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FIGLIUOLO SBOTTA NEI CONFRONTI DEI GOVERNATORI DELLE REGIONI: “BASTA PROPAGANDA, AVANTI CON I RICHIAMI E FRAGILI IN SICUREZZA, L’OBIETTIVO E’ FINE SETTEMBRE”

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

“NON E’ TEMPO DI PROPAGANDA, DI DISTINGUO CONTINUI E INIZIATIVE PERSONALI”

“Lo chiedo davvero a tutti i presidenti, di andare avanti con il piano: è facile farsi prendere dalla propaganda e dire “apro questa categoria o un’altra”, ma se noi non mettiamo in sicurezza gli over 60, che sono quelli che hanno il 95% di probabilità di finire in ospedale, peggio ancora in terapia intensiva e peggio ancora di morire, non ne usciamo più“.
Parla chiaro da Firenze il generale Francesco Paolo Figliuolo, impegnato nella visita all’hub vaccinale del Nelson Mandela Forum. Una replica indiretta alle fughe in avanti degli amministratori che hanno interpretato in maniera “personalizzata” il piano vaccinale.
“C’è stato un calo dei ricoveri e dei decessi dando priorità alle classi vulnerabili”, riconosce il commissario all’emergenza Covid, che ricorda come proprio “i vaccini ad anziani e fragili”, abbiano “fatto sì che ieri, nella cabina di regia e nel conseguente Consiglio dei ministri, si siano prese decisioni importanti per il prosieguo della stagione e della vita di tutti noi”.
Ma avverte: “Adesso abbiamo davanti 2-3 settimane in cui si deve tenere la barra dritta. Invito le Regioni a seguire in maniera armonica e ordinata il piano vaccinale, che finora ha dato i suoi frutti perché c’è stata una leale collaborazione. Capisco le intenzioni di molti presidenti, ma bisogna essere realisti: il nostro obiettivo è fine settembre, se facciamo prima è meglio, ma il piano è ragionato e tiene conto delle capacità vaccinali”.
Il generale ha risposto alle domande sui due casi (uno a Massa e uno a Livorno) in cui sono state somministrate diverse dosi di farmaco tutte insieme: “Si farà una verifica sui protocolli ma sono assolutamente confidente che quanto è stato fatto possa essere frutto di un errore umano dovuto anche al sovraffaticamento. Chiaramente si vedrà nel dettaglio”, ha detto.
Rassicurando sul fatto che AstraZeneca “continua a distribuire” le dosi concordate, “a fine settimana ne arriveranno 400mila e poi a fine mese ne avremo ancora un milione e 750mila a livello nazionale”, ha detto.
“Da giugno, con l’arrivo massiccio di vaccini, potremo pensare ad inoculazioni massicce sul resto delle categorie: penso alle categorie produttive, gli alberghieri, al settore della grande distribuzione che ne hanno bisogno, i cassieri che hanno lavorato dall’inizio della pandemia e che per me sono eroici come i medici. Tutti sono essenziali ma adesso dobbiamo continuare a mettere in sicurezza le persone più vulnerabili”.
(da agenzie)

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FONDI LEGA: IL TESORIERE CENTEMERO, I COMMERCIALISTI IMPUTATI E QUEL RAPPORTO BASATO SU “LEGAMI LECITI E ILLECITI”

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

IL LIVELLO POLITICO NELL’INDAGINE MILANESE

“Controllori” alcuni anche “coperti”, una “comune militanza politica”, naturalmente sotto l’ombrello del nuovo “leader incontrastato” Matteo Salvini, e ancora “rapporti personali strettissimi (…) in parte occultati e dissimulati”.
È questa la cornice dentro la quale si consuma “l’intero progetto criminoso” che riguarda l’acquisto di un capannone da parte della fondazione regionale Lombardia Film Commission.
I passaggi eloquenti e che portano nel campo della stretta politica leghista l’affare Lfc condotto attraverso un “accordo collusivo” coordinato dagli ex contabili del Carroccio, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, sono contenuti nelle 43 pagine di “note all’udienza” depositate dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal sostituto procuratore Stefano Civardi nel processo con rito abbreviato che vede imputati per peculato e turbata libertà nella scelta del contraente gli stessi Di Rubba e Manzoni.
E se pur il documento inevitabilmente è incentrato sulla ricostruzione del caso Lfc, alcuni passaggi fanno intendere chiaramente che l’inchiesta milanese sui presunti fondi neri della Lega prosegue a ritmo serrato e in modo parallelo ai processi in corso.
È, secondo la Procura, lo stesso Manzoni a illustrare indirettamente il nuovo scenario, spiegando “fattualmente la sua ascesa nel mondo del partito politico Lega sotto l’egida del nuovo indiscusso leader eletto segretario federale nel dicembre del 2013”.
E ancora: “L’asse, per sé penalmente irrilevante ai fini di questa porzione di indagine, è ben ricostruito dallo stesso Manzoni: Matteo Salvini posiziona Giulio Centemero nella delicata carica di tesoriere del partito e Centemero si avvale della collaborazione dello stimato amico e collega Manzoni, che a sua volta gli introduce Di Rubba”.
Così “i due giovani commercialisti bergamaschi costituiranno i cardini su cui ristrutturare la gestione economica della Lega”. Gestione già illustrata dal commercialista Michele Scillieri nei suoi lunghi verbali davanti alla Procura e che conduce anche verso flussi di denaro collegati al Lussemburgo.
Spiega Scillieri: “Quando lavoravo in Bellerio nel 2015 (…) avevo avuto modo di apprendere alcune circostanze da Di Rubba e Manzoni: in cassa della Lega c’erano circa dai 6 agli 8 milioni che sarebbero dovuti servire in parte per la riduzione del personale e per mettere ordine nella gestione delle diverse società (l’immobiliare, la radio, la finanziaria etc.). Nel dicembre 2018 (…) ebbi modo di ritornare sull’argomento con Di Rubba. Seven Fiduciaria era di un commercialista di Clusone Sergio Balduzzi dal quale avevano lavorato Di Rubba e Manzoni fino al 2014 e al quale avevano portato via molti clienti. Io chiesi a Di Rubba se c’era un collegamento fra le sette società possedute dalla Seven Fiduciaria e i sette milioni che erano all’estero in Lussemburgo. Di Rubba mi fece il gesto dei rivoli e io intuii che ogni società aveva in dote 1 milione. Le sette società erano gestite da loro e da Centemero (almeno una da Centemero)”.
Nel documento di cui qui si tratta vi è un passaggio ad oggi inedito e che spiega il modo in cui la Lega di Salvini ha tentato di sottrarre il denaro del partito ai sequestri ottenuti dalla procura di Genova che indaga dal 2018 sulla scomparsa dei 49 milioni. Spiega sempre Scillieri: “Incontrai Manzoni alla Camera dei deputati. Ripercorremmo assieme il tentativo di vendere l’immobile di via Bellerio, la riduzione del personale, la esternalizzazione tramite il loro studio della gestione contabile e amministrativa, la creazione delle associazioni regionali e provinciali per impedire l’aggressione del patrimonio della Lega”.
Si tratta delle cosiddette “casse esterne” sulle quali far girare il denaro e blindarlo da eventuali aggressioni da parte dei magistrati. Un dato già emerso nei verbali di Marco Ghilardi, ex direttore della filiale Ubi di Seriate sulla quale i leghisti oggi imputati movimenteranno molto denaro e tenteranno, senza riuscirci, di aprire conti correnti dedicati proprio alle varie ramificazioni locali del Carroccio.
Il rapporto a quattro, tra Centemero, Di Rubba, Manzoni, Scillieri, è definito di “grande intimità” e “validato sul campo” attraverso “la molteplicità di legami, leciti e illeciti”.
La lista è lunga: e va “dal “servizio di domiciliazione per la nuova Lega, agli studi sulla vendita dell’immobile di via Bellerio, al sistematico ritorno economico a Di Rubba e Manzoni degli emolumenti relativi agli incarichi che” i due “procuravano a Scillieri, nella Lega e in quella fitta selva di sottogoverno in cui rientrava Lfc”.
E se Centemero non risulta indagato qua, la sua presenza riempie diversi atti d’indagine. In particolare alcune chat acquisite dalla Procura di Genova e che riguardano il progetto di mettere in piedi uno studio di commercialisti con Scillieri e il duo Di Rubba-Manzoni.
Scrive il tesoriere della Lega. “Arrotondiamo a 30 x 6 anni. In quello spazio suppongo ci stia anche il coinquilino di Scillieri”. Giorni dopo Di Rubba scrive a Centemero: “Scillieri l’ho sentito venerdì ed è interessato a dividere con noi l’ufficio, sull’acquisto o affitto mi fa sapere a breve”. Centemero. “Great”. Alla fine il progetto non andrà in porto, ma, scrive la Procura, “Scillieri non spiega esaustivamente perché non abbia dato seguito al progetto di studio professionale a quattro”.
Insomma, quello che emerge da questa “fabbrica di carte” sul caso Lfc è che “nulla è come sembra”. Par di capire quindi che l’accusa di peculato rappresenti solo la punta dell’iceberg.
E del resto, scrive la Procura, l’intera vicenda Lfc si è snodata a partire dal 2016 “attraverso un’accorta apparecchiatura di mezzi, istanze, atti pubblici, fatture, contratti, consulenze, perizie”. Il tutto per uno scopo: “Impossessarsi di danaro pubblico, in ragione di qualche centinaia di migliaia di euro (…) inteso come ricompensa dovuta di più complessi e rischiosi servizi”. Quali che siano questi altri “rischiosi servizi” e forniti a chi, è una domanda alla quale vuole rispondere la Procura con le prossime indagini.
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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TRA PRECARIATO E PAGHE DA FAME, E’ ALLARME GIOVANI

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

LA META’ DEGLI UNDER 35 VIVE CON I GENITORI E LA PENSIONE RESTA UN MIRAGGIO

Sos giovani tra discontinuità lavorativa e basse retribuzioni. Completati gli studi, nei cinque anni successivi, soltanto poco più di uno su tre (il 37,2%) può contare su un lavoro stabile, il 26% è un precario con contratto a termine e un quarto degli under-35 (il 23,7%) risulta disoccupato, mentre il restante 13,1% è uno studente-lavoratore.
E’ quanto emerge dal report realizzato dal Consiglio nazionale del giovani in collaborazione con Eures sulle condizioni e prospettive occupazionali, retributive e contributive degli under-35.
All’interno di tale scenario un’ampia maggioranza (il 58,9% negli ultimi tre anni) indica di ricevere una retribuzione inferiore a 10 mila euro annui (il 23,9% inferiore a 5 mila e il 35% tra 5 e 10 mila), mentre per il 33,7% risulta compresa tra 10 e 20 mila euro e soltanto nel 7,4% dei casi supera i 20 mila euro (cioè 1.650 euro mensili).
E la precarietà sul lavoro diventa precarietà esistenziale.
Il percorso verso l’autonomia resta, per tanti ragazzi, un sogno nel cassetto: il 50,3% degli under-35 vive ancora con i propri genitori, mentre circa quattro giovani su dieci (37,9%) vivono da soli o con il proprio partner.
Tra coloro che possono contare su un lavoro stabile, il 56,3% ha creato un nucleo familiare, rispetto al 33,5% dei coetanei che non è riuscito a farlo a causa di un lavoro discontinuo.
La mancanza di certezze dal punto di vista occupazionale, secondo il report, condiziona anche la scelta di avere figli: soltanto il 6,5% dei giovani tra i 18 e i 35 anni afferma infatti di avere bambini (8,8% tra i lavoratori stabili), mentre un terzo (33%) dichiara di non averne e di non volerne neanche negli anni a venire. Mancano, spesso, le condizioni per mettere su famiglia: solamente il 12% degli under 35 è proprietario della casa in cui abita.
Uno su 10 (11%) ha provato ad acquistare un appartamento e il 7,8% è riuscito ad ottenere un mutuo. Il 40% dei giovani non prova nemmeno a chiederlo perché consapevole della mancanza di requisiti.
E la precarietà lavorativa ed esistenziale si traduce in una sfiducia nei confronti del sistema pensionistico. Il 44,4% pensa che andrà in pensione dopo i 70 anni, il 35,4% tra i 65 e 69 anni ed appena il 10,7% prima dei 65 anni. E, ancora, il 73,9% immagina che l’importo dell’assegno pensionistico che potrà ricevere non gli consentirà di vivere dignitosamente.
(da Open)

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GELMINI CONTRO MELONI: “NON HA VOLUTO TIRARE FUORI L’ITALIA DALLA CRISI, QUESTO PESERA’ NELLA SCELTA DEL FUTURO CANDIDATO PREMIER”

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

SI ALZANO LE BARRICATE PREVENTIVE CONTRO LE AMBIZIONI DELLA MELONI

Meloni avanza nei sondaggi e lo fa grazie alla sua scelta di restare all’opposizione e strepitare contro tutto e tutti.
Talché nella testa di qualche sprovveduto passa l’idea che la pandemia e le necessarie limitazioni siano un complotto del governo cattivo contro gli italiani buoni. E questo, al momento, sembra pagare.
A destra lo hanno capito e non sarà facile che spalanchino le porte a Giorgia Meloni.
Ecco perché.
“Ho molta stima di Giorgia, donna in gamba che ha fatto un grande percorso. Ma la scelta di Fi e Lega di rimboccarsi le maniche per tirar fuori il Paese dalla crisi, avrà un peso quando si dovrà individuare il candidato premier”.
Lo ha detto Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, a proposito di una candidatura a palazzo Chigi di Giorgia Meloni.
Prepariamoci ad una guerra di posizione nella destra.
(da Globalist)

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CASALEGGIO NON MOLLA L’ELENCO DEGLI ISCRITTI: “MOLTI NON VOGLIONO CHE CEDIAMO I DATI, TANTI LASCIANO, GLI ISCRITTI NON SONO SOLO NOMINATIVI”

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

M5S FURIBONDO… MA CI VUOLE TANTO A CACCIARE 1.000 EURO A PARLAMENTARE E SALDARE IL DOVUTO (450.000 EURO) A CASALEGGIO E FARLA FINITA?

“Ogni iscritto può esercitare il diritto alla portabilità dei dati (ex art. 20 GDPR) e richiedere il trasferimento ad altro Titolare, tra cui ad esempio Associazione Rousseau”.
Lo scrive l’associazione sul blog delle Stelle dove fornisce le indicazioni per esercitare la migrazione sul sito e richiedere che “l’Associazione Movimento 5 Stelle trasferisca ogni dato oggetto di trattamento effettuato attraverso la Piattaforma Rousseau ad Associazione Rousseau come nuovo titolare al Trattamento”.
Nel ultimi giorni è diventato sempre più “rilevante l’elenco degli iscritti, ma non gli iscritti stessi, considerati, invece, solo nominativi da ottenere” e la “preoccupazione di vedere violati i propri diritti, ha spinto tantissimi a rivolgersi a noi per essere tutelati: ci hanno chiesto di non consentire il trasferimento dei propri dati a persone non legittimate e, dall’altra, in meno di 20 giorni oltre mille persone hanno deciso di disiscriversi dal M5s e di impedire che i propri dati vengano consegnati, contro la loro volontà, a soggetti terzi”. Così Rousseau sul blog.
“In queste ultime settimane abbiamo assistito, con non poco sconcerto, a una crescente e rabbiosa pressione mediatica (e anche privata nei nostri confronti) messa in campo per ottenere ‘la lista degli iscritti’.
Appelli a organi non pertinenti, pressioni per ottenere azioni in realtà lesive della normativa privacy fino a diffide dal sapore solo sensazionalistico si sono susseguiti in una girandola di dichiarazioni pubbliche e di retroscena raccontati alla stampa con il solo fine di ottenere “l’elenco di nomi”, considerato, nel migliore dei casi, come una pratica da consegnare a chi, a fronte della sua forza mediatica, lo meriterebbe”. Così Enrica Sabatini, socia dell’Associazione Rousseau.
(da agenzie)

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STUPRO DI GRUPPO SU DUE MINORENNI AD ALASSIO, CINQUE INDAGATI, HANNO GIRATO PURE UN VIDEO

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

SEQUESTRATI I TELEFONINI, IN CORSO INDAGINI DEI CARABINIERI… UN GIORNO QUALCUNO CI SPIEGHERA’ PERCHE’ I NOMI DEGLI INDAGATI (4 SU 5 SONO MAGGIORENNI) NON VENGONO DIFFUSI: SE FOSSERO STRANIERI SI USEREBBE LO STESSO “RIGUARDO”?

Ancora uno stupro, ancora una violenza di gruppo. Vittime due ragazzine minorenni, mentre cinque ragazzi, tra cui un minore, sono accusati della violenza e di aver girato un video di quello che hanno fatto per farlo circolare sui social.
I fatti si sarebbero verificati in un garage di Alassio, in provincia di Savona. I cinque, età fra i 17 ed i 24 anni, sono finora indagati per i reati di violenza sessuale di gruppo e adescamento di minori, ma se venisse accertato che hanno girato il video e che questo è finito sui social, rischiano anche una incriminazione per revenge porn e detenzione e diffusione di materiale pedopornografico.
Gli accertamenti sui cellulari dei ragazzi, che sono sequestrati dai carabinieri su ordine dei magistrati della Procura di Savona e della Procura presso il Tribunale dei Minori, verranno affidate ad un perito in una udienza apposita venerdì prossimo.
Non è stato facile raccontare quanto avvenuto per i genitori delle due ragazzine che hanno denunciato ai carabinieri quanto riferito loro dalle figlie. E non è stato facile per le due ragazzine, ma alla fine i fatti sono saltati fuori.
La violenza si sarebbe verificata diverse settimane fa, in un garage di pertinenza di una abitazione di Alassio. Appena le ragazzine hanno avuto la forza di raccontare tutto ai genitori, questi hanno immediatamente presentato la denuncia.
Subito sono partite le indagini effettuate con grande delicatezza e riservatezza dai militari dell’Arma, che, conoscendo bene il territorio e gli abitanti, sono stati punto di riferimento naturale per i genitori delle vittime.
Le indagini si sono svolte rapidamente ed hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati dei giovani, quattro di età che varia dai 23 ai 24 anni indagati dalla Procura del Tribunale di Savona e un quinto – che di anni ne ha 17 – dal Tribunale dei Minori. Sono tutti accusati di reati molto gravi.
“E’ stata fissata davanti alla Procura della Repubblica di Savona, dottoressa Venturi, un’udienza per accertamenti non ripetibili il 21 maggio”, ha riferito all’Ansa Erik Bodda, l’avvocato di uno degli indagati. “Sarà nominato un perito che dovrà esaminare alcuni supporti informatici e telefoni cellulari sequestrati, ma al momento nulla di più, le indagini sono ancora in corso. Non ci sono state misure cautelari e il mio assistito – ha aggiunto – è a disposizione dell’autorità giudiziaria”.
(da agenzie)

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#NOTINOURNAMES: MOLTI GIOVANI EBREI ITALIANI SI DISSOCIANO DALL’ATTACCO DEL GOVERNO DI ISRAELE A GAZA

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

C’E’ CHI DICE NO: NO ALLA MILITARIZZAZIONE DELLE COSCIENZE, AL MANICHEISMO CHE CALPESTA LA REALTA’, A UNA NARRAZIONE STRUMENTALE E DI PARTE

C’è chi dice no. Il coraggio di esporsi, pur sapendo che c’è chi tra i “pasdaran” d’Israele in Italia li accuserà di tradimento e di connivenza col nemico.
“Siamo un gruppo di giovani ebree ed ebrei italiani.
In questo momento drammatico e di escalation della violenza sentiamo il bisogno di prendere la parola e dire #NotInOurNames, unendoci e al resto delle comunità ebraiche della diaspora che stanno facendo lo stesso.
Abbiamo già preso posizione come gruppo quest’estate condannando il piano di annessione dei territori della Cisgiordania da parte del governo israeliano e il nostro percorso prosegue nella sua formazione e autodefinizione.
Diciamo No
-agli sfratti a Sheikh Jarrah e la conseguente repressione della polizia
-agli ultimi episodi repressivi sulla Spianata delle Moschee
-al governo israeliano che pretende di parlare a nome di tutti gli ebrei ,in Israele e nella diaspora
-ai giochi di potere (di Netanyahu, Hamas, Abu Mazen) che non tengono conto delle vite umane
-ai linciaggi e gli atti violenti che si stanno verificando in molte città israelian
-al bombardamento su Gaza
-al lancio di razzi indiscriminato da parte di Hamas
-alla riduzione del dibattito a tifo da stadio
-all’utilizzo strumentale della Shoah sia per criticare che per sostenere Israele
-alle posizioni unilaterali e acritiche degli organi comunitari ebraici italiani
-agli eventi di piazza organizzati dalle comunità ebraiche con il sostegno della classe politica italiana, compresi personaggi di estrema destra e razzisti
-alla narrazione mediatica degli eventi in Medio Oriente che non tiene conto di una dinamica tra oppressi e oppressori
-a qualunque iniziativa e discorso che veicoli rappresentazioni islamofobe e antisemite
La situazione attuale rappresenta l’apice di un sistema di disuguaglianze e ingiustizie che va avanti da troppi anni: l’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi e l’embargo contro Gaza incarnano l’intollerabile violenza strutturale che il popolo palestinese subisce quotidianamente.
Condanniamo le politiche razziste e di discriminazione nei confronti dei palestinesi.
All’interno delle nostre società riteniamo necessaria ogni forma di solidarietà e mobilitazione, ma ci troviamo spesso in difficoltà. Pur coscienti che antisionismo non sia sinonimo di antisemitismo, osserviamo come un antisemitismo non elaborato, che si riversa più o meno consciamente in alcune delle giuste e legittime critiche alle politiche di Israele, rende alcuni spazi di solidarietà difficili da attraversare.
Si tratta di una impasse dalla quale vogliamo uscire, per combattere efficacemente ogni tipo di oppressione”.

(da Globalist)

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MELONI E SALVINI SOGNANO PALAZZO CHIGI MA SONO TRA I PIU’ ASSENTEISTI IN PARLAMENTO

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

LA MELONI HA COLLEZIONATO 5.119 ASSENZE SU 8.414 VOTAZIONI….SALVINI E’ STATO PRESENTE SOLO 1.051 VOLTE SU 6.565 VOTAZIONI IN AULA

Da una parte Matteo Salvini, dall’altra Giorgia Meloni. Ormai la sfida per la leadership nel centrodestra è partita da quando la segretaria di Fratelli d’Italia – complici i sorprendenti sondaggi che danno il suo movimento politico in fortissima ascesa – non ha nascosto il suo desiderio di ambire alla carica di presidente del Consiglio.
Il Capitano del Carroccio, insomma, è avvisato. Prima di capire chi sarà alla fine a candidarsi per Palazzo Chigi, c’è un’altra sfida che accomuna proprio Salvini e Meloni. E non parliamo certamente – ahinoi – di note di merito.
I due leader del centrodestra, infatti, per ora svettano sugli altri per le loro “onorevoli” assenze. I dati emergono dal sempre puntuale monitoraggio di OpenPolis.
Bisogna innanzitutto precisare che – come specificato sulla piattaforma – con assenza si intendono “i casi di non partecipazione al voto: sia quello in cui il parlamentare è fisicamente assente (e non in missione) sia quello in cui è presente ma non vota e non partecipa a determinare il numero legale nella votazione”.
È questo il sistema senza dubbio più affidabile per comprendere la partecipazione in Aula dei parlamentari considerando, come sottolinea ancora OpenPolis, che “attualmente i sistemi di documentazione dei resoconti di Camera e Senato non consentono di distinguere un caso dall’altro. I regolamenti non prevedono la registrazione del motivo dell’assenza al voto del parlamentare”.
E cosa emerge dal monitoraggio al di là di questa precisazione? I deputati con un tasso di assenteismo compreso tra lo 0 e il 25% sono 502, circa l’80% dei componenti l’aula; solo 23 deputati non hanno partecipato a più della metà delle votazioni.
La leader FdI ha saltato 5.119 votazioni su 8.414 totali
A Palazzo Madama invece quasi tutti i senatori rientrano nella fascia compresa tra lo 0 e il 25% di assenze. Solo 21 senatori infatti hanno un tasso d’assenteismo superiore. Ma il bello deve ancora venire.
Andando sui nomi, infatti, emerge che finora la Meloni ha collezionato oltre il 60% di assenze. In numeri, parliamo di 5.119 assenze su 8.414. E c’è chi ha fatto anche peggio. In questa classifica, infatti, a spiccare alla Camera è Michela Vittoria Brambilla: la forzista ha addirittura il 99% delle assenze (ben 8.333 su 8.414).
Sul podio, però, salgono con pieno diritto anche Antonio Angelucci (FI) e Guido Della Frera (Misto): il primo ha collezionato 8.035 assenze, il secondo 7.027. Ma non è tutto. C’è un altro dato curioso: tra i primi venti assenteisti sono quasi tutti o del Gruppo Misto (Vittorio Sgarbi, quarto per assenze, ha 6.513 assenze) o di Forza Italia (Michaela Biancofiore, per dire, è mancata al voto in 4.835 occasioni).
Andrà meglio al Senato? Assolutamente no. Se si escludono i senatori a vita e la presidente del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati (che così come Roberto Fico alla camera solitamente non partecipa alle votazioni), possiamo notare come anche in questo caso rientrino nella classifica dei 15 politici con la più elevata percentuale di assenze nomi di rilievo del panorama politico presente e passato.
Tra questi possiamo citare Niccolò Ghedini (FI, 71,4% di assenze), Ignazio La Russa (FdI, 59%), Matteo Renzi (Iv, 39,8%), Emma Bonino (Più Europa, 31,5%), Paolo Romani (ex esponente di FI ora nel Misto, 30,8%) e Daniela Santanché (FdI, 28,8%). Al primo posto tuttavia troviamo il senatore del Pd Tommaso Cerno con il 78,1% di assenze.
Record di missioni per Matteo: ne ha collezionate 5.235
E Salvini? Il suo è sicuramente uno dei dati più curiosi. Per il senatore leghista risultano solo 1.051 presenze su 6.565 voti in Aula. Ma le assenze sono ancora più risicate: soltanto 279. E il resto allora, verrebbe da chiedersi? Tutte missioni.
Non si sa perché, dove, come. Ma quel che sappiamo, perlomeno a leggere i dati di OpenPolis, è che su 6.565 sedute finora tenute Salvini è stato in missione in 5.235 occasioni. Un bel numero considerando che la media delle missioni al Senato è pari a 9,34%, mentre il segretario leghista arriva a quota 79,74%. Un leader anche di missioni, non c’è che dire. E in attesa di capire cosa potrebbe accadere alle prossime elezioni politiche nel centrodestra, è un “primato” niente male.
(da La Notizia)

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I GRANDI INDUSTRIALI SPINGONO CALENDA: DONAZIONI RECORD

Maggio 18th, 2021 Riccardo Fucile

TANTO PER CAPIRE CHI RAPPRESENTA

L’ultimo big a mettere mano al portafoglio è stato Maurizio Tamagnini, ex capo di Merrill Lynch in Italia, oggi presidente del consiglio di Sorveglianza di STMicroelectronics e amministratore delegato di Fsi, il Fondo strategico italiano partecipato da Cassa depositi e prestiti.
L’8 marzo del 2021 Tamagnini ha donato 10 mila euro ad Azione, il partito di Carlo Calenda, unendosi alla lunga lista di manager e imprenditori che stanno scommettendo denari sul candidato sindaco di Roma.
Sebbene continui a essere considerato un partito piccolo – l’ultimo sondaggio, realizzato da Swg il 10 maggio, lo dà al 3,7 per cento – Azione è anche uno dei movimenti più ricchi d’Italia, almeno in termini di donazioni.
Gli ultimi dati pubblici a disposizione raccontano che, solo tra gennaio e marzo di quest’anno, il movimento che dice di ispirarsi ai valori “del liberalismo sociale e del popolarismo di Sturzo” ha ricevuto in regalo 92 mila euro.
Sommando tutte le donazioni incassate nell’ultimo anno, il totale fa 370mila euro. Non male per un partito che nell’ultimo bilancio pubblicato dichiara un solo dipendente. Ciò che colpisce di più, però, è che i soldi incassati da Azione provengono quasi esclusivamente da imprenditori.
Un caso abbastanza unico tra i partiti italiani, che invece si finanziano soprattutto con le donazioni dei propri eletti. D’altra parte, di parlamentari Azione ne ha ben pochi: quattro in tutto, fra Camera e Senato, cui si aggiunge Calenda stesso, eletto all’Europarlamento. Nessuno di loro ha mai versato un euro al partito.
Tra gli sponsor di Azione ci sono nomi noti dell’economia e della finanza italiana. Ai 10 mila euro versati da Tamagnini si aggiungono i 5 mila euro donati nel febbraio scorso da Davide Serra. Il finanziere con base a Londra, fondatore e amministratore delegato del fondo Algebris, nell’ultimo anno ha regalato in tutto 19 mila euro al partito di Calenda. Altri 10 mila euro sono stati bonificati a febbraio da Alessandro Riello, presidente di Aermec, gruppo veneto da 700 dipendenti specializzato nella produzione di climatizzatori. Poi c’è la Finregg spa della famiglia Storchi (il presidente, Fabio Storchi, guida Unindustria Reggio Emilia) , che a fine 2020 ha scucito ben 25 mila euro per sostenere il leader di Azione.
Ha scommesso una fiche da 5 mila euro anche Rubinetterie Bresciane Spa, azienda che produce valvole, parte del gruppo Bonomi, 600 persone alle dipendenze dei fratelli Carlo e Aldo Bonomi, quest’ultimo già vice presidente di Confindustria.
D’altronde il legame tra Calenda e gli imprenditori italiani non nasce oggi. Prima di fare il ministro dello Sviluppo economico nei governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, il candidato sindaco di Roma ha lavorato per Confindustria, prima come assistente personale dell’allora presidente, Luca Cordero di Montezemolo, poi come direttore dell’area strategica affari internazionali.
E infatti uno dei maggiori sponsor di Azione fin dalla nascita, nel 2019, è stato Gianfelice Rocca, patron della multinazionale dell’acciaio Techint, membro di vari Consigli di amministrazione (Allianz, Brembo, Buzzi Unicem), già vice di Montezemolo a Viale dell’Astronomia e oggi consigliere speciale di Confindustria per le scienze biologiche. Solo nell’ultimo anno Rocca ha donato al partito di Calenda 20 mila euro, cui si aggiungono i 5 mila euro versati da Maurizio Marchesini, attuale vice presidente di Confindustria con delega alle filiere e alle medie imprese.
I bonifici più pesanti sono arrivati però da due imprenditori della moda, la cui fama va ben oltre i confini nazionali. Da quando Calenda ha annunciato la sua candidatura a primo cittadino della Capitale, nell’ottobre scorso, Pier Luigi Loro Piana e Patrizio Bertelli (marito della stilista Miuccia Prada e amministratore delegato dell’omonimo gruppo) hanno donato 50 mila euro a testa al partito di Calenda. Segno che il mondo degli affari ha già scelto il suo sindaco ideale per Roma.
(da La Notizia)

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