Destra di Popolo.net

MENTRE LE REGIONI DEL NORD DELIRANO PER SCIARE A NATALE, IN AUSTRIA CI RIPENSANO: “I DATI NON LO PERMETTONO”

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

L’OMS RICORDA AI CRETINI CHE “IL RISCHIO NON E’ LO SCI, MA GLI AEROPORTI, I BUS, I RESORT, I RIFUGI”

“Per il momento nè in Austria nè in Germania i numeri consentono una riapertura“.
A parlare è Ernst Schoepf, il potente presidente del Consorzio dei comuni tirolesi e sindaco di Soelden, uno dei più importanti centri sciistici della zona.
Nemmeno l’Austria, la patria dello sci alpino, è convinta che aprire gli impianti già  per Natale sia la scelta giusta.
Per giorni il governo di Vienna si è opposto all’idea di una chiusura europea, ma ora il fronte di chi chiedeva l’immediato via libera alle vacanze sulla neve si è spaccato. Mercoledì il cancelliere Sebastian Kurz presenterà  le misure che regoleranno il turismo invernale, ma sulla data di apertura ancora non ci sono certezze.
Eppure l’Austria, insieme alla Svizzera, era proprio uno dei modelli indicati dalle Regioni alpine, che da giorni premono sul governo e ora chiedono di aprire gli impianti già  a Natale per gli ospiti degli alberghi e delle seconde case.
Anche in Italia, però, non tutti sono sulla stessa linea. “E’ ormai evidente che per l’avvio della stagione sciistica attualmente mancano tutti i presupposti. Dobbiamo lavorare tutti assieme per creare le condizioni per poter partire dopo Capodanno. Per questo motivo chiediamo i ristori per tutti i settori colpiti dallo stop”, ha detto all’Ansa il presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher.
Ernst Schoepf, presidente del Consorzio dei comuni tirolesi è rappresentate di un territorio che ha un’economia legata a doppio filo con lo sci e il suo indotto. Inoltre, è membro del Partito popolare austriaco (à–vp), lo stesso del cancelliere Kurz.
In un’intervista alla Tiroler Tageszeitung, mette in guardia da una decisione affrettata. L’obiettivo, ribadisce, è evitare una terza ondata: “L’inverno è lungo. Siamo solo all’inizio. Anche se partissimo solo a gennaio, avremmo ancora parecchio da fare. Per il momento nè in Austria nè in Germania i numeri consentono una riapertura”, spiega il sindaco di Soelden. Che ricorda anche un altro aspetto: “Il 70% dei nostri clienti proviene da paesi che attualmente sconsigliano viaggi verso l’Austria. Non tutti gli albergatori vogliono aprire”. Neanche la ripresa dello sci su larga scala solo per i residenti convince Schoepf: “Non ogni impianto deve essere in funzione“, commenta.
Proprio gli spostamenti dei turisti sono infatti uno dei principali problemi legati allo sci e alle vacanze invernali. “Il rischio non è lo sci in sè ma gli aeroporti, i bus, i resort, i rifugi dove le persone si riuniscono in grandi numeri”, ha infatti sottolineato anche il capo delle emergenze dell’Oms, Mike Ryan, nel consueto briefing sul coronavirus. “Non dovremo ridurre il problema allo sci: i governi devono considerare che ogni attività  che implica grosse masse di persone che si muovono deve essere gestita con cura e con un approccio di riduzione del rischio”, ha spiegato Ryan.
Eppure le Regioni alpine hanno presentato al governo una proposta di mediazione che prevede durante le vacanze di Natale “la possibilità  di sciare solo per chi pernotta almeno una notte nelle diverse destinazioni o per chi possiede o affitta una seconda casa nelle zone sciistiche”.
La proposta è firmata dagli assessori al Turismo di Veneto, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Bolzano e Trento. Inoltre, è stata condivisa anche dall’Abruzzo.
Di fatto Kompatscher sembra averla però già  sconfessata
Sabato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità , Franco Locatelli, in conferenza stampa sull’analisi dei dati del Monitoraggio Regionale della Cabina di Regia ha spiegato: “Nessuno sottovaluta l’impatto di una chiusura delle attività  sciistiche, però i numeri attuali non rendono compatibile una ipotesi di riapertura perchè vorrebbe dire esporre tutto il paese a una ripresa della curva epidemica“.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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FONDAZIONE GIMBE: “LE SCENE DI IERI SUGLI ASSEMBRAMENTI DIMOSTRANO CHE GLI ITALIANI HANNO BISOGNO DI REGOLE E DIVIETI, NON DI RACCOMANDAZIONI”

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

“GLI ATTEGGIAMENTI PATERNALISTICI NON PORTANO DA NESSUNA PARTE”

Per impedire “assembramenti le raccomandazioni non bastano, servono decisioni e regole”.
Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, intervenendo a L’Aria che Tira, su La7, commentando le immagini delle vie dello shopping affollate nel weekend. Cartabellotta analizza l’andamento dei contagi: “Siamo al culmine della seconda ondata, vediamo un appiattimento delle curve”.
Il rischio è che con il Natale alle porte, e con un eventuale “allentamento delle misure restrittive”, si possa andar incontro a un “nuovo riempimento degli ospedali“.
“Difficile raggiungere un punto di equilibrio — conclude — Perchè se da un lato le raccomandazioni del buon padre di famiglia possono essere utili, dall’altra le scene di ieri ci hanno fatto capire che gli italiani hanno bisogno regole e divieti perchè le raccomandazioni e gli atteggiamenti paternalistici non portano da nessuna parte”.

(da agenzie)

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SALVINI IN PELLEGRINAGGIO ALL’AMBASCIATA USA: MESTO INCONTRO TRA DUE ORFANI TRUMPIANI

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

RIPOSIZIONAMENTO IN VISTA DOPO LA VITTORIA DI BIDEN… L’AMBASCIATORE EISENBERG, FINANZIERE LEGATO A TRUMP, RIENTRA IN PATRIA E DOVRA’ RINUNCIARE AGLI INCONTRI FREQUENTI CON I SOVRANISTI ITALIANI

Un pranzo cordiale e rilassato a Villa Taverna per ribadire simpatia e stima reciproca, e soprattutto per salutarsi. Matteo Salvini, accompagnato dal numero due leghista Giancarlo Giorgetti, ha incontrato l’ambasciatore americano Lewis M. Eisenberg, che presto lascerà  Roma per rientrare in patria.
I due, che hanno un saldo e “intenso” rapporto di conoscenza, e in passato si sono visti molte volte, hanno discusso dello scenario internazionale dopo le elezioni alla Casa Bianca e dei possibili riflessi sulle relazioni tra Roma e Washington.
“I rapporti tra Italia e Stati Uniti d’America e tra la Lega e la democrazia americana sono solidi e lo saranno sempre di più” ha detto poi il leader della Lega. Nessun appuntamento americano in agenda, complice anche la fase di pandemia che il mondo vive, pochi contenuti politici in senso stretto, ma un lungo scambio di opinioni e di analisi tra i due.
La sensazione è stata, però, quella – condita da un pizzico di “mestizia” – di un ciclo che si chiude: quello delle relazioni tra i dei due Paesi improntate al “sovranismo” e al nazionalismo.
Eisenberg, designato da Donald Trump di cui è amico personale, finanziere di lungo corso a Wall Street e tesoriere dei Repubblicani, si è molto speso in passato per riportare Salvini ministro dell’Interno nel solco di un rapporto transatlantico più solido e meno cedevole alle lusinghe della Russia.
Ed è probabile che il politico statunitense, che ha rassegnato come di prammatica le proprie dimissioni ancora prima del risultato elettorale e che descrivono sereno alla prospettiva di rientrare negli Usa per dedicarsi alla famiglia, abbia ricordato al segretario della Lega i “pericoli” di un eccessivo feeling politico con Mosca. E magari gli abbia suggerito un approccio più “prudente”.
Del resto, sebbene la “transition” alla Casa Bianca sia ancora in corso e il successore di Eisenberg non sia ancora stato scelto, il futuro è limpido: “Non importa chi arriverà  a Via Veneto. E’ arrivato Biden” ripetono concordi ambienti americani. Vale a dire che la “svolta” in politica estera c’è già  stata: si va verso uno schema multilaterale, dove il dialogo con la (e nell’) Unione Europea peserà  molto di più.
Un approccio su cui Giorgetti punta non da adesso, spingendo il Capitano a interloquire — se non qualcosa di più — in modo stabile con il Ppe, ad aprire un dialogo proficuo con le cancellerie della “vecchia Europa” (e non soltanto con l’Ungheria e la Polonia) e, da ultimo, a non “incatenarsi” alla poltrona di Trump più di quanto faccia il presidente uscente stesso.
Non a caso, il responsabile Esteri è stato il primo a commentare la sconfitta di Trump: “Per noi non cambia nulla. Siamo assolutamente interessati a dialogare con l’amministrazione Biden. E’ importante farlo, se vogliamo andare al governo”.
La situazione, infatti, è cristallina: Trump ha cercato un asse privilegiato con il populismo della Lega e di FdI, il nuovo corso cercherà  piuttosto “un rapporto con l’Italia”. Comincia una partita nuova, e bisognerà  giocarla con regole diverse.
Si tratterà  di capire se Salvini — che somma questo incontro a quelli recentissimi con i sindacati e Confindustria — sarà  in grado di intercettare questa nuova fase. E di capitalizzarla.
Perchè anche in Italia le cose sono cambiate: l’ex titolare del Viminale è apparso “nervoso”, deluso dagli attriti con Silvio Berlusconi e ancora in cerca di una direzione di marcia vincente da contrapporre a quello che, fino a una settimana fa, appariva un anziano leader, tutto sommato poco interessato alle dinamiche parlamentari, e che adesso ha ritrovato centralità  e interlocuzioni sul palcoscenico nazionale.
Una somma di circostanze che ha reso velatamente malinconico il pranzo odierno tra i due “amici” d’oltreoceano.
Insieme, “Matteo” e “Lew” hanno salutato anche la fine di un’avventura.

(da “Huffingtonpost”)

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LA RIVOLUZIONE E’ FINITA, ANDATE IN PACE

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

AMMINISTRATIVE ROMA, CASAPOUND CAMBIA VOLTO E SI PREPARA A CORRERE CON FRATELLI D’ITALIA, UNA TRISTE FINE

CasaPound potrebbe presentarsi alle elezioni comunali di Roma in programma per il 2021 “in incognito”, sotto la sigla di una nuova e semi-sconosciuta lista civica, Volontà  Romana.
Lo scrive Fanpage.it, che fa notare come da qualche settimana i rappresentati romani di CasaPound partecipano ad eventi organizzati in vista delle amministrative sotto questa nuova sigla.
Da Marco Contisio, referente per Tiburtino III, alla leader di Ostia Carlotta Chiaraluce fino a Simone Montagna, già  candidato presidente per CasaPound in XIII Municipio, diversi esponenti del partito — che alle scorse elezioni non è riuscito a far eleggere molti dei suoi candidati — si presentano così alla stampa locale o ad incontri pubblici.
L’ultimo quello del “Giorno dell’Albero” in cui Contisio ha raccolto firme per la riqualificazione di via del Frantoio.
Intanto sui social degli esponenti locali è sparito ogni riferimento al simbolo di CasaPound. E venerdì scorso il neo nato movimento ha promosso su Facebook l’incontro “Covid 19. Imprese e politica romana al tavolo” a cui hanno preso parte l’ex candidato alla Regione Lazio per CasaPound e tra le figure di riferimento della capitale Mauro Antonini e uno dei volti più esposti anche a livello nazionale del partito, Carlotta Chiaraluce, insieme a rappresentanti di categorie e a due esponenti di Fratelli d’Italia, Gianluca Caramanna (responsabile nazionale per il turismo di Fdi), e Stefano Tozzi (capogruppo di Fdi in I Municipio).
Il tentativo potrebbe essere quello di conservare le candidature forti attraverso questa nuova lista, senza misurarsi con il proprio simbolo ma appoggiando Fratelli d’Italia.

(da agenzie)

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ARRIVANO I POTERI FORTI: IL CORRIERE DELLA SERA IN CAMPO PER UN GOVERNO DI RESPONSABILITA’ NAZIONALE

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

DA VIA SOLFERINO ARRIVA L’APPELLO PER IL SUPERAMENTO DEL CONTE 2: I 209 MILIARDI DEL RECOVERY FUND FANNO GOLA

È una partita a due facce quella che si gioca all’ombra delle insistenti voci di rimpasto. Una partita ben più importante, che si decide sul delicatissimo equilibrio tra tecnici e politica.
Da un lato, le manovre per l’allestimento della grande macchina che sarà  incaricata di gestire i 209 miliardi di euro in arrivo dall’Unione europea nell’ambito del Recovery Fund. Dall’altro lato, le pressioni crescenti sul governo Conte 2 affinchè, nel tentativo di affrontare al meglio una emergenza senza precedenti com’è quella scaturita dalla pandemia di Covid-19, favorisca uno sforzo di responsabilità  nazionale e — è l’appello odierno del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana — «coinvolga largamente le forze politiche e tutte le energie migliori del Paese». Esperti, menti eccelse, tecnici per l’appunto.
L’attrazione del governo per le task force
Le due questioni sono legate a doppio filo, perchè se Giuseppe Conte preme per inglobare la struttura piramidale adibita alla gestione del Recovery Fund sotto l’ombrello di Palazzo Chigi è anche per mettersi al riparo da sviluppi imprevisti sul fronte politico.
Per farsi scudo dai tecnici — lo spettro di Mario Draghi incombe minaccioso e non da oggi — con altri tecnici.
La struttura in questione sarà  coordinata al vertice da un triumvirato formato dallo stesso Conte e dai ministri Roberto Gualtieri (Economia) e Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), tra i più vicini al premier all’interno della compagine governativa.
Sotto di loro, un organo tecnico composto da sei manager, ciascuno espressione degli ambiti strategici indicati dalla Commissione Ue: digitalizzazione, istruzione, transizione ecologica, salute, infrastrutture, inclusione sociale e territoriale.
Questi manager, garantiscono dal governo, saranno «indipendenti». E gestiranno una maxi task force da 300 persone, 50 ciascuno. Esperti della materia che andranno a maneggiare, si assicura, come già  i 12 selezionati per il Comitato tecnico-scientifico, i 39 facenti capo al commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri, i 76 chiamati all’Innovazione dalla ministra Paola Pisano e i 22 scelti per la task-force di Vittorio Colao. In attesa di conoscerne nomi e profili, quel che più fa discutere è il tentativo di Conte di porre questa intera struttura alle dipendenze di Palazzo Chigi. La manovra è controversa, tant’è vero che all’interno della maggioranza di governo c’è chi — il Partito democratico in testa — preme perchè venga costituita una società  ad hoc, partecipata dal Tesoro, per muovere ingranaggi tanto delicati.
I malumori di Pd e Italia Viva
L’inquadramento della cabina di regia non è l’unico motivo di tensione all’interno della maggioranza sul Recovery Fund. Un altro nodo spinoso riguarda l’ipotesi che i sei manager vengano investiti di poteri speciali, che permettano loro di non rimanere impigliati nelle fitte maglie della burocrazia nazionale. «La tecnostruttura avrà  poteri sostituitivi», ha detto Conte. «Se un progetto ritarda o rischia di essere realizzato male, subentrano i tecnici e commissariano l’opera». L’idea non piace a tutti. Italia Viva, messa ai margini del processo decisionale sul Recovery Fund e già  in pressing sul premier per un rimpasto, fa muro: «Evitiamo un commissariamento dei ministri con qualche burocrate a decidere al posto loro», è l’attacco di Ettore Rosato.
Anche dagli ambienti più dialoganti dell’opposizione si registrano i primi mugugni. «Ci sarà  un grande confronto pubblico e coinvolgeremo tutto il Parlamento», assicura Conte, nel tentativo — vano — di calmare le acque. «Conte dice di voler coinvolgere il Parlamento», ribatte la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, «ma intanto sta per nominare un altro maxi comitato di esperti che gli serve come cortina fumogena per accentare su di sè tutte le decisioni». Le promesse di coinvolgimento di alleati scontenti (leggi rimpasto) e opposizione sembrano non bastare più, a chi sta in Parlamento ma non solo.
La presa di posizione del Corriere
Emblematica — e pesante — in questo senso è la presa di posizione del primo quotidiano nazionale, con il direttore Fontana che sul Corriere di oggi mette sul tavolo due carichi da novanta. Chiedendo il superamento del governo Conte 2 e la messa in campo di un esecutivo di responsabilità  nazionale.
Il primo nodo, scrive, «riguarda la solidità  di questo governo: è in grado di affrontare la sfida decisiva di far ripartire il Paese?», si chiede il direttore del Corriere della Sera, rispondendosi poche righe dopo. «Trovino i partiti, e soprattutto la maggioranza, la formula più giusta, senza cadere soltanto nell’opportunismo e nelle esclusioni di principio». «Il tema», dice Fontana, «è ineludibile», ma non risolutivo. C’è una seconda questione «altrettanto rilevante».
Secondo il direttore del Corriere, «andrebbe promosso, da parte del premier, un appello alle energie migliori per coinvolgerle in ruoli di governo e di responsabilità ».
La presa di posizione è di quelle che fanno rumore. E che non passano inosservate nei corridoi di Palazzo Chigi. Anche perchè l’appello del Corriere della Sera e le manovre di Conte sul Recovery Fund, a dispetto delle apparenze, vanno in direzioni opposte.
Se è vero che il premier ha annunciato che l’esecutivo si rivolgerà  ad esperti che rappresentano «il meglio del Paese», il tentativo di porre loro e la struttura di coordinamento alle esclusive dipendenze di Palazzo Chigi è in netto contrasto con la necessità  di «coinvolgerle in ruoli di governo e di responsabilità » evidenziata dal primo quotidiano nazionale. Che su questo dossier sembra intenzionato a non fare sconti al premier, al pari delle sempre più irrequiete forze di maggioranza. E il rischio, per Conte, è che non basti un rimpasto a lavare via ogni polemica.

(da agenzie)

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CONFCOMMERCIO, CONSUMI IN CALO DI APPENA IL 12%, CRESCE IL RISPARMIO: SAREBBERO SEGNALI DI UN POPOLO ALLA FAME?

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

LA PROPENSIONE AI RISPARMI PASSA DAL 9% DEL 2019 AL 18,6%: MA ALLORA I SOLDI CI SONO

Consumi in calo del 12% a dicembre: la quota di coloro che faranno regali, secondo il sondaggio di Confcommecio, scende da quasi l’87% del 2019 a poco più del 74%.
A incidere sul calo della spesa c’è la riduzione delle tredicesime, che quest’anno valgono 41,2 miliardi contro i 43,3 del 2019, prevalentemente a causa del calo dell’occupazione e della cassa integrazione.
Ma c’è comunque la voglia di reagire alla crisi: chi può, spenderà  per i regali una cifra solo un po’ più bassa di quella dello scorso anno, 164 euro a testa conto i quasi 170 del 2019.
Secondo un sondaggio di Izi con Comin & Partners, su come cambieranno le abitudini di spesa in vista delle prossime feste, il 65% degli italiani spenderà  meno per il cenone e i regali. Le spese rimarranno invariate solo per poco più di un quarto degli intervistati.
Si spenderà  di meno, in particolare, per la mancanza di certezze sul futuro (45%) e a causa di una diminuzione delle possibilità  economiche (35%).
Il 33% degli intervistati dichiara che spenderà  meno di 50 euro per il cenone dell’ultimo dell’anno (con un aumento del 10% rispetto allo scorso annodella quota under 50).
E mentre a Natale 2019 la spesa media per il cenone ammontava a 127 euro, quest’anno si ferma 93 euro, con una rilevante riduzione in percentuale (-26%).
“Sarà  un Natale difficile anche dal punto di vista economico. La crisi rallenta i consumi e l’emergenza Covid obbliga ancora molte imprese a restare chiuse come quelle della ristorazione. – dice il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli – Ma c’è tanta voglia di ripartire che va incoraggiata. Bene, come da noi richiesto, che l’ultimo decreto preveda l’esonero degli oneri fiscali per le imprese più penalizzate. Un’attenzione necessaria che chiediamo anche per gli indennizzi che devono essere ancora rafforzati”
Tuttavia questo non significa che tutti gli italiani abbiano una minore possibilità  di spesa. Le forti asimmetrie emerse nel corso della crisi fanno sì che la propensione al risparmio sia più che raddoppiata, passando dall’8,5% del 2019 al 18,6%.
Tutti risparmi, sottolinea Confcommercio, tenuti al riparo, in attesa che la situazione migliori e torni la fiducia, che porterebbe le famiglie a spendere di nuovo.
Nel complesso, nel 2019 il mese di dicembre valeva 110-115 miliardi di euro di spese per consumi (inclusi affitti, utenze, servizi, ecc.), pari a circa 81 miliardi per le sole spese commercializzabili, cioè alimentari, abbigliamento, mobili, elettrodomestici bianchi e bruni, computer, cellulari e comunicazioni, libri, ricreazione, spettacoli e cultura, giocattoli e cura del sè, alberghi, bar e ristoranti.
Nel 2020 questa spesa scende a circa 73 miliardi di euro. Dicembre, sottolinea Confcommercio, resta comunque il mese più importante, anche se cresce novembre grazie al Black Friday (in particolare per abbigliamento, elettrodomestici bianchi e bruni, telecomunicazioni e Ict domestico), che ormai si allunga su più giorni.
Il sondaggio Izi-Comin & Partners rivela come a Natale, nonostante le difficoltà  legate alla pandemia, rimanga forte la voglia di girare per i negozi per l’acquisto dei regali.
Oltre la metà  degli italiani (53%) non rinuncerà , infatti, allo shopping natalizio negli esercizi commerciali, mentre a scegliere il commercio online sarà  il 46% degli italiani.
A causa delle attuali restrizioni sono invece tagliati fuori i tradizionali mercatini di Natale. Anche se sono in calo tutti i principali generi di consumo, l’acquisto di libri e prodotti di arredamento rimarrà  tuttavia tendenzialmente costante in confronto allo scorso Natale, con una diminuzione esigua rispettivamente dell’1,5% e dello 0,5%. Registrano una maggiore riduzione gli articoli di profumeria (-12%) il genere abbigliamento/accessori (-11%) e i dispositivi tecnologici (-10%).

(da agenzie)

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GALLI: “NON POSSIAMO PERMETTERCI LE RIAPERTURE”

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

“LE INTERVISTE? TROPPE, MI IMPEDISCONO DI LAVORARE”

Mancano pochi giorni alla scadenza dell’attuale Dpcm con le norme per contenere la pandemia da Covid-19 in Italia: il 3 dicembre i cittadini si aspettano un nuovo provvedimento, che stabilirà  il perimetro di azione di ognuno di noi nel periodo del Natale. E proprio in vista delle festività , secondo le ultime indiscrezioni, il governo sarebbe ormai orientato a imporre un nuovo divieto di spostamento tra Regioni che si andrebbe a sommare alle restrizioni previste per contenere gli assembramenti.
Le vie dello shopping prese d’assalto ieri in alcune città  italiane passate da zona rossa ad arancione lascia sconcerti e mette in allarme virologi e politici. TPI ne ha parlato con Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano.
Assembramenti, si parla di una nuova stretta per i controlli: è sufficiente?
L’impressione, da ciò che ho visto, è che le cose non vanno bene. Purtroppo sembra che appena si riapre qualcosa, si vanno a riproporre le stesse situazioni già  ben note e questo non ce lo possiamo permettere in questo momento. Non potevamo permettercelo d’estate, quando la situazione era molto meglio dal punto di vista di numero infezioni nel Paese, e non ce lo possiamo permettere adesso, perchè sarebbe la cronaca di una ripresa dei contagi annunciata.
Lei ha parlato di possibile terza ondata.
Non contano i numeri, seconda o terza, con le riaperture ci potrebbe essere la continuazione della seconda ondata che non si riesce a tenere frenata.
C’è da considerare che non è ancora scoppiata l’influenza stagionale.
Ancora non sappiamo se il fatto che per ora l’influenza non sia scoppiata dipende da “santa mascherina” o dal fatto di non avere tutti i sistemi di valutazione nei vari paesi europei, e questo perchè i medici sono occupati da altro.
Ci sono zone in Italia che la preoccupano maggiormente?
Mi preoccupano le situazioni dove c’è più infezione e dove più rapidamente possiamo avere un’inversione di tendenza. In Lombardia abbiamo una concentrazione del problema molto marcata ma la tendenza alla decrescita in Lombardia è migliore di quella di altre regioni italiane, stranamente. Tanto da somigliare a quella che abbiamo visto con il grande lockdown. Purtroppo il discorso è che se si ricomincia a fare di tutto e di più, si riavranno tutti i problemi connessi.
Parliamo dei vaccini, secondo alcuni sondaggi lo scetticismo degli italiani tocca punte del 40%, cosa pensa di queste percentuali, la preoccupano?
Sempre, anche se non vorrei stare ad enfatizzarlo. Perchè è sempre un dato ballerino. Se ho visto bene in Francia è peggio, ma questo non consola.
Cosa dire alle persone che manifestano perplessità ? Non parliamo di negazionisti ma di persone scettiche.
Non ha idea di quante persone hanno anche semplicemente paura dell’ago, o delle cose più banali e che comunque hanno una robusta diffidenza per altri medici di ordine e grado, quindi non sono meravigliato in maniera eccessiva. Certo la cosa, in una circostanza come quella che stiamo vivendo, è preoccupante.
La sovraesposizione mediatica dei virologi è un tema, come la pensa? Questa sovraesposizione la sta danneggiando?
Fisicamente sì, non ne posso più. Mi state disturbando le attività  di lavoro praticamente ogni giorno, tra poco ripeterò quello che ho già  dichiarato, saluto e torno alle mie attività . Lei sarà  la ventesima che mi chiama e non parliamo del numero di televisioni che sto rimbalzando.

(da TPI)

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MODERNA E PFIZER, TUTTI I DUBBI E I MISTERI SUI DUE VACCINI AMERICANI ANTI-COVID

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

I DUE ANTIDOTI UTILIZZANO SEQUENZE DI MATERIALE GENETICO PRODOTTE IN LABORATORIO, MA IN CHE MODO?

Premessa: in questo articolo parliamo di vaccini anti Covid e delle perplessità  esposte da scienziati e giornali tra i più autorevoli sugli antidoti di Moderna e Pfizer.
Ricordando – come scrive il Corriere della Sera “che nel caso in cui non fossero garantite efficacia e sicurezza, nessuna agenzia del farmaco (dalla FDA all’AIFA) autorizzerà  la loro somministrazione”.
Partiamo proprio dal Corriere della Sera che con un articolo interessantissimo, a firma di Sandro Modeo, qualche giorno fa ci ha raccontato la storia delle due aziende americane “con sedi a pochi chilometri l’una dall’altra”, ha tracciato l’identikit degli scienziati che ci lavorano (soprattutto scienziate) e, quel che è più importante, è entrato nel dettaglio della tecnologia utilizzata, la medesima sia per Moderna che per Pfizer, mai usata nella storia. Ponendo una domanda fondamentale: “quali dubbi restano, dopo gli annunci?”.
Procediamo per gradi.
Che cosa sono i vaccini mRNA
Quando Moderna è entrata al termine della sperimentazione di fase I, The Independent ha descritto il vaccino in questo modo: “Utilizza una sequenza di materiale genetico di RNA (l’mRNA) prodotto in un laboratorio che, quando iniettato nelll’organismo umano deve invadere le cellule”.
Questa ‘invasione’ è fondamentale per attivare il meccanismo di produzione delle proteine ​​delle cellule chiamato ribosomi che successivamente addestreranno il sistema immunitario a combattere il virus . In questo caso, l’ mRNA-1273 di Moderna è programmato per far produrre alle cellule la famigerata proteina spike del coronavirus”, ha scritto The Independent.
Sull’onda dell’inchiesta di The Independent – su cui ritorneremo – è intervenuto anche il Jerusalem Post (ricordiamo che Israele ha prenotato milioni di dosi del vaccino di Moderna) interpellando Tal Brosh, capo dell’unità  per le malattie infettive dell’ospedale Samson Assuta Ashdod. Brosh ha spiegato che il procedimento utilizzato da Moderna “non cambia il codice genetico delle persone”. Piuttosto lo ha definito “simile a un dispositivo USB (l’mRNA) che viene inserito in un computer (il tuo corpo). Non influisce sul disco rigido del computer ma esegue un determinato programma”.
Lo studioso israeliano ha però riconosciuto che ci sono rischi unici e sconosciuti per i vaccini a RNA messaggero, comprese le risposte infiammatorie locali e sistemiche che potrebbero portare a condizioni autoimmuni.
L’articolo si conclude: “Per ricevere l’approvazione della Food and Drug Administration, le due aziende dovranno dimostrare che non ci sono effetti negativi sulla salute immediati o a breve termine derivanti dall’assunzione di questi antidoti. Ma quando il mondo inizierà  a inocularsi questi vaccini completamente nuovi e rivoluzionari, non saprà  praticamente nulla dei loro effetti a lungo termine”.
Quanti volontari ha coinvolto Moderna nel suo studio?
Dopo gli annunci di Moderna e Pzizer i titoli delle due società  sono volati in Borsa e parliamo di un giro stratosferico di soldi.
Ma torniamo all’inchiesta dell’Independent. Che scrive: “Gli studi clinici di Fase I testano semplicemente la sicurezza di un farmaco o di un vaccino in un piccolo numero di volontari sani, mentre gli studi di Fase II sono responsabili della verifica della sua efficacia in un numero maggiore di soggetti. Una risposta così esaltata per uno studio di Fase I è rara e quasi inaudita, anche nella straordinaria cornice del Covid-19. Sia chiaro che il 77% dei vaccini per le malattie infettive supera la Fase I, ma solo il 33% riesce a superare l’intero processo”
C’è da dire, inoltre, che la ricerca di Moderna, rilanciata sui media come “la più grande scoperta del secolo”, non è stato sottoposta a “revisione dei pari”, ovvero da un team di scienziati extra azienda che valutano la bontà  di uno studio.
“Secondo il documento di Moderna – scrive The Independent- dei 45 pazienti che hanno ricevuto il vaccino, i “dati sugli anticorpi neutralizzanti sono disponibili solo per i primi quattro partecipanti durante ciascuna delle somministrazioni per dosi da 25 microgrammi e 100 microgrammi. Ciò significa che l’azienda era in possesso solo dei dati su otto pazienti. Non basta per fare alcun tipo di analisi statistica e mette in discussione anche lo stato degli altri 37 pazienti che hanno ricevuto il vaccino”.
Quali sono le differenze tra i vaccini classici che conosciamo e quelli a RNA?
Gli antidoti per l’influenza stagionale, ad esempio, utilizzano un virus inattivato che viene distrutto dal calore o da sostanze chimiche come la formaldeide in modo che possa suscitare una risposta immunitaria senza infettare chi lo riceve. Altri, come quelli del morbillo, parotite e rosolia, usano un virus vivo attenuato, reso insomma debole ma comunque in grado di addestrare il sistema immunitario a combatterlo. Il vaccino RNA messaggero di Moderna è invece completamente nuovo. Perchè utilizza una sequenza di materiale genetico prodotto in un laboratorio. Nè conosciamo le reazioni che potrebbe innescare:dalle infiammazioni a condizioni autoimmuni.
Il vaccino di Oxford.
Diverso invece il funzionamento del vaccino di Oxford (in collaborazione con AstraZeneca e l’Irbm di Pomezia). Il ChAdOx1 nCoV-19, questo il suo nome scientifico, riprogramma geneticamente l’adenovirus – un virus a DNA che provoca un lieve raffreddore negli esseri umani e suscita una forte risposta immunitaria.
Quindi l’adenovirus, che può essere modificato per non replicarsi nè diventare infettivo, viene iniettato come un vaccino che consente al nostro corpo di generare anticorpi protettivi e memoria immunologica per combattere il coronavirus.
Questo antidoto, che è bene ricordare nasce in seno al Servizio sanitario inglese pubblico, è arrivato alle battute finali della fase 3, ma dovrà  essere sottoposto a un ulteriore studio richiesto della Food and Drug Administration (Fda) americana relativamente al dosaggio ottimale.
Come è chiaro, dietro i vaccini anti-Covid, si sta giocando una battaglia economica iperbolica e una sfida tra potenze internazionali. Ma, avverte, The Independent: “l’aura che circonda il vaccino di Moderna ci impone di fare non uno ma due atti di fede: che funzioni per un virus mai visto prima e in un modo mai visto”.
Due aziende americane in un sistema sanitario privato
Un vaccino, anzi due – quello di Pfizer funziona nello stesso modo di Moderna, prodotti negli Stati Uniti, dunque in un sistema sanitario privato.
Un Paese dove le aziende farmaceutiche hanno una lunga storia di profitti realizzati sulle vite umane. Il prezzo e l’accesso ai farmaci – come l’insulina, per esempio – sono stati limitati a coloro che possono permetterselo.
Eli Lilly, altra azienda in corsa per il vaccino anti Covid, ha fatto salire alle stelle il prezzo dell’insulina utilizzando un processo chiamato “evergreening”, che in sostanza modifica solo il loro brevetto ma ha trasformato un salvavita come l’insulina in un farmaco solo per i più abbienti.
Così The Independent conclude: “Potrebbe accadere la stessa cosa con il nuovo e rivoluzionario vaccino a RNA messaggero di Moderna per il coronavirus? Se le aziende farmaceutiche americane diventassero le guardie del mondo del vaccino, consentiranno a tutti di averlo a basso costo o daranno la priorità  solo ai ricchi e ai potenti?”.
Domande, troppe, ancora senza risposta.

(da agenzie)

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FRANCIA, IL GOVERNO RISCRIVE L’ARTICOLO DELLA LEGGE SULLA SICUREZZA

Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile

DOPO LE PROTESTE DI PIAZZA CONTRO UNA LEGGE LIBERTICIDA NEI CONFRONTI DELLA INFORMAZIONE, ARRIVA IL RIPENSAMENTO

Il contestatissimo articolo 24 della nuova legge sulla sicurezza francese sarà  sospeso e completamente riscritto dalla maggioranza parlamentare. Lo ha dichiarato l’ex ministro dell’Interno Christophe Castaner, capogruppo all’Assemblea Nazionale di En Marche, il partito del presidente Emmanuel Macron.
La misura nota come “Articolo 24”, parte di una legge sulla “sicurezza globale”, avrebbe posto drastici limiti alla possibilità  della stampa di diffondere immagini degli agenti delle forze dell’ordine in servizio. Le proteste contro la riforma avevano portato in piazza sabato scorso decine di migliaia di francesi.
Le manifestazioni si erano risolte in scontri con la polizia con decine di arresti e feriti, in un clima di tensione aggravato dal pestaggio di un produttore musicale di origini africane per mano di quattro poliziotti.
“Non si tratta nè di un ritiro nè di una sospensione, ma di una riscrittura totale del testo” ha martellato Castaner, parlando di “una proposta che faremo al governo”.
Questa nuova bozza “sarà  realizzata come parte di uno sforzo collettivo dai tre gruppi della maggioranza” (LREM, Agir e MoDem), ha aggiunto.
Da lunedì sera “incontreremo il Presidente del Consiglio e i membri del governo interessati per un primo scambio”, ha detto. “Possiamo quindi in questo quadro e nell’ambito delle nostre rispettive prerogative costituzionali, discutere la legge e il calendario”.
Emmanuel Macron aveva già  riunito a mezzogiorno il primo ministro Jean Castex, i ministri ei capi dei gruppi parlamentari della maggioranza all’Eliseo su questioni di sovranità , polizia e sicurezza.
Per Castaner “l’obiettivo è semplice: rafforzare la sicurezza delle forze dell’ordine” ma anche “garantire il diritto fondamentale alla libera informazione”. “L’equilibrio che abbiamo cercato su questo articolo 24 non è stato percepito in modo unanime, e ne prendiamo atto”, ha aggiunto Castaner.
“Quando un tale malinteso continua a intensificarsi su un argomento così fondamentale, abbiamo il dovere di interrogarci collettivamente”, ha spiegato Castaner durante una conferenza stampa all’Assemblèe Nationale.

(da agenzie)

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