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LA TASK FORCE DI COLAO SI RIUNISCE OGNI GIORNO: “SERVONO MOLTI PIU’ DATI SULL’EPIDEMIA”

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

PRIORITA’ ALLA SICUREZZA SUL LAVORO

Una riunione di ascolto per capire lo stato dell’arte.
Due ore e mezza in videoconferenza con Vittorio Colao, i 17 esperti che compongono la task force, il commissario straordinario Angelo Borrelli, Silvio Brusaferro dell’Iss e rappresentanti dell’Inail.
Uno dei partecipanti alla riunione spiega all’Huffpost che “è stato senza dubbio utile per capire cosa è stato fatto finora, i protocolli che sono stati messi a punto con i sindacati. Abbiamo avuto la possibilità  di ascoltare e fare molte domande, penso che ci sia margine per fare qualcosa di utile. Domani si riparte, ci riuniremo ogni giorno e potremo avviare le discussioni tematiche”. Riunioni quotidiane per preparare l’incontro con il Governo che si terrà  in settimana.
Il lavoro è in una fase embrionale e gli esperti non sono stati divisi ancora in gruppi tematici. Perchè diversi saranno i temi che dovranno affrontare in vista della Fase 2.
La pressione della politica per ripartire è crescente, mentre gli scienziati insistono per mantenere ancora le restrizioni.
Con la proroga del lockdown fissata al 3 maggio, già  circola sul tavolo del Governo l’ipotesi di riavviare prima alcune filiere particolarmente danneggiate, come la moda, l’automotive e la metallurgia. Intanto ripartono librerie, cartolibrerie e negozi di abbigliamento per bambini.
Per tutte queste attività  il problema è il medesimo: la convivenza con il virus, nella piena tutela dei lavoratori.
Ecco allora che il principale dei problemi sul tavolo è quello dei protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro. Alla task force il compito quindi di studiare interventi di tutela della safety dei lavoratori che non siano solo limitati alla indispensabile fornitura dei dispositivi di protezione individuale (come mascherine e guanti, o la presenza dei gel disinfettanti), ma che consentano anche una rapida individuazione di possibili cluster del contagio e un conseguente rapido intervento.
La fase 2 sarà  certamente caratterizzata dal distanziamento sociale, quindi dallo studio di soluzioni per diminuire la densità  di persone.
L’immagine di un autobus nell’ora di punta costringe a ripensare gli schemi di funzionamento delle attività  lavorative, orientandoli a una maggiore flessibilità  di turni e orari, per ridurre le presenze nei luoghi di lavoro, ma anche per allentare la pressione sui trasporti.
Ecco allora che la ministra dei Trasporti Paola De Micheli a “Un giorno da pecora” su Radio1 si spinge a ipotizzare un mix di smart working e di orari flessibili, a partire dagli uffici pubblici, per scaglionare gli ingressi al lavoro. Oppure tecnologie che permettano di contare e di limitare gli accessi negli autobus o nei treni, magari stabilendo come criterio che i passeggeri siano seduti e non occupino tutti i posti.
Compito della task force è anche proporre modelli per la ripresa delle relazioni sociali. “Non trascureremo i più fragili che oggi vivono ancora più disagio. E dopo la fase di ripartenza, dovremo offrire una visione nuova al Paese”, dice Filomena Maggino, consigliere della presidenza del Consiglio a capo della cabina di regia “Benessere Italia” e membro della task force.
Il team si è formato nel giro di pochissime ore alla fine della scorsa settimana, ma il Governo si attende a breve già  primi risultati, anche se l’orizzonte della Fase 2 al momento è fissato al 3 maggio.
“La conoscenza può aiutare a guidare la politica in questa fase. Quello che è certo — prosegue la fonte – è che abbiamo bisogno di una base di informazioni molto più ampia di quella attuale sull’andamento dell’epidemia per poter pianificare il dopo”. Tamponi, test sierologici o quant’altro saranno quindi indispensabili per affiancare il lavoro della task force e immaginare un percorso di riaperture delle attività  produttive a garanzia della salute dei lavoratori e più in generale dei cittadini.

(da “Huffingtonpost”)

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“SONO UNA PARLAMENTARE, VADO AL MARE”: L’EX GRILLINA MULTATA SULLA STRADA PER OSTIA

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

PER SARA CUNIAL POTREBBE SCATTARE LA DENUNCIA PENALE

“Sono una parlamentare e nell’esercizio delle mie funzioni sto andando al mare”. Una delle prime multate a Roma, a un posto di blocco anti scampagnata della polizia municipale è stata lei, Sara Cunial, deputata eletta col Movimento 5 Stelle poi espulsa, e ora nelle fila del gruppo misto.
Pizzicata sulla sua macchina, da sola, all’inizio della via del Mare, una delle arterie che collega la capitale al suo litorale, l’onorevole ha tentato di convincere la pattuglia di servizio che il giorno di Pasquetta stesse andando al mare per lavoro. Specificando la commissione di cui fa parte, la XIII, Agricoltura – e prima ancora l’VIII Ambiente, territorio e lavori pubblici.
Agli agenti della polizia locale è comunque sembrata una scusa, anche alla luce del fatto che ieri il Parlamento era chiuso. E così nei suoi confronti è scattata la sanzione da 248 euro prevista dal decreto. In prima battuta pare avesse detto di voler raggiungere il mare, poi si è subito corretta spiegando di doverlo fare per motivi istituzionali, essendo parlamentare in carica. Ora la sua pratica è passata al Comando generale dove sarà  deciso se oltre alla sanzione economica la Curial sarà  denunciata, visto che, malgrado la sanzione, ha tirato dritto per la sua strada, compilando l’autocertificazione, raggiungendo quindi il litorale invece di fare dietrofront e tornare a casa.
Eletta nel 2018 col Movimento 5 Stelle la deputata quarantenne, una delle più convinte no vax, fu espulsa una prima volta a pochi mesi dalla sua vittoria in Parlamento per un post pubblicato sul suo profilo Facebook in cui paragonava le vaccinazioni a un “genocidio gratuito”.
Perdonata dai probiviri, fu di nuovo e definitivamente cacciata il 17 aprile dello scorso anno quando intervenendo sulla questione della xylella e degli ulivi pugliesi, definì la linea del M5S “uno scempio in nome e per conto delle agromafie”. Da allora passò al gruppo misto ma a quanto pare non si occupa nello specifico della questione coste laziali che in questo particolare momento storico, non è una priorità  del Paese, nè un’emergenza tale da dover eseguire sopralluoghi nel giorno di Pasquetta.

(da “La Repubblica“)

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BONUS 600 EURO SUI CONTI CORRENTI TRA IL 15 E IL 17 APRILE

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

LIQUIDATE 1 MILIONE DI ISTANZE… ARRIVATI DA 11 REGIONI DATI SU CIG IN DEROGA… TUTTO ARRIVA, SENZA INUTILI POLEMICHE

Gli uffici di Inps e banche sono al lavoro senza sosta per velocizzare l’iter di attuazione delle misure del Governo per contrastare gli effetti economici e sociali della pandemia di coronavirus.
“Quasi 4 milioni di istanze” sono state presentate per il bonus da 600 euro per gli autonomi, “l’Inps ne ha già  liquidate oltre 1 milione e continuerà  fino a martedì: verranno pagate nei conti correnti con valuta dal 15 aprile al 17.
“Stiamo lavorando al prossimo decreto che in termini di risorse sarà  più consistente rispetto a quello di marzo, in modo tale da poter aumentare l’importo dell’indennità  per autonomi e professionisti fino a 800 euro e introdurre un Reddito di emergenza per le fasce più deboli della popolazione” scrive su Fb il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo sottolineando che si tratta di “obiettivi che porteremo a termine perchè in questa crisi, l’ho detto e lo ribadisco, nessun lavoratore e nessun cittadino deve rimanere indietro”.
L’Inps sta raccogliendo inoltre le domande che iniziano ad arrivare dalle Regioni per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga, si legge in una nota del governo in cui si precisa che al momento sono 11 le Regioni che stanno provvedendo all’invio dei dati. E’ già  in corso il pagamento da parte dell’Inps della cassa in deroga delle prime Regioni.
Il 15 aprile è il giorno da cerchiare in rosso anche per il bonus baby sitting. “I 200.000 congedi parentali richiesti sono stati retribuiti per la grande maggioranza direttamente dalle aziende ai dipendenti, mentre le oltre 40.000 domande per il bonus baby sitting sono al vaglio dell’Inps per andare in pagamento (nel libretto famiglia) il 15 aprile anch’esse” spiega il Governo.

(da agenzie)

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IL DISCORSO DI MACRON: “CONFINEMENT FINO ALL’11 MAGGIO”

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

“NON ERAVAMO PREPARATI, MA LA SPERANZA RINASCE”

Ancora un mese di lockdown in Francia. La strada verso la ripresa è in salita e la proroga delle restrizioni, anticipata dalla stampa ma ufficializzata da Macron nel suo quarto discorso alla nazione dall’inizio dell’emergenza, ne dà  ulteriore conferma. “Sono qui per dirvi la verità  su quello che ci aspetta nelle prossime settimane”, ha detto il presidente della Repubblica francese.
Poi l’annuncio: confinement fino all′11 maggio. A partire da quella data “saremo in grado di testare tutte le persone che presentano sintomi”.
“In questo periodo – ha spiegato ancora Macron – il Paese continua a vivere”. I bambini più piccoli torneranno a scuola l′11 maggio, perchè, ha detto il presidente, “non tutti hanno accesso ai sistemi digitali e all’aiuto dei genitori: la chiusura delle scuole aumenta le diseguaglianze sociali”.
Un riferimento ancora agli strati più popoli della popolazione: Macron ha annunciato di aver chiesto al governo di approvare entro mercoledì 15 aprile misure aggiuntive di sostegno economico ai cittadini, in particolare alle famiglie in difficoltà  e ai settori economici più colpiti dalla crisi del coronavirus
Alcune cose non saranno come prima ancora per un po’ di tempo: “Almeno fino a luglio – ha continuato – non si potranno svolgere eventi pubblici”. Un discorsi simile vale per bar e ristoranti, che saranno tra gli ultimi a riaprire.
I progressi nel Paese sul fronte della lotta all’epidemia ci sono stati, Macron lo ha riconosciuto e ha ringraziato i concittadini per questo: “L’epidemia rallenta. Gli accessi in rianimazione diminuiscono. La speranza rinasce”. Ma bisogna ancora lottare, spiega il presidente. “Quello che sembrava impossibile fare in qualche anno, noi l’abbiamo fatto in pochi giorni”, ha detto il presidente parlando degli sforzi fatti per aumentare la produzione di dispositivi medici e di protezione. Poi l’ammissione: “Non eravamo abbastanza preparati” all’epidemia, ha ammesso.
Poi un passaggio sull’Unione europea: “Per quanto mi riguarda cercherò di portare in Europa la nostra voce affinchè ci sia più unità  e più solidarietà ”. Ha poi aggiunto che le “prime decisioni” al livello Ue “sono andate nella giusta direzione, e abbiamo molto spinto per questo, che si tratti della Banca Centrale europea, della Commissione europea o dei governi. Ma siamo ad un momento di verità  che impone più ambizione e audacia. E’ un momento di rifondazione”, ha avvertito.
I francesi hanno atteso le parole del presidente della Repubblica – pronunciate alle 20.02, subito dopo l’applauso del Paese al personale sanitario – per una giornata intera. Chiedendosi se avessero credito o no le indiscrezioni che paventavano la chiusura della Francia addirittura fino a fine maggio.
Macron ha sciolto la riserva dopo ore di consultazioni. Insieme al premier Edouard Philippe e ai principali ministri si è confrontato con il comitato scientifico che studia le misure contro l’epidemia, da quando la crisi ha avuto inizio.
Tra gli esperti più ascoltati, secondo fonti della presidenza, la ricercatrice italiana Vittoria Colizza. Ha preparato per l’Inserm, l’istituto nazionale per la salute e la ricerca medica dove lavora, un modello di previsione sugli effetti della fine del confinamento nel Paese
Secondo il documento, pubblicato da Le Monde, “il lockdown durerà  a lungo poichè non si può fare una vita normale con questa epidemia”. Per questo motivo, si legge ancora nel report “attendere ancora prima di decretarne la fine (delle restrizioni, ndr) ha il vantaggio di tenere basso il numero di casi e alleviare il carico sul sistema ospedaliero. Oltre a dare il tempo per aumentare la capacità  di screening”.
Mentre nel Paese si sfiorano i 15mila morti per coronavirus, i medici lanciano un appello: gli alberghi di Parigi, e del resto della nazione, mettano a disposizione i loro spazi per i casi meno gravi. Nessuna proposta di requisizione, solo un invito a contribuire ad alleggerire la pressione degli ospedali. Affaticati in Francia, così come negli altri Stati più colpiti dalla pandemia.

(da “Huffingtonpost”)

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ECCO PERCHE’ IN GERMANIA SI MUORE MOLTO MENO PER CORONAVIRUS RISPETTO ALL’ITALIA

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

IN GERMANIA IL TASSO DI MORTALITA’ E’ 1,4%, IN ITALIA DEL 12,5%

In Germania la percentuale delle persone che muoiono per coronavirus è bassissima rispetto ai casi rilevati in confronto alle percentuali di letalità  indicate dai dati ufficiali in Italia.
In parte la differenza può essere provocata da dati ufficiali poco affidabili. Ma questa da sola non può essere una spiegazione sufficiente.
Una inchiesta del NYT di cui riportiamo la traduzione di ampi stralci ci aiuta a capire perchè. Ne emerge purtroppo un quadro impietoso per l’Italia
I “corona-taxi”
Heidelberg, Germania. Li chiamano “taxi corona”: medici equipaggiati con indumenti protettivi guidano per le strade deserte per controllare i pazienti che sono a casa. Prendono l’esame del sangue cercando segni che il paziente possa avere il covid19 e che le sue condizioni possano aggravarsi. Possono suggerire il ricovero in ospedale anche a un paziente che ha solo sintomi lievi: le possibilità  di sopravvivere sono notevolmente più alte se si affronta il virus all’inizio.
I taxi corona di Heidelberg sono solo una delle iniziative. Ma illustrano un livello di impegno di risorse pubbliche nella lotta contro l’epidemia che aiuta a spiegare uno degli enigmi più intriganti della pandemia: perchè il tasso di mortalità  della Germania è così basso?
Un tasso di letalità  inferiore di 9 volte a quello dell’Italia
Il virus e la malattia risultante, Covid-19, hanno colpito la Germania con forza: secondo la Johns Hopkins University il paese ha più di 90.000 infezioni confermate in laboratorio al 4 di aprile, più di qualsiasi altro paese tranne gli Stati Uniti, l’Italia e Spagna.
Ma con circa 1.300 morti, il tasso di letalità  in Germania si attesta all’1,4 per cento, rispetto al 12,5 per cento in Italia, a circa il 10 per cento in Spagna, Francia e Gran Bretagna, al 4 per cento in Cina e al 2,5 per cento negli Stati Uniti. Anche la Corea del Sud, un modello di riferimento internazionale per la lotta al covid19, ha un tasso di letalità  più elevato, l’1,7 per cento.
“Si è parlato di un’anomalia tedesca”, ha detto Hendrik Streeck, direttore dell’Istituto di virologia presso l’ospedale universitario di Bonn. Il professor Streeck ha ricevuto chiamate di colleghi dagli Stati Uniti e altrove. “’Che cosa stai facendo diversamente?” mi chiedono. “Perchè il tuo tasso di letalità  è così basso?”
Ci sono diverse risposte dicono gli esperti, differenze molto reali nel modo in cui il paese ha affrontato l’epidemia rispetto ad altri.
Molti più test = molti casi rilevati in tempo
Una delle spiegazioni per il basso tasso di letalità  è che la Germania ha testato molte più persone rispetto alla maggior parte delle nazioni. Ciò significa che individua più persone con pochi o nessun sintomo, anche tra i più giovani, aumentando il numero di casi noti ma non il numero di vittime.
Una delle conseguenze del gran numero di test è che l’età  media delle persone rilevate come infette è inferiore in Germania rispetto a molti altri paesi. Molti dei primi pazienti hanno preso il virus nelle stazioni sciistiche austriache e italiane ed erano relativamente giovani e sani, ha detto il professor Krà¤usslich. “È iniziato come un’epidemia di sciatori”, ha affermato.
Poi con il diffondersi delle infezioni, sono state colpite più persone anziane e anche il tasso di letalità , solo lo 0,2 per cento due settimane fa, è aumentato. Ma l’età  media di chi si sa che contrae la malattia rimane relativamente bassa, 49 anni in Germania, mentre in Italia è 62 anni secondo i rapporti ufficiali.
La Germania sta conducendo circa 350.000 test di coronavirus a settimana, (oltre 3 volte di più che in Italia) e comunque molto più di qualsiasi altro paese europeo. Test precoci e diffusi hanno permesso alle autorità  di rallentare la diffusione della pandemia isolando i casi infettivi. Ha inoltre consentito di somministrare il trattamento salvavita in modo più tempestivo.
Preparati in anticipo alla pandemia
A metà  gennaio, molto prima che la maggior parte dei tedeschi pensasse al virus, l’ospedale Charitè di Berlino aveva già  sviluppato un test e pubblicato la formula online
Quando la Germania registrò il suo primo caso di Covid-19 a febbraio, i laboratori di tutto il paese avevano accumulato uno stock di kit di test.
Diagnosi precoci = meno morti
“Il motivo per cui in Germania abbiamo così poche morti al momento rispetto al numero di infetti può essere ampiamente spiegato dal fatto che stiamo facendo un numero estremamente elevato di diagnosi di laboratorio”, ha affermato il dott. Christian Drosten, capo virologo di Charitè , il cui team ha sviluppato il primo test.
“Quando ho una diagnosi precoce e posso curare precocemente i pazienti (ad esempio collegarli a un ventilatore prima che le loro condizioni si deteriorino) — le possibilità  di sopravvivenza sono molto più elevate”, ha affermato il professor Krà¤usslich.
Costanti test al personale medico
Il personale medico, particolarmente a rischio di contrarre e diffondere il virus, viene regolarmente testato. Per semplificare la procedura, alcuni ospedali hanno iniziato a eseguire test di blocco, utilizzando i tamponi di 10 dipendenti e dando seguito a test individuali solo se si riscontra un risultato positivo
Da aprile test gratuiti su larga scala per trovare i possibili focolai
Alla fine di aprile, le autorità  sanitarie hanno anche in programma di lanciare uno studio su larga scala, testando campioni casuali di 100.000 persone in Germania ogni settimana per valutare dove si sta accumulando immunità .
Una chiave per garantire test su larga scala è che i pazienti non pagano nulla per questo, ha affermato il professor Streeck. Questa, ha detto, è una notevole differenza con gli Stati Uniti nelle prime settimane dell’epidemia. “È improbabile che negli USA un giovane senza assicurazione sanitaria e prurito alla gola si rechi dal medico e quindi rischia di infettare più persone”, ha affermato.
Il caso della scuola di Bonn
Un venerdì di fine febbraio, il professor Streeck ha ricevuto la notizia che un paziente del suo ospedale di Bonn si era rivelato positivo per il coronavirus: un uomo di 22 anni che non aveva sintomi ma il cui datore di lavoro (una scuola) gli aveva chiesto di fare un test dopo aver saputo che aveva preso parte a un evento di carnevale in cui qualcun altro si era dimostrato positivo.
Nella maggior parte dei paesi, compresi Italia e Stati Uniti, i test sono in gran parte limitati ai pazienti più malati, quindi probabilmente all’uomo sarebbe stato rifiutato un test.
Non in Germania. Non appena i risultati del test sono arrivati, la scuola è stata chiusa e a tutti i bambini e il personale è stato ordinato di rimanere a casa con le loro famiglie per due settimane. Sono state testate circa 235 persone.
“Test e monitoraggio sono la strategia che ha avuto successo in Corea del Sud e abbiamo cercato di imparare da ciò”, ha affermato il professor Streeck.
La Germania ha anche imparato a correggere i propri errori presto: la strategia di tracciamento dei contatti avrebbe dovuto essere utilizzata in modo ancora più aggressivo, ha affermato.
Tutti quelli che erano tornati in Germania da Ischgl, una stazione sciistica austriaca che aveva avuto un focolaio, per esempio, avrebbero dovuto essere rintracciati e testati, ha detto il professor Streeck e non lo abbiamo fatto ma poi abbiamo imparato.
Un robusto sistema di assistenza sanitaria pubblica
Prima della pandemia di coronavirus in tutta la Germania, l’ospedale universitario di Giessen aveva 173 letti di terapia intensiva dotati di ventilatori. Nelle ultime settimane, l’ospedale ha cercato di creare altri 40 posti letto e ha aumentato il personale che era in standby per lavorare in terapia intensiva fino al 50%.
“Abbiamo così tanta capacità  ora che stiamo accettando pazienti da Italia, Spagna e Francia”, ha dichiarato Susanne Herold, specialista in infezioni polmonari che ha supervisionato la ristrutturazione. “Siamo molto forti nell’area della terapia intensiva.”
In tutta la Germania, gli ospedali hanno ampliato le loro capacità  di terapia intensiva e sono partiti da un livello elevato. A gennaio la Germania aveva circa 28.000 letti di terapia intensiva dotati di ventilatori, cioè 34 ogni 100.000 persone, quasi 3 volte di più che in Italia dove il rapporto è di 12 ogni 100.000 persone.
Ora ci sono 40.000 letti di terapia intensiva disponibili in Germania.
Fiducia nel governo
La cancelliera Angela Merkel ha comunicato in modo chiaro, calmo e regolare durante la crisi, imponendo misure di distanziamento sociale sempre più rigorose nel paese. Le restrizioni, che sono state cruciali per rallentare la diffusione della pandemia, hanno incontrato poca opposizione politica e sono ampiamente seguite.
Le valutazioni di approvazione verso la Merkel sono aumentate vertiginosamente.
“Forse la nostra più grande forza in Germania”, ha affermato il professor Krà¤usslich, “è il processo decisionale razionale ai massimi livelli di governo combinato con la fiducia di cui il governo gode nella popolazione”.
Una fiducia che riesce a guadagnarsi grazie ai fatti.

(da “PeopleforPlanet”)

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SONO GIA’ FINITI I 3,3 MILIONI DI MASCHERINE PROMESSI DALLA REGIONE LOMBARDIA?

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

SE I RESIDENTI SONO OBBLIGATI A INDOSSARLE PER USCIRE DI CASA, LA CONDIZIONE ESSENZIALE E’ CHE SIANO DISPONIBILI…   MA SE GLI ABITANTI SONO DIECI MILIONI E’ UN PO’ DIFFICILE

È passata poco più di una settimana da quando, il 4 aprile, la Regione Lombardia ha approvato l’ordinanza che obbligava tutti i cittadini a indossare una mascherina o «qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca» per uscire di casa, onde evitare ulteriori contagi da Coronavirus.
Il giorno successivo l’assessore alla protezione civile della Regione Lombardia, Pietro Foroni, ha annunciato il primo anticipo dei 3,3 milioni di dispositivi di protezione.
Un numero modesto, circa un terzo di quelle assicurate dall’Emilia Romagna, nonostante la popolazione della Lombardia (circa 10 milioni) sia quasi il doppio.
Ma le mascherine sono arrivate? Quelle consegnate sono tuttora reperibili?
Secondo il sito della Regione la consegna è già  avvenuta e le mascherine sarebbero disponibili presso farmacie, negozi di beni essenziali, supermarket, tabaccherie, poste e banche.
Inoltre, circa 200mila sarebbero state consegnate alle edicole.
Eppure girando nel quartiere dei Navigli, nel cuore di Milano, dove dovrebbero esserne state consegnate circa 900mila, è facile verificare che non tutti le hanno ricevute, e chi le ha ricevute spesso le ha già  terminate.

(da agenzie)

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TORINO, GLI INFERMIERI DI RINFORZO MANDATI DA ROMA FINISCONO IN ISOLAMENTO, DUE FERMATI PRIMA DELLA PARTENZA

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

UN POSITIVO E UN SOSPETTO… GLI ALTRI PARTITI DOPO IL TAMPONE, ORA SONO IN DUE STRUTTURE MILITARI

Da Roma la Protezione Civile ha mandato rinforzi per il personale medico del Piemonte impegnato nell’emergenza coronavirus. Peccato che siano finiti tutti in stand by prima di prendere servizio perchè due di loro erano stati bloccati nella capitale dopo il test Covid 19: uno era risultato positivo l’altro sospetto.
Ecco la storia. Da Roma, prima di Pasqua, la Protezione Civile ha deciso di inviare un team di nove infermieri in aiuto al personale sanitario del Piemonte, sofferente per i turni massacranti e gli straordinari, causati anche dai continui contagi tra il personale sanitario. Prima di partire tutti i soggetti sono stati sottoposti al tampone per il coronavirus: “E’ la prassi – dicono da Roma: nessuno parte senza il tampone”.
Da li la scoperta che uno dei nove era positivo e un altro sospetto: entrambi sono stati bloccati.
Quando gli altri sette sono atterrati a Torino sono finiti per precauzione in due strutture militari a Bardonecchia: “Appena sarà  possibile , daranno sicuramente il loro contributo a supporto dei colleghi piemontesi che sono da settimane impegnati in prima linea nell’emergenza coronavirus”.

(da “La Repubblica”)

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IL SINDACO DI BERGAMO E LA REGIONE LOMBARDIA CHE NON FA I TAMPONI

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

TUTTE LE MANCANZE DELLA REGIONE: DAI POCHI TAMPONI ALLE RSA, DAI DECESSI SOTTOSTIMATI ALLA ZONA ROSSA

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha attaccato Regione Lombardia per la gestione dell’emergenza Coronavirus.
A Bergamo “le cose vanno un po’ meglio, soprattutto negli ospedali, dove c’è minor pressione sulle terapie intensive e nei pronto soccorso da circa una settimana, ma non siamo fuori dall’emergenza, sono tante le persone ammalate nelle loro abitazioni”, persone a cui spesso non vengono fatti i tamponi, ha detto il primo cittadino.
Gori ha detto che il numero di tamponi è aumentato questa settimana, ma nel numero attuale di novemila si intendono anche quelli “in uscita”, i due terzi servono per verificare la guarigione.
“Sono numeri bassissimi”, aggiunge il professor Roberto Burioni del San Raffaele. “Il numero dei decessi ufficiali era di 2060, quelli accertati dall’anagrafe erano 4800″, prosegue Gori, ” e da qui possiamo dedurre una cifra approssimativa dei contagi. Con un indice di mortalità  dell’1,5% a Bergamo dovrebbero esserci 300mila contagiati, con un indice dell’1% dovrebbero essere 450mila”.
Poi c’è la polemica sui malati di COVID-19 nelle case di riposo: “Penso che quello che è successo nelle Rsa sia successo prima: nelle rsa è stato consentito a famigliari e parenti di andare a visitare i propri cari fino a marzo avanzato. Quando i gestori della provincia di Bergamo hanno scritto chiedendo di poter chiudere l’accesso è stato detto di ‘no’ perchè questa era la disposizione della Regione Lombardia”.
Lo ha detto il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, a ‘Che tempo che fa’, Rai 2. “Quella — ha aggiunto — è stata una fonte di contagio, così come i medici e gli infermieri che hanno continuato a occuparsi di questi pazienti anziani senza le protezione”.
La stima dei sindacati, ha detto ancora Gori, è che i decessi per Covid nelle rsa della provincia di Bergamo siano stati 1.100, il 25% degli ospiti totali.
Gori è anche tornato sul numero dei morti nella provincia di Bergamo, che da tempo afferma essere di gran lunga superiore a quelli dichiarati.
“In provincia — ha spiegato — abbiamo fatto uno studio approfondito su oltre 100 comuni e abbiamo numeri molto diversi. Sul mese di marzo i morti accertati ufficialmente era 2060. Dalle anagrafi dei comuni della provincia di Bergamo risultano 4800, due volte e mezzo i più. Da lì si po’ dedurre una cifra approssimativa per il numero dei contagi. Con un indice di mortalità  intorno all’1,5%, a fine marzo sarebbe al di sopra dei 300 mila, con un indice di mortalità  dell’1 per cento, arriviamo addirittura a 450mila, parliamo quasi del 50% della popolazione della provincia”, ha concluso.
Sulla zona rossa in Lombardia Gori risponde “Non lo so. C’è stato un palleggio di responsabilità , la Regione diceva che non aveva i titoli poi qualche giorno fa ha ammesso che invece poteva crearla lei. Il governo ci aspettavamo che decidesse, non decise ma in compenso decretò la zona arancione”.
E sulla riapertura il 4 maggio? “I testi sierologici farebbero una grande differenza visto che la metà  della popolazione qui si è contagiata. Poter disporre di un test per gli anticorpi farebbe la differenza”.

(da agenzie)

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NON SI FANNO COMIZI AL TELEGIORNALE, DICE MENTANA FACENDO UN COMIZIO AL TELEGIORNALE

Aprile 13th, 2020 Riccardo Fucile

IL DIRETTORE DE LA7 CONTINUA A FAR FINTA DI AVERE RAGIONE SULLE ACCUSE FALSE DI SALVINI E MELONI AL GOVERNO E L’ATTACCO DI CONTE AI SOVRANISTI

Dopo il comunicato di Palazzo Chigi del pomeriggio, ecco Mentana che commenta il commento di Conte dedicandosi un monologo di 7 minuti del Tg del La7.
Vediamo cosa ha detto.
1) “Sfido chiunque ad affermare che in 30 anni di giornalismo abbia mai censurato qualcuno, chiedete pure a chi ha lavorato con me ed oggi è parlamentare (riferimento a Emilio Carelli del M5S).
Ma la frase “se avessi saputo che Conte avrebbe attaccato l’opposizione non l’avrei mandato in onda” l’hai detta tu e l’hanno ascoltata tutti, non se la sono inventata i critici.
Quindi l’autogol hai fatto tu. E’ stato un errore in diretta? Bastava chiedere scusa per la frase, senza ripercorrere la tua carriera giornalistica.
2) “Salvini e la Meloni sono stati sguaiati nel criticare l’accordo europeo, io sono d’accordo con Conte e Gualtieri che hanno fatto il possibile”
Qui non si tratta di “essere sguaiati” (ognuno è libero di essere quello che gli pare, nel bene e nel male), qui si tratta di AVERE DETTO UNA FALSITA’: che il Governo ha ATTIVATO IL MES E DI ESSERE UN TRADITORE DELL’ITALIA.
Di fronte a una diffamazione di questa gravità  tre sono le strade:
– una querela per diffamazione in sede civile con una richiesta danni milionaria
– un cazzotto in faccia appena li incroci
– una reazione “politica” moderata accusandoli di aver detto il falso in occasione di una conferenza stanza.
A differenza nostra, Conte ha scelto la terza   ipotesi, agendo sullo stesso piano mediatico usato da chi diffondeva fake-news, nulla di scandaloso, tutti hanno diritto a difendersi.
3) “Conte è spesso in Tv e poteva usare un altro momento e altri mezzi per rispondere, evitando di venire meno al suo ruolo istituzionale”
Ma i sovranisti non hanno accusato Conte di non aver pagato il conto al ristorante (vicenda personale) ma di aver attivato il Mes in quanto Governo-istituzione, quindi era logico che il premier di un Governo rispondesse nel suo ruolo istituzionale.
Se non lo avesse detto nella prolusione, glielo avrebbero chiesto i giornalisti in conferenza stampa, cambiava poco
4) Mentana non parla più di “messaggio a reti unificate”, avendo capito di aver sbagliato. Perchè la presidenza del Consiglio aveva parlato in una conferenza stampa. Nessuno ha obbligato Mentana a collegarsi in diretta. Altri lo hanno fatto, altri no, altri solo parzialmente. Ognuno è libero di inseguire l’audience che meglio crede.
5) Mentana sostiene pilatamente che sull’affermazione di Conte relativa a “il Mes è stato ratificato dal centrodestra, con Berlusconi presidente e Meloni ministro” il premier ha ragione anche se Mentana ricorda che “è stato approvato definitivamente dal governo Monti con Lega contraria e Meloni che non l’ha votato”
Eh no, precisiamo bene: Il Mes è stato approvato dai leader europei con Berlusconi seduto al tavolo, ratificato ad agosto 2011 dal consiglio dei ministri del   governo Berlusconi (presenti e favorevoli Lega e Meloni).
Successivamente seconda ratifica del governo Monti nel marzo 2012 con voto favorevole del Pdl, con la stragrande maggioranza dei futuri transfughi che fonderanno Fratelli d’Italia a dicembre 2012 favorevoli, in primis il braccio destro della Meloni, Fabio Rampelli, e assente la Meloni.
Meloni che non prese mai la parola nè in aula, nè sui giornali i giorni successivi per dissociarsi da quel voto favorevole.
La Lega in Europa votò contro (ma non Salvini, assente) , come votò contro nel 2012 in quanto era passata all’opposizione (smentendo quindi il voto favorevole dato un anno prima in Consiglio dei Ministri)
Questi sono i fatti documentati.

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