Destra di Popolo.net

DETENUTI MA CON REDDITO DI CITTADINANZA: SCOPERTI CENTINAIA DI ILLECITI NEL NAPOLETANO

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

LA GUARDIA DI FINANZA HA DENUNCIATO 298 PERSONE CHE PERCEPIVANO ILLECITAMENTE IL REDDITO DI CITTADINANZA… OTTO ERANO EVASI DAI DOMICILIARI PER ANDARE AL CAF A FARE LA DOMANDA

Un uomo ha presentato domanda per il reddito di cittadinanza a Frattamaggiore mentre era detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Un caso apparentemente di ubiquità, in realtà soltanto uno dei tanti raggiri che sono stati scoperti dalla Guardia di Finanza, che in otto mesi ha individuato centinaia di domande irregolari presentate da residenti dell’area nord della provincia di Napoli; molti erano detenuti o sottoposti a misure cautelari, tra questi anche otto persone che erano evase dai domiciliari per andare ai caf per presentare domanda.
Le indagini, svolte in collaborazione con l’Inps, coprono il periodo tra il settembre 2020 e il maggio 2021 e sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord. I militari del Gruppo di Frattamaggiore hanno avviato i controlli partendo dai cittadini residenti a Frattamaggiore sottoposti a misure cautelari e hanno verificato se avessero presentato domanda o se già percepissero il reddito di cittadinanza. Tantissime domande, hanno appurato i militari delle Fiamme Gialle, erano state presentate da persone destinatarie di provvedimenti giudiziari che, per legge, fanno venire meno i requisiti.
Nel bilancio complessivo ci sono 298 denunciati, a cui è stato revocato il sussidio; a seconda della posizione (se avevano chiesto il reddito quando erano già sottoposti a misura cautelare o se avevano omesso di segnalare la misura ma già lo percepivano) è scattata la denuncia per truffa ai danni dello Stato o la segnalazione per violazioni alle norme del reddito di cittadinanza. Il danno economico è stato quantificato dall’Inps di Afragola (Napoli) in circa 2,5 milioni di euro.
Tra i casi scoperti dalla Guardia di Finanza c’è quello della domanda recuperata in un centro di assistenza fiscale a Frattamaggiore e che risulta essere stata presentata da un uomo detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per droga: una cosa fisicamente impossibile, visto che nel giorno della presentazione l’uomo era già in prigione. Si è scoperto che a presentare la domanda era stata la moglie, che ovviamente non aveva detto che il marito era detenuto ma aveva inventato un’altra scusa per far accettare la documentazione già firmata dall’uomo.
Ci sono poi gli altri otto casi, che riguardano altrettante persone che per andare a presentare la domanda erano evasi dagli arresti domiciliari a cui erano sottoposti per reati predatori o per droga. Molte delle domande, nonostante l’assenza dei requisiti, erano state accettate ed erano anche partite le erogazioni.
(da Fanpage)

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SALVINI A FATIMA STRUMENTALIZZA PURE LA MADONNA: “HO CONSACRATO LA SALUTE DEGLI ITALIANI”

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

SQUALLIDA PROPAGANDA PURE AL SANTUARIO FACENDO LA FOTO MENTRE ACCENDE UN CERO: UN ATTO INTIMO (SE FOSSE STATO IN BUONAFEDE) DIVENTA UNO SPOT

Ora siamo tornati all’uso politico della religione e così il capo della Lega in difficoltà torna a strumentalizzare Madonna, rosari e crocifissi: “Per me è una gioia, un’emozione, ho consacrato anche la salute, il futuro, la serenità del mio popolo al cuore immacolato di Maria. Questo è un luogo sacro, non esiste politica, non esiste lavoro, non esiste vita, senza valori, dal mio punto di vista senza fede. Sono per la libertà religiosa, di pensiero, di parola, do rispetto ma chiedo rispetto. L’Europa è nata qua, su questi valori può crescere, può guarire, può prosperare”.
Lo ha affermato il segretario della Lega, Matteo Salvini, al termine di una visita al santuario di Fatima.
“Noi parliamo ai cuori, alle teste, alle donne e agli uomini. Ognuno -ha aggiunto il leader del Carroccio- ragiona con la sua testa, prega con il suo cuore e vota con la sua mano, non veniamo a chiedere o a togliere niente a nessuno, però testimoniano la nostra fede e ci tengo a farlo anche con le mie opere”.
Come no, respingendo nei lager libici gli esseri umani che non affogano prima e facendo fotoricordo mentre accende un cero.
Un po’ di vergogna, mai.
(da Globalist)

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LA PROCURA CONTESTA (GIUSTAMENTE) IL GIP: “I FERMI DEI TRE ERANO NECESSARI PER EVITARE CHE CONCORDASSERO UNA VERSIONE”

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

“CI SONO DUE VERSIONI, LE INDAGINI DIRANNO CHI HA RAGIONE”… “MA VI SEMBRA POSSIBILE CHE IL TITOLARE NON SAPESSE NULLA DI QUELLO CHE SUCCEDEVA ALLA FUNIVIA?”

Il gip di Verbania non ha convalidato il fermo di Gabriele Tadini, Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, i tre indagati per la tragedia del Mottarone, che ha causato la morte di 14 persone il 23 maggio. Nella sua ordinanza il giudice di fatto smonta il modus operandi della procura, criticando duramente la decisione della procuratrice Olimpia Bossi di fermare, e quindi mandare in carcere, il direttore del servizio, il gestore dell’impianto sul Lago Maggiore e il dipendente dell’azienda che si occupava di sicurezza.
Secondo il gip non c’era alcun pericolo di fuga e nessuna certezza che Nerini e Perocchio sapessero che Tadini lasciasse i forchettoni a disattivare il freno di emergenza anche quando nella cabina c’erano i passeggeri.
Tadini ha ammesso di aver tenuto questo comportamento, di averlo fatto più volte, ma di aver avvertito gli altri. La sua posizione, dopo l’ordinanza del gip, sembra essersi aggravata. Mentre quella degli altri due sembra ancora poco chiara.
Ma la pm non rinnega nulla del suo operato, a partire dai fermi. In un’intervista a Repubblica dice:
“Ci viene detto di aver dato peso esclusivamente alle accuse che muove Tadini, che invece vengono ritenute non credibili, ma noi possiamo dire che la giudice ha creduto solo alle dichiarazioni degli altri due, sostenendo che non avessero interesse a trascurare la sicurezza. Secondo noi non è così. Ed è stata criticata la frase troppo generica del “tutti sapevano” che ha detto Tadini. Ma secondo lei è possibile che Nerini, titolare della società, peraltro società di famiglia da generazioni, davvero fosse all’oscuro di quello che succedeva alla funivia?
Sui fermi, che per il gip sono stati fatti “al di fuori dei casi previsti dalla legge”, Olimpia Bossi dice ancora:
“Il pomeriggio di martedì ci siamo trovati di fronte a una persona che ha reso piena confessione con dichiarazioni attendibili che parlavano di un gesto, quello di mettere i forchettoni ai freni, che era frutto di una scelta volontaria, deliberata e reiterata che andava avanti da oltre un mese ma secondo i nostri riscontri anche da più tempo. Una persona che ha detto che altre persone sapevano. A quel punto abbiamo avuto la necessità di impedire che quelle persone si potessero mettere d’accordo per concordare una versione dei fatti.”
(da agenzie)

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“TADINI MI DISSE DI TENERE BLOCCATI I FRENI MA ERA DEMORALIZZATO: LUI AVREBBE VOLUTO CHIUDERE TUTTO MA NERINI E PERROCCHIO GLI FACEVANO PRESSIONI”

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

STRAGE FUNIVIA, SI PREVEDONO NUOVI AVVISI DI GARANZIA

Sotto la lente di inquirenti e investigatori, nell’inchiesta della procura di Verbania sull’incidente della funivia del Mottarone che ha provocato 14 morti, entrano ora il ruolo e le presunte responsabilità dell’operatore che quella mattina del 23 maggio, giorno della tragedia, non rimosse i forchettoni dai freni di emergenza su “ordine”, come chiarito da lui stesso a verbale, di Gabriele Tadini, caposervizio.
Le analisi sulle eventuali responsabilità si concentrano su quella mattina, sulla decisione di tenere i ceppi e sulla consapevolezza del dipendente che non li tolse: “Gli addetti avrebbero anche potuto rifiutarsi di disattivare i freni” ha detto la stessa gip, nell’ordinanza con cui ha scarcerato i tre indagati mettendo ai domiciliari Tadini, pur muovendo pesanti critiche all’operato della procura di Verbania.
L’addetto, un manovratore, potrebbe presto entrare nell’elenco degli indagati: sentito come persona informata dei fatti (decisione anche questa aspramente criticata dal gip), è il principale accusatore del caposervizio Tadini, dall’altra notte agli arresti domiciliari nella sua casa di Borgomanero: “E’ stato Gabriele Tadini a ordinare” di mettere “i ceppi” per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era “avvenuta già dall’inizio della stagione, il 26 aprile, quando l’impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid” ha detto in un passaggio chiave della sua deposizione. Il dipendente ha aggiunto anche che “Tadini ordinò di far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti” a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, “anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie”. Tadini, secondo il manovratore, diceva: “Prima che si rompa il cavo ce ne vuole”
A mettere a verbale il nome dell’operatore che quel giorno mantenne i ceppi sulla cabina 3 “su autorizzazione” di Tadini è stato un dipendente-testimone.
L’operatore chiamato in causa ha poi confermato ai pm che fu il caposervizio a dargli l’ordine ma, in linea col verbale di quest’ultimo, ha anche raccontato che Tadini aveva più volte discusso col gestore Nerini e col direttore Perocchio perché lui avrebbe voluto “chiudere” l’impianto e gli altri due non volevano per “motivi economici”.
È l’unico teste agli atti, in sostanza, che è in linea con Tadini e “accusa” i vertici. L’operatore ha anche descritto Tadini come “demoralizzato” e turbato in quei giorni perché, a suo dire, voleva interrompere le attività della funivia per le anomalie ai freni. A Tadini, secondo l’operatore, vennero fatte “pressioni” da Nerini per non fermare i viaggi delle cabine.
Le analisi su presunte responsabilità di altri, oltre a Tadini, nel tenere su i forchettoni a bloccare i freni si concentrano su quel mattino. Anche se pare che fosse una prassi che andava avanti almeno da fine aprile e non è escluso quindi che contestazioni di omissioni dolose di cautele possano essere portate avanti dagli inquirenti anche per altri giorni in cui la cabina viaggiava coi ceppi inseriti e viaggiatori all’interno, ma per fortuna non accadde nulla.
Uno dei punti su cui si stanno concentrando gli inquirenti è anche l’analisi delle comunicazioni, via chat o mail, tra il caposervizio Gabriele Tadini e il gestore Luigi Nerini e il direttore dell’impianto Enrico Perocchio. L’obiettivo è verificare se ci siano state indicazioni sull’uso dei forchettoni per disattivare i freni di emergenza o sulle anomalie del sistema frenante. Anomalie che hanno portato Tadini a bloccare i freni con “i ceppi”. I telefoni dei tre infatti sono stati sequestrati nei giorni scorsi.
Oltre alla possibilità sempre più concreta che nell’inchiesta entrino nuovi indagati c’è il capitolo degli accertamenti irripetibili, necessari anche per fare chiarezza su un capitolo ancora mancante, la prima causa della strage. Gli accertamenti irripetibili che saranno disposti nell’inchiesta sull’incidente della funivia del Mottarone “sono finalizzati a capire perché la fune si sia rotta e sfilata, e se il sistema frenante avesse dei difetti”, e da queste analisi si vedrà se “emergeranno” anche altre responsabilità. Lo ha chiarito la procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi.
Alcuni accertamenti, ha precisato il magistrato, andranno svolti con la cabina ancora là sul luogo della tragedia e altri “dopo la rimozione della stessa: non sarà dunque facilissimo e rapidissimo e quindi serviranno ditte specializzate”.
Il procuratore ha chiarito di non poter fare ora “ipotesi senza una certezza tecnica” sulla rottura della fune. E per il momento si sa solo che “cronologicamente prima si è spezzata la fune e poi essendo stato disattivato il sistema frenante la cabina è precipitata”.
Bossi è tornata a parlare anche in merito alle scarcerazioni dei due indagati Luigi Nerini, il gestore, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio, dei domiciliari a Gabriele Tadini, caposervizio, chiarendo che “l’impianto accusatorio come qualificazione giuridica dei fatti resta invariato e anzi è stato avallato” con la misura cautelare per Tadini per omissione dolosa aggravata dal disastro, e da ciò “ripartiamo”. Sui due il gip parla di indizi insufficienti: “Restano indagati – ha concluso il pm – e l’attività di ricerca prove sarebbe andata avanti comunque”.
(da agenzie)

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VENDOLA DOPO LA SENTENZA SU ILVA: “DAI GIUDICI UNA CARNEFICINA DEL DIRITTO E DELLA VERITA'”

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

“ENNESIMA PROVA DI UNA GIUSTIZIA MALATA, NON STARO’ PIU’ ZITTO”

“Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verita’, è come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perche’ essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata”.
Lo afferma in una nota Nichi Vendola, dopo la condanna di primo grado nel processo “Ambiente svenduto”
E ancora: “Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia. Hanno umiliato persone che hanno dedicato l’intera vita a battersi per la giustizia e la legalità. Hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali: noi non fummo i complici dell’Ilva, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità con quella azienda. Ho taciuto per quasi 10 anni – conclude Vendola – difendendomi solo nelle aule di giustizia, ora non staro’ piu’ zitto.
Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato e’ una vergogna. Io combattero’ contro questa carneficina del diritto e della verita’”.
(da agenzie)

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PROCESSO ILVA: CONDANNA A 22 E 20 ANNI PER FABIO E NICOLA RIVA, TRE ANNI E MEZZO A VENDOLA

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

SI TRATTA DEL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO SULL’INQUINAMENTO AMBIENTALE PRODOTTO DALLA STABILIMENTO SIDERURGICO

La Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato Ambiente Svenduto sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico.
Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva.
Tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti all’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e all’ex presidente della Provincia Gianni Florido per il presunto disastro ambientale negli anni di gestione della famiglia Riva. I pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva.
Adolfo Buffo, ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, ed attuale direttore generale di Acciaierie d’Italia (societa’ tra ArcelorMittal Italia e Invitalia), è stato condannato a 4 anni.
Per Buffo, i pm avevano chiesto la condanna a 20 anni. A Buffo era contestata anche la responsabilita’ di due incidenti mortali sul lavoro.
Ventuno anni di reclusione sono stati invece inflitti all’ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso (28 la richiesta dei pm) e 21 anni anche per Girolamo Archinà, ex consulente dei Riva per le relazioni istituzionali (28 la richiesta dei pm).
Corte d’Assise di Taranto ha disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto per il reato di disastro ambientale imputato alla gestione Riva. La confisca era stata chiesta dai pm.
(da agenzie)

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LA FUGA DEI LEGHISTI DA SALVINI. E GIORGIA MELONI LI ACCOGLIE

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

DIVERSI ESPONENTI LOCALI STANNO PASSANDO A FDI: SAI CHE AFFARE…

Fratelli d’Italia ha aperto i propri porti e sta accogliendo tutti quegli esponenti (locali, nazionali ed europei) eletti con la Lega, ma che sono rimasti molto delusi da Matteo Salvini dopo l’accordo per il governo di larga (larghissima) maggioranza a sostegno del governo Draghi.
Dallo scorso febbraio, infatti, non sono pochi i leghisti ad aver abbandonato il Carroccio per sposare le “idee politiche” di Giorgia Meloni. E mentre lei continua a volare nei sondaggi, arrivando quasi a tallonare il suo collega di coalizione, il lento e costante esodo da via Bellerio a FdI diventa ogni giorno sempre più evidente.
La Lega, come ripete – ormai a mo’ di mantra – Matteo Salvini da settimane quando viene punzecchiato sui sondaggi, continua a essere il partito “più amato dagli italiani”. Ma da tempo il trend è in costante calo. E ora è insediato proprio da quella Giorgia Meloni che, a differenza del Carroccio e di FdI, ha deciso di fare opposizione al governo Draghi, rimanendo l’unica esponente di Centrodestra (in Parlamento) sulla sponda opposta del fiume. E questo, per ora, sta pagando. Il quotidiano La Stampa, inoltre, riporta anche alcune voci dall’interno.
Un parlamentare leghista, che preferisce restare anonimo, conferma: «C’è disagio, e non solo per la scelta di sostenere Draghi insieme al Pd. Pesa anche una gestione tutta accentrata del partito, tutta nelle mani del “cerchio magico” di Salvini».
Insomma, non ci sarebbe solamente la scelta di appoggiare il governo Draghi. Il malcontento a via Bellerio riguarda anche la gestione del partito.
E tra i tanti che hanno deciso di sposare la linea di Giorgia Meloni, lasciando Salvini, troviamo l’europarlamentare Vincenzo Sofo passato al gruppo ECR guidato proprio dalla leader di FdI.
E se in Parlamento non si avvertono scossoni, nelle realtà locali gli strappi sono più evidenti. La conferma arriva dalle scelte delle consigliere provinciali trentine Katia Rossato e Alessia Ambrosi, ma anche da Stefano Santoro, responsabile giustizia della Lega in Sicilia.
A loro si aggiungono due consiglieri comunali, eletti con la Lega e ora passati alla coorte di Giorgia Meloni: Roberto Tomatis (Albenga) e Antonio Baldini (Modena).
(da “NextQuotidiano)

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ENNESIMO GIRO DI VALZER DELLA LEGA SUI MIGRANTI; ORA VUOLE CHE L’ITALIA DIA SOLDI ALLA LIBIA

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

LO SCORSO ANNO CHIEDEVA LO STOP AI FINANZIAMENTI ALLA TURCHIA

Quel “Dai la cera, togli la cera” del maestro Miyagi in “Karate Kid” è stato declinato dalla Lega in “dai i soldi, togli i soldi”.
È questo l’atteggiamento del Carroccio di fronte alla questione migranti. Oggi il sottosegretario al Ministero degli Interni, Nicola Molteni, in un’intervista a Libero quotidiano ha detto che l’Europa dovrebbe dare soldi alla Libia per fermare la partenza dei barconi.
Insomma, come quando vennero firmati gli accordi per consegnare le motovedette (italiane) alla guardia costiera libica.
Però, solo qualche mese fa, lo stesso Carroccio – questa volta attraverso le parole del suo segretario, Matteo Salvini – aveva attaccato l’Unione Europe per i soldi dati alla Turchia. E il tema era sempre quello dei migranti.
Un doppio volto noto da tempo e che, anche oggi, si palese in questo atteggiamento controverso e contraddittorio da parte della Lega che prova sempre a trainare – in favore di telecamere (e di sondaggi) – la questione migranti dalla propria parte. Il tutto puntando sulla memoria corta dei cittadini che, nella valanga di comunicazione perenne e perpetua, spesso dimenticano i continui giri di valzer fatti dal partito.
“Stiamo per ridiscutere gli accordi economici con la Turchia, sarà anche l’occasione per insistere perché una tranche di soldi venga investita nel Mediterraneo centrale”, ha detto oggi Nicola Molteni a Libero.
Ma come è possibile? Solo qualche mese fa (era il marzo dello scorso anno), la posizione ufficiale del partito passava attraverso le parole di Matteo Salvini che chiedeva all’Europa l’esatto contrario. Ed è testimoniato anche dalla memoria social che, fortunatamente, aiuta a non dimenticare.
“Stop definitivo alla Turchia in Europa, azzeramento dei miliardi garantiti da Bruxelles ad Ankara e cancellazione dell’accordo doganale del 1995. L’atteggiamento di Erdogan è inaccettabile e merita misure drastiche: gli Stati europei mandino immediatamente soldati e mezzi militari per proteggere il confine greco-turco e quello bulgaro-turco. Da anni la Lega solleva il pericolo turco: l’Europa apra gli occhi prima che sia troppo tardi”.
Erano i giorni delle tensioni con la Turchia, con Erdogan che aveva deciso di far varcare a “120mila migranti” il confine con l’Europa.
Ieri (marzo 2020) si chiedeva di cancellare i fondi verso Ankara, oggi (maggio 2021) si chiede di dare soldi alla Libia per fermare i migranti.
Due voci diverse, ma che fanno parte dello stesso partito. Chissà se si sono parlati prima di rendere pubblica questa idea.
(da NextQuotidiano)

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LA RISPOSTA PERFETTA DELLA CROCE ROSSA A SGARBI CHE DIFFONDE FAKE NEWS

Maggio 31st, 2021 Riccardo Fucile

UNA BUFALA CONDIVISA DAL PARLAMENTARE, MA IL PROFILO SOCIAL UFFICIALE DELLA CROCE ROSSA LO ZITTISCE

“Elementare, Watson!”, scrive Vittorio Sgarbi sui social condividendo l’ennesima serie di fake news sulla pandemia e sulla campagna vaccinale. Bufale su bufale racchiuse in un solo post, utilizzando il volto di Antonio Albanese e dell’iconico personaggio Cetto La Qualunque, probabilmente ripreso da qualche pagina no vax che mira a fare disinformazione sul virus e sulla campagna vaccinale.
Tant’è che si è dovuta scomodare perfino la Croce Rossa Italiana per sottolineare quante informazione false siano state pubblicate dal parlamentare e critico d’arte.
Sgarbi e la figuraccia social: viene corretto dalla Croce Rossa sui vaccini
Con il suo classico modo di comunicare, Vittorio Sgarbi ha pubblicato questo post sulla sua seguitissima pagina Facebook (ma anche su Twitter).
Oltre a una serie serie di informazioni sbagliate, non veritiere e palesemente parziali, questo meme contiene – in alto – anche lo stemma della Croce Rossa Italiana che, dunque, è intervenuta rispondendo per le rime a questa disinformazione social fatta da un parlamentare della Repubblica italiana.
“Le segnaliamo che l’immagine da lei condivisa è una fake news, originata da un fotomontaggio che abbiamo già più volte segnalato alla piattaforma social perché, oltre a diffondere informazioni scorrette e fuorvianti, lede l’immagine della nostra Associazione. Grazie”
Perché si tratta di un post ricco di fake news
Le falsità contenute in quel meme sono evidenti a tutti. Le uniche cose vere sono le indicazioni che continuano a valere per tutti: utilizzo della mascherina e mantenimento del cosiddetto distanziamento social. Anche se si è vaccinati. E i motivi sono ben noti: si tratta, infatti, di misure che hanno come obiettivo quello di non vanificare gli effetti della campagna vaccinale.
Il critico d’arte – artatamente, non a caso – dimentica di sottolineare come i prodotti anti-Covid utilizzati in tutto il mondo abbiano come obiettivo primario quello di evitare che l’eventuale contagiato sviluppi la forma più grave della malattia (la polmonite bilaterale), causa principale dei decessi nei mesi scorsi. E gli effetti di questi vaccini sono visibili dai dati (non solo quelli di ieri, dove si è toccato il numero più basso di morti dallo scorso mese di ottobre) delle ultime settimane che vedono un netto calo nei ricoveri e – soprattutto – nell’occupazione delle terapie intensive. Ma se si vuole fare “politica” con i meme, si finisce per fare figuracce.
(da NextQuotidiano)

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