Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile “NO ALLA SCHERMATURA TRA CONTI CENTRALI E REGIONALI”
Dal giugno del 2015, mentre la Procura di Genova chiudeva le indagini sullo scandalo degli investimenti leghisti a Cipro o dei diamanti in Tanzania e chiedeva il rinvio a giudizio del senatur Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito, la Lega (al tempo ancora Nord) mutava il suo statuto, cambiava pelle.
Venivano create le “nazioni” – non si tratta altro che delle varie sezioni regionali – e proclamata la loro indipendenza giuridica e finanziaria dalla Federazione, ossia l’organo centrale.
E per rafforzare questa divisione si è interrotto l’invio di denaro tra i conti centrali e quelli locali.
L’iniziativa fu “ratificata” dal segretario Matteo Salvini ed era concomitante all’avvio dei processi agli ex vertici del Carroccio.
E quella scelta di compartimentare in modo così netto i depositi del movimento, ora è al centro delle udienze in corso al tribunale del Riesame del capoluogo ligure: i giudici devono decidere se la Procura — nell’ambito della “caccia” ai 49 milioni di rimborsi truffa percepiti durante l’era Bossi-Belsito – può sequestrare anche il denaro presente nelle casse della varie sezioni regionali.
La Finanza, che ha trovato nelle varie ramificazioni leghiste 3 dei 49 milioni ricercati, finora lo aveva fatto, bloccando tra l’altro 19 mila euro alla Lega Nord Toscana. La quale ha fatto ricorso dichiarandosi del tutto “indipendente” sul piano finanziario.
La Cassazione nelle scorse settimane ha rimandato gli atti al Riesame per un pronunciamento definitivo: nazioni e federazioni – proprio sulla base dello statuto — secondo gli ermellini sono due soggetti giuridici distinti, «non esiste una continuità finanziaria».
Stamattina i pubblici ministeri Vittorio Ranieri Miniati e Paola Calleri, durante la nuova udienza al Riesame, hanno sostenuto il contrario.
Ribadendo che secondo loro tra i vertici del Carroccio e le sezioni esiste «continuità non solo giuridica, ma anche finanziaria».
E hanno fornito due elementi di prova: un bonifico di 26 mila euro che la Lega Nord nel 2015 ha fatto arrivare sui conti dei colleghi toscani e l’articolo 8 dello statuto stesso, che stabilisce un vincolo economico tra centro e “periferia”.
Per i pm genovesi i conti vanno insomma sequestrati pure alle sezioni. Il tribunale si è riservato sulla decisione finale e si pronuncerà nei prossimi giorni.
(da “il Secolo XIX”)
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Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile E QUALCUNO DIMENTICA LE FOIBE (CHE SI RICORDANO SOLO QUANDO COMODO)
I mondiali di calcio si sono conclusi ieri a Mosca con la vittoria per 4 a 2 della Francia di Deschamps
sulla Croazia di Dalić. Francesi per la seconda volta campioni del Mondo, nonostante il tifo “contro” di personaggi del calibro di Matteo Salvini — volato nella capitale russa per assistere alla partita — e dei sovranisti italiani che per un giorno hanno dimenticato il dramma degli esuli giuliano-dalmati cacciati dall’allora Juogoslavia (oggi Croazia) dopo la sconfitta del nostro Paese nella Seconda Guerra Mondiale.
Anche il cooperante internazionale Alessandro Di Battista ha fatto sapere di aver tifato Croazia (nonostante la sua fidanzata sia di origini franco-algerine e quindi figlia del meticciato colonialista francese).
Gli irredentisti del nuovo Millennio hanno deciso di tifare per la Croazia, un popolo “etnicamente omogeneo”, orgoglioso, sovrano.
Certo, la Croazia ci deve ancora “restituire” Pola, Fiume e la penisola istriana. Ma sono dettagli.
Perchè ieri la partita non era tra due nazionali di calcio ma tra due modi di intendere la realtà . Da una parte un paese che non ha aperto le porte agli stranieri, dall’altro il prodotto del meticciato e del famigerato piano Kalergi.
Tant’è che in molti hanno definito la Francia una “Selezione Africana” perchè tra gli 11 galletti in campo di francesi “non ce n’era nessuno”.
Libero parla oggi di “vittoria di un impero coloniale che coglie i frutti del suo dominio sull’Africa”.
Se così fosse allora la Francia avrebbe dovuto vincere tutte le edizioni della Coppa del Mondo. La Croazia invece ha schierato in campo 11 giocatori “puri”, non si è arresa all’ideologia dell’Europa meticcia. Questo è piaciuto moltissimo ai sovransiti che sognano anche per l’Italia una nazionale così. Con buona pace di quelli che festeggiavano — ostentando il loro non essere razzisti — dopo la vittoria delle quattro staffettiste italiane della 4à—400 ai giochi del Mediterraneo.
C’è chi arriva al punto di negare che quella che ha vinto sia una squadra europea; ha vinto una squadra africana e la Francia viene accusata di aver “derubato gli africani attribuendosi la loro vittoria”. Eppure tra i Bleus c’erano solo ed esclusivamente cittadini francesi.
La Francia insomma ha “barato”. Non così i croati che — giusto per ribadire qual è il punto — sono bianchi e cattolici. Poco importa a questo punto se l’omogeneità etnica, culturale e linguistica della Croazia sia stata ottenuta anche a spese di quegli italiani che ci abitavano fino al 1945.
Del resto i sovranisti hanno qualche problema a scendere a patti con la storia e a ricordare il programma di italianizzazione forzata della regione operata dal regime Fascista.
Perchè se si vuole derubricare la vittoria francese a vittoria del colonialismo bisogna ricordare anche che il secondo posto croato (un risultato di tutto rispetto per la nazionale di Modric) è quindi la vittoria di un popolo sul colonialismo: quello italiano (e come dimenticare le operazioni di pulizia etnica ai danni dei serbi compiute dal regime di Pavelić).
Utenti con evidenti questioni irrisolte con la grammatica e la lingua italiana ci spiegano come il meticciato rappresentato dalla Francia “distruggerà la cultura europea culla di tutto”. Si potrebbe discutere per giorni su come la cultura europea sia essa stessa frutto del colonialismo, ma sarebbe forse troppo.
C’è chi preferisce essere eliminato alle qualificazioni per i prossimi otto mondiali e restare italiano, perchè bisogna fermare l’invasione.
Un po’ come chiedeva il sondaggio della pagina Casapound Memes, che è finito come tutti gli ultimi sondaggi su Facebook, ovvero con la vittoria del meticciato e delle “risorse”.
C’è chi ricorda le vittorie italiane ai Mondiali. Quella del 2006 proprio sulla Francia “meticcia” in un’Italia “priva di talenti del calibro di Balotelli” ma che schierava in campo l’italo-argentino Camoranesi.
Anche le vittorie alla Coppa Rimet del 1934 e del 1938 sono frutto del meticciato. Nel 1934 alla sua prima vittoria l’Italia schierò ben quattro “oriundi”. All’epoca però nessuno temeva l’invasione per il semplice motivo che gli invasori eravamo noi italiani, impegnati a costruire in Africa un nuovo “Impero”.
Ma l’uomo bianco e italico si sente minacciato da questi ragazzotti “africani”. Il piano Kalergi, finanziato ovviamente da Soros, sta trionfando. L’Italia sarà riempita di stranieri arrivati via mare e la sostituzione etnica è ormai avviata.
Poi magari si guardano i dati, i numeri, quelli sui quali è difficile costruire narrative complottiste, e si scopre che in Italia la percentuale di stranieri è inferiore al 10%, che gli stranieri non sono tutti delinquenti o scrocconi di sussidi e aiuti statali.
Ma c’è chi crede che ci sia in atto un vero e proprio genocidio della popolazione bianca. A dirlo sono persone che magari negano l’esistenza di altri genocidi, ben più reali e drammatici dell’orgoglio ferito di un tifoso che frigna perchè ha perso la sua squadra del cuore.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile VISEGRAD CONTINUA A NON RISPETTARE GLI OBBLIGHI EUROPEI
Sono tutti sbarcati a Pozzallo i migranti giunti a bordo delle navi Monte Sperone (209 persone) e Protector (184 persone). Ora gli uomini della Prefettura e della Questura sono al lavoro per attivar le procedure di ricollocamento nei gli altri paesi europei, come chiesto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che nei giorni scorsi aveva inviato una lettera agli altri capi di governo della UE per chiedere che si facessero carico di una quota dei migranti in arrivo in Italia.
I migranti in questione sono i 450 che nei giorni scorsi si trovavano a bordo di un barcone proveniente dalla Libia che i ministri Salvini e Toninelli avrebbero voluto dirottare su Malta.
Fortunatamente per i migranti Germania, Spagna e Portogallo hanno acconsentito ad accogliere 50 persone a testa. Anche Belgio e Svezia sono orientate a dare il loro assenso per il ricollocamento di migranti e richiedenti asilo.
Per il ministro dell’Interno Matteo Salvini si tratta di un «grande successo politico», ma la realtà delle cose è ben diversa.
Gli “amici” del Segretario della Lega, i capi di Stato e di governo dei paesi del gruppo di Visegrad hanno infatti fatto sapere che non si faranno carico dei migranti sbarcati a Pozzallo.
Non è una novità , Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia hanno sempre rifiutato di accogliere i rifugiati sbarcati in Italia.
Sono 12.725 i migranti cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato che sono già stati trasferiti verso altri paesi europei, come da accordi tra i governi UE.
La metà di questi è stata ricollocata in Germania, Svezia e Paesi Bassi. I paesi del gruppo di Visegrad invece hanno ermeticamente chiuso le frontiere anche a coloro che hanno visto riconosciuto il diritto all’asilo politico.
Si tratta di “veri profughi”, persone che scappano dalla guerra o da persecuzioni religiose che anche secondo Salvini (ministro e papà ) hanno diritto ad essere accolti in Italia e in Europa.
Ad esempio tra coloro che sono sbarcati oggi a Pozzallo c’è un ragazzino eritreo di 15 anni partito assieme al padre per arrivare in Europa. Il papà però è morto nel deserto e lui è arrivato da solo diventando così suo malgrado “minore non accompagnato” che quindi non potrà essere rimandato indietro e avrà diritto quantomeno alla protezione umanitaria (senza dimenticare che tra Etiopia ed Eritrea c’è la guerra).
Conte ha convinto alcuni colleghi europei a farsi carico delle loro responsabilità . Matteo Salvini invece non è riuscito a far cambiare idea ai suoi “amici”.
Il primo ministro della Repubblica Ceca Andrej BabiÅ¡ ha scritto su Twitter: «Ho ricevuto la lettera del premier italiano Giuseppe Conte in cui chiede all’Ue di occuparsi di una parte delle 451 persone ora in mare. Un tale approccio è la strada per l’inferno».
In un tweet successivo BabiÅ¡ ha ribadito che in ossequio al principio sancito all’ultimo Consiglio Europeo (quello dove Conte aveva “imposto” la linea italiana) il suo paese si sarebbe attenuto strettamente al principio della “volontarietà ” riguardo l’accoglimento dei richiedenti asilo (invece per quanto riguarda i rifugiati c’è un obbligo a livello europeo ad accogliere una quota di quelli “processati” in Italia). Secondo Praga «l’unica soluzione alla crisi è il modello australiano, cioè non fare sbarcare i migranti in Europa»; l’Australia ha allestito dei centri di detenzione per i migranti su alcune isole in paesi stranieri (Manus Island in Papua Nuova Guinea e Nauru a Nauru) dove i migranti sono tenuti in condizioni brutali in un limbo senza fine e senza senso.
Questa sembrerebbe anche l’idea di Salvini quando ha proposto la costruzione di centri “ai confini Sud della Libia”.
Anche l’ungherse Istvan Hollik, portavoce di Fidesz, il partito di Viktor Orban non vuole i migranti: «L’Ungheria non accoglie nessuno. Gli elettori ungheresi si sono espressi chiaramente alle ultime elezioni: non vogliono vivere in un Paese di immigrati».
Hollik spiega che «gli ungheresi rifiutano il piano Soros». Perchè per il governo magiaro le navi delle Ong sono tutte finanziate da Soros con l’obiettivo di sostituire i popoli europei con migranti africani.
Una teoria sposata anche da Salvini che però non riesce ad essere così efficace quanto gli amici di Visegrad.
Il sottosegretario agli Esteri, il pentastellato Manlio Di Stefano se la prende con il premier della Repubblica Ceca, pur ammettendo che la strada da percorrere sul lungo periodo sia quella indicata da Babis.
Di Stefano però chiede ai paesi di Visegrad di fare la loro parte, oppure di ammettere di aver sbagliato l’Unione a cui hanno aderito.
Di diverso avviso è il suo collega, il sottosegretario agli esteri Guglielmo Picchi (Lega) che invece approva in toto la linea dei paesi del gruppo di Visegrad (anche se critica i toni di Babis).
In realtà sui migranti sbarcati a Pozzallo ha ragione Praga perchè l’accordo firmato da Conte al Consiglio Europeo prevede che il trasferimento delle persone salvate in mare possa avvenire solo su base volontaria senza alcun pregiudizio sulla riforma del regolamento di Dublino.
Riforma che, è bene ricordarlo, prevedeva l’obbligo per gli stati membri di farsi carico dei richiedenti asilo (e non dei rifugiati) in base ad un sistema automatico di ripartizione delle quote.
La proposta però è stata bocciata dal MoVimento 5 Stelle (il partito di Salvini invece si è astenuto).
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile SALVINI E DI MAIO, QUANDO LA POLITICA E’ FATTA SOLO DI PAROLE
Come ha scritto sul Corriere della Sera Angelo Panebianco, la politica non è fatta solo di azioni, ma
anche di parole. Il guaio del nuovo corso che si è aperto dopo le elezioni del 4 marzo è che le parole producono più danni delle azioni (in verità molto poche).
I fratelli De Rege della politica italiana, i due vice presidenti del Consiglio che hanno preso in ostaggio il premier, di parole a sproposito ne stanno dicendo tante. E rendono ogni giorno attuale quanto Albert Einstein soleva dire.
A conoscenza del grande scienziato solo due cose non avevano limiti, lo spazio e la stupidità umana: mentre sull’illimitatezza del primo aveva dei dubbi, per la seconda solo delle certezze.
Cominciamo dal maggiore della celebre coppia.
Matteo Salvini ha preso carta e penna e ha inviato al quotidiano di via Solferino una lettera di risposta a un editoriale di Antonio Polito, nel quale l’autore si chiedeva se il Governo avesse una cabina di regia. Il ministro rivendica i suoi meriti nella lotta all’immigrazione clandestina e nella chiusura dei porti anche alle navi militari italiane o europee inquadrate nella operazione Frontex, come se questo fosse il solo e principale compito del sedicente governo del cambiamento e il metro di misura per valutarne l’iniziativa.
Senza voler giudicare la scelta politica (che non condivido nè rispetto) mi domando se sia il caso che un ministro affronti un problema tanto difficile e delicato trattando dei ‘poveracci’ che rischiano la vita nel Canale di Sicilia come degli scrocconi, che mistificano una condizione di disperazione (l’ultima trovata del ministro riguarda il fatto che i migranti tornano a trascorrere le ferie in patria) e consideri le Ong alla stregua di organizzazioni criminali alleate con i mercanti di carne umana, allo scopo di lucrare sulle risorse stanziate per l’accoglienza.
Questo è un modo, vile e disonesto, di disinformare l’opinione pubblica e di rassicurarla a non mettersi dei problemi di coscienza se qualcuno ci lascia la pelle, visto che, in verità , sono pochissimi quelli che hanno veramente bisogno, mentre la grande maggioranza degli invasori sbarca nella Penisola a cercare la ”pacchia” e a rubare, per quattro soldi, il lavoro agli italiani.
E ovviamente a delinquere. Ma ciò che offende ancora di più è la prassi di intimidire quanti criticano questa linea di condotta. Chi scrive non ha simpatia per Roberto Saviano, ma trova intollerabile che un ministro vada in televisione a minacciare di toglierli la scorta: una decisione che non è di sua competenza come si è affrettato a riconoscere a chi glielo faceva notare.
Ma possono apparati pubblici alle sue dipendenze ignorare le intenzioni di un ministro per di più vendicativo?
Lo stesso comportamento Salvini lo ha tenuto con Tito Boeri, reo di aver espresso opinioni diverse dalle sue sul tema dell’apporto dei lavoratori stranieri alla demografia e all’economia del Paese.
Per il ”poliziotto d’Italia” non conta che sul fronte demografico, lo scenario EPC-WGA (Commissione della politica economica della Ue) ipotizzi, rispetto alla precedente previsione (Europop 2013), una sensibile contrazione del flusso netto di immigrati ed indichi questo trend come un motivo di riduzione dell’offerta di lavoro, per di più in grado di porre seri problemi all’equilibrio dei conti pensionistici.
Siamo tornati al principio dell’eius regio, cuius religio: nell’Italia giallo-verde, in tema di immigrazione, vige il pensiero unico, perchè è stato votato dalla maggioranza degli italiani. Boeri è dunque avvertito: i giustizieri passeranno anche da via Ciro il Grande.
Per sua fortuna, il minore dei fratelli De Rege ha bisogno del professore bocconiano e lo difende; almeno fino ad ora, prima dell’accusa di concorso esterno in tabella intrufolata: del resto dove potrebbe trovare Luigi Di Maio una copertura tanto autorevole per il misfatto compiuto a danno dei vitalizi degli ex deputati e di quello da compiere sulle c.d. pensioni d’oro?
Anche su questi argomenti evito di dire la mia. Mi sembra, tuttavia, doveroso denunciare il linciaggio a cui sono sottoposti coloro che subiranno i tagli, alla stregua dei peggiori delinquenti e dei profittatori di regime. Ai c.d. pensionati d’oro (la caratura la decide Di Maio) è stato dato l’epiteto inaccettabile di ”parassiti”.
Ma quel che è ancor più inaccettabile è la campagna di dileggio e discredito che si sta preparano contro coloro che faranno ricorso.
Vedremo comparire delle liste di proscrizione pubblicate dai quotidiani e diffuse dai talk show, allo scopo di presentare come degli egoisti, se non dei veri e propri vermi, coloro che intendono avvalersi di un diritto riconosciuto dall’articolo 24 della Costituzione a ogni cittadino.
Ormai non spetta più ai giudici stabilire ciò che è conforme alla legge, ma al ”popolo” e a chi pretende di rappresentarne le istanze.
Persino ai giudici delle leggi, se chiamati a pronunciarsi, sarà imputato di decidere in base ad un conflitto di interessi che li porterà a difendere il proprio trattamento.
Buon ultima è arrivata la ”manina” che ha infilato una tabella ”non allineata” nel decreto Dignità , nella quale viene certificato, con la chiarezza dei numeri, che la controriforma dei contratti a termine potrebbe togliere di mezzo 80mila posti di lavoro in un decennio (con allegato corollario di minor gettito fiscale e contributivo).
Un ministro che si permette di minacciare di spoil system e di repulisti il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato è un irresponsabile.
Soprattutto se lo fa per liquidare un bravo civil servant come Daniele Franco e sostituirlo con una persona più accomodante quando ci sarà da mettere le ”bollinature” (la procedura di cui Di Maio non conosceva l’esistenza) sotto le norme di spesa.
A tal proposito il governo ha il diritto di scegliersi i dirigenti apicali nei gangli essenziali dell’amministrazione pubblica, nei tempi e nei modi previsti dalle leggi vigenti.
Ciò vale, alla scadenza del mandato, anche per il presidente dell’Inps. Ma non ha il diritto di accusare di fellonia degli amministratori e dei funzionari pubblici che eseguono il loro compito con onestà e professionalità .
Tuttavia, l’aspetto ancora più stomachevole riguarda i commenti che, sulla rete, accolgono prese di posizione critiche come le mie.
Nessuno si prende la briga di replicare nel merito, portando argomenti diversi e contrari. Si raccolgono solo offese, insulti e minacce. Soltanto attacchi alla persona.
Io non voglio dare definizioni esagerate a questo clima di odio che circola liberamente e si autoalimenta. Ma un’idea me la sono fatta.
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole. Anzi di antico.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile 236 CURRICULUM PRESENTATI, MA I 5 DA SOTTOPORRE AL VOTO LI HANNO SCELTI I VERTICI NON LA BASE
Mercoledì il Parlamento eleggerà i membri del nuovo Consiglio di Amministrazione della Rai. L’elezione avverrà con sistema previsto dalla riforma del 2015 della Rai e del Servizio pubblico radiotelevisivo voluta da Matteo Renzi.
Due componenti del CdA saranno eletti dalla Camera, due dal Senato, altrettanti verranno nominati dal Consiglio dei Ministri e uno invece verrà eletto dai dipendenti di viale Mazzini.
Il consiglio d’amministrazione provvederà poi a nominare, su proposta dell’assemblea dei soci (Siae e Ministero dell’Economia), l’amministratore delegato dell’azienda.
La riforma del 2015 ha diminuito il numero di consiglieri (da 9 a 7) e notevolmente aumentato il peso della politica e del governo all’interno dell’Azienda, dando maggiori poteri alla figura dell’ex Direttore Generale.
In precedenza i nove consiglieri erano designati, in numero di sette, da parte della Commissione parlamentare di vigilanza e i restanti due, tra cui il presidente del cda, dal Ministero dell’Economia e della Finanza.
Oggi il MoVimento 5 Stelle ha annunciato che saranno gli attivisti — tramite Rousseau — a scegliere i quattro nominativi (due per ogni ramo del Parlamento) che deputati e senatori a 5 Stelle proporranno all’Aula mercoledì.
I vertici del M5S hanno scelto, in maniera come sempre trasparente, la rosa dei cinque candidati da proporre sul “sistema operativo” del partito di Grillo e Casaleggio. E non deve essere stata una selezione facile. In totale sono stati 236 i curriculum degli aspiranti membri del consiglio di amministrazione presentati sui siti di Camera e Senato. Le candidature alla Camera sono state 196, quelle al Senato 169 al Senato (129 quelle presentate sia a Montecitorio che a Palazzo Madama).
Non è chiaro come si sia arrivati a sole cinque candidature, sul suo sito ufficiale il MoVimento spiega che «è stata fatta una prima scrematura e sono stati individuati dei profili pronti ad impegnarsi nella realizzazione della nostra visione di tv pubblica facendo del merito il principale criterio di selezione».
Ecco perchè invece che far decidere ai cittadini («gli italiani sono i datori di lavoro dell’azienda» si legge sul Blog) come di consueto la decisione è già stata presa e gli utenti dovranno solo ratificarla.
I cinque nomi scelti (ne saranno votati solo quattro) sono: Paolo Cellini, Paolo Favale e Claudia Mazzola (che hanno presentato la candidatura in entrambe le camere); ci sono poi Beatrice Coletti (che si è candidata solo al Senato) ed Enrico Ventrice (che ha depositato il curriculum solo alla Camera).
Di fatto quindi il MoVimento ha già deciso chi sarà ad essere candidato per il CdA, e con il solito giochino della democrazia diretta gli attivisti avranno l’impresso di avere nelle loro mani la decisione.
Non è detto poi che su quei quattro nomi votati su Rousseau la maggioranza gialloverde troverà una convergenza.
Si può ipotizzare che la scrematura abbia lasciato in piedi le candidature gradite anche alla Lega (o ad altre forze politiche). Se così fosse però la Rai sarebbe già stata spartita secondo i tanto disprezzati “canoni cencelliani”.
Senza dimenticare che il Governo Lega-M5S dovrà in ogni caso trovare un accordo per eleggere altri due dei sette membri del CdA.
Il MoVimento teme che la Lega, sicuramente più esperta in questo genere di giochi, possa fare qualche brutto tiro. Nel dubbio punta a occupare il maggior numero di poltrone possibile. Ed un tecnico eletto da una maggioranza politica, anche se scelto in base alle competenze, rimarrà in ogni caso legato a quella maggioranza.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: RAI | Commenta »
Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile C’E’ PURE L’EX DIRIGENTE LICENZIATO IN TRONCO
C’è chi, come Claudia Mazzola, è stata attaccata per i suoi “servizietti” contro il M5S. E chi invece
dalla Rai è stato licenziato in tronco con l’accusa di aver diffuso all’esterno informazioni riservate interne all’azienda del servizio pubblico, come Paolo Favale, ex numero 3 dell’ufficio legale di Viale Mazzini.
In tutto sono cinque i nomi dei possibili candidati del Movimento 5 Stelle al cda Rai, che saranno votati martedì sulla piattaforma Rousseau
Tra questi, due fanno più notizia di altri. Mazzola, infatti, è già stata oggetto d’attenzione del Movimento 5 Stelle, in passato: nata a Perugia il 28 agosto 1971, giornalista in forza alla redazione politica del Tg1 dal 2012, ha lavorato precedentemente per i settimanali di Rai Parlamento e per il programma Telecamere. Ha seguito, tra l’altro, le iniziative del Parlamento europeo e della Commissione per i diritti umani del Senato con reportage da Ungheria, Turchia e Sudan.
Nell’estate del 2014 fu duramente attaccata dal blog di Beppe Grillo con un post firmato da Rocco Casalino, attualmente portavoce del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e all’epoca a capo della comunicazione del gruppo M5S al Senato. Due giorni dopo alcuni parlamentari grillini chiesero le dimissioni della giornalista del Tg1.
La ragione? “Siamo stanchi di assistere all’ennesimo servizio fazioso del tg1”, scriveva Rocco Casalino sul blog di Grillo. “Ieri sera a fare disinformazione è stata la giornalista Claudia Mazzola: nel suo servizio dedica 15 secondi al videomessaggio di Beppe Grillo, riportando solo le parole rivolte a Renzi e oscurando completamente la parte importante del videomessaggio, quella in cui Grillo parla della crisi economica e dello stato drammatico del nostro Paese, temi evidentemente scomodi per la propaganda del governo e che è meglio tenere nascosti agli italiani. Il resto del servizio, invece, ruota tutto su una meschina bugia costruita ad arte per infangare il MoVimento 5 Stelle sostenendo che Di Battista sia a favore dei terroristi. E per rafforzare la menzogna, si dà largo spazio alle dichiarazioni altrettanto false e bugiarde dei vari politici di turno. La vera vergogna è una tv pubblica che non è più in grado di raccontare la realtà , ma che sa solo deformarla e fare disinformazione”.
Il post, che prendeva di mira il “servizietto” della Mazzola, riportava le polemiche politiche nei confronti ella posizione dell’ex deputato Di Battista sull’uccisione da parte dell’Isis del giornalista americano Foley.
L’altro nome “noto” della rosa dei cinque proposta dal M5S alla base è quello di Paolo Favale: nato a Roma il 22 dicembre 1958, è un avvocato con esperienza decennale nella direzione Affari Legali della Rai, dove ha lavorato fino al 2014. In particolare negli ultimi anni è stato responsabile della struttura Societario e Legislativo.
Ha esperienza anche in studi legali attivi nel settore telecomunicazioni.
È considerato uno dei massimi esperti nel suo campo, ma la sua competenza non gli ha evitato il licenziamento in tronco in epoca Gubitosi per aver violato, secondo i vertici di Viale Mazzini, gli obblighi di riservatezza redigendo un documento relativo all’applicazione all’ufficio legale della RAI della nuova legge professionale n. 247\12 e del Regolamento degli uffici legali di enti pubblici, utilizzando notizie riservate e diffondendo, o contribuendo a diffondere, tale documento, alla stampa.
Solo pochi giorni fa è stata pubblicata la sentenza emanata a maggio dalla Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso presentato da Favale contro il suo licenziamento e riconoscendo nell’operato dell’ex dirigente agli affari legali della Rai il carattere sindacale.
C’è poi Paolo Cellini che ha lavorato in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Israele in multinazionali americane come Microsoft e Disney e in Italia come ad e dg e componente del cda di aziende pubbliche e private nei settori media/high tech e retail. Oggi insegna Economia digitale alla Luiss e ha al suo attivo diverse pubblicazioni e libri sulla materia. Beatrice Coletti, invece, è nata a Milano il 25 gennaio 1969, ha al suo attivo ruoli da ad e direttore di canali tv e 26 anni di esperienza in diversi comparti del settore.
E’ stata tra l’altro capo delle produzioni del Gruppo Fox e si è occupata delle startup dei canali italiani e della creazione dei canali Fox Crime e Fox Life; dirigente di TI Media come responsabile delle produzioni News e Sport di La7 Televisioni. Guida le produzioni di Fremantle Media Italia ed è consulente di Sky.
Infine c’è Enrico Ventrice, nato a Roma il 14 settembre 1974, è documentarista e produttore televisivo. Negli ultimi 12 anni, fino a marzo 2018, ha lavorato per l’azienda americana Global Vision Group Newsnet, che si occupa di news e produzioni televisive.
Dal gennaio 2015 allo scorso marzo si è occupato della gestione del personale tecnico e dell’organizzazione della produzione per la sede Rai di New York, seguendo tra l’altro le presidenziali Usa del 2016.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile A SUO PARERE OCCORRE TROVARE “QUALCHE AITANTE GIOVANE LOCALE”
Sulle spiagge di San Vincenzo, in provincia di Livorno, quest’estate ci saranno bagnini reclutati direttamente dalla Sicilia.
Una decisione, quella del Comune toscano, che non è andata giù al consigliere regionale della Lega, Roberto Biasci, che ora chiede approfondimenti.
“Sono rimasto quantomeno perplesso nell’apprendere che il servizio di salvataggio è stato affidato a bagnini provenienti da Mazara del Vallo, località in provincia di Trapani – commenta Biasci – Possibile che non si sia trovata la disponibilità di qualche aitante giovane locale che potesse avere le giuste caratteristiche per svolgere questa attività ?” “Con tanti giovani in cerca di occupazione, anche stagionale – si domanda Biasci – si è fatto davvero il massimo per non dovere far addirittura risalire la penisola ai prescelti siciliani?”.
Il consigliere non si ferma qui. “Forse ci si doveva muovere per tempo – continua – considerato che il servizio doveva partire a metà giugno e solo ora, almeno per quel che ci risulta, sarà pienamente operativo”. La vicenda, secondo l’esponente del Carroccio, è “abbastanza particolare”. “Comunque ci auguriamo che i bagnini in trasferta vengano chiamati in causa il meno possibile – aggiunge – ciò vorrà dire che i bagnanti non si sono trovati in situazioni di emergenza e pericolo”.
Domani il consigliere leghista sarà in Regione e chiederà ulteriori spiegazioni anche sui costi dell’operazione, che si assestano sui 50mila euro: “Noi siamo aperti a tutti sia chiaro, i giovani che provengono dal Sud devono lavorare proprio come i nostri – ci tiene a precisare – quel che voglio capire, però, è se davvero si è fatto lo sforzo di dare la precedenza ai giovani locali. Se non ci sono bagnini toscani disponibili e se ci troviamo in emergenza, va bene che vengano chiamati rinforzi da tutta Italia”.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile “PRONTO A DIMOSTRARE LA MIA ASSOLUTA ESTRANEITA’ AI FATTI”
Rinviato a giudizio per riciclaggio l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini. È quanto ha deciso
il gup di Roma che ha mandato a processo anche la compagna di Fini, Elisabetta Tulliani, il padre e il fratello di quest’ultima, Sergio e Giancarlo, e il “re delle slot” Francesco Corallo. Il processo è stato fissato per il 30 novembre davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Roma.
“Il gup ha rinviato tutti a giudizio – è il commento dei suoi legali, Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno – ritenendo che la vicenda, così complessa e articolata, anche alla luce di quanto argomentato da noi difensori in sede di discussione, sia meritevole di essere sottoposta al vaglio del tribunale”.
“Sono pronto a chiarire davanti ai giudici e a dimostrare la mia assoluta estraneità dei fatti”, ha riferito Gianfranco Fini ai suoi difensori.
Tra le operazioni al centro dell’indagine anche la vendita della casa di Montecarlo, lasciata in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale, che sarebbe stata acquistata, secondo l’accusa, da Giancarlo Tulliani attraverso società offshore con i soldi dell’imprenditore Corallo, accusato già¡ di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio ed evasione fiscale.
Un’operazione effettuata nel 2008, per poco più di 300mila euro e che con la cessione dell’immobile nel 2015 fruttò un milione e 360mila dollari. Rinviati a giudizio anche altri cinque indagati tra i quali l’ex deputato di Forza Italia Amedeo Laboccetta.
I fatti risalgono al 2008 e nel fascicolo si parla di un giro di riciclaggio di oltre 7 milioni di euro.
A tanto ammonterebbero i profitti illeciti accumulati da Sergio e Giancarlo Tulliani, insieme alla moglie dell’ex presidente della Camera.
I Tulliani dopo aver ricevuto, attraverso le loro società offshore, enormi trasferimenti di denaro disposti da Corallo privi di qualsiasi causale o giustificati con documenti contrattuali fittizi, avrebbero trasferito e occultato, con frazionamenti e movimentazioni ad hoc, il profitto illecito del gruppo utilizzando conti accesi in Italia e all’estero.
Oggetto di queste vorticose operazioni, tra l’altro, sarebbero stati 2,4 milioni di euro, che Sergio Tulliani avrebbe trasferito ai figli, Elisabetta e Giancarlo, dopo averli ricevuti da Corallo.
Secondo gli inquirenti, il denaro, reimpiegato in acquisizioni immobiliari a Roma e provincia, arrivò da Corallo in coincidenza dell’approvazione del decreto 78/2009 che rinnovò la disciplina del settore del gioco d’azzardo a vantaggio delle società finite nell’inchiesta.
Nell’inchiesta è finito anche il plusvalore, di oltre 1,2 milioni di euro, derivante dalla vendita dell’appartamento di Montecarlo, in boulevard Princesse Charlotte 14, già di proprietà di Alleanza Nazionale di cui erano divenuti proprietari, di fatto, i fratelli Tulliani, a spese di Corallo, che avrebbe anche provveduto alla creazione di società offshore riferite ai Tulliani.
A seconda delle posizioni la procura contesta i reati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio e evasione fiscale. Secondo l’accusa, Corallo, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani, lo stesso Laboccetta, Rudolf Theodoo, Anna Baetsen e Lorenzo Lapi, avrebbero fatto parte di un’associazione per delinquere che, nell’evadere le tasse, era dedita al riciclaggio di centinaia di milioni di euro.
I soldi, una volta ripuliti, sarebbero stati utilizzati da Corallo per attività economiche e finanziarie, ma anche nell’acquisto di immobili che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.
Gli accertamenti del procuratore aggiunto Michele Prestipino e del pm Barbara Sargenti hanno riguardato anche l’immobile Boulevard Principesse Charlotte 14 finito nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, attualmente libero su cauzione a Dubai. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due società (Printemps e Timara) costituite ad hoc.
Il coinvolgimento di Fini (che ascoltato dagli inquirenti il 16 novembre ha respinto tutte le accuse) nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo.
Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani.
I Tulliani, in base a quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore messe in atto tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco e Santa Lucia. I Tulliani, come del resto Fini, sono accusati solo di concorso in riciclaggio e non anche di associazione per delinquere.
Un rapporto, quello tra l’ex vicepremier e Corallo, scriveva il gip Simonetta D’Alessandro nell’ordinanza di arresto di Giancarlo Tulliani, maturato apparentemente solo dopo un’importante gara, bandita nel 2002, vinta dalla Rti del “re delle slot” in materia di giochi.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2018 Riccardo Fucile POZZALLO, TUTTI A TERRA I 450 PROFUGHI, QUATTRO ANNEGATI NI MARE… “FINE DI UNA SOFFERENZA PROLUNGATA E INGIUSTA”
Sono tutti a terra i migranti a bordo della nave Monte Sperone della Finanza e della Protector di Frontex, ferme da sabato in rada a Pozzallo.
L’autorizzazione allo sbarco è arrivata dal Viminale poco prima della mezzanotte di ieri. Nella notte, sono scesi 128 minori non accompagnati, tre con i genitori, 44 donne e 272 uomini. In totale 447 persone di cui 291 proverrebbero dall’Eritrea e 92 dalla Somalia. Altri migranti vengono da Nigeria, Bangladesh, Algeria, Libia, Siria, Egitto. Venerdì le due imbarcazioni avevano intercettato e soccorso un barcone.
Ora gli uomini della prefettura e della questura sono al lavoro per lo smistamento dei migranti verso i 6 Paesi “volenterosi” della Ue (Francia, Malta, Germania, Spagna, Portogallo e, ultima arrivata, l’Irlanda che ha accettato di prenderne 20). A breve potrebbe aggiungersi anche il Belgio.
Quattro morti in mare per fame
Quattro giovani sarebbero morti durante la traversata, secondo le drammatiche testimonianze raccolte dagli operatori dell’Oim all’hotspot di Pozzallo. “Più persone ci hanno raccontato che sono partiti mercoledì da Zwara. Venerdì stavano per terminare le scorte di cibo e acqua, quando hanno visto una nave in lontananza. Ma l’imbarcazione era lontana e una trentina di persone si sono buttate in mare: quattro giovani sarebbero morti”, spiega Flavio Di Giacomo dell’Oim.
A testimoniarlo anche i parenti delle vittime, tutte di nazionalità somala; tra loro anche un ragazzo di 17 anni. La polizia di Ragusa sta verificando la notizia.
Un migrante con la polmonite
Uno dei migranti sbarcati, un ventenne eritreo, ha la polmonite ed è stato ricoverato nell’ospedale di Modica. All’hotspot di Pozzallo attualmente ci sono 447 migranti e una situazione sanitaria difficile.
I medici prima di dare il via libera ai trasferimenti devono verificare le condizioni di salute dei migranti. Difficile che oggi possano essere trasferiti i primi gruppi, perchè quasi il 90% ha la scabbia. Molte persone sono deperite ed hanno bisogno di riprendersi prima di rimettersi in viaggio, dicono i sanitari. I lunghi giorni in mare dopo mesi passati nelle prigioni libiche hanno debilitato soprattutto le donne e i minori.
Salvini come il mago Silvan: anche se non lo sono, basta rendere i porti libici sicuri.
Per il vicepremier Matteo Salvini “Dobbiamo cambiare la normativa e rendere i porti libici porti sicuri. C’è questa ipocrisia di fondo in Europa per cui si danno soldi ai libici, si forniscono le motovedette e si addestra la Guardia costiera ma poi si ritiene la Libia un porto non sicuro.
Peccato che dimentichi che è l’Italia con Minniti prima e lui dopo a dare soldi ai libici, a fornire motovedette e ad addestrare la Guardia Costiera libica, non l’Europa
Ma la Ue lo sconfessa: Libia non sicura
Una richiesta subito sconfessata dalla Ue: “Nessuna operazione europea o nave europea fa sbarchi in Libia perchè noi non consideriamo la Libia un porto sicuro”. Così una portavoce della Commissione europea.
“L’Italia da tempo – precisa la portavoce – chiede più cooperazione in materia di salvataggio e siamo contenti che questo weekend si sia trovata una soluzione sulle due navi, ma siamo convinti che soluzioni ad hoc non possano durare a lungo termine”.
E ancora: “Stiamo lavorando su due linee guida – ha aggiunto – in primo luogo con i Paesi terzi ed il lavoro che si fa con l’Oim e l’Unhcr insieme ai partner internazionali”. Un lavoro che “richiederà tempo e credo che il consiglio europeo di ottobre servirà per sviluppare al meglio questa opzione”.
“Ue così agevola il lavoro degli scafisti”, la controreplica del vicepremier: ora anche la Ue è in combutta con gli scafisti, come no. siamo al delirio.
Il regalo di due bimbi italiani
Ieri sera era stato consentito lo sbarco di donne e bambini, alcuni in condizioni critiche per la prolungata esposizione al sole, insieme a chi aveva bisogno di assistenza medica e ad alcuni uomini, per evitare che le famiglie venissero divise.
Nel lungo pomeriggio di attesa, poco prima dello sbarco, nel porto di Pozzallo un manipolo di turisti, telefonini sguainati per riprendere il trasbordo. Fra loro una mamma con due figli, due gemellini con i capelli corti imbionditi dal sole, e in calzoncini corti, ma senza maglietta. I tre hanno cercato un responsabile delle procedure di sbarco e si sono fatti avanti: i due bambini hanno voluto regalare le loro magliette ai coetanei africani.
Il sindaco: “Incontro urgente con Salvini”
“Il viaggio martoriato dei migranti è finito, anche la macchina dell’hotspot ha funzionato ma la nostra capacità organizzativa è stata messa a dura prova”, dice Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, che ora chiede “un celere incontro con il ministro Salvini”.
Unhcr: “Sofferenza prolungata e ingiusta”
L’approdo a Pozzallo mette fine a “una sofferenza prolungata e ingiusta”, scrive in un tweet l’Unhcr Italia, il braccio italiano dell’agenzia Onu per i rifugiati. Nel tweet si indicano le due costanti dello sbarco: “1. Il sorriso che accoglie, sia del nostro team che di tutti gli altri operatori impegnati in turni diurni e notturni; 2. I corpi esili, i volti emaciati. Frutto di una sofferenza prolungata e ingiusta”.
(da “La Repubblica”)
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