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SALVINI HA PAURA DEI PROCESSI E AGGREDISCE I GIUDICI: COSA NASCONDONO I REFERENDUM CON I RADICALI

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

IN CASO DI CONDANNA SUPERIORE A DUE ANNI SCATTA LA DECADENZA DA PARLAMENTARE IN BASE ALLA LEGGE SEVERINO: DA QUI IL TENTATIVO DI MODIFICARLA PRIMA CHE PER LUI SIA TROPPO TARDI

Raccontano che Matteo Salvini, dal 17 aprile scorso, giorno del rinvio a giudizio per sequestro di persona nel caso Open Arms a Palermo, sia preoccupato. Perché oltre a sentire il fiato sul collo di Giorgia Meloni, che ogni settimana gli rosicchia mezzo punto nei sondaggi, il leader della Lega teme quel processo anche per gli effetti della legge Severino che potrebbero stroncare sul nascere la sua corsa a Palazzo Chigi o, ancora peggio, interrompere un possibile futuro incarico da premier.
Quella norma, che nel 2013 portò già alla decadenza dal Senato di Berlusconi, infatti prevede l’incandidabilità o l’ineleggibilità per il parlamentare che abbia avuto una condanna superiore ai due anni o la decadenza (anche da membro del governo) se il mandato è in corso.
Ipotesi non peregrina visto che il reato di sequestro di persona per cui Salvini è imputato a Palermo prevede una pena fino a 15 anni.
“Se condannato Salvini rischia di essere un leader zoppo” dice un big del Carroccio. E Salvini giovedì a Porta a Porta ha lanciato un segnale preciso: il Carroccio raccoglierà le firme per alcuni quesiti referendari sulla giustizia con i Radicali.
Ci sarà la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere e proprio l’abolizione della legge Severino che tanto fa paura a Salvini.
Il leader del Carroccio vuole velocizzare i tempi per andare a Palazzo Chigi e non è un caso che due giorni fa sia stato il primo a lanciare la corsa di Draghi al Quirinale: “Lo sosterremo” ha detto Salvini che, rispetto a Giancarlo Giorgetti, non vuole che il governo duri fino al 2023.
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA DECRESCITA INFELICE: UN’ITALIA SENZA ITALIANI

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

MINIMO STORICO DELLE NASCITE, MASSIMO STORICO DELLE MORTI… PERDEREMO 100.000 STUDENTI OGNI ANNO

Un milione e quattrocentomila studenti in meno. In dieci anni una città come Milano, ma abitata solo da under 30, scomparirà. Sono le previsioni del ministro dell’Istruzione.
L’anno scorso abbiamo registrato il minimo storico delle nascite e il massimo storico delle morti: 384mila persone. Abbiamo scritto: tante quanto ne contiene Firenze. Un cimitero che ci rimanda, per il triste primato, al 1918, l’anno della terribile spagnola.
Se utilizzassimo ancora le città per misurare con un’immagine quel che ci aspetta, dovremmo poi incolonnare le più grandi, Roma, Torino, Palermo, Napoli e nemmeno – se lo facessimo per davvero – riusciremmo a eguagliare il numero monstre dei sei milioni di italiani che perderemo nel 2065, secondo le proiezioni dell’Istat.
Se cinquant’anni vi sembrano un periodo troppo oltre il nostro interesse, fermatevi a questa cifra: 2,1 milioni in meno già nei paraggi del 2025, tra quattro anni o poco più, prima ancora che il programma di ripresa e resilienza, il famoso Recovery, possa dirsi concluso.
Italia senza italiani, una corsa all’ingiù dopo anni di declino costante ma silenzioso. Dal pendio al burrone, non c’è che dire. Non basteranno i nuovi immigrati, che tra mezzo secolo saranno comunque il triplo degli attuali residenti (circa cinque milioni) a suturare le ferite che questa desertificazione produrrà.
La popolazione si concentrerà sempre più tra il centro e il nord del Paese (71 per cento del totale), con un sud sempre più stecchito (peserà per il 26 per cento).
Se le stime del ministro Bianchi sono corrette, e purtroppo lo sono, da quest’anno e per i prossimi nove perderemo più di centomila studenti all’anno. Bianchi ha spiegato, anche rallegrandosi, che l’organico dei docenti resterà immutato, in modo da avere aule meno affollate e tempo dello studio allungato.
Ma quanti laureati in meno, quanti talenti in meno, quanti ingressi in meno di giovani diplomati nel mondo del lavoro? Eravamo il Paese dei cervelli in fuga, una narrazione – a volte persino troppo compiaciuta – che illustrava le qualità italiane nel mondo. Era la cifra dello spreco culturale, di competenze, di energie colpevolmente espulse e liberate altrove
Di questo passo dovremo però affrontare il crash del capitale umano (e abbiamo avuto già una prova con l’arruolamento degli anestesisti nelle terapie intensive), il buco nella società digitale che stiamo per edificare, perché i nuovi arrivi dal sud del mondo non compenseranno il deficit scolastico che maturerà e scarnificherà la leva super tecnologica che dovrebbe regalarci la qualità del nostro vivere e del nostro produrre.
Ci resta quindi il dubbio che invocare il “modello Genova”, il massimo della spinta efficientista, dell’opera congegnata bene e realizzata meglio al riparo da ogni vincolo, per eseguire il prossimo mirabolante e ricco piano di ripresa, senza fare i conti non solo col tasso di legalità ma con le forze veramente disponibili per far fronte a un dispiegamento così massiccio di impegni, ci porterà altra delusione.
Se oggi la Pubblica amministrazione è alla disperata ricerca di professionalità che la tolgano dalla letargia in cui è sprofondata, che ne sarà domani quando le immissioni in ruolo dovranno misurarsi con la decrescita paurosa dei laureati, dei cervelli che servirebbero per tenere alti gli standard di qualità?
Non è che stiamo facendo le nozze con i fichi secchi?
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL PAESE CHE CONDANNA ALL’ERGASTOLO UN DICIOTTENNE

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

TUTTI I DUBBI SUL CASO CERCIELLO: DALL’ETA’ DELL’ASSASSINO AL RUOLO DELL’AMICO, DALLA DEBOLEZZA DEL TESTE AL RISVOLTO POLITICO DEL PROCESSO

Ammaliata dai giochi di prestigio di Piercamillo Davigo, indignata dalla delatoria spudoratezza di Luca Palamara, divisa dallo show di Beppe Grillo, l’informazione è rimasta distratta, o indifferente, a quello che potrebbe essere un nuovo primato della giustizia: la condanna all’ergastolo dell’imputato, non mafioso, più giovane della storia repubblicana.
Il condizionale è d’obbligo, perché la data di nascita dei colpevoli non rientra nel novero dei dati censiti dalle agenzie di statistica. Però la notte del 25 luglio di due anni fa, quando il brigadiere Mario Cerciello Rega è stato accoltellato e ucciso a Trastevere, Gabriel Natale Hjort aveva 18 anni.
La sentenza con cui la Corte d’Assise di Roma gli ha inflitto il carcere a vita, con isolamento diurno per due mesi, insieme con l’autore materiale dell’omicidio, Lee Elder, un anno più grande di lui, non ha suscitato alcuno stupore.
Le cronache dei grandi giornali e i servizi dei tg l’hanno raccontata con l’asetticità adeguata alla conclusione plausibile, e prevedibile, di un processo molto popolare. A questo mascheramento ha concorso l’inversione lessicale adoperata dal pm, Maria Sabina Calabretta, specializzata in reati societari, fallimentari e bancari – secondo quanto riporta il sito della Procura della Repubblica capitolina -, che per tutte le udienze ha definito i due imputati “giovani uomini”.
Bisogna provare a pronunciare questa locuzione per sentire già sulle labbra quanto suoni diversa da quella con cui siamo soliti chiamare i nostri figli diciottenni, i loro compagni di scuola, e i ragazzi che tornano in questi giorni a sciamare per le città riaperte alla vita: “adolescenti”.
Così del resto li chiamerebbe qualunque vocabolario che si rispetti. Io mi chiedo e vi chiedo che cos’è, o che cosa diventa, un Paese dove si punisce con l’ergastolo un delitto commesso da due adolescenti di diciotto e diciannove anni. Quanto rischia di somigliare a quelle fanatiche autocrazie securitarie e dispotiche, le cui violazioni dei diritti più elementari pure suscitano la nostra indignazione.
Non si tratta di cadere in sociologismi che dispensano indulgenza a buon mercato, né di voler negare la responsabilità individuale in nome di un perdonismo che pesca nella pietas cristiana. Restiamo pure su un piano squisitamente razionale: chi oserebbe negare che un diciottenne sia condizionato da percorsi di vita e traumi che forse non ha avuto il tempo di elaborare e di sfidare? Possiamo trasformare la sua prima sconfitta, ancorché gravissima, in una conseguenza irreversibile o ultimativa? Perché nessun cane da guardia abbaia contro questa barbarie?
In Italia l’ergastolo è ancora l’ergastolo. Lo scontano in millesettecentonovanta. Milleduecentocinquanta dei quali, cioè i due terzi, sono morti viventi, seppelliti dall’aggravante ostativa che impedisce qualunque premialità. I restanti cinquecentoquaranta dovranno attendere 26 anni prima di poter sperare nella liberazione condizionale, a differenza di quanto accade nella maggior parte delle democrazie avanzate d’Europa, dove dopo 12 o 15 anni può iniziare un percorso di risocializzazione.
L’ergastolo dei due ragazzi, adolescenti, sbandati, tossici, ma tutto tranne che “giovani uomini”, è la prova di quanto il diritto penale sia andato via via slabbrandosi. La sua risposta non persegue la gravità intrinseca della condotta rilevata, ma l’ingiustizia generica percepita dalla società. Il cui perimetro è gonfiato dalla rabbia sociale.
Con l’effetto di dilatare l’ampiezza delle fattispecie e degli istituti del processo, come quello del concorso. Gabriel Natale Hjort è stato condannato alla pena massima dell’ordinamento non per aver ucciso il brigadiere, ma per essersi accompagnato all’assassino.
Quando l’amico Lee Elder reagiva con undici coltellate all’arresto, lui affrontava a mani nude un altro carabiniere, e poi sfuggiva a questo, allontanandosi senza assistere al delitto. La sua condotta è stata definita a turno, dal pm e dalle parti civili, concorso e dolo ora morale, ora materiale, ora diretto, ora eventuale. Come effetto di una ricostruzione a posteriori. Fondata su presunzioni: Gabriel sapeva che Lee Elder aveva il coltello in tasca. O su gesti depistatori: l’aver aiutato il compagno a nascondere la stessa arma dopo il delitto.
Così la responsabilità penale ha finito per risultare una condizione oggettiva cucitagli addosso da circostanze a cui il giovane non è riuscito a sottrarsi. Si può comminare l’ergastolo senza che si possa attribuire con prova la volontà di una piena e premeditata partecipazione al supplizio del carabiniere?
Si può. Si può in un processo che – come ha detto l’avvocato del diciottenne, Francesco Petrelli – è capace di sconfessare qualunque prevedibilità degli esiti, archiviando tanto la legalità sostanziale quanto quella processuale.
In nome di esigenze e urgenze figlie di questo tempo: un’attrattiva mediatica, dettata dalla popolarità del luogo, dalla singolarità degli autori, due giovani turisti americani, e della vittima, un tutore della sicurezza pubblica; una spendibilità politica, in quanto occasione di una propaganda securitaria e forcaiola; una delicatezza istituzionale, che coinvolge i Carabinieri.
Nelle settimane in cui si chiude il processo, un’altra indagine, quella sulle coperture e i depistaggi nella morte di Stefano Cucchi, sta mettendo alle corde i vertici dell’Arma. Lì si procede senza sconti né timori reverenziali. Qui, a Trastevere, s’indulge su errori marchiani e bugie dei militari coinvolti. Che intercettano i due americani senza divisa e senza pistola, nonostante fossero regolarmente in servizio, e con regole d’ingaggio più simili a quelle di due ambigui contractor.
L’intera contestualizzazione del delitto si fonda sul racconto del carabiniere Andrea Varriale, che accompagnava il brigadiere ucciso, e che per le sue bugie è sotto processo di fronte al tribunale militare. Era in T-shirt e jeans, quando ha fermato i ragazzi, ha mentito sostenendo che aveva la pistola e ha così indotto il comandante della stazione di Trastevere a confermare la sua falsità.
Ha aggiunto alla Corte d’Assise di aver subito dichiarato ai due americani la propria qualifica, esibendo il tesserino dell’Arma. Gli imputati hanno sempre giurato il contrario, raccontando di aver reagito a quella che sembrava un’aggressione di sconosciuti.
Vale più la parola di due sbandati con una gravissima accusa sulle spalle o quella di un carabiniere presunto bugiardo, e con molti buoni motivi per mentire, imputato in un procedimento connesso e tuttavia unico testimone del fatto? I giudici d’Assise non hanno avuto dubbi: la deposizione di Varriale è diventato il racconto ufficiale di un martirio. E la condanna dei due suona ora per l’Arma come una compensazione del destino al disdoro del processo Cucchi.
Un avvocato americano ha raccontato in tv di aver spiegato ai due ragazzi che in Italia la giustizia di primo grado è inattendibile.
E che già dall’Appello si può puntare su una maggiore ponderatezza e competenza dei giudici. Gabriel e Lee non devono cedere alla disperazione. Vent’anni fa un loro coetaneo, Mirko Eros Turco, è finito all’ergastolo per un duplice omicidio. Lo accusavano sette pentiti di mafia. Ma dopo dieci anni di ingiusta detenzione è stato scagionato dalla Cassazione, liberato e risarcito. Qui il processo non si prescrive mai, ma neanche la speranza.
(da Huffingtonpost”)

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LE DOSI DI ASTRAZENECA FERME NEI FRIGORIFERI: DAI RITARDI AGLI ESUBERI

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

LE REGIONI PROVANO A SMALTIRLE CON GLI OPEN DAY SENZA PRENOTAZIONI

Nei frigoriferi dei centri vaccinali, soprattutto nelle regioni del Sud Italia, si sono accumulate le fiale di Vaxzevria. L’Aifa pensa di modificare l’indicazione preferenziale del farmaco, estendendo la fascia di età raccomandata agli over 50
I cinefili lo considererebbero un plot twist fatto a regola d’arte. I detrattori del piano vaccinale del governo Draghi, invece, lo useranno come argomento per affossare la gestione Figliuolo.
Ad ogni modo, ciò che sta succedendo nei frigoriferi delle strutture sanitarie adibite alla conservazione dei farmaci biologici anti-Coronavirus ha dell’incredibile: dalla carenza di vaccini, in Italia, con relative cause legali minacciate alle case farmaceutiche, si è passati ad avere un eccesso di dosi, con le Regioni costrette a inventare iniziative in stile “notte bianca” per inocularle.
La sovrabbondanza riguarda, nello specifico, Vaxzevria, il vaccino dell’azienda anglo-svedese Astrazeneca.
La correlazione – seppure in percentuali infinitesimali – con i casi di trombosi e la raccomandazione dell’Aifa a somministrare il farmaco agli over 60, ha portato molti cittadini a rifiutare il Vaxzevria.
La Regione Sicilia, ad esempio, al 5 maggio ha fermo nei suoi frigoriferi il 49,3% delle dosi consegnate. Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha dovuto aprire la campagna vaccinale – in anticipo rispetto al piano nazionale – agli over 50. Percentuali così elevate di farmaci inutilizzati negli stock riguardano anche la Basilicata (46,86%), provincia di Trento (45,49%) e Calabria (42,49%).
La Regione che, invece, è riuscita a somministrare più dosi di Vaxzevria è la Lombardia: oltre 929mila, con una scorta del 15,5% rimasta per i richiami, in gran parte previsti per insegnanti e forze dell’ordine tra metà maggio e metà giugno.
Per questo motivo l’assessore al Welfare lombardo, Letizia Moratti, ha chiesto al commissario Figliuolo di redistribuire le fiale a «quelle Regioni che stanno rispettando i target. Qui – in Lombardia -, solo l’1% rifiuta Astrazeneca perché i nostri medici spiegano che questo è un vaccino sicuro ed efficace».
Mentre l’Aifa, per scongiurare l’accumulo di dosi nei frigoriferi, sta valutando l’ipotesi di allargare agli over 50 l’indicazione preferenziale per Vaxzevria, a livello territoriale si moltiplicano le iniziative per vaccinare più persone possibili.
Ha fatto discutere l’Astranight organizzata a Matera: dalle 22 alle 6 del mattino di sabato 8 maggio, nella tenda donata dal Qatar e allestita come punto vaccinale, 750 persone potranno presentarsi senza prenotazione e ricevere il farmaco. Le vaccinazioni saranno comunque destinate a chi rientra nella fascia tra i 60 e i 79 anni, con priorità alle persone disabili.
Un metodo cosiddetto «a sportello» che ha suscitato le critiche dei sindacati della provincia di Matera, i quali sottolineano il rischio di assembramenti fuori dalla tenda. Inoltre, la fascia oraria scelta comporta la deroga al rispetto del coprifuoco. Anche la Campania ha organizzato un’iniziativa simile, un «open day» vaccinale aperto a tutte le fasce di età, compresi i cittadini tra i 18 e i 30 anni. A Marcianise, in provincia di Caserta, le persone vaccinate lo scorso tre maggio sono state 2.500. Un ottimo risultato che ha portato l’Asl di Caserta a programmare – l’11 maggio – un «Astra day» di 24 ore che inizierà alle 6 del mattino.
La Campania, nonostante stia cercando di invogliare i residenti a vaccinarsi con Vaxzevria, è riuscita a utilizzare l’81% delle scorte, sette punti percentuali in più rispetto alla media nazionale.
La Calabria, invece, ha fatto le cose in grande e ha lanciato un «vax day» della durata di quattro giorni per cercare recuperare il ritardo nelle somministrazioni. Dal primo al 4 maggio, con questa iniziativa, è riuscita a superare il target indicato da Figliuolo – 12.384 dosi giornalieri – inoculando una media quotidiana di 15mila vaccini. Anche alcune regioni del Nord stanno riscontrando problemi nello smaltimento delle riserve di Astrazeneca.
«In Friuli-Venezia Giulia, nella fascia 60-70 anni, si supera di poco il 60% di adesione, è chiaro che è un problema» ha ammesso il presidente Massimiliano Fedriga. Al momento, solo il 25% circa della popolazione in questa fascia di età ha ricevuto almeno una dose, in confronto a una media nazionale che viaggia oltre il 40%.
Per questo, nel territorio che si estende tra Gorizia e Trieste, le autorità sanitarie hanno previsto la vaccinazione «last minute»: accettate le prenotazioni all’ultimo minuto – per i cittadini tra i 60 e i 79 – per far fronte a un eccesso di 2mila dosi previsto per questo weekend.
(da agenzie)

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SPARATI E MAZZIATI, LA LIBIA CI MITRAGLIA CON LE MOTOVEDETTE REGALATE DALL’ITALIA: ERA UBARI 660, UNA DI QUELLE REGALATE DA MINNITI AI LIBICI

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

ABBIAMO CEDUTO META’ MEDITERRANEO CENTRALE PERMETTENDO ALLA LIBIA DI SPOSTARE DI FATTO A 75 MIGLIA LE PROPRIE ACQUE TERRITORIALI QUANDO IN TUTTO IL MONDO IL LIMITE E’ DI 12 MIGLIA

Alla faccia del Paese amico! Hanno sparato per uccidere. Ci sparano e noi li finanziamo. E gli regaliamo pure le motovedette da dove ci bersagliano.
Incredibile ma vero. Come vere, ma non incredibili visto chi le pronuncia, sono le parole del ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Al di là degli sconfinamenti dei nostri pescherecci, è inaccettabile che la guardia costiera libica spari segnali di avvertimento ad altezza uomo”.
Così il titolare della Farnesina, commentando a L’Aria che tira su La 7 l’incidente che ha visto coinvolti l’altro ieri alcuni pescherecci italiani e una motovedetta libica. “Adesso dobbiamo dirci la verità, quelle acque dove vanno questi pescherecci sono acque pericolose e sono proibite da noi da 10 anni”, ha aggiunto Di Maio, sottolineando che “dall’altra parte del mare c’è un Paese che è ancora in un processo di pace”. “Ringrazio la Marina militare, lo Stato Maggiore della Difesa ed il ministro Guerini, con il quale ieri (giovedì, ndr) sono stato al telefono tutto il pomeriggio per capire le condizioni del comandante”, ha tenuto a precisare Di Maio, aggiungendo che “se c’è una minaccia alle nostre imbarcazioni parte l’elicottero della Marina però questo non vuol dire che si può andare a pescare lì”.
Siamo al più ridicolo cerchiobottismo: hanno fatto male a sparare, e ci mancherebbe altro, ma “questo non vuol dire che si può andare a pescare lì”. In altri termini: ve la siete voluta.
Sparati e mazziati
“Sono vivo”. Sono state queste le prime parole di Giuseppe Giacalone, comandante del peschereccio ‘Aliseo’, al suo arrivo al porto di Mazara del Vallo. Visibilmente scosso e con una fasciatura bianca sulla testa, dove è stato colpito da alcune schegge del finestrino della sua barca dopo l’attacco della Guardia costiera libica, ha incontrato il vescovo Domenico Mogavero e poi abbracciato i suoi familiari. Subito dopo il comandante ha lasciato il porto senza incontrare i giornalisti.
Ieri il figlio Alessandro, che ha parlato con il padre via radio, ha raccontato che i pescatori sul peschereccio “sono stati inseguiti per due ore” e che “alla motovedetta sparavano ad altezza d’uomo”. Appena sceso dall’imbarcazione un lungo abbraccio con i suoi familiari. “Il comandante Giacalone è molto giù di morale, d’altro canto è stato sfiorato da un proiettile e psicologicamente la situazione è grave. E’ una vicenda che sta lasciando il segno, speriamo che si riprendano al più presto e che abbiano il coraggio di tornare in mare”, ha detto monsignor Domenico Mogavero.
Oltre ogni limite
La nave della cosiddetta Guardia costiera libica che giovedì ha sparato al largo della Libia contro i due pescherecci italiani Artemide e Aliseo, ferendo il comandante di quest’ultimo, era stata donata dall’Italia alla Libia.
La donazione era avvenuta nel 2018 nell’ambito di un piano di aiuti e legittimazione politica in favore delle milizie che facevano riferimento all’allora governo libico di Fayez al-Serraj, affinché intercettassero le navi dei migranti che partivano dalle coste libiche per raggiungere l’Italia.
Come si vede dalle foto dell’incidente pubblicate dalla Marina militare italiana, la nave della Guardia costiera libica mostra il numero 660 dipinto sulla fiancata. Il numero rende possibile identificarla come la “Ubari-660”, una delle due navi donate del 2018 dal governo guidato da Paolo Gentiloni, il cui ministro dell’Interno era Marco Minniti. L’accordo fra il governo di Gentiloni e le milizie legate a Serraj, appoggiato anche dall’Unione Europea, è da allora molto criticato, dato che la Guardia costiera libica è composta da milizie armate che compiono sistematiche violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti.
Le persone intercettate in acque libiche sono inoltre riportate in Libia in centri di detenzione gestiti da trafficanti di essere umani, a volte in combutta con le stesse milizie. Decine di inchieste giornalistiche e delle organizzazioni internazionali hanno dimostrato che nei centri di detenzione i migranti vengono sistematicamente torturati, picchiati, stuprati, schiavizzati e ridotti alla fame. Non sono disponibili dati certi su quante persone vengano respinte ogni mese dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, ma si pensa siano diverse centinaia.
L’accordo prevedeva la consegna di dieci ex navi della Guardia costiera italiana, consegnate solo nel 2019, e di due ex motovedette classe Corrubia dismesse dalla Guardia di Finanza italiana. Una di queste ultime due era la “660-Ubari”, arrivata a Tripoli nel novembre del 2018, e l’altra era la “Fezzan-658”, entrambe utilizzate in questi tre anni per pattugliare la zona SAR (e quindi per facilitare le operazioni per riportare i migranti in Libia).
La nave “660-Ubari” era finita di recente al centro di un altro caso dopo che nell’ottobre del 2020 il ministero della Difesa della Turchia aveva diffuso su Twitter alcune immagini della nave utilizzata da personale turco nel corso di un addestramento della Guardia costiera libica: nel corso del 2020 la Turchia aveva infatti intensificato la sua presenza in Libia a sostegno dell’allora primo ministro al -Serraj e secondo diverse fonti anche assunto il controllo delle acque libiche.
I pescherecci italiani Aliseo e Artemide colpiti dai colpi esplosi dalla nave “660-Ubari’ erano partiti da Mazara del Vallo, in Sicilia, e al momento dell’incidente stavano navigando circa 30 miglia al largo delle acque di Misurata, nella parte occidentale della Libia. Un portavoce della Marina libica, Masoud Ibrahim Abdelsamad, ha detto all’Ansa che nelle acque territoriali libiche stavano navigando «quattro o cinque pescherecci senza alcun permesso da parte del governo libico», aggiungendo che erano stati esplosi solo colpi di avvertimento in aria. Il comandante dell’Aliseo, Giuseppe Giacalone, ha smentito questa ricostruzione, spiegando che gli spari erano rivolti verso i pescherecci.
(da Globalist)

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L’APPELLO DEL PAPA: “SOSPENDERE I BREVETTI SUI VACCINI ANTI-COVID: L’AMORE PREVALGA SUL MERCATO”

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

“OCCORRE ASSICURARE L’ACCESSO UNIVERSALE AL VACCINO”

La decisione di Biden di sospendere i brevetti sui vaccini ha lasciato una scia di buon esempio, ciò di cui abbiamo bisogno, secondo Francesco, per consentire a tutti di vaccinarsi con i minori tempi possibili.
Il Papa esorta tutti a “uno spirito di giustizia che ci mobiliti per assicurare l’accesso universale al vaccino e la sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale” e avverte: “Una variante di questo virus è il nazionalismo chiuso che impedisce, ad esempio, un internazionalismo dei vaccini”.
Il pontefice chiede quindi di “abbandonare i nostri individualismi e promuovere il bene comune”.
“Serve un modello economico più equo e inclusivo” – Nel suo videmoessaggio ai partecipanti al “Vax Live: the concert to reunite the world”, chiarisce: “Occorre uno spirito di comunione che ci permetta di generare un modello economico diverso, più inclusivo, equo, sostenibile. La pandemia ci ha messo tutti in crisi, ma non dimentichiamo che non si esce uguali da una crisi: o ne usciamo migliori o peggiori”.
“Mettere le leggi del mercato sopra l’amore è un’altra variante”
Il Santo Padre continua spiegando che un’altra variante è “quando mettiamo le leggi del mercato o della proprietà intellettuale sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità. E un’alta variante ancora è quando creiamo e promuoviamo un’economia malata, che consente a pochi molto ricchi di possedere più del resto dell’umanità, e che i modelli di produzione e consumo distruggano il pianeta, la nostra casa comune”.
(da agenzie)

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SCOZIA, TRIONFO DEGLI INDIPENDENTISTI. STURGEON: “ORA NON CI SONO PIU’ SCUSE PER RIFIUTARE UN REFERENDUM”

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

IL PARTITO PER L’INDIPENDENZA DELLA SCOZIA AVREBBE OTTENUTO 63 SEGGI AL PARLAMENTO, DUE IN MENO DELLA MAGGIORANZA ASSOLUTA

Quarta vittoria elettorale consecutiva per gli indipendentisti dell’Snp di Nicola Sturgeon nel cruciale voto della Scozia alle consultazioni locali britanniche, ma niente maggioranza assoluta al Parlamento di Edimburgo.
Secondo i calcoli della Bbc, l’Snp ottiene 63 seggi. Sufficienti a garantirsi anche la guida del prossimo governo locale, ma non a toccare quota 65 che avrebbe dato loro il 50% più uno dell’assemblea.
Il secondo partito in base ai risultati ancora parziali delle elezioni del 6 maggio e secondo i calcoli della Bbc sarà quello dei conservatori con 31 seggi. Il Partito laburista e’ terzo con 22 seggi; seguono in Verdi con 9; i liberal democratici con 4.
Snp e conservatori otterrebbero quindi lo stesso numero di seggi della legislatura uscente, i laburisti registrerebbero un calo di due, mentre i Verdi un aumento di tre deputati.
“Non c’è semplicemente nessuna giustificazione democratica perché Boris Johnson, o chiunque sia, tenti di bloccare il diritto del popolo scozzese di scegliere il suo futuro”. Così la leader del partito nazionale scozzese (Snp) e premier della Scozia, Nicola Sturgeon, commentando i dati ancora parziali delle elezioni. “E’ un risultato straordinario che mi fa venire i brividi”.
Per Sturgeon, “si tratta di un risultato storico e ora intendo -ha aggiunto- tornare a lavorare per dare risposte concrete a quello che abbiamo proposto agli scozzesi”. Sturgeon ha inoltre affermato che la sua speranza di tenere un secondo referendum sull’indipendenza da Londra rimane “realistica”, ma bisogna prima pensare alla pandemia. Quando quest’ultima sarà sconfitta, ha sottolineato Sturgeon, “il popolo scozzese deve avere il diritto di decidere il proprio futuro, perchè si tratta di un principio democratico fondamentale”.
(da agenzie)

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FRANCESCA PASCALE: “GLI OMOFOBI LI TROVIAMO TRA I LEGHISTI, FORZA ITALIA NON HA NULLA DA SPARTIRE CON I SOVRANISTI”

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

“NON SI PUO’ PIU’ APPARTENERE A UN PARTITO CHE HA RINUNCIATO A ESSERE LIBERALE”

Lei appoggia senza se e senza ma le leggi che combattono l’omotransfobia.
“Sono delusa da alcuni esponenti di Forza Italia che tendono ad abbracciare un’area sovranista più che essere fermi nell’area liberale in cui Forza Italia è nata”.
Lo ha detto Francesca Pascale, ex compagna di Silvio Berlusconi, a margine della manifestazione all’Arco della Pace a Milano a favore della legge Zan.
“Non posso più votare per Forza Italia finché continua a strizzare l’occhio a Salvini piuttosto che guardare al faro della libertà. Non mi sento più di appartenere a un partito che è più sovranista che liberale”, ha spiegato.
“Gli omofobi li troviamo nella destra, nell’estrema destra, nella destra soprattutto di Salvini. Chiaro che non vogliono questa legge perché sono i primi artefici nell’errore”, ha continuato.
“Per come lo conosco posso solo confermare che Berlusconi non è un omofobo e non è un razzista, per questo sono sorpresa. Capisco il dibattito politico, ma nel non votare una legge che non fa male a nessuno non ci vedo nessuna logica”, ha concluso.
(da agenzie)

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COME SI PUO’ MANIFESTARE RISPETTANDO LE DISTANZE: L’ESEMPIO DI MILANO

Maggio 8th, 2021 Riccardo Fucile

A FAVORE DELLA LEGGE ZAN IN PIAZZA MIGLIAIA DI PERSONE… VITO (FORZA ITALIA): “NON E’ VERO CHE LIMITA LA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE, E’ UNA LEGGE CHE DOVREBBE ESSERE VOTATA ALL’UNANIMITA'”

Hanno passato tutta la mattina a mettere le X a terra, una ogni metro, per garantire che la manifestazione avvenisse in completa sicurezza.
Daniela Collu e Carla Stracci dal palco allestito a Milano all’Arco della Pace lo hanno ripetuto più volte durante la manifestazione: “Mantenete le distanze, che ci attaccheranno per questo”.
Perché lì qualche migliaia di persone si sono riunite per chiedere ad alta voce che il Ddl Zan (fermo al Senato) venga approvato, e anche velocemente.
“Di tempo non ce n’è più, perché in questo paese sono 5 anni che aspettiamo una legge contro l’omotransfobia. Siamo a una passo, vediamo il traguardo vicino”. Ha detto Luca Paladini, fondatore dei Sentinelli, a margine della manifestazione all’arco della Pace a Milano a favore del Ddl Zan. La proposta di legge del centrodestra è una presa in giro per perdere tempo, che taglia tantissimi pezzi della legge Zan, non include le persone trans. Si tratta di una legge che non ha alcun valore politico e i primi firmatari sono Paola Binetti e Matteo Salvini e ho detto tutto. I numeri al Senato ci sono. Si voti. La destra si riempie la bocca della parola libertà, che diano la libertà ai senatori di votare e vediamo se ci sono i numeri perché il ddl Zan diventi legge”.
Mi aspetto che oggi ci sia un numero sufficiente di persone da far capire che il tempo è scaduto. Grazie all’intervento di Fedez molta più gente oggi sa che cosa è il ddl Zan quindi mi sento di ringraziarlo pubblicamente”.
Cosa ha detto Alessandro Zan
Prima di salir sul palco Alessandro Zan ha parlato con giornalisti, ha detto:
Le persone e i cittadini vogliono far sentire la loro voce e chiedere alle istituzioni di approvare una legge di civiltà. La stragrande maggioranza delle persone vuole una legge che tuteli le persone più vulnerabili. Viviamo in una società ancora intrisa di odio, pregiudizi e discriminazione e per questo è importante dare una tutela. Questa non è una legge sulle minoranze ma contro i crimini di odio. Tutti potrebbero essere colpiti da questi crimini per questo è importante approvarla.
Anche Elio Vito di Forza Italia sul palco dei Sentinelli
Un po’ sorprende. Ma positivamente. Sul palco dei Sentinelli è arrivato anche Elio Vito, parlamentare di Forza Italia: “Non è vero che il Del Zan limita la libertà di espressione”. “La bandiera di Forza Italia si intona bene con i colori della bandiera arcobaleno. Sono sorpreso di questa sorpresa nel vedermi qui e sono sorpreso soprattutto che il parlamento stia perdendo tanto tempo per approvare una legge giusta, scontata che dovrebbe essere votata all’unanimità. Dividersi su questa legge mi pare francamente stupido. Non è vero che il Del Zan limita la libertà di espressione”. Ha detto il deputato di Forza Italia, Elio Vito, a margine della manifestazione all’Arco della Pace a Milano a favore dell’approvazione del Ddl Zan. “La mia presenza ha fatto scandalo e mi sorprende, ho votato a favore alla Camera e credo che Forza Italia debba votare a favore non capisco perché il centrodestra voglia fare una polemica su questa legge”.
(da NextQuotidiano”)

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