Destra di Popolo.net

“MINACCE E SPUTI AL CONTROLLORE DEL TRENO PER VIAGGIARE SENZA PAGARE“: PER EVITARE LA CONDANNA IL LEGHISTA BORGHEZIO CHIEDE L’IMMUNITA’ AL PARLAMENTO EUROPEO

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

HA ANCORA IL CORAGGIO IL PARLARE DI “PERSECUZIONE GIUDIZIARIA“… LA COMMISSIONE UE NON GLIELA RICONOSCE

È a processo per aver insultato, minacciato, intimidito e sputato addosso a un controllore del treno, colpevole di avergli chiesto il biglietto che non aveva.
E per salvarsi invoca (da più di tre anni) l’immunità da ex parlamentare europeo “per le opinioni o i voti espressi dell’esercizio delle funzioni”.
Di chi parliamo? Di Mario Borghezio, leghista noto per i flirt con i neofascisti di Lealtà e Azione, per le sparate razziste e xenofobe e per l’accusa di aver rubato documenti storici dall’Archivio di Stato di Torino.
C’è però un suo ennesimo guaio giudiziario che nessuno – o quasi – conosce, su cui l’Aula di Bruxelles dovrà esprimersi lunedì 14 febbraio: Borghezio è imputato davanti al Tribunale di Imperia di minaccia, oltraggio a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio, per un episodio del 13 giugno 2015 a bordo del treno italo-francese “Thello”, nel tratto tra Ventimiglia e Nizza.
Su cui l’allora eurodeputato, si legge nell’atto di citazione a giudizio, “pretendeva di poter viaggiare senza acquistare il relativo biglietto di trasporto, in quanto riteneva che ciò gli fosse consentito poiché ricopriva le cariche di deputato presso il Parlamento italiano e il Parlamento europeo”.
Quando l’agente di bordo, il 37enne Enzo C., gli spiega con cortesia che non si può (“in relazione alla tipologia di treno e alla tratta”), Borghezio non la prende bene.
“Lei non sa chi sono io. Le faccio rapporto alle alte sfere e poi vedremo, voglio parlare con il suo superiore“, sbraita, “facendo così capire al predetto che avrebbe rischiato il posto di lavoro se avesse insistito nella richiesta di pagamento”.
E davanti al rifiuto perde del tutto le staffe: “Intanto io salgo a bordo, poi vedremo, intanto io posso pagare tutte le ammende del mondo“, si pavoneggia, forse con riferimento ai novemila euro al mese circa della sua retribuzione.
“Vedremo se pago. Io le faccio rapporto”. Poi, per gradire, gli sputa addosso. E anche dopo essere salito di forza sul convoglio “insisteva in tale sua illegittima pretesa, tanto da costringere il capotreno, Michaele K., a chiedere l’intervento della polizia francese, che lo costringeva a scendere a terra alla successiva stazione ferroviaria di Mentone”, da cui l’accusa di interruzione di pubblico servizio.
Una volta scoperto di essere sotto indagine, il leghista chiama in soccorso l’allora presidente dell’Eurocamera, Antonio Tajani. Sostiene “che la fattispecie integri in maniera inoppugnabile un caso di persecuzione politico-giudiziaria” e “vi sia stata violazione dei privilegi e immunità del sottoscritto Deputato”, perché il controllore, scrive, “nonostante avessi dichiarato la mia qualità, mi aveva opposto un immotivato rifiuto, che ho inteso e percepito come discriminatorio”.
E chiede di essere protetto dai magistrati in base all’articolo 8 del Protocollo sui privilegi e le immunità, secondo cui “i membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni“, senza però chiarire – nonostante le numerose richieste di Tajani – in che modo aggredire un agente ferroviario costituisse esercizio di funzioni parlamentari.
Ed è nella seduta di lunedì alle 18 che l’assemblea di Bruxelles, a sette anni dai fatti, deciderà se l’ex membro merita o no di essere salvato. Una data attesa anche dal giudice monocratico di Imperia, che ha sospeso il processo in attesa del verdetto (la prossima udienza è fissata al 19 aprile).
A ridurre le probabilità che Borghezio la faccia franca, però, c’è la relazione della Commissione giuridica votata il 2 febbraio scorso, che il plenum dovrà confermare o smentire. A grandissima maggioranza – 24 voti contro 2 – l’organo ha proposto “di non difendere i privilegi e le immunità di Mario Borghezio”, perché, “nella sua audizione dinanzi alla commissione giuridica”, il politico “non ha dichiarato nulla che permetta di concludere che l’alterco in questione riguardasse l’espressione di un’opinione politica dell’ex deputato”.
Pertanto, è la conclusione, “il presunto reato non riguarda opinioni o voti espressi nell’esercizio delle funzioni”.
(da Il Fatto Quotidiano)

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LA CHAT CON FRASI RAZZISTE E VIOLENTE INGUAIANO IL CONSIGLIERE COMUNALE DI FRATELLI D’ITALIA

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

UNA TALPA NELLA MAGGIORANZA DI CENTRODESTRA DIVULGA IL DELIRIO, LA MELONI NON PRENDE PROVVEDIMENTI… LA ESILARANTE AUTODIFESA: “FRASI MISERABILI, SCRITTE DURANTE UNA CONDIZIONE PERSONALE ESASPERATA”

Prodigo di affondi razzisti e in salsa fascista nella chat di maggioranza (aperta solo a sindaco, assessori e consiglieri), muto come un pesce nel giorno della divulgazione a scoppio ritardato del suo argomentare.
Così Umberto Costantini, dal febbraio 2021 consigliere comunale in quota a Fratelli d’Italia dopo essere entrato nell’assise sotto l’insegna centrista di Liguria Popolare. ”
Boia chi molla e massime di Junio Valerio Borghese. Migranti definiti “pinguini”, “cavallette” e “beduini” che rovinano “la razza”, da trattare “con i metodi” del Duce (“li porti dentro e li legni”). E anche sparate no vax, colorate di tinte xenofobe: “Se fanno passare il Green Pass scoppia la rivoluzione“
È bufera di polemiche sui messaggi che avrebbe inviato il consigliere comunale di Fratelli d’Italia a La Spezia Umberto Costantini in un gruppo condiviso con diversi altri esponenti di maggioranza.
Al momento il sindaco Pierluigi Peracchini non avrebbe voluto commentare quanto accaduto.
L’Anpi provinciale ha anche chiesto le dimissioni del consigliere Costantini. “Quanto scritto da Costantini ci indigna profondamente e offende le radici di tutta la cittadinanza della Spezia. Al sindaco Peracchini, che è tenuto a farsi garante dei valori della Costituzione, chiediamo una netta presa di posizione. Il gesto concreto che ci aspettiamo non può essere che l’allontanamento di Costantini”.
Il diretto interessato due giorni dopo prova a mettere un tappullo che è peggiore del buco:
“Sono stato attaccato duramente e in modo riprovevole dalla stampa nazionale e locale che ha divulgato una chat privata in cui avrei espresso frasi incommentabili di oltre un anno e mezzo fa. Queste frasi sono espressione della miseria umana, giudizio netto che riguarda anche me stesso nel momento in cui tali espressioni fossero riconducibili, nei termini riportati, alla tastiera del mio telefono.
Per questo mi scuso con tutte le persone che hanno letto queste mie espressioni indegne scritte durante una condizione personale esasperata e nelle quali sinceramente non mi riconosco. Scuse che estendo anche al mio partito Fratelli d’Italia cui all’epoca non appartenevo e a cui mi auguro di dare lustro nel futuro e non imbarazzo.”
La Meloni non pervenuta.
(da agenzie)

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CRISI M5S, IL POLITOLOGO REVELLI: “HANNO AMMORTIZZATO LO SCONTENTO, MA ADESSO SOLO LITI NEL POLLAIO”

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

“DI MAIO E’ PARTITO DA MASANIELLO PER FINIRE DOROTEO”

Professor Marco Revelli, sociologo e politologo, cosa sta succedendo nei Cinquestelle?
“È in corso un processo di liquidazione di un soggetto politico che per nove anni ha svolto un ruolo centrale nel nostro sistema, ma che non ha retto alle prove di governo e che si trova ora in questa condizione di crisi perché il meccanismo di selezione della sua dirigenza è stato inadeguato”.
Dove sono mancati?
“Nella fase Ur, alle origini, il Movimento aveva attirato molti leader sociali, che disponevano di legami veri con il territorio, e che però non sono transitati nella rappresentanza parlamentare. Men che meno ciò è avvenuto a livello locale, dove c’erano delle praterie. Anche lì il M5S non ha toccato palla”
Come si spiega?
“Prenda Parma, dove un sindaco bravissimo come Pizzarotti, è stato inspiegabilmente ostracizzato. O Livorno, dove invece è stata sprecata un’occasione. Si è voluto premiare una galassia dilettantistica, o trasformistica il cui esempio più clamoroso è dato da Luigi Di Maio: un Masaniello diventato doroteo”
Lei ha capito cosa divide Conte da Di Maio?
“Sono due galli nel pollaio, è uno scontro di potere. Quale sia la visione della società dei due mi sfugge. Di Maio è un parvenu. Conte è una figura di establishment, un avvocato di alto livello che si è arenato nella politica”.
Lo definì un populista gentile. Ha cambiato idea?
“No, lo direi ancora. Era un giudizio sul suo governo durante la prima fase della pandemia, nella quale ha svolto il suo compito con molta dignità”.
Non è portato per la guida politica?
“Assolutamente no. E’ un mediatore assoluto, del resto ha diretto due governi di segno opposto. Mario Tronti definiva la Dc “mediazione pura”, ecco Conte è il perfetto democristiano. Ma con queste caratteristiche un partito ti fa a pezzi. Non capisco come non molli tutto per tornare all’insegnamento all’università”.
E perché torna Grillo, l’uomo solo al comando?
È la maledizione della dimensione Ur, quando vacilla l’identità si va a cercare la figura totemica dell’origine. E’ una reazione psicopolitica. Dubito che Grillo possa però sanare il conflitto in atto”.
Fico perché tace sullo scontro in corso?
“Perché quella del presidente della Camera è una gabbia micidiale. Ti neutralizza politicamente. Lo abbiamo visto con Bertinotti. E vale quindi anche per Fico, che per il resto svolge decorosamente il suo ruolo, a confronto della guida dell’altro ramo del Parlamento”
Cosa rivela un Movimento alle prese con le carte bollate?
“Litigano su questioni che suonano incomprensibili al cittadino medio, che poi è il rimprovero che muovevano al sistema politico anni fa: ‘Si occupano di cose che non c’entrano niente con la vita delle persone'”.
Manca la visione politica?
“È probabilmente la vera ragione della crisi. I cinquestelle esplosero dopo il governo Monti, come reazione all’austerità, ma poi irruppero in massa in Parlamento senza una cultura politica. Il risultato: retorica da capipopolo e pratiche democristiane”.
Che bilancio si può fare?
“Hanno svolto un ruolo di ammortizzatore dello scontento. Una massa enorme di elettori che poteva finire nelle braccia dell’estrema destra ha scelto Grillo. Hanno fatto da bacino di contenimento. Mi viene in mente la definizione del politologo sudamericano Benjamin Arditi che parla dei partiti populisti come di un “invitato incomodo”, quello che si presenta a un party elegante un po’ alticcio, vestito male, e comincia a stuzzicare le signore, l’invitato che non si vorrebbe mai avere, ma che dice anche cose vere, profonde. Questo è stato, all’inizio, l’M5S”.
Quali erano queste verità profonde?
“Che le democrazie rappresentative non rispecchiano più i popoli. Infatti il cinquanta per cento dell’elettorato non vota. E il problema è intatto. La malattia c’è ancora. Ma i cinquestelle non sono più la cura”
Ha sempre difeso il reddito di cittadinanza.
“Sì, c’è in tutti i paesi, salvo in Ungheria e Grecia. È un modo per contrastare le povertà, una misura necessaria. Poi, qui ci si è affidati ai navigator e quindi è stata realizzata male”.
Quanto contano i grillini ancora nella società?
“Lo zoccolo duro, è secondo i sondaggi, meno della metà del 2018: non so quanto rimarrà solido a lungo andare. E’ rimasta nel loro elettorato come un traccia subliminale. Il Movimento è il rifugio di chi non sa dove prendere casa, e quindi pianta delle tende lì. Ma non vedo più energia. L’energia è finita”.
La base si è fatta silenziosa.
“Non conosco più nessuno che fa il militante. Non fanno più parte dei movimenti. Erano forti tra i No Tav, in Puglia, a Taranto, in Basilicata, in Sicilia, ma in tutti questi posti le loro stelle sono cadute”.
Quindi le domande che ponevano restano?
“Sì, e drammaticamente direi. Ma non si capisce chi può raccoglierne il testimone. C’è un gigantesco invaso di delusi che si astengono e che rischia di travolgere tutto come uno tsunami. È un’immagine che mi terrorizza. Alla fine il progressivo declino dei Cinquestelle destabilizza il sistema, crea nuova instabilità. Bisogna parlare a questa società prima che si consegni alla destra più estrema, com’è già accaduto in altre parti d’Europa”.
(da agenzie)

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TAJANI: “SE AVESSI FIGLI PICCOLI LI FAREI VACCINARE“

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

CENTRODESTRA DIVISO ANCHE SUL VACCINO AI BAMBINI

Il centrodestra è sempre più diviso, ora anche sul tema dei vaccini anti Covid. È stata la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ad aprire ieri questa ulteriore crepa, affrontando il delicato tema delle vaccinazioni ai bambini.
Nell’intervista rilasciata a Massimo Giannini su La Stampa ha infatti dichiarato di non aver intenzione di immunizzare sua figlia di 5 anni: “Non vaccino mia figlia perché il vaccino non è una religione, è una medicina”, ha detto, “quindi valuto i rapporto rischi-beneficio”, aggiungendo che “Le possibilità che un ragazzo muoia di covid sono le stesse che uno muoia colpito da un fulmine”, ha proseguito. “Questo è un vaccino in sperimentazione, che finisce nel 2023”.
Naturalmente Giorgia Meloni, che nella stessa intervista ha anche detto di volersi proporre come guida della coalizione, e quindi a capo di un eventuale governo nel caso di vittoria alle prossime politiche, è stata contestata da esperti e scienziati, per la sua presa di posizione.
Come lei la pensa Matteo Salvini, il quale a sua volta ha detto ‘no’ alle somministrazioni del siero anti Covid sui più piccoli. Intervistato da ‘Radio Capital’, il segretario del Carroccio, forse per cercare di strappare qualche punto all’alleata, ha detto: “Mia figlia non è vaccinata, sono scelte che riguardano mamme, papà e pediatri, non sono oggetto di dibattito politico”.
Qualche ora dopo il numero due di Forza Italia, Antonio Tajani, ha fatto capire di voler prendere le distanze da Lega e Fratelli d’Italia sulla materia: “I miei figli sono più grandi” di quelli di Salvini e Meloni “e sono vaccinati tutti e due. Ognuno è libero di scegliere ciò che vuole per i propri figli. Io mi sono vaccinato e i miei figli anche. Se avessi un figlio in età minore, lo farei vaccinare, anche se fosse piccolo”, assicura il presidente della commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo, incontrando in serata la stampa a Bruxelles.
Non è la prima volta del resto che Forza Italia si trova contro il resto del centrodestra e nettamente a favore delle politiche del governo per la gestione della pandemia.
(da Fanpage)

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CON LA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI IN TANTI SONO A CACCIA DI UNA POLTRONA

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

LA CASACCA DI SINDACO TORNA AMBITA

Pare un fuggi fuggi e forse è proprio così: con la riduzione del numero dei parlamentari e la legislatura ormai agli sgoccioli la casacca da sindaco torna a diventare ambitissima pure per chi è abituato a ben altri scranni. Tre dei quattro capoluoghi di regione che andranno al voto nei prossimi mesi son stati già prenotati dai parlamentari: L’Aquila, Genova e Palermo.
Ma c’è da credere che dopo il gran sconquasso quirinalizio, un terremoto per leadership partiti e pure coalizioni, saranno ancor di più deputati e senatori tentati dal bene-rifugio comunali. Si torna a casa sul territorio, bagno di umiltà o ciambella di salvataggio chissà.
O una via crucis, va a vedere. Ecco il caso del capoluogo abruzzese: l’altro giorno si è tenuto un summit in casa Pd-5Stelle per individuare un candidato unico per contendere la poltrona di primo cittadino a Pierluigi Biondi di Fratelli d’Italia che alle elezioni precedenti aveva sbaragliato la concorrenza. Risultato? Nessun accordo, ognun per sé e anche peggio dato che i pentastellati andranno da soli (con Fabrizio Marinelli) e il Pd di candidati ne ha due: Americo Di Benedetto, uscito la scorsa volta con le ossa rotte nel confronto con Biondi e Stefania Pezzopane deputata di lungo corso con poche possibilità di rientrare alla Camera nonostante la fama e pure molte battaglie combattute con successo per assicurare alla città tutti i fondi per la ricostruzione
Vuol diventare sindaco di Genova il senatore ex pentastellato oggi tra i leader di Alternativa Mattia Crucioli fiero oppositore del green pass e soprattutto noto sotto la Lanterna per la sua battaglia a fianco dei familiari delle vittime del crollo del Ponte Morandi . Proposto in rappresentanza di quattro forze politiche “contro il sistema Draghi”: Alternativa, innanzitutto, Italexit di Gianluigi Paragone e due movimenti meno noti, Ancora Italia e Riconquistare l’Italia, che hanno deciso di presentare una lista civica unitaria alle prossime elezioni amministrative. Il quarto capoluogo di regione al voto è Catanzaro: in pista ci son già almeno quattro candidati espressione del territorio ma non è affatto escluso che arrivi a far man bassa della poltrona di sindaco uno o addirittura più di un parlamentare calabresi destinato a non essere rieletto alle prossime politiche.
Del resto piacerebbe diventare sindaco, ma del comune di La Spezia, anche ad Andrea Costa che parlamentare non è, ma sottosegretario alla Salute del governo Draghi.
La sfida più importante però è quella di Palermo dove sono in campo ben due parlamentari: il renziano Davide Faraone che è capogruppo di Italia Viva al Senato e Carolina Varchi, uno degli astri nascenti di Fratelli d’Italia. Candidature per una piazza ambita come quella di Palermo che hanno anche un altro significato: son messaggi (poco cifrati) agli alleati che sull’isola fanno le bizze in vista delle Regionali.
(da agenzie)

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DE LUCA CHIEDE ALLA MELONI SE HA ASCOLTATO IL PARERE DEI NO VAX ANCHE PER GLI ALTRI VACCINI FATTA ALLA FIGLIA

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

E RICORDA CHE LA MELONI; PRIMA DI INSEGUIRE I VOTI DEI NO VAX, IN PASSATO ERA FAVOREVOLE AI VACCINI

L’aver portato in pubblica piazza la sua decisione di non far vaccinare la figlia contro il Covid ha esposto, inevitabilmente, la leader di Fratelli d’Italia a una serie di critiche e pareri da parte di esperti e politici.
Poi, a stretto giro, questa sua posizione è stata condivisa anche dal suo (ex?) alleato Matteo Salvini che ha sottolineato come anche lui non ha alcuna intenzione di far immunizzare sua figlia. Parole che hanno infiammato lo scontro a distanza tra Vincenzo De Luca e Giorgia Meloni.
Il Presidente della Regione Campania, nella sua consueta diretta Facebook del venerdì pomeriggio, ha dedicato un minuto all’argomento, ponendo un interrogativo ben preciso alla Presidente di Fratelli d’Italia:
“L’onorevole Meloni ci ha comunicato che non intende vaccinare la sua bambina. Ne prendiamo atto. Non sappiamo se abbia vaccinato la sua bambina con il vaccino anti polio, anti difterite, anti rosolia. Non so se in quella circostanza ha chiesto il parere dei no vax. Ma prendiamo atto di comunicazioni che potremmo risparmiarci, quando abbiamo responsabilità pubbliche”.
Vincenzo De Luca sottolinea, dunque, come quel tipo di comunicazione vada oltre le responsabilità pubbliche di una leader di partito Ma prima la pizzica su tutti gli altri vaccini. Anche perché Giorgia Meloni, come scritto nel 2018 da un post pubblicato proprio da lei nel 2018, sosteneva l’importanza dell’immunizzazione e come sia fondamentale – per una società civile – affidarsi alla scienza e riconoscerne il ruolo.
Era il 22 giugno del 2018 e non c’era alcuna pandemia in corso (a quello stesso periodo risalgono altri post poi fatti sparire di recente, sempre sul tema pro-vax). Ma Giorgia Meloni era certa che “la salute degli italiani, e in particolare dei nostri figli, non è argomento sul quale dividersi o dare giudizi sommari”. Insomma, niente messaggi confusi e contraddittori (o falsi, come che il vaccino anti-covid sia “sperimentale”) da parte della politica.
All’epoca, però, il fronte no vax non sembrava così ampio da poter esser sostenuto per fare una campagna elettorale. È evidente la correlazione.
(da agenzie)

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SIGFRIDO RANUCCI QUERELA IL RIFORMISTA, IL GIORNALE E LIBERO

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

PUBBLICANO AUDIO “RISULTATO MANIPOLATO DA DUE PERIZIE“

Sigfrido Ranucci passa all’attacco e annuncia querela contro Il Riformista, Il Giornale e Libero: “Pubblicano stralci di audio che è risultato manipolato da due perizie”, ha scritto in un post su Facebook. “L’audio – ha aggiunto – era stato registrato da due emissari di Flavio Tosi con l’intento di bloccare una mia inchiesta. L’allora ex sindaco mi accusò di dossieraggio illecito, di dossier acquistati con fondi neri Rai. Le accuse si rivelarono false, il nastro manipolato e Tosi fu condannato nel 2019 per diffamazione. Oggi Sansonetti e Torchiaro (direttore e giornalista del Riformista, ndr) fanno di più. La manipolazione 2.0. Attribuiscono a quell’audio del 2014 un contesto diverso, una inesistente riunione fatta dal sottoscritto con dei freelance. Ma pongono le stesse accuse: “Dossieraggio e filmati acquistati con fondi neri della Rai”.
“Credo che mai si era arrivati così in basso – commenta amaro il giornalista – pur di gettare fango su Report e il sottoscritto. Sarebbe bastato leggere nei loro archivi per capire che è stata servita una polpetta avvelenata. Invece hanno preferito servire il terzo dossier falso contro di me. Viste le modalità presenterò querela, risarcimento danni e chiederò intervento dell’ordine dei giornalisti”
Negli ultimi giorni il nome di Sigfrido Ranucci era tornato a circolare per via del deputato di Forza Italia Andrea Ruggeri, che aveva parlato di alcuni messaggi inviati dal giornalista in merito a quel dossier (falso) portato proprio dal parlamentare forzista in Commissione di Vigilanza Rai in cui si accusava – attraverso una lettera anonima e già valutata come non vera – il presentatore della televisione pubblica di mobbing sessuale.
(da agenzie)

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L’AUTOGOL DEL RIFORMISTA CONTRO REPORT: PUBBLICA UN DOSSIER CON AUDIO MANIPOLATO, GIA’ CONFERMATO TALE DA UN TRIBUNALE

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

UN ALTRO VERGOGNOSO TENTATIVO DI DIFFAMARE LE INCHIESTE DI REPORT

Uno scivolone a dir poco spiacevole per il giornale diretto da Piero Sansonetti. Questa mattina, 11 febbraio, come anticipato ieri sera nella versione online, Il Riformista ha pubblicato un articolo intitolato Ecco Ranucci: fatture false, latitanti, dossier di fango e super 007 molto amici.
Il quotidiano ha detto di essere in grado di rivelare come il giornalismo di Report e quello del suo autore e conduttore, Sigfrido Ranucci, siano in realtà basati su «Fatture false, 007 e latitanti».
Peccato che i documenti che rappresentano la prova regina dell’articolo siano in realtà provenienti da un’attività di dossieraggio nei confronti proprio di Ranucci per la quale l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi è già stato ritenuto responsabile.
Un tribunale ha già ricostruito, peraltro ben sei anni fa, che per screditare il reporter all’epoca era stato addirittura manipolato un audio con la sua voce.
Il Riformista pubblica l’articolo in giorni incandescenti per Ranucci e la sua squadra: il conduttore è stato oggetto di un audit interno alla Rai, finito con l’archiviazione, ma al seguito del quale ha avuto uno scontro verbale, a colpi di messaggini, con un membro della commissione di Vigilanza, Andrea Ruggieri, che ora minaccia di denunciarlo.
Sull’onda di questa vicenda, Il Riformista racconta di poter provare che, appunto, il metodo Ranucci è basato su dossier, 007, rapporti con latitanti e afferma, senza dare grandi elementi di contesto, che davanti alla proposta di sedicenti freelance che annunciavano materiale capace di «incastrare un politico» il giornalista avrebbe proposto di pagare le informazioni fatturando altro materiale e fingendo che provenisse dalla Calabria: «Tanto paga la Rai», affermerebbe in un audio il giornalista, specificando che invece il dossier sul politico da incastrare sarebbe dovuto arrivare con una busta anonima. Sarebbe tutto molto inquietante, sia per l’informazione sia per le tasche degli abbonati Rai, se non fosse che questa storia è già stata raccontata. Ma un tribunale, nel 2016, ha anche stabilito che è falsa e che l’audio di Ranucci è stato manipolato.
I fatti risalgono alla primavera 2014 e Report li ha anche mandati in onda, almeno in parte, il 7 aprile di quell’anno, quando Ranucci era ancora il “vice” di Milena Gabanelli.
In estrema sintesi il portavoce dello stesso Tosi, tale Borsato, assieme a due persone che il giudice Livia Magri definisce «agenti provocatori», fece credere a Ranucci di avere un video di un festino hard a cui avrebbe partecipato assieme all’allora sindaco di Verona. I freelance di cui parla Il Riformista erano proprio i due che lavoravano con Borsato, uno dei quali calabrese, Massimo Giacobbo, presentato da Borsato «colorendo la farsa aggiungendo che questi era terrorizzato per la propria incolumità e doveva quindi acquisire fiducia nel giornalista prima di poter consegnare il filmato ed essere pagato», scrive il giudice che ha analizzato i fatti.
Insomma, scrive il giudice Magri decretando l’imputazione coatta nei confronti di Tosi, Ranucci «lungi dalla andarsene in giro a diffamare Tosi stava verificando la veridicità delle proprie notizie nella maniera più scrupolosa, ascoltando fonti informate e in grado di fornire prove certe a riguardo e si preoccupava quindi di acquisire tali prove certe». Tosi, il politico oggetto della presunta diffamazione, era invece consapevole di quanto stava succedendo e per questo sarà poi riconosciuto responsabile dell’accaduto: come verrà stabilito, avrebbe scientemente depistato il giornalista per costringerlo a rivelare cosa aveva contro di lui.
Scrive ancora il giudice:
Giacobbo secondo quanto risulta dalla registrazione del medesimo incontro depositata datosi in allegato alla querela, analizzato alla questura di Padova, confermerà Ranucci di essere in possesso del video avendolo egli stesso prodotto nel corso del festino hard e insieme a Borsato indurrà Ranucci a rivelare le notizie fino a quel momento raccolte e anche mostrare le interviste acquisite che poi coincidono con quelle mandate in onda la trasmissione del 7 aprile.
Anche l’audio pubblicato dal Riformista, quello in cui Ranucci annuncerebbe di poter usare i fondi Rai come veri e propri fondi neri, viene da questa vicenda. Si tratta dell’audio in cui Borsato, Giacobbo, un’altra persona e Ranucci parlano del video che dovrebbe provare i comportamenti di Tosi. E, stando alla perizia su cui si basa l’archiviazione del giornalista, è stato alterato per rendere più gravi le affermazioni di Ranucci.
(da agenzie)

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“PERCHÉ NON PORTERÒ PIÙ MIO FIGLIO ALLO STADIO”: LA LETTERA DEL MAGISTRATO ROBERTO SPANO’ AL “CORRIERE DELLO SPORT”

Febbraio 11th, 2022 Riccardo Fucile

DURANTE IL DERBY INTER-MILAN A SAN SIRO “SPUTI DAGLI ANELLI SUPERIORI, RAID DI UN GRUPPO DI INCAPPUCCIATI CHE COLPIVA TUTTI A CALCI E PUGNI. MIO FIGLIO DI 9 ANNI TERRORIZZATO, STEWARD ASSENTI. IL SILENZIO SUI MEZZI D’INFORMAZIONE”

Ha fatto precedere la lettera da una telefonata: «Vorrei che la considerasse lo sfogo di un padre scandalizzato e amareggiato che ha portato per la prima volta il figlio di 9 anni allo stadio. La prima e anche l’ultima, e spiegherò perché. Può anche non firmarla, non è questo l’aspetto più importante e poi non sono alla ricerca di visibilità». Dopo averla letta non credo che serva una risposta, un commento: dentro c’è tutto, ci sono i nostri stadi.
L’autore, il padre, ad ogni modo, è un magistrato, Roberto Spanò, presidente della sezione Penale del Tribunale di Brescia.
Caro direttore, scrivo per segnalare gli incresciosi episodi di cui sono stato – purtroppo – spettatore nella giornata del 5 febbraio, in occasione del derby Inter-Milan, verificatisi, a mio giudizio, anche e soprattutto a causa delle gravi manchevolezze evidenziate dal servizio d’ordine gestito dalla società ospitante.
Sabato pomeriggio mi sono recato al Meazza a seguito delle insistenze di mio figlio di 9 anni, che mai aveva assistito prima di quel momento dal vivo a una partita di calcio. Forse, ingenuamente, non avendo dimestichezza con lo stadio, non ho considerato che i biglietti del primo anello blu mi avrebbero esposto alle angherie di parte dei tifosi della squadra avversaria, assiepati (ma i posti non dovrebbero essere a sedere?) lungo la ringhiera dell’anello superiore. Pensavo, evidentemente a torto, che certi fenomeni appartenessero al passato.
Una volta raggiunti i posti assegnati, il clima festoso vissuto all’esterno si è infatti ben presto trasformato in un incubo. Dall’alto è cominciato a piovere di tutto, acqua, birra e, soprattutto, sputi. Per sottrarre me e il bambino al tiro al bersaglio mi sono avvicinato alla ringhiera dietro la porta, giusto in tempo per vedere sotto i miei occhi un ragazzo cadere nel vuoto a testa in giù ad un altezza di più di due metri in un eccesso di esultanza dopo la rete segnata dall’Inter.
La scena è stata di notevole impatto. Dapprima il tifoso non ha dato segni di vita, poi, quando si è girato, aveva il volto completamente imbrattato di sangue. L’incidente è sfuggito del tutto agli steward, intervenuti solo a seguito di ripetute invocazioni di soccorso da parte dei presenti
Il peggio è tuttavia accaduto dopo, quando un gruppo di persone vestite di nero e incappucciate si è materializzato all’improvviso nel nostro settore iniziando a colpire con calci e pugni tutti coloro che trovavano sulla loro strada, provocando un fuggi-fuggi generale. Per fortuna la capienza limitata ha ridotto l’eventualità che si creasse una calca pericolosa.
Gli steward? Non pervenuti. Mio figlio, di fronte a tanta violenza, si è impressionato e si è messo a piangere a dirotto, chiedendomi di tornare subito a casa. Mentre cercavo di tranquillizzarlo, anche con l’aiuto di altri spettatori che, vedendo la scena, si erano inteneriti, sono proseguiti gli sputi e il lancio di oggetti, tra cui due bottiglie di plastica (di piccole dimensioni) che hanno reso vano ogni ulteriore tentativo di sdrammatizzare ciò che accadeva.
E gli steward? Di nuovo assenti. Volgendo lo sguardo verso l’angolo di destra del terreno di gioco si poteva scorgere una vistosa macchia gialla creata dalla concentrazione in quel luogo di una ventina di addetti alla sicurezza.
Le due invasioni di campo e la reazione maldestra del personale di vigilanza cui abbiamo assistito nell’abbandonare l’impianto hanno costituito la cartina di tornasole della inadeguatezza del servizio d’ordine, i cui compiti, a quanto pare, sono quelli di invitare i tifosi (quelli non facinorosi) a stare seduti e a indicare i posti assegnati.
Con grande amarezza, ma senza poter ribattere, nel rincasare ho appreso che mio figlio non ha intenzione di mettere più piede in uno stadio di calcio.
Aggiungo che quanto accaduto non ha avuto nessuna eco, per quanto a mia conoscenza, sui mezzi d’informazione; men che meno sono state mostrate le riprese televisive dei disordini. Evidentemente si è preferito nascondere la polvere sotto il tappeto per non danneggiare l’immagine che si vuole dare all’estero del campionato italiano.
(da Corriere dello Sport)

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