Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
PER 24 ORE HA TENUTO IN OSTAGGIO LA MARINA ITALIANA E LA PROCURA, MA ALLA FINE I PROFUGHI SBARCANO E NESSUNO VIENE ARRESTATO… E IN SERATA IL PETOMANE SE LA PRENDE CON IL QUIRINALE E I GIUDICI
Dopo quarantott’ore assurde, rimane impresso su pellicola il film di un governo diviso sull’approdo
di una nave facente parte di un corpo della sua stessa marina militare, che si è rimpallato le responsabilità e ha avallato l’una o l’altra ricostruzione dei fatti a seconda della convenienza del momento.
Di un presidente del Consiglio del tutto silente. E di un Capo dello Stato che, di fronte a un caos a tratti inspiegabile, ha sentito il dovere di intervenire.
Per riavvolgere la bobina, occorre dirigersi verso sud.
La fortuna del porto di Trapani fu dovuta al commercio del sale. Quello estratto nelle saline dell’entroterra, quello del mare che bagna la Sicilia.
E da oggi quello con cui Matteo Salvini ha lastricato la strada verso l’approdo della nave della Guardia Costieri Diciotti e del suo carico di 67 vite umane.
Una giornata infinita, con l’imbarcazione che già ieri aveva fatto scendere i giri del motore, rallentando in previsione di uno stallo, e che quando stamattina è arrivata in porto è stata invitata a riallontanarsi in rada, per poi approdare poco prima delle 15.00.
Odissea finita? Tutt’altro. Perchè da Innsbruck, dove ha partecipato al vertice europeo dei ministri dell’Interno, Matteo Salvini ha tuonato: “Non autorizzo nessuno a scendere dalla Diciotti”.
Tuoni senza lampi. Perchè non solo il carico di migranti che il titolare del Viminale voleva respingere è arrivato in Italia. Ma il pugno duro sventolato davanti all’opinione pubblica è rimasto con un pugno di mosche in mano.
Il tutto alla fine di lunghissime ore convulse. Con tre direttrici che hanno continuato a intersecarsi, sbattere e rincorrersi per tutto il corso della giornata.
La prima, quella che porta alle pendici delle montagne austriache. Con il ministro dell’Interno che per tutto il giorno ha continuato a volere soddisfazione. Dopo la forzatura del ministero delle Infrastrutture che ha indirizzato la prua della Diciotti verso Trapani, ha preteso che i presunti dirottatori della Vos Thalassa scendessero in manette, condizione sine qua non per autorizzare lo sbarco di tutte le persone a bordo.
La seconda bussa alle porte della procura di Trapani. Dove è andato in scena un lunghissimo vertice per decidere il da farsi.
Decidere, cioè, se ci fossero i presupposti per un fermo cautelare nei confronti dei due migranti (Ibrahim Bushara, sudanese e Hamid Ibrahim, ghanese) che sarebbero andati in escandescenze sul rimorchiatore privato che ha passato il proprio carico di vite umane al corpo della marina militare.
Circostanza sulla quale verifiche e smentite si sono susseguite senza soluzione di continuità , tra gli estremi dell’ammutinamento vero e proprio, da un lato, e il procurato allarme, dall’altro.
Su quel che è successo a bordo i pm sono stati cauti. Indagando sì per violenza continuata ed aggravata nei confronti dell’equipaggio della Vos Thalassa i sospetti, ma non rilevando gli estremi per un fermo.
Niente sbarco in manette, dunque, e ulteriori “approfondimenti investigativi” delegati alla Squadra mobile della città .
Circostanza che di fatto ha sbloccato lo stallo, imponendo lo sbarco ai migranti a bordo che dovranno essere interrogati come persone informate dei fatti.
La terza strada entrava nella capitale. Dove per tutto il giorno Danilo Toninelli ha monitorato la situazione. In costante contatto con Luigi Di Maio, ieri ha forzato la mano identificando il porto di sbarco, oggi si è chiamato fuori dal tira e molla sullo sbarco. “Già abbiamo fatto più di quel che ci competeva — il ragionamento che si faceva nelle stanze del ministero delle Infrastrutture — ora decida Salvini”.
“Se il pericolo paventato a bordo della Vos Thalassa non corrispondesse al vero, lo dirà la magistratura”, ha specificato in serata, dopo che da Innsbruck era trapelata una certa irritazione sulla possibilità che la denuncia dell’equipaggio fosse stata una forzatura per “scaricare” il problema, forzatura alla quale, secondo questa ipotesi, il Mit avrebbe abboccato.
Sulla dinamica di quanto successo indagherà l’autorità giudiziaria. Ma di fronte all’impazzimento quasi surreale della situazione politica si è mosso Sergio Mattarella, che ha monitorato per tutto il giorno la vicenda e di fronte a una nave militare bloccata dall’esecutivo e il coinvolgimento della magistratura come parte in causa nel caos della giornata ha contattato Giuseppe Conte per capire gli sviluppi della situazione.
Il tutto per 67 vite umane ospitate non nella pancia di una nave pirata, ma in un’imbarcazione della Guardia Costiera che ha svolto, come tante altre volte prima di questa, il proprio dovere.
Non esattamente un’invasione.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
IL COMICO SALVINI ORA DICE : “SPERO SCENDANO AL PIU PRESTO”
“Sta per iniziare lo sbarco dei migranti che sono a bordo della nave Diciotti”. A darne l’annuncio il premier Giuseppe Conte, dopo una giornata convulsa e i contatti avuti anche con il capo dello Stato.
Il premier fa sapere che è stata completata l’identificazione delle persone a bordo “con particolare riguardo a quelle a cui risulterebbero imputabili le condotte che configurano ipotesi di reato”. Nei prossimi giorni proseguiranno gli accertamenti e l’ascolto di tutti i testimoni.
Appena rientrato a Roma da Bruxelles, il premier Giuseppe Conte ha ricevuto la chiamata del presidente Mattarella sulla vicenda della nave Diciotti.
Subito dopo ha chiamato Salvini e Toninelli per risolvere la situazione.
Pronta l’inversione di marcia anche dello stesso ministro dell’Interno che per tutta la giornata aveva negato il via libera allo sbarco: i migranti potrebbero sbarcare “nelle prossime ore, mi auguro in nottata”, ha detto arrivando alla festa della Lega a Barzago, ribadendo che lo sbarco avverrà “appena raccolti tutti gli elementi che permetteranno di indagare e poi di arrestare chi ha commesso episodi di violenza”. Anche perchè “prima scendono, prima testimoniano”.
Non ci saranno arresti e in ogni caso lui non ha alcun potere di farlo.
Due migranti indagati. E solo per il più lieve dei tre reati ipotizzati nel rapporto presentato alla Procura di Trapani dagli investigatori dello Sco e della squadra Mobile ,violenza privata in concorso. Nessun arresto.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
IL PREMIER, INSIEME AL SUO MAESTRO ALPA, E’ STATO COMMISSARIO PER L’ASSEGNAZIONE DI UNA CATTEDRA CHE E’ ANDATA A UNA COLLABORATRICE DI LUNGO CORSO DEI DUE… MA NON ERA QUESTO IL GOVERNO CHE DOVEVA COMBATTERE IL NEPOTISMO?
Lorenzo Fioramonti ha preso il problema di petto. Appena insediato al ministero, il nuovo
sottosegretario all’Istruzione ha promesso di combattere «la tradizione di autoreferenzialità , e in alcuni casi di vero e proprio nepotismo», dell’università italiana. Parole forti, pronunciate in un’intervista pubblicata online da L’Espresso il 22 giugno .
L’economista eletto deputato con i Cinque Stelle probabilmente sa già come vanno le cose dalle nostre parti, visto che ha lasciato l’Italia per trovare una cattedra a Pretoria, in Sudafrica.
Se però gli servisse un racconto in presa diretta dei meccanismi di selezione nel mondo accademico, Fioramonti dispone di un esperto a portata di mano. Si chiama Giuseppe Conte. Proprio lui, il presidente del Consiglio, avvocato
con una brillante carriera universitaria alle spalle.
Conte, ordinario di diritto privato a Firenze, ha partecipato a diversi concorsi, prima come candidato e poi, più di recente, è stato chiamato a selezionare gli aspiranti docenti in alcune facoltà giuridiche sparse per l’Italia.
Sulla base di documenti ufficiali, L’Espresso ha ricostruito una vicenda che chiama in causa il capo del governo e il suo maestro Guido Alpa, luminare del diritto con cattedra alla Sapienza di Roma. Nel 2002, proprio Alpa presiedeva la commissione che ha promosso Conte nel concorso per professore ordinario bandito dall’università Vanvitelli di Napoli. In quello stesso anno, come si legge nel suo sterminato curriculum, il futuro premier ha fondato insieme ad Alpa lo studio legale che porta il nome del famoso cattedratico.
La storia che L’Espresso è in grado di raccontare prende invece le mosse nel mese di marzo del 2016. A quell’epoca l’Università San Raffaele di Roma, fondata e controllata dagli Angelucci, meglio noti come proprietari di cliniche nel Lazio, cercava un professore associato di diritto privato per il corso di laurea in “Scienze dell’organizzazione e dell’amministrazione”.
Al termine di un concorso la cattedra è stata assegnata a una studiosa (Giovanna Capilli) con oltre 15 anni di esperienza come ricercatrice e docente universitaria,
che ha prevalso rispetto ad altri tre concorrenti.
Dagli atti depositati emerge però che almeno due dei tre commissari, cioè Alpa e Conte, avevano rapporti professionali di lunga data con la candidata che si è aggiudicata l’incarico. Già nel 1999 Alpa era stato il tutor della vincitrice del concorso, all’epoca neolaureata, quando quest’ultima, dopo gli studi a Messina, era approdata alla Sapienza con una borsa di studio.
La collaborazione è proseguita anche negli anni successivi. Anni in cui la futura professoressa dell’ateneo San Raffaele ha ottenuto molteplici incarichi di docenza e di ricerca in corsi universitari, master e seminari, tutti coordinati da Alpa.
In altre parole, gran parte della sua carriera si è svolta nella scia del famoso professore, con cui ha firmato anche numerose pubblicazioni.
Conte invece è entrato in scena nel 2007. In quell’anno, e fino al 2009, l’avvocato di origini pugliesi ha insegnato diritto privato presso la facoltà di economia della Luiss, l’università romana controllata da Confindustria.
E tra i suoi collaboratori, con un contratto integrativo di docenza, troviamo anche la giovane allieva di Alpa, che dopo una parentesi di qualche anno come professoressa all’Università Giustino Fortunato di Benevento ha infine presentato la sua candidatura per l’incarico di associato all’ateneo romano degli Angelucci.
Dopo i preliminari di rito, ad aprile del 2016 l’università San Raffaele bandisce il concorso per un posto di professore associato di diritto privato.
In base al regolamento interno dell’ateneo, la nomina dei commissari spetta al rettore Enrico Garaci, docente di lungo corso, negli anni Ottanta al vertice dell’università di Tor Vergata, candidato sindaco capitolino per la Democrazia Cristiana e poi a lungo presidente dell’Istituto superiore di sanità . A norma di legge, la commissione deve essere formata da tre professori ordinari del «settore concorsuale oggetto della selezione», cioè, nel caso specifico, il diritto privato.
La platea dei potenziali commissari è quindi amplissima, popolata da decine di nomi. Eppure, Garaci sceglie proprio i due docenti che più a lungo hanno lavorato con uno dei candidati.
A ben guardare, poi, anche il terzo e ultimo commissario, l’avvocato genovese Fabio Toriello, associato a Sassari, fa parte della scuderia degli allievi di Alpa.
Il concorso, come è norma in questi casi, si è poi svolto per intero sulla carta. Nessun colloquio con i candidati. La valutazione è avvenuta in base alle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica dei quattro aspiranti docenti.
All’atto della nomina i tre componenti della commissione sono stati chiamati
a sottoscrivere una dichiarazione in cui affermano che «non sussistono situazioni di incompatibilità (…) con i candidati e con gli altri commissari». Tutti firmano. Nessuno, quindi, si è visto costretto ad astenersi dal giudizio per conflitto d’interessi.
Le maglie della legge in materia sono larghe quanto basta per garantire la regolarità formale della procedura nonostante l’evidente rapporto di vicinanza professionale tra un candidato e almeno due componenti su tre della commissione.
Altra cosa, invece, è la tradizione di “autoreferenzialità ” se non di vero e proprio “nepotismo” che il sottosegretario Fioramonti sostiene di voler combattere.
Casi come quello del concorso targato Alpa e Conte all’università San Raffaele sembrano suggerire che non manchino davvero gli spazi d’intervento per la riforma annunciata dal sottosegretario all’Istruzione in quota Cinque Stelle.
(da “L’Espresso”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
MATTARELLA CHIAMA CONTE E CHIEDE CHIARIMENTI
Due migranti indagati ma solo per il più lieve dei tre reati ipotizzati nel rapporto presentato alla Procura di Trapani dagli investigatori dello Sco e della squadra Mobile.
Nessun arresto. Ibrahim Bushara, sudanese, e Hamid Ibrahim, ghanese, sono indagati solo per violenza privata in concorso continuata e aggravata in danno del comandante e dell’equipaggio del rimorchiatore Vos Thalassa, che domenica li ha soccorsi insieme ad altri 65 vicino a una piattaforma petrolifera. Ammesso che anche questa accusa non si sgonfi.
La ricostruzione dei fatti contenuta nelle informative di polizia, basate sulle testimonianze dell’equipaggio, raggiunto ieri a bordo dagli investigatori, e dagli stessi migranti sulla nave Diciotti della Guardia costiera, ha escluso che a bordo del rimorchiatore possa essersi consumata una rivolta o addirittura un tentativo di dirottamento, come aveva paventato il ministro Salvini.
A chiamarla la Guardia costiera era stato il comandante della Vos Thalassa, preoccupato di non poter più gestire l’ordine a bordo dopo che i migranti avevano capito che sarebbero stati riportati indietro.
Il procuratore Alfredo Morvillo ha affidato alla Mobile ulteriori accertamenti per ricostruire esattamente come siano andate le cose, ma certamente nulla lascia pensare, come aveva chiesto a gran voce Salvini, che possano essere effettuati dei fermi. Bisognerà vedere adesso cosa farà Salvini, che aveva negato l’autorizzazione allo sbarco in attesa dei provvedimenti della magistratura.
Intanto le organizzazioni umanitarie presenti al porto chiedono di velocizzare le operazioni di sbarco e di consentire almeno di far scendere i bambini a bordo.
Ma anche loro farebbero meglio a dotarsi di un legale che provveda a denunciare chi sta bloccando illecitamente dei disperati per sequestro di persona e a querelare chi li ha definiti “delinquenti”, ma non in se de penale, ma in sede civile: ognuno chieda 100.000 euro di danni .
E della sorte della Diciotti si interessa anche il capo dello Stato: Sergio Mattarella segue con attenzione la vicenda della nave bloccata al porto di Trapani, e ha avuto anche contatti con il premier Giuseppe Conte. “.
In altre parti della Sicilia, da Lampedusa a Siracusa, la Guardia di finanza portava a terra altri 83 migranti intercettati in mare, 60 su una barca a vela che navigava in direzione di Noto e 23 intercettati al largo di Lampedusa.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
L’ASSE SOVRANISTA CON GERMANIA E AUSTRIA NON LO AIUTA, COME PREVISTO E’ TIPICO DEI SOVRANISTI PENSARE SOLO AI CAZZI PROPRI
Nemmeno l’asse sovranista con il tedesco Horst Seehofer e l’austriaco Herbert Kickl aiuta Matteo
Salvini.
Al termine di questo vertice informale dei ministri degli Interni dell’Ue, il leader leghista non ha alcun fatto concreto da sbandierare.
Lo ammette anche lui in conferenza stampa.
Come Giuseppe Conte al Consiglio europeo di due settimane fa, anche Salvini torna a casa con un mucchio di promesse. “A fine luglio tirerò le somme su cosa è cambiato…”, dice.
Qui a Innsbruck Salvini è riuscito solo a ‘congelare’ la richiesta tedesca sui movimenti secondari.
Il punto è che i problemi italiani elencati da Salvini a Innsbruck non si sono avvicinati a soluzione nemmeno in questo primo vertice Ue sotto la presidenza austriaca, nemmeno con un governo come quello del Cancelliere Sebastian Kurz, interlocutore politico del vicepremier leghista.
Al vertice, di fronte a Salvini, c’è il commissario europeo all’immigrazione Dimitris Avramopoulos. E lui su tutta la questione ha un punto di vista totalmente differente: difende ciò che è stato fatto dal 2015, difende quello che è anche il suo operato. “Non siamo più dentro la crisi dell’immigrazione. Questo dimostra che quello che abbiamo fatto in questi anni ha dato risultati, ora dobbiamo solo costruire progressi”, dice il commissario di fianco ai ministri Kickl e Seehofer nella conferenza stampa finale del vertice.
Come un cane che si morde la coda, l’asse sovranista si impantana su interessi divergenti e non muove passi concreti in avanti.
Non segna progressi nemmeno la proposta austriaca di realizzare i nuovi centri controllati a gestione europea nei paesi terzi. Eppure si trattava di una proposta che – pur senza ostentarlo – tentava di ribaltare quella raggiunta al consiglio europeo due settimane fa e naufragata praticamente subito: centri di rimpatrio nei paesi Ue che li vogliano, su base volontaria.
In conferenza stampa non c’è più molto da dire.
Sull’Europa, invece, si affida alla fortuna e alla lotteria delle elezioni europee 2019 insieme ai sovranisti: senza fatti.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
CONFERMATA LA CONDANNA A UN DELINQUENTE ITALIANO CONDANNATO PER LESIONI A DUE STRANIERI CON L’AGGRAVANTE DI DSCRIMINAZIONE RAZZIALE
“Che venite a fare qua…dovete andare via”: una frase che, rivolta a cittadini extracomunitari, può assumere i caratteri dell’odio razziale.
Lo afferma la Cassazione, confermando, con una sentenza depositata oggi, la condanna inflitta a un 45enne imputato per concorso in lesioni ai danni di due stranieri, con la “finalità di discriminazione razziale”.
La quinta sezione penale ha rigettato il ricorso della difesa, nel quale si metteva in rilievo, tra i vari punti, un vizio motivazionale in relazione alla contestata aggravante dell’odio razziale.
Durante l’aggressione ai due extracomunitari, avvenuta in un circolo a Gallarate, frequentato da stranieri – era stato rinvenuto anche un manganello in possesso del coimputato del ricorrente – era stata rivolta ai due stranieri la frase “che venite a fare qua…dovete andare via”, come riferito da una delle vittime.
“La circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso – si legge nella sentenza depositata oggi – è configurabile in linea generale, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità , in espressioni che rivelino la volontà di discriminare la vittima in ragione della sua appartenenza etnica o religiosa” e ciò non solo quando “l’espressione riconduca alla manifestazione in un pregiudizio nel senso di inferiorità di una determinata razza”, ma anche quando “la condotta, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio etnico e comunque a dar luogo, in futuro o nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori”.
Nel caso in esame, quindi, “le frasi pronunciate – scrive la Corte – erano ritenute chiaramente espressive della volontà che le persone offese, e gli altri cittadini extracomunitari presenti ai fatti, lasciassero il territorio italiano a cagione della loro identità razziale”.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO AVER TOLTO LE PANCHINE “PERCHE’ CI SI SEDEVANO GLI IMMIGRATI” E’ LA VOLTA DEI BAMBINI DELLA MATERNA …STAMANE E’ STATA DENUNCIATA IN PROCURA
Il salvinismo reale è qui, e ha il cipiglio di Anna Cisint, sindaca-sceriffo leghista di Monfalcone,
provincia di Gorizia.
La sua ultima uscita è il tetto del 45 per cento ai bambini stranieri nelle classi dei due istituti comprensivi comunali, che provocherà l’esclusione di almeno 76 alunni dalle classi e che le è valsa il plauso del ministro dell’Interno in persona: “Bravo il sindaco (leghista) di Monfalcone, occorre rispettare un limite massimo di bimbi stranieri per classe”, ha scritto su Facebook Matteo Salvini.
Ma la trovata di Cisint è soltanto l’ultima di una trafila che sta facendo di Monfalcone, storica città “rossa” e operaia, uno dei principali laboratori del leghismo applicato in Italia
Anna Maria Cisint, nata politicamente in Forza Italia ma agevolmente passata al Carroccio quando il vento ha iniziato a tirare in quella direzione, è sindaco di Monfalcone dal novembre 2016.
Durante la sua campagna elettorale ha scommesso sul tema immigrazione: gioco facile in una città di meno di 30 mila abitanti, in cui la quota di stranieri tocca il 20per cento.
La comunità principale è quella bengalese, la seconda in Italia dopo Roma, che arriva al 7% della popolazione.
Gli stranieri sono una presenza relativamente recente a Monfalcone, cresciuti negli ultimi decenni in modo esponenziale, in primis per rispondere alle necessità di manodopera da parte del cantiere navale di Fincantieri, uno dei più importanti al mondo.
Inevitabili tensioni sociali sono venute a crearsi in una storica città di radicamento operaio. E’ in questo contesto che Cisint ha giocato la sua campagna elettorale, riuscendo a strappare il Comune al centrosinistra, che lo guidava ormai dagli anni Novanta.
Molto attiva sui social, imita in tutto e per tutto il segretario della Lega. E il suo operato da amministratrice è imperniato su un continuo rilancio.
Uno dei suoi primi atti da sindaco, a inizio 2017, è stata l’eliminazione delle panchine di piazza della Repubblica, molto apprezzate dai residenti stranieri.
Da allora la sua giunta non ha più smesso di industriarsi per sorprendere con iniziative grandi e piccole.
Sempre nel 2017 è arrivato il taglio degli abbonamenti dell’emeroteca comunale a Il Manifesto e ad Avvenire (quest’ultimo forse troppo vicino al papa).
Poco prima l’assessore alla Cultura Michele Luise aveva soppresso la storica rassegna teatrale ContrAzioni, definita troppo “di nicchia”.
A giugno dello stesso anno esplode il “caso del cricket”: la Festa dello sport monfalconese sfratta la disciplina più praticata dalla maggioranza bengalese, che ormai da diverse edizioni era una delle componenti più colorite dell’evento.
Il Comune fa sapere che si tratta di una scelta tecnica, a causa della mancata iscrizione al Coni dell’associazione. Peccato che il Coni stesso smentisca.
In luglio Cisint presenta con piglio severo un “decalogo” di comportamenti specifici da rispettare per la comunità bengalese, che va dal divieto di velo integrale negli uffici pubblici al rispetto dei sensi di marcia quando si va in bicicletta.
Curiosamente vi si richiede anche la conoscenza della lingua italiana, anche attraverso “la partecipazione alla scuola materna come elemento di supporto al miglior inserimento scolastico”. Richiesta che cozza con la recente esclusione di decine di bambini stranieri dalle scuole comunali.
Nell’aprile di quest’anno la comunità musulmana locale presenta un progetto per la costruzione di un centro islamico in un ex supermercato, regolarmente acquistato con fondi privati.
Cisint si scaglia come una furia contro l’iniziativa: “Le moschee in Italia non sono previste, punto, e, per quanto mi riguarda, su questo non ci sono dubbi”, dice, interpretando in modo quantomeno curioso il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione.
Il Comune si attiva per bloccare il progetto a causa di presunte irregolarità burocratiche. Ne nasce un ricorso, il cui esito è molto atteso.
L’accordo siglato dalla sindaca di Monfalcone con due istituti della città per fissare alla scuola dell’infanzia il tetto massimo di presenza non italiana al 45% escludendo di fatto 60 bambini, finisce sul tavolo della procura e nell’aula di palazzo Madama creando imbarazzo nella maggioranza.
A fare un esposto è la Flc Cgil che invita dirigenti scolastici e i consigli di istituto, a cui la legge attribuisce il compito di individuare i criteri di ammissione, a ignorare indicazioni di questo tenore.
A sollevare il caso in parlamento, invece, sono le opposizioni. La senatrice Tatjana Rojc del Pd ha presentato un’interrogazione urgente ai ministri dell’Istruzione, Marco Bussetti, e della Famiglia, Lorenzo Fontana, per chiedere se in questa convenzione non vi siano “palesi violazioni degli articoli due e tre della Costituzione”, e quali iniziative si intendano assumere “affinchè sia assicurato a tutti i bambini il diritto allo studio e alla formazione, evitando un possibile trauma di una discriminazione precoce e, al contrario, offerta l’opportunità di una armoniosa e progressiva integrazione”.
A darle manforte è anche Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali, ricordando che lo stesso Bussetti “ha preso le distanze dall’iniziativa della sindaca leghista di Monfalcone”.
In viale Trastevere nessuno in realtà ha preso una posizione ferma e decisa. Bussetti intervenendo ieri mattina a Radio Uno ha detto: “Mi sono informato con gli uffici provinciali i quali hanno dato la possibilità di attivare due classi in più e comunque siamo sulla soglia in percentuale della norma richiesta. Mi sono attivato ieri per evitare episodi del genere. L’inclusione è uno degli obiettivi della scuola per noi”.
Sul fronte opposto si è fatto sentire il sindacato. Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil spiega: “La nostra condanna è netta: episodi come questi alimentano il progetto di una Scuola al di fuori della Costituzione, di una scuola della paura, della scuola della solitudine, dove non c’è confronto, non c’è crescita, ci sono solo discriminazione ed ignoranza. Non è sufficiente da parte del ministro affermare a mezzo stampa che gli uffici scolastici regionali e territoriali competenti non ne erano al corrente: è un atto vergognoso che coinvolge due dirigenti scolastici nella loro funzione di rappresentanti territoriali dell’amministrazione scolastica. Per questo chiederemo chiarimenti al ministro stesso auspicando che quello di Monfalcone sia solo un deplorevole sbaglio da correggere immediatamente”.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
ENNESIMA MORTE BIANCA: SALVATORE CALIANO CADUTO DA UN ASCENSORE MENTRE CERCAVA DI ARRONTONDARE LA PAGHETTA DA BARISTA… MA IL GOVERNO DEVE PENSARE A DARE LA CACCIA AI NEGHER
Non ci stanno, stranno manifestando e hanno ragione, i precari, i giovani come Salvatore Caliano, morto a 21 anni nel centro di Napoli, caduto da un lucernario che si era prestato a pulire con l’intenzione di aggiungere quei pochi euro alla sua paga di barista
“La vita di un ragazzo non può valere 30 euro. Noi non valiamo 30 euro”. Questo lo slogan scandito dai partecipanti al sit-in di protesta a Napoli davanti alla Direzione territoriale del Lavoro all’indomani della morte di Salvatore.
Gli organizzatori dell’iniziativa hanno esposto uno striscione e distribuito volantini. ”Nel 2018 sono già 350 i morti sul lavoro – ha raccontato al megafono uno dei partecipanti – e’ l’ora che tutti si attivino contro precarietà e lavoro nero lo stesso che Salvatore, pochi giorni fa, ha accettato salendo su quel lucernario senza garanzie e senza protezioni. Non si può morire a 20 anni per 30 euro”.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
CONTINUANO GLI EPISODI DI CRIMINALITA’ RAZZISTA
Mancano molti dettagli ma la matrice razzista sembra chiara: ci sono indagini in corso dei
carabinieri di Latina per un gravissimo episodio ai danni di due giovani di colore.
I ragazzi si trovavano nella zona di Latina Scalo e mentre stavano aspettando l’autobus quando, secondo quanto riferito agli uomini dell’Arma, alcuni colpi sarebbero stati esplosi da un’auto scura di passaggio nella zona.
Secondo i militari, che hanno raccolto le prime testimonianze e che sono ancora sul posto, di sarebbe comunque trattato di colpi provenienti da un’arma ad aria compressa.
Siamo all’ennesimo episodio di violenza contro persone straniere.
Dagli spari a Napoli agli africani feriti a Forlì fino alla procura di Torino che ha messo in piedi un pool specializzato visto che i crimini a sfondo razziale sono moltiplicati.
Sono stati colpiti da proiettili di gomma esplosi da una pistola ad aria compressa i ragazzi di colore protagonisti di quello che sembra essere un episodio di intolleranza avvenuto intorno alle 19.40 a Latina scalo.
I ragazzi stavano aspettando l’autobus quando da un’auto di passaggio sono stati esplosi i colpi di pistola. I proiettili di gomma hanno colpito i ragazzi alle gambe.
(da agenzie)
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