Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile GRILLO TORNA PER SOSTENERE CONTE, PLACARE I DISSIDENTI, RILANCIARE L’ALLEANZA CON IL PD E APPOGGIARE DI MAIO
I diarchi al centro della scena romana. 
Beppe Grillo, tornato a Roma dopo meno di un mese dall’ultima apparizione, e Davide Casaleggio entrano nel Tempio di Adriano per dare una prova di forza e investire ulteriormente Giuseppe Conte come uomo simbolo di questa stagione politica. Nell’edificio di piazza di Pietra viene presentato il Piano per l’innovazione, sono presenti tutti i ministri grillini, tranne Luigi Di Maio impegnato in Libia.
Sul palco parla anche il presidente del Consiglio che, nell’andar via, si avvicina al Garante M5s, seduto in quinta fila, gli stringe la mano e si abbassa per sussurrargli qualcosa, a favore dei fotografi.
È la scena chiave della giornata, preparata e attesa. È il giorno in cui il premier viene blindato dai due che nell’universo pentastellato hanno un peso maggiore.
Blindare il presidente del Consiglio significa provare blindare la maggioranza giallorossa nel momento di massima tensione. In fondo il Garante M5s è stato il primo a lanciare l’alleanza con il Pd e ne è ancora un grande sostenitore.
“Oggi sono un anti-emorragico”, dice Grillo, arrivato a Roma per parlare con i deputati e i senatori. Lui direttamente senza intermediazione alcuna.
I senatori in particolare sono in subbuglio dopo le tre fuoriuscite verso la Lega che si intrecciano alle voci sempre più insistenti di nuovi abbandoni, anche alla luce della ‘campagna acquisti’ messa in atto dal partito di Matteo Salvini. Campagna acquisti che potrebbe portare a indebolire i numeri a sostegno del governo.
I più maliziosi fanno notare anche un altro particolare. Grillo e Casaleggio, insieme a Roma, sono venuti a “riprendersi Conte” e ad allontanarlo dal Pd, a cui vanno, secondo vari ministri, le preferenze del premier.
Quest’ultimo, poco più tardi, ospite a ‘Di martedì’, dirà che “c’è molta sintonia con Grillo” e di averlo visto consapevole del fatto che questa è “un’occasione storica per rendere l’Italia più verde e più digitale, per migliorare questo Paese”.
Ma metterà sul tavolo anche un fatto politico assolutamente nuovo, almeno a parole. Come va definito questo governo? “Diciamo che destra e sinistra sono un poco superati. Chiamatelo come volete”, poi chiede: “È un problema di classificazioni? Centrosinistra”.
È un’affermazione assolutamente inedita, poichè rompe un tabù. Di Maio ha sempre detto “nè di destra nè sinistra”, ma ora la musica sembra cambiata, con il benestare di Grillo, stando almeno alle dichiarazioni ufficiali.
Ecco ancora il Garante: “Basta pensare a com’era il Pd. Non ho problema a stringere le mani a uno del Pd su cose alte”. Anche “il Movimento è cambiato. Non è più quello delle origini”.
Il fondatore M5s fa dunque da parafulmine, dà il suo endorsement alle Sardine e raccoglie lo sfogo di un gruppo di eletti diviso in più fazioni e con Di Maio spesso nel mirino.
Alcuni senatori, per esempio, fanno notare che manca l’ascolto da parte di chi adesso ricopre un ruolo nel governo. Il Garante, costretto al ritorno in campo, si veste da leader e lascia ai senatori il proprio numero di telefono. Gesto non da poco che lo rimette al centro del Movimento, come il vero responsabile.
Quindi carica i pentastellati: “Se molliamo, in questo palazzo tornano quelli che hanno distrutto il Paese”, avverte nelle stesse ore in cui Conte declama la sua sintonia su un concetto: il governo con il Pd è una chance unica per migliorare l’Italia.
Anzi, Grillo va oltre, quasi sposando la visione “ortodossa” (copyright di Luigi Gallo) delle Sardine, quelle di un movimento con cui il M5S potrebbe contaminarsi: “Sono da tenere d’occhio, sono tennisti in un mondo di rugbisti. Non sono come il M5S delle origini, non vogliono riformare la società ma igienizzarla, e non è sbagliato”, spiega Grillo.
Un tassello in più che porta al delinearsi, almeno per Grillo, di un asse a sinistra per contrastare lo strabordare della destra quando molti grillini sono tentati dalle sirene leghiste.
Come Gianluigi Paragone, che in tanti tra i parlamentari vorrebbero già dimesso dopo il suo “no” alla fiducia sulla manovra. Assente all’incontro con Grillo, sarà deferito ai probiviri, quindi non è fuori.
Di Maio non se lo può permettere perchè al Senato il rebus numeri è intricato. Quanto all’intenzione di scoraggiare nuove fuoriuscite non è escluso che Grillo e Casaleggio, con la consulenza dell’avvocato pentastellato, abbiano discusso anche delle famose multe da imputare a chi lascia il gruppo parlamentare. Unica arma, seppur scarica, che i vertici sperano di avere.
Il tour di Grillo e Casaleggio non è ancora finito. Dopo aver visto i senatori si sposta alla Camera. Qui nel frattempo è arriato anche Di Maio: “Nessuno è in grado di fare tutto quello che fa Luigi, bisogna sostenerlo. Tempo al tempo e si sistemerà tutto…”. Il Garante chiede anche molta pazienza. Finchè dura.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile “SONO STATI I SERVIZI SEGRETI EGIZIANI”… I MAGISTRATI HANNO FATTO UN GRANDE LAVORO, SONO I GOVERNI ITALIANI CHE NON SONO IN GRADO DI FAR CAPIRE CHE CHI UCCIDE UN ITALIANO E’ UN CADAVERE CHE CAMMINA (ALTRO CHE SOVRANISTI DEL CAZZO)
Giulio Regeni è stato vittima di una tortura in più fasi, durata giorni, nel corso della quale gli sono state rotte le ossa, fino a quando gli hanno spezzato l’osso del collo. Durante l’audizione in commissione parlamentare di inchiesta sull’omicidio del ricercatore, il sostituto procuratore di Roma, Sergio Colaiocco, e il procuratore facente funzioni, Michele Prestipino, ripercorrono i passaggi dell’inchiesta sull’uccisione del ragazzo.
Ben quattro i tentativi di despistaggio messi in atto dopo l’omicidio.
“Intorno a Giulio Regeni è stata stretta una ragnatela dalla National security egiziana già dall’ottobre prima del rapimento e omicidio – aggiunge Prestipino – una ragnatela in cui gli apparati si sono serviti delle persone più vicine a Giulio al Cairo tra cui il suo coinquilino avvocato, il sindacalista degli ambulanti e Noura Whaby, la sua amica che lo aiutava nelle traduzioni”.
“Non faremo sconti a nessuno e andremo fino in fondo” assicura il presidente della commissione d’inchiesta Erasmo Palazzotto. “Abbiamo iniziato i lavori con l’audizione della procura di Roma, riconoscendo il prezioso lavoro fatto in questi anni, utilizzeremo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per contribuire in modo determinante alla ricerca della verità “.
L’autopsia
“L’autopsia eseguita in Italia ha dimostrato che le torture sono avvenute a più riprese, tra il 25 e il 31 gennaio – spiega Colaiocco – l’esame della salma depone per una violenta azione su varie parti del corpo. I medici legali hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Giulio è morto, presumibilmente il 1 febbraio, per la rottura dell’osso del collo”.
I depistaggi
“Nell’immediatezza dei fatti sono stati fabbricati dei falsi per depistare le indagini – aggiunge il pm – in primis, l’autopsia svolta al Cairo che fa ritenere il decesso legato a traumi compatibili con un incidente stradale. Altro depistaggio è stato quello di collegare la morte di Giulio a un movente sessuale: Regeni viene fatto ritrovare nudo”. Il pm di piazzale Clodio aggiunge che “esistono altri due rilevanti tentativi di sviare le indagini.
“Il primo alla vigilia della nostra trasferta del 14 marzo del 2016. Due giorni prima un ingegnere parla alla tv egiziana raccontando di avere visto Regeni litigare con una persona straniera non lontano dal consolato italiano e fissa alle 17 del 24 gennaio l’evento.
E’ tuttavia emerso che il racconto è falso e ciò è dimostrato dal traffico telefonico dell’ingegnere che lo colloca a chilometri di distanza dal nostro consolato sia dal fatto che Giulio a quell’ora stava guardando un film su internet a casa”. Successivamente “il soggetto che ha messo in atto il tentativo di depistaggio ha ammesso di avere ricevuto quelle istruzioni da un ufficiale della Sicurezza nazionale che faceva parte, tra l’altro, del team investigativo congiunto italo egiziano.
Un depistaggio voluto per tutelare – ha raccontato l’ingegnere – l’immagine dell’Egitto e incolpare stranieri per la morte di Regenì. Su questo episodio non ci risulta che la Procura del Cairo abbia mai incriminato nessuno. Il quarto tentativo di depistaggio è legato all’uccisione di cinque soggetti appartenenti a una banda criminale morti nel corso di uno scontro a fuoco. Per gli inquirenti egiziani erano stati loro gli autori dell’omicidio”.
I risultati delle indagini
Dice Prestipino: “C’è una difficoltà nel coordinare la nostra attività giudiziaria con l’iniziativa giudiziaria dell’Egitto anche perchè tra i due Paesi non ci sono accordi di cooperazione giudiziaria. Nonostante tutte queste difficoltà posso affermare che abbiamo raggiunto fin qui risultati estremamente positivi. Siamo riusciti grazie alla straordinaria capacità dei nostri reparti investigativi, Sco e Ros, a ricostruire il perimetro di quanto accaduto in quel lasso temporale”.
Prestipino dice anche: “Siamo riusciti a ricostruire il contesto dell’omicidio, i giorni precedenti al sequestro, l’attività degli apparati egiziani nei confronti di Giulio culminata col sequestro, riuscendo a sgomberare il campo da ipotesi fantasiose sul sequestro, dall’attività spionistica alla rapina. Ipotesi messe definitivamente da parte. Abbiamo individuato soggetti indiziati che per questo sono stati iscritti nel registro degli indagati”.
La famiglia del ricercatore
Un ringraziamento al lavoro degli inquirenti è arrivato dai genitori di Giulio Regeni: “Oggi per la prima volta – hanno fatto sapere -i nostri procuratori hanno potuto rendere pubblici gli sforzi e i risultati del loro lavoro e da oggi chiunque in Egitto e in Italia sa che la nostra fiducia in loro è ben riposta. Il loro e il nostro lavoro di indagine va sostenuto con decisione e onestà dalla nostra politica e da qualsiasi istituzione europea che si professi democratica. Pretendere, senza ulteriori dilazioni nè distrazioni, verità per Giulio e per tutti noi è un dovere e un diritto inderogabile Confidiamo che la commissione d’inchiesta sappia sostenere con umiltà , rispetto e intelligenza il lavoro della nostra magistratura e della nostra legale”.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile “SFIDA ALL’EVASIONE MIA PRIORITA’, SE VOLETE DIFENDERE GI EVASORI MANDATEMI A CASA”… E ANNUNCIA BONUS FINO A 2.000 EURO PER CHI USA PAGAMENTI DIGITALI
“Lo dico a tutti. Se non piace il piano antievasione cercate di mandarmi a casa. Fino a che ci
sarò, lotterò contro l’evasione”. Il premier Giuseppe Conte, ospite di Di martedì su la7, parla a tutto campo. Dei progetti per il 2020 e del bilancio dei suoi due governi.
Punta molto sul contrasto all’evasione: “Ci frutterà tanto: il nostro tesoro, il tesoretto del Paese – spiega – è di 100 miliardi”. Su questo annuncia anche una novità sui pagamenti digitali: “Credo che arriveremo a far trovare nei conti correnti fino a 2mila euro come superbonus per i pagamenti digitali. Offriremo un ampio ventaglio di pagamenti digitalizzati”.
E poi parla dei rapporti nel governo e della tensione con il leader della Lega. “Il consenso di Salvini sta scemando. Da cosa lo vedo? Dai sondaggi”.
E ancora: “Io credo che quando c’è una macchina comunicativa che è molto aggressiva, anche nel linguaggio e quindi spinge molto sulle paure delle persone e quando si soffia su quel vento, il vento si gonfia ma poi si sgonfia: è una parabola storica”.
Quindi meglio governare con il Pd? “Mi sento più confortevole con questo esecutivo. Abbiamo un programma di governo riformatore ben articolato”. Dice di avere il cuore a sinistra. Ma precisa: “Alle europee ho votato M5s”. E Renzi, un altro interlocutore con cui i rapporti non sono facili? “Ha detto che il bicchiere è mezzo pieno… Lo vedrà traboccante da qui al 2023”.
E poi parla della sintonia con Grillo. “Con Grillo ci ho parlato qualche volta e l’ho visto molto consapevole – e su questo c’è molta sintonia – che questa è un’occasione storica per rendere l’Italia più verde e più digitale, per migliorare questo Paese”.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile RIGUARDA TELEFONI E CHIAVETTE CON I FILE AUDIO DEL METROPOLE
La Cassazione ha accolto la richiesta della procura generale, confermando i decreti di sequestro a carico di Gianluca Savoini.
Respinto dunque il ricorso dell’ex portavoce di Salvini nonchè referente dell’associazione Lombardia-Russia presentato dall’avvocato Lara Pellegrini.
Si tratta del sequestro di due telefoni cellulari, di documenti e di alcune chiavette Usb con i file audio del Metropol, avvenuto nell’ambito dell’inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega in cui Savoini è indagato per corruzione internazionale.
La richiesta della procura generale è avvenuta in una udienza a porte chiuse davanti alla sesta sezione penale.
L’indagine riguarda quanto accadde il 18 ottobre del 2018 quando Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda e il consulente finanziario Francesco Vannucci discussero con i russi, all’hotel Metropol di Mosca, di una compravendita di petrolio che – secondo gli investigatori – avrebbe dovuto mascherare un finanziamento di 65 milioni di dollari alla Lega.
Il tribunale del riesame aveva respinto il ricorso contro il sequestro della Guardia di finanza di cellulari, pc e documenti, parlando di “cristallizzazione degli accordi criminali”.
Nel documento giudiziario appariva proprio l’accusa corruzione internazionale per Savoini, insieme a Meranda e Vannucci.
Nel testo si leggeva: “Savoini concordava con Ylia Yakunin l’acquisto da parte di Eni di ingenti quantitativi di prodotti petroliferi: 250mila tonnellate al mese per tre anni, vendute dalla societa russa Rosneft, prevedendo che una percentuale del 4 per cento del prezzo pagato da Eni sarebbe stata retrocessa”. Il sospetto degli investigatori è che quei soldi dovessero servire a finanziare la campagna della Lega per le Europee.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile SI DISTRAE E NEL POST INDICA CHE E’ STATO FATTO A BRUXELLES, INVECE DI STRASBURGO E L’ITALIA RIDE A CREPAPELLE
La Lega decide di organizzare un flash mob per portare anche al Parlamento Europeo una
delle grandi tradizioni italiane: il presepe, e il Capitano che fa?
Pur essendo stato europarlamentare dice che il tutto è accaduto a Bruxelles…
Mentre invece è successo all’Eurocamera di Strasburgo:
E se magari pensate che si siano sbagliati gli altri, sappiate che Strasburgo è confermato anche dalla pagina ufficiale della Lega.
In ogni caso e nonostante il Capitano sia distratto oggi, al grido di portiamo in aula le nostre tradizioni i 28 eurodeputati leghisti hanno mostrato le immagini di un presepe davanti alla plenaria del Parlamento UE e in seguito le hanno esibite in Aula. I
In pratica si sono fatti fare una foto con in mano una stampa a colori della natività (il presepe, quello vero è un’altra cosa).
Insomma, veri difensore della fede, ma la prossima volta avvisate Salvini con 24 ore di anticipo dove lo fate così evita figure di merda sui social
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile I LEGHISTI SI INVENTANO CHE “LA UE E’ CONTRO IL PRESEPE ” PER METTERE IN ATTO LA SOLITA SCENEGGIATA USO GONZI… NEANCHE SANNO CHE LA UE HA PATROCINATO IL PRESEPE SUBACQUEO DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO, TANTO E’ CONTRARIA AL PRESEPE
Bisogna capirli gli eurodeputati della Lega, pagati qualche migliaio di euro al mese e lontani da casa per intere settimane sentono di perdere il contatto con le proprie radici e le proprie tradizioni.
Ed è per questo che oggi l’onorevole leghista Alessandro Panza ha deciso di organizzare un flash mob per portare anche al Parlamento Europeo una delle grandi tradizioni italiane: il presepe.
Vi chiederete: ma davvero i leghisti durante la plenaria dell’Europarlamento non hanno niente di meglio da fare? Che domanda inutile.
Lo spirito del Natale aveva pervaso l’onorevole Panza già ieri, quando aveva annunciato urbi et orbi che l’indomani avrebbe portato le tradizioni in Aula. «visto che al Parlamento Europeo parlare di presepe è quasi una bestemmia, oggi ho regalato ai miei colleghi una simbolica immagine di un Presepe. Domani la porterò con me in aula per testimoniare, senza alcuna vergogna, le nostre radici e i nostri valori cristiani!».
Vi risulta che l’Unione Europea abbia emanato una direttiva per vietare i presepi? No. E se pensate che al Parlamento Europeo i nostri (pagati) rappresentati abbiano di meglio di cui occuparsi che di parlare del presepe allora significa che non avete a cuore la nostra tradizione.
Nessuno può impedire alla Lega di parlare di presepe, ed infatti nessuno lo ha impedito: contraddicendo la premessa alla base del flash mob.
Semplicemente il Parlamento Europeo è un’istituzione laica e il presepe è un simbolo religioso e come tale non può essere esposto in maniera permanente (esattamente come accade nel nostro Parlamento).
Ma questo non ha vietato al Parlamento Europeo di concedere l’Alto Patrocinio al presepe subacqueo del Museo d’arte sul Mare di San Benedetto del Tronto.
Ad ogni modo oggi al grido di portiamo in aula le nostre tradizioni i 28 eurodeputati leghisti hanno mostrato le immagini di un presepe davanti alla plenaria del Parlamento UE e in seguito le hanno esibite in Aula.
In pratica si sono fatti fare una foto con in mano una stampa a colori della natività (il presepe, quello vero è un’altra cosa).
«Anche se simbolicamente, con un’immagine, portiamo in aula queste che sono le nostre radici e le nostre tradizioni. Ne regaleremo una anche al presidente Sassoli» ha dichiarato l’eurodeputato leghista Alessandro Panza.
Qualcuno gli ha chiesto se davvero fosse necessario difendere il presepe e l’onorevole presepista ha risposto: «è meglio non dimenticare che abbiamo il presepe, che è la nostra tradizione e che rappresenta la famiglia».
«La Lega combatte questa Europa che vuole cancellare le nostre tradizioni!» tuona su Facebook la pagina ufficiale del Carroccio. Ma non c’è nessun tentativo di oscurare o cancellare il presepe da parte dei famigerati burocrati europei.
A volte però fa comodo inventarsi un nemico invisibile e immaginario contro cui combattere. Chissà , magari nelle segrete stanze di Strasburgo o Bruxelles qualcuno sta già lavorando ad una direttiva europea che stabilisca che i Re Magi vanno equamente distribuiti in base al Regolamento di Dublino tra tutti i presepi europei oppure che la stella cometa non può avere dimensioni inferiori a quelle di una zucchina.
Anche l’eurodeputata Susanna Ceccardi ha sventolato orgogliosamente l’immagine della natività (di nuovo: non è un presepe) spiegando che «in un parlamento europeo dove ormai ti fanno soltanto gli “auguri di stagione” dimenticando che le stagioni sono quattro e il Natale uno solo».
Una battaglia contro il laicismo e il secolarismo imperante o contro l’inglese? Perchè season’s greetings non significa auguri di stagione nel senso “auguri per l’inverno” o “auguri per la primavera”. Si tratta di un’espressione tradizionale inglese (mi raccomando le tradizioni sono anche quelle degli altri) per fare gli auguri nel periodo di Natale durante il quale ci sono anche altre feste religiose come Hanukkah o la festa di Kwanzaa (che è abbastanza popolare in alcuni paesi anglofoni come gli USA). Nessun complotto contro il presepe quindi, semplicemente un insieme di tradizioni.
Del resto anche il nostro Natale è frutto della sedimentazione di tradizioni antecedenti al cristianesimo. Alla Lega però dovrebbero spiegarci una cosa: visto che nessuno vieta il presepe e il presepe piace a tutti perchè c’è bisogno di ricordare di farlo?
Non è che alla fine è solo un pretesto per tenere impegnati i nostri pagatissimi rappresentanti durante il periodo natalizio?
Ai leghisti interessano più le occasioni di fare propaganda che la difesa delle tradizioni.
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile GALLO GLI RICORDA I SUOI TRASCORSI A LIBERO E A LA PADANIA… RICCIARDI: “SI DIMETTA, SIA COERENTE E LASCI IL PARLAMENTO”
Una parte M5s non lo sopporta e lo vede troppo legato, a tutti gli effetti, al salvinismo, visto
anche la sua provenienza dal giornale della Lega e da quello di estrema destra guidato da Feltri,
#ParagoneShow è in stato confusionale. Dategli un programma TV da condurre o un giornale da guidare, sarà in crisi d’astinenza da palcoscenico. Ha buone esperienze come guida del quotidiano La Padania e come vice-direttore di Libero”
Lo ha scritto in un post su fb il presidente della commissione Cultura M5S Luigi Gallo
“Il senatore Gianluigi Paragone, sin dal post voto delle elezioni europee, si è allontanato dalle posizioni del MoVimento 5 Stelle, e si è avvicinato sempre di più a quelle dell’opposizione. Dai nostri iscritti abbiamo ricevuto il mandato chiaro di sostenere questo esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Paragone non rispetta nè loro, nè tutti gli altri portavoce in Parlamento che lavorano per l’esclusivo interesse dei cittadini. Continua a provocare: ha votato contro la manovra che ha evitato, tra le altre cose, 23 miliardi di aumento dell’Iva, e da ultimo, è arrivato anche l’attacco al capo politico Luigi Di Maio. Perchè non si dimette? Sia coerente, almeno per una volta e, come aveva annunciato di fare quest’estate, lasci il Parlamento”.
E’ quanto afferma in una nota il parlamentare del MoVimento 5 Stelle e vicecapogruppo alla Camera, Riccardo Ricciardi.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile IL PARADOSSO: SONO VENDUTI IN ITALIA QUELLI PRODOTTI IN SVIZZERA E STATI UNITI
La Lega festeggia l’esclusione al Senato dell’emendamento sulla canapa legale al grido di “no allo Stato spacciatore”. Ma il rovescio della medaglia di questa battaglia contro una pianta che non è droga e che contiene un livello estremamente basso di sostanza psicoattiva è che la bocciatura dell’emendamento rende più difficile il lavoro di quei coltivatori, negozianti e lavoratori della filiera che tutto sono tranne che spacciatori.
Il no alla canapa legale mette a rischio altri posti di lavoro in un comparto — quello agricolo — che è già in difficoltà .
Secondo Simone Benini e Carlo De Girolamo, rispettivamente candidato presidente alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e parlamentare del Movimento 5 stelle «l’ignoranza e la malafede della destra danneggiano 1.000 imprese agricole emiliano-romagnole».
I due esponenti del M5S hanno spiegato ieri che in Emilia-Romagna vengono coltivati a norma di legge 1.200 ettari di terreno e che «la scelta politica di non ammettere nella manovra l’emendamento che colmava quel vuoto normativo che oggi blocca e costringe gli agricoltori di questo settore alla totale precarietà è semplicemente inaccettabile».
Un bel controsenso, se si pensa che la Borgonzoni promette di aiutare proprio le aziende agricole.
Evidentemente solo quelle la cui attività è “moralmente” accettabile per la Lega. Ed è un dato di fatto che in Veneto la Lega abbia promulgato una legge regionale per promuovere la coltivazione della canapa (varietà Cannabis Sativa) con tanto di finanziamenti per quegli agricoltori e imprenditori che si imbarcheranno nell’attività .
E per i difensori delle tradizioni c’è un altro problema: perchè in Veneto così come in Emila-Romagna la coltivazione della canapa era un’attività tradizionale.
Ben prima che qualcuno si sognasse di definire gli agricoltori come “spacciatori”.
L’emendamento per cui tanto esultano i leghisti non blocca solo i negozietti di Cannabis Light ma anche gli agricoltori (e di conseguenza tutta la filiera produttiva). Federcanapa qualche tempo fa ha pubblicato la lettera di un coltivatore di canapa che ha dovuto mollare tutto a causa dell’incertezza e del vuoto normativo.
Perchè in Italia coltivare, produrre e vendere canapa è un’attività perfettamente legale ai sensi della legge 242/2016, a patto che nelle piante non si superi lo 0,5% di THC.
Il problema è che quella legge non consente la vendita delle infiorescenze e che nel testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope questo limite non viene precisato.
Motivo per cui è teoricamente possibile sequestrare prodotti lecitamente coltivati anche se hanno un quantitativo di THC inferiore a quanto prescrive la legge.
Ci sono centinaia di imprenditori che saranno messi in ginocchio dalla battaglia della Lega e di Fratelli d’Italia contro la cannabis legale (il caso del partito della Meloni è assai curioso).
Cosa chiedono commercianti, distributori e agricoltori? Semplicemente di chiarire alcuni aspetti della normativa vigente in materia di canapa industriale. Nessuno di loro chiede la “droga di Stato” o la droga libera o la liberalizzazione della cannabis. «Abbiamo finalmente l’occasione di affermare un modello italiano esportabile in altri Paesi anzichè subire il predominio delle aziende americane, cinesi e di altri paesi europei» scrive Federcanapa in una nota. Perchè oltre al danno c’è la beffa: i prodotti a base di canapa legale vengono venduti nel nostro paese ma sono prodotti all’estero, in Svizzera o negli USA.
Il motto della Lega è prima gli italiani, ma solo quelli per cui comoda a loro?
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 17th, 2019 Riccardo Fucile LA BANCA LEGHISTA CREDIEURONORD E IL BUCO DI TRE MILIONI DI EURO… A FAZIO SERVIVA L’APPOGGIO DELLA LEGA E ARRIVO’ L’AIUTO DI FIORANI A SALVARLA
La Lega di Salvini tuona contro le banche. Mentre Renzi e Di Maio si ritrovano a dover
intiepidire i toni delle accuse che si lanciarono sul salvataggio di Banca Etruria ora che entrambi si ritrovano in mano lo scandalo della Banca Popolare di Bari i leghisti si atteggiano a vergini sull’argomento e sparano a palle incatenate contro il governo. “Amici delle banche!” è l’urlo di battaglia con cui Salvini e i suoi puntano il dito contro il presidente del Consiglio Conte e contro Pd, Italia Viva e Movimento 5 Stelle.
Eppure dalle parti della Lega vige da tempo il giochetto facile di praticare solo la memoria a breve termine, quella che condona ogni evento passato per potere apparire vergini in ogni occasione e addirittura primi nel fare la morale.
Dalle parti di via Bellerio, era il 1998, Umberto Bossi decise che anche la Lega Nord dovesse avere un propria banca, addirittura costituita con le quote dei vertici del Carroccio.
Il presidente della banca era Francesco Arcucci (che veniva da Banca Intesa) e il vice presidente il leghista Gian Maria Galimberti. La banca si chiamò inizialmente CrediNord ma una causa intentata dalla banca francese Crèdit du Nord spinse i vertici a cambiare subito nome: CredieuroNord fu il nome definitivo, con un tocco di europeismo che ai tempi piaceva tanto infilare nei nomi per apparire più autorevoli. Altri tempi, davvero.
I manifesti pubblicitari sventolavano un Bossi sorridente e elegante che invitava alla sottoscrizione: peccato che i soldi investiti lì dentro si sarebbero rivelati soldi buttati. Un’ispezione di Bankitalia del 2003 evidenziò evidenti problemi gestionali oltre a una direzione dei Galimberti piuttosto padronale e vivace: le fideiussioni, le garanzie e gli assegni erano carta straccia e quattro e quattr’otto si organizzò un salvataggio in extremis (prima di trasmettere gli atti alla magistratura) con l’intervento della Banca Popolare di Lodi. Per inciso: era la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani che da lì a poco finirà nel vortice di un enorme scandalo finanziario.
Il direttore Galimberti e i suoi collaboratori nel 2006 vennero condannati a un risarcimento di tre milioni di euro, i militanti vennero parzialmente risarciti con i soldi dei parlamentari leghisti (invitati a partecipare a una sottoscrizione).
Il 5 gennaio 2006 interrogati dai magistrati Fiorani dice: “A Fazio serviva l’appoggio della Lega in Parlamento. Giorgetti si era impegnato a sostenere il governatore in cambio del salvataggio della banca”.
Così, giusto per fare un po’ di memoria.
(da TPI)
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