Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile CHI HA VISSUTO GLI ANNI DI PIOMBO SA DISTINGUERE TRA VITTIME DEL TERRORISMO E SPECULATORI POSTUMI, DI QUALSIASI COLORE SIANO… SERGIO NON E’ UN EROE, ERA SOLO UN RAGAZZO DI DESTRA INCENSURATO CHE E’ STATO UCCISO PER LE SUE IDEE DA CRIMINALI COMUNISTI ARMATI DA CATTIVI MAESTRI
Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano ha scritto un articolo dal titolo: “Come si può inserire a scuola uno “spazio” per il fascio Ramelli?”
Tutto nasce dalla balzana proposta di Fdi che in Regione Lombardia chiede “iniziative nelle scuole lombarde per la ricorrenza della morte di Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi”. La riteniamo balzana e strumentale perchè gli appartenenti a una “comunità politica”, vittime della violenza, vanno ricordati all’interno delle istituzioni (come ha fatto il sindaco Sala rendendo omaggio sul luogo della criminale aggressione) e della propria “appartenenza ideale”, non facendone oggetto di propaganda scolastica di parte.
A Genova il luogo dell’uccisione dell’operaio missino Ugo Venturini è stato onorato dopo tanti anni dedicandogli una via. Anche lui vittima, durante un comizio, di un lancio di bottiglie piene di sabbia che gli fracassarono “democraticamente” il cranio. A venti metri da lui c’era un ragazzino di 16 anni scarsi, ero io. Inutile dire che è restato un crimine impunito.
Secondo la logica di Barbacetto da una parte ci sarebbero stati i “fasci” dall’altra i “sinceri democratici”. Per la cronaca fu provata l’implicazione del primo nucleo di quello che sarebbe diventato il “terrorismo rosso”, fino all’evoluzione nelle Br (alle superiori mentre io difendevo le posizioni del Msi avevo come contraltare tre esponenti di Lotta Continua, due dei quali finirono poi nelle Brigate Rosse genovesi)
Torniamo a Barbacetto che sostiene la seguente originale tesi: dato che alle recenti commemorazioni per la morte di Ramelli molti hanno fatto il saluto romano allora Ramelli era un fascio che non va ricordato.
A parte che Sergio era semplicemente un ragazzo di destra e non certo un estremista nostalgico, vorrei chiedere a Barbacetto: se andasse alla commemorazione di un giovane di sinistra ucciso in quegli anni e vedesse centinaia di pugni chiusi si scandalizzerebbe?
Io no, penso che ognuno sia libero di fare il saluto che gli pare, perchè non credo che nessuno, da una parte o dall’altra, dimentichi i milioni di morti che hanno generato le dittature rosse o nere che fossero.
Pensi, Barbacetto, che sono così tollerante che non mi adombrerei neppure di fronte a centinaia di persone che si battessero il petto per ricordare uno di quei capitalisti che, sfruttando il lavoro di donne e bambini nell’800, hanno ucciso milioni di lavoratori nelle fabbriche privandoli dei più elementari diritti.
Certo, ci sono personaggi da avanspettacolo, a destra come a sinistra e al centro, che pensano di ridurre tutto a un gesto esteriore, ma Sergio Ramelli non c’entra una mazza.
“Ramelli non è un eroe” conclude Barbacetto “perchè eroi si diventa per quello che si compie da vivi”.
Giusto, ma nessuno ha mai detto che è stato un eroe, semmai un martire di una parte politica. E se lo ammazzi a 19 anni per poi dire che doveva dimostrare durante la vita di esserlo, non pensi Barbacetto di averlo privato della controprova?
Sergio è stato ucciso – dice Barbacetto – da militanti di Avanguardia Operaia che volevano “dargli una lezione a colpi di spranga e invece lo ammazzano”. Un eccesso di zelo, insomma.
Se invece di Sergio al suo posto ci fosse stato un altro, magari armato, finiva diversamente e oggi sarebbero altri a portare corone e fare il pugno chiuso alla memoria. O semplicemente sarebbero scappati a gambe levate.
Nessuno si augura di ritornare a quel clima, chi l’ha vissuto sa cosa vuol dire e lo sconsiglio a chiunque, l’odio genera solo altro odio.
E chi ha un ruolo nella informazione deve dare l’esempio.
Tutte le vittime degli anni di piombo vanno rispettati, perchè hanno combattuto per dei valori, anche quando non si condividono.
Meno saluti romani e più impegno sociale, meno diffamazioni sui morti e più informazione libera e plurale.
Chiediti, Barbacetto, se non era magari quello che avrebbero voluto sia Sergio che tanti giovani di destra e di sinistra.
Ti auguro di trovare il desiderio di deporre un fiore sulla loro tomba.
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile PD E M5S STANNO RECUPERANDO
Sembra quasi sovrapponibile il travaso di voti dalla Lega a Fratelli d’Italia rilevato dall’istituto di sondaggi Ixè da marzo a oggi.
Oltre due mesi durante i quali sono entrate a pieno regime le attività del governo Draghi. Di cui Matteo Salvini fa parte, mentre Giorgia Meloni no.
Il Carroccio è passato infatti dal 23,6% al 21,6% dei consensi, perdendo due punti esatti. Fdi, invece, ha guadagnato il 2,3%, crescendo dal 15,8 di marzo al 18,1 registrato il 7 maggio.
Nel campo dei giallorossi, invece, recuperano terreno sia il Pd che il Movimento 5 stelle. Se si votasse oggi i dem otterrebbero il 19,8 (+0,8), mentre i pentastellati il 17. Una percentuale molto più bassa dei fasti delle politiche 2018, ma comunque in netta risalita rispetto al 15-16% dei mesi scorsi. Di fatto si è tornati alla soglia del 17,1 ottenuta alle Europee 2019.
Tra i partiti più piccoli Ixè rileva un calo di Forza Italia, che passa dal 9% al 7,8 in due mesi, mentre Azione e i Verdi perdono entrambi uno 0,2% e si attestano rispettivamente al 3% e all’1,2.
Giù anche +Europa, adesso all’1,4%. Praticamente invariate le preferenze per Italia Viva mentre i partiti che fanno parte di Liberi e uguali (Sinistra italiana e Articolo1-Mpd) guadagnano insieme uno 0,9% di voti.
I loro consensi, sommati, permetterebbero alla sinistra di arrivare al 5,3%, ben al di sopra della soglia di sbarramento prevista dall’attuale legge elettorale. Se si votasse oggi, però, stando al sondaggio il blocco più numeroso sarebbe quello degli indecisi/astenuti: se a marzo erano al 38%, ora si attestano al 41,3%. Un dato così alto non si vedeva da almeno un anno.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile DI MAIO CONFERMA LA CANDIDATURA DELLA RAGGI, MA CONTE NON GRADISCE
L’indizio lo fornisce Francesco Boccia, il responsabile Enti locali del Pd che sta
seguendo la trattativa sulle elezioni regionali e amministrative: “La legge va rispettata, non chiede a un sindaco quando si candida a presidente di Regione di dimettersi, così come non lo chiede ad un presidente di Regione. Ci si dimette solo quando si ha un altro incarico”.
È un assist a Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, che non ha ancora sciolto la riserva sulla sua possibile candidatura a sindaco di Roma – tanto è vero che lo stesso Roberto Gualtieri, anche lui in lizza, frena e non si espone. Certo è che se si candida l’ex segretario, è difficile che qualcuno possa entrare in competizione con lui. Se così fosse non sarebbero necessarie le sue dimissioni, perché appunto come ha spiegato Boccia non sono previste da alcune legge. Potrebbe casomai lasciare La Pisana a settembre per andare poi alle elezioni a ottobre.
Intanto formalmente i dem lavorano alle regole e alla data delle primarie, che potrebbero essere il 20 giugno o al massimo il 27.
Tutto questo percorso che porterebbe Zingaretti alla candidatura però è pieno di ostacoli e varianti. Primo fra tutti il Movimento 5 Stelle.
Come si è detto da alcuni giorni è partito l’ultimo assalto tra i partiti del centrosinistra per cercare di convincere il governatore del Lazio ad accettare di correre per Palazzo Senatorio, ma l’ex segretario Pd, spiegano fonti qualificate, potrebbe ragionare sulla questione solo qualora ci fosse la garanzia che il suo coinvolgimento in Campidoglio non porterebbe all’uscita del M5s dalla giunta regionale, decretando di fatto la fine della maggioranza nel parlamentino del Lazio.
Al momento, infatti, con le tensioni interne al Movimento 5 Stelle e la transizione alla leadership di Giuseppe Conte non ancora compiuta, nessuno tra i 5 Stelle appare in grado di fornire questa garanzia.
Anche di questo hanno parlato Luigi Di Maio e il segretario Enrico Letta. L’ex capo politico grillino oggi ha confermato il sostegno a Virginia Raggi, che vuole ricandidarsi e non intende fare alcun passo indietro né tanto meno partecipare alle primarie del centrosinistra.
“Non ho chiesto 24 ore a Letta per riflettere” sull’alleanza per le amministrative, spero si possano fare accordi con il Pd in altre città” ma a Roma “noi sosterremo Virginia Raggi”, dice il ministro degli Esteri a ‘L’aria che tira’.
Il ragionamento fatto nelle ultime ore porta a pensare che l’attuale primo cittadino della Capitale, qualora venisse scaricata dai vertici, si candiderebbe comunque portandosi con sé tutta la base romana: “Gli attivisti, e a Roma ancora sono tanti, ci si rivoltano contro in un attimo”.
Basti pensare che Davide Casaleggio ha già fatto un endorsement a favore della Raggi e lo stesso Alessandro Di Battista non volterebbe mai le spalle a Virginia.
In tutto questo Giuseppe Conte stenta ad avere un ruolo. Il mega evento in programma la prossima settimana, per ufficializzare la sua discesa in campo come capo politico e lanciare la votazione definitiva, è slittato a causa delle beghe legali.
A differenza di Di Maio non vorrebbe chiudere del tutto le porte al Pd a una candidatura comune a Roma. Avrebbe chiesto due settimane di tempo a Enrico Letta per studiare meglio le mosse da compiere ma è stato scavalcato dagli eventi e soprattutto dall’ex capo politico che oggi ha messo il timbro sulla Raggi.
Quindi la speranza per il centrosinistra è, come dice Boccia, “che il candidato del centrosinistra andrà al ballottaggio e mi auguro che gli elettori del Movimento 5 Stelle al secondo turno possano sostenerlo”.
Legate alla Capitale ci sono tutte le altre grandi città in cui si vota, esclusa Milano dove già il centrosinistra andrà da solo.
Conte parteciperà a un incontro con gli attivisti di Torino per decidere cosa fare. Città che, dal momento che Chiara Appendino non si ricandiderà, potrebbe essere lasciata al Pd per accaparrarsi invece Napoli. Ma la domanda che molti si pongono: “Senza un’alleanza a Roma, che alleanza è?”.
(da Huffingtonpost)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile AVEVA DETTO CHE LA FAMIGLIA NON ESISTE SENZA FIGLI
Cronaca di una tempesta perfetta, quella scatenata da Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia e capo politico del partito di Silvio Berlusconi, che, in occasione della conferenza stampa dedicata al tema “Mamma è bello”, ha affermato: “La famiglia è per noi il nucleo fondamentale della società e va difesa, ma senza figli non esiste”.
Per poi aggiungere: “Le nostre politiche sono sempre state a sostegno della maternità. Noi continuiamo ad andare in quella direzione”.
Una frase (anzi due) infelice, scomposta, retrograda, che sembra arrivare direttamente dal secolo scorso, e con cui Tajani cancella con un colpo di spugna non solo trent’anni di diritti delle persone omosessuali ma anche decenni di battaglie per la difesa di ogni genere di famiglia, non solo e non certo esclusivamente quelle fondate su un rapporto eterosessuale e sulla genitorialità biologica.
Oltre alla prevedibile reazione indignata della comunità Lgbtq, una delle critiche più forti è arrivata da chi difende le famiglie nate da percorsi di adozioni, spesso anche molto lunghi, complessi e dolorosi.
Ma le critiche che fanno più male a Tajani sono quelle che arrivano direttamente dal suo partito, che negli ultimi anni qualche passo in avanti sulla strada dei diritti civili – seppur timidamente – lo aveva mosso rispetto ai propri alleati.
Luigi Vitali, senatore di Forza Italia e membro autorevole del partito, va all’attacco: “Non mi sembra che sia stata smentita dall’interessato questa dichiarazione. È evidente che Tajani esprime un parere personale che, per quanto mi riguarda non condivido ed è fuori dai principi liberali di Forza Italia. Credo che debba chiarire o scusarsi per l’improvvida affermazione”.
La stessa Francesca Pascale, ex compagna di Silvio Berlusconi, su Instagram, ha affermato che quanto dichiarato da Tajani è uno dei motivi «perché non voto più Forza Italia».
Durissimo anche il parere di Vladimir Luxuria, che all’Adnkronos commenta così: ”Purtroppo la mamma dei retrogradi è sempre incinta. Se Tajani avesse detto queste cose al Parlamento europeo chissà quanti fischi avrebbe preso’. Mi sembra che Tajani abbia una visione leggermente color seppia della realtà italiana, per usare un eufemismo -prosegue- la donna angelo del focolare ecc. Oltre tutto le donne che non possono avere figli sono le stesse contro cui si fa di tutto per rendergli più difficile, si pensi all’inseminazione eterologa, la possibilità di poter diventare mamme”.
Tajani: “Io mal intepretato”
Di fronte a una tale ondata di critiche, poco fa è arrivata la controreplica dello stesso Tajani, che si difende con un classico sempreverde: “Sono stato mal interpretato”,
“Mi spiace che alcuni abbiano interpretato in maniera errata una mia frase sulla famiglia, estrapolata da un intervento dedicato alla crisi demografica in Italia”.
Lo precisa in un lungo post su Fb Antonio Tajani. “Per fare fronte a questo fenomeno -spiega il coordinatore nazionale di Fi- le famiglie, ed in modo particolare le donne, devono essere messe in condizione di non considerare la maternità come una opportunità che leda il diritto al lavoro. E tocca allo Stato aiutare in modi diversi le donne (penso agli asili nido inseriti nel Recovery plan)”.
Un “adeguato sostegno”, sottolinea il numero due di Fi, “permetterebbe a molte famiglie di realizzare il desiderio di avere figli. In assenza di questo sostegno, si limiterebbe il ruolo della famiglia impedendone la possibilità di guardare al futuro ed ai coniugi di lasciare un segno forte del loro amore. In questo senso andavano lette le mie parole. Da sempre mi batto a difesa della famiglia e del ruolo della donna nella nostra società. Come da sempre sono un sostenitore delle adozioni (anche a distanza) che rappresentano un atto di amore. Lungi da me -assicura Tajani- voler offendere chi non può avere figli. Ho cercato soltanto di esprimere un’opinione – legittima e che va rispettata come tutte le altre – sulla questione del calo demografico. Senza voler offendere e discriminare chicchessia”.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile “ERANO IN ACQUE INTERNAZIONALI, PER NOI NESSUNA TUTELA”
Quattro ore di terrore, di angoscia, di fiato sospeso. “Per quattro ore ho avuto
paura che avessero ammazzato mio padre”.
Alessandro Giacalone parla a bordo di un peschereccio ormeggiato al porto di Mazara del Vallo. E’ qui che la sua famiglia lavora da tre generazioni. Alessandro fa l’armatore come suo nonno e come suo padre Giuseppe che ieri era al timone dell’Aliseo l’imbarcazione colpita dalle raffiche di mitra della guardia costiera libica.
“In acque internazionali, scrivilo questo: erano in acque internazionali”, puntualizza Alessandro. “Mio fratello Giacomo – ricorda – è uno dei pescatori sequestrati lo scorso anno e rimasti prigionieri dei libici per 108 giorni. Non capisco cosa faccia il nostro governo per tutelarci, per difenderci. Siamo cittadini italiani anche noi”. Giacalone, come gli altri pescatori mazaresi contesta “l’incapacità del governo” di farsi rispettare dai libici.
“L’Italia sta aiutando la Libia in tutti i modi possibili. E cosa riceve in cambio? Raffiche di mitra contro i pescatori mazaresi che lavorano in acque internazionali. Vogliamo essere protetti, garantiti. Non vogliamo più rischiare la vita per questo lavoro. Serve una reazione vera. Basta giornate di terrore”.
Alessandro Giacalone ha saputo che l’Aliseo era sotto attacco da un altro peschereccio in navigazione. “Ho subito chiamato con il telefono satellitare mio padre ma non rispondeva. E come avrebbe potuto? L’imbarcazione stava subendo un attacco. Ero disperato. Ho chiamato la capitaneria di porto, il ministero degli Esteri. Ma sono passate quattro interminabili ore prima che mio padre rispondesse al telefono. Mi ha raccontato che sono stati inseguiti per due ore, che dalla motovedetta sparavamo ad altezza d’uomo e che è rimasto ferito di striscio, per fortuna, ma un proiettile avrebbe potuto bucargli la testa”.
Domani l’Aliseo rientrerà a Mazara del Vallo, probabilmente dopo l’alba. “E allora sulla barca vedrete con i vostri occhi i segni dell’assalto libico”, conclude Giacalone.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile “E’ UN DOVERE DI TUTTE LE FORZE POLITICHE RISPETTARE I DIRITTI DELLE OPPOSIZIONI”
Il Partito Democratico prova a fare da arbitro nella partita tutta interna al cantrodestra sulla guida della Commissione parlamentare sui Servizi.
“Il Partito Democratico è politicamente distante anni luce da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, ma ci sono degli equilibri democratici che vanno sempre rispettati e tutelati, tra questi rientra la presidenza delle commissioni parlamentari che spetta alle opposizioni, a partire dal Copasir”, così Francesco Boccia, deputato Pd e responsabile Enti locali della Segreteria nazionale.
“È un dovere di tutte le forze politiche rispettare i diritti delle opposizioni. Anche sui componenti del Cda Rai Fdi ha diritto a mantenere una propria rappresentanza. Per il Pd tutelare le regole su cui poggia la nostra democrazia e i rapporti tra maggioranza e opposizione è un punto fermo. La presidenza del Copasir spetta a Fratelli d’Italia, la Lega sia conseguente”.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile “SONO QUATTRO LE CONDIZIONI CHE IMPLICANO MOVIMENTO E CONTATTI: UNA VA SACRIFICATA”
Massimo Galli, direttore Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, in
collegamento con la trasmissione ‘Agorà’ su Rai3 ha parlato della situazione relativa al Covid e della presa di posizione sull’orario di chiusura delle attività: “Ho la nausea dei discorsi sul coprifuoco”.
“Io dico solo una cosa, nell’arco della giornata esistono quattro condizioni che implicano movimento e rimescolarsi della popolazione tutta: l’andare a lavoro o a scuola, lo stare a lavoro o a scuola con i contatti che si hanno, il tornare a casa, l’uscire la sera e avere relazioni e vedere gente”, ha spiegato Galli.
“In tutte queste situazioni si hanno contatti e ci si mischia con gente diversa, con livelli diversi di precauzioni e secondo i comportamenti individuali. E’ evidente che se devi mantenere per forza le prime tre cose, che sono quelle che tengono in movimento il paese, finisci per doverne sacrificare o ridimensionare una, che comporta un rimescolamento di popolazione completamente diverso dalle altre tre”, ha rimarcato l’infettivologo.
“Se si capisce questa cosa – ha proseguito-, si capisce perché si parla di limitazioni serali, in altre parole disincentivo a muoversi la sera, altrimenti andremo avanti a discutere all’infinito. Io francamente non sono né entusiasta né motivato a farlo, non dovrebbe essere difficile da capire ma se ci si vuole fare continuamente una polemica di tipo politico….”.
Le regioni spingono affinché il coprifuoco alle 22 sia rivisto, portandolo almeno alle 23. “Mi rendo conto che ci sono le esigenze di coloro che la sera hanno la loro attività economica principale e non riescono a sopravvivere -ha riconosciuto Galli – ma è un’altra questione in chiave strettamente epidemiologica: queste sono le quattro realtà”.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile “IL TITOLO GIUSTO SAREBBE STATO COSI'”
Un’apertura di trasmissione un po’ diversa dal solito. Perché Corrado Formigli ci tiene a mettere i puntini sulle “i” su quanto successo con l’onorevole della Lega Claudio Borghi e le ricerche che aveva sventolato in studio sulle quali – a detta sua – c’era scritto in buona sostanza che i lockdown non servissero.
Considerazione che l’ha gettato nella bufera fin dall’inizio, fin da quando il microbiologo Andrea Crisanti che era lì in studio (e che, ovviamente, si è preso gioco del leghista), ha sbugiardato.
Ma comunque, Corrado Formigli parte da qui, e manda poi in onda tutta l’intervista che era stata trasmessa durante la puntata successiva al medico John Ioannidis della Stanford Universtiy, il professore che Claudio Borghi aveva citato sostenendo questa sua (folle) tesi.
Per intenderci e farla breve: il professore smentisce tutto, e rilancia. Dice che chi non sa leggere i testi scientifici non dovrebbe citarli, che non si può estrapolare qualche punto qui e là e trarne conclusioni politiche.
Dopo aver ripercorso la faccenda, è arrivato al cuore di quanto volesse dire. E cioè: che il titolo del quotidiano edito e diretto da Maurizio Belpietro, La Verità, forse un titolo sbagliato. Perché la Verità?
Perché la Verità aveva deciso di dedicare un pezzo proprio alla trasmissione, attaccandola. Aveva titolato infatti: “Il super scienziato sbugiarda Crisanti e accusa Formigli”.
E allora dice il conduttore di Piazza Pulita: “E allora, lo dico scherzosamente al direttore Belpietro e a quel giornale, se accetta lo scherzo, noi abbiamo rifatto il titolo della Verità, alla luce di quello che abbiamo sentito”.
Ed ecco il titolo rifatto: “Il super scienzito sbugiarda Borghi a Piazzapulita: Mai detto che i lockdown non servono”. E conclude Corrado Formigli: “Questo è un gioco, ma ognuno cerchi di mantenere la complessità su temi così difficili da affrontare”. E ancora: “Non si può fare propaganda tirando la scienza per la giacchetta”.
(da “NexQuotidiano”)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile ILARIA: “IL MIO PENSIERO VA AI MIEI GENITORI”
Hanno massacrato Stefano Cucchi. Lo hanno fatto nel 2009, dentro una caserma
dei carabinieri, sulla Casilina. E adesso, dopo 12 anni da quei fatti, arriva la sentenza d’Appello del processo bis. I carabinieri accusati del pestaggio, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, sono stati condannati a scontare 13 anni di reclusione perché colpevoli di omicidio preterintenzionale.
Mentre il collega Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, dovrà scontare 4 anni di carcere per falso. Confermata invece la condanna, esclusivamente per il reato di falso, del carabiniere Francesco Tedesco (2 anni e 6 mesi), divenuto un importante testimone per puntellare le accuse contro i colleghi.
Nel novembre 2019, per la morte del trentunenne romano i giudici di primo grado avevano condannato a 12 anni di reclusione i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, mentre era stato assolto Francesco Tedesco dall’accusa di omicidio preterintenzionale, venendo condannato a due anni e sei mesi di reclusione solo per il reato di falso. Mandolini invece era stato condannato a scontare 3 anni e 8 mesi di carcere.
Secondo le accuse Mandolini avrebbe falsificato il verbale d’arresto che fra le altre cose attestava un fotosegnalamento mai avvenuto.
Il sostituto procuratore Giovanni Musaró ha sempre ritenuto che quel verbale falsificato fu il primo atto del depistaggio, necessario per coprire il successivo pestaggio di cui fu vittima Cucchi.
“Stefano Cucchi fu portato in carcere perché il maresciallo Mandolini scrisse nel verbale di arresto che era un senza fissa dimora. Ma lui era residente dai genitori, senza quella dicitura forse sarebbe finito ai domiciliari e oggi non saremmo qui. Questo giochetto gli è costato la vita. Il verbale di arresto è il primo atto di depistaggio di questa vicenda, perché i nomi di Tedesco, Di Bernardo e D’Alessandro non sono nel documento”, aveva detto il pm nella sua requisitoria.
Secondo i magistrati Cucchi era già stato picchiato dai carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro.
“In questa storia abbiamo perso tutti – aveva detto Cavallone nella sua requisitoria – Nessuno ha fatto una bella figura. Stefano Cucchi quel giorno doveva andare in ospedale e non in carcere. Credo che nel nostro lavoro serva più attenzione alle persone piuttosto che alle carte che abbiamo davanti. Dietro le carte c’è la vita delle persone. Quanta violenza siamo disposti a nascondere ai nostri occhi da parte dello Stato senza farci problemi di coscienza? Quanto è giustificabile l’uso della forza in certe condizioni? Noi dobbiamo essere diversi – aveva proseguito Cavallone – noi siamo addestrati a resistere alle provocazioni, alle situazioni di rischio”. Il pg, ricordando tra gli altri il caso della morte di Federico Aldrovandi, ha aggiunto che “le vittime di queste violenze sono i marginalizzate. In questa storia abbiamo perso tutti, Stefano, la sua famiglia, lo Stato”.
“Il nostro pensiero va ai magistrati Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino e Giovanni Musaró. La giustizia funziona quando ci sono magistrati seri, onesti e capaci”, dice l’avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo.
“Il mio pensiero va ai miei genitori per il caro prezzo che hanno pagato in questi anni”, fa eco Ilaria Cucchi. Che aggiunge: “Questa sentenza riformata è un momento storico e per me di estrema emozione. Non avrei mai creduto di attivare fin qui”.
“Devo ringraziare tante persone, a partire dall’avvocato Fabio Anselmo e la Procura di Roma nelle persone dell’ex procuratore Giuseppe Pignatone, dell’attuale procuratore Michele Prestipino e del sostituto Giovanni Musarò. Senza di loro non saremmo qui. Il mio pensiero va a Stefano, a tutti questi anni, a quanto ci sono costati, e ai miei genitori che non sono qui proprio per il prezzo che hanno dovuto pagare per questi anni di sofferenza”.
(da agenzie)
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