sul punto di CGIL, CISL e UIL: «La legge Madia non è ‘arrivata tra capo e collo’. Esisteva già  quando l’assessore Colomban ci ha ricevuti in Campidoglio. Il Comune di Roma inizi ad assumersi le sue responsabilità  e non faccia lo scaricabarile».
Il piano del Comune in ogni caso è ovviamente cambiato. Secondo Colomban si farà  una gara spezzettando il più possibile i bandi per i servizi oggi mantenuti dalla partecipata, e poi si chiederà  a chi vince di riassorbire i lavoratori facendole assumere dalle società  vincitrici. Possibile?
Alessandro Onorato della Lista Marchini fa notare l’ovvio: «Oggi Colomban ha detto chiaramente che i lavoratori della Roma Multiservizi potrebbero essere salvati solo dalla bontà  di chi si aggiudicherà  i mini-lotti del global service dando la colpa di tale scelta al Tar. Peccato, però, che il Tar abbia bocciato il tipo di gara fatto da Roma Capitale e non abbia mai detto quale strada seguire per garantire i livelli occupazionali e la qualità  dei servizi. Tale scelta spetta a chi amministra in Campidoglio. In campagna elettorale avevano promesso, per garantirsi i voti degli oltre 4.000 lavoratori e dei loro familiari, che ognuno di loro sarebbe stato internalizzato in Ama e l’hanno continuato a promettere fino a tre mesi fa, con tanto di mozione in Consiglio comunale votata da tutto il M5S. Salvo poi cambiare idea e formulare una nuova promessa anche questa disattesa: quella che la Roma Multiservizi sarebbe diventata al 100% di proprietà  del Comune di Roma. Oggi si rimangiano anche questo impegno dando la colpa alla legge Madia. Peccato che in nessun modo questa legge non permetterebbe di acquistare la parte privata della Roma Multiservizi per renderla pubblica al 100% garantendo così i livelli occupazionali e la massima qualità  del servizio per i romani. Colomban dà  il via libera a un nuovo bando a mini-lotti per la pulizia delle scuole, l’assistenza dei minori e disabili e sarà  vinto, come al solito, da cooperative e raggruppamenti di società , con il massimo ribasso. È inutile dire che questa procedura alimenta la disoccupazione, ormai in crescita inarrestabile basta vedere la fine di Almaviva, e peggiora la qualità  dei servizi».
È così che si intende tutelare la dignità  dei lavoratori?
Cgil Cisl e Uil sono pronti a scendere in piazza a fianco dei 4.000 dipendenti di Multiservizi. E di tutti i lavoratori su cui si stanno giocando partite poco chiare e unilaterali.

(da “NextQuotidiano”)

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SALVINI VUOLE CASTRARE IL NIGERIANO CHE HA MOLESTATO (E NON VIOLENTATO) UNA OPERATRICE DI UN CENTRO DI ACCOGLIENZA

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

PUO’ INIZIARE INTANTO CON   1.398.000 ITALIANI, AUTORI DI VIOLENZE SESSUALI NEL 2015, MAGARI DANDO LA PRECEDENZA A CHI VOTA PER LUI

E’ pomeriggio, un nigeriano di 26 anni, ospite del centro di accoglienza a Giugliano in Campania (Napoli) entra in un ufficio nel seminterrato dove è al lavoro un’operatrice. Ha una scusa pronta: deve chiedere informazioni per il permesso di soggiorno scaduto. Ma blocca la porta, sequestra la donna – per circa mezz’ora –   e la molesta, abbassandosi i pantaloni.
L’operatrice, 62 anni, non perde la calma, lo tiene a distanza e riesce a infilare un bigliettino sotto la porta: “Aiuto, avvisate i carabinieri” e a far entrare nella stanza altre persone. Una collega dà  l’allarme.
I militari   intervengono d’urgenza nell’hotel “Le Chateau”, usato come centro accoglienza nella zona di Varcaturo, liberano la vittima e bloccano il 26enne nigeriano, che dopo le formalità  di rito è stato portato nel carcere di Poggioreale.
Il nigeriano, a Napoli da settembre, ora è accusato di sequestro di persona e violenza sessuale, anche se non c’è stata la consumazione di un rapporto fisico.
Nella struttura di accoglienza di Varcaturo sono ospitati 85 migranti. Non si sono verificati episodi gravi nè ci sono state in passato tensioni tra abitanti della zona e residenti.
“Non mi ha violentata – racconta la donna –   si è abbassato i pantaloni e ha fatto cose sue. Ha raccontato che non aveva una donna da tre anni e chiedeva chiarimenti sul suo documento, scaduto oggi. Certo rimanere chiusa con lui non è stato piacevole, a un certo punto ha battuto anche i pugni sul tavolo. Ma non mi ha violentata, questo no”.
Su Facebook il segretario della Lega, Matteo Salvini,   attacca: “Un ‘bravo migrante’ africano, ospite (a spese nostre) di un centro di accoglienza per presunti profughi vicino a Napoli, ha sequestrato e violentato una operatrice della struttura che lo accoglie. È stato arrestato, ma non basta. Castrazione chimica e poi espulsione: questa deve essere la cura”.
Post a cui replica Roberto Saviano: “Lei è un irresponsabile e io la disprezzo”. “Secondo i dati Istat 2015 sono 652mila le donne che hanno subito stupri e 746mila le vittime di tentati stupri- scrive Saviano – Che facciamo Matteo Salvini, castriamo un totale di 1 milione 398mila stupratori? E gli italiani che sono tra questi dopo averli castrati dove li mandiamo? Qual è in questo caso la cura? La prigione per lei è sufficiente? I processi li facciamo o pratichiamo direttamente la castrazione? Dobbiamo tornare alla legge del taglione? È questo che prevede la campagna di odio razziale che porta avanti da sempre insieme al suo partito?. Lo sa che le donne maggiormente esposte a violenza fisica in Italia sono le straniere? E lo sa che sono in larghissima parte vittime di violentatori italiani? Ma come osa seminare odio in un momento storico tanto difficile? Oggi più che mai mantenere tranquillità  e sedare l’odio razziale è un dovere”.
Nel Comune di Giugliano, ed in particolar modo nella fascia costiera, spiega ancora il sindaco Poziello “da circa un anno e mezzo non ci sono ulteriori arrivi, se non ad integrazione dei posti lasciati liberi”. Una scelta di operare su numeri precisi di migranti accolti “anche per poter portare a termine piani di integrazione. Ma nessuna tolleranza per chi commette reati”
Solidarietà  e vicinanza “alla nostra amica operatrice”, condanna nei confronti del comportamento “del nostro connazionale” e, infine, un invito “agli sciacalli di professione ad inquadrare i fatti per come si sono realmente svolti, addebitabili a una sola persona e non a una comunità “.
Questo il commento di Omeliko Mike, presidente della Comunità  nigeriana in Campania, a quanto accaduto nell’hotel “Le Chateau”, centro accoglienza a Varcaturo, nel comune di Giugliano in Campania (Napoli), dove si è registrata l’aggressione nei confronti di un’operatrice del centro.
La Comunità  nigeriana di Napoli e della Campania evidenzia che “l’increscioso episodio, al vaglio dei magistrati, riguarda un connazionale che già  in precedenza si è distinto per una problemi   psico-caratteriali”.

(da “NextQuotidiano“)

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BERSANI METTE L’ELMETTO: “SE RENZI TIRA DRITTO, NOI FACCIAMO L’ULIVO”

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

INTERVISTA ALL’EX SEGRETARIO: “DAVANTI A UNA FORZATURA IL PD NON C’E’ PIU'”

Pier Luigi Bersani è in assetto da combattimento: “Ma guarda tu se devo leggere sui giornali quel che faccio la mattina. Le do la prima notizia. Non incontro Renzi, io parlo in pubblico. E mi piacerebbe farlo nel Pd, dove è preoccupante il restringimento degli spazi democratici”.
Seduto nel suo studio alla Camera, una pila di giornali sul tavolo, l’ex segretario va dritto al punto: “Se Renzi forza, rifiutando il Congresso e una qualunque altra forma di confronto e di contendibilità  della linea politica e della leadership per andare al voto, è finito il Pd. E non nasce la cosa 3 di D’Alema, di Bersani o di altri, ma un soggetto ulivista, largo plurale, democratico”.
Scusi Bersani, dice Renzi: il Congresso dopo il 4 dicembre siete voi, cioè la minoranza, che non l’avete voluto.
Cazzate. Scriva così che non si scandalizza nessuno. Vogliamo dirci la verità ? Per anticipare il Congresso servono le dimissioni del segretario. Evidentemente qualcuno non si vuole dimettere, e infatti il Congresso anticipato non l’ha mai proposto. Ora dico io: chiamalo come vuoi, Congresso, primarie, ma un luogo di confronto e di contendibilità  lo chiedo.
Dicono che per Statuto…
(Interrompe). Per l’amor dio Dio, non mi si parli di Statuto e cavilli. L’Assemblea in un partito è sovrana e può fare quel che vuole. Sia chiaro, serve una roba vera, non una gazebata. Non pretendo certo che si cambi lo Statuto come feci io, quando in nome della democrazia feci le primarie con Renzi. Si trovi il modo.
Subito, dice lei. Non dopo il voto.
Subito, per discutere come andare al voto. Nel Pd si è aperta una enorme questione democratica. Guardiamoci da fuori: un ciclo elettorale e politico si è chiuso, e lasciamo stare che abbiamo governato con i voti del 2013 e con un altro programma. Ora, dicevo, a conclusione di una fase vogliamo consentire la contendibilità  di linea, di progetto e di leadership come ogni partito in Europa? Abbiamo perso Roma, Torino, le amministrative, e si è detto “avanti così”. È arrivata una botta al referendum e si è detto “avanti così”. La Corte fa saltare l’Italicum e si dice “avanti così”. Avanti così. Come si può pretendere che chi non è stato d’accordo su scuola lavoro, eccetera, possa andare a fare in giro i comizi dicendo, votateci che non è successo niente? Direi che dobbiamo parlare di una cosetta che si chiama Italia, o no?
Parliamone Bersani.
Bene, io vorrei porre una serie di questioni, e avere una risposta. Risposta politica. A partire da questa vicenda della legge elettorale. Siamo passati in poche settimane da un sistema che era il record mondiale del maggioritario a un iper-proporzionale senza bussola, senza discutere.
L’ultima suggestione è estendere l’Italicum al Senato, così ci sono due leggi uniformi e si può votare.
Ripeto: una legge che garantisce l’ingovernabilità . Rende necessario un accordo con Berlusconi e neanche basta. Ma aggiungo, questo lo dovrebbe scrivere in grassetto nell’intervista: vanno tolti i capilista bloccati che portano a una Camera formata per il 70 per cento di nominati. E considero una provocazione allargare al Senato questo scempio. Possiamo discutere o no? E per favore: evitiamo le volgarità  dei discorsi sulle seggiole. Io, Speranza, altri abbiamo dimostrato che noi ai posti semmai rinunciamo, in nome delle battaglie sui principi. È offensivo dire che vuole posti chi sta dicendo che bisogna abolire l’aberrazione dei nominati.
Però Bersani, c’è un punto di fondo dietro la discussione sulla legge elettorale, con questo o quel modello. Che è la durata della legislatura.
Esatto, e infatti anche di questo si dovrebbe discutere. Il governo deve governare o no? Io dico di sì, senza darsi tante traiettorie: mettere in sicurezza alcune cose a cominciare dalle banche, correggere qualcosa degli errori fatti, ad esempio sul lavoro e sui voucher. Lo chiedo al presidente del Consiglio. Vuole governare Gentiloni? Ricordiamoci tutti che un presidente del Consiglio giura sulla Costituzione, non facciamo vedere un autolicenziamento in streaming alla direzione del Pd.
Però, Bersani, mi pare di capire che il ragionamento di Renzi sia: la legislatura dopo il referendum è finita, se andiamo avanti ci tocca fare una manovra lacrime e sangue, votiamo subito.
Vuole andare al voto per evitare Congresso, manovra, referendum della Cgil, evitare tutto… Ma uno che governa non è mica uno slalomista! Qualche paletto deve prenderlo. La sconfitta, andando avanti così, non è evitabile. Napolitano ha ragione, ma io non sto dicendo che non si può votare prima della scadenza naturale. Sto dicendo: andiamoci con ordine, dopo un Congresso e con una legge elettorale decente.
Renzi le risponderebbe che sono tutte chiacchiere, perchè chi vuole tirarla per le lunghe pensa solo al vitalizi.
Sono contento di questa domanda perchè è inaccettabile questa frase. Ci può star tutto nella vita, comprese le diverse opinioni, però se buttiamo anche a mare la dignità  del Parlamento non si capisce dove andiamo. Non può insultare il Parlamento. I vitalizi non ci sono più dal 2012 e ci sono qui dentro deputati 30enni che non sono qui ad aspettare i 65 anni per avere qualche euro di contributi. Non so se siano bersaniani o renziani: oggi ne ho visto qualcuno che piangeva. Gente onesta, perbene, che fa la politica perchè ci crede. Perchè non si vive di solo pane. Il rispetto conta.
Va bene, lei chiede un cambio di rotta: congresso, legge elettorale, governo. Ma se, come si dice in gergo, Renzi tira dritto, forza, ovvero va al voto in tempi brevi senza congresso, lei che fa?
Io prima di tutto combatto, sia chiaro. E mi aspetto di non essere il solo. C’è Renzi nel Pd, ma anche tanti altri. È ora che dicano qualcosa perchè così si va a sbattere e si dissolve il Pd. Chiedo che qualcuno apra bocca, perchè non ci si può nascondere al punto in cui siamo arrivati. Non sfuggo però alla domanda e le rispondo in modo molto chiaro: se chi ha la responsabilità  di decidere tira dritto, allora risponderà  del fatto che non c’è più il Pd.
Sta dicendo che se tira dritto la scissione la sta facendo Renzi?
Il concetto è questo, anche se io lavoro per evitarla. E aggiungo: in quel caso estremo non si aspettino, lo dico agli osservatori, che semplicemente avvenga qualcosa che assomigli a una rottura tra Margherita e Ds. Otto anni non son passati invano e l’idea del Pd risorgerebbe dalla ceneri, perchè è una idea buona. Un Pd a servizio di un’area larga, ulivista, plurale, può essere tradito: ma viene fuori da un’altra parte. Non nascerebbe, nel caso estremo, la Cosa 3 di Bersani e D’Alema, ma un soggetto largo, plurale, ulivista. In grado di interpretare quel pezzo di popolo che ha lasciato il Pd e la fase nuova che si è aperta.
Quella dell’anti-establishment.
Del ripiegamento della globalizzazione, di fronte alla quale è emersa una nuova destra sovranista, identitaria, populista. parafrasando Altan: quando alla nostra gente vengono in testa idee che non condividono, significa che sta nascendo una egemonia. Ecco, questa fase ci consente di sentirci gramsciani. Il rapporto tra andamento grande, tra le cose economiche e i modelli di pensiero, è chiaro e non puoi non combattere su quel terreno lì. Serve un campo di idee, non l’uomo forte. Trump otto anni fa chi era? Un miliardario circondato di donne, che nessuno avrebbe preso sul serio. Ora interpreta un bisogno di protezione, una nuova destra che rappresenta anche tute blu e ceto medio stremato dalla crisi. Se ci sono idee che funzionano, poi chi le interpreta arriva. La parola protezione la vogliamo declinare a sinistra o dobbiamo rassegnarci ai muri?
Il che significa finirla, anche in Italia con la narrazione della terza via
Abbiamo perso il contatto con la realtà . Non si capisce una cosa semplice: quando eravamo nella fase dell’espansione della globalizzazione, quel pensiero interpretava la realtà . La Terza Via, ci ha fatto anche vincere, ma ora è cambiata la fase. Si è visto al referendum: non c’è più la maggioranza silenziosa, il ceto medio moderato anni Novanta. Prevale una esigenza di protezione.
Sarebbe anche complicato per voi fare i comizi, magnificando jobs act e Marchionne.
E infatti non dovremo farli. Dovremo parlare di protezione, ma dovremo farlo sui diritti del lavoro, essenziali elementi del welfare universalistico, salute, sanità , fiscalità  progressiva. Insomma, sulle idee della sinistra, l’Ulivo.

(da “Huffingtonpost”)

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“MARINE LE PEN E’ UN’IMBROGLIONA”: IL PARLAMENTO EUROPEO LE TAGLIA LO STIPENDIO E BLOCCA I CONTRIBUTI AL GRUPPO

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

LA LE PEN FA LA VITTIMA DEL SISTEMA, MA I FATTI LA INCHIODANO: NON POTEVA FAR PAGARE AL PARLAMENTO EUROPEO PERSONE DELLO STAFF DEL PARTITO CHE NULLA HANNO A CHE VEDERE CON L’ATTIVITA’ A STRASBURGO

«Marine Le Pen è un’imbrogliona che non rispetta le regole e ora deve rimborsare 300mila euro di soldi dei contribuenti europei. I cittadini non possono più tollerare questo tipo di abuso», parole e musica di Manfred Weber, presidente del gruppo del Ppe al Parlamento Europeo che ha attaccato la leader del Front National dopo che il partito di estrema destra ha rifiutato di restituire all’Europarlamento i fondi che secondo Strasburgo la Le Pen avrebbe sottratto ai contribuenti europei per pagare due finti collaboratori parlamentari.
Marine Le Pen si è difesa dicendo che la richiesta dell’Europarlamento è “una decisione unilaterale presa da oppositori politici”
A rivelare il retroscena della vicenda è stato il quotidiano economico francese Challenges che ha pubblicato i documenti della richiesta da parte del Parlamento Europeo di restituzione di quasi 300 mila euro che il partito della Le Pen avrebbe incassato indebitamente.
La richiesta, datata 9 dicembre 2016 aveva come termine di scadenza il 31 gennaio e ma il Front National ha deciso di non pagare e così la Le Pen potrebbe vedersi decurtato del 50% lo stipendio da europarlamentare.
I fatti contestati alla Le Pen risalgono al periodo tra il 2011 e il 2012 quando secondo l’accusa la leader del partito ultraconservatore francese avrebbe utilizzato dei fondi destinati per pagare assistenti parlamentari all’Europarlamento per stipendiare membri dello staff del Front National che nulla avevano a che vedere con l’attività  legislativa di Strasburgo e Bruxelles.
In particolare il denaro (298.500 euro) dei contribuenti europei sarebbe stato utilizzato per pagare lo stipendio di Catherine Griset, un’amica della Le Pen diventata capo del suo staff e che ha mantenuto quel ruolo dal 3 dicembre 2010 al 15 febbario 2016.
Secondo le regole europee sul personale dell’Europarlamento sarebbe stato necessario che la Griset lavorasse principalmente nelle due sedi dell’Europarlamento ma la maggior parte del tempo lo trascorreva negli uffici di Nanterre del Front National occupandosi quindi di faccende non connesse all’attività  di europarlamentare della Le Pen.
Altri 41.554 provenienti dagli stessi fondi sarebbero stati utilizzati invece per pagare Thierry Lègier, la guardia del corpo personale della Le Pen.
Per questa seconda tranche di denaro la Le Pen ha tempo fino a fine febbraio per effettuare il rimborso.
La richiesta del Parlamento Europeo è nata in seguito ad un’inchiesta condotta dall’Olaf, l’Ufficio anti frode della Commissione Europea iniziata nel marzo del 2015.
Olaf ha accertato come la Le Pen non sia stata in grado di fornire prove che le due persone assunte con i soldi destinati al pagamento del personale dei deputati europei siano effettivamente stati spesi per pagare due dipendenti che hanno svolto una qualche forma di attività  a Strasburgo e a Bruxelles.
Ci sono invece prove che la Griset abbia lavorato per la maggior parte del tempo ad occuparsi degli affari del partito a Nanterre dove ha sede il quartier generale del FN.
A quanto pare non è la prima volta che il Front National finisce per usare in maniera indebita i fondi dei contribuenti europei, anche il padre di Marine, Jean-Marie Le Pen e il veterano del FN Bruno Gollnisch sono stati accusati di aver utilizzato in maniera indebita i fondi per gli stipendi destinati agli assistenti all’Europarlamento.
A Le Pen padre e a Gollnisch l’accusa ha richiesto il rimborso di somme simili a quelle contestate a Marine: 320 mila euro per fondi spesi in maniera impropria tra il 2009 e il 2014 dal fondatore del FN e 380 mila euro per il secondo.
Complessivamente quindi il Front National rischia di dover restituire quasi un milione di euro, ma più che altro la vicenda va a danneggiare l’immagine dell’integerrimo partito che lotta contro gli sprechi dell’Unione Europea e che sogna l’uscita dall’euro e il ritorno alla sovranità  monetaria.

(da “NextQuotidiano”)

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INEVITABILE L’IMPEACHMENT PER TRUMP, SOLO QUESTIONE DI TEMPO

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

GIURISTI AL LAVORO, REPUBBLICANI PRONTI A SCARICARLO, PETIZIONE CON 400.000 FIRME IN POCHI GIORNI

Trump sta provando a governare basandosi sull’impulso, i capricci, le vendette personali, il proprio tornaconto, le ordinanze – come se fosse stato eletto dittatore. Non funziona, e la situazione gli sta sfuggendo di mano.
L’impeachment sta guadagnando terreno perchè è l’unico modo di mandarlo via e perchè orde di Repubblicani stanno già  lasciando solo questo presidente; perchè è psichiatricamente incapace di verificare se una cosa è legale o meno prima di farla
L’impeachment sta guadagnando terreno perchè è lampante che Trump non è adatto a questa carica. Gli adulti che lo circondano, anche i più servili e devoti, passano metà  del loro tempo a cercare di tenerlo sotto controllo, ma non possono riuscirci.
L’altra metà  del tempo la trascorrono a rispondere alle telefonate nervose di capigruppo repubblicani, èlite imprenditoriali e leader stranieri.
Che ha fatto Trump? Il povero Reince Priebus (nuovo capo di gabinetto di Trump) ha finalmente raggiunto l’apice del potere, ma non c’è niente di divertente
Un conto è vivere nella tua realtà  quando sei solo un candidato e sono tutte chiacchiere. Puoi prendere in giro le persone per un tempo sufficiente finanche a farti eleggere. Ma quando cerchi di governare in quel modo, ci sono dei fatti dietro quella realtà . E la realtà  ti respinge.
Una dopo l’altra, Trump ha emanato ordinanze impulsive, non passate al vaglio di uno staff legale, strategico o politico, nè sostenute da una pianificazione seria.
In men che non si dica, un mix di pressioni politiche e legali lo costringeranno a fare un passo indietro, insieme alla realtà 
A differenza delle varie dittature che Trump tanto ammira, la matassa intricata di controlli costituzionali legali e politici sulla tirannia negli Stati Uniti resiste ancora – a volte ci riesce a malapena, ma resiste.
E più l’atteggiamento di Trump si farà  sconsiderato, più i controlli diventeranno severi.
Soltanto con il suo folle tentativo di bandire i rifugiati in modo selettivo (ma non dai paesi culla di terroristi come l’Arabia Saudita e l’Egitto, dove Trump ha interessi commerciali) Trump ha scoperto che il sistema americano è dotato di tribunali. Tribunali. Pensate un po’.
Più diventa folle, meno i giudici conservatori saranno disposti a fare da leccapiedi alle consuete politiche repubblicane, come invece hanno fatto troppo spesso in passato. C’è qualcuno che vuol scommettere che la Corte Suprema sarà  la puttana di Trump?
La settimana scorsa, i repubblicani, a partire da Mirch McConnell si sono affrettati ad esprimere il loro dissenso verso il punto di vista di Trump su Putin.
Hanno ridicolizzato la sua delirante rivendicazione di un’enorme frode elettorale.
Corrono ai ripari per capire come abolire l’ObamaCare senza uccidere i pazienti o le speranze di rielezione dei repubblicani.
È una situazione davvero complicata, e le sottigliezze non sono certo il punto forte di Trump.
Il repubblicano Tom McClintock della California ha parlato a nome di tante persone, avvertendo: “Faremo meglio ad assicurarci di essere preparati a convivere con il mercato che abbiamo creato” ha dichiarato il repubblicano Tom McClintock (California) a proposito dell’abrogazione del piano di Obama.
“Sarà  denominata Trumpcare. I repubblicani saranno chiamati a risponderne in toto, e saremo giudicati alle elezioni tra meno di due anni”.
Il senatore Lindsey Graham, prendendo in giro l’uso isterico che Trump fa di Twitter, ha postato un tweet in cui definiva un’eventuale guerra commerciale col Messico “mucho sad” (mucho triste).
Perfino il senior staff di Trump è stato costretto a trattenerlo dalla sua ridicola crociata contro il Messico ed i messicani. Crociata in cui Trump un giorno costringe il presidente messicano a cancellare una visita ufficiale, e il giorno dopo passa un’ora al telefono ad arruffianarselo.
Trump ha proposto il ripristino della tortura, ma i principali leader repubblicani hanno affossato quest’idea. Mercoledì, il Senatore John Thune ha affermato che l’abolizione della tortura è un caso di giurisprudenza consolidata e che i repubblicani al Congresso si opporranno ad ogni tentativo di ripristino.
Anche il segretario della Difesa di Trump è dello stesso avviso. Dopo aver sventolato ai quattro venti la sua nuova politica di torture, Trump ha umilmente accettato di rinviare la questione ai suoi consulenti alla difesa.
Tutto questo in una sola settimana! Conclusa dai giudici federali che stanno iniziando a tenerlo a freno.
Free Speech for People ha lanciato una campagna pubblica per mettere Trump in stato d’accusa. Sono circa 400.000 le persone che hanno già  firmato la petizione per l’impeachment.
Il gruppo bipartisan Citizens for Responsibility and Ethics di Washington, (CREW) ha condotto un’indagine approfondita.
I giuristi associati a CREW hanno presentato una dettagliata memoria nella loro azione legale, illustrando le diverse violazioni di Trump alla Emoluments Clause, clausola che proibisce ad un presidente di trarre vantaggio dalle azioni di governi stranieri.
Ci sarebbe molto altro a giustificare l’impeachment, incluso il fatto che Trump stia mettendo i suoi interessi commerciali prima di quelli del paese, oltre alla sua misteriosa alleanza opportunistica con Vladimir Putin che sfiora il tradimento.
Una legge meno nota, che va oltre l’Emoluments Clause, è lo STOCK Act del 2012, che vieta esplicitamente al presidente e ad altre cariche di trarre vantaggi da informazioni non pubbliche.
L’impeachment, naturalmente, è un procedimento giuridico e politico. I padri fondatori lo hanno concepito in questo modo volutamente. Dopo una sola settimana in carica Trump ha abbandonato la Costituzione, ma i suoi alleati sostenitori stanno abbandonando lui.
Nonostante le sue inquietanti stranezze, i repubblicani pensavano di poter sfruttare Trump per i propri scopi. Ma dal sostegno a Putin all’ auspicio di una guerra commerciale generale, si evince che non siamo di fronte ad un repubblicano.
Nel 1984, lo psichiatra Otto Kernberg ha descritto una malattia conosciuta come Narcisismo Maligno. A differenza del narcisismo comune, si tratta di una grave patologia. È caratterizzata dall’assenza di coscienza, da una patologica ricerca di potere e grandiosità  e da un’inclinazione sadica alla crudeltà . Dato il rischio evidente che corrono la Repubblica, ma anche i repubblicani, la procedura di impeachment di Trump ci sarà .
L’unica domanda è quanto sarà  grave la catastrofe che l’America dovrà  affrontare prima.

Robert Kuttner
editore de ‘The American Prospect’

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“MIA MADRE’ E’ MORTA PER COLPA DI TRUMP”: POTEVA ESSERE SALVATA NEGLI USA, BLOCCATA IN AEROPORTO

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

UN CITTADINO AMERICANO DI ORIGINE IRACHENA, EX INTERPRETE DELLE FORZE SPECIALI USA: “MIA MADRE REGOLARMENTE RESIDENTE NEGLI USA, RIENTRAVA PER ESSERE   CURATA , E’ MORTA IL GIORNO DOPO ESSERE STATA BLOCCATA IN AEROPORTO”

“Mia madre è morta per colpa del blocco anti-migranti di Donald Trump”.
E’ durissima l’accusa di Mike Hager, cittadino statunitense, di Detroit e interprete dell’esercito americano durante la guerra in Iraq nel 2003.
“Hanno distrutto la nostra famiglia, non ci posso credere”, è stata la sua reazione in un’intervista al canale tv Fox 2.
La storia di Hager è emblematica per capire quanto possa essere pericolosa una misura draconiana e indiscriminata come la recente stretta del neopresidente contro gli arrivi di qualsiasi immigrato da sette paesi a maggioranza musulmana: Iraq, Siria, Libia, Iran, Sudan, Somalia e Yemen.
Perchè la storia di Hager è drammatica.
Arrivato in America come rifugiato con la sua famiglia quando era ancora un ragazzo dopo la guerra del Golfo, è diventato presto cittadino statunitense.
Sua madre Naimma, invece, era residente regolare negli Stati Uniti dal 1995. Ma tutto questo non è bastato.
Perchè poche settimane fa Naimma, 75 anni, era tornata per un breve periodo in Iraq, ma si era ammalata. Hager, allora, aveva preso subito un aereo per andare a prenderla nel suo paese natale e portarla negli Stati Uniti per curarla e salvarle la vita.
Ma Naimma non ce l’ha fatta. Perchè, una volta arrivati all’aeroporto in Iraq, la compagnia aerea, a differenza del figlio, non le ha permesso di imbarcarsi. Dopo un giorno, Naimma è morta.
“Mia madre ce l’avrebbe fatta se me l’avessero fatta portare in un ospedale americano. Invece è morta, a causa di Trump”.
Eppure Hager era un cittadino americano modello. Ora ha una piccola azienda a Detroit, nel Michigan, nel 2000 era tornato in Iraq dove è stato contractor per le forze speciali statunitensi dal 2003 al 2008 come inteprete e mediatore culturale.
Nella circostanza, è stato ferito anche alla schiena da un colpo di arma da fuoco. Ma tutto questo non è bastato per far salvare la vita di sua madre.

(da agenzie)

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RAZZISTI INCENDIANO LA MOSCHEA E GLI EBREI CONSEGNANO AGLI ISLAMICI LE CHIAVI DELLA LORO SINAGOGA PERCHE’ POSSANO PREGARE

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

IN UN PAESE DEL TEXAS, UN NOBILE GESTO CONTRO CHI VUOLE SOLO DIVIDERE GLI AMERICANI, SEMINANDO ODIO

Venire discriminati per le proprie idee, la propria etnia e la propria religione è un qualcosa che lascia un segno profondissimo nella storia di una comunità  e di ogni individuo, ma dà  anche la forza di immedesimarsi nei dolori e nelle storie altrui.
Lo hanno capito bene gli ebrei residenti a Victoria, un piccolo paesino del Texas, che hanno visto turbato l’equilibrio della zona dalla distruzione della locale moschea e hanno deciso di agire con un gesto di profonda solidarietà .
La struttura del Victoria Islamic Centre è stato spazzato via sabato 28 gennaio da un incendio doloso appiccato per motivi discriminatori, in base a quanto sospettato dagli inquirenti.
L’episodio è stato un duro colpo per il piccolo paesino, tanto che la comunità  ha sentito la necessità  di reagire e far capire che la maggioranza degli abitanti non appoggia minimamente l’atto criminale.
In particolare, i credenti ebraici hanno voluto fare un gesto di grande fratellanza, abbattendo qualsiasi tipo di muro ideologico e religioso.
Grazie a loro, infatti, i musulmani avranno un luogo di culto in cui pregare in attesa della ricostruzione della moschea: la locale sinagoga (o, meglio, il tempio Bnai Israel).
Come spiega il rabbino Robert Loeb, tra l’altro, “qui tutti conoscono tutti. Io, poi, sono amico di molti membri della moschea e noi stiamo soffrendo per quanto accaduto loro. Quando succedono certe cose, bisogna essere unti”.
Del resto, a Victoria la comunità  ebraica è minoritaria rispetto a quella islamica. Tuttavia, gli ebrei d’America godono di ampi spazi nella cittadina del Texas: “Siamo all’incirca 25 o 30 persone, mentre la comunità  islamica conta più o meno 100 membri. Abbiamo molti fabbricati per un numero ridotti di ebrei” ha specificato il rabbino.
“I fratelli ebrei sono venuti a casa mia dopo l’incendio” racconta Shahid Hashmi, uno dei fondatori del Victoria Islamic Centre. “Mi hanno consegnato le chiavi della sinagoga” ricorda poi.
Per la ricostruzione della moschea è stata anche lanciata una campagna di raccolta fondi online, che in pochissime ore ha portato alla donazione di quasi un milione di dollari.
Omar Rachid, l’uomo che ha lanciato la campagna sulla piattaforma GoFundMe, si è detto incredulo per tanta solidarietà : “I nostri cuori sono pieni gratitudine per il grandissimo supporto che stiamo ricevendo” specifica.
“Amore, parole di incoraggiamento, mani che aiutano e contributi finanziari sono esempi del vero spirito americano” precisa poi Omar.
Tutto questo sta infatti accadendo in una nazione che ha ospitato veementi proteste contro il Muslim Ban voluto da Donald Trump e contro la stretta oltranzista della presidenza a stelle e strisce. Nel vicino Canada, poi, la comunità  islamica è stata scossa dalla strage alla moschea di Qebec City.
Un periodo davvero negativo nell’estremo Occidente per chi è di fede islamica, ma che a Victoria stanno cercando di rendere più lieve.

(da “Huffingtonpost”)

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SCANDALO MARINE LE PEN: 340.000 EURO DI FONDI UE USATI ILLECITAMENTE, IL FN COINVOLTO PER UN MILIONE DI EURO

Febbraio 1st, 2017 Riccardo Fucile

HA USATO QUELLA CIFRA DI FONDI EUROPEI PER RETRIBUIRE DUE GUARDIE DEL CORPO CHE NON SONO MAI STATE A STRASBURGO… ANCHE ALTRI EURODEPUTATI DEL FN, TRA CUI GOLLNISCH E JEAN MARIE LE PEN HANNO SOTTRATTO ALLE CASSE CIFRE ANALOGHE…. SI FACCIANO FARE IL CAMBIO IN RUBLI E MANDINO IL CONTO A PUTIN

I soldi dell’Europarlamento per pagare la guardia del corpo.
È uno dei dettagli del nuovo scandalo intorno al denaro pubblico incassato da Marine Le Pen e che in teoria doveva servire per il lavoro dei suoi assistenti parlamentari a Strasburgo.
La realtà  sembra molto diversa, come hanno accertato gli investigatori dell’Olaf, l’ufficio europeo per la lotta antifrode che ha chiesto alla presidente del Fn di rimborsare oltre 340mila euro.
La scadenza per la restituzione dei fondi era fissata ieri sera, ma Le Pen si è rifiutata di pagare e ha sporto denuncia contro l’Olaf, ritenendo la richiesta una ‘persecuzione degli eurocrati’.
Sotto accusa c’è lo stipendio versato a Catherine Griset, storica collaboratrice di Le Pen, che figura come assistente negli elenchi dell’europarlamento tra il 2010 e il 2016, con un reddito complessivo di 300mila euro.
Peccato che Griset non abbia mai messo piede nè a Strasburgo nè a Bruxelles, come rivelato dall’inchiesta.
Griset era invece prima assistente personale di Le Pen e poi il suo capo di gabinetto, lavorando nella sede del partito a Nanterre, a nord di Parigi.
Il caso di Thierry Lègier è ancora più curioso: lo storico bodyguard di Jean-Marie Le Pen e ora di Marine è stato assunto a tempo parziale per qualche mese nell’autunno 2011, per una cifra di 41mila euro.
Anche in questo caso non ci sono prove dell’attività  di Lèger all’Europarlamento.
Da oggi l’amministrazione europea procederà  d’ufficio al recupero delle somme: pignorando il fondo rimborsi di Le Pen (4342 euro mensili) e decurtando il suo stipendio (da 6200 a 3100 euro).
L’Olaf ha aperto procedimenti contro altri eurodeputati del Fn, tra cui Bruno Gollnisch e Jean-Marie Le Pen, accusati di aver sottratto alle casse dell’europarlamento somme simili a quelle della Presidente
In totale, l’Olaf reclama più di un milione di euro al partito di estrema destra.
Uno scandalo imbarazzante in piena campagna elettorale. Marine Le Pen ha spesso denunciato l’affarismo e la corruzione del ‘sistema’.
Ora si ritrova al centro di accuse simili a quelle che sono toccate ad altri esponenti politici francesi, tra cui Franà§ois Fillon.

(da agenzie)

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