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IN EUROPA CORDONE SANITARIO CONTRO I SOVRANISTI

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

BARRICATE CONTRO GLI XENOFOBI PER IMPEDIRE L’ACCESSO ALLE CARICHE APICALI

No pasaran. I sovranisti non devono passare.
Il tentativo è tuttora in corso, chissà  se regge ma nel 2014 una roba simile fu tentata ed ebbe successo. Allora lo chiamavano il ‘lodo Schulz’: meticolosa costruzione per impedire l’accesso alle cariche apicali dell’Europarlamento (presidenze di commissione, vicepresidenze d’aula) agli eurodeputati che non rispettassero lo spirito dei trattati.
E così a inizio legislatura il M5s, allora movimento ‘no euro’, restò fuori (la vicepresidenza a Fabio Massimo Castaldo è stata decisa solo dopo, al cambio di presidenza al Parlamento Ue a metà  legislatura).
Oggi l’obiettivo è più ambizioso, gli euroscettici sono aumentati, ma comunque l’intenzione è di tenere fuori i leghisti di Matteo Salvini e lepenisti francesi, ma anche – la novità  degli ultimi giorni – gli eletti di Fratelli d’Italia, i tedeschi dell’ultradestra tedesca Afd, i nazionalisti spagnoli di Vox.
E’ il cordone sanitario, che socialisti e liberali stanno costruendo con l’appoggio del Ppe, mentre tra mille tensioni interne ai gruppi tenta di prendere forma la maggioranza per la legislatura 2019-2024.
In sostanza gli europeisti puntano a presidiare il Parlamento europeo. Faranno blocco in aula. Esempio: se l’Ecr, il gruppo dei Conservatori e Riformisti che tra gli altri comprende gli eletti di Fratelli d’Italia e gli spagnoli di Vox, propone qualcuno di loro per la presidenza di una Commissione, in aula la proposta non passa.
Il cordone sanitario insomma tenta di prevenire il rischio che qualche Commissione parlamentare dia l’ok alla candidatura di un esponente dei partiti nazionalisti ed euroscettici per la Commissione Ue: i commissari nazionali devono infatti passare al vaglio della commissione parlamentare di competenza e poi dell’aula. Se la commissione dicesse ok, l’aula avrebbe problemi a bloccare la nomina.
I leader dei partiti più numerosi dell’Ecr — i polacchi di Jaroslaw Kaczynski, i conservatori britannici — sono avvisati.
Niente scherzi coi sovranisti: devono restare fuori. Qualche giorno fa David Sassoli, capo delegazione del Pd all’Europarlamento, ne ha parlato in una riunione con i socialisti. “Il rapporto con gli altri gruppi europeisti — sono le sue parole – passa dalla volontà  di isolare le frange nazionaliste presenti al Parlamento europeo”.
E’ la condizione che i socialisti pongono a Liberali e Popolari europei, gli interlocutori per la formazione della nuova maggioranza. Se lo schema regge, nessun sovranista arriverà  ai vertici del Parlamento, nessun commissario sovranista arriverà  a Palazzo Berlaymont. Reggerà ? I socialisti sono compatti, per ora allineati dietro Pedro Sanchez, il nuovo e unico gioiello che hanno da competizione elettorale, incaricato dell’interlocuzione con gli altri leader sulle nomine europee.
Dei liberali invece non si può dire la stessa cosa: il post-elezioni gli ha portato in casa gli eletti de La Republique en marche e quindi le prevedibili scintille con la vecchia guardia del belga Guy Verhofstadt. Pare siano agli stracci.
Stanno tentando di dar vita al nuovo gruppo Renaissance ma è guerra sul capogruppo. La ‘macroniana’ francese Nathalie Loiseau, ex ministro degli Esteri ora eletta all’Europarlamento, contro Verhofstadt, ex capogruppo. Una situazione che si è incancrenita negli ultimi giorni, dopo che il giornale belga ‘Le soir’ ha messo nero su bianco delle frasi attribuite alla francese: serve una “nuova leadership” con un “baricentro meno nordico”. Caos e polemiche. Lei ha cercato di sminuire, ma secondo Le Soir avrebbe esagerato anche con il capolista del Ppe Manfred Weber definendolo un “ectoplasma”. Delirio.
Ma la navigazione di inizio legislatura non è tranquilla nemmeno negli altri gruppi.
I Verdi, la novità  di queste elezioni, secondo partito in Germania, planati all’Eurocamera con ben 74 eletti, pure sono spaccati tra la parte più radicale e la parte più istituzionale guidata dalla tedesca Ska Keller. Già  eurodeputata nella scorsa legislatura, ex punk sbarcata in politica, Keller ha imparato bene l’arte della diplomazia, tanto da spiazzare il suo elettorato in Germania con una frase troppo benevola verso il rivale bavarese Weber, Spitzenkandidaten del Ppe.
“Non ho nulla contro di lui”, ha detto Keller e via con le polemiche, che però non le hanno impedito di superare la Spd alle urne.
Weber, ecco questo è il punto. E’ arrabbiato con i francesi: l’insulto di Loiseau arriva dopo che Macron ha praticamente ammazzato la sua candidatura per la presidenza della Commissione. Un po’ per ripicca, un po’ per cercare alleanze, Weber — finora sostenuto da tutto il Ppe per Palazzo Berlaymont — viene a Roma lunedì prossimo per incontrare Giuseppe Conte, il capo del governo nazional-populista più osteggiato dal resto d’Europa. Il tutto mentre socialisti e liberali cercano di comporre il cordone sanitario anti-sovranista.
(da “Huffingtonpost”)

Tornando all’Europarlamento, lo stesso gruppo sovranista di Salvini e Le Pen fa fatica a imbarcare nuovi affiliati (leggi qui). I 14 eletti del M5s sono ancora senza casa, tentano di sfuggire all’abbraccio di Nigel Farage che confermerebbe il loro vecchio gruppo Efdd (salvo trovare i numeri, al momento insufficienti), hanno chiesto asilo perfino all’Ecr e che gli ha sbattuto la porta. Insomma all’Eurocamera le cose vanno a rilento, il 25 giugno scade il termine per presentare i nuovi gruppi. E di conseguenze anche sulle nomine è tutto in alto mare. Ieri il vertice a sei tra il premier belga Charles Michel, Sanchez, il liberale olandese Mark Rutte, il socialista portoghese Antonio Costa, il Popolare croato Andrej Plenkovic e il Popolare lettone Krisjanis Karins non ha partorito nulla. Si tenta di chiudere entro il 2 luglio, quando l’Europarlamento dovrà  eleggere il presidente d’aula. Per questo non è escluso un ennesimo vertice il 30 giugno, se il consiglio europeo del 20 e 21 non dovesse concludersi con un altro nulla di fatto. Altrimenti il Parlamento eleggerà  il suo presidente e i capi di Stato dovranno adeguarsi. Sempre che il Parlamento sia pronto, provocazione ma mica tanto.

(da “Huffingtonpost”)

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STRISCIONE DEI SINDACATI CENSURATO, NESSUNO HA LE PALLE DI ASSUMERSENE LA RESPONSABILITA’ E VENIRE DENUNCIATO COME MERITA

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

NESSUN LEGGE AUTORIZZA AL SEQUESTRO DI UNO STRISCIONE SATIRICO PRIVO DI OFFESE, DI MAIO SI DISSOCIA MA LA “DIRETTIVA” CHE NON SI PUO’ CRITICARE I VICE PREMIER NON ESCE FUORI, AMMESSO CHE ESISTA

La ridicola lotta del governo agli striscioni colpisce anche i sindacati. Durante la campagna elettorale per le europee in diverse città  erano state fatti rimuovere   striscioni contro Matteo Salvini. Oggi, durante la manifestazione a Roma per il pubblico impiego, ad essere bandito è uno striscione dei sindacati che prende in giro entrambi i vicepremier.
Inizialmente lo striscione con il fumetto di Luigi Di Maio e Matteo Salvini doveva essere appeso al Pincio. «Ce lo hanno bloccato perchè troppo grande» ha ricostruito il segretario generale della UIL Michelangelo Librandi. Di per sè, la motivazione sembrava legittima, tanto che Librandi racconta di aver ripiegato su una soluzione diversa: stenderlo per terra.
A quel punto, è arrivata la seconda, e forse reale, motivazione: «È intervenuta la Digos, dicendo che lo striscione non poteva essere aperto perchè era contro i due vicepresidenti del Consiglio».
Lo striscione quindi è stato arrotolato e messo da parte in uno degli stand Uil, con la Digos ferma a controllare che nessuno lo tocchi.
Il tutto avviene sotto lo stupore generale dei presenti. La vignetta infatti non è nemmeno particolarmente irriverente o irrisoria. Nel disegno si Luigi Di Maio dire a Matteo Salvini «Matte’, dicono che mettese contro il sindacato porta male», e il leader della Lega, intento a farsi un selfie con addosso la maglia blu della UIL — Flp, risponde «Sì Giggino, lo so, infatti me sto a porta avanti col lavoro».
Il fatto ha destato diverso scalpore anche sui social network, dove la vignetta è stata ripubblicata con l’hashtag #facciamorete.
Tanta l’attenzione social che Luigi Di Maio l’ha postata lui stesso. «Per chiarire e zero polemiche: non ho chiesto (e mai mi sarei sognato di farlo) la rimozione dello striscione che, ironicamente e pacificamente, critica il governo» scrive il vicepremier a 5 stelle postando l’immagine « La libertà  di pensiero vale sempre. A dimostrazione di ciò che dico, quello striscione lo espongo io. W la libertà !»
Quindi Di Maio “scarica” la responsabilità  di una “direttiva” alle forze dell’ordine ni tal senso sul Viminale. A quel punto Salvini è costretto a precisare che “non faccio guerre agli striscioni”, ma si guarda bene da aprire un’inchiesta sulla Questura di Roma.
Nessuno smentisce che una direttiva esista, come hanno fatto riferimento i funzionari della Digos di Roma. Allora fuori la direttiva e vediamo cosa dice e se è legittima. Questo dovrebbe fare una opposizione seria, rivolgersi alla magistratura e accertare la verità  e le responsabilità  di un atto arbitrario.

(da agenzie)

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DOPO LA DROGA PIAZZATA IN CASA PER ACCUSARLO, ANCHE LE BOTTE AL GIORNALISTA ARRESTATO IN RUSSIA PERCHE’ INDAGAVA SULLA CORRUZIONE DELLA OLIGARCHIA PUTINIANA

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

IVAN GOLUNOV RICOVERATO PER COMMOZIONE CEREBRALE, PICCHIATO DAGLI AGENTI RUSSI: SONO I SISTEMI SOVRANISTI PRESTO SU QUESTI SCHERMI

E’ stato arrestato dalla polizia a Mosca con l’accusa di traffico di stupefacenti. Poche ore più tardi è stato ricoverato in ospedale dopo un malore con “diversi lividi sulla gabbia toracica” e “una sospetta commozione cerebrale“, che farebbero pensare a un pestaggio.
E’ accaduto a Ivan Golunov, reporter investigativo del quotidiano online Meduza di Riga noto per le sue inchieste sulla corruzione.
Golunov, 36 anni, è stato arrestato nel centro della capitale russa il 6 giugno. Secondo la polizia, stava trasportando diversi pacchi contenenti 4 grammi di mefedrone, un farmaco stimolante sintetico; tre pacchetti e un pacco contenente una sostanza polverosa non meglio identificata sono stati inoltre trovati nella sua casa.
Il cronista ha negato di aver mai visto le bustine sequestrata prima dell’intervento della polizia che ha in seguito rifiutato la sua richiesta di test accurati sulle sue mani e sullo zaino per confermare la sua versione, che non ha avuto alcun contatto con le sostanze scoperte.
Il suo avvocato, Dmitry Dzhulai, ha insistito sul fatto che la polizia ha piazzato le droghe sul suo cliente, spiegando che ciò poteva verificarsi nel momento in cui il giornalista è stato fermato dalla polizia. Il direttore generale di Meduza, Galina Timchenko, e il capo redattore Ivan Kolpakov, ritengono che l’arresto di Golunov sia avvenuto a causa dei suoi articoli sulla corruzione.
“Riteniamo che Ivan Golunov sia innocente. Inoltre, abbiamo motivi per pensare che sia perseguitato a causa della sua attività  giornalistica”, scrive online Meduza, una delle poche testate in Russia non vicine al Cremlino.
Secondo i giornalisti di Meduza, “negli ultimi mesi Ivan era stato vittima di minacce collegate a un pezzo che stava scrivendo e noi — sottolineano — sappiamo quale e immaginiamo da chi possano arrivare le minacce. Meduza — proseguono — analizzerà  ogni mossa degli investigatori che si occupano del caso. Cercheremo di capire per volontà  di chi Ivan è perseguitato e renderemo questa informazione di pubblico dominio”, denuncia il sito in cui nel 2014 è confluita la maggior parte dei giornalisti che avevano lasciato Lenta.ru per protestare contro le dimissioni a cui era stata costretta la direttrice. .
Alcune ore dopo l’arresto, il giornalista — che con le sue inchieste ha gettato luce su casi di corruzione di esponenti di alto profilo della politica e del mondo degli affari soprattutto al comune di Mosca — è stato ricoverato in ospedale dopo aver accusato un malore e un medico che lo ha visitato ha descritto le sue condizioni all’agenzia Interfax. “Ha diversi lividi nella gabbia toracica, anteriore e posteriore, segni sulla decima e l’undicesima costola, un sospetto infortunio craniocerebrale e una sospetta commozione cerebrale”, ha detto il medico.
Secondo alcune fonti, l’uomo è stato detenuto 14 ore senza poter vedere il suo avvocato, trascinato sul pavimento, colpito al viso con un pugno e al torace con un calcio e, prima di essere trasferito in ospedale, non ha in seguito ricevuto assistenza medica che aveva richiesto.
L’oppositore Aleksei Navalny denuncia che “non ci sono dubbi” del tentativo delle autorità  di costringere al silenzio il giornalista, in vista delle elezioni regionali di settembre.
Amnesty International ha denunciato uno “schema purtroppo conosciuto”. “Abbiamo ragione di credere che Golunov sia stato accusato per via della sua attività  giornalistica”, ha reagito Meduza che ha sede a Riga, in Lettonia, proprio per sfuggire alla censura russa.
Venerdì centinaia di persone avevano protestato davanti al ministero degli Interni moscovita e molti di loro, tra cui noti giornalisti d’opposizione come Ilja Azar e Oleg Kashin, sono stati a loro volta fermati prima di essere rilasciati poche ore più tardi.
E numerosi giornalisti hanno firmato una lettera aperta chiedendo la liberazione del collega definendolo vittima di una “grossolana e ridicola provocazione”.
In passato l’accusa di possesso di stupefacenti era stata formulata per giustificare l’arresto e la condanna a quattro anni di carcere di Ojub Titiev che aveva preso il posto di Natasha Estemirova, sequestrata e uccisa, alla guida dell’ong “Memorial” a Groznyj.

(da agenzie)

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LA BALLA DI GABICCE, IN REALTA’ GLI STAGIONALI MANCANO PERCHE’ C’E’ UNO SFRUTTAMENTO DELLA FORZA LAVORO

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

STIPENDI RIDICOLI, 12 ORE DI LAVORO, IMPAZZA IL NERO, 7 PERSONE STIPATE IN UN ALLOGGIO FATISCENTE, STRAORDINARI NON PAGATI

I giovani non hanno voglia di lavorare, di fare la stagione al mare e preferiscono stare in panciolle a casa a percepire il reddito di cittadinanza.
Come ogni grande classico che si rispetti, anche quest’anno in concomitanza con il lancio della stagione balneare in Emilia-Romagna, puntuali hanno iniziato a rincorrersi gli appelli e gli allarmi di albergatori, ristoratori e politici sulla presunta scarsità  di lavoratori disposti a fare armi e bagagli per andare a sfacchinare qualche mese al mare.
Non si trovano camerieri, bagnini, cuochi, baristi, nessuno vuole andare a lavorare in Emilia-Romagna, a quanto pare.
La storia dei lavoratori che non sono disposti ad andare a fare la stagione a Rimini, Gabbice Mare, Riccione, Milano Marittima, ma anche in Puglia, in Calabria, in Liguria e chi più ne ha più ne metta, si sente da molto tempo, è ormai incalcolabile il numero di volte che sui giornali sono apparsi appelli e lamentele simili.
Rispetto agli scorsi anni, però, l’estate 2019 ha aggiunto un elemento di novità  alla classica narrazione del giovane che non ha voglia di lavorare e non è disposto a fare sacrifici: questa volta è tutta colpa del reddito di cittadinanza (qui tutte le info), che permette ai giovani sfaticati di stare in panciolle sul divano.
Ad esporre questa surreale tesi al Resto Del Carlino è stato il sindaco di Gabbice Mare, Domenico Pascuzzi: “Siamo in emergenza vera. In alberghi e ristoranti mancano i lavoratori stagionali del turismo, da queste parti quasi sempre ragazzi del Mezzogiorno. Che adesso prendono il reddito di cittadinanza”, ha spiegato il primo cittadino.
“Molti giovani del Sud che l’anno scorso avevano fatto la stagione nei nostri alberghi quest’anno non sono voluti tornare a Gabicce perchè stavano percependo il reddito di cittadinanza. E se accettassero di tornare perderebbero l’assegno da oltre 700 euro che a loro basta per vivere”, ha aggiunto.
Non un accenno alle condizioni economiche proposte, come al solito, solo un appello che prende in considerazione un’unica versione dei fatti, la campana dei datori di lavoro.
Ma sarà  davvero tutta colpa del reddito di cittadinanza? Insomma, non proprio.
Come si può facilmente verificare andando a ricercare i vecchi articoli sul tema pubblicati da ogni tipo di quotidiano cartaceo o online, della scarsità  di persone disposte ad andare a fare la stagione estiva nelle località  turistiche si parla da tempo immemore, da quando il reddito di cittadinanza non era che una mera chimera e il Movimento 5 Stelle nemmeno era al governo.
E allora, come mai albergatori e ristoratori fanno così fatica a trovare il personale necessario? La motivazione è molto più banale di quanto si possa immaginare.
O meglio, di quanto possa anche solo immaginare un politico che probabilmente non ha mai dovuto lavorare alle condizioni tipicamente proposte in questo settore.
Da mesi ricevo segnalazioni da lavoratori di ogni età  e origine che mi raccontano le loro assurde esperienze lavorative in stagione e i motivi per cui non hanno alcuna intenzione di tornare a sottostare alle indecenti condizioni che si sono trovati a dover subire.
“Ho risposto a un annuncio trovato su Facebook, avrei dovuto lavorare come cameriera in una struttura alberghiera a Rimini. Arrivata sul posto ho scoperto che non avrei mai firmato alcun contratto e che avrei dovuto lavorare 12 ore al giorno in nero senza riposo settimanale. La paga? 1000 euro al mese, ma contando le ore lavorative che superavano le 70 settimanali non era affatto un granchè”, mi racconta Paola (nome di fantasia, ndr).
Tornare a fare la stagione in Romagna? Paola non ci pensa minimamente, non più a scatola chiusa soprattutto. Non solo le cameriere di sala sono sfruttate in questo settore. Le stesse condizioni vengono proposte e applicate anche a camerieri ai piani, cuochi, aiuto-cuochi, lavapiatti, a ogni figura del settore.
Basterebbe provare a rispondere a qualche annuncio di lavoro per occupazioni stagionali nelle località  marittime di tutta Italia per capire che, forse, il problema che da anni puntualmente si rileva non è causato dal reddito di cittadinanza ma dalle condizioni indegne, spesso al limite dello sfruttamento, che vengono proposte a chi un pensierino a fare la stagione lo farebbe anche.
Stage proposti a persone con esperienza pluriennale e pagati tra i 500 e gli 800 euro al mese, promesse di contratto regolare non rispettate, proposte di contratto part-time che diventano magicamente dei full time che non prevedono il pagamento di tutte le ore realmente lavorate e chi più ne ha più ne metta.
Non è raro che le persone prendano armi e bagagli e si trasferiscano a centinaia di chilometri di distanza per poi scoprire che dovranno lavorare in nero, senza alcun tipo di assicurazione contro eventuali infortuni, senza alcun giorno di riposo settimanale e per molte più ore di quanto pattuito, spesso 12-14 al giorno.
Il vitto e alloggio che quasi tutti propongono ai candidati? Molto spesso si scopre essere indegno tanto quanto i contratti e gli impieghi proposti: stanze fatiscenti e sporche in cui vengono ammassati 5,6 anche 7 lavoratori in metrature estremamente ristrette, cibo che per definirlo tale ci vorrebbe davvero molto coraggio.
Un’esagerazione? Proprio no. Lo scorso aprile il sindacato Filcams Cgil spiegava: “Nel corso dello scorso anno nelle provincie della costa, sono state oltre mille le vertenze attivate, dalla Filcams Cgil, per contenziosi in rapporti di lavoro stagionale nel settore turistico, la maggior parte di queste per recupero crediti dovuti a mancati pagamenti, mancato riconoscimento del lavoro straordinario, mancato riconoscimento del corretto inquadramento rispetto alla mansione svolta.
Molti sono anche i casi di denuncia sulle condizioni di lavoro e il mancato rispetto del riposo settimanale. Non sono poi mancati i casi di licenziamento ingiustificato, anche comunicato verbalmente. Il ricorso al lavoro grigio, se non quando al lavoro nero, come confermano anche gli interventi della Guardia di Finanza appresi dalle cronache nei giorni scorsi, è una pratica ancora molto diffusa nel settore e non solo durante la stagione estiva. Si sta inoltre diffondendo il ‘lavoro in appalto’ con l’utilizzo di personale non assunto direttamente dall’impresa ma fornito da terzi ed ulteriormente sottopagato, una pratica, questa, che sconfina nell’illegalità ”.
Ovviamente non tutti i datori di lavoro del settore offrono simili condizioni e infatti sono quelli che riscontrano meno problemi in fase di assunzione e non si ritrovano a dover diffondere appelli strappalacrime o polemici per trovare personale, appelli puntualmente raccolti da politici che, forse perchè completamente scollegati dalla realtà  del mondo del lavoro italiano, sono disposti a sostenere ciecamente tesi surreali arrivando in pratica a sostenere la bontà  del “meglio poco che nulla” che spesso altro non nasconde che indegno sfruttamento lavorativo.

(da TPI)

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GABICCE, IL SINDACO: “MANCANO LAVORATORI STAGIONALI A CAUSA DEL REDDITO DI CITTADINANZA”

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

“PREFERISCONO IL REDDITO E QUALCHE LAVORO IN NERO PIUTTOSTO CHE IL LAVORO ESTIVO”… MA SONO 4 ANNI CHE ESISTE IL PROBLEMA, IL REDDITO DI CITTADINANZA IN QUESTO CASO NON C’ENTRA UNA MAZZA

“Confermo l’appello del sindaco: manca il personale nelle strutture alberghiere di Gabicce anche a causa del reddito di cittadinanza”. A parlare è Angelo Serra, il presidente dell’Associazione Albergatori della cittadina marchigiana al confine con l’Emilia Romagna. Ma non basta.
Gli albergatori alla ricerca di personale da mesi si sono sentiti rispondere che preferiscono il reddito e magari qualche lavoro in nero invece di fare le valigie e lavorare durante l’estate nelle strutture a Gabicce.
“Sono 250 le figure tra sala, cucina e piani che non riusciamo a trovare. E sono gli stessi associati a riferirmi che hanno ricevuto risposte quali: ‘Preferiamo avere il reddito di cittadinanza e magari arrotondare qualche weekend piuttosto di fare la stagione al nord”.
Le polemiche si sono scatenate dopo che il sindaco di Gabicce Domenico Pascuzzi ha lanciato un appello dalle pagine del Resto Del Carlino parlando di emergenza. “Molti giovani del sud che l’anno scorso avevano lavorato nei nostri alberghi, quest’anno hanno risposto di non tornare a Gabicce perchè stavano percependo il reddito di cittadinanza. E se accettassero di tornare perderebbero l’assegno da oltre 700 euro che a loro basta per vivere”.
“Non volevo assolutamente dire che i giovani del sud non abbiano voglia di lavorare – dice il sindaco a Repubblica. Sono stato frainteso. Mi sembra anche paradossale visto che sono nato a Catanzaro fino ai 18 anni, poi Milano e vivo a Gabicce dal 2005. Conosco benissimo la realtà  e penso che anzi i giovani del sud siano maggiormente disposti ai sacrifici”. “Continuo a pensare – spiega Pascuzzi – che il reddito sia assistenzialismo puro e che provoca queste situazioni”.
Gabicce Mare conta 90 alberghi e secondo l’associazione albergatori mancherebbero circa 2-3 figure a struttura. “Ma il problema persiste da quattro anni, ora il reddito ha inciso del 5-10%. Manca anche la voglia di fare questo mestiere. Incontro diversi giovani ogni anno come alla scuola alberghiera di Cassino: su 1500 studenti nessuno quest’anno è disponibile a lavorare per la stagione estiva a Gabicce” racconta Serra.
Sono in tanti però, soprattutto sui social, a controbattere alle affermazioni del sindaco puntando il dito contro le situazione di sfruttamento e stipendi bassi. “Non trovano personale perchè gli stipendi sono ridicoli” “Non è colpa del reddito ma delle condizioni proposte”.

(da agenzie)

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ROMA PRIDE IN MARCIA CONTRO I PASSI INDIETRO: “NOI BERSAGLIO DI ODIO E VIOLENZA”

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

CORI “ODIO LA LEGA” E CARTELLI CONTRO I LEGHISTI, MA ERANO 300.000 E NESSUNO DELLA DIGOS E’ INTERVENUTO IN QUESTO CASO

Il coro “Odio la Lega” e un ‘santino’ con una madonna in trono che schiaccia sotto il piede il volto del ministro dell’Interno Matteo Salvini; su un cartello il vicepremier è raffigurato truccatissimo, mentre su un carro il logo della Lega è tramutato in ‘Lega Pop – prima le italiane’.
Madrina della manifestazione quest’anno è Porpora Marcasciano, fondatrice del Mit, Movimento identità  transessuale, volto storico del movimento italiano.
‘L’omofobia è maschilismo’ si legge su un cartello, mentre arriva il carro del Muccassassina, con i suoi animatori scatenati.
Un carro è allestito a mo’ di nave, carica di ‘marinaretti’ e ‘marinarette’ che lanciano lustrini sulla folla. Ovunque le bandierine arcobaleno, in particolare in mano a giovani e giovanissimi. ‘La mia libertà  protegge la tua’ si legge in altri cartelli. C’è anche il carro dell’ambasciata britannica, con l’Union Jack riproposto con i colori rainbow, un Big Ben e le effigi di David Bowie, Elton John, Freddie Mercury e Amy Winehouse, icone rock della comunità  lgbt.
“L’attacco alle famiglie arcobaleno è stato fin da subito, con il ministro Fontana, con il decreto sul ripristino di ‘mamma e papà ‘ sui documenti… Sicuramente c’è la volontà  di cancellarci” afferma il presidente delle Famiglie arcobaleno Gianfranco Goretti. “Noi non chiediamo diritti ma doveri – ha aggiunto – i nostri bambini non hanno riconoscimento, noi invece vogliamo essere inchiodati alle nostre responsabilità  genitoriali”.
“Questo è un Pride speciale, a 50 anni dai fatti di Stonewall che è stata la scintilla della rivoluzione del movimento, e a 25 anni dal primo grande Pride moderno e unitario a Roma. ‘Nostra la storia, nostre le lotte’” dichiara il portavoce del Roma Pride e presidente del Circolo Mario Mieli Sebastiano Secci.
“Proprio perchè vogliamo partire da quei momenti fondamentali della nostra storia ma non possiamo prenderci il lusso di spegnere solo le candeline – ha aggiunto – dobbiamo continuare a lottare in prima linea perchè i tempi che abbiamo davanti sono sempre più scuri: giornalisti presi di mira da politici al governo, insegnanti sospese e reintegrate in maniera arbitraria, esseri umani sequestrati nelle navi e intanto il movimento lgbt è sempre più bersaglio di odio e violenza. I nostri figli e le nostre figlie vengono dichiarati inesistenti e dunque c’è ancora tanto da fare. Oggi lo facciamo intrecciando le nostre lotte con il movimento transfemminista, con i migranti, con i lavoratori, con gli studenti, con i disabili intrecciando le lotte con chiunque combatta ogni giorno per costruire una società  migliore”.

(da agenzie)

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CINQUE MILITARI ITALIANI UBRIACHI E MOLESTI AGGREDISCONO CAMERIERE GHANESE A BOLOGNA: “TI SPACCO LA BOTTIGLIA IN TESTA, NEGRO DI MERDA”

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

E SONO ANCORA MILITARI DI “STRADE SICURE”, PENSATE IN CHE MANI SIAMO FINITI … QUESTI DOVREBBERO GARANTIRE LA SICUREZZA? CORTE MARZIALE. ALTRO CHE SCUSE

Un 29enne ghanese, cameriere in un bar pizzeria davanti alla stazione di Bologna, è stato aggredito e offeso con insulti razzisti da cinque militari dell’Esercito, fuori servizio.
La Polizia è intervenuta e ha identificato i presenti. Nessuno risulta denunciato ma accertamenti sono in corso.
Il 29enne li aveva rimproverati perchè ubriachi e molesti. ‘Negro di m…, vieni qua che ti spacco una bottiglia in testa’, gli hanno detto. C’è stata una colluttazione e il cameriere è rimasto lievemente ferito.
L’episodio è avvenuto intorno alle due della scorsa notte in un locale dove il giovane, in Italia da circa 15 anni, lavora da tempo. È stato lui a chiamare la Polizia.
Nella colluttazione il bancone in vetro è andato in frantumi e il cameriere è stato leggermente ferito da una scheggia, oltre che da un pugno e da un colpo alla schiena con una sedia che gli è stata lanciata addosso.
L’aggressione, secondo il racconto del 29enne, sarebbe cominciata dopo il suo invito ai cinque a ‘comportarsi bene’ perchè i militari, in città  per il progetto ‘Strade sicure’, erano ubriachi e stavano disturbando gli altri clienti, parlando ad alta voce e mettendo i piedi sui tavolini. Inoltre si erano rivolti in modo sgarbato a un suo collega.
A quel punto sarebbero partiti gli insulti. In due gli avrebbero lanciato addosso una sedia e, quando il cameriere ha provato a difendersi impugnando un attrezzo per tagliare le pizze, un militare avrebbe infranto con un pugno il bancone in vetro.
I cinque soldati, che hanno fra i 25 e i 34 anni, erano in borghese e la Polizia li ha rintracciati poco lontano dal locale. Il cameriere, uscito in mattinata dal pronto soccorso dell’ospedale Maggiore di Bologna dove è stato portato in ambulanza e ha passato la notte per essere medicato, ha spiegato di non avere deciso se fare denuncia contro chi lo ha aggredito.
Anche i gestori del bar pizzeria stanno ancora valutando se procedere per il danneggiamento del bancone, vista l’intenzione che sarebbe stata manifestata dai militari di andare a scusarsi e ripagare il danno.

(da agenzie)

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COME NEI REGIMI MILITARI: LA DIGOS FA RIMUOVERE UNO STRISCIONE SATIRICO SU SALVINI E DI MAIO DURANTE IL CORTEO SINDACALE A ROMA

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

“CI HANNO DETTO CHE HANNO UNA DIRETTIVA PER CUI NON SI POSSONO CRITICARE I DUE MINISTRI”… I PARTITI DI SINISTRA, INVECE CHE PROTESTARE, FACCIANO UNA COSA: DENUNCINO IL QUESTORE E CHI HA DATO LA DIRETTIVA

“Era evidente: gli agenti avevano la direttiva di bloccare qualsiasi striscione con riferimenti ai due ministri”.   Simone Selvaggio, responsabile formazione Uil Fpl, aveva in mano lo striscione che raffigurava Di Maio e Salvini. E per questo è stato fermato dagli agenti della Digos durante il grande corteo romano del pubblico impiego.
Il racconto del sindacalista: “Stavamo sulla balconata del Pincio, lo volevamo srotolare lì per farlo vedere bene. Ma sono arrivati subito due agenti di polizia per dirci che lì poteva cadere e fare male a qualcuno”.
All’inizio dunque era una questione di sicurezza: gli agenti non avevano ancora visto cosa raffigurava lo striscione tenuto da Simone con altri sei sindacalisti.
“Appena gli agenti ci hanno detto di non esporlo, abbiamo detto che non c’era problema e che lo avremmo srotolato nel corteo. E così abbiamo fatto. Siamo scesi lungo la salita del Pincio per andare in piazza del Popolo e abbiamo aperto lo striscione.   A quel punto sono subito arrivati gli agenti della Digos in borghese che erano a capo del corteo. Hanno visto lo striscione, lo hanno fotografato e si sono avvicinati per intimarci di chiuderlo: hanno detto che non potevamo esporlo perchè raffigurava i due ministri e loro avevano la direttiva secondo cui non si possono esporre striscioni che facciano riferimento ai due ministri. Abbiamo ribattuto dicendo che non era offensivo ma ironico, loro hanno concordato ma avevano una direttiva da rispettare. A un certo punto ce lo stavano togliendo dalle mani con la forza, ma lo abbiamo chiuso noi. Da allora ci hanno seguito fisicamente e sorvegliato a vista fino a Piazza del Popolo affinchè non esponessimo lo striscione. In   piazza ci hanno chiesto di portarlo via con il furgone e sono rimasti sempre nelle vicinanze”.
Poco lontano c’è Michelangelo Librandi, segretario generale Uil Fpl: “Non c’è stata tensione, ci mancherebbe. Gli agenti facevano il loro lavoro, hanno disposizioni da rispettare. Ma posso capire al Pincio per sicurezza, ma vietare di esporre lo striscione in piazza è troppo”.
A questo punto interviene la Questura con una nota ufficiale ma il tappulllo è peggiore del buco:   “Questa mattina – precisa il comunicato- personale impiegato nel servizio di ordine pubblico…ha esortato alcuni manifestanti, appartenenti al sindacato della Uil, a rimuovere uno striscione posto su una parete di interesse storico culturale nei pressi del Pincio. Nessuna valutazione è stata fatta circa l’aspetto contenutistico ma si è ritenuto che lo striscione fosse lesivo del decoro paesaggistico”.
Peccato che il divieto di esporre lo striscione non riguardasse solo il Pincio, ma sia stato intimato anche di fronte al tentativo di srotorarlo per strada .
Ma la Questura si vergogna a dire che esiste una direttiva che vieta di esporre striscioni contro Salvini e Di Maio?
Perchè i casi sono due: o la direttiva non esiste e vanno denunciati e sospesi i funzionari della Digos che hanno compiuto un abuso d’ufficio, o esiste e allora va denunciato chi lo ha stilato, perchè non esiste nella norma vigente che vengano sequestrati striscioni satirici che non contengono ingiurie verso i politici.
Certi metodi sono in vigore solo nei regimi dittatoriali, tanto per capirci
La vicenda dello striscione bloccato ha subito innescato polemiche politiche. “Spero che la vicenda dello striscione ‘vietatò alla manifestazione di oggi non sia vera o frutto di un equivoco, altrimenti sarebbe un fatto gravissimo da chiarire con estrema urgenza”, scrive su Twitter l’ex ministro della Giustizia dem Andrea Orlando.
La sua compagna di partito Anna Ascani si rivolge direttamente a Giuseppe Conte. “Se fosse vero che la Digos ha vietato alla Uil di esporre uno striscione ironico su Salvini e Di Maio, saremmo di fronte ad una vera e propria prova di regime. Il presidente del Consiglio Conte chiarisca subito. Le forze dell’ordine non possono essere utilizzate in questo modo”, scrive su Twitter la deputata del Pd.
Insorgono anche Nicola Fratoianni, di Sinistra Italiani e altri dem come i deputati Emanuele Fiano e Andrea De maria e il capogruppo al Senato Andrea Marcucci.
Tutti vogliono che il governo chiarisca cosa sia successo a Piazza del Popolo.
Invece che tante chiacchiere, farebbero bene a sporgere regolare denuncia in modo che la Magistratura compia gli opportuni accertamente .
Chi ha sbagliato a casa, senza se e senza ma.

(da agenzie)

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SONDAGGIO PAGNONCELLI: IL GRADIMENTO DEL GOVERNO SCENDE DI QUATTRO PUNTI

Giugno 8th, 2019 Riccardo Fucile

CONTE ARRETRA MA E’ SEMPRE PIUI’ APPREZZATO DI SALVINI

Le tensioni all’interno della maggioranza perdurano anche dopo il voto europeo, contrariamente alle aspettative degli elettori che si aspettavano fossero destinate a rientrare dopo le schermaglie preelettorali.
La conferenza stampa indetta lunedì scorso dal premier Conte, che ha minacciato di dimettersi qualora non cessino le ostilità , ha reso esplicito uno scontro che rischia di paralizzare il governo disattendendo gli impegni presi nel contratto.
Non stupisce quindi che rispetto a gennaio si sia dimezzata la quota di italiani convinti che il governo sia coeso: oggi solo un italiano su quattro (26%) la pensa così, contro il 51% registrato a fine gennaio e il 41% a marzo.
E, a conferma del ridotto grado di intesa, registriamo opinioni diametralmente opposte tra gli elettori delle due forze della maggioranza.
Lo scenario emerso dopo le Europee e le Amministrative fa segnare un calo più o meno netto dei principali indici di gradimento rispetto a un mese fa, a partire dal governo che perde quattro punti, attestandosi a 52.
Il premier Conte perde 6 punti e viene raggiunto a quota 53 da Salvini, che pure perde 2 punti. A seguire il vicepremier Di Maio (indice 32), in flessione di 5 punti.
Nonostante il calo di 8 punti a un anno dall’insediamento, il governo Conte si mantiene su un livello piuttosto elevato di apprezzamenti se confrontato con i 6 esecutivi che l’hanno preceduto, collocandosi al secondo posto dopo Berlusconi (56) e a pari merito con Monti (52).
Nell’arco di 12 mesi (o meno, nel caso del governo Letta rimasto in carica circa 10 mesi) tutti gli esecutivi hanno fatto registrare una flessione, con l’unica eccezione del governo Gentiloni.
Una flessione più accentuata per i governi Prodi (-19), Renzi (-19) e Letta (-20) e sostanzialmente in linea con l’attuale governo per i governi Berlusconi (-7) e Monti (-9).
Passando ai singoli ministri, come più volte ricordato i giudizi sono influenzati dal diverso livello di notorietà  (si va da Toninelli e Tria conosciuti da tre italiani su quattro a Fraccaro e Stefani, da meno di uno su due), dalla visibilità  mediatica e dall’importanza attribuita al dicastero di cui sono titolari.
La ministra Bongiorno si conferma al primo posto nella graduatoria di gradimento (indice 41 in crescita di 2 punti rispetto a marzo) e precede Tria (indice 36, +1) e Centinaio (28, -1).
Tutti gli altri ministri fanno registrare un indice compreso tra 25 e 20 e un trend in prevalenza negativo, in particolare per i ministri Moavero Milanesi e Toninelli e il sottosegretario Giorgetti, tutti in calo di 7 punti.
In controtendenza la ministra Stefani (+3) e i ministri Bussetti, Bonisoli e Fontana, sostanzialmente stabili sui valori di marzo.
In conclusione, dal sondaggio odierno emergono con nettezza due aspetti: una generalizzata flessione del gradimento dell’operato delle diverse personalità  politiche e una decisa frammentazione dei consensi
Lo scenario appare complesso: il clima sociale, influenzato dai dati economici e occupazionali, è caratterizzato da una forte preoccupazione e la scarsa coesione tra gli alleati solitamente viene vissuta dai cittadini come elemento di distrazione del governo rispetto alle priorità  del Paese.
La preparazione della legge di Bilancio, gli impegni assunti in sede europea e il rischio di procedura di infrazione per eccesso di debito evocata dall’Ue metteranno a dura prova il governo e i leader della maggioranza nelle prossime settimane. E viene spontaneo chiedersi se, nell’epoca della rincorsa del consenso e della democrazia dei selfie, qualcuno abbia il coraggio di affrontare l’impopolarità  di misure che possano contribuire a migliorare i nostri conti pubblici.

(da “il Corriere della Sera”)

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