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IL NEMICO IN FAMIGLIA: IL 77% DEI FOCOLAI SI VERIFICA IN AMBITO FAMILIARE

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

SI RISCHIA DI RENDERE IL VIRUS IMMARCABILE… FARO SU EVENTI COME EUROCHOCOLATE E MARCIA DELLA PACE

Tra le pieghe del rapporto dell’Istituto superiore di sanità  c’è un dato che trasmette tutta la difficoltà , tutta l’impotenza del Governo di fronte alla nuova ondata di contagi. Il 77,6% dei focolai, certifica l’Iss, avviene tra le mura domestiche.
“Di fronte a questi dati – spiega una fonte che lavora al dossier – rischiamo che qualunque tipo di stretta che deliberiamo affossi ulteriormente l’economia e non abbia un’efficacia sensibile nella limitazione dei contagi”.
Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese dice quel che nessuno nell’esecutivo aveva avuto finora il coraggio di dire: “Dobbiamo essere molto attenti perchè la preoccupazione è che questa situazione sfoci in rabbia sociale e lo dobbiamo evitare”.
Nelle ultime 72 ore i contagi sono raddoppiati, raggiungendo quota 5.372. Un dato preoccupante, ma i numeri di terapie intensive e ricoverati non è paragonabile a quello di sei mesi fa, concedendo un margine di tempo a Giuseppe Conte per decidere il da farsi.
Il titolare degli Affari regionali Francesco Boccia non ha escluso la possibilità  di bloccare gli spostamenti fra Regioni. Lombardia, Campania e Lazio sono i territori monitorati più attentamente, e nella provincia di Latina è stata disposta una prima parziale serrata. “Un’ipotesi di scuola – precisa l’entourage del ministro – per dire che non escludiamo nessuna strada per contenere il contagio”.
La tendenza è preoccupante: i casi registrati tra lunedì e venerdì questa settimana ammontano a 18.441, la scorsa erano oltre 8 mila in meno, un mese fa si fermavano a 7.120. Rispetto a inizio settimana i nuovi positivi sono aumentati del 140%. “Tenere aperta l’Italia è responsabilità  comune”, ha ammonito e ricordato Sergio Mattarella.
Per farlo, sono allo studio una serie di ipotesi che, nel nuovo dpcm atteso entro il 15 ottobre, affianchino l’obbligo di mascherine all’aperto.
Le principali riguardano limitazioni e contingentamenti per le grandi manifestazioni pubbliche e per quelle private che prevedano un nutrito numero di partecipanti.
Il Comitato tecnico scientifico ha sollevato una forte contrarietà  su Eurochocolate e sulla Marcia della pace, due appuntamenti che attireranno in Umbria nel mese di ottobre, come anche la Festa del cinema di Roma potrebbe subire una stretta. Si stanno valutando misure anche per eventi privati, quali matrimoni, battesimi e feste di compleanno, tutte situazioni a rischio per il tipo di diffusione del contagio.
Sempre dal Cts in una riunione tenuta ieri è arrivato un secco no alla riduzione da 14 a 10 dei giorni di quarantena in caso di contatto con un positivo. Il capo della Polizia Franco Gabrielli ha annunciato il pugno duro nei confronti della manifestazione no mask prevista a Roma per sabato, dando disposizioni di disperderla se non verrà  rispettato l’obbligo di mascherina.
Sulla scorta di tali valutazioni Luigi Di Maio ha annullato un evento a Matera che avrebbe dovuto riunire nella città  lucana un buon pezzo di Movimento 5 stelle.
Nelle stesse ore è stato sconvocato, per indisponibilità  dell’ultimo minuto di uno degli interessati, un vertice previsto da Conte con i capi delegazione e Boccia, che dovevano fare il punto della situazione e che potrebbe essere recuperato domani. “Nessun allarmismo, non ci sono provvedimenti da prendere in via emergenziale – spiega una fonte dell’esecutivo – ma dobbiamo iniziare a tirare le fila affinchè la situazione non sfugga di mano”.
Vincenzo De Luca ha annunciato una sorta di lockdown dei confini della Campania qualora il numero di contagiati dovesse superare i mille a fronte di meno di duecento guariti. “Vuole chiuderci in casa per salvarsi”, ha tuonato Luigi De Magistris in un’intervista ad Huffpost.
Ma il governo non vede male iniziative di questo tipo da parte dei governatori: contribuiscono ad arginare i contagi senza che il prezzo di consenso venga pagato da Roma. Sempre che basti. In caso contrario all’orizzonte potrebbero esserci altri interventi restrittivi: dal coprifuoco per i locali di somministrazione di cibo a contingentamenti per palestre, piscine e centri sportivi, fino ad arrivare a una riduzione della capienza massima dei trasporti pubblici, fissata attualmente all′80%. Misure non imminenti, che tuttavia si stagliano all’orizzonte degli eventi qualora la corsa del virus non dovesse rallentare.

(da “Huffingtonpost”)

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“MA CHE DITTATURA SANITARIA, LE PRIORITA’ SONO DIVERSE”: COME IL COVID HA CAMBIATO L’OPINIONE PUBBLICA, L’ANALISI DEI SONDAGGISTI

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

LA PAURA DEL VIRUS HA CANCELLATO QUELLA PER I MIGRANTI E I SOVRANISTI NON SONO PIU’ IN SINTONIA CON L’ELETTORATO

“Lo dico con un numero: la fiducia nel ministro Speranza è al 49 per cento ed è in salita di 3 punti, una roba mai vista in Italia. È la paura”.
Roberto Weber ha curato un sondaggio Ixè secondo cui gli italiani oggi hanno raggiunto un livello di paura prossimo a quello del lockdown. Un dato destinato a impattare sulle dinamiche e gli equilibri della politica nei prossimi mesi e forse anni.
In pratica l’85 per cento degli italiani vive nella paura, un dato che era sceso al 63% a giugno, intorno al 65% a luglio, “per trovare un 85% dobbiamo tornare a maggio”.
Il dato di Speranza trova riscontro a livello governativo, nel senso che la fiducia nella gestione dell’emergenza sanitaria da parte del governo sale ancora: “A giugno il gradimento era del 65% , a luglio 68%, adesso del 74%”.
Dunque, governo promosso a pieni voti. Non perchè i cittadini pensano che l’esecutivo si muova sempre in modo perfetto, “ma proprio perchè la paura è forte e perchè gli italiani sono sempre più sensibili a quel che accade fuori, in Europa: quando scoprono che abbiamo fatto meglio degli altri il meccanismo di legittimazione diventa potente”.
I benefici sono per il governo e i partiti che ne fanno parte, per gli altri no.
“È la prima volta che vedo un tale scarto di sintonia col pensiero dominante e gli umori popolari da parte del centrodestra, mai così prima”. Il riferimento è alla competizione che si aperta da quando Salvini non è più il golden boy della coalizione. A togliergli il consenso da sotto i piedi, paradossalmente, è proprio il suo asso nella manica: la paura. “Il nostro cervello derubrica le emergenze che non sono davvero tali, come quella sulla sicurezza che oggi è un’arma di propaganda a dir poco spuntata. Le preoccupazioni per i migranti sono scivolate indietro, hanno perso 25 punti. A salire sono le chiavi che garantiscono sicurezza e protezione”.
Non fa presa neppure il tema dell’emergenza democratica, agitato in ultimo dalla presidente del Senato Casellati. “Il tema non è sentito, si avverte semmai la farraginosità  degli apparati e delle strutture burocratiche chiamati alla gestione dell’emergenza. Gli italiani accettano di buon grado le limitazioni perchè la paura fa agio su tutto il resto. Le do un altro dato che mi ha impressionato: dal 1997 facciamo la stessa domanda agli italiani, se vogliono più soldi in tasca o più servizi. La gente che diceva più soldi, in sostanza dal cuneo fiscale alla flat tax — era arrivata al 50 per cento. Oggi è scesa al 20 per cento, cioè l’idea di toccare gli strumenti di protezione e di welfare, per il poco o tanto che danno, piace sempre meno mentre la gente oggi vuole più Stato”.
Il quadro è confermato da Antonio Noto, altro sondaggista che scruta gli umori del Paese e le dinamiche politiche. “In piena pandemia sono cambiate le priorità  degli italiani, ma mentre continua a calare la credibilità  della classe politica, chi governa a livello nazionale e locale sale nei sondaggi e nel gradimento della gente, come abbiamo visto con le regionali. È un po’ come se gli italiani preferissero lo status quo, quasi a prescindere dai colori politici. Nelle nostre rilevazioni salute e lavoro erano sempre al primo posto, ora si nota un distacco siderale rispetto a quelli della sicurezza e dell’immigrazione”.
Per chi ne ha fatto un cavallo di battaglia storico e personale non è facile “riposizionarsi”.
“Lo si vede nelle manovre a destra, dove la Meloni ha agio di trovare consensi perchè è un politico di sintesi, e nell’era della grande paura è più funzionale mentre Salvini è un leader dei distinguo. La cena organizzata dai “totiani” con Carfagna ed altri può essere letta non come prova di compattezza ma come tentativo di arginare Salvini, che certo raccoglie consensi ma non è un leader di sintesi”.
E a sinistra che succede? “La flessione del M5s alimenta i partiti della sinistra. In un primo tempo riguardava un elettorato di destra che è tornato a destra, e alle Europee ha votato Lega, adesso ai Cinque Stelle sono rimasti lo zoccolo duro dei non politicizzati e della sinistra delusa in modo definitivo; ma una parte degli elettori è tornata a casa. Sono vasi comunicanti. Se perde il M5s indirettamente guadagna il Pd. Non per diverso posizionamento politico del Partito democratico che non è diverso da quello di un anno fa, quanto perchè parte dell’alleanza che compone il governo”.
La paura come dominante del quadro politico.
“Si è vista con le Regionali, dove quattro uscenti hanno avuto una conferma al di là  dello schieramento”, sottolinea Maurizio Pessato di Swg. Gli italiani ricercano stabilità . “Il Covid sembra aver chiuso un ciclo iniziato dieci anni fa del cambiamento a tutti i costi, interpretato dai Cinque Stelle, da Renzi e da Salvini. Oggi la questione è più raffinata: gli italiani chiedono cambiamenti ma solo a fronte di garanzie”.
La società  della paura restringe i suoi orizzonti. “Prima del Covid gli italiani si interrogavano su bisogni diversi che andavano dalla corruzione alla casta, dai migranti e alla democrazia. Oggi questi temi sono scesi nella gerarchia delle priorità  e tutto si gioca sulla capacità  di trasmettere fiducia”.
Conte, Zingaretti ma anche Toti e Zaia funzionano. Salvini rompe lo schema. “La Meloni per contro sta tentando di scalare un centrodestra che può far valere una sola garanzia rispetto alla compagine avversa che è quella dell’unità . Per questo ha anche abbandonato presto i panni lepenisti e sta cercando di compattare attorno a sè la destra d’ordine che in Italia è presente da sempre e aveva concentrato parte dei voti su Salvini, rimanendone delusa. In ogni caso, nel futuro dell’Italia che convive con la paura vince chi meglio la placa. Non a caso nei sondaggi nazionali i partiti di maggioranza stanno salendo e ‘pesano’ quasi come il centrodestra”.

(da il Fatto Quotidiano”)

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GILETTI CANDIDATO SINDACO A ROMA E’ UN’IDEA CHE PIACE A SALVINI MA NON ALLA MELONI

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

FDI RIVENDICA LA POLTRONA PER UN SUO ESPONENTE

Massimo Giletti candidato sindaco per il centrodestra a Roma? La notizia filtrata in queste ora non è campata in aria: è un’idea di cui si sta discutendo e che il diretto interessato ha ascoltato senza troncare subito il discorso.
Il giornalista e conduttore di “Non è l’Arena” è il profilo di candidato che Matteo Salvini vorrebbe schierare a Roma: senza tessera, di alto profilo.
Uno che schema che il leader della Lega vorrebbe vedere applicato in tutte le grandi città  al voto nel 2021, Roma ma anche Napoli, Torino, Milano, Bologna. Una partita che di fatto sta conducendo in prima persona, con grande attivismo chiamando, sondando nomi che gli alleati non possono rifiutare.
E facendo puntualmente finire le interlocuzioni sui giornali per vedere l’effetto che fa. Prima Franco Frattini, poi il vice presidente di Italo Flavio Cattaneo.
E se Massimo Giletti piace a Forza Italia, l’ipotesi del giornalista lanciato nell’agone politico potrebbe far storcere il naso a Fratelli d’Italia, il partito della coalizione in questo momento in maggior crescita, e che ritiene la casella del candidato sindaco nella capital sua di diritto.
Giorgia Meloni non ha nessuna intenzione di rimanere impantanata nella palude romana, puntando a una poltrona di peso di un futuro governo sovranista, e il nome del vicepresidente del Senato Fabio Rampelli potrebbe risultare troppo identitario per vincere su una piazza come quella romana, dove la destra è forte ma da sola non basta.
E se la partita è dunque tutt’altro che chiusa nel campo del centrodestra, il Partito Democratico e gli alleati sono ancora lontani da indicare il candidato che sfiderà  Virginia Raggi e il Movimento 5 Stelle.
Il prossimo 14 ottobre si riunirà  il tavolo di coalizione per indicare il perimetro delle alleanze e le regole per le primarie.
Invitati anche Azione e Carlo Calenda, il cui nome è tornato insistentemente a circolare in queste ore, mentre nel Partito Democratico c’è chi si affanna nel convincere qualche nome di rilievo nazionale ed europeo a scendere in campo per il Campidoglio.

(da agenzie)

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IL GRUPPO GEDI DELLA FAMIGLIA AGNELLI UFFICIALIZZA LA VENDITA DE “IL TIRRENO” E ALTRE TRE TESTATE LOCALI

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

ORA NEL MIRINO C’E’ IL SOLE 24 ORE… ERA NECESSARIO SCENDERE SOTTO IL LIMITE DI LEGGE DEL 20% PER PROCEDERE A NUOVE ACQUISIZIONI

Gedi, gruppo editoriale che fa capo alla famiglia Agnelli e che controlla tra gli altri i quotidiani La Stampa, Repubblica e Secolo XIX, comunica che “è stato raggiunto un accordo per la cessione del ramo d’azienda delle testate Il Tirreno, la Gazzetta di Modena, La Gazzetta di Reggio e La Nuova Ferrara alla società  Sae Srl, rappresentata da Alberto Leonardis”.
L’imminente cessione non era ormai più un segreto, sebbene Gedi abbia tentato sino all’ultimo di tenere nell’ombra la trattativa. Nei giorni scorsi i dipendenti dei quotidiani locali del gruppo erano scesi in sciopero. La nuova società , di cui i giornalisti denunciano la totale inesperienza in campo editoriale, ha già  messo nero su bianco tagli al costo del personale per 1,7 milioni di euro.
I dipendenti delle testate coinvolte nella vendita sono 162, 120 giornalisti e una quarantina di poligrafici. ”Gedi — continua una nota — ha individuato in Sae Srl la società  che per affidabilità , progetti e intenzioni potrà  offrire la miglior garanzia di continuità , rafforzamento e prestigio a testate che per storia e tradizione rappresentano una parte importante dell’editoria quotidiana, grazie al contributo di valore assicurato negli anni dai colleghi giornalisti e poligrafici”.
Molte le speculazioni sulle ragioni della vendita. Inizialmente si era ipotizzato che Gedi volesse ridurre la sua quota di mercato, in ossequio alla legge che prevede un massimo del 20% in capo ad un unico soggetto, per acquisire i giornali locali del gruppo Athesis vale a dire L’Arena, Brescia Oggi e il Giornale di Vicenza.
Negli ultimi giorni ha però preso consistenza l’ipotesi che il vero obiettivo sia il quotidiano di Confindustria Il Sole 24 Ore.
L’associazione degli imprenditori controlla oggi il 61% del gruppo, il resto è in borsa. Gli Agnelli potrebbero anche entrare con una quota. Qualche voce trapelata dal palazzo di via Monte Rosa a Milano rafforza questa ipotesi. Negli ultimi anni i bilanci del quotidiano economico finanziario sono stati rimessi in carreggiata, sebbene questo sia avvenuto tagliando i costi senza mai invertire il calo dei ricavi. La Exor, finanziaria della famiglia Agnelli, possiede anche il celebre settimanale economico britannico “The Economist”

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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QUANDO LA LOTTA PER L’INTEGRAZIONE PASSA ATTRAVERSO LO SMARTPHONE

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

L’IDEA DI AISHA COULIBALY CHE HA DATO VITA A MYGRANTS

Nata a Foggia, cresciuta a Bologna. Insieme al fidanzato Cris ha creato una piattaforma che ora accompagna oltre 88mila migranti nel loro percorso di formazione
A Foggia era conosciuto come Colby. Si chiamava Lassina Coulibaly ed era uno dei primi migranti arrivati dalla Costa d’Avorio, aveva trovato un lavoro regolare e si era sposato con una donna italiana, da cui erano nati due figli. Non solo. Colby era presidente dell’associazione Africa Unite, nata per promuovere l’integrazione dei migranti e difendere i loro diritti in una terra dominata dal caporalato.
Colby è morto nel 2014, a 48 anni. E sua figlia Aisha ha ereditato la sua missione, proiettandola in un mondo completamente nuovo: quello digitale.
È così che nel 2017 è nata Mygrants, una piattaforma dedicata a tutti i migranti che una volta arrivati in Italia hanno bisogno di informazioni per capire le norme dell’accoglienza e soprattutto di percorsi di formazione per poter entrare nel mercato di lavoro.
Ad oggi Mygrants conta 88mila utenti, ha supportato oltre 1200 ingressi lavorativi e finanziato 2 imprese nate da migranti. Sulla sua storia è stato realizzato anche un corto girato a 360° all’interno del progetto New Realities sostenuto da Lenovo. Ma gli obiettivi di Aisha non si sono certo fermati qui.
Quando hai iniziato ad occuparti di migranti?
«A casa non si parlava d’altro. Mio padre conosceva 12 lingue ma non sapeva scrivere in italiano. Spesso mi chiedeva di trascrivere le storie dei migranti che si rivolgevano alla sua associazione. Lui rivendicava i diritti di chi lavorava nei campi di pomodoro con scioperi, eventi e manifestazioni. Io ho scelto un altro approccio».
Perchè hai deciso di aprire Mygrants?
«Non è stata un’idea solo mia. Qualche anno fa ho conosciuto Cris, il mio attuale compagno. Lui aveva lavorato come data analyst per il progetto europeo Frontex e stava cercando di avviare in Italia un programma per sostenere i migranti nella ricerca di un lavoro. Analizzando i dati che stavamo raccogliendo, ci siamo resi conto che i migranti passavano circa 600 giorni in attesa di cominciare un percorso di formazione, senza contare che le proposte non erano sempre in linea con i loro interessi. Ricordo un ragazzo, mio amico, laureato in Africa in medicina che qui raccoglieva pomodori».
Come funziona la vostra piattaforma?
«Mygrants si basa una tecnologia chiamata microlearning. Esistono diversi percorsi di formazione su livelli: si va da quelli che sviluppano competenze legate all’informatica a quelli per diventare un addetto alla sanificazione, ruolo molto ricercato ora. Oltre agli inserimenti lavorativi cerchiamo anche di aiutare ad avviare una start up chi ha un’idea imprenditoriale. Ora stiamo sviluppando un progetto per le aziende che si chiama PickMe, per aiutarle a trovare candidati tra i nostri utenti».
Quali sono i percorsi più richiesti?
«Ci sono tutti i corsi per lavorare nelle industrie manifatturiere e poi tutta la parte dedicata all’accoglienza negli alberghi e nei ristoranti. Oltre ai percorsi di formazione, molti utenti si affidano a noi anche per essere aggiornati sulla normativa che riguarda l’accoglienza».
Chi sono i vostri utenti?
«La maggior parte arriva dall’Africa Subsahariana, parlo di Stati come la Costa d’Avorio, la Nigeria o il Burkina Fasu. Tendenzialmente hanno meno di 35 anni, sono soprattutto uomini e sono migranti economici».
Avete scelto di lanciare questa azienda come una for profit. Come mai?
«Non potevamo mettere tutte le nostre competenze al servizio di un progetto su cui lavorare nel tempo libero. All’inizio il modello di business era semplice: ci rivolgevamo ai centri di accoglienza proponendoci per seguire i migranti nella parte di formazione che spesso loro non riuscivano a erogare. Adesso stiamo cercando di allargarci, lavorando assieme a grandi aziende o enti che possano finanziare i nostri progetti».
Dove vuole arrivare Mygrants?
«L’obiettivo è aumentare la nostra diffusione in Africa. Vorremmo intercettare i talenti direttamente lì creare dei canali per permettere ai migranti di viaggiare legalmente verso i Paesi europei».
Quanto c’è di tuo padre in questo progetto?
«Mio padre mi ha insegnato a essere perseverante. È grazie a lui che oggi ho deciso di iniziare questa sfida».

(da Open)

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M5S TRA RISCHIO SCISSIONE E FAIDE INTERNE: COSA ASPETTARSI DAGLI STATI GENERALI

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

DALLA ROTTURA CON CASALEGGIO ALL’IRA DEI PARLAMENTARI

Il reggente M5S Vito Crimi ha dato ufficialmente il via agli Stati generali, il percorso lungo un mese che deciderà  il futuro del Movimento Cinque Stelle: un percorso che si chiuderà  con un’assemblea fisica a Roma il 7 e 8 novembre e l’elaborazione di un documento finale che sarà  sottoposto al voto della rete.
Lo svolgimento degli Stati generali si preannuncia tuttavia tutt’altro che sereno, mentre già  filtrano spaccature, risentimenti e astio tra le diverse anime del Movimento e i rapporti tra figure di spicco e i gruppi parlamentari sembrano ormai del tutto logorati. Come lo ha definito Riccardo Bocca nella sua videolettera su TPI, M5S è ormai diventato “un reality zeppo di faide interne”. Ora il tentativo estremo è quello di evitare una scissione tra l’asse Grillo-Di Maio e quello Casaleggio-Di Battista, ma diversi nodi restano ancora sul tavolo.
Gli Stati generali
Crimi ha garantito che “saranno partecipati dal basso e sarà  un momento di coinvolgimento globale di tutti i nostri iscritti”. Ad iniziare saranno le assemblee regionali e provinciali, che saranno convocate dai facilitatori regionali. Le assemblee “stileranno un documento per mettere insieme i temi da porre in primo piano nell’agenda politica del MoVimento, come realizzarli e quindi che organizzazione dobbiamo darci e quali regole servono per raggiungere quegli obiettivi”.
Alcuni rappresentanti sarà  designato dalle assemblee per recarsi a Roma nella due giorni del 7-8 novembre e discutere “in un’assemblea che non avrà  un potere deliberante, perchè l’ultima parola spetta sempre all’assemblea degli iscritti”. Alla fine, “i singoli tavoli dovranno produrre una sintesi dei lavori e di tutte le questioni che devono essere affrontate o messe in discussione. Le sintesi dei lavori domenica pomeriggio sfoceranno in una assemblea, che prevederà  un dibattito pubblico in streaming”. L’ultima parola, poi, sarà  il voto online degli iscritti a Rousseau.
La questione della leadership
Uno dei principali punti su cui saranno chiamati a decidere gli Stati generali è quello della guida del Movimento. In un’intervista al Fatto quotidiano, Crimi ha dichiarato che la scelta tra un capo politico o gestione collegiale si svolgerà  sulla piattaforma Rousseau solo dopo l’assemblea di Roma. Ma il tema sarà  di certo argomento di discussione.
Se Beppe Grillo, Luigi Di Maio e altri “big” puntano al superamento del capo politico, per dare vita a una gestione collegiale ed essere meno legati all’associazione Rousseau, Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista non sembrano essere di questo parere. Per Casaleggio, infatti, deve rimanere centrale il principio della democrazia diretta, mentre per Di Battista il rischio è quello di rinunciare al ruolo di possibile nuovo capo politico ed entrare in un direttorio in cui si troverebbe in minoranza.
La rottura con Casaleggio
Uno dei punti cruciali per il futuro del Movimento è il ruolo e il rapporto con Davide Casaleggio. Il figlio del fondatore è ormai in guerra aperta con gli eletti del M5S e lo ha detto chiaramente nel suo contestato post sul Blog delle Stelle: se M5s diventerà  un partito io prenderò un’altra strada. Un commento che è stato condannato pubblicamente dal Comitato dei garanti — composto da Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri — tramite un post sulla pagina Facebook ufficiale del Movimento Cinque Stelle.
“Il Blog delle Stelle è il canale ufficiale del Movimento 5 stelle e Davide Casaleggio non ricopre alcuna carica nel Movimento 5 Stelle”. Il post, si legge, “rappresenta una sua iniziativa, personale e arbitraria, diffusa attraverso uno strumento di comunicazione ufficiale del Movimento 5 Stelle”. Il rischio, tuttavia, è che — nel caso in cui si arrivi alla scissione — Casaleggio porti in tribunale la questione dei finanziamenti, dell’uso del simbolo M5S e del Blog delle Stelle. Con conseguenze imprevedibili per il Movimento.
Lo scontro sui due mandati
Al di là  delle lotte intestine per la leadership del Movimento, tuttavia, c’è anche il nodo — indigesto per molti parlamentari — della questione dei due mandati, che impedisce a chi è già  stato eletto due volte in parlamento di ricandidarsi. Per Crimi la questione “non è in discussione“, ma non tutti la pensano come lui.
“Lo scontro vero secondo me è tra chi vuole derogare alla regola dei due mandati e chi non vuole”, ha dichiarato l’ex ministro della Salute Giulia Grillo ad Huffington Post. “Sicuramente è importante non perdere l’esperienza dei due mandati per nutrire ancor di più il Movimento al suo interno”, ha aggiunto, “però chi si è candidato sapeva benissimo sin dall’inizio che oltre i due mandati non si sarebbe potuto andare. Siamo stati eletti anche per questo. È una sorta di vincolo che abbiamo con gli elettori e non va derogato assolutamente”. Ma sarebbero molti i deputati e i senatori a cui questo divieto non va giù.
Ira sul Comitato Italia a 5 stelle
L’ultima crepa nel Movimento riguarda infine un verbale di assemblea dei componenti del Comitato Italia a 5 stelle 2019, costituitosi l’anno scorso per l’organizzazione della festa pentastellata. Il documento risale a gennaio, e precisamente al giorno prima del passo indietro di Luigi Di Maio, ma soltanto adesso sta accendendo lo scontro all’interno dei gruppi parlamentari M5S. Del Comitato fanno parte solo i vertici dell’associazione Rousseau, ma non Davide Casaleggio, nè alcun esponente dei gruppi del M5S.
La riunione, che si è tenuta a Roma negli uffici del Vicario, alla presenza del notaio Amato, sono state decise alcune modifiche dello statuto, che hanno trasformato il Comitato “Italia a 5 stelle” in “Comitato iniziative 5 stelle” e hanno allungato i tempi della sua durata fino al 31 dicembre 2022 (due anni dopo quella che sarebbe dovuta essere la data di cessazione attività ).
“Il Comitato ha lo scopo — si legge all’articolo 4 — di curare attivamente l’organizzazione, la promozione, il coordinamento e la gestione delle manifestazioni, eventi ed iniziative del Movimento 5 stelle e del Team del futuro, nonchè ogni altra attività  di utilità  sociale anche a sostegno di eventi terzi per il raggiungimento degli scopi del Comitato”.
“Nessuno ha dato il mandato a questo comitato di agire a nome del Movimento 5 stelle”, è la protesta del gruppo parlamentare. “È la prova che gestiscono tutto da soli”. Il secondo punto riguarda la gestione dei fondi. “Noi versiamo quasi dieci milioni all’anno e non sappiamo dove vanno”, ha dichiarato un ‘big’ M5s citato da Agi. La festa “Italia a 5 stelle” quest’anno non si è tenuta ma i pentastellati versano per le iniziative sui territori mille euro al mese e all’anno ne devono dare altri 3mila proprio per Italia 5 stelle. “Veniamo trattati come dei bancomat”, si sfoga un altro deputato. “Non c’è chiarezza. Chi ha dato il via libera a questo comitato? Con quale fine?”. Un altro nodo che gli Stati generali potrebbero essere chiamati a sciogliere.

(da TPI)

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VACCINI CONTRO L’INFLUENZA, INCHIESTA DELLA PROCURA DI MILANO SUGLI ACQUISTI DELLA REGIONE LOMBARDIA

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

IL PREZZO E’ SUPERIORE RISPETTO A QUELLO DI MERCATO

La Procura di Milano ha aperto un’indagine conoscitiva sull’acquisto di vaccini antinfluenzali da parte di Regione Lombardia a prezzo superiore rispetto a quello di mercato.
Il fascicolo, che non ha nè indagati nè titolo di reato, verrà  coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli assieme al pool che dirige e che si occupa di reati relativi alla pubblica amministrazione. Ieri il direttore generale dell’Assessorato al Welfare della Regione Lombardia, Marco Trivelli, rispondendo a una domanda sulle polemiche sul prezzo al quale sono stati acquistati i vaccini anti-influenzali in Lombardia aveva risposto: “Noi abbiamo fatto degli acquisti in varie fasi. Diciamo che l’85 per cento delle nostre forniture è stato fatto a prezzi di mercato e l’ultimo lotto a un prezzo superiore. Il mercato adesso è variegato. Basti pensare che le farmacie adesso non sono in grado di comprare i farmaci, questo fa capire come il mercato adesso sia diverso è come sia complicato muoversi in questo momento” ha poi aggiunto Trivelli, a chi gli ha chiesto se il prezzo superiore pagato per le dosi è dovuto al fatto che la Regione si è ‘mossa tardi’ nel reperire le fornitureù
Nei giorni scorsi è emerso che nonostante un prezzo doppio rispetto ai primi bandi e la promessa di un pagamento anticipato da 15 milioni di euro la gara indetta a inizio settembre da Regione Lombardia per l’acquisto urgente di 1,5 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale non era stata aggiudicata e così era venuta venuta meno l’ultima chance per porre rimedio a una situazione che sembra sempre più disastrosa.
Perchè nella Regione più colpita dalla prima ondata di Covid-19, le strutture pubbliche potrebbero non avere un numero sufficiente di vaccini da offrire gratis a tutte le persone a rischio cui l’antinfluenzale quest’anno è fortemente consigliata.
Erano fino a pochi giorni fa solo 2,3 milioni le dosi in arrivo, a fronte di una platea che la Regione stimava in 2,7 milioni, anche la fondazione Gimbe faceva salire a 3,4 milioni.
Carenza di vaccini a cui si aggiungono i ritardi: la campagna vaccinale, che da indicazioni ministeriali sarebbe dovuta partire ai primi di ottobre come le telefonate de ilfattoquotidiano.it a diversi centri vaccinali hanno dimostrato.
Colpa non solo di un mercato dove i fornitori hanno ormai esaurito la propria capacità  di produzione in tempi ristretti, ma anche di un filotto iniziale di tre bandi sbagliati imputabili ai vertici regionali e alla coppia Fontana-Gallera.
L’iter per aggiudicarsi i vaccini risulta piuttosto lungo e complicato: nei giorni scorsi la Regione Lombardia ha indetto il decimo bando, dopo il fallimento del primo avvenuto in piena emergenza coronavirus.
In quel momento, lo scorso marzo, un’azienda sarebbe stata disponibile a fornire 1,3 milioni di vaccini a 5,9 euro a dose, ma la gara indetta da Aria (la centrale acquisti, ndr) è per 4,5 euro a dose, probabilmente nel tentativo di risparmiare.
La seconda gara viene revocata a maggio perchè in Regione si rendono conto che sono necessari più vaccini di quanti ne sono stati richiesti.
A giugno, nella terza gara, l’offerta sale a 5,9 euro a dose ma sarebbero stati trovati solo 20mila vaccini pediatrici, nulla per adulti.
Dopo le quattro gare portate a buon fine durante l’estate, a fine agosto si ripropone il problema: nessuna offerta viene ricevuta per 700mila vaccini per adulti a oltre 4 milioni di euro.
Con la nona gara la Lombardia è disponibile a pagarli più del doppio ma ormai non si trovano più. Nel dettaglio la richiesta è 1,5 milioni di dosi, al prezzo di 10 euro l’una, per un totale di 15 milioni di euro.
La Regione sarebbe anche disposta al pagamento anticipato, ma neanche questo basta così come i 10 euro a dose messi sul tavolo, il doppio rispetto a quanto offerto nelle prime gare. L’assenza di risultato costringe, solo pochi giorni fa, a un nuovo bando, il decimo, soltanto in parte andato a buon fine.

(da agenzie)

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CONTAGI RADDOPPIATI IN 72 ORE

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

5.372 NUOVI CASI: RISPETTO A IERI 914 POSITIVI IN PIU’.. QUASI 1.000 CASI IN LOMBARDIA, 769 IN CAMPANIA

Sono 5.372 i nuovi casi di Coronavirus in Italia nelle ultime 24 ore. L’aumento è di 914 nuovi contagi rispetto a ieri. I tamponi sono stati 129.471. È quanto emerge dal quotidiano bollettino emesso dalla Protezione civile e dal Ministero della Salute.
I decessi sono 28 (+6). Gli attualmente positivi salgono così a 70.110 (+4.158), con 4.086 pazienti ricoverati con sintomi (+161) e 387 in terapia intensiva (+29). Sono in isolamento domiciliare 65.637 pazienti mentre sono guarite o sono state dimesse 1.186 persone.
A trainare la crescita è la Lombardia, balzata a 983 casi in un giorno, seguita da Campania (769), Veneto (595), Toscana (483), Piemonte (401) e Lazio (387). Eccetto la Lombardia, si tratta degli incrementi più alti di sempre per queste regioni, ma anche per Puglia (249), Umbria (151) e Abruzzo (103).
Nessuna regione è a contagi zero: la migliore è il Molise, che comunque con 11 casi raddoppia rispetto a ieri. I guariti sono 1.186 (ieri 1.060), per un totale di 237.549, mentre il numero degli attualmente positivi si impenna, +4.158 oggi (ieri +3.376), e sono ora 70.110. Infine, le persone in isolamento domiciliare sono 65.637, 3.968 più di ieri
La Lombardia torna ad essere prima regione d’Italia per numero dei contagi, tre nuovi ricoveri nelle terapie intensive e 10 nei reparti Covid. Sono 501 i nuovi positivi a Milano e provincia.
I dati odierni sui nuovi contagi da coronavirus nelle 24 ore riportano la regione al primo posto in Italia con 983 nuovi casi (+300 rispetto a ieri) di cui 77 ‘debolmente positivi’ e 11 a seguito di test sierologico. I tamponi effettuati sono stati 25.623 contro i 22.069 delle precedenti 24 ore.

(da agenzie)

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IL CONSIGLIERE LEGHISTA DI FERRARA CHE VUOLE “VALUTARE POLITICAMENTE” I LIBRI DELLE BIBLIOTECHE COMUNALI

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

“DEVONO ESSERE ADEGUATI AI NOSTRI CITTADINI, ALLE ASPETTATIVE DEGLI ELETTORI CHE CI HANNO VOTATO”… SOLO TESTI RAZZISTI, INSOMMA

Come riporta Estense.com, il consigliere di Ferrara in quota Lega Salvini Premier Alcide Mosso, nel corso della I Commisione ha dichiarato quanto segue: “Vorrei chiedere se si può avere un elenco libri che si intende acquistare per valutare la tipologia dei libri in dotazione alle biblioteche”.
Gli antefatti: il Governo (non il Comune) ha stanziato 50.000 euro per l’acquisto dei nuovi libri della biblioteca comunale. La proposta di Mosso sembra essere voler effettuare un controllo politico sui libri che devono essere acquistati dalla biblioteca, “vale a dire ciò di più vicino a un regime che posso immaginare. Una biblioteca deve decidere in totale autonomia dalla politica quali libri acquistare ed esporre” sostiene Dario Maresca del Gruppo Gente a Modo.
Dubbio fugato dallo stesso Mosso, che dice: “Visto che il Comune paga per l’acquisto di questi libri (in realtà  è il Governo, ndr), credo che sia corretto valutarne la tipologia. Io ho preso ieri in prestito un libro per bambini alla Niccolini su cui mi piacerebbe commentare con voi. Valutare i libri da acquistare è un dovere”. Non solo: “vorrei vedere se questi libri sono adeguati ai nostri cittadini, alle aspettative dei nostri elettori, nostri nel senso chi ci ha votato e ci chiede di rappresentarli, quindi con tutta tranquillità  chiedo a tutti i consiglieri che si accetti questa mia richiesta”.
Con Mosso sono d’accordo anche altri consiglieri leghisti come Francesca Savini: “Dobbiamo sapere perchè sono stati acquistati certi libri anzichè altri, magari alcuni erano ammalorati e dovevano essere sostituiti”.
All’interno della Commissione però la proposta di Mosso non ha successo: anche da Forza Italia sono venute forti critiche e persino il consigliere Solaroli, Lega, ha liquidato la questione con un “solo il fruitore dei libri può valutare quali siano adatti a lui o meno”.

(da agenzie)

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