Destra di Popolo.net

REGOLARIZZARE I MIGRANTI VORREBBE DIRE PORTARE 2,6 MILIARDI L’ANNO NELLE CASSE DELLO STATO

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

LO STUDIO DELLA FONDAZIONE LEONE MORESSA

Fino a 2,6 miliardi di euro all’anno. È questo il tesoretto che i migranti irregolari potrebbero portare in dono alle casse dello Stato, in cambio di un permesso di soggiorno. Tanti (circa 600mila) sono infatti i lavoratori fantasma nel nostro Paese.
Un esercito che, sotto emergenza coronavirus, è sfuggito finora a ogni statistica, controllo sanitario, contributo pubblico. Un popolo che rischia di fare la fame, abbandonare i campi e le serre dove lavora, e finire tra le mani della criminalità .
Mezzo milione di stranieri “irregolari”.
A stimare i benefici di una possibile regolarizzazione è uno studio della Fondazione Leone Moressa. In sintesi: «L’ultima stima sugli stranieri irregolari presenti in Italia parla di 562mila persone al 1 gennaio 2019 (fonte Ismu). Altre fonti, in considerazione anche dell’aumento dei dinieghi di richieste d’asilo, parlano di valori vicini alle 700mila unità  per il 2019. È quindi verosimile ipotizzare una platea di irregolari nel 2019 di 600mila immigrati».
L’apporto dei lavoratori irregolari.
I ricercatori della Moressa ricordano che «i lavoratori regolari versano allo Stato i contributi assistenziali e previdenziali, a cui vanno aggiunte altre imposte, ovvero l’Irpef e le addizionali locali». Ma premettono anche che «i lavoratori stranieri in Italia trovano collocazione nelle professioni a bassa retribuzione e di conseguenza a bassa tassazione». Ciò detto, in base a una serie di calcoli, emerge come il “valore” pro-capite per le casse dello Stato di ogni straniero regolarizzato vari da 2.800 a 5.250 euro, considerando le diverse retribuzioni di ciascun settore. «Ipotizzando quindi una platea di beneficiari della regolarizzazione pari a 500mila persone, il gettito fiscale complessivo potrebbe variare tra 1,4 miliardi di euro e 2,6 miliardi di euro annui».
Ma non è tutto. «Questi effetti “economici” — si legge nello studio — sono al netto dell’eventuale contributo forfettario per ogni regolarizzato, che nel 2009 era di 500 euro (per 500mila regolarizzati equivarrebbe a 250 milioni) e nel 2012 di 1.000 euro (dunque 500 milioni)».

(da agenzie)

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IL M5S NON VUOLE REGOLARIZZARE I BRACCIANTI AGRICOLI, FAVORENDO COSI’ LA CRIMINALITA’ CHE LI SFRUTTA? SI TORNI ALLE URNE, COSI’ META’ DEI GRILLINI TORNA A CASA A ZAPPARE LA TERRA

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

E’ ASSURDO CHE MISURE APPOGGIATE ANCHE DA CONFAGRICOLTURA PER EVITARE CHE FRUTTA E VERDURA NON ARRIVINO PIU’ SULLE TAVOLE DEGLI ITALIANI, MISURE CHE FAREBBERO INCASSARE 2,6 MILIARDI DI TASSE ALLO   STATO E A CUI E’ FAVOREVOLE LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI RESTINO BLOCCATE PER CHISSA’ QUALI INTERESSI M5S

Torna in bilico l’intesa sulle regolarizzazioni dei migranti che lavorano nel settore agricolo. Nel vertice di questa notte era stato siglato un primo compromesso sulla sanatoria tra tutti i partiti della maggioranza sulla norma di cui si discute da giorni: accanto all’istanza del datore di lavoro ci doveva essere, infatti, l’istanza del lavoratore, che otterrà  un permesso temporaneo di sei mesi, convertibile in permesso di lavoro alla sottoscrizione del contratto, ma con verifiche più stringenti che provino di aver svolto in passato attività  lavorativa nel settore agricolo.
Poi gli stessi grillini hanno ricanbiato idea, ponendo altri paletti pretestuosi per prendere altro tempo e far slittare il decreto.
Il tutto mentre le stesse associazioni dell’agricoltura chiedono a gran voce che sia permessa la regolarizzazione perchè non c’e’ manodopera sufficiente tra i braccianti, servono almeno 200.000 lavoratori.
I grillini non si sono spostati dalle loro posizioni, pertanto i punti fondamentali per la regolarizzazione stanno saltando. E con essi la possibilità  di far venir fuori una gran parte del lavoro sommerso. Le prossime ore prima del Consiglio dei ministri potrebbero riservare ancora sorprese.

(da agenzie)

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MINACCE E INSULTI A SILVIA: LO STATO INVECE CHE PENSARE A MISURE DI TUTELA PER LA RAGAZZA, PROVVEDA A IDENTIFICARE QUELLE CENTINAIA DI CRIMINALI SUI PROFILI SOCIAL E LI METTA IN GALERA

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

SILVIA NON HA BISOGNO DI TUTELA, LO STATO APPLICHI LA LEGGE PRIMA CHE “I BUONISTI” SI INCAZZINO DAVVERO

Si valuta una protezione della polizia per Silvia Romano, tornata nella sua casa di Milano dopo un rapimento durato 18 mesi fra Kenya e Somalia. È quanto si apprende da fonti delle forze dell’ordine.
La ragazza è stata oggetto sui social di minacce e offese sessiste per la scelta di convertirsi all’Islam. È attesa la decisione della Prefettura. Silvia Romano dovrà  stare 14 giorni in isolamento domiciliare secondo le disposizioni per il contenimento del coronavirus.
Di fronte al palazzo dove la giovane cooperante abita con la madre sono posteggiate quattro auto della polizia e due dei carabinieri, con gli agenti e i militari disposti davanti al portone.
Siamo all’assurdo che lo Stato debba proteggere una giovane italiana “rapita” dai terroristi e liberata dallo Stato stesso, quando sarebbe sufficiente identificare gli autori di minacce sui social e andarli a prendere uno a uno a casa, applicare la legge vigente e processarli per direttissima con relativa pubblicazione di nomi e cognomi sui giornali.
Questo al fine di permettere a vicini, colleghi e datori di lavoro, conoscenti, professori dei loro figli di essere a conoscenza dei loro luridi commenti sessisti e razzisti.
Perchè chi genera questo clima deve sapere che nulla sarà  più come prima.

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RAMPELLI (FDI) SPACCA IL FRONTE SOVRANISTA: “SILVIA ROMANO E’ UNA BELLA PERSONA, BENE LIBERARLA, E’ UN ESEMPIO PER I NOSTRI GIOVANI”

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

IL BRACCIO DESTRO DELLA MELONI: “ERA PARTITA DUE VOLTE DA SOLA PER SOSTENERE PROGETTI PER L’INFANZIA IN AFRICA, AL SERVIZIO DI BIMBI ORFANI”

“Se avessi 20 anni vorrei studiare e laurearmi, perchè la cultura rende liberi, vorrei fare sport perchè insegna a riconoscere i propri limiti e a sacrificarsi per superarli, trasmette la lealtà , il culto per la cura del proprio corpo e del proprio spirito, vorrei dedicarmi alla comunità  cercando con la passione e l’amore di rendere il mondo migliore. Vorrei aiutare i più deboli, in particolare quegli innocenti bambini in stato d’abbandono, in Italia e fuori dai nostri confini. Vorrei portare conforto ai popoli più sofferenti e disperati, spegnere incendi appiccati da speculatori, pulire spiagge, strade, parchi, portare aiuto alle popolazioni colpite da terremoti e frane”.
È quanto scrive sulla sua bacheca Facebook il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia”, che elogia l’aver salvato “una figlia d’Italia”
“E se mi fossi trovato in difficoltà  -aggiunge- all’epoca delle ribellioni in Romania o dei conflitti in Slovenia, Croazia, Bosnia, Kossovo, Sahara Occidentale o delle missioni in Nigeria e Argentina, come accaduto a tanti ragazzi che hanno animato le scelte non conformiste dagli anni ’90, avrei voluto sentire la presenza dello Stato italiano dietro di me. Avremmo desiderato che l’Italia si battesse per noi. Silvia Romano ha 24 anni, coltiva la passione per la ginnastica artistica, ama il volontariato ed è partita due volte da sola per andare a sostenere progetti per l’infanzia in Africa, al servizio di bimbi orfani. Donna, ragazza appena laureata… Un esempio per i nostri ragazzi”
‘Non mi piacciono – ha osservato Rampelli- quei benpensanti piccolo-borghesi che ne criticano la scelta coraggiosa, forse perchè non hanno mai avuto lo stesso coraggio e che ironizzano sulla conversione all’Islam”
”Non m’interessano le idee politiche di Silvia Romano, nè la sua fede religiosa. Si tratta di una bella persona e lo Stato italiano ha fatto bene a lavorare per liberarla. L’unica osservazione critica – ha concluso Rampelli- la faccio a Conte e Di Maio. Se si deve giocare sporco per salvare una ‘figlia d’Italia’ lo si faccia sempre e con decisione, ma senza farsene vanto. Tutto qua”.

(da Globalist)

argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »

LA DENUNCIA DEL PADRE DI SILVIA: “CERTO GIORNALISMO STA MASSACRANDO MIA FIGLIA, SE LE SUCCEDE QUALCOSA NE RISPONDERANNO”

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

“SIAMO UN PAESE DOVE’ C’E’ LIBERTA’ DI CULTO O NO? SIAMO O NO UN PAESE CIVILE?”

Silvia Romano è appena arrivata nella sua casa a Milano. Ad accoglierla c’erano decine di giornalisti e alcuni vicini di casa, affacciati al balcone.
L’ex cooperante non ha rilasciato dichiarazioni, entrando nel palazzo scortata dalla mamma e dalla sorella. Sorridente, ha salutato dal balcone i tanti amici del quartiere che l’avevano attesa sotto la pioggia. Intanto il papà , al telefono con Open, si lascia andare a uno sfogo amaro.
«La stanno massacrando», dice Enzo Romano, dopo una giornata che lo ha turbato e provato. Ha letto questa mattina i titoli de Il Giornale e di Libero che attaccavano la ragazza per la conversione all’Islam e chiedevano al governo ragione del pagamento del riscatto. E poi, alcuni commenti sui social che hanno gettato un’altra ombra pesante sulla festa. «Se le succede qualcosa se lo porteranno sulla coscienza. Siamo o no un Paese dove c’è libero culto? Siamo o no un Paese civile?».
Lo sfogo di Enzo, «sull’orlo di una crisi di nervi», si interrompe mentre Silvia si affaccia dal balcone di casa. E aggiunge commosso: «Ma la vedete, lei è già  fragile, questa figlia mia. Pensate che le farà  bene leggere certe cose?».
Poi, con la voce rotta dall’orgoglio, conclude: «Grande figlia mia. . La conversione? Non è stata manipolata, questo è certo».

(da Open)

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“LIBERO” CI E’ COSTATO 35 VOLTE IL RISCATTO DI SILVIA ROMANO

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

DAL 2003 QUESTA LA CIFRA INCASSATA DAL QUOTIDIANO SOVRANISTA CHE NEL 2017 E’ STATO PURE CONDANNATO PER UNA PARTE DI QUEI FONDI

Una volta ti ritrovi il titolo razzista e l’altra quello sessista. Ci siamo drammaticamente abituati alle sparate di Libero. Quello che pochi sanno, però, è che il quotidiano edito da Antonio Angelucci ha goduto beatamente di fondi pubblici da tempo immemore.
Secondo i dati riportati dal dipartimento per l’Editoria, infatti, dal 2003 al 2017 il quotidiano ha ricevuto oltre 50 milioni di euro. Per l’esattezza: 53 milioni 208mila 349 euro.
Ed è proprio nel 2003 che per il quotidiano con sede a Milano comincia la svolta: la società  editrice prende in affidamento la testata di Opinioni Nuove e si lega al Movimento Monarchico Italiano. Una manovra che gli consente di beneficiare già  allora di 5,3 milioni di euro. Da lì la strada è spianata: negli anni 2006 e 2007 il quotidiano arriva ad incassare oltre 7 milioni di euro.
E non sono certamente spiccioli anche quelli ricevuti negli ultimi anni. Basti pensare al 2017, ultimo anno a disposizione: 4,6 milioni.
Senza dimenticare, tra le altre cose, che dal 2008 al 2012 il quotidiano neanche ha ricevuto finanziamenti pubblici.
Una montagna di soldi, dunque, per un editore che nel 2017 è stato pure condannato per falso: i quotidiani Libero e Il Riformista, altro quotidiano edito da Angelucci, avevano ricevuto contributi pubblici indebitamente. Nel 2013, invece, i 3,4 milioni erogati ma ugualmente conteggiati non sono stati versati perchè, verosimilmente, erano stati assegnati più soldi del dovuto negli anni precedenti.

(da agenzie)

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INTERVISTA A FRANCO CARDINI: “L’ISLAM PROIBISCE LE CONVERSIONI FORZATE”

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

LO STORICO E’ PROFONDO CONOSCITORE DEL MONDO MUSULMANO: “LA RELIGIONE E’ ALTRO RISPETTO ALLE SETTE FONDAMENTALISTE”… “STORICAMENTE I CRISTIANI SONO STATI MOLTO MENO TOLLERANTI DEI MUSULMANI”… “PRIMA DI PARLARE BISOGNEREBBE STUDIARE, TROPPI IGNORANTI IN GIRO”

L’Islam non solo non prevede ma proibisce le conversioni forzate, «ha una grossa giurisprudenza: la conversione è un fatto, intimo, personale, non si può obbligare nessuno convertirsi».
Le sette fondamentaliste sono casi a sè, così come lo erano i cristiani che obbligavano popoli e genti a convertirsi quando neppure, come norma, il Cristianesimo converte con la forza.
Lo spiega, con la sua rinomata chiarezza, Franco Cardini: storico nato nel 1940 a Firenze, medievista, studioso delle Crociate, è uno dei maggiori conoscitori dell’Islam, autore di moltissimi studi
Professore, storicamente i cristiani facevano convertire i prigionieri mussulmani (senza ricordare gli ebrei sefarditi della penisola iberica che nel ‘400 furono obbligati a convertirsi diventando “marrani”)? Altrettanto facevano i mussulmani con i loro prigionieri?
Mesi fa ho scritto per la collana di Laterza “Vero Falso” il libro intitolato L’Islam è una minaccia? Falso. Mi spiego. L’Islam non ha un centro come lo ha il Cristianesimo ripartito in chiese storiche che hanno una realtà  anche normativa: è una costellazione immensa da un miliardo e 600 milioni di persone ciascuna delle quali accede alla lettura del libro sacro, il Corano. Non accade come in certe chiese protestanti dove ognuno interpreta la Bibbia come vuole ma per interpretare il Libro è richiesto un dottore della legge. Come il rabbino nell’ebraismo, l’islam ha l’iman, la guida spirituale. Un effetto dell’Islam modernizzato è stato anche la creazione di Stati sul modello occidentale che hanno scelto una religione di Stato. In questo caso l’interpretazione della fede è legata a una organizzazione di interpreti della legge, che però sono funzionari statali. Un esempio è al Cairo con la grande università  coranica di al-Azhar, che vuol dire “la fioritura”: ha come rettore un’ottima persona che ha condannato i fondamentalismi, soprattutto quelli di matrice islamica, è un esponente dell’islam moderato però è un funzionario statale. Ogni settimana lui manda una per e-mail la   traccia della predica che tutte le moschee egiziane devono fare il venerdì. I musulmani hanno una densità  di gente che prende la religione sul serio molto superiore rispetto ai cristiani, e ai cattolici in particolare, quindi è molto importante cosa dicono gli iman il venerdì, mentre cosa dicono i sacerdoti a commento delle Scritture conta meno. In questa costellazione infinita ci sono i fondamentalisti fanno conversioni forzate ma l’Islam su questo è chiaro, ha una grossa giurisprudenza: la conversione è un fatto, intimo, personale, non si può obbligare nessuno convertirsi.
Cos’è l’atto del convertirsi per un islamico?
Per l’Islam la conversione è un atto è molto meno drammatico. Gli occidentali non capiscono un aspetto: l’Islam non concepisce sè stesso come religione diversa dal cristianesimo e dall’ebraismo, è il messaggio adamitico passato prima dall’ebraismo e poi dal cristianesimo. Islam vuol dire fiducia in Dio che ha mandato e affidato la parola al “portalettere” suo inviato così come lo è Giovanni Battista nel Vangelo di Giovanni Evangelista. Per l’Islam l’ebreo e o il cristiano che si converte è semplicemente una persona che ha proseguito verso la Rivelazione.
E una conversione dall’Islam al Cristianesimo?
Viceversa un musulmano che si converte al Cristianesimo era arrivato al livello più alto della rivelazione e torna indietro. Ma Maometto è stato preciso: gli infedeli vanno distrutti che non vuol dire ammazzarli quanto convertirli, anche con la forza, mentre l’Ebraismo e il Cristianesimo non appartengono agli infedeli, sono religioni del Libro e nel loro caso non si può convertire nessuno con la forza. Poi la giurisprudenza ha aggiunto altre religioni. Quando fu presa la Persia videro che lo zoroastrismo era simile per cui hanno decretato che anche gli zoroastriani sono popolo di Dio. In India davanti alla moltitudine di dèi non hanno potuto dire che è anch’esso un popolo di Dio, però i buddisti sì. In pratica convertire qualcuno con la forza è assolutamente proibito da tutta la giurisprudenza islamica così come lo proibisce il Cristianesimo.
Chi da noi parla di conversioni forzate, accadute nella storia, a cosa si riferisce?
È successo in entrambe le religioni ma si tratta di casi molto sporadici. Spesso chi parla così fa finta di sapere e cita il caso di Otranto nel 1480, un caso peraltro tutt’altro che chiaro.
Nelle Crociate, che lei ha studiato a fondo, i crociati convertivano con le armi?
La conversione obbligatoria era un peccato, non si poteva convertire nessuno. Poi si sono viste infinite scappatoie. Nella cattolica Spagna ebrei e musulmani non furono ammazzati ma espulsi, in realtà  ci furono anche morti. Dovessimo fare un bilancio obiettivo e tranquillo, storicamente e statisticamente parlando, nella storia i cristiani sono stati molto meno tolleranti dei musulami.
I terroristi e i gruppi estremisti islamici però ci sono
Sono tutti casi particolari e ristretti dell’Islam: ingigantirli all’Islam è un metodo alla Santanchè che è una bella e cara signora ma non sa. Chi dice una cosa diversa non conosce l’argomento. La gente non parla per appurare la verità  ma per affermare il suo punto di vista che, razionalmente parlando, è acritico, individualistico, arbitrario.
Sulla conversione di Silvia Romano cosa pensa?
Non capisco come si possa non avere un minimo di rispetto. Può darsi ci sia stata una costrizione ma saranno fatti suoi, l’ha dichiarata lei. Invece non capisco perchè la sua parola venga pregiudizialmente messa in dubbio. Il rispetto è dovuto a tutti. Direi che è finita bene. Fosse tornata piangendo, dicendo di essere stata violentata, l’epilogo sarebbe stato molto peggiore. Molti sarebbero stati contenti perchè quell’epilogo avrebbe sottolineato la loro visione dell’Islam ma l’esperienza ci dice che sarebbe caduta in mano a una setta. Aggiungerei un’ultima osservazione.
Dica
Bisognerebbe smetterla con l’idea che è diritto di tutti sapere sempre tutto degli altri. Si parla della privacy che viene disattesa ma non siamo mai stati così osservati da vicino come oggi. L’idea che il pubblico ha diritto di sapere tutto viene dalla stampa americana degli anni Trenta. Fino a quale punto si può infrangere il diritto alla riservatezza? Silvia Romano ha già  detto abbastanza, anche il pubblico dovrebbe capire. Siamo una società  sempre a bocca spalancata, si sparano giudizi su tutti prima di informarsi correttamente, questa è la vera battaglia civile da fare, prima di sapere se Silvia Romano si sia convertita a forza o meno. Non è un pensiero originale, me ne rendo conto, è banale e dovrebbe essere ovvio: mi allarma che non sia condiviso da tutti. In quali mani siamo, di quale maggioranza che determina i nostri governi?

(da Globalist)

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LO SDEGNO DELL’IMAN DI FIRENZE: “AI SEMINATORI D’ODIO DICO VERGOGNATEVI”

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

PARLA IZZEDIN ELZIR, TRA I PIU’ IMPEGNATI NEL DIALOGO INTERRELIGIOSO

“Da cittadino prim’ancora che da imam, dico che quei titoli vergognosi sono cattiva propaganda che nulla ha a che fare con il giornalismo, che è una professione nobile e importante. Titoli e articoli che incitano all’odio, demonizzano una religione e, prima di ogni altra cosa, insultano una giovane donna, cittadina italiana, che ha vissuto una esperienza drammatica. Ed è a lei, a Silvia Romano, che va il mio abbraccio virtuale”.
Ad affermarlo, in questa intervista esclusiva concessa a Globalist, è Izzedin Elzir, imam di Firenze, tra i più impegnati nel dialogo interreligioso.
A darne conto è la sua storia: Dal 2010 è presidente dell’Unione delle Comunità  Islamiche d’Italia e, dal 2001, Imam di Firenze. Nato a Hebron, dove si è laureato, da oltre 20 anni vive in Italia, dove ha studiato all’Accademia Italiana della Moda e Design di Firenze. Nel 1991 ha fondato la Comunità  Islamica Toscana., di cui è stato responsabile culturale fino al 2001. È membro del consiglio dei saggi dell’Alleanza Islamica in Italia e responsabile culturale della Comunità  Palestinese Toscana; è inoltre membro del comitato scientifico della Fondazione Synaxis e del consiglio degli stranieri presso il Comune di Firenze. Ha ricevuto il Premio Internazionale della Pace, della Cultura e della Solidarietà  (2004) assegnato dal Centro Studi Giuseppe Donati e il Premio Internazionale Giorgio la Pira (2012).
“Islamica e felice. Silvia l’ingrata”. Così titola in prima pagina Il Giornale in riferimento alla liberazione della cooperante italiana Silvia Romano. “Abbiamo liberato un’islamica”, spara in prima pagina Libero di Vittorio Feltri. Da cittadino italiano e da imam di Firenze quali sensazioni prova di fronte a questi titoli?
“Quei titoli e gli articoli che li sostengono sono una vergogna. Questi cosiddetti giornalisti, ma faccio davvero fatica a definirli tali, per l’ennesima volta dimostrano di non aver capito cosa è l’umanità  e che cosa è essere italiano. Perciò hanno bisogno di qualche lezione di civiltà  e di leggere la nostra Costituzione. E se non riescono a farlo, possono rivolgersi a noi. Siamo disponibili a fargli lezioni gratis”.
In quei titoli, islamica diventa un insulto, una sorta di marchio di infamia e di tradimento.
“Questa è propaganda, cattiva propaganda, non è giornalismo. Il giornalismo è una professione molto bella e di grande civiltà , ma non di ignoranza. Con quei titoli e quegli articoli dimostrano che nel nostro paese qualcuno è islamofobo”.
Eppure in questi mesi di drammatica emergenza sanitaria, da più parti si è detto e scritto che di fronte al Covid-19 siamo tutti sulla stessa barca, indipendentemente dal censo, dalla fede che si professa, dall’appartenenza etnico-religiosa e dagli orientamenti politici…
“Per chi conosce la dimensione umana e la responsabilità , in questo momento così drammatico e impegnativo, operare per essere tutti uniti dovrebbe essere un imperativo etico. Di fronte a questa realtà  dobbiamo lavorare di più sul dialogo, per superare queste voci anomale, perchè crediamo che la conoscenza dell’altro può creare ponti e non muri”.
Se potesse rivolgersi a Silvia Romano, cosa le direbbe?
“La prima cosa: come stai? L’importante è lei, la persona. Poi certamente anche sapere come ha passato questi 18 mesi e la ringrazierei per tutto ciò che ha fatto come volontaria in Africa, a sostegno dei più deboli e indifesi, in primo luogo dei bambini. E per curiosità  umana, capire anche la sua conversione”.
Tra i non demonizzatori, c’è chi adombra l’ipotesi che Silvia Romano si sia convertita a forza…”.

“Da quello che abbiamo potuto leggere, lei si è convertita leggendo il Corano. E il primo verso del Corano recita: ‘Nel nome del Signore, il compassionevole, il misericordioso”. Questo è lo spirito dell’Islam. Poi, come abbiamo sottolineato sempre, spetta a noi, uomini e donne, di mettere in pratica questi valori. Spesso si dice che le religioni sono violente, che alimentano l’odio, addirittura che scatenano guerre, ma questo non è vero! Dobbiamo lavorare su noi stessi e delle volte, purtroppo, siamo violenti e creiamo odio di fronte agli altri”

(da Globalist)

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GLI 007 ITALIANI SULLA FOTO DEL RILASCIO: “IL GIUBBOTTO DI SILVIA E’ NOSTRO, NON DEI TURCHI”

Maggio 11th, 2020 Riccardo Fucile

LO STEMMA POTREBBE ESSERE STATO APPICCICATO DA UN MEDIATORE O FRUTTO DI UN FOTOMONTAGGIO… LA CIFRA DEL RISCATTO E’ DI UN MILIONE E MEZZO DI EURO

Nella valanga di polemiche di queste ore l’Aise (che pure ha messo a segno senza incidenti la liberazione della giovane milanese) è stata accusata di aver dato troppo spazio alla Turchia che, sul fronte interno, rivendica quella di Silvia Romano come una liberazione fatta esclusivamente da Ankara che poi avrebbe “consegnato” la ragazza all’Italia.
Addirittura facendo circolare la versione che la ragazza, fino all’arrivo in ambasciata a Mogadiscio sarebbe stata sotto custodia turca.
La prova fornita dai media turchi — sia in turco sia in inglese — sarebbe nella foto di Silvia al momento della liberazione. Una immagine in cui indossa un giubetto antiproiettile con simbolo turco. Dunque, è l’argomentazione che si legge su diverse testate turche, è stata consegnata all’Italia.
“Tutto falso”, ribattono le fonti italiane. Negli ambienti dell’intelligence, per una volta si sbilanciano ulteriormente: “Quel giubbotto antiproiettile appartiene all’Italia”. Su questo punto la posizione è nettissima. Anche perchè la foto è in tutto, se non in quel simbolo, identica a quella che tramite canali riservati è stata inviata al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al momento della liberazione, come prova che tutto si era svolto per il meglio.
Un fake?
Le ipotesi che circolano negli ambienti dell’intelligence italiana, e su cui si stanno svolgendo approfondimenti, sono due: la prima è che la foto sia un fake, con alcuni particolari portati su un’altra immagine. La seconda è che il mediatore che ha partecipato alla liberazione di Silvia, nei pochi minuti prima della consegna agli agenti italiani o in ogni caso mentre gli italiani non erano presenti sulla scena, abbia messo uno “stretch” sul giubetto e scattato la foto, per darla ai turchi in cambio di un ulteriore pagamento.
La Turchia sta usando questa liberazione sul fronte interno, per rivendicare il ruolo ancora importante con gli alleati occidentali (non dimentichiamo che è e resta membro della Nato). E vuole far circolare il messaggio anche in Africa, dove ha interessi crescenti.
L’Italia ha accettato finora che l’alleato usasse anche la cooperazione nella liberazione di Silvia Romano per il proprio posizionamento, ma ovviamente rivendica che la regia della liberazione è stata di Roma, con un certo peso anche alla collaborazione somala.
Anche perchè, e questo è l’altro punto che viene confermato in ambienti di intelligence, la squadra che ha portato a termine la liberazione di Silvia Romano è la stessa che nel 2018 si è di fatto “trasferita” prima in Kenya e quindi in Somalia per lavorare alla liberazione della ragazza.
Dunque la maggior parte del lavoro, in termini di relazioni e verifiche sul campo è stata fatto da loro. Il mediatore finale aveva un contatto privilegiato con la Turchia e l’Italia ha scelto di usare anche quel canale per ottenere la liberazione di Silvia.
La trattativa, del resto, è durata parecchio tempo, soprattutto sul piano economico perchè l’organizzazione terroristica somala puntava ad un bottino più ampio (100 milioni) per liberare le vittime di vari sequestri.
Alla fine, solo l’Italia è riuscita a chiudere un intesa per un milione e mezzo, di cui duecentomila euro per l’ultima prova di esistenza in vita, consegnata una settimana prima della effettiva liberazione.
Lì è iniziato il viaggio di una settimana di Silvia verso il luogo della liberazione. Non a Mogadiscio, come pure è stato detto, ma a decine di chilometri dalla capitale: prima a piedi, poi in macchina, alla fine con un furgone cassonato. Quindi, la ragazza viene consegnata ad un mediatore che la porta verso gli agenti italiani.
Sul fronte delle relazioni internazionali, il riavvicinamento con l’Italia, da parte della Turchia, era iniziato da tempo: venerdì scorso, un bombardamento dell’ambasciata turca a Tripoli da parte di Haftar stava per uccidere il rappresentante diplomatico dell’Italia.
La Turchia ha trasformato l’aeroporto di Tripoli in una sua base militare e l’Italia, che vuole ancora mantenere l’ambasciata e un ruolo di primo piano nel paese, anche dal punto di vista economico, ha bisogno di dialogare con Ankara. Questa partita è iniziata ben prima della liberazione di Silvia Romano e continuerà  anche dopo.

(da Open)

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