Destra di Popolo.net

LA RUSSIA E’ IL MANDANTE DELL’ATTENTATO ALL’AEREO CIVILE ABBATTUTO IN UCRAINA NEL 2014

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

E’ STATO UN ALTO UFFICIALE DEI SERVIZI SEGRETI RUSSI A CONSEGNARE IL MISSILE CHE PROVOCO’ LA MORTE DI 298 PERSONE SUL VOLO DI LINEA DELLA MALAYSIAN AIRLINES, VITTIME INNOCENTI DELLA FOLLIA SOVRANISTA

E’ stato un alto ufficiale dei servizi segreti russi   Fsb, che una volta si chiamavano Kgb, a ordinare il trasporto del missile che il 17 luglio 2014 ha abbattuto il volo della MH17 della Malaysian Airlines nei cieli dell’Ucraina orientale, provocando 298 morti.
Lo sostiene il sito di giornalismo investigativo Bellingcat che accusa il generale Andrey Burlaka, il cui nome in codice era “Vladimir Ivanovich”, di aver organizzato il rifornimento di armi ai separatisti pro-russi nel Donbass, durante l’inizio della guerra civile in Ucraina.
Una prova di peso per dimostrare la responsabilità  non solo dei separatisti ma anche del Cremlino, nel processo che si è aperto due mesi fa nel tribunale olandese di Schiphol contro quattro guerriglieri filo-russi (che hanno trovato rifugio in Russia).
Secondo l’inchiesta voluta dagli olandesi è stato un missile Buk a provocare la strage, sparato dalla regione nelle mani dei separatisti.
I giornalisti di Bellingcat sono riusciti a intercettare diverse telefonate tra “Vladimir Ivanovich” e i separatisti del Donbass mentre discutevano delle operazioni militari sul terreno.
In una telefonata, Alexander Borodai, il “primo ministro” dell’autoproclamata repubblica popolare del Donbass, dice che “Vladimir Ivanovich” gli ha chiesto di eliminare una delle fazioni della rivolta. «Da altre chiamate nei giorni successivi appare evidente che “Vladimir Ivanovich” altro non era se non l’alto ufficiale del Fsb che dall’inizio luglio 2014 sovrintendeva le operazioni militare in Ucraina», scrive Bellingcat.
Analizzando la voce di Ivanovich il sito investigativo è riuscito a identificarla con quella del generale Andrey Burlaka, e lo ha fatto seguendo i tracciati di un cellulare che risulta essere di “Vladimir Ivanovich Burlak”.
Hackerando i messaggi del cellulare, Bellingcat s’è accorto che in realtà  apparteneva a qualcuno che si faceva passare come un pezzo grosso del Fsb e il cui nome di battesimo era Andrey.
Dall’analisi forense, la voce di Ivanovich è risultata identica   a quella del generale Andrey Burlaka in un’intervista tv rilasciata nel giugno 2018.
Secondo Bellingcat senza l’intervento di Burlaka, il missile Buk missile e il lanciagranate per spararlo non avrebbero potuto attraversare la frontiera russo-ucraina all’alba di quel 17 luglio. «Questo dimostra il ruolo chiave di “Vladimir Ivanovich” nella catena di comando che ha permesso di posizionare il missile Buk nell’Ucraina separatista e quindi la sua colpevolezza nell’abbattimento del volo MH17», conclude il sito.

(da agenzie)

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L’IMPRENDITORE CINESE FRANCESCO WU: “BISOGNAVA CHIUDERE TUTTO IL 24 FEBBRAIO, NOI LO ABBIAMO FATTO E CI HANNO PRESI PER PAZZI”

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

PROPRIETARIO DI RISTORANTI E’ PUNTO DI RIFERIMENTO DELLA COMUNITA’ CINESE DI MILANO

«Se tutti avessero chiuso il 24 febbraio, come abbiamo fatto noi italo-cinesi a Milano, oggi saremmo già  alla fase 3 e soprattutto non avremmo avuto tutti questi morti per Coronavirus. Non vogliamo fare i “primi della classe” ma noi avevamo già  intuito la gravità  della situazione, anche grazie alle testimonianze che arrivavano dalla Cina, e l’avevamo detto più volte senza, però, essere mai ascoltati».
A parlare a Open è Francesco Wu, punto di riferimento per la comunità  cinese in Lombardia, referente di Confcommercio Milano per l’imprenditoria straniera e proprietario di ristoranti.
Commercianti e ristoratori, soprattutto nella Chinatown milanese, hanno chiuso ben prima del lockdown. Non hanno aspettato le imposizioni del governo italiano, hanno fatto prevalere il loro buonsenso.
E le immagini di una via Paolo Sarpi vuota già  a febbraio ne sono una testimonianza.
«Dal 24 febbraio ci siamo barricati a casa, qualcuno non è andato nemmeno a fare la spesa al market. Meglio mettersi davanti a un pc e farla online. Abbiamo chiuso i nostri negozi perchè non volevamo contribuire alla diffusione del virus. Abbiamo fatto la nostra parte, siamo stati responsabili nei confronti dei clienti e della collettività . A fine febbraio quando gli esperti in tv dicevano semplicemente di stare attenti e di continuare a fare la vita di prima, noi dicevamo di non sottovalutare il problema. La verità  è che bisognava chiudere tutto già  tempo prima».
Questi sono stati mesi duri e quelli che verranno, forse, saranno ancora peggio, soprattutto per l’economia: «I ristoranti stimano perdite anche per centinaia di migliaia di euro al mese. Così non si possono pagare nè gli affitti nè tanto meno i fornitori. Lei pensa forse che nei prossimi mesi ci risolleveremo? Certo che no! Lei pensa che dal 4 maggio o dall’1 giugno tutto tornerà  come prima? Certo che no! La gente non verrà  più come prima nei nostri locali».
Lo sforzo per riorganizzarsi c’è, spiega Wu: «I ristoratori si stanno dotando di termoscanner per misurare la febbre ai clienti già  all’ingresso. Ovviamente diminuiremo i posti a sedere e faremo dei “turni”: 7, 8.30 e 10. Purtroppo, lo dico già  adesso, non si potrà  restare al tavolo 3-4 ore. Bisogna dare la possibilità  a tutti di mangiare. Ah, saremo rigidissimi sul distanziamento sociale ma non installeremo di certo i divisori in plexiglass sui tavoli».
«Mi creda, c’è chi dovrà  licenziare i propri dipendenti, tanti perderanno il posto di lavoro. Temiamo che sarà  un disastro, non so come usciremo da questa situazione. Sarà  una strage non solo di aziende ma anche di famiglie se il governo non deciderà  di aiutarci. E poi mi chiedo: a che serve pagare tasse e contributi in tempi di “pace”? Mi aspetto, infatti, che lo Stato, in tempi duri come questo, aiuti tutti, dando una mano soprattutto a chi ha perso il lavoro. Servirebbe un reddito — mi lasci passare il termine — di “sopravvivenza” e non solo di “cittadinanza” per chi non beneficia già  di ammortizzatori sociali».
E non solo: «Servono anche contributi a fondo perduto per chi ha attività  commerciali perchè così, senza aiuti reali e immediati, non siamo di certo pronti alla fase 2».
«E per questo motivo meno della metà  dei ristoratori italo-cinesi riaprirà  il 4 maggio con l’asporto o le consegne a domicilio — ci spiega — Meglio aspettare due settimane in più che rischiare. Che senso ha riaprire per non lavorare? La priorità  è essere cauti, altrimenti il rischio è che i contagi tornino a salire e nessuno di noi ha voglia di tornare alla fase 1». Quella della reclusione forzata a casa.
E infine Francesco Wu, tra i leader della comunità  cinese in Italia oltre che a Milano, si toglie un sassolino dalla scarpa: «La campagna social “abbraccia un cinese” è nata come reazione alle discriminazioni ingiustificate che abbiamo subito. Non abbiamo mai contribuito al contagio e, anzi, siamo i meno colpiti dal virus. Altro che untori come ci dicevano a fine gennaio», spiega, ricordando come la comunità  cinese sia stata presa di mira con l’accusa, del tutto falsa, di aver portato il Covid-19 in Italia.
A parlare sono anche i dati pubblicati il 20 aprile da Youtrend secondo cui il 93,5% dei contagi della Lombardia — la regione più duramente colpita dal Coronavirus — riguarda cittadini italiani mentre del restante 6,5% solo una piccolissima parte è di nazionalità  cinese. Numeri alla mano, si tratta dell’1,5%.
Solo per citare le comunità  maggiormente presenti nella regione (e ovviamente non per aizzare nuove accuse incrociate) sono, invece, stati contagiati il 15,6% dei peruviani e il 15,1% dei rumeni residenti in Lombardia.

(da Open)

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LA MELONI CHE ATTACCA I PRESUNTI “PIENI POTERI” DI CONTE E’ LA STESSA CHE ESALTA ORBAN?

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

IN UNGHERIA ORBAN HA SOSPESO LE ATTIVITA’ DEL PARLAMENTO ADDUCENDO A PRETESTO L’EMERGENZA CORONAVIRUS, IN ITALIA SI CONSENTE A TUTTI DI FARE SCENEGGIATE ALLA CAMERA IN DIRETTA TV… LA MELONI PROVI AD ANDARLE A FARE A BUDAPEST DAI SUOI COMPAGNI DI MERENDA SOVRANISTI

Giorgia Meloni usa l’argomento dei «pieni poteri» per attaccare Giuseppe Conte sulle misure di contenimento adottate per contrastare il coronavirus.
Secondo la leader di Fratelli d’Italia che ha parlato in risposta alle comunicazioni del premier a Montecitorio, il parlamento non avrà  alcun potere nel decidere sui provvedimenti che il presidente del Consiglio ha adottato in una sorta di momento di ‘sospensione della Costituzione’.
Fa strano che questa lamentela, pur non corrispondendo a verità , arrivi proprio da lei, aperta sostenitrice del premier ungherese Viktor Orban che in Ungheria ha, di fatto, sospeso le attività  del parlamento in virtù dell’emergenza coronavirus.
In quel caso, secondo la narrazione di Fratelli d’Italia, il leader conservatore lo avrebbe fatto applicando le prerogative della costituzione.
Prerogative che, del resto, sono state rispettate anche in Italia.

(da agenzie)

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SENATO: IL LEGHISTA DE VECCHIS SPINTONA MIRABELLI (PD) CHE FINISCE A TERRA DAVANTI A TESTIMONI

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

“AGGREDITO A SORPRESA MENTRE STAVO PARLANDO TRANQUILLAMENTE CON CENTINAIO”

Tensione nel Transatlantico del Senato tra Lega e Pd. William De Vecchis della Lega è stato visto spingere Franco Mirabelli del Pd alla fine della seduta in cui si è approvato il Def.
Mirabelli ha barcollato ed è finito a terra nelle vicinanze della buvette. Si sono sentite anche urla, con Valeria Fedeli (Pd) a gridare “Ti denuncio!” al collega.
Le votazioni in Aula si erano appena concluse e i senatori erano in Transatlantico in attesa che cominciasse l’informativa sull’emergenza coronavirus del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Gian Marco Centinaio della Lega e Mirabelli stavano parlando tra loro, con il leghista che si lamentava con l’esponente dem di un tweet con cui la sottosegretaria Simona Malpezzi chiedeva dove fosse Matteo Salvini al momento del voto sul Def. Improvvisamente arriva De Vecchis, che viene visto spingere Mirabelli. A quel punto sono intervenuti i commessi.
De Vecchis, dalla sua, minimizza: “Io ho spinto Mirabelli? No, non ho spinto nessuno, solo un equivoco poi chiarito”.
Mirabelli, vicecapogruppo del Pd al Senato, ha raccontato così l’episodio all’AdnKronos: “Stavo parlando con Centinaio, con cui siamo amici e corregionali. Centinaio si stava lamentando di alcune uscite sui social, soprattutto di 5 stelle, nei confronti della Lega. Stavamo commentando insieme la cosa quando è arrivato questo figuro che ha detto a Centinaio che non doveva perdere tempo con gli asini e senza neanche una parola, sono stato buttato a terra“.
Poi vi siete chiariti?, chiede il cronista. “Che vuoi chiarire con uno, un senatore che peraltro neanche conosco, con cui non ho mai parlato in vita mia, che arriva e ti dà  uno spintone. Che vuoi spiegare? Per me comunque, l’episodio è chiuso. Ma credo che il gruppo dirigente della Lega dovrebbe preoccuparsi, vedo una tensione altissima tra i senatori leghisti, c’è un clima davvero molto teso”.

(da agenzie)

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LA CONSIGLIERA DI OLBIA DI FORZA ITALIA CHE CHIAMA BATTONA LA COLLEGA E’ SEGNO DI UNA CLASSE POLITICA DA SUBURRA

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

NON SI ERA ACCORTA CHE AVEVA IL MICROFONO ACCESO… DI FRONTE ALLA RICHIESTA DI DIMISSIONI INDOVINATE CHE FA? CHIEDE SCUSA E SI SENTE MORTIFICATA “PERCHE’ NON LO PENSA”

“È assente ed è andata via per un impegno di lavoro? Alle 10? E cosa deve fare, la battona in via Genova?”. Giulia Derosas, consigliera comunale di Olbia, esponente di Forza Italia, non si era accorta di avere il microfono acceso. La sua uscita, rivolta alla collega Patrizia Desole del Partito Democratico, è andata in diretta streaming sui canali del Comune di Olbia che trasmettevano la seduta del Consiglio, scatenando un polverone politico e mediatico, con tanto di richiesta di dimissioni e pubbliche scuse. Il fatto è successo ieri sera: poco dopo le 22 il presidente del consiglio Giampiero Mura ha fatto l’appello per accertare che la riunione fosse ancora valida. Ha chiamato più volte l’esponente dem, che peraltro è responsabile dei Centri anti-violenza di Olbia e Oristano. Il suo capogruppo, Rino Piccinnu, spiega che era andata via per impegni professionali. A quel punto il commento della consigliera azzurra, che scatena la bagarre tra proteste, giustificazioni, minimizzazioni e attacchi che si rincorrono sul web, rimbalzando sui social e finendo sui telefonini.
“Il presidente Mura tenta di derubricarla a una battuta, ma è un’affermazione deprecabile”, dicono dall’opposizione. Poi la minoranza chiede le dimissioni di Derosas. “Mai più nella mia vita potrà  capitare un episodio del genere, sono profondamente mortificata, è stata una battuta infelice, inqualificabile, porgo le mie scuse più sincere alla collega consigliera Patrizia Desole — dice l’interessata — Non voglio giustificarmi, per la vita e l’onore di una persona quella frase non è giustificabile, ma mi preme specificare che non penso assolutamente ciò che ho detto”. Un momento particolare, spiega, c’è “lo stress accumulato in questo periodo di forte tensione emotiva”, aggiunge. “Purtroppo non posso tornare indietro, l’unica cosa che posso fare è porgere le più sincere scuse, che arrivano dal profondo del mio cuore — conclude Giulia Derosas — e chiedere alla collega Desole di accettarle”.

(da agenzie)

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I CALABRESI SONO PIU’ INTELLIGENTI DI CHI LI RAPPRESENTA IN REGIONE: I BAR RESTANO CHIUSI

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

SAREBBE OPPORTUNO CHE LA MAGISTRATURA RICORDASSE AI POLITICI CHE ESISTE IL REATO DI PROCURATA STRAGE E OMICIDIO COLPOSO

Chi questa mattina in Calabria sperava di tornare al bar per caffè e cornetto, è rimasto deluso. Sorpresi dall’ordinanza con cui la governatrice Jole Santelli nella tarda serata di ieri ha autorizzato ristoranti, pizzerie, agriturismi, bar a ripartire con il servizio ai tavoli, purchè all’aperto e nel rispetto delle norme anti-contagio, gestori e proprietari dei locali hanno tenuto le saracinesche abbassate.
I dehors sono rimasti vuoti, le sedie e i tavoli accatastati, gli ombrelloni chiusi. Qualcuno si è precipitato al locale per iniziare in fretta e furia con le attività  di pulizia e rifornimento, altri si sono attaccati al telefono per contattare le ditte specializzate nella sanificazione o operai, manovali e tecnici per capire come modificare gli ambienti per poter rispettare le prescrizioni. Nessuno si era preparato.
La linea di estrema prudenza, ribadita da Santelli fino a due giorni fa, aveva indotto i più a immaginare che nulla si sarebbe mosso prima di metà  maggio, se non inizio giugno come anticipato dal premier Giuseppe Conte nell’illustrare i contenuti dell’ultimo decreto.
Pochissimi avevano avviato sanificazioni, ripristinato forniture, allertato i dipendenti, per la maggior parte finiti in cassa integrazione. E pochissimi adesso sanno cosa fare.
La voglia di ripartire c’è, i mesi di stop iniziano a pesare, ma pesa anche la paura. L’epidemia ha risparmiato la Calabria, che conta solo 1102 contagiati di cui 353 guariti e 86 deceduti, i focolai si sono concentrati per lo più nelle Rsa e solo marginalmente hanno coinvolto i centri urbani, ma il Covid19 spaventa ancora.
Nessuna attività  di screening è stata avviata o anche solo pianificata.
Le richieste di tamponi dei titolari di attività  sempre rimaste aperte come edicole, tabaccherie, farmacie, supermercati, sono rimaste lettera morta.
E la mancanza di coinvolgimento e interlocuzione ha fatto infuriare anche ristoratori e proprietari di bar.
“La presidente ha preferito snobbarci e di fatto pensa con questa ordinanza di risolvere le problematiche del nostro settore. E di aprire una spaccatura fra chi ha gli spazi all’aperto e chi no. La norma discriminatoria mira sicuramente ad innescare una guerra tra “poveri” come sempre la politica in Calabria ha preferito fare” tuona il comitato di Catanzaro.
“Come bar – annuncia invece uno degli storici ritrovi di Reggio Calabria – l’attività  continuerà  a rimanere chiusa nei prossimi giorni, fino a nuove disposizioni per tutelare prima di tutto la salute dei nostri dipendenti e dei nostri clienti! Riteniamo attualmente sconsiderate ed affrettate le decisioni che prevedono passaggio dal tutto chiuso al tutto aperto”.
Da più parti si fa notare come l’ordinanza sia illegittima, il governo ha già  diffidato la Regione e condannato duramente la fuga in avanti di Santelli. In più già  da ieri notte i Comuni hanno annunciato barricate. Contro il “via libera” della Regione, i sindaci sono insorti.
Nella notte, la maggior parte degli amministratori ha buttato giù dal letto segretari e dirigenti comunali per emettere ordinanze nottetempo, altri le hanno annunciate sui social e stanno provvedendo in queste ore a bloccare il provvedimento regionale o a differirne l’entrata in vigore. Almeno di 24 ore alcuni, fino al 4 maggio altri, fin quando il governo non deciderà  altrimenti altri ancora.
Illogica, illegittima, imprudente. Da ogni angolo della Calabria non si risparmiano critiche al provvedimento di Santelli. “Ci saremmo aspettati novità  sulla cassa integrazione, sulle terapie intensive, sul nuovo centro Covid regionale. Nè io nè la Prefettura eravamo al corrente dell’ordinanza. Le ordinanze devono essere comunicate prima. Si è generata confusione e problemi di ordine pubblico” tuona il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà , che fa notare “questa ordinanza sa tanto di provvedimento di sapore politico, con indicazioni provenienti dal lombardo-veneto e l’obiettivo di creare uno scontro ignobile con il governo nazionale sulla pelle dei cittadini”.
Ma il fronte delle proteste è bipartisan. Al coro di no si sono uniti anche amministratori di piccoli e grandi Comuni governati dal centrodestra, a partire da Lamezia Terme, che con il sindaco Paolo Mascaro già  ieri sera ha annunciato misure per bloccare l’entrata in vigore dell’ordinanza regionale.
Sulla stessa linea, anche Sergio Abramo, primo cittadino di Catanzaro e peso massimo di Forza Italia
E i cittadini? Qualcuno che in mattinata si è messo alla ricerca di un bar c’è, ma la maggior parte è stata presa in contropiede dalla rivoluzione copernicana nella comunicazione della Regione. Fino a qualche giorno fa, Santelli allarmata si scagliava contro il governo, accusandolo di un potenziale nuovo esodo a Sud di fuorisede, bollati come possibili untori.
Ai calabresi, Santelli non perdeva occasione di chiedere cautela e rispetto delle prescrizioni in vigore in regione, anche più restrittive di quelle nazionali.
Morale, tutti sono rimasti sorpresi e confusi. Da ieri notte i social ufficiali della Regione sono stati travolti da una valanga di proteste. “Sta mettendo a rischio la Calabria”, l’accusa più ricorrente.

(da agenzie)

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LA FAME DI NAPOLI: LA FILA DEI POVERI VERI CHE CHIEDONO UN PASTO CALDO E’ IMPRESSIONANTE

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

LE IMMAGINI DELLA CODA ALLA MENSA DEI POVERI DEL CARMINE DIMOSTRA UNA COSA: CHE IL GOVERNO AVREBBE FATTO MEGLIO A SOSTENERE QUESTE STRUTTURE INVECE CHE SPUTTANARE QUATTRINI ELARGENDOLI A CHI HA 50.000 EURO IN BANCA

Mancano ormai pochissimi giorni alla Fase 2 di questa emergenza Coronavirus. Un primo tentativo di tornare alla normalità , un graduale allentamento delle misure anti-contagio, anche se siamo ancora lontani dal “liberi tutti” e se dovremo, probabilmente, affrontare la fase più dura della pandemia, ovvero il primo step della ripresa economica.
Una delle testimonianze più cruente della crisi arriva oggi da Napoli, precisamente dalla mensa dei poveri del Carmine, che sorge nella zona del porto.
Grazie alle fotografie scattate con l’ausilio di un drone da Fanpage.it, all’esterno della mensa è possibile vedere una fila quasi interminabile di persone che, pur rispettando il distanziamento sociale imposto per evitare al diffusione del Coronavirus, attende di ricevere un pasto caldo.
In fila indiana, sotto il sole di una giornata primaverile, con temperature anche abbastanza alte, le persone occupano la strada che porta all’ingresso della mensa, che si trova a un piano inferiore rispetto alla sede stradale, e risalgono fino a sopra, a creare una fila continua che ricorda il corpo di un serpente.
Anche se scattate dall’alto, la foto rimanda una calma e una dignità  sorprendenti. Immagini che si discostano con quelle che, appena qualche giorno fa, hanno fatto il giro dei media nazionali e che, a pochi chilometri di distanza, mostravano invece capannelli confusi di persone che passeggiavano o facevano jogging sul lungomare partenopeo.

(da Fanpage)

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NO ALLA RIAPERTURA DI BAR E RISTORANTI IN CALABRIA: SINDACI E CITTADINI IN RIVOLTA CONTRO L’ORDINANZA DELLA SANTELLI

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

DA CARLOPOLI A LAMEZIA TERME UNA PIOGGIA DI CRITICHE …E I CALABRESI FURIOSI MANDANO IN TILT ANCHE IL SITO DELLA REGIONE

Comuni calabresi in rivolta contro l’ordinanza firmata dalla governatrice Jole Santelli che dispone la riapertura di bar, ristoranti e pasticcerie con servizio all’aperto.
A Carlopoli, nel Catanzarese, il sindaco Mario Talarico in un avviso contesta l’atto e aggiunge che si atterrà  a quanto previsto dai Dpcm del 10 e 26 aprile.
Il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, annuncia la non applicazione mentre il sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, si riserva di impugnare il provvedimento.
Sarà  “consentita la ripresa delle attività  di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto”: è quanto prevede l’ordinanza che va contro la ripresa “lenta” prevista dalla Fase 2. Per questo motivo, il governo si starebbe orientando verso la diffida dell’ordinanza.
Il documento – che, secondo la Santelli, parla il “linguaggio della fiducia” – dispone una serie di riaperture già  dal 30 aprile. Tra queste, anche il commercio di generi alimentari nei mercati all’aperto, inclusa la vendita ambulante anche fuori dal proprio Comune, fermo restando il rispetto delle distanze interpersonali e l’uso delle mascherine e guanti.
A fare discutere in particolare modo è la riapertura delle attività  di ristorazione, che, stando al nuovo decreto, avrebbero dovuto riprendere a partire dal primo giugno. Oltre alle vendite d’asporto, la regione consente ai locali – bar compresi – di somministrare sul posto e solo tramite tavoli all’aperto.
L’esecutivo è pronto alla diffida dell’ordinanza, dopo averla discussa al Cdm che si è svolto ieri sera. La diffida è l’atto che precede l’impugnativa. Si tratta, in sintesi, di una lettera con cui si invita il governatore a rimuovere le parti incoerenti dell’ordinanza rispetto al dpcm varato.
Se le modifiche non vengono apportate, il governo può a quel punto decidere di ricorrere al Tar o alla Consulta e impugnarla. Le Regioni in fatti possono decidere in autonomia di apportare modifiche rispetto alle indicazioni del governo, ma queste modifiche non possono essere in contrasto con il quadro fornito dal dpcm, valido su tutto il territorio nazionale.
La notizia è stata accolta negativamente dalla gran parte dei sindaci calabresi: sulle loro pagine Facebook stanno informando le loro comunità  dell’intenzione di non applicare l’ordinanza di Santelli.
Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà , per esempio scrive che “a volte la realtà  supera la fantasia. Non si gioca sulla pelle e sulla salute dei cittadini. Spero che la notte porti consiglio, in caso contrario ci determineremo di conseguenza. Intanto chiedo a tutti di mantenere la calma, ne parliamo domattina”.
Flavio Stasi, sindaco di Corigliano Rossano (Cosenza), informa che “con particolare riferimento alle attività  commerciali interessate, restano in vigore le ordinanze sindacali in materia di contenimento del contagio. Capisco la sincera volontà  di alcune attività , in grave difficoltà , di aprire e mi spiace, ma questo non è il momento di fare confusione. Il ritorno alla quotidianità  deve essere ponderato”.
Pino Belcastro, sindaco di San Giovanni in Fiore (Cosenza), annuncia che emetterà  un’ordinanza in linea con le norme varate dal governo “la mia città  non la metto in pericolo”.
Michele Conia, sindaco di Cinquefrondi (Reggio Calabria), dice che nel suo comune “si applicherà  la Costituzione Italiana. Dovrà  essere rispettato quanto previsto dal Dpcm. Che la notte porti consiglio…”.
Michele Tripodi, sindaco di Polistena (Reggio Calabria), definisce “illegittima e stucchevole l’ordinanza della presidente Santelli, dal modello tutto chiuso al modello tutto aperto (prima del tempo), tranne ovviamente per gli ambulatori della sanità  pubblica ancora avvitata su stessa”.
Anche il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, su Facebook annuncia il “no” all’ordinanza di Santelli: “È vero che la Calabria è regione interessata a oggi in maniera marginale dall’epidemia Covid 19, anche per le condivisibili misure sinora adottate dalla Regione Calabria e per il rigore. Non è però ora il momento di operare strappi laceranti rispetto alle indicazioni date dalla Comunità  scientifica ed il ritorno alla auspicata normalità  dovrà  avvenire gradualmente”.
“Fino a pochi giorni fa — dice Callipo — la presidente della Regione Jole Santelli parlava di tenere chiusa la Calabria fino a fine maggio, oggi addirittura anticipa la fase 2 andando ben oltre le riaperture che il governo ha annunciato per il 4 maggio. Quella annunciata stasera dalla presidente Santelli, con un tempismo quantomeno irresponsabile perchè prevede le riaperture già  per domani (oggi ndr), è un’ordinanza — prosegue il capogruppo di ‘Io Resto in Calabria’ — molto imprudente ed evidentemente incoerente con quanto sostenuto da lei stessa fino a ieri”.
Secondo Callipo, “l’ordinanza, poi, contrasta con quanto previsto dai provvedimenti governativi e, oltre che pericolosa, è utile solo a un eventuale contenzioso con il governo di cui proprio non si sentiva il bisogno. Non vorremmo che tutto ciò risponda a una strategia politica concordata tra i governatori di centrodestra. Se così fosse, vorrebbe dire che si sta giocando sulla pelle dei cittadini calabresi per meri calcoli politici. In un’emergenza come quella attuale non si può governare in balia di interessi di partito o di improvvidi sbalzi d’umore. Intanto — conclude il capogruppo di ‘Io Resto in Calabria’ — di misure concrete sul piano economico, sanitario e sociale neanche l’ombra”.

(da agenzie)

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LA LEGA OCCUPA IL SENATO MA QUANDO INIZIA LA SEDUTA SALVINI NON C’E’

Aprile 30th, 2020 Riccardo Fucile

APPARE DOPO UN’ORA CON UN SELFIE ALLA MACCHINETTA DEL CAFFE’, COME OGNI GRANDE RIVOLUZIONARIO

Quella cattivona della senatrice e sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento Simona Malpezzi ha notato che mentre ieri sera era tutto baldanzoso nel lanciare l’occupazione del Parlamento da parte della Lega, stamattina Matteo Salvini non è presente nell’aula del Senato mentre si vota il DEF 2020 e lo scostamento di bilancio.
La senatrice Malpezzi è in effetti un po’ malfidata. Il Capitano giusto un’ora dopo ha postato una foto proprio dal Senato, confermando che è a Palazzo Madama.
Ma ovviamente si trova alle macchinette del caffè…
E poi basta con queste cattiverie su Salvini che non va mai in Senato! I dati Openpolis, aggiornati al 9 aprile 2020, ci dicono che le sue presenze sono del 10%.
Non è che non ci vai: non ci va quasi mai, è diverso.

(da agenzie)

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