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DALL’APPUNTAMENTO DAL NOTAIO ALLA CASA DI APPUNTAMENTO CON DI MAIO: STORIE DI ORDINARIA PROSTITUZIONE DEL CENTRODESTRA ITALIANO

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

E ALLA FINE IL PARADOSSO: NE ESCE MEGLIO CHI E’ CONOSCIUTO COME PUTTANIERE …. CHI VOLEVA CHE BERLUSCONI FIRMASSE IL PATTO ANTI-INCIUCIO E’ STATO IL PRIMO A TRADIRE

Era il 18 febbraio quando al cinema Adriano andava il scena la commedia “Io non tradisco”, regia della confraternita di Giorgia Meloni.
Dopo mesi di menaggio sul fatto che Berlusconi sarebbe stato pronto a nuovo patto post-elettorale del Nazareno con Renzi, Giorgia Meloni voleva andare dal notaio per firmare un patto anti-inciucio con il quale i tre leaders del centrodestra si impegnassero solennemente a “non partecipare a patti di governo che tradiscano il programma condiviso con gli alleati del centrodestra italiano”.
Salvini per settimane sostenne l’iniziativa della Meloni, facendo intendere che Berlusconi era restio a firmare per chissà  quali oscure trame.
Il 18 febbraio al cinema Adriano la Meloni firma da sola, insieme ai suoi candidati, perchè Berlusconi aveva da tempo sostenuto che tra galantuomini “conta la parola e una stretta di mano”, non la firma dal notaio, mentre Matteo Salvini , con la scusa italica di un impegno improvviso, dette buca nel modo più a lui congeniale, ovvero dandosela a gambe.
Quella mattina la Meloni disse: “Mi dispiace che stamattina non ci siano Berlusconi, Salvini, gli alleati. Questa iniziativa l’avevamo concordata, poi con scuse di vario genere hanno preferito non esserci. Berlusconi dice addirittura che questa iniziativa è dannosa. Salvini ha detto che aveva altri impegni… Comunque, oggi i nostri candidati giurano che non saranno voltagabbana, trasformisti, traditori del voto degli elettori. Si impegnano formalmente con il popolo italiano”.
Qualcuno già  allora fece notare, noi per primi, che forse la Meloni avrebbe dovuto guardarsi dalla “coerenza” di Salvini, non solo da quella del Cavaliere, evidenziando che l’inciucio tra Salvini e i M5s era in atto da tempo.
Arrivano le elezioni, il centrodestra ottiene il 37%, nei collegi uninominali l’elettore di Forza Italia vota il candidato unico del suo collegio che può essere della Lega o di Fdi, convinto che il voto vada alla coalizione di centrodestra, spesso contribuendo alla sua vittoria.
Quei deputati e quei senatori oggi siedono in Parlamento (compresi i 6 senatori che fanno la differenza al Senato) grazie anche a quel voto.
Ma quel voto Salvini e la Meloni non lo usano per un governo o una opposizione di centrodestra, ma per eleggere premier un grillino esperto nel taroccare il curriculum, quel voto lo “vendono per interesse” al M5s, l’avversario elettorale “contro” il quale quel voto è stato dato.
Tanto valeva votare per Di Maio direttamente.
Si è passati dal potenziale appuntamento dal notaio alla certificata presenza alla casa di appuntamento “Maison DiMaio” per la marchetta di rito.
Chi strillava “Io non tradisco” e accusava gli altri di possibili tradimenti in battaglia aveva già  in mente di disertare, buttando la divisa di sedicente “patriota” della domenica.
Con il paradosso che il noto puttaniere ne esce come uno che ha mantenuto il decoro, mentre i fautori della “famiglia tradizionale” sono stati sorpresi a praticare lo scambio di coppia in qualche club privee a Cinquestelle.
Ormai agli italiani che hanno valori di destra non resta che sperare in una incursione della Buoncostume.
Evviva il governo non votato dal popolo.

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SALVINI CEDE ALLO SPREAD, NASCE IL GOVERNO NON VOTATO DAGLI ITALIANI

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

IL LEGHISTA SI RIMANGIA LE PROMESSE SU SAVONA… IL VETO A OLTRANZA DI DI MAIO SULLA MELONI CHE VOLEVA UN MINISTERO PER LEI

Sono le ore 19.02 quando viene imposto il sigillo al governo del cambiamento.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini, riuniti da quasi tre ore alla Camera, diramano una nota congiunta: “Ci sono le condizioni per un governo politico”. Ventotto minuti dopo Carlo Cottarelli sale al Quirinale per rimettere il mandato. Dall’altro lato della porta girevole c’è Giuseppe Conte, che vi ritorna per ricevere l’incarico.
Trattativa sbloccata. Il leader della Lega dopo una mediazione complicatissima ha ceduto al combinato disposto dei caveat del Quirinale e del colpo di teatro del futuro alleato, la cui inversione a U si è rivelata decisiva per l’avvio del nuovo esecutivo.
Ma si è vissuto in apnea fino al primo pomeriggio.
Un leghista di rango all’ora dell’aperitivo confida: “La certezza che saremmo arrivati in porto ce l’ho avuta solo un paio d’ore fa. I nodi erano tanti, nulla era scontato”.
La quadra finale prevede Paolo Savona, pietra d’inciampo fino a domenica, spostato dall’Economia agli Affari europei, quest’ultimo elevato al rango di ministero (pur senza portafoglio) da semplice sottosegretariato.
A sostituirlo Giovanni Tria, economista dell’università  di Tor Vergata, storicamente vicino agli ambienti degli ex socialisti di Forza Italia, uno stretto rapporto con Renato Brunetta.
A completare il quadro, agli Esteri arriva Enzo Moavero Milanesi, già  ministro con Mario Monti. Un pacchetto che tranquillizza il Quirinale e permette al governo gialloverde di vedere la nascita, probabilmente già  nella giornata di domani.
Ma trovare la quadra non è stato semplice.
Con due nodi non di poco conto rimasti sul tavolo fino all’ultimo.
La sostituzione di Savona a via XX settembre, anzitutto. Perchè trovare un profilo autorevole, che insieme sostenesse la linea eurocritica del nascente esecutivo ma rassicurasse sulla tenuta dell’Italia nel contesto europeo e della moneta unica non era cosa di poco conto.
È stato lo stesso futuro ministro agli Affari europei ad indicare la soluzione: “Perchè non Giovanni Tria?”.
Un nome che ha acceso la luce a chi come Giancarlo Giorgetti (ma non solo lui) ha avuto modo di conoscerlo in questi ultimi anni. Tutte le caratteristiche perfette. E in più un versante filo-Forza Italia che potrebbe contribuire non poco a rassicurare un preoccupato Silvio Berlusconi.
Un nome rimasto coperto fino all’ultimo, appena un’ora prima che in gran segreto, scortato da due commessi, varcasse le porte di Montecitorio per raggiungere il triunvirato che guiderà  il prossimo esecutivo, Di Maio, Salvini e Conte.
L’altra questione aperta fino all’ultimo è stata quella legata all’ingresso di Fratelli d’Italia al governo. Un’eventualità  sulla quale il segretario del Carroccio ha insistito fino all’ultimo.
E alla quale i 5 stelle non hanno chiuso la porta da subito, pur mostrandosi estremamente scettici. Giorgia Meloni ha annullato impegni precedentemente presi in Puglia ed è piombata a Roma. §
Un lungo vertice con Salvini, poi una lunga attesa quando il capo leghista si è chiuso con Di Maio. Verso le 18.30 eccola piombare in sala stampa di Montecitorio: “Non abbiamo mai chiesto di entrare al governo — spiega — nè posti da ministro. Salvini ci ha parlato di un nostro eventuale ingresso per rafforzarlo, ma c’è stato un niet. Ci asterremo e valuteremo i singoli provvedimenti”.
In effetti verso le 15 una fonte molto in alto fra i 5 stelle confermava la chiusura totale.
A sera è un colonnello del Carroccio a ricostruire: “Giorgia si era impuntata sul suo nome. Già  i grillini erano molto incerti, quella condizione che lei non ha voluto liberare ha fatto saltare la possibile intesa”.
Perchè Di Maio, nonostante il bagaglio di senatori che Fdi avrebbe portato in dote a puntellare la maggioranza, non ha accettato di farsi affiancare nelle foto di rito dalla leader della destra parlamentare, spostando decisamente l’asse dell’esecutivo.
A fine giornata, superati i principali scogli, le rughe sulla fronte si rilassano.
A sera arriva in Transatlantico tutto lo stato maggiore delle camicie verdi. Manca solo Giorgetti, ma ci sono Gian Marco Centinaio, Roberto Calderoli, Nicola Molteni, Lorenzo Fontana. Facce allegre, un aperitivo in buvette. “In bocca al lupo ministro”, “Ma quale ministro, mi chiamo Gian Marco, finchè non è fatta”.

(da “Huffingtonpost”)

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NIENTE MINISTERO E LA MELONI PASSA DALL’ENTUSIASMO ALL’ASTENSIONE

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

SENZA POLTRONE, L’AMOR PATRIO SCEMA E FDI CAMBIA IDEA

Non l’ha presa bene Giorgia Meloni. Ma’abbozza’, come si dice a Roma. Ovvero manda giù il rospo.
“Non abbiamo mai chiesto poltrone in cambio dell’entrata nel governo. Ci asterremo sul voto di fiducia perchè manteniamo le nostre perplessità  su questo esecutivo ma non vogliamo ostacolarne la nascita”.
Così la leader di FdI che aggiunge: “”Ho sentito dire molte cose in queste ore ma ci tengo a precisare che Fdi non ha mai chiesto poltrone o di entrare nella squadra di governo. Per patriottismo abbiamo detto che davamo una mano perchè l’Italia è sotto attacco e non ci possiamo permettere di votare a luglio. Mi pare di capire che Salvini abbia parlato del nostro ingresso per rafforzare il centrodestra ma abbia ricevuto il no dei Cinque Stelle. Va bene, mi dispiace e non mi fa ben sperare per il futuro di questo governo”
Solo poche ora prima il coordinatore nazionale di Fdi Guido Crosetto aveva detto che “Fratelli d’Italia è disponibile a dare “almeno il sostegno esterno” ad un governo M5s-Lega, purchè esso parta subito
“Mi auguro che ci sia un governo politico – ha detto Crosetto – nell’interesse dell’Italia. Faccio solo questo esempio: la Francia si sta mangiando la Libia in assenza di un governo italiano per cui ora è importante che ne nasca uno politico, qualsiasi esso sia. E’ una posizione fatta nell’interesse dell’Italia e non in quello di Fdi o per avere qualche poltrona”

(da Globalist)

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“E’ STATO UN ONORE SERVIRE IL MIO PAESE”: COTTARELLI SI CONGEDA DA GRAN SIGNORE TRA GLI APPLAUSI IRRITUALI DELLA SALA STAMPA

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

UN RARO ESEMPIO DI DISCREZIONE, CLASSE ED EDUCAZIONE DI UN UOMO CHE NON HA BISOGNO DI TAROCCARE IL CURRICULUM

“Negli ultimi giorni è stata riaperta e si è concretizzata la prospettiva di un governo politico. Non risulta quindi più necessario formare un governo tecnico. Rimetto dunque l’incarico che avevo ricevuto”, ha detto Carlo Cottarelli, al Quirinale.
E aggiunge: “È stato per me un grande onore lavorare al servizio del Paese anche se soltanto per qualche giorno. Aggiungo un paio di cose: ringrazio le persone che si erano rese disponibili a far parte del governo e ringrazio i dipendenti della camera e delle altre organizzazioni dello stato che mi hanno aiutato nella mia attività “.
In secondo luogo, ha aggiunto Cottarelli, “la formazione di un governo politico è di gran lunga la migliore soluzione per il paese anche per la incertezza che deriverebbe per il paese. Grazie e scusatemi se nei giorni scorsi sono stato un po’ troppo silenzioso per voi”, ha dichiarato Cottarelli il cui breve discorso viene accolto dagli applausi dei presenti nello studio alla Vetrata.
E’ la prima volta che accade un fatto del genere: mai i giornalisti avevano applaudito in quel contesto un incaricato premier.

(da agenzie)

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JUNCKER: “L’ITALIA LAVORI DI PIU’ E SIA MENO CORROTTA INVECE DI INCOLPARE L’EUROPA PER I SUOI PROBLEMI”

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

“DELLE REGIONI POVERE DELL’ITALIA NON DEVE INTERESSARSI SOLO L’EUROPA MA ANCHE IL GOVERNO ITALIANO”

“Gli italiani devono lavorare di più, essere meno corrotti e smettere di incolpare l’Ue per tutti i problemi dell’Italia”: sono le parole durissime espresse dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, pronunciate nella sessione di domande e risposte con il pubblico alla conferenza a Bruxelles ‘New Pact for Europe’
L’esponente di Bruxelles ha invitato inoltre gli italiani a “smettere di guardare all’Ue per salvare le regioni più povere del Paese”.
È l’ennesimo attacco che arriva all’Italia dopo le parole del Commissario Ue al Bilancio Gunther Oettinger e quelle del eurodeputato della Csu tedesca Markus Ferber.
Juncker -secondo quanto riporta il Guardian – è “profondamente innamorato” della “Bella Italia” ma non accetta che incolpi l’Ue o la Commissione “per tutti i suoi problemi”.
“Gli italiani devono prendersi cura delle regioni povere d’Italia. Ciò significa più lavoro; meno corruzione; serietà “, ha indicato Juncker.
“Li aiuteremo come abbiamo sempre fatto. Ma non si faccia il gioco di scarico di responsabilità  con l’Ue. Un Paese è un Paese, una nazione è una nazione. Prima i Paesi, l’Europa in secondo luogo”.

(da “Huffingtonpost”)

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ECONOMIST METTE IN COPERTINA UN GELATO-BOMBA TRICOLORE: “MANEGGIARE CON CURA”

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

“SUL LUNGO PERIODO C’E’ DA PREOCCUPARSI”: UNA LUCIDA ANALISI DEI MALI ITALICI

“Maneggiare con cura”. Con l’immagine di un gelato-bomba tricolore, le micce già  accese. È la copertina scelta dall’Economist per la sua edizione europea. Un chiaro riferimento alla crisi italiana, non tanto politica quanto strutturale.
Secondo il settimanale economico, infatti, nel breve periodo la crisi dovrebbe almeno in parte rientrare, malgrado i segnali allarmanti dei giorni scorsi (spread in crescita e sofferenze sul mercato azionario).
“L’Italia – scrive l’Economist – è meno vulnerabile al panico degli investitori di quanto molti realizzino. La sua economia, per non parlare della sua democrazia, non è affatto vicina al collasso. Ma le debolezze profonde stanno peggiorando e diventando più difficili da risolvere. Per evitare un’eventuale esplosione, l’Italia ha bisogno di un’attenta gestione e di un cambio di mentalità , sia dei suoi politici che dei politici europei. La preoccupazione è che nessuno dei due sembra probabile”.
“Qualunque sia l’esito degli intrighi a porte chiuse di questa settimana a Roma, l’Italia rischia di avere il suo primo governo populista – se non ora, molto presto, dopo un’altra elezione. Ciò potrebbe portare a politiche spendaccione (v. flat tax e reddito di cittadinanza, ndr) […].
Scrive ancora il settimanale:
“Il vero problema dell’Italia è la combinazione debilitante di una crescita cronicamente bassa e di un debito pubblico elevato. Una bassa crescita significa che gli standard di vita sono stagnanti e che l’Italia non può eliminare facilmente il proprio debito; un alto debito significa che non può utilizzare lo stimolo fiscale per rilanciare l’economia, specialmente se c’è un altro rallentamento. Anche con la ripresa globale degli ultimi anni, l’Italia rimane una delle economie con le peggiori performance dell’Europa […].
Il problema più grande è che i populisti hanno poca idea di come affrontare la miriade di cause della stagnante produttività  dell’Italia: un rigido e duplice mercato del lavoro; mercati del prodotto non competitivi; la proliferazione di imprese a conduzione familiare che non crescono; un sistema bancario bloccato da crediti inesigibili; un sistema educativo poco efficace; e, più recentemente, una fuga di cervelli […].
L’Economist non risparmia critiche neanche all’Ue, alla zona euro e alla Germania:
“Lo stesso vale per la zona euro nel suo complesso. La sua “unione bancaria” è incompleta; i suoi mercati dei capitali sono sottosviluppati. E tutte le proposte per un bilancio sostanziale per aiutare i paesi nella camicia di forza dell’euro ad adattarsi agli shock sono state respinte. I paesi creditori, guidati dalla Germania, hanno affermato che non accetteranno una maggiore condivisione del rischio senza una maggiore riduzione del rischio. La richiesta dei populisti italiani di abolire le restrizioni di bilancio non fa altro che approfondire la convinzione della Germania che non ci si può fidare dell’Italia.
*Fondatore dell’UE, l’Italia è stata a lungo uno dei membri più europei; è ora tra i più euroscettici. Ma i populisti sanno che la maggior parte degli italiani, anche quelli che hanno votato per loro, non vogliono vedere i loro risparmi tagliati e il loro lavoro distrutto lasciando la moneta unica. Questo è il motivo per cui hanno attenuato la loro retorica anti-euro. Ma non capiscono che vivere in una moneta unica richiede un’economia flessibile. Allo stesso modo, la Germania deve ancora accettare che, se vuole prosperare, la zona euro deve avere una maggiore condivisione dei rischi.
Una riforma inadeguata e visioni incompatibili del futuro dell’euro sono una combinazione velenosa e insostenibile. Se le turbolenze in Italia e la paura dei mercati servissero come promemoria di tali pericoli, e quindi a stimolare le riforme a Roma e a Bruxelles, allora potrebbe accadere qualcosa di buono. Il rischio è che renderà  ogni riforma più difficile, se non impossibile”.

(da “Huffingtonpost”)

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LA STAMPA TEDESCA: “PROBABILE USCITA DELL’ITALIA DALL’EURO, CRISI PEGGIORE DI QUELLA GRECA”

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

DIE ZEIT: “SALVARE L’ITALIA? MEGLIO DI NO”… FRANKFURTER ZEITUNG: “ITALIA A POCHI PASSI DALL’ADDIO”

“Non dovremmo salvare l’Italia”. E’ il titolo di un nuovo editoriale apparso su Die Zeit che, al di là  delle opinioni che contiene, rende bene l’idea su un fatto: in Germania l’ipotesi che il nostro Paese possa rivivere la stessa situazione della Grecia è ormai all’ordine del giorno e viene considerata una reale probabilità .
Come viene definita “probabile” anche un’uscita dell’Italia dall’Euro: parola di Hans-Werner Sinn. Il noto economista tedesco, riportano i principali giornali, Frankfurter Allgemeine Zeitung in testa, ci vede a pochi passi dall’addio all’unione monetaria.
Di fronte a questo scenario, la stampa conferma anche i retroscena interni alla Cdu pubblicati mercoledì da Die Welt: Angela Merkel ha scelto la linea dell’attendismo, anche se questo potrebbe incrinare i rapporti con Emmanuel Macron.
Di fronte alla crisi italiana — scrive il Westfalen-Blatt — i sogni di riforma dell’Europa del presidente francese sembrano essere sfumati.
”Se la Germania fosse riluttante a regalare denaro o fornire ulteriori garanzie alle generazioni successive, c’è un’alta probabilità  che l’Italia rinunci all’Euro”, scrive il quotidiano di Francoforte citando l’economista Sinn.
L’editoriale di Mark Schieritz, giornalista politico-economico per Die Zeit, parte proprio da questo punto e scrive: “Salvare l’Italia? Meglio di no”.
Ancora una volta, secondo l’articolo, quanto successo nei mercati finanziari è dovuto al timore che il nostro Paese possa uscire dall’Euro. Gli investitori “ricordano ai partiti della coalizione populista cosa succederebbe se l’Italia rinunciasse alla moneta unica”, si legge. Al contrario aiutare l’Italia — sostiene Schieritz — sarebbe il segnale che si può giocare col fuoco.
Le preoccupazioni tedesche di un’Italexit sono sul tavolo della cancelliera Merkel.
E a Berlino sanno anche molto bene quali siano in questo momento i toni di Lega e M5s nei loro confronti. “I vicini devono rispettare la decisione degli elettori italiani, anche se dovesse danneggiare ancora l’Ue. C’è solo una parola: calma“, scrive la Neue Osnabrà¼cker Zeitung.
“Bruxelles, Berlino e altri governi europei farebbero bene ad astenersi da fare commenti pubblici”, fa eco lo Straubinger Tagblatt, che aggiunge: “Dietro le quinte, tuttavia, essi sono tenuti a prepararsi all’emergenza e pensare l’impensabile: che la terza più grande economia dell’Eurozona stia voltando le spalle alla moneta comune e rompendo tutto”.
Ecco i timori di un’uscita dell’Italia dall’Euro che ritornano, sempre più forti.
D’altronde in questi termini parlano quasi tutti gli esperti presi in considerazione dalla stampa tedesca.
Ultimo anche Joschka Fischer, ministro degli affari esteri nel governo Schrà¶der: “L’Europa sta affrontando una crisi che ne minaccia l’esistenza — ha detto il politico socialdemocratico citato dal Tagesspiegel — più grave di quanto era stata quella greca”.
Fischer ha poi esortato la Germania a seguire Macron sulla strada delle riforme e del rafforzamento dell’Eurozona, definendo “scandaloso” l’atteggiamento del governo finora.
Al vertice Ue di fine giugno dovrebbe esserci un primo accordo tra Francia e Germania per avviare la riforma dell’Eurozona, ma per ora, spiega il quotidiano di Berlino, Merkel ha tenuto coperte le sue carte.
Il rafforzamento dell’unione monetaria è uno dei punti del contratto di governo stipulato tra Cdu e Spd, ma la Grosse Koalition preferisce prendere tempo, come ha spiegato mercoledì Die Welt.
Prima di partire la cancelliera vuole che si sia chiarita la situazione italiana. “Macron spinge, mentre Merkel, come sempre, attende. Un rapporto difficile”, commenta il Westfalen-Blatt.

(da agenzie)

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CASAPOUND PERDE NINA MORIC: “HO COMMESSO MOLTI ERRORI, OPINIONI POLITICHE CHE NON FANNO PARTE DI ME”

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

IL POST DI SCUSE SU FB DOPO LA ROTTURA CON IL FIDANZATO ATTIVISTA DEL MOVIMENTO

Nina Moric lascia il fidanzato di Casapound e si scusa: “ho commesso molti errori”
Mea culpa social di Nina Moric, al centro di critiche feroci per aver partecipato al Grande Fratello dove ha ‘lanciato un messaggio contro il bullismo su internet’, proprio lei – come in molti le hanno fatto notare – che è stata più volte protagonista di casi di bullismo conclamato, come quella volta che ha augurato la morte a un ragazzo disabile.
*Ma ora, la Moric sembra pentita: in un post su Facebook chiede scusa e lascia cadere la colpa soprattutto su ‘una persona’, di cui non fa il nome ma che è stata identificata in Luigi Favoloso, militante di Casapound – cui è iscritta anche la showgirl -, partecipante del Grande Fratello ed ex della Moric, dopo una relazione durata quattro anni in cui si è assistito alla trasformazione, ideologica e fisica, di Nina.
E quindi, in molti adesso pensano che alla rottura con Favoloso corrisponderà  anche un’inversione di rotta: “…questi errori sono stati dettati dalla fiducia che riponevo in una persona che mi ha portato ad esprimere anche pensieri che non fanno parte di me come ad esempio le opinioni politiche. Del resto chi non ha commesso leggerezze nella propria vita dovute anche al fidarsi ciecamente di una persona che credeva amica?”.

(da agenzie)

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VAROUFAKIS: “MATTARELLA DOVEVA FERMARE IL RAZZISTA SALVINI, NON SAVONA”

Maggio 31st, 2018 Riccardo Fucile

CI VOLEVA L’EX MINISTRO DELLE FINANZE GRECHE PER EVIDENZIARE UNA ELEMENTARE VERITA’

Con la scelta di respingere il candidato di Lega e M5S, l’economista Paolo Savona, al ministero delle Finanze e affidare invece a Carlo Cottarelli l’incarico di formare il nuovo governo italiano, il presidente Sergio Mattarella ha fatto un “regalo fantastico” alla destra.
Ne è convinto Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze greco (rimosso dall’incarico dallo stesso premier di sinistra greco Tsipras), in un editoriale sul Guardian.
Varoufakis contesta al capo dello Stato italiano di aver deciso di “scontrarsi con una maggioranza assoluta di deputati” per la sua “disapprovazione nei confronti di un ministro delle Finanze designato non contro Salvini che “minaccia di espellere 500mila migranti”
“Al di là  del suo fallimento morale nell’opporsi alla misantropia su scala industriale della Lega – ha proseguito l’ex ministro delle Finanze greco – il presidente ha fatto un grosso errore tattico: è caduto proprio nella trappola di Salvini.
Il leader della Lega, secondo Varoufakis, “sta segretamente sbavando al pensiero di un’altra elezione, che non condurrà  da misantropo, populista divisivo qual è, ma come difensore della democrazia contro l’establishment”.

(da agenzie)

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