Destra di Popolo.net

IL GOVERNO SI FARA’, ANCHE CON IL MUSO LUNGO DI DI MAIO

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

GIORNATA CHE STEMPERA LE TENSIONI, CONTE FA TREMARE IL M5S ANDANDO AL COLLE… ALO STATO ATTUALE NON CI SARA’ ALCUN VICEPREMIER, MA DI MAIO NON MOLLA

C’è un elemento quasi da commedia dell’arte in questo gioco di maschere e di spartiti. Prima la drammatizzazione col presidente del Consiglio che sale al Colle, facendo spifferare che potrebbe rimettere il mandato.
Spiegano che lo ha fatto come strumento di pressione per piegare le resistenze dell’indomito Di Maio, aggrappato alla poltrona costi quel che costi.
Poi l’ottimismo, alla fine della riunione sul programma, con tutti che dichiarano che è cosa fatta, dopo due ore di cenni sull’universo.
Tale è: innominata la parola Tav, la parola giustizia, la Gronda e sul decreto sicurezza si concorda che, ovviamente, saranno recepite le indicazioni del Colle, ma non che saranno bruciati in pubblica piazza i testi del governo gialloverde con cui Salvini ha chiuso i mari.
E, come d’incanto, spariscono gli irrinunciabili dieci punti Di Maio, diventati poi venti, i cinque di Zingaretti, e tutti i nodi più divisivi dell’ultimo anno.
Anche il taglio dei parlamentati si farà , ma in data da destinarsi. Evviva, dichiarano tutti: “passi avanti”.
Passi avanti, si dice, anche se la questione di Di Maio non è stata risolta. Anzi, il capo dei Cinque stelle resiste, determinato a non rinunciare al suo ruolo da vicepremier anche se, così dicono fonti degne di questo nome, il professor Conte al Quirinale ha illustrato uno schema che, per tagliare la testa al toro tra la richiesta del Pd (un vice) e quella dei Cinque stelle (due vice), prevede di non farne nessuno.
Diciamolo subito, per misurare il tasso effettivo di tensione. La sensazione è che il governo si farà  nonostante il muso del ministro del Lavoro che teme il ricollocamento. Anche il capo dello Stato, nel corso del colloquio (a borse chiuse), ha fatto capire che è arrivato il momento di mettere un punto fermo in questa storia andata oltre i limiti del consentito.
E che non ha alcuna intenzione di concedere all’avvocato Conte più tempo rispetto a quello previsto: entro mercoledì al Quirinale si aspettano che il premier incaricato salga con programma, lista dei ministri e un corredo di convincenti certezze, altrimenti si prende atto del fallimento del mandato e si procede con le riflessioni del caso.
Nel corso del colloquio l’incaricato, ostentando con la consueta considerazione di sè, ha dato assicurazioni al riguardo, su tempi, programma, nodi della squadra, pronto, in caso contrario, a trarne le conseguenze in tempi celeri.
Tranne poi, una volta sceso, allargare le braccia a domanda sulla questione Di Maio, al punto da far sorgere spontanea una domanda, nelle stanze del Nazareno: “È un pupazzo o è in grado di prendere in mano la questione ponendosi come interlocutore del Pd, in grado di dare garanzie? Chi comanda lì dentro?”.
Ecco, spetta a lui, dicono, risolvere la prima grana, su una questione dirimente per il Pd che — avete visto gli applausi a Calenda alla Festa dell’Unità  — è indigeribile, se non per il gruppo dirigente, per la base sì, eccome.
In attesa che l’Elevato Conte dia una risposta, quella definitiva, in attesa del prossimo incontro con Zingaretti, dato per imminente ma non ancora in agenda, aleggia una domanda che certifica quanto il Pd sia “incastrato” nel meccanismo: “E se Conte e Di Maio giocano al poliziotto buono e a quello cattivo?”.
Non è dato sapere se, in questo negoziato che durerà  fino all’ultimo minuto utile, il Pd è davvero disposto a far saltare tutto in nome del no a Di Maio.
Il punto è che, negli inquieti interrogativi sul “chi comanda lì dentro”, c’è la fotografia di un partito incastrato, in preda a una sorta di sindrome di Stoccolma propria di chi oggi chiede al carceriere di liberarlo della prigione che ieri ha contribuito a costruire. Ovvero chiede a Conte di togliere di mezzo Di Maio, che è evidentemente il capo politico grazie al cui ultimatum (subito dal Pd) lo stesso Conte ha ottenuto l’incarico.
Pare un gioco di parole, ma è sostanza politica.
Perchè poi, al netto delle bizze, dell’ansia poltronista e sui cedimenti caratteriali, Di Maio è ancora il capo politico dei Cinque stelle che magari non controlla i parlamentari ma è imbullonato nel cuore del sistema pentastallato, quella piattaforma Rousseau che si pronuncerà  ad accordo fatto, prima che Conte salga al Quirinale.
Piattaforma che detiene ancora lo ius vitae ac necis del nuovo governo. Si capisce perchè non dice: “Prego, accomodatevi”.
In fondo, il sondaggio di Pagnoncelli sul Corriere fotografa un Movimento che cresce, di parecchi punti in pochi giorni, perchè ha ritrovato una centralità  politica. È lo stesso Movimento dato per morto dopo le europee, umiliato da Salvini, col popolo in fuga e marginale nel gioco politico fino a pochi giorni fa.
Ecco, per quale motivo dovrebbe mai cedere, concedendo con benevolenza al Pd di scegliere, di fatto, il capo del Movimento? Perchè mai, ora che la rinnovata centralità  consente al Movimento di chiudere l’accordo a condizioni alte oppure di tornare al voto con Conte, legittimato anche dall’indulgenza democratica come perfetto anti-Salvini? Ecco il punto.
Il sì al buio su Conte, senza discontinuità  conclamata, senza garanzie alla luce del sole, voluto in nome della stabilità  e della paura del voto da sindaci, presidenti di regione, il grosso del gruppo dirigente democratico ha paradossalmente invertito i ruoli, trascinando la discussione dalla “discontinuità ” alla trattativa sui ministeri.
Domanda, che per ora è senza risposta: il Pd è disposto ad andare al voto in nome del fatto che non si è trovata una quadra sui vicepremier?
Questa domanda se l’è posta anche Di Maio, molto più politico dell’Elevato. E infatti non molla, fino alla fine.
Tocca a Conte, e ci risiamo: “È un pupazzo o è in grado di prendere in mano la questione?”.

(da “Huffingtonpost”)

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GRILLO FURIOSO, ESPLODE IN MESSAGGIO VIDEO IN SERATA: “BASTA POLTRONE E SCALETTE, SONO ESAUSTO”

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

DURISSIMO ATTACCO A DI MAIO: “DOBBIAMO PROGETTARE IL MONDO E PARLATE DI POSTI E SCALETTE”

«Sono esausto!», si intitola l’ultimo durissimo intervento di Beppe Grillo, spettatore sempre più critico della nascita del governo M5S-Pd.
«Dovete sedervi a un tavolo ed essere euforici perchè appartenete a questo momento storico di cambiamento!», è l’esortazione del fondatore del Movimento 5 Stelle. «Questa pena che vedo – continua – questa mancanza di ironia. Abbiamo da progettare il mondo, invece ci abbruttiamo, e le scalette e il posto lo do a chi e i dieci punti, i venti punti, basta! Mi rivolgo alla base del Pd, ai ragazzi.
È il vostro momento questo, abbiamo un’occasione unica, Dio mio, unica. E allora cerchiamo di ricompattare i pensieri, di sognare un attimo a dieci anni con la visione. Abbiamo un’offerta di tecnologia immensa, dobbiamo decidere che tipo di società  vogliamo».
Beppe Grillo chiama, di fatto, M5S e Pd a deporre le armi e siglare un’intesa. Rinnovabili, urbanistica, tecnologia, idraulica, medicina, agricoltura: sono diversi i temi toccati da Grillo nel video. «Oggi ogni quartiere è diverso, facciamo discussioni stupide sulla Tav o sul Tap quando ormai le sinergie devono collegarsi tra loro: il camion è forse più conveniente del treno, i camion senza camionisti….», spiega Grillo che attacca: «vedo mancanza di euforia, di divertimento abbiamo da progettare il mondo, dobbiamo abbassare il consumo di energia e di materie prima, passare da 40 ore settimanali a 20 ore. Voglio che comprendiate che questa è una nazione meravigliosa».
«Veramente non ci accorgiamo del momento storico, del momento straordinario che è questo? C’è da rivedere i paradigmi della crescita, capire cosa deve crescere e cosa no. C’è da rivedere i sistemi industriali, le materie prime, la mobilità …»

(da agenzie)

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DI MAIO NEL BUNKER AL PANTHEON RIUNITO CON I FEDELISSIMI

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

“NON MOLLO DI UN MILLIMETRO, VOGLIO LA POLTRONA DA VICE-PREMIER E UN MINISTERO IMPORTANTE”…. QUALCHE GRILLINO: “POTREBBE ESSERE UN ALTRO DEL M5S, SE E’ IMPORTANTE AVERE UN VICEPREMIER”: E A DI MAIO VIENE UNA CRISI ISTERICA

La ridotta di Luigi Di Maio, la sua ultima trincea è un appartamento in zona Pantheon. È da qui che spara il messaggio incessante rivolto per tutta la giornata al premier incaricato Giuseppe Conte: “Non mollo neanche di un millimetro”.
Questa abitazione nel cuore di Roma è il fortino della resistenza del capo politico che vuole restare vicepremier, nonostante il Pd chieda ormai da giorni un cambio di passo e discontinuità  rispetto all’esecutivo gialloverde.
Di Maio riunisce i big del Movimento, D’Uva, Patuanelli, Morra, Taverna, Bugani, Di Battista e Bonafede, questi ultimi due collegati in vivavoce.
Ufficialmente si parla di programma di governo, sullo sfondo c’è invece il tema dei temi che, se portato all’esasperazione, rischia di far saltare tutto.
Ai vertici del partiti il capo politico dice che bisogna stare coesi e compatti come una testuggine. Loro gli obbediscono ma il fronte non è proprio granitico come se lo aspetterebbe Di Maio, il quale comunque va avanti. Non si sente l’ultimo giapponese nella giungla dei veti e dei controveti ma un po’ così appare ad alcuni dei suoi.
Uno di loro dice sorridendo: “Solo un miracolo di san Gennaro può risolvere la situazione”.
In realtà , dietro le finestre socchiuse dell’appartamento al Pantheon – mentre intorno i turisti sciamano ignari del fatto che in questo strano sabato di afa, pioggerella e sole pallido si stanno decidendo le sorti dell’Italia politica – i colonnelli sperano nel miracolo di san Giuseppe.
Il pressing su Conte aumenta sempre più, non più solo da parte di Di Maio ma anche da parte dei suoi fedelissimi. Gli chiedono di rimuovere il diktat di Nicola Zingaretti, di non cedere a quelle che chiamano “le pretese del Nazareno”.
Ed eccolo un altro edificio, a meno di un cinquecento metri dal Pantheon. Qui a Palazzo Chigi, Conte ha visto i capigruppo del Movimento 5 stelle e del Pd, ma prima è andato al Colle.
E quando si è saputa la notizia che il premier incaricato era pronto a rinunciare all’incarico di formare il nuovo governo, nel mondo pentastellato si è sparsa la disperazione nonchè il senso della fine per tutti: “È stato come un infarto”, ha detto uno di loro.
Poi qualche ora dopo, appena la situazione è sembrata meno irrecuperabile, “ecco il trapianto di cuore”, è stata l’immagine scelta intorno a Di Maio. Ovvero c’è ancora possibilità  di vita, ma resta il punto fermo della vicepresidenza.
Una richiesta legata a un’esigenza di vita o di morte (politica) per quello che è stato il leader delegato da Grillo e Casaleggio da quattordici mesi dentro il governo e prima in campagna elettorale. Non solo.
I 5Stelle hanno l’esigenza di mostrare a una base in subbuglio che M5s è ancora forte nel governo e per farlo è necessario ottenere la poltrona del vicepremier e anche alla svelta.
Tra lunedì e martedì ci sarà  infatti il voto sulla piattaforma Rousseau. Il quesito sarà  vago, probabilmente non ci sarà  neanche la parola Pd, piuttosto un elenco di punto che altro non sono che il programma di governo.
Ma per ottenere l’ok, Di Maio ha la necessità  di far vedere vedere che non si è piegato al Pd. Tuttavia, c’è chi tra i grillini vorrebbe avanzare una contro offerta: “Se il Pd dice ‘no’ a Di Maio vicepremier, proponiamo un altro nome se per noi è importante ricoprire questo incarico”.
È una sfida che viene lanciata da chi vorrebbe un vero cambiamento dentro il Movimento, ma ovviamente Di Maio la respinge al mittente.
Dal Pd, pur dicendosi soddisfatti sul fronte del programma, arrivano toni ultimativi: “I 5Stelle vogliono i nostri voti e della sinistra per un governo 5Stelle guidato da Conte e Di Maio. E non è possibile”.
Per i grillini i dem vogliono alzare la posta: “Conte risolverà  il problema. Saprà  accontentare tutti”, dicono i pentastellati più fiduciosi: “In fondo, fino a pochi giorni fa, dicevano no anche a Conte premier. Il nodo si scioglierà , in ballo ci sono molte poltrone”. Che tradotto significa proporre uno scambio.
Sarà  quindi Conte, in prima persona, a occuparsi della questione del vicepremierato per il leader M5S, stretto tra le condizioni imposte dal Pd e la necessità  di dare il giusto peso alla forza che lo ha portato a Palazzo Chigi.
Certo, il duro intervento di Di Maio dopo le consultazioni non è stato, secondo diverse fonti parlamentari, ben accolto da Conte.
Sta di fatto che adesso si attende un vertice a tre, con Zingaretti e Di Maio, durante il quale il premier incaricato proverà  a scogliere il nodo politico.
L’incontro potrebbe tenersi già  domani sebbene non ci siano conferme ufficiali. I dubbi di Di Maio sul suo ruolo nell’esecutivo non sono sciolti: la trincea del M5S resta e costringe Conte ad una decisione non facile.

(da “Huffingtonpost”)

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IL VALZER DEL PROGRAMMA MA RESTA IL NODO DI MAIO CHE VUOLE FARE IL VICE-PREMIER E AVERE UN MINISTERO DI PESO

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

CONVERGENZA SU REVISIONE (MA NON REVOCA) DELLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI, TAGLI PARLAMENTARI (MA NON SUBITO), INFRASTRUTTURE… SULL’IMMIGRAZIONE SI PARLA DI “NUOVA LEGGE” (QUALE NON SI SA) , IL PD NON E’ NEANCHE CAPACE A CHIEDERE L’ABOLIZIONE DELLE LEGGI CRIMINALI

È il valzer dei tavoli programmatici che non sbloccano la trattativa. Con le secondo file che si confrontano sui massimi sistemi, ma poi tutto resta appeso a Di Maio sì, Di Maio no, due vicepremier sì, due vicepremier no.
La scena oramai si ripete da qualche giorno.
Alle 12 e 30 i capigruppo del M5S e del Pd, nell’ordine Francesco D’Uva, Stefano Patuanelli, Graziano Delrio e Andrea Marcucci,   varcano l’ingresso di Palazzo Chigi. Sono ore concitate perchè l’accordo, il patto politico giallorosso, sembra essere in alto mare. Non decolla. Anzi, qualcuno sussurra che potrebbe addirittura deflagrare. Qualcun altro invece mormora che “è tutta una sceneggiata perchè ci deve essere ancora il passaggio su Rousseau”.
Fatto sta che la delegazione degli stellati e quella dei democrat si risiede al tavolo per discutere del programma. Siamo a Palazzo Chigi, e con D’Uva, Patuanelli, Marcucci e Delrio, c’è anche il premier incaricato Giuseppe Conte a coordinare il confronto. Tavolo a cinque, si direbbe. Assenti Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, i due convitati di pietra che forse si vedranno nelle prossime ore.
Oggetto della discussione, almeno riferiscono così i presenti, il programma dell’esecutivo che verrà . Mai chiamarlo contratto. E allora si comincia.
Il Pd si presenta con il documento che contiene i punti programmatici prodotti dai tavoli del Nazareno. Dall’altra parte del campo, anzi no dello scrittoio, i cinquestelle con i 20 punti inderogabili sui quali Di Maio non intende recedere di un millimetro. Parlano, discutono, mai un tono fuori posto.
Non c’è buffet, nonostante l’orologio segni l’ora del pranzo. Non c’è un bicchier d’acqua. Si lavora sodo. Nota di colore: a un certo punto, dopo due ore di scambio di vedute, Delrio e Marcucci richiedono un caffè.
Qui, come assicurerà  poi il grillino D’Uva, “abbiamo parlato solo di programmi e del documento che abbiamo già  condiviso per vedere se si può andare incontro alle istanze di tutte le forze politiche interessate”.
E lo stesso ripeterà  il democrat Delrio: “Abbiamo fatto dei passi in avanti, e il presidente si incaricherà  di fare una sintesi definitiva”
Nelle tre ore di incontro si tratteggia un programma ipotetico.
I cinquestelle avrebbero ottenuto il lasciapassare su alcuni punti: no a nuovi inceneritori, stop a nuove trivelle, revisione delle concessioni autostradali, taglio dei parlamentari nel primo calendario utile alla Camera, lotta all’immigrazione clandestina, alla criminalità  e all’evasione. Manca solo la pace del mondo.
Anche se si notano dei passi in avanti, al punto numero tre i cinquestelle sostituiscono la parola revoca con “revisione”, e sul taglio dei parlamentari si aggiunge una postilla che suona di apertura: “nel primo calendario utile alla Camera”.
Il Pd invece rivendica il sì al taglio del cuneo fiscale, “una cosa fondamentale per noi”, filtra dal Nazareno. Che è una misura gradita dalle truppe di Di Maio. Eppoi una nuova legge sull’immigrazione, che non si traduce nell’abolizione dei decreti I e II a firma Salvini.   Ed è un altro segnale di apertura che il Nazareno desidera inviare alla galassia dei cinquestelle.
Poi, va da sè, i democrat mettono nero su bianco il blocco dell’aumento dell’Iva e lo sblocco immediato delle infrastrutture. Come, ad esempio, l’alta velocità  Brescia-Padova. E rilanciano un piano di investimenti di 130 miliardi che risale a quando Delrio sedeva al ministero delle Infrastrutture.
Ecco, dopo tre ore sembrano tutti e felici e contenti. 1 a 1, palla al centro, verrebbe da dire utilizzando una metafora calcistica. “Abbiamo continuato la ricognizione sui temi, vedremo nelle prossime ore ma la ricognizione va bene”, assicura Patuanelli, che è in lizza per il dicastero delle Infrastrutture.
Ma la verità  resta un’altra. Come si fa a parlare di inceneritori o di cuneo fiscale, se poi non si riesce a sciogliere il nodo Di Maio? Anche perchè fino ad ora il grillino di Pomigliano D’Arco non sembra voler indietreggiare. E insiste sulla doppia poltrona, vicepresidenza del Consiglio e un ministero di peso.

(da “Huffingtonpost”)

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MARA CARFAGNA ROMPE GLI INDUGI: “E’ TEMPO DI UNA DESTRA NUOVA E REPUBBLICANA”

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

“ANCHE BERLUSCONI HA PRESO ATTO DELLA DISTANZA POLITICA DA SALVINI”

«Sto ragionando da mesi, con tanti colleghi ed esponenti della società  civile, dirigenti attivi sui territori, sulla ripartenza della destra liberal-repubblicana. Mi piacerebbe mettere a disposizione spunti nuovi, molti mi sollecitano a convocare un forum di discussione ricontattando anche tante intelligenze ed energie che si sono perse. I punti che ho chiari sono due: ridefinire l’identità  popolare, liberale, europeista e garantista del centrodestra adeguandola ai tempi. E aprire le porte ai movimenti civici, all’associazionismo, ai mondi che tutti noi abbiamo trascurato. Alla fine di questo percorso potremo tornare a confrontarci da pari a pari con i possibili alleati. È un percorso impegnativo, ma non illudiamoci che possano esserci scorciatoie».
Lo afferma Mara Carfagna, vicepresidente Fi della Camera, in un’intervista a La Stampa. «Il presidente Berlusconi ha preso atto della distanza politica e, direi, anche fisica di Salvini nei suoi confronti. Sa perfettamente che la destra repubblicana e liberale ha pagato un prezzo altissimo in termini di voti, di irrilevanza politica e di reputazione anche internazionale», spiega la parlamentare azzurra.
Secondo Carfagna, Salvini «ha sbagliato anzitutto, e soprattutto, la sua strategia. Ha coltivato l’illusione che l’area sovranista potesse imporsi in Italia dopo avere distrutto l’alleanza di centrodestra. Il centrodestra ha cessato di esistere quando il sovranismo ha scelto l’ambiguità  rispetto all’Occidente, ha sdoganato sentimenti d’odio ai confini col razzismo, ha cavalcato l’emergenza immigrazione per diffondere paure e messaggi destabilizzanti. E in economia ha messo il timbro su soluzioni assistenzialistiche tipo il reddito di cittadinanza, incurante di dare voce alle imprese, allo sviluppo, al Nord produttivo», conclude la vicepresidente della Camera.

(da agenzie)

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NUOVO NO ALLO SBARCO DEI PROFUGHI DELLA MARE JONIO, C’E’ UNA SOLA SOLUZIONE E UNA SOLA CONSEGUENZA

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

INTERVENGA LA MAGISTRATURA E POI TUTTI DESTITUITI DALLE CARICHE CON DISONORE E PROCESSATI PER SEQUESTRO DI PERSONA… CHI HA GIURATO FEDELTA’ ALLA COSTITUZIONE NON PUO’ ESSERE AL SERVIZIO DI CRIMINALI

Continua il muro contro muro tra Mediterranea e l’Italia. Tenuti da tre giorni fuori dalle acque territoriali nazionali per effetto del decreto Salvini (sottoscritto da due ex ministri dell’attuale coalizione di sinistra M5s-Pd-Leu), i volontari italiani della piattaforma civica per il salvataggio a mare hanno ricevuto pochi minuti fa l’ennesimo diniego alla loro reiterata richiesta di avere un porto sicuro.
In mattinata, il comandante Giovanni Buscema aveva inviato una mail predisposta insieme ai legali dell’associazione in cui, citando le recenti decisioni del Gip di Agrigento, si diffidava la Capitaneria di Porto di Roma, responsabile del Martitime Rescue Coordination Ceneter (Mrcc) e chiedeva l’assegnazione — prevista dalla legge — di un pos, un place of safety, un porto sicuro dove sbarcare i 34 migranti sopravvissuti al naufragio del   gommone nero trovato mercoledì mattina all’alba nelle acque davanti a Misurata (6 morti accertati). Nella mail si annunciava inoltre l’intenzione di denunciare le autorità  per omissione d’atti d’ufficio.
Lo scaricabaril
Il diniego sempre ricevuto via mail dalla Guardia Costiera è di fatto un chiaro scaricabarile, persino scabro nella forma: “In riscontro alla richiesta di Pos (…) si rappresenta che la competente autorità  nazionale alla quale la predetta richiesta è stata inviata per le valutazioni di competenza ha comunicato che: ‘Ferma restando l’attualità  e l’efficacia del Decreto interministeriale del 28 agosto (il Salvini bis, ndr) il pos non può essere assegnato”.
Le mani avanti
Ma non è tutto. Perchè la Guardia Costiera quasi dissociandosi dalla decisione che si è trovata a dover comunicare — e quasi a voler indicare ai magistrati eventualmente interessati i veri responsabili di ogni decisione – ha deciso di mettere in copia conoscenza alla sua mail la bellezza di 39 soggetti istituzionali che evidentemente possono essere interessati all’argomento
Tra i soggetti in questione saltano agli occhi: le procure di Agrigento e Roma (ai quali fino ad ora nessuno si era mai rivolto, ndr), nonchè il capo di gabinetto del ministero degli Interni Matteo Piantedosi e i suoi colleghi della Difesa, dei Trasporti e degli Esteri.
Sul caso della Mare Jonio è intervenuto, con un tweet sdegnato, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. “Queste cose non vogliamo più vederle. Non è umano. Fate scendere subito questi esseri umani #MareJonio”.

(da agenzie)

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IL CARDINALE DI AGRIGENTO: “FATE SCENDERE I NAUFRAGHI DELLA MARE JONIO”

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

L’APPELLO DELL’ARCIVESCOVO MONTENEGRO

Con forza mi unisco all’appello lanciato dall’equipaggio della Nave Mar Jonio ormeggiata ad alcune miglia da Lampedusa; si tratta di una situazione umanitaria gravissima per la mancanza di acqua potabile e per le condizioni del mare in costante peggioramento.
La scorsa notte, la decisione di far sbordare 64 migranti (fra cui donne incinte, bambini e persone in precarie condizioni di salute) sembrava aprire uno spiraglio in questa ennesima vicenda che vede compromettere e danneggiare la dignità  di quei nostri fratelli che, prima ancora di essere migranti, sono persone umane già  messe a dura prova — nei loro Paesi di provenienza — da guerre, violenze e carestie.
Purtroppo assistiamo a una forma ingiustificata di durezza nei confronti delle altre 34 persone che sono rimaste a bordo e che ormai sono stremate fisicamente e psicologicamente, dopo diversi giorni di sosta in alto mare, sballottati dalle onde e privati del sacrosanto diritto di salvaguardare la loro vita.
Facciamo appello alle autorità  competenti affinchè al più presto si decidano di permettere alla Mare Jonio di attraccare e di permettere ai migranti ancora a bordo di avere le necessarie cure mediche e l’approvvigionamento di acqua e cibo.
Nella situazione drammatica che si è venuta a creare l’equipaggio sta facendo un lavoro straordinario che merita un grande apprezzamento; sono uomini e donne che hanno assicurato ai migranti l’assistenza, il sostegno e l’affetto per reggere a una prova così estenuante.
Speriamo, per loro e per i migranti, che la Mare Jonio sia messa nelle condizioni di mettersi al riparo dalle onde e di entrare nel porto di Lampedusa.
Prima di qualsiasi disputa politica vi sono i diritti umani che vanno difesi sempre e comunque. Il primato della dignità  della persona umana per la Chiesa cattolica e per qualsiasi convivenza civile è un principio irrinunciabile.
Fate scendere i migranti della Mare Jonio!

Francesco Montenegro
cardinale arcivescovo di Agrigento

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POLIZIOTTI CHE RENDONO ONORE ALL’ITALIA: SOCCORRONO UNA FAMIGLIA POVERA CHE DORME IN STRADA E FANNO UNA COLLETTA TRA LORO PER DARGLI UNA CAMERA D’ALBERGO

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

COSENZA, UNA STORIA DI SOLIDARIETA’ CHE NON HA CONFINI DA DIFENDERE

Sabato sera, Cosenza, inizia una notte di fine estate.
“Su un marciapiede, in centro, c’è una famiglia accampata…” La telefonata non è di fastidio. Arriva alla polizia perchè in un Paese civile la polizia c’è per venire incontro e difendere chi è debole e indifeso.
E così, una pattuglia si sposta nella zona segnalata dalla telefonata e ai margini del marciapiede trova loro: una coppia di iracheni con tre figli di 11, 6 e 4 anni.
Stanno sdraiati, uno accanto all’altro, su sottili lettini improvvisati, in attesa della notte che per loro fortuna è ancora mite.
Stanno accanto alla piccolissima tenda verde e bianca donata loro da un cittadino della zona. Il muro sulle loro teste offre una scritta: “Dici che non potrà  finire mai…”. Probabilmente un messaggio d’amore di adolescenti, che sulla testa di questa famiglia si offre ad ogni interpretazione sul loro presente e sul nostro.
La famiglia è regolarmente in Italia, su loro pesa il disagio di chi si è lasciato alle spalle una guerra di dimensioni enormi. E la fuga è ancora pesante, sogno ricorrente. Sono in strada perchè il disagio e il bisogno non hanno frontiere, nazionalità  e colore, non hanno muri.
Disagio e povertà  sono un pò come la morte, sono quella livella della poesia del principe De Curtis. E’ il benessere ad avere frontiere impenetrabili, un muro inespugnabile.
Prima cosa alla quale pensano i poliziotti, dare acqua e da mangiare alla famiglia, e lo fanno.
Poi, nonostante l’ora tarda, un pò di telefonate ad associazioni del volontariato e a case famiglia per recuperare un tetto alla coppia e ai loro tre figlioletti.
Troppo tardi, non c’è modo di trovare un interlocutore per un tetto.
E’ allora che i poliziotti si guardano in faccia, senza aver bisogno di parlarsi. Chiamano un hotel modesto e dignitoso, accompagnano la famiglia in albergo, si assicurano che tutto andrà  bene per la notte, una carezza ai bambini e mettono mano al portafogli.
Spesa divisa equamente tra loro.
Si potrebbe accompagnare questo piccolo racconto con tante considerazioni, ma è meglio lasciarlo così, asciutto. Solo una piccola cronaca di cuore. Un cuore in divisa.
E questa volta la divisa è tutto onore.

(da Globalist)

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LAVORO NERO, BRACCIANTE MUORE PER IL CALDO MENTRE RACCOGLIE MELONI

Agosto 31st, 2019 Riccardo Fucile

IL LAVORATORE ITALIANO AVEVA 55 ANNI… MA CHE BELLA SICUREZZA HA GARANTITO IL GOVERNO SOVRANISTA: PERSEGUITA I DISPERATI IN MARE E CHIUDE GLI OCCHI SUI CONTROLLI VERSO   IMPRENDITORI SENZA SCRUPOLI

Utilizzo di manodopera non in regola, omicidio colposo e violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Sono i reati per cui è stato denunciato il datore di lavoro di un bracciante che lavorava in nero e morto per il caldo torrido mentre raccoglieva meloni sotto una serra.
L’uomo, 55 anni, italiano, ha avuto un malore ed è deceduto subito dopo. La vittima si trovava in una azienda agricola all’estrema periferia di Giugliano, in provincia di Napoli. Il fatto è accaduto mercoledì scorso ma se ne è avuta notizia solo oggi.
La salma del bracciante è stata trasferita all’Istituto di medicina legale dell’università  “Federico II”, dove sarà  eseguito l’autopsia.
Le indagini sono condotte dai carabinieri della caserma di Varcaturo, coordinati dal maresciallo Procolo Petrungaro. I militari dell’Arma insieme a quelli del nucleo dell’ispettorato del lavoro, hanno sanzionato l’imprenditore agricolo anche per irregolarità  relative alla norme igienico-sanitarie.

(da agenzie)

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