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IL DEPUTATO ESIBIZIONISTA DI FRATELLI D’ITALIA CHE POSTA LA SUA FOTO NUDO NELLA NEVE

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

FINORA ERA NOTO ALLE CRONACHE PER NON AVER PAGATO 100 MULTE PER INFRAZIONI AL CODICE DELLA STRADA PER UN IMPORTO DI 16.000 EURO

Nudo in terrazza, con i piedi nella neve, le braccia larghe e sullo sfondo le montagne: Ciro Maschio, deputato di Fratelli d’Italia, vicepresidente della Giunta delle elezioni della Camera e componente della commissione Giustizia – nonché ex coordinatore regionale del partito di Giorgia Meloni – ha pubblicato sul suo profilo Instagram una foto che sta facendo discutere. “Non fa freddo, non fa freddo!”, ha scritto mostrando la sua capacità di sopportazione delle basse temperature.
Maschio dal 1998 al 2002 è stato consigliere comunale a Verona con Alleanza Nazionale. Fu rieletto nel 2007 a sostegno del sindaco Flavio Tosi, e rieletto nel 2012 con la lista Tosi per Verona.
In Fratelli d’Italia dalla costituzione del partito nel 2013, per tre anni ne è stato responsabile regionale. Come riporta il Fatto Quotidiano, si è già parlato di lui in passato. Da presidente del consiglio comunale venne fuori che non aveva saldato circa cento multe per infrazioni del codice della strada, per un totale di 16mila euro. Pagò dopo che la vicenda divenne pubblica, rilanciata dai media. Le opposizioni si chiesero come fosse possibile che nessuno gliene avesse mai chiesto conto.
Sul fronte politico, il centrodestra a Verona è in cerca di un accordo per le elezioni comunali che dovrebbero tenersi nella tarda primavera di quest’anno. Non c’è ancora unione d’intenti sul nome di Federico Sboarina. Dall’altro lato dello schieramento c’è Damiano Tommasi, ex calciatore e presidente dell’Associazione italiana calciatori, che si è detto disponibile a essere il candidato sindaco di una coalizione di centrosinistra. Una mossa accolta con favore dal PD e da Azione, in attesa di capire il parere del Movimento 5 Stelle.
(da NetQuotidiano)

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DELIRIO NO VAX: “LUC MONTAGNIER UCCISO PER NON TESTIMONIARE A NORIMBERGA 2”

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

CASI PSICHIATRICI: LA TEORIA DEL COMPLOTTO E IL PROCESSO CHE NON ESISTE

Stefano Montanari, volto noto negli ambienti No vax, ha pubblicato un post Facebook dove insinua che il premio Nobel Luc Montagnier sarebbe stato “tolto di mezzo” per un motivo ben preciso.
Secondo teorie cospirazioniste, il 12 febbraio avrebbe dovuto rilasciare delle “testimonianze scomode” al processo Norimberga 2 in corso in Canada.
Esisterebbe un complotto mondiale, volto a usare i vaccini contro il nuovo Coronavirus, per compiere non meglio precisati «crimini contro l’umanità»? Un’infarinatura sui presunti “capi d’accusa” ce li aveva forniti poco tempo fa la moglie di Montanari, Antonietta Gatti, in un video caricato nella stessa piattaforma. Quello che i coniugi omettono di precisare è che non esiste un processo internazionale in corso.
Per chi ha fretta:
Montanari ipotizza che abbiano ucciso Montagnier per non farlo testimoniare in un processo chiamato Norimberga 2, senza fornire fonti.
Esiste un “Gran giurì” privato in Germania organizzato dall’avvocato Fuellmich che, secondo fonti No vax, avrebbe coinvolto come testimone il Nobel francese. Tale iniziativa non ha alcun valore giuridico né scientifico.
In Canada c’è stato il tentativo da parte di gruppi No vax di intentare causa contro presunti crimini contro l’umanità legati alle vaccinazioni, ma tali iniziative non hanno mai portato all’apertura di un processo.
Non esiste e non è in corso alcun processo internazionale denominato “Norimberga 2”.
Analisi
Riportiamo alcuni passaggi chiave della narrazione di Montanari:
Forse qualcuno ricorderà che solo pochi giorni fa io proposi una specie di quiz con il quale domandavo ai miei pochissimi lettori chi, a loro parere, sarebbe stato il prossimo “scocciatore” a lasciare quella che nei momenti d’oro era la “valle di lacrime”. Ecco il nome: Luc Montagnier che, senza che si sappia più di tanto, se n’è andato. […] Il 12 febbraio si aspettava il Nobel 2008 in Canada per testimoniare al processo chiamato Norimberga 2, un processo che serve soltanto ad ostacolare la vera scienza, e questo per turpi fini.
Perché c’è stato un processo di Norimberga
Il primo processo di Norimberga si svolse subito dopo la Seconda guerra mondiale. Vennero così condannati i crimini contro l’umanità di cui si macchiarono i gerarchi nazisti e altri ufficiali e funzionari del Terzo Reich, nei processi successivi che si tennero nella stessa città. Quindi si parla dei processi di Norimberga. Tra i crimini più gravi il genocidio di circa sei milioni di ebrei nei campi di concentramento. Gli ebrei non potevano scegliere di convertirsi e giurare fedeltà al regime. Inoltre, i principi razzisti erano scientificamente infondati. Non esistono le razze umane, né è esistita l’emergenza che secondo i nazisti avrebbe giustificato l’Olocausto. Era solo una fantasia cospirazionista.
Oggi ci troviamo ad affrontare una pandemia i cui riscontri sono emersi in tutto il mondo, portando alla produzione di migliaia di documenti scientifici. Le campagne vaccinali generalmente non sono obbligatorie. Nessuno inserisce in un libro nero chiunque sia scettico su sicurezza ed efficacia dei vaccini. Al massimo si sospende qualcuno dal posto di lavoro, al quale tornerà a emergenza conclusa. Soprattutto, nessuno va in giro a deportare e uccidere chi ha idee No vax.
Esiste una Norimberga 2?
Quando i nostri colleghi internazionali hanno cercato le fonti riguardanti “Norimberga 2”, sono giunti a un nulla di fatto. Diversi No vax si paragonano impropriamente agli ebrei vittime dell’Olocausto invocando quindi una «nuova Norimberga», che vedrebbe alla sbarra i gerarchi della «dittatura nazi-sanitaria» accusati di aver violato il Codice di Norimberga, pensato per scongiurare ben altri orrori. È abbastanza facile intuire che sia poco probabile l’esistenza di un processo del genere. I colleghi di Full Fact hanno ricostruito la vicenda, frutto di narrazioni che circolano da almeno un anno negli ambienti No vax d’Oltreoceano:
È stata presentata una denuncia alla Corte penale internazionale contro il governo israeliano – continua Full Fact -, sostenendo che il suo programma di vaccinazione violi il Codice di Norimberga, sebbene Reuters abbia recentemente smentito le affermazioni secondo cui la corte avrebbe “accettato” questa accusa. Allo stesso modo, i rapporti secondo cui un tribunale canadese ha stabilito che chiunque tenti di costringere qualcuno a farsi vaccinare può essere perseguito ai sensi del Codice di Norimberga sono stati smentiti.
Cos’è realmente Norimberga 2?
Allora forse la pista dei processi veri e propri è sbagliata. Non è che per caso Montanari ha omesso un particolare importante nel suo post? In passato sono già esistiti dei tribunali simbolici, frutto di iniziative ben più autorevoli, come il Tribunale Russell. Si chiamava così perché frutto di una iniziativa promossa nel 1966 dal filosofo e logico matematico Bertrand Russell; lo stesso che firmò assieme ad Albert Einstein un manifesto contro le armi nucleari. La funzione di questo «tribunale» era simbolica. Aveva lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale contro i crimini (veri o presunti tali), commessi da diverse potenze occidentali.
Una cosa del genere può essere organizzata da chiunque, anche da personaggi non proprio paragonabili ad Einstein e Russell. Basta avere i mezzi e un pubblico che prende sul serio l’iniziativa. Troviamo diversi siti Web che parlano di un intervento di Montagnier previsto il 12 febbraio, presso un «Gran giurì» della Peoples´ Court of Public Opinion. Tale iniziativa si fonderebbe sul «diritto naturale» e risulta organizzata in Germania dall’avvocato Reiner Fuellmich.
Il Canada non sembra c’entrare affatto, è solo un ingrediente della narrazione cospirazionista, che in quanto tale mette tutto assieme in un unico amalgama. Da una parte esistono gruppi No vax, che tentato di fare causa in Canada contro i presunti crimini dei “vaccinatori”; dall’altra c’è l’iniziativa di un avvocato tedesco, che noti siti cospirazionisti hanno ingigantito: come InfoWars.
Differenze col processo di Norimberga
Fuellemich era già noto per le sue affermazioni volte a sminuire la pericolosità della pandemia. Si trovano filmati in Rete dove l’avvocato apre i lavori del «processo». Le sue affermazioni negazioniste ci aiutano ad avere un’idea dei “capi d’accusa” (il grassetto è nostro):
Non esiste una pandemia di corona, ma solo un test PCR “plandemico” alimentato da un’elaborata operazione psicologica progettata per creare un costante stato di panico tra la popolazione mondiale – continua Fuellmich -, Questa agenda è stata pianificata da tempo. […] Il suo precursore senza successo è stata l’influenza suina circa 12 anni fa, ed è stata inventata da un gruppo di persone psicopatiche e sociopatiche super ricche che odiano e temono le persone allo stesso tempo, non provano empatia e sono spinte dal desiderio di ottenere il pieno controllo su tutti noi, la gente del mondo.
L’unica “analogia” col processo di Norimberga originale è l’idea che esista una cospirazione mondiale. Questa sarebbe frutto dell’attività di poteri forti super ricchi. Secondo i nazisti erano gli ebrei. La differenza sostanziale è che alla sbarra finirono quelli che credettero ciecamente a questa narrazione. Resta da capire per quale ragione dei “poteri forti” avrebbero dovuto uccidere Montagnier solo perché doveva testimoniare in una simulazione di processo, frutto dell’iniziativa di un personaggio ampiamente screditato.
Conclusioni
Al momento non sono note le causa della morte di Montagnier. Negli ambienti No vax è circolata la voce di una sua partecipazione come testimone a un Gran giurì, prevista per il 12 febbraio. Impropriamente definita Norimberga 2, questa iniziativa non ha alcun valore giuridico. A questa narrazione si unisce quella di una iniziativa canadese, altrettanto infondata. L’ipotesi avanzata da Montanari, in base alla quale qualcuno avrebbe ucciso Montagnier per non testimoniare, alla luce di tutto questo appare decisamente improbabile.
(da Open)

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SUPERBONUS, E’ TUTTI CONTRO TUTTI

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

SALVINI CONTRADDICE GIORGETTI, RENZI ATTACCA CONTE E CALENDA GLI RISPONDE: “TU DOV’ERI?”

A gettare benzina sul fuoco è stato il premier Mario Draghi pochi giorni fa parlando di un sistema senza controlli e frodi miliardarie. Ora il Superbonus 110% continua a spaccare le forze di maggioranza.
Nella mattinata di oggi, 14 febbraio, il capo della Lega Matteo Salvini ha detto: «Il Superbonus è uno strumento assolutamente efficace, stiamo lavorando per rinnovarlo aumentando la possibilità della cessione del credito».
A questo proposito l’obiettivo secondo Salvini è evitare il blocco della cessione del credito, che in alternativa, «provocherebbe il blocco dell’intera edilizia, l’unico settore che sta davvero correndo in questo momento».
Una posizione che si pone in contrasto con quanto detto da Draghi in conferenza stampa ma non solo. Il disaccordo sul Superbonus è anche interno allo stesso partito di Salvini, che commenta anche la posizione del vicesegretario federale della Lega e ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. «Non sono d’accordo con lui. Giorgetti dice che non basta il Superbonus. Ovvio che non basta, ma è fondamentale andare avanti sulla via del Superbonus per aiutare gli italiani e un settore come l’edilizia».
Renzi: «Leggi scritte malissimo»
A dire la sua sulla questione anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi. L’attacco principale è al governo Conte, «colpevole di aver scritto malissimo le leggi che hanno permesso le frodi». Sulla scia di quanto il premier Draghi aveva detto sulla legge, Renzi affonda ancora il colpo sull’operato del governo Conte. «Se vi fossero tra noi, ancora, inconsolabili nostalgici del governo Conte vorrei mostrare loro i dati sulle frodi che sono state permesse da leggi scritte malissimo come quelle del governo Conte (110 per cento ma anche bonus facciate)».
Nel botta e risposta sul Superbonus di esponenti e parti politiche è intervenuto anche il leader di Azione Carlo Calenda. Il post scritto su Twitter è rivolto proprio a Renzi e alle aspre critiche pronunciate contro la legge del Superbonus.
«Leggi scritte a approvate dal Governo di cui Matteo Renzi e Italia Viva facevano parte. Stesso inaccettabile atteggiamento dei 5S sul Tap. Io non c’ero e se non c’ero dormivo non funziona», ha dichiarato Calenda, «questo non fa bene alla credibilità della politica».
(da agenzie)

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DESERTO IL CIRCO MASSIMO, POCHE DECINE IN PIAZZA VENEZIA: ORA I NO VAX LITIGANO TRA DI LORO

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

LA RABBIA CONTRO I DISERTORI: “LEONI SUI SOCIAL, POI NON VENGONO IN PIAZZA”

L’appuntamento era alle 14, ma al Circo Massimo non si è vista anima viva. Quando sono le 14.30 l’area capace di accogliere oltre 150.000 persone è totalmente deserta. Due coppie, mano nella mano, passeggiano da un capo all’altro nel giorno di San Valentino; due bambini giocano a rincorrersi sulla breccia alzando un po’ di polvere, ma dei manifestanti No vax e No Green pass che si erano dati appuntamento qui per una «calata su Roma» non c’è traccia.
Non sono mai arrivate neanche quelle 200 persone circa che la questura si aspettava. Chi si è mosso per protestare ed è riuscito a raggiungere il centro della Capitale è rimasto a piazza Venezia, dove l’appuntamento era alle 10 del mattino.
Visto il basso numero di adesioni, spostarsi al Circo Massimo avrebbe significato rischiare di disperdersi o di mostrare alle telecamere che effetto fa vedere 200 persone circa su oltre 39 mila metri quadrati.
Meglio restare a piazza Venezia, confinati nell’area verde davanti all’Altare della Patria. Qui il gruppo di manifestanti ha l’attenzione dei media sin dalle 10-11 del mattino.
Oltre alla bassa adesione si registra la rabbia dei partecipanti contro «chi si sfoga sui social ma oggi non si è presentato». A nulla sono valsi gli inviti di uno degli organizzatori sul gruppo Telegram “#TUTTIAROMA il 14 febbraio”, un canale con poco più di mille membri.
Assembrati in un’aiuola di piazza San Marco, a ridosso di piazza Venezia, davanti a un importante dispiegamento di polizia, i manifestanti si alternano al megafono e urlano le proprie ragioni contro le misure anti-Covid del governo Draghi, specie il Green pass rafforzato che a partire da domani sarà obbligatorio per gli over 50 in tutti i luoghi di lavoro.
Nelle prime ore il gruppo fa fatica a raggiungere il centinaio di adesioni. Sui canali social si tenta di incoraggiare la partecipazione. Uno degli organizzatori invita ad «alzare il c**o e a raggiungere piazza Venezia».
Visto il dispiegamento di forze dell’ordine appare da subito chiaro che per i manifestanti sarà impossibile arrivare a «occupare Montecitorio», come da proposta avanzata sulle chat No vax che corrono su Telegram per organizzare il raduno di San Valentino.
«La presa di Roma», come l’ha chiamata qualcuno. Non sarà loro possibile neanche allontanarsi dalla piazza. I numeri sono esigui ma c’è chi si fa sentire al megafono: «A differenza di chi si sfoga sui social, noi facciamo i fatti e siamo qua a chiedere un diritto fondamentale: di essere liberi. Noi siamo contro questo governo che non ha fatto un emerito ca**o da quando è stato eletto. Vogliamo essere ascoltati – urla un organizzatore nel suo megafono -. Siamo qui per dire basta al Green pass, basta alle restrizioni, chi se ne fotte del vaccino, i problemi sono altri. Il problema è il caro benzina, le tasse, il caro energia, il canone Rai».
E poi il solito slogan cantato: «La gente come noi non molla mai». Alcuni manifestanti urlano contro la polizia mentre, prima dell’ora di pranzo, si cerca già di riaprire piazza Venezia alla circolazione.
Non può mancare all’appello il generale Pappalardo. A suo dire il problema del mancato afflusso sta tutto nei controlli per arrivare nella Capitale: «Ci hanno bloccato altrimenti saremmo stati milioni in piazza – esclama al megafono -. È stato bloccato anche Nicola Franzoni per sette ore e anche a me hanno sequestrato sette ore. Hanno messo sei macchine della polizia per impedire di fare arrivare le persone al Circo Massimo – urla circondato dal suo pubblico -. Sarebbero arrivati a milioni ma le persone sono state terrorizzate».
Poi qualche insulto al presidente del Consiglio Mario Draghi: «Tutti lo venerano ma non è lui il capo dello Stato, non è stato eletto regolarmente, vergognatevi. Ci siamo rotti i cog**lioni di andare a difendere un popolo di pecoroni».
(da agenzie)

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COME SI CAMBIA PER NON MORIRE (POLITICAMENTE): VALÉRIE PÉCRESSE, LA CANDIDATA DEI “REPUBLICAINS” RINCORRE I TONI DI ZEMMOUR

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

FIGLIA DELLA BORGHESIA E CONSIDERATA UNA “PERFETTINA NOIOSETTA”, DURANTE L’ULTIMO COMIZIO SI È SCAGLIATA CONTRO IL VELO ISLAMICO E GLI IMMIGRATI … E PENSARE CHE ELOGIAVA LA SOCIETÀ MISTA IN FRANCIA

Eric Zemmour, il candidato sovranista alle presidenziali francesi, aveva sfidato sabato Valérie Pécresse durante un comizio: «Lei non è di destra», aveva detto. Ieri toccava alla donna, candidata dei Repubblicani, la destra moderata e neogollista. Doveva rilanciare la sua stella in questa corsa elettorale, con il suo primo grande meeting, che si è tenuto a Parigi. Ebbene, lì è sembrato che Pécresse rispondesse all’invito di Zemmour, procedendo ormai sulla strada tracciata in questa campagna: a destra, sempre più a destra.
Rigida sul palco e stressata, ha dedicato una lunga parte del discorso all’immigrazione, con toni duri (non in linea con quelle che nel passato erano state le sue posizioni), facendo proprie certe espressioni dell’estrema destra francese. Ha detto che «non esiste fatalità per la grande sostituzione».
Queste due parole, del pensatore Renaud Camus, si riferiscono alla paura che i popoli europei vengano sostituiti da altri, in particolare arabi-musulmani e africani. Perfino Marine Le Pen rigetta la «grande sostituzione», cavallo di battaglia di Zemmour. Ha poi promesso che, «se diventerò presidente, nessuna donna sarà sottomessa: Marianna non è una donna velata». In un Paese con una grossa comunità musulmana (perlopiù integrata), Marianna, la donna mitica, simbolo della Francia, non può portare il velo islamico.
Pécresse oscilla nei sondaggi tra il 15 e il 16% per il primo turno e, a quel livello, contende il secondo posto, dietro Emmanuel Macron, a Le Pen e Zemmour. I tre sono molto vicini: è una sfida per il ballottaggio, che si consuma tutta a destra. Pécresse ha aggiunto rispetto agli immigrati che ottengono la nazionalità di «volere francesi di cuore e non di carta», altra espressione tipica dell’estrema destra.
E dire che a Le Monde nel 2004 affermava: «La Francia è una società mista ma non si vede come tale. E invece gli abitanti dei ghetti d’immigrati e dei quartieri ricchi finiranno per mescolarsi. Le nostre frontiere si apriranno a nuove forme d’immigrazione, in arrivo dall’Asia e dall’Europa dell’Est. Abbiamo paura dell’altro, dello straniero». 54 anni, Pécresse proviene da una famiglia borghese e cattolica ed è cresciuta a Versailles, città simbolo di quel mondo.
Ha la fama di «perfettina» nel mondo maschilista del suo partito («noiosa» dice Nicolas Sarkozy al suo entourage). È semplicemente una che ha studiato come una matta (fece la maturità a sedici anni, con due di anticipo, ed è laureata ad Hec, l’alta scuola di business, e all’Ena, quella della pubblica amministrazione, alle quali ha avuto accesso dopo aver superato un concorso dietro l’altro) ed è una lavoratrice indefessa (presidente della regione di Parigi dal 2015, ne ha risanato con efficienza i conti).
Ma è pure una che, da ragazza, adorava i classici russi e se ne andò alcune estati a fare i campi con la gioventù comunista in Crimea per imparare la lingua. Più tardi ha appreso con passione il giapponese, che ha migliorato facendo la commessa a Tokyo. Ieri, la fine del discorso è stata più personale e lei finalmente si è sciolta. Ha ricordato il nonno (Louis Bertagna, psichiatra che fece riconoscere la depressione come malattia in Francia) attraverso il quale «ho imparato a guardare e rispettare le fragilità che ci sono in tutti noi»
Ha ricordato «i due posti di lavoro che da giovane mi hanno negato, perché ero incinta» e le aggressioni sessuali subite. Ma anche il «pudore» che è parte di lei: non condividerà tutto con i suoi elettori. Ha ringraziato il marito Jérôme (ovviamente, manager di successo e superlaureato come lei: «27 anni di un amore folle», ha detto) e i tre figli. Commossa, è sembrata d’un tratto più umana. Forse era la vera Valérie.
(da la Stampa)

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A PAGARE L’INFLAZIONE SONO LE FAMIGLIE MENO ABBIENTI: L’89% DEI SEGMENTI PIÙ DEBOLI E DEI CETI POPOLARI STA PENSANDO DI TAGLIARE I CONSUMI DI LUCE E GAS

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

IL 95% RIDURRÀ GLI ACQUISTI DI ABBIGLIAMENTO, L’85% QUELLI DI CARNE… UNA BOMBA SOCIALE CHE COVA SOTTO LA CENERE

Per le famiglie italiane si sta delineando un salasso, con un aumento neanche troppo strisciante dei prezzi. Non si tratta solo delle bollette di gas e luce. Sono molti i prodotti di cui famiglie avvertono l’aumento e sono numerosi i gruppi familiari costretti a correre ai ripari e a effettuare tagli consistenti.
L’incremento non colpisce tutte le fasce sociali in modo omogeneo, ma a soffrire il colpo sono soprattutto le famiglie meno abbienti, quelle che fanno parte dei ceti popolari e dei ceti medio bassi, che hanno perso ulteriormente, nel corso degli anni, forza economica e potere si acquisto.
I ceti popolari sempre più in affanno
L’89 per cento dei segmenti economicamente più deboli e dei ceti popolari sta pensando di tagliare i consumi di gas e energia elettrica. Il 95 per cento ridurrà gli acquisti di abbigliamento e il 92 per cento di scarpe. L’85 per cento diminuirà gli acquisti di carne, l’88 per cento di pesce e il 56 per cento sta progettando di rinunciare a comprare dei farmaci per la propria salute.
I tagli, le riduzioni e le rinunce non riguardano solo i ceti popolari. Complessivamente oltre due quarti degli italiani si sta orientando verso la riduzione o il contenimento dei consumi energetici. Il 71 per cento sta progettando il taglio degli acquisti di abbigliamento e il 68 per cento di scarpe. Il 71 per cento ha in programma di ridurre i consumi di benzina. Il 61 per cento quelli di carne e il 58 per cento quelli di pesce. È quanto emerge dall’indagine realizzata a fine gennaio 2022 dall’osservatorio sulle dinamiche sociali e economiche del paese di Legacoop-Ipsos.
La ricerca ha evidenziato un quadro di particolare sofferenza che sta attraversando la società a seguito della lievitazione dei prezzi in corso da mesi. Al centro delle preoccupazioni non c’è solo il tema del caro bollette (il quale, in ogni caso, coinvolge oltre il 90 per cento degli italiani), ma c’è anche il caro benzina, l’aumento dei prezzi delle materie prime, l’incremento dei prodotti alimentari e complessivamente dei beni di consumo.
Aumenti boom per benzina, frutta, verdura, pasta e carne
Il quadro non è solo percettivo, ma è circostanziato dall’esperienza quotidiana. L’82 per cento delle persone ha ravvisato un aumento consistente del costo della benzina e del gasolio. Per il 51 per cento ci sono stati incrementi molto forti per la frutta e per la verdura. Il 42 per cento denuncia aumenti esagerati per la pasta e per il pane.
Per il 39 per cento ci sono stati aumenti pesanti per la carne e per il pesce, mentre il 26 per cento ha ravvisato incrementi forti nel prezzo dei formaggi, il 23 per cento in quelli dei prodotti per l’igiene della casa e il 20 in quelli per l’igiene delle persone.
Le segnalazioni di incremento non riguardano piccoli incrementi limitati, ma le percentuali si riferiscono a quanti hanno rilevato aumenti consistenti, tali da costringere le persone a pensare di rinunciare o ridurre i propri acquisti di alcuni prodotti.
Dopo decenni di “acquista e sarai felice”. Di spinta al consumo sfrenato, a fare della possibilità di comprare in grandi quantità l’emblema del benessere, sta arrivando un’ondata di incrementi dei costi dei beni che mette in crisi questo modello e le dinamiche di collocazione sociale delle persone. La pandemia, in particolare i suoi effetti economici sulle famiglie, non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti. Solo l’8 per cento del paese prevede una situazione economica futura in miglioramento e crescita.
Per il 25 per cento resterà stabile e positiva, mentre per oltre metà del paese sarà il futuro economico è previsto in calo. Il quadro di peggioramento coinvolge, però, sempre i soliti noti: la riduzione dello status economico è prevista dal 79 per cento degli appartenenti ai ceti popolari e dal 57 per cento del ceto medio basso (le famiglie che hanno visto in decrescita la propria posizione sociale ed economica negli ultimi anni).
Quello che rischia di delinearsi, senza interventi adeguati, è una perniciosa stagione di decrescita che potrebbe alimentare le braci già incandescenti che ardono sotto la cenere (il 65 per cento degli italiani che avverte uno stato crescente di tensione sociale nel proprio territorio). Giocare con i prezzi oggi vuol dire colpire al cuore la nostra società e la main promise di benessere che da quarant’anni si va affermando. È come giocherellare con una mina, senza rendersi conto che è può deflagrare in qualsiasi momento.
(da Domani)

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“VENITE DA NOI, NESSUN CONTROLLO”: IL MICRO-MONDO DOVE IL GREEN PASS NON ESISTE

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

A ROMA LA RETE PARALLELA COMPRENDE RISTORANTI, PALESTRE, PARRUCCHIERI, MEDICI, AVVOCATI E PERFINO ALCUNI B&B

I ristoratori No Pass, protagonisti dell’inchiesta di ieri di Repubblica, sono solo una parte del tutto. Addentrandosi nelle chat di Telegram come “Esercenti No Green Pass” emerge un vero e proprio “sistema anti-sistema”, una fiorente economia parallela a Roma.
Ci sono parrucchieri, medici, erboristi, avvocati, massaggiatori, insegnanti di pianoforte e di danza pronti ad aprire le porte a chi rifiuta il vaccino. Si può andare in palestra o scegliere un corso di yoga o Taichi, passare una notte in un bed and breakfast, prenotare un massaggio o una visita osteopatica.
C’è persino un marmista specializzato in lapidi a San Lorenzo: nessun aspetto della vita (e della morte) del no-Pass viene trascurato. Una “second life” per No Vax che invece di svilupparsi online – come l’omonima piattaforma – grazie ad agili mappe consultabili sui siti Umap.fr e Animap.it, si scopre permeare le vie del Centro e della periferia.
Roma offre – al momento – una lista di circa 80 attività «libere», come le definiscono loro. Chissà se i dirimpettai del bed and breakfast “La Casa in Fiore”, in via Nicastro 19, traversa della trafficata via Taranto in zona San Giovanni, sono consapevoli della politica attuata dalla host Giulia.
«Ho aderito a un circuito, del tutto legale – assicura – la mia è una libera scelta nel non discriminare le persone che vogliono viaggiare». Cosa ci sia di legale è tutto da capire, dal momento che Giulia sarebbe tenuta a chiedere il Green Pass ai suoi ospiti, ma non lo fa («Nessun problema», risponde con convinzione alla domanda se è possibile prenotare senza essere in possesso di certificazione), ma tant’è.
Altrettanto contrario è il titolare di “Sweet Stay in Rome”, al civico 49 di via Santamaura, in zona San Pietro. Il gestore prende addirittura le distanze, chiamando il Green Pass «la cosa».
«No, noi quella cosa non la chiediamo, posso chiedervi i documenti ma quel tipo di cosa no, da parte nostra nessun controllo». E continua: «Certo, in caso di verifiche dovrò risponderne io personalmente», aggiunge, accennando una risata nervosa.
(da “la Repubblica”)

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IL VERO PROBLEMA DELL’ECONOMIA ITALIANA SONO I SALARI DA FAME, CON L’INFLAZIONE CHE CRESCE E GLI STIPENDI CHE RIMANGONO AL PALO

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

IN DUE ANNI LE RETRIBUZIONI SONO SCESE DEL 7,2% (LA MEDIA DELL’EUROZONA È DEL 2,4%)…IL GUAIO DEI CONTRATTI “PIRATA” E IL SALARIO MINIMO

I salari non salgono? Un problema serio, non solo peri lavoratori che perdono potere d’acquisto, ma anche per l’economia in generale.
«Mi sembra che nessuno possa nascondersi il fatto che, a fronte di una ripresa dell’inflazione, il fatto che i salari italiani non crescono diventa un grande problema per i lavoratori, ma diventa anche un grande problema per l’economia italiana, perché questo significa anche il rischio di un crollo della domanda interna», sostiene il ministro del Lavoro Andrea Orlando, intervistato dal programma PresaDiretta in onda stasera su Rai3.
Nel momento in cui si infiamma lo scontro tra la Cgil, la Uil e Confindustria sul rinnovo dei contratti l’esponente Pd offre insomma una sponda importante alle confederazioni molto determinate nel chiedere una revisione dei meccanismi di calcolo dei salari in modo da tenere conto anche del caro energia che in questi mesi sta facendo letteralmente schizzare l’inflazione.
I dati del 2021 ci dicono che l’anno passato i salari italiani hanno recuperato in media appena un terzo del costo della vita, sono infatti saliti dello 0,6% contro il + 1,9% dell’indice dei prezzi. Stando ai calcoli della Cgil riferiti al 2020 la massa salariale complessiva a causa della crisi è scesa del 7,2% (come in Spagna) contro il -2,4% dell’Eurozona, il -2% dell’intera Unione europea, con la Francia che ha perso il 4% e la Germania appena lo 0,7%.
Landini l’ha chiamata «pandemia salariale» e assieme alla lotta alla precarietà l’ha messa in cima alla lista delle priorità del sindacato. Per risolvere alla radice la questione il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri, a sua volta, ha proposto di azzerare i contratti a tempo determinato «come ha fatto la Spagna». I problemi però si sovrappongono.
Secondo Orlando «la contrattazione nel nostro Paese si è fortemente indebolita nel corso di questi anni perché non c’é un criterio che definisce la rappresentanza. Qualche settimana fa per esempio – spiega durante l’intervista tv – c’é stato un caso diventi imprese che hanno siglato con una fantomatica organizzazione sindacale un contratto che era al di sotto del contratto di quel comparto.
Si chiamano “contratti pirata” e sono quasi sempre al ribasso — puntualizza il ministro — E questo è uno dei motivi che ha visto il nostro Paese arretrare nell’andamento salariale rispetto ad altri Paesi europei». Per questo, a suo parere, occorre introdurre un salario minimo «per stimo-lare il meccanismo contrattuale e per fare in modo che anche negli ambiti dove il sindacato non riesce ad arrivare le perso-ne siano garantite, come sta succedendo in Germania».
Difficile però arrivare a una legge sul salario minimo entro questa legislatura, perché «governo e maggioranza hanno posi-zioni molto articolate», e poi servirebbe un forte consenso sociale per spingere a legge. Cosa che il muro contro muro in atto imprese-sindacati certo non favorisce.
(da La Stampa)

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COVID, NESSUNA VARIANTE BUCA LA PROTEZIONE DEL VACCINO DOPO 6 MESI

Febbraio 14th, 2022 Riccardo Fucile

EFFICACIA CONTRO OMICRON DELL’85 PER CENTO

«La pandemia non è finita, Omicron non sarà l’ultima variante», ha avvertito il Centro Europeo per le Malattie. Secondo gli esperti, eventuali mutazioni del virus non dovrebbero essere più pericolose e, comunque, sono allo studio vaccini contro tutte le varianti.
Nel frattempo, un buona notizia arriva dai risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Cell da un team di ricerca del La Jolla Institute for Immunology, guidato da Alessandro Sette, dell’Università della California a San Diego, in collaborazione con il gruppo guidato da Gilberto Filaci, direttore dell’Unità di Bioterapie dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova e ordinario di Scienze tecniche di medicina e di laboratorio dell’Università di Genova: le varianti del Coronavirus non riescono a “bucare” la protezione dei vaccini anti-Covid, che continuano a garantire protezione anche passati sei mesi dalla somministrazione.
Come evidenzia lo studio, l’efficacia del vaccino contro le varianti del Covid dopo sei mesi arriva a circa l’87-90 per cento. Il valore della protezione scende appena all’84-85 per cento soltanto per Omicron, rispetto a quella iniziale.
Dallo studio è emerso che i vaccini, oltre agli anticorpi, stimolano la formazione di cellule T di memoria, che sanno “smascherare” e combattere il virus, anche quando cambia faccia.
Queste cellule, capaci di riaccendere in tempi brevissimi la risposta immunitaria, sono la chiave per una protezione di lunga durata dalle forme gravi di malattia per molto tempo, a prescindere dalle possibili mutazioni future. «La dose booster si conferma come il metodo migliore per “richiamare alla lotta” altre cellule T di memoria, rafforzando la nostra linea di difesa contro il virus», ha dichiarato Filaci.
Lo studio ha analizzato la risposta delle cellule T, di persone vaccinate con quattro differenti vaccini (Pfizer-BioNTech, Moderna, Johnson & Johnson/Janssen e Novavax),dimostrando che riconoscono tutte le dieci diverse varianti emerse negli ultimi mesi, Omicron compresa.
«Visti i risultati dei test a sei mesi dal vaccino, è molto probabile che le cellule T dei vaccinati diano luogo a una protezione immunitaria di lunga o lunghissima durata nei confronti della malattia grave», ha spiegato Filaci. «È plausibile poi che il vaccino possa frenare anche le future varianti». Allo studio hanno partecipato, con un ruolo di rilievo, un’altra giovane ricercatrice italiana, Alba Grifoni, e l’americana Alison Tarke, iscritta al Dottorato di ricerca in Immunologia Clinica e Sperimentale dell’Università di Genova.
(da agenzie)

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