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I RAPPORTI DELLA LEGA CON UOMINI VICINI ALL’NDRANGHETA: E’ FINITA LA PACCHIA

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

IL RESPONSABILE DEL CARROCCIO A ROSARNO, DOVE SALVINI HA AVUTO UN RISULTATO RECORD, E’ STATO PER ANNI IN SOCIETA’ CON UOMINI DEI CLAN PESCE E BELLOCCO

Reggio Calabria, Rosarno, Lamezia Terme.
Centrotrenta chilometri lungo i quali si snodano i legami pericolosi tra la Lega di Matteo Salvini e la ‘ndrangheta.
Dopo le recenti dichiarazioni di del ministro dell’Interno contro i mafiosi («È finita la pacchia in Italia», ha detto domenica scorsa a Pontida promettendo «una guerra che combatteremo con tutte le armi che la democrazia ci mette a disposizione») L’Espresso pubblica un’inchiesta giornalistica sui leghisti calabresi che hanno garantito al ministro di farsi eleggere senatore e al suo partito di sfondare il muro della doppia cifra a Rosarno, il paese in provincia di Reggio Calabria feudo di potenti famiglie di ‘ndrangheta e simbolo dello sfruttamento dei braccianti africani nei campi. Qui, alle elezioni del 4 marzo scorso, la Lega sovranista ha infatti raccolto il 13 per cento dei consensi.
Cinque anni fa l’asticella si era fermata allo 0,25.
Un exploit possibile grazie al responsabile della sezione locale leghista, Vincenzo Gioffrè.
Candidato non eletto alla Camera, Gioffrè è stato uno degli organizzatori della festa-comizio post elettorale con Salvini ospite d’onore nel liceo del paese.
Il responsabile del partito di Rosarno custodisce però un segreto che L’Espresso, attraverso documenti inediti, è in grado di svelare.
Per oltre dieci anni ha avuto rapporti d’affari con uomini sospettati di essere contigui ai clan locali.
§Gioffrè, classe ’81, a soli 19 anni ha infatti fondato una cooperativa agricola con un personaggio legato clan Pesce, marchio doc della ‘ndrangheta, con ramificazioni nel Nord Italia e in Europa, e leader nel narcotraffico internazionale.
Secondo alcuni atti giudiziari, il partner d’affari di Gioffrè è stato tra gli armieri della cosca.
Nel 2012 fu peraltro indagato dalla procura antimafia di Reggio Calabria per favoreggiamento della ‘ndrina rosarnese, tuttavia quel filone non ha avuto finora uno sbocco processuale.
Ma questo non è l’unico legame pericoloso del capo dei leghisti di Rosarno.
Gioffrè risulta infatti tra i fondatori di una seconda azienda, un consorzio di produttori agricoli.
Tra gli azionisti, indicano i documenti societari, ci sono due uomini che l’antimafia collega direttamente alla famiglia Bellocco, alleata del clan Pesce.
Insomma, amicizie borderline per la spalla del ministro dell’Interno in terra di ‘ndrangheta.
Dove il problema principale, sostengono i salvinisti di Calabria, sono gli immigrati.
Gioffrè ha aderito alla Lega nel 2016 dopo aver lasciato Fratelli d’Italia.
Il primo a dargli il benvenuto ufficiale è stato Domenico Furgiuele, responsabile regionale del partito e, dal 4 marzo, deputato della Repubblica.
Su Furgiuele pesa una parentela ingombrante. Come già  raccontato dal nostro giornale, il suocero è infatti in carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso e ha i beni sotto sequestro su richiesta dell’antimafia: per i giudici di primo grado, l’uomo è contiguo alle cosche di Lamezia.
Ora L’Espresso ha scoperto che nel congelamento del patrimonio societario e immobiliare è finita anche la moglie del deputato calabrese.
A lei il tribunale ha sequestrato un immobile e una società .

(da “L’Espresso“)

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LO SCONCERTO DEI MILITANTI DELLA LEGA: “SCRIVI, NESSUNO RISPONDE”, IMPOSSIBILE CAPIRE A COSA SI TESSERI CHI PAGA LA QUOTA

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

SALVINI HA CAMBIATO STATUTO E SEDE LEGALE PER EVITARE I MAGISTRATI: IL PARTITO POGGIA ORA SU UN COACERVO DI SIGLE, INDIRIZZI E ARTICOLAZIONI SOSPETTE

Provate a scrivere alla Lega Nord, o meglio alla “Lega per Salvini premier” chiedendo di aderire al movimento e di ricevere le coordinate di pagamento.
Inviate una lettera all’indirizzo indicato all’articolo 4 dello statuto approvato sei mesi fa, che non corrisponde alla storica via Bellerio, ma a un anonimo condominio nel quartiere De Angeli, in via Privata delle Stelline 1 a Milano.
La raccomandata con ricevuta di ritorno non sarà  recapitata perchè l’utente è sconosciuto.
E quindi tutto tornerà  al mittente, con l’indirizzo barrato e la specificazione del postino di aver lasciato un avviso. Incredibile, ma vero.
Possibile che il partito del neo ministro dell’Interno sia un contenitore vuoto? O per lo meno un luogo dove la corrispondenza non può arrivare?
Eppure per un movimento politico il luogo della sede, anche amministrativa, è importante. Non a caso deve essere indicato negli atti costitutivi, titolo necessario per ottenere i finanziamenti in base alla legge 149 del 2013 che abolì il finanziamento pubblico, per reintrodurlo sotto forma di benefici, e impose norme di trasparenza nella gestione dei partiti e nel controllo dei loro bilanci.
E’ difficile pensare che le scatole cinesi delle sigle e degli indirizzi, che di solito accompagnano le società  di comodo, si debbano estendere anche a quello che è uno dei due partiti più potenti d’Italia.
Eppure è così, la Lega di Salvini è in buona parte una clonazione della Lega Nord per l’indipendenza della Padania creata e voluta da Umberto Bossi.
Ma la mutazione genetica del Carroccio ha portato a un coacervo di sigle, che riflettono il passaggio dal sogno della Padania al più concreto partito nazionalista italico, in realtà  una entità  giuridica diversa dalla Lega Nord, rendendo perlopiù impossibile capire a che cosa si tesseri un leghista che paga la quota.
Forse anche per evitare che siano pignorati beni e denaro, visto che i magistrati di Genova aspettano dalla Lega Nord la restituzione di 48 milioni di euro per le malefatte dell’epoca in cui il segretario era Bossi e il cassiere era Pasquale Belsito.
Ad accorgersi delle lettere che non possono essere recapitate è stato un vecchio leghista del Nord Est, piuttosto arrabbiato nel vedere la nomenklatura bossiana messa in un angolo.
Come testimoniano le foto delle buste tornate al mittente, a tre mesi dal deposito dello Statuto “non ho trovato sul territorio di Bolzano e provincia una articolazione territoriale regionale o provinciale che rilasci la tessera riferita al nuovo partito e da non confondere con un partito simile di nome ma giuridicamente differente, ovvero la vecchia Lega Nord per l’indipendenza della Padania”.
Chiede poi a quanto ammonti la quota da versare per l’iscrizione al partito di Salvini. Era il 21 marzo quando ha spedito la raccomandata, non ha più ricevuto risposta se non il tagliando della notifica a vuoto in via Privata delle Stelline 1, sede legale della nuova Lega, dove neppure una pizza va in porto e la portinaia rispedisce la posta al mittente.
Vediamo allora da dove nasce questa strana storia.
Il 14 dicembre 2017 la Gazzetta Ufficiale pubblica lo statuto del Movimento politico “Lega per Salvini premier”. E’ il preludio alla campagna per le politiche di marzo.
La nuova Lega è senza confini territoriali, visto che le “articolazioni” (articolo 2) comprendono regioni appartenenti a quella che un tempo veniva chiamata la Terronia: Lazio Campania Puglia Basilicata e Calabria.
All’articolo 4 ecco il nuovo indirizzo. La parola Lega compare, ma mai abbinata a quella del Nord. Salvini ha archiviato la Padania e indica quale finalità  “la pacifica trasformazione dello Stato italiano in un moderno Stato federale attraverso metodi democratici ed elettorali”.
Tanto per scacciare le antiche ombre delle inchieste veronesi del procuratore Guido Papalia su “camicie verdi” e secessionismo come attentato all’integrità  dello Stato.
La struttura imponente della Lega per Salvini prevede congresso federale, consiglio federale, segretario federale… Ma per entrare nel consiglio servono almeno cinque anni consecutivi di militanza come soci ordinari, eventualità  che potrebbe verificarsi solo a partire dalla fine del 2022.
Che la sede non sia un accessorio lo dimostra l’articolo 13: il segretario federale “elegge domicilio legale presso la sede di cui all’articolo 4 dello Statuto”. Quindi in via Privata delle Stelline 1, dove però la corrispondenza non può essere recapitata.
La Lega per Salvini è un fatto di sostanza, visto che raccoglie (articolo 34) i parlamentari eletti (124 deputati e 58 senatori) e riuniti in gruppo con quel nome nuovo (e non più quello della Lega Nord), che contribuiscono alle spese.
Gli amanti delle scadenze congressuali non abbiano fretta. Perchè nelle “disposizioni transitorie” è previsto che “a far data dalla costituzione della Lega per Salvini premier i soci fondatori compongono il Congresso federale e agiscono, altresì, in qualità  di consiglio federale sino al successivo Congresso federale elettivo, che dovrà  essere svolto entro 12 mesi dall’approvazione del presente statuto”.
Per il dibattito c’è tempo. E Salvini ha anche la facoltà  di cambiare la sede del suo partito, mentre la magistratura aspetta di entrare in possesso dei 48 milioni di euro delle truffe addebitate alla Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, che a questo punto è un’entità  separata dalla Lega per Salvini premier, anche se la sede operativa resta in via Bellerio.
Cosa deve fare un fan del ministro dell’Interno che voglia iscriversi alla Lega (o Lega Nord…) se non può utilizzare le poste?
Semplice, andare in rete e digitare Salvini premier, che a questo punto dovrebbe cambiare la ragione sociale in “Lega per Salvini ministro dell’Interno”, se non vuole fare la figura di chi è stato anestetizzato nelle sue velleità  dai grillini diventati compagni di strada. Clic.
Da uno dei molti siti compaiono il faccione barbuto del segretario e il suo dito che indica il dovere. “Sei un leghista vero! Aspetto anche te. Lega da Nord a Sud con Salvini premier”. Ed ecco il primo dei molti indirizzi a cui rivolgersi: tesseramentolega@gmail.com.
Il problema è che uno crede di iscriversi al partito che fu di Bossi, mentre si iscrive a quello di Salvini e non ci capisce più niente.
Cliccate su wwwleganord.org ed entrerete nella homepage del Carroccio. La parola “Nord” appare ancora nell’intestazione, ma già  depotenziata.
Perchè è tutto un tripudio di “Lega — Salvini premier” che costituisce il nuovo brand nazional-populista. Con un trionfante culto della personalità .
Nella sola home-page di un giorno qualsiasi, con qualche finestra che si apre sulle news, la sola fotografia del segretario (in realtà  “il capitano”) compare 45 volte. Neanche Berlusconi, neanche Mao Tse-Tung.
Ed ecco per un attimo il nome di Bossi alla presidenza degli organi federali. Ma il sito è ondivago, fuorviante e sicuramente smemorato. Perchè mostra inizialmente lo statuto della vecchia Lega Nord approvato nel 2015 (quello in cui sono ancora citati i ”padri fondatori della Padania” che fecero lo storico annuncio a Venezia il 15 settembre 1996). Ma la storia del movimento è inspiegabilmente aggiornata solo al 2010. Poi il nulla.
E quando si aprono le finestre del tesseramento il balletto vecchio-nuovo viene mascherato astutamente con una citazione contraddittoria — “Sostieni la grande battaglia federalista per la Libertà  della Padania!” e una varietà  frastornante di indirizzi. Le informazioni sono in tesseramento.federale@leganord.org.
Gli indirizzi delle sedi locali cui rivolgersi sono in www.leganord.org. Ma a Treviso, per fare un esempio, la segreteria locale risponde via mail chiedendo dove risiede chi vuole tesserarsi, poi, avuta la risposta, nessuno si fa più vivo.
E chi voglia farlo in rete deve andare sul sito www.tesseramentonline.leganord.org. Qui i residenti nelle 13 storiche Nazioni bossiane possono tesserarsi a “Lega Nord — Salvini premier” dove il Nord compare ancora.
Cambiano gli indirizzi ma per Antonio Da Re, segretario regionale della Liga Veneta, non cambia nulla: “Chi si iscrive alla Liga Veneta si iscrive alla Lega Nord, il Movimento per Salvini premier è fatto per intercettare le adesioni del centro-sud dell’Italia”.
Gli altri si devono rivolgere a   tesseramento.legapersalvinipremier.it, che è la sigla del partito che ha sede nel condominio dove la corrispondenza non può essere recapitata. Per il semplice fatto che il destinatario è sconosciuto.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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CACCIA ALLA SEDE FANTASMA DELLA LEGA: PACCHI, RACCOMANDATE E PIZZE RESPINTI DA MESI, ENTRA SOLO L’UFFICIALE GIUDIZIARIO

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

IN VIA DELLE STELLINE 1, A MILANO, C’E’ LA SEDE DELLA NUOVA LEGA CREATA PER SFUGGIRE ALLE PROCURE, PRESSO UN COMMERCIALISTA… ALLO STESSO INDIRIZZO VI SONO SOCIETA’ SCHERMATE

“La Lega qui? Mai sentito, no che non c’è”. In via Privata delle Stelline 1 a Milano cadono tutti dalle nuvole. Eppure lì c’è la sede legale del partito di Salvini.
E’ scritto nello statuto, è riportato nella Gazzetta Ufficiale. Lì è domiciliato il segretario. È vero, solo che pochi lo sanno.
Non lo sa la portinaia che da 33 anni lucida le scale dello stesso palazzo a mattoni rossi: “Vi garantisco che qui non c’è, viene un sacco di gente a chiedere. Arriva della posta, ma ho ordine di rimandare tutto indietro. Non so perchè diano questo indirizzo”.
Neppure il postino lo sa, le raccomandate degli iscritti tornano indietro: “Destinatario sconosciuto”. I condomini neanche lo sospettano.
Il partito che esprime metà  del governo, a partire dal ministro degli Interni e vicepremier, alberga in zona De Angeli con molta discrezione, anche troppa. Proviamo allora a consegnare una pizza, a mo’ di pretesto per fare domande a chiunque viva o lavori nell’edificio: nulla di nulla.
Alla fine, dopo molti tentativi andati a vuoto, è toccato scomodare l’ufficiale giudiziario chiedendo al tribunale di notificare alla Lega in via delle Stelline una intimazione a ritirare la posta.
Stavolta la consegna va a buon fine, impresa in cui per sei mesi hanno fallito aspiranti tesserati, comuni cittadini e improvvisati garzoni di pizzeria. Non senza stupore, però: “Prima d’ora non avevo mai consegnato lì un atto per la Lega”, confida il responsabile per la zona dell’ufficio notifiche del Tribunale di Milano.
Perchè gli atti, ragiona, corrono sempre e solo otto chilometri più a Nord, nella storica sede di via Bellerio.
Apprende così che la vecchia Lega, quella con il Nord e secessionista, è stata messa in soffitta.
Sei mesi fa è stata creata la Lega per Salvini Premier. Sotto questo simbolo sono stati eletti i parlamentari a marzo e qui sono stati dirottati il 2 per mille e lenuove entrate, mettendole al sicuro dalla pretese della giustizia.
La Procura di Genova dà  ancora la caccia ai 48 milioni frutto della truffa allo Stato per cui un anno fa sono stati condannati in primo grado Umberto Bossi e Francesco Belsito.
Sinora nè ha trovati solo 3 e per questo ha chiesto di sequestrare ogni fondo riferibile al partito oggi guidato dal ministro dell’interno Matteo Salvini.
“Sequestrate ovunque siano i soldi della Lega”, ha confermato la Cassazione. Solo che nel frattempo qualcuno l’ha clonata in via delle Stelline, dove non c’è quasi nulla, dove non si può consegnare una raccomandata.
Giusto l’amministratore del condominio, alla fine, si fa sfiorare dal dubbio: “C’è uno studio di commercialisti, provate a chiedere a loro”.
Si tratta dello studio Scillieri-Zito. Antonio Zito dice di saperne poco o nulla: “E’ una domiciliazione e basta, qui non c’è proprio nulla. Della Lega ho scoperto per caso, ma non conosco i clienti del collega perchè non siamo soci, dividiamo solo gli spazi”.
Il collega è Michele Scillieri. Ma non sono bastati due giorni di telefonate alla segretaria per parlare con lui.
I misteri di via delle Stelline e la società  schermata
Eppure le domande sono tante, a iniziare da una: perchè in via delle Stelline 1?
I pm di Genova sospettano che i fondi delle vecchia Lega siano stati nascosti in Lussemburgo. Inchieste giornalistiche accreditano uno spostamento del baricentro finanziario della nuova Lega (di Salvini) da Milano a Bergamo.
L’Espresso, in particolare, ha raccontato come proprio una holding del Granducato sia dietro sette società  con sede legale allo stesso indirizzo di due commercialisti di Bergamo, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba.
Insieme al tesoriere del partito Giulio Centemero hanno creato l’associazione “Più voci”, destinataria di un contributo da 250mila euro del costruttore romano Luca Parnasi, arrestato nell’inchiesta sullo stadio della Roma. Manzoni e Di Rubba sono anche direttore amministrativo del gruppo leghista alla Camera e revisore di quello al Senato. Insomma sono i commercialisti scelti da Salvini, insieme al tesoriere Centemero, per gestire i conti del Carroccio.
Ma non sono i soli, visto che ora è saltato fuori pure lo studio di commercialisti di via delle Stelline 1.
Dalle ricerche de ilfattoquotidiano.it emerge che, oltre alla Lega, ha sede a questo indirizzo anche la società  Taaac srl, i cui proprietari sono nascosti dietro una fiduciaria con in pancia il 100% delle quote e il cui atto costitutivo è stato firmato nemmeno un anno fa nello studio di Alberto Maria Ciambella.
E chi è? Proprio il notaio che ha registrato gli atti costitutivi delle società  bergamasche e i rogiti con cui — secondo il settimanale — la Lega avrebbe disseminato il suo ricco patrimonio tra le varie sezioni regionali.
A schermare la proprietà  di Taaac è la San Giorgio Fiduciaria srl di Giorgio Balduzzi, un nome che si ritrova anche dietro alcune delle società  bergamasche citate da L’Espresso.
Amministratore unico è Vanessa Servalli, titolare di un bar a Clusone (Bergamo) che, oltre a Taaac, amministra anche un’altra società , la “Non solo auto”, che appartiene a Manzoni e Di Rubba, vale a dire i famosi fondatori di “Più Voci”.
Se gli incroci non sono già  abbastanza, Servalli è anche moglie del cugino di Di Rubba.
Tutte coincidenze o ci sono legami tra Taaac e Carroccio?
Sul punto Balduzzi è evasivo: “Non lo so, non rientra nelle mie conoscenze”, risponde, pur sapendo chi sono i proprietari di Taaac che hanno scelto la sua fiduciaria per restare anonimi. “Non c’è nessun legame”, sostiene il leghista Centemero.
Ma i tentativi di avere anche la versione di Servalli vanno a vuoto, visto che due giorni di telefonate al bar non sono sufficienti per riuscire a parlare con lei. Resta così un mistero.
Cosa ci faccia la società  amministrata da una barista di Clusone e con soci senza volto in via delle Stelline 1.
Allo stesso indirizzo della sede della nuova Lega.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SOVRANISTI MA CON I SOLDI IN SVIZZERA

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

DAL FRATELLO DI DETTORI, UOMO CHIAVE DEL M5S, AL GIORNALISTA PRO-PUTIN: LA RETE DI INTERESSI CHE COINVOLGE LEGA E M5S

La Lega delle leghe predicata da Matteo Salvini è molto più di un sogno proiettato in un futuro indefinito.
La macchina dell’internazionale sovranista sta scaldando i motori da mesi. Un’inchiesta dell’Espresso ricostruisce una trama di contatti e iniziative che coinvolge Cinque Stelle e Lega.
Si parte da Silenzi e falsità , sito di news che appoggia il governo di Giuseppe Conte. A tirare le fila dell’iniziativa è Marcello Dettori, 28 anni, esperto di social media con una parentela importante.
Suo fratello Pietro, classe 1986, è uno dei quattro soci di Rousseau , la piattaforma digitale su cui gira il mondo a Cinque Stelle
Tra i clienti, tre in tutto, segnalati nel sito personale di Dettori junior, compare anche una società  di Lugano: la MediaTi holding.
A questa sigla fa capo il più importante gruppo editoriale della Svizzera italiana, proprietario del Corriere del Ticino, il quotidiano più diffuso della zona, cui si aggiungono televisione e radio.
Che cosa c’entra il consulente a Cinque Stelle con questi media che battono bandiera elvetica?
C’è una persona che fa da anello di congiunzione tra due mondi in apparenza distanti. Si chiama Marcello Foa ed è l’amministratore delegato della Società  editrice del Corriere del Ticino, che l’anno scorso ha assorbito MediaTi holding.
Foa non è solo un manager. Come giornalista e blogger lo troviamo in prima linea nella battaglia sovranista e i suoi commenti compaiono spesso sul sito Silenzi e Falsità .
Il numero uno del Corriere del Ticino non ha mai nascosto il suo sostegno a Salvini, con cui c’è un rapporto di conoscenza e reciproca stima. Il 14 giugno scorso, l’ultimo libro di Foa (Gli stregoni della notizia, atto secondo) è stato presentato a Milano e il capo della Lega, annunciato come “special guest”, si è materializzato con un video intervento.
L’incontro pubblico è stato organizzato, secondo quanto recita la locandina, dall’Associazione Più Voci, la stessa che, come rivelato da L’Espresso, ha ricevuto un contributo non dichiarato di 250 mila euro dal costruttore Luca Parnasi , arrestato tre settimane fa.
L’8 marzo Foa è stato uno dei pochi ammessi all’incontro tra Salvini e Steve Bannon, l’ideologo della destra populista americana ed ex consigliere di Donald Trump.
Il giornalista-manager è in ottimi rapporti anche con il miliardario svizzero Tito Tettamanti, il fondatore del gruppo Fidinam, specializzato nella consulenza fiscale internazionale con la creazione, tra l’altro, di strutture offshore.
Due giorni prima del rendez vous con Salvini, Tettamanti è andato a pranzo a Lugano con Bannon.
Facile immaginare che il frontman del trumpismo abbia cercato di coinvolgere nella sua rete anche il fondatore di Fidinam, appassionato di politica, da sempre su posizioni conservatrici e ultraliberiste.
I soldi del miliardario svizzero farebbero molto comodo all’internazionale del populismo. Perchè il denaro non conosce confini. Neppure per i sovranisti.

(da “L’Espresso”)

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LA CASSAZIONE: “BOSSI INDICHI DOVE SONO I SOLDI”

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

SCANDALO FONDI LEGA, BLOCCATO UN QUINTO DELLA PENSIONE DA PARLAMENTARE EUROPEO E UN QUARTO DI UN IMMOBILE

Nella vicenda della truffa per i 49 milioni di euro, la Corte di Cassazione dà  torto anche a Umberto Bossi.
La Suprema Corte, nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato la legittimità  del sequestro disposto dai magistrati di Genova nei confronti del fondatore della Lega, afferma che i giudici sono autorizzati ad aggredire i beni dell’imputato per entrare in possesso della somma incriminata, non avendola trovata nelle casse del partito oggi guidato da Matteo Salvini.
Cosa vuol dire, però, nella pratica?
Che resta sotto sequestro un quarto di una proprietà  immobiliare in possesso dell’ex leader della Lega (non l’abitazione in cui vive), oltre il quinto della pensione da parlamentare europeo.
Questo perchè, nei precedenti corsi e controricorsi fra l’avvocato del Senatur, Domenico Mariani, e i pm genovesi a caccia dei 49 milioni, Bossi è riuscito a dimostrare come tutti i soldi che volevano aggredire i magistrati vengono esclusivamente dalla indennità  e della diaria parlamentari, oltre alla pensione da parlamentare europeo che si può sequestrare, appunto, soltanto per un quinto (anche su questo preciso punto, però, pende l’ennesimo ricorso in Cassazione).
A Bossi, non viene chiesto di versare tutti e 49 milioni, ma 40.
La Corte, però, chiede a Bossi di indicare dove sono finiti i soldi del suo partito. E infatti i giudici romani spiegano come sarebbe, infine, onere dell’imputato indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rinvenuti in disponibilità  della Lega Nord ma, secondo il   ricorrente, esistenti.
Sul punto, “le affermazioni del ricorrente appaiono, peraltro, allo stato, del tutto prive della benchè minima specificità “.
Umberto Bossi era stato condannato in primo grado a 2 anni e mezzo per il reato di truffa allo Stato relativo a rimborsi elettorali.
Nel caso in cui “l’apprensione diretta delle somme di denaro in disponibilità  della Lega Nord non risulti fruttuosa fino a concorrenza dell’indicato importo – spiega ancora la Cassazione – come è accaduto nel caso di specie, è legittimo e anzi doveroso aggredire anche per equivalente i beni personali dell’imputato (fino a concorrenza del medesimo importo, e non oltre, naturalmente) sul presupposto della sua intervenuta condanna, pur allo stato non esecutiva, in ordine ai reati” contestati.

(da agenzie)

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“IRRIDONO ALLA MORTE DEI MIGRANTI E SONO PADRI DI FAMIGLIA. ANCHE ERODE LO ERA”

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

ERRI DE LUCA: “MINNITI? PEGGIO PERSINO DI SALVINI”

“Un anno fa c’erano delle navi che salvavano naufraghi e adesso praticamente non ce ne sono più. In un anno la campagna organizzata di diffamazione e di calunnia contro questi salvatori di vite umane ha dato i suoi frutti. E’ cominciato con Minniti, il quale ha anche tolto il diritto di appello a quei richiedenti asilo che avevano vista respinta la propria richiesta in prima istanza”.
Sono le parole dello scrittore Erri De Luca, ospite di In Onda, su La7.
“Da noi prima c’era quella opportunità  e adesso non c’è più. Ripeto che si tratta di una campagna che è durata un anno e che ha portato a questi risultati: oggi ci sono persone che tranquillamente possono irridere all’annegamento di bambini. Ci sono degli Erode che abbiamo prodotto di recente e ridono pure di queste tragedie”.
Lo scrittore continua: “Ci stiamo assuefacendo a questa situazione, avendo permesso che nessuno potesse soccorrere quelle persone in mare. Adesso è vietato salvare. Dunque, ci sono delle stragi di innocenti. E noi siamo lì ad assistere. Ci sono in rete anche commenti di piccoli Erode che ci stiamo crescendo adesso”.
“Sarebbe Salvini, immagino”, osserva uno dei conduttori, David Parenzo.
E De Luca risponde: “Mi sto riferendo a persone che, commentando su queste morti, irridono all’annegamento dei bambini. Dicono di essere padri di famiglia. Bisogna sapere, però, che anche Erode era un padre di famiglia. Salvini? Lo considero un personaggio politico poco significativo e di passaggio. Minniti è peggio e ha fatto peggio di Salvini. E’ stato Minniti a portare questa situazione nelle acque internazionali e Salvini poi ne ha approfittato volentieri”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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UN GOVERNO DI PROVINCIALOTTI CON VOCAZIONE ALL’AUTOGOL IN UN PAESE INCAROGNITO DALLA DEMAGOGIA

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

L’INCULTURA FATTA SISTEMA PER RASTRELLARE CONSENSI ARANDO L’ELETTORATO PIU’ BECERO

Può darsi che Tito Boeri, presidente Inps, viva su Marte. Come ha sprezzantemente sibilato Matteo Salvini, a seguito di certe dichiarazioni fuori del mainstream terroristico sui migranti.
Di certo il ministro leghista vive in un Bronx tutto suo. Un inferno mentale di risentimenti e proclami minacciosi, edificato in anni di deliri da film di paura; intrappolandolo in una situazione che — magari — assicura quei voti virtuali (registrati dai sondaggi) con cui opera il sorpasso sull’uomo che ride Luigi Di Maio (ma che ha da ridere? L’essere stato platealmente preso in ostaggio dal partner di governo lo diverte così tanto?), mentre in prospettiva può rivelarsi una doppia batosta.
Per il ministro esternatore a raffica, che si vedrà  recapitare — nell’Italia considerata una pattumiera — masse di immigrati, rispediti al mittente proprio dai Paesi con cui sta facendo lingua in bocca; per il Bel Paese (?), obnubilato da decenni di demagogia terroristica sulle invasioni afro/asiatiche, che continuerà  a incartapecorire/incarognire nel suo inarrestabile invecchiamento per insufficienti trasfusioni di sangue giovane.
Un’evidenza negata per principio, nonostante i dati forniti da Boeri e le lezioni di buon senso di Mattarella dai Paesi baltici.
Nell’inestirpabile logica paranoicamente suicida del capro espiatorio, individuato in chi abbiamo sotto gli occhi.
Con tutto il bagaglio di slogan a giaculatoria: “ci portano via il lavoro”, “pensiamo ai nostri giovani costretti a espatriare per un impiego”.
Solo balle: i ragazzi che vanno all’estero cercano occupazioni di alto profilo, a misura delle loro aspirazioni e dei loro studi, che la de-industrializzazione italiana non sa creare (e quanto lavoro qualitativo può nascere da un sistema d’impresa in cui la maggioranza delle aziende ha un organigramma di tre dipendenti?); gli extracomunitari che assumiamo vanno a coprire posizioni che ormai i nostri concittadini rifiutano.
Difatti sarebbe meglio prendersela con i responsabili delle non-politiche del lavoro negli ultimi decenni, spesi a demonizzare qualche articolo 18 per consentire ai capi d’azienda il solo schema di governance alla loro portata: bastone e carota.
Così, tra le tracotanze distruttive salviniane e le condiscendenze corrive pentastellari (in preda al timore di essere espulsi dal governo: alla faccia dei presunti giustizieri della Casta, di cui non si sa nemmeno toccare i vitalizi senza fare pasticci contabili: in base alla mannaia di Fico la paghetta mensile di Fausto Bertinotti passerebbe da 8 a 10mila euro; quella di Ciriaco De Mita da 10 a 12mila), ormai possiamo dire qualcosa sul nuovo che avanza, almeno a livello del profilo culturale.
Il tratto più evidente di questi nuovi governanti non è l’incompetenza o la visione padronale della cosa pubblica, trasformata in terra di conquista da asservire e saccheggiare (dall’occupazione degli organigrammi alle operazioni finanziarie “spregiudicate” che ora la magistratura mette nel mirino).
Nè più nè meno di chi li aveva preceduti.
L’aspetto originale è la faciloneria e l’incultura di chi ha come unico metro il rastrellamento dei consensi arando gli orientamenti elettorali più beceri.
Come sta avvenendo per la questione vaccini, in attesa della prossima epidemia di morbillo. Puro oscurantismo per blandire superstiziosità  pre-moderne; l’imbarazzante visione magica del mondo, con i suoi curanderos, sciamani e guaritori vari.
Mentalità  retroversa, mixata nel suo “prima gli italiani” con il provincialismo ignorante per vellicare un target che anni di propaganda anti-culturale hanno regredito all’analfabetismo e legittimato nel bullismo.
L’esibizionismo xenofobo e ignorante, per cui il tandem Comune di Genova e Regione Liguria, dopo aver impestato i borghi storici di red carpet da sfigati, che dovrebbero sentirsi star di Hollywood, e riempito il cielo sopra la città  di Euroflora con ombrellini colorati secondo estetiche da villaggio vacanze, ora varano divieti per locali etnici nel centro cittadino.
In una campagna contro il kebab che smaschera questi improvvisati vigilantes del First Italian Food che non hanno mai superato i confini domestici.
Altrimenti saprebbero che quella marocchina è una delle grandi tradizioni gastronomiche mondiali.
E che le principali città  turistiche europee offrono ventagli di scelte alimentari estremamente vasti.
Non solo menù da itinerari campanilistici strapaesani: cassoeula bergamasca, bagnun ligure e spaghetti con la pommarola.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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“GIOVANOTTO COME TI CHIAMI?” COSI’ LE NONNINE DELL’IRPINIA DANNO LEZIONI DI SOLIDARIETA’

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

SUL PULLMAN DELLE “NONNINE” DI UNA ITALIA CIVILE E SOLIDALE

Un bambino cacciato da un parco di Rimini perchè nero. Un ambulante aggredito da un cane perchè “ce l’ha con i negri proprio come la padrona sua”. Un concerto a Venezia trasformato in un porto libico.
Dopo mesi di fake news e di episodi di razzismo, da Facebook arriva una storia di quelle belle, che ferma il tempo e che, almeno per qualche ora, interrompe la narrazione dell’odio.
Protagoniste sono un gruppo di ‘nonnine’ alle prese con un giovane venuto da lontano, dal Gambia. Lo accerchiano, lo guardano e alla fine, incuriosite, gli domandano: “Giuvinò come ti chiami? R’addò vieni?”.
Siamo in Irpinia, più precisamente su un pullman che da Grottaminarda porta a Villamaina. A raccontare l’episodio, con uno scatto condiviso sui social e divenuto virale, è un giovane del posto, Roberto Buglione De Filippis.
“Mi siedo – scrive Roberto – e dopo di me entra Omar, un giovane rifugiato che vive allo Sprar di Lacedonia. Sul pullman c’è un gruppo di donne tra i 75 e gli 80 anni. Guardano Omar e una volta seduto, gli cominciano a fare domande”.
Dopo avergli chiesto nome e provenienza, Omar si presenta, spiega che sta andando a trovare un gruppo di amici a Frigento. Spiega anche che viene dal Gambia, che scappa da una situazione difficile e che sta da anni in Italia.
“Weee, quant si bell, io pure tengo a nepùteme ca sta in Inghilterra, pure da qua se scappa, ma sembra ca tutti se l’ann’ scurdato sto fatto”, dice un’altra.
E ancora una terza signora: “E perchè mio marito non è stato 20 anni a la Germania? Qua è sempre esistito Sud e Nord, che te pienz’. Embè mo ce volessero fa crere ca è un problema sta cosa di viaggià  pè potè campà  meglio…”
“Intanto il pullman della speranza arriva a Sturno, dove scendono le signore”, continua Roberto nel suo post. Ma prima di andare si girano e salutano: “Wee, Omar, mantienete forte, non te preoccupà , nui te vulimm’ bene”.
A distanza di un giorno Roberto è ancora incredulo, difficile capire perchè questa storia abbia avuto tanta risonanza.
Ma forse una spiegazione ce l’ha: “E’ un episodio di normalità  cui ora non siamo più abituati. Una foto che non ti aspetti perchè su Facebook immagini come questa di solito sono accompagnate da parole razziste o che denunciano episodi d’odio”.
“Nessuno – continua –   si aspettava di trovare tanta umanità  in un gruppo di signore di un piccolo paesino del sud Italia. Soprattutto dopo che qualche giorno fa proprio a Sturno, la fermata dove sono scese le signore, due italiani hanno molestato due romene proprietarie di un bar: le hanno chiuse dentro e abbassandosi i pantaloni hanno detto   ‘tanto siete romene a voi piace’ “.
Insomma, per Roberto questa foto è una piccola testimonianza che “l’altra Italia”, quella gentile, ancora esiste e resiste, anche se il più delle volte passa inosservata, fagocitata dai racconti di violenza che la stampa riporta ormai quasi ogni giorno.
Con il loro dialetto e quel ‘ficcanasare’ tipico degli anziani di provincia, queste ‘nonne’ sono riuscite a riportare in primo piano la normalità  e a ricordare a tutti   – soprattutto a quelli che “se l’ann’ scurdato” –   che “pure da qua se scappa”.
Si scappava ieri, con un marito in Germania per 20 anni, e si scappa oggi, con un nipote andato in Inghilterra.

(da agenzie)

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PORTA AL MARE LA MOGLIE IN FOTO: L’AMORE PER SEMPRE AI TEMPI DI FB

Luglio 6th, 2018 Riccardo Fucile

PER FORTUNA AL MONDO NON C’E’ SOLO GENTE DI MERDA CHE SA UNICAMENTE ODIARE

È   diventata virale l’immagine pubblicata su Facebook di un uomo che tutti i giorni porta la moglie al mare: la porta in foto, incorniciata, e appoggia la cornice su un muretto e piange perchè lei non c’è più e non può più vedere il mare e sentirne l’odore.
“Sono giorni che viene non conosco questa splendida persona: so soltanto che il suo è stato sicuramente un grande amore l’ho visto piangere e credo che uomini del genere non nascano più. Un abbraccio forte caro amico sei un grande uomo” scrive Giorgio Moffa sulla sua pagina Facebook
L’immagine è stata subito commentata e condivisa da decine di persone.
Scrive per esempio Roberta: “Testa chinata in cerca di sè, in cerca di lei. Forse perchè si rende conto che sia sotto terra, ma che è viva dentro di lui! A fianco a lui. Ecco quella cornice che tanto abbraccia e porta vicino al suo cuore. Un uomo magari dalle poche parole. Che guarda il mare con la speranza che un suo semplice respiro si perda tra il vento e raggiunga il suo Amore. Ovunque sia”.

(da agenzie)

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