Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
PD 21.2% , FDI 21% , LEGA 16.9%, M5S 13.7% , FORZA ITALIA 8.5%, AZIONE+EUROPA 4.8%, VERDI 3.2% , ITALIA VIVA 2.3%
Il Pd con il 21.2% primo partito italiano (-0.4 dalla precedente rilevazione del 19 gennaio scorso), segue Fratelli d’Italia con il 21% (che cresce dal 19 gennaio del 2.1%), la Lega (-1.6%) con il 16.9%.
E’ quanto risulta dal sondaggio di Porta a Porta realizzato da Euromedia Research sulle intenzioni di voto degli italiani a livello nazionale.
Quarto in classifica il M5S con il 13.7% (-0.7%).
Forza Italia cresce all’ 8.5% (+0.3%) seguita da Azione con +Europa, stabili, al 4.8%.. Quindi, in crescita, la Federazione dei Verdi al 3.2% (+1.1%). Stabile Italia Viva al 2.3%. No Europa di Paragone si attesta al 2% (+0.4%). MDP -Art 1 scende all’ 1.9% (-0.2%). Sinistra Italiana, secondo il rilevamento di Euromedia, risulta in calo all’1.6% (-0,3%).
Porta a Porta ha anche stimato, con Euromedia Research, la quantità di seggi che otterrebbero i vari partiti con la riduzione dei parlamentari ormai approvata.
Con la legge elettorale attuale le coalizioni alla Camera avrebbero questi seggi: per il Centrodestra FDI 90, LEGA 73 e FI 36; con un totale di 199 seggi. Al Senato FDI 45, LEGA 36 e FI 18; con un totale di 99 seggi.
Per quanto riguarda il Centrosinistra questa la composizione dei seggi alla Camera: PD 100, M5S 64. Al Senato PD 50, M5S 32; con un totale per la Camera dei deputati di 164 seggi e 82 per il Senato. I non coalizzati otterrebbero questi seggi alla Camera e al Senato: AZIONE +EUROPA 21 – 10, la FEDERAZIONE DEI VERDI 14 – 7.
Nel caso si votasse con una legge elettorale proporzionale con sbarramento al 4% (come per il voto europeo), i partiti otterrebbero questi seggi parlamentari: alla Camera dei deputati il PD avrebbe 98 seggi, FDI 98, LEGA 79, M5S 64, FI 39, AZIONE +EUROPA 22.
Al Senato questa la distribuzione dei seggi: PD 49, FDI 49, LEGA 39, M5S 32, FI 20, AZIONE +EUROPA 11. In questo caso il Centrodestra avrebbe la maggioranza assoluta sia alla Camera che al Senato.
La maggioranza alla Camera nel nuovo parlamento sarà di 201 voti, al Senato di 101 voti.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
IL PARLAMENTO EUROPEO GLI NEGA L’IMMUNITA’
Salire su un treno senza biglietto e sputare anche addosso al controllore non è molto
onorevole e non si può ottenere l’immunità per un comportamento del genere, sostenendo che si tratta di “opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni”.
Il Parlamento europeo, alla luce delle accuse mosse al leghista Mario Borghezio, ha così negato il salvagente all’ex eurodeputato.
Borghezio è sotto processo davanti al Tribunale di Imperia
I fatti, al centro di un processo in corso davanti al Tribunale di Imperia, in cui l’esponente del Carroccio è imputato per minaccia, oltraggio a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio, risalgono al 13 giugno 2015 e si sarebbero verificati a bordo del treno italo-francese “Thello”, nel tratto tra Ventimiglia e Nizza.
Per il Parlamento europeo, Borghezio “nella sua audizione dinanzi alla commissione giuridica, non ha affermato nulla che possa portare alla conclusione che l’alterco in questione riguardasse l’espressione di un’opinione politica da parte dell’ex deputato”.
Sposata dunque la linea seguita dalla Procura e niente scudo per l’esponente del Carroccio.
La prossima udienza è fissata per il 19 aprile.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
INTERVISTA ALLO SCRITTORE CAVALLI
Dopo trent’anni da Tangentopoli, è in corso la riforma della giustizia. Professore Giulio Cavalli, stiamo assistendo alla vendetta della politica sui pm?
“Se è una vendetta, è risibile e spuntata. Parliamo di un referendum che già nel metodo è piuttosto debole perché passa con il voto degli otto consigli regionali, tutti di centrodestra, e dobbiamo sentire Salvini e i Radicali che ci dicono di aver avuto 775mila firme che nessuno di noi ha mai visto perché non le hanno depositate. Inoltre in nome del garantismo si è cercato di normalizzare, se non addirittura nobilitare, una certa intenzione di impunità che era già presente ai tempi del berlusconismo ma che ora si è affinata perché ha trovato dei narratori molto più fini rispetto a Berlusconi. Certo fa sorridere che la politica pensi a questa ripicca, lasciando perdere temi più urgenti e sentiti come dimostrano 2 milioni di firme raccolte per l’Eutanasia e per la depenalizzazione della Cannabis. È l’ennesimo esempio dello scollamento che c’è tra le classi dirigenti e i cittadini”.
Che la riforma della Giustizia serva, lo dicono tutti. Ma è questo il modo giusto per portarla a casa?
“È impensabile anche solo proporre una riforma della giustizia che passi da un referendum e quindi dagli intestini popolari. Una riforma seria ha bisogno di leader politici autorevoli che oggi non abbiamo. Come si fa a discutere della legge Severino se il quesito viene sostenuto da un partito guidato da un condannato che ha subito sulla sua pelle gli effetti di quella norma? E ha ben poco senso mettere insieme le motivazioni di Forza Italia, quasi sempre a difesa del proprio leader, con quelle molto più strutturate dell’Anci. Ma c’è anche un aspetto sostanziale che a molti sfugge: questo referendum non raggiungerà il quorum e Salvini non ha il coraggio di dirlo. Tra l’altro ha commesso un grave errore nel demonizzare il quesito sulla liberalizzazione delle droghe leggere perché sarebbe stato l’unico traino per rendere appetibili anche i suoi referendum”.
Ammesso anche il quesito sulla separazione delle carriere dei magistrati che è da sempre un cavallo di battaglia di Berlusconi. Che ne pensa?
“La separazione delle carriere dei magistrati è semplicemente il titolo che hanno messo al quesito. È l’equivalente delle etichette che si trovano al mercato per vendere un prodotto tarocco. La realtà è che il quesito mira a vincolare, come già avviene, i passaggi dall’una all’altra categoria. Per di più per la separazione delle carriere non basta un referendum perché andrebbe modificata la Costituzione dove si legge che esiste un solo ordine giudiziario. Poi me lo lasci dire, il quesito è molto lungo e poco chiaro tanto che a me fa pensare che si tratti di un rimedio omeopatico”.
Tra i quesiti approvati c’è quello sulle misure cautelari che per molti è un regalo ai colletti bianchi. È davvero così?
“Quando togli il rischio di reiterazione del reato come ragione valida per la custodia cautelare, restano solamente il pericolo di fuga e l’inquinamento probatorio. Ma il primo è disarticolabile togliendo i documenti per l’espatrio mentre il secondo è estremamente difficile da dimostrare. Stando così le cose è un regalo ai colletti bianchi e anche ai piccoli criminali, tant’è che risulta quasi una statista la Meloni che l’ha fatto notare. Vede l’equilibrio tra garantismo e giustizialismo non si risolve pensando che la lunghezza delle custodie cautelari sia figlia di uno spirito vendicativo dei magistrati quando, invece, dipende da un intasamento volontario del sistema giudiziario italiano lasciato sguarnito di soldi e personale”.
Ammissibile anche il referendum per abrogare la legge Severino…
“Il punto è che la legge Severino parla di specifiche categorie di condanne. Proprio quelle che riguardano troppi nostri politici anche se nel dibattito parlamentare quasi nessuno lo dice. C’è invece un aspetto su cui bisogna ragionare, come dice l’Anci, ovvero il fatto che molto spesso dei sindaci vengono sospesi per fatti che poi li vedono assolti. Eppure anche considerando ciò, abrogare la Severino per tutelare i sindaci resta una follia”.
Dopo la bocciatura del referendum sull’Eutanasia, la politica si indigna. Eppure per decenni non ha mosso un dito. Che ne pensa?
“Questo è il loro solito giochetto che li vede impegnati a fare una narrazione pubblicitaria rispetto al tanto sbandierato riformismo. Guardi rimango molto deluso da chi, come Enrico Letta, ci vuole far credere che questo Parlamento da domani potrà risolvere la questione perché è lo stesso che ha fallito sul ddl Zan. Purtroppo la realtà è che siamo un Paese cristiano nella pratica dei valori e troppo cattolico, invece, nella burocrazia istituzionale”.
(da La Notizia)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
MAGI (+EUROPA) SMONTA LA TESI DEL PRESIDENTE DELLA CONSULTA
Il promotore del Referendum sulla Cannabis, respinto ieri dalla Consulta che lo ha
dichiarato inammissibile, non ci sta e replica alla motivazione fornita in prima battuta dal presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato.
“Non abbiamo sbagliato proprio nulla, siamo abituati alle sconfitte cocenti ma devono essere chiare le motivazioni. Amato ha verbalmente e sbrigativamente liquidato questo referendum, ad ora non abbiamo nemmeno tre righe di comunicato della Corte in cui spiega la bocciatura. Amato è come se fosse arrivato in conferenza stampa con una novella da annunciare al popolo italiano: attenzione volevano toccare anche le altre sostanze non soltanto la cannabis. Se si vuole intervenire sul comma 4, le droghe leggere, non si può che toccare le condotte del comma 1, ma perché non riguardava le droghe pesanti? Perché la cannabis, la canapa, è l’unica pianta che si può consumare senza altre azioni di raffinazione e trasformazione. Non scherziamo come ha fatto il presidente Amato dicendo ‘vi coltivate il papavero, vi coltivate la coca’, coltivatevelo sul balcone e vedete se cresce e poi mi dite che ci fate senza raffinazione. Insomma così è qualcosa di irrispettoso non nei confronti di chi ha promosso il referendum ma nei confronti di chi lo ha firmato e della democrazia”. Lo ha detto Riccardo Magi, presidente di +Europa e promotore del referendum sulla cannabis, a 24 Mattino su Radio 24.
“Amato ha detto ‘Noi con questo quesito andremmo a violare degli obblighi internazionali’. Voi sapete – spiega Magi – che il governo italiano non si è costituito contro questo referendum, secondo voi se il governo italiano, che è responsabile dei trattati internazionali che ha contratto, avesse ravvisato nei nostri referendum un rischio di violare i trattati internazionali, non lo avrebbe fatto notare alla Corte? Le convenzioni internazionali di cui parla Amato, prevedono che c’è la facoltà degli Stati di vietare coltivazioni di determinate piante, ci sono Stati che hanno aderito al nostro stesso trattato e hanno legalizzato non andando contro le convenzioni, Malta è l’ultimo paese europeo ad averlo fatto”.
“C’è da essere sconfortati da quello che abbiamo visto ieri, ma non per noi, ma per la possibilità di fare referendum in questo paese”.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
LA PRESIDENTE DELLA BCE SAREBBE PERFETTA PER LE RIFORME CHE IL PAESE NON PUÒ PIÙ RIMANDARE (COME QUELLA DELLE PENSIONI)
La cerimonia si è svolta in quell’atmosfera così intima del giardino d’inverno dell’Eliseo. Dalle mani di Emmanuel Macron, Christine Lagarde, 66 anni, ha ricevuto l’Ordine nazionale al merito, una delle più alte onorificenze della Repubblica francese.
Era il 9 febbraio, ma la notizia è trapelata solo giorni dopo: lei, impeccabile come sempre, quella capigliatura argentea che esibiva quando ancora non andava di moda, lo sguardo fiero ma non arrogante (ci riescono in pochi). Erano presenti una quarantina di persone. Christine è stata decorata «per il contributo alla valorizzazione dell’immagine della Francia».
È la più anglosassone dei tecnocrati francesi. Lei, che dal 2019 è governatore della Banca centrale europea, dopo più di otto anni a dirigere il Fondo monetario internazionale, piace molto all’estero, perché è talmente più pragmatica e flessibile di un francese medio. E piace anche ai francesi, per quel suo «fluent in english», l’essere a suo agio in società, è una che fa fare bella figura.
Ecco, quella cerimonia è stata pure l’occasione per Macron e Lagarde di vedersi di persona. Due carrarmati, poco tecnici, ma così efficaci («fuffosi», ribattono gli invidiosi). La relazione è diventata più stretta quando si negoziava il Recovery Fund da 750 miliardi
Nei giorni precedenti la decorazione all’Eliseo, Macron aveva pranzato in segreto con Nicolas Sarkozy. Tra i due la relazione è ambigua, ma l’ex presidente gioca un po’ al consigliere ombra. Sarkò ormai non parla più. Ma per lui «parla» il Figaro, quotidiano conservatore, che riporta le «voci» del suo entourage, molto affidabili.
Con Macron avrebbe smontato Valérie Pécresse, candidata alle presidenziali di aprile, dello stesso partito di Sarkozy, i Repubblicani, destra moderata e neogollista. E gli avrebbe consigliato, se Macron vincerà (la sua candidatura non è ancora ufficiale ma scontata), di prendere Lagarde come premier (fu ministra dell’Economia per Sarkò).
Lei, a dire il vero, in gennaio, alla radio France Inter aveva detto: «Ho un mestiere, una funzione. Sarò a Francoforte fino al 2027». Ma si dicono tante cose Anche a livello d’immagine, Macron avrebbe bisogno di una donna premier, lui che è costantemente circondato solo da uomini (le ministre sono relegate in dicasteri di secondo piano) e maschi sono tutti i consiglieri (a parte la signora Brigitte).
Macron avrebbe bisogno di una donna di destra. Christine è ideale. Liberale (lei precisa spesso «con sfumature sociali»). Poi, se Emmanuel sarà confermato, dovrà decidersi a fare le riforme strutturali finora solo promesse, come quella delle pensioni, di cui la Francia ha tremendamente bisogno (un’età pensionabile a 62 anni è insostenibile).
Visto il suo curriculum vitae, Lagarde sarebbe ideale per gestire dossier del genere, tanto più che tra le sue qualità c’è sicuramente la capacità di dialogo.
Campionessa di nuoto sincronizzato da giovane, ha mantenuto tanto rigore. Dopo la maturità, andò a studiare negli Usa con una borsa di studio e ci ritornò più tardi, scalando i vertici dello studio di avvocati d’affari Baker McKenzie, diventandone numero uno.
Se lo scenario si concretizzasse, lo farebbe addirittura prima delle presidenziali francesi? È improbabile, troppo rischioso. Ma basterebbe già il fatto che circolino voci sulla sua disponibilità e che non spenda neppure una parola per l’ex amica Pécresse. Anche Sarkò si rifiuta di appoggiare la candidata del suo partito. Sosterrà Macron? Una neutralità benevola potrebbe bastare, pure in questo caso. A contribuire allo slancio di una nuova vittoria.
(da “la Stampa”)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
IL 39% LO RITIENE PIU’ADATTO AL RUOLO, JOHNSON CROLLATO AL 31% DOPO LO SCANDALO DEL PARTYGATE
Lo scandalo del partygate sembra avere seriamente intaccato la fiducia dei britannici in
Boris Johnson.
Secondo un sondaggio realizzato da Savanta ComRes, il leader laburista Keir Starmer ha un vantaggio attuale di ben 8 punti rispetto all’attuale premier.
Circa il 39% degli intervistati ritiene che Starmer sarebbe più adatto nel ruolo di primo ministro rispetto a Johnson, che raccoglie appena il 31% dei consensi.
Per Starmer si tratta del risultato migliore mai raggiunto.
Il dato di Johnson segna invece un calo di 17 punti percentuali rispetto al record del 48% raggiunto a maggio 2021.
Molti conservatori hanno preso le distane dal premier e alcuni eponenti ne hanno chiesto le dimissioni.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
“DOPO IL ‘NO’ PARZIALE DI MELONI, SI SON SCHIERATI I SOLI BERLUSCONI E RENZI, INCOMPRENSIBILE LA SUA STRATEGIA“
Esclusa la vicenda di Open arms, “non si capisce cosa abbia spinto Salvini – che ieri ha proclamato vittoria – a sottoscrivere i referendum sulla giustizia e sulla legge Severino e andare incontro a una sconfitta più che probabile”, scrive Marcello Sorgi nel suo editoriale su La Stampa.
Perché il leader della Lega, rischia di andarsi a schiantare. Il Pd del resto non lo voterà, per la storica vicinanza con la magistratura, e i Cinque stelle nemmeno.
Spiega ancora Sorgi nel suo articolo che “la storia dei referendum dimostra infatti che la vittoria di uno o dell’altro schieramento è garantita dalle percentuali dei partiti che sottoscrivono il Sì o il No” e stando agli “ultimi test di partecipazione”, “meno di metà dei cittadini” sono andati a votare. Insomma, anche questa volta, si rischia di non raggiungere il quorum e dunque il fallimento.
Ma non solo Matteo Salvini, ragiona Sorgi rischia di uscirne battuto per il concreto flop delle consultazioni anche se “non potrebbe essere caricato tutto sulle sue spalle”. Il leader della Lega potrebbe uscirne male nel “merito”.
Qui, osserva l’editorialista, “la solitudine del Capitano leghista rende ancora più incomprensibile la sua strategia. Dopo il ‘no’ parziale di Meloni, che ha subito imbracciato la bandiera del ‘legge e ordine’ tipica della destra, con Salvini, oltre ai radicali che hanno promosso la raccolta delle firme, si son schierati i soli Berlusconi e Renzi”
Il Pd infatti, punta all’astensionismo “in nome de ‘le riforme si fanno in Parlamento’, perché il contrario, nel caso del ‘Si’, vorrebbe dire dare una mano a Salvini, e nel caso del ‘No’ a Meloni.
Inoltre schierarsi sarebbe impossibile, dato che nel partito convive un’anima filo magistrati e una contraria. “. E per quanto riguarda i 5 stelle, “è più logico immaginarli con il ‘No’, in nome della loro tradizionale solidarietà con i giudici”.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
SI TRATTA DELL’INTERVISTA AD ANGELIQUE COETZEE, “LA SCIENZIATA CHE HA SCOPERTO OMICRON PER PRIMA IN SUDAFRICA”… PECCATO CHE QUESTA DOTTORESSA NON ABBIA SCOPERTO UN TUBO E SIA UN SEMPLICE MEDICO CONDOTTO SENZA TITOLI SPECIALISTICI
Nei giorni scorsi molti giornali di destra hanno riportato tutti la stessa notizia a titoli
cubitali. Libero: «Omicron, la rivelazione della dottoressa sudafricana Coetzee: Dall’Europa mi hanno detto di tacere».
Recita l’articolo: «Angelique Coetzee, scienziata sudafricana che ha scoperto per prima la variante Omicron, ha dichiarato di aver subìto pressioni da alcuni Paesi stranieri». Doveva dire che Omicron era pericolosa e non che causava «principalmente una malattia lieve» come invece aveva fatto.
Il Tempo: «Le bugie dei politici europei su Omicron. La denuncia della scienziata: “Costretta a dire che era grave”». La Verità: «L’Europa voleva che mentissi su Omicron».
La notizia viene riportata con toni roboanti anche sul sito del giornalista Nicola Porro. Si legge: «La dottoressa sudafricana rivela: Dall’Europa mi chiesero di dire che Omicron è grave. L’intervista choc a Angelique Coetzee, la scienziata che ha scoperto Omicron per prima in Sudafrica.
Pressioni da Paesi stranieri. Inviti a dire che Omicron fosse pericolosa. E sollecitazioni affinché non dichiarasse pubblicamente che la nuova variante causava “principalmente una malattia lieve”. Sono queste le incredibili rivelazioni di Angelique Coetzee, che dovrebbero mobilitare la stampa mondiale e i colleghi scienziati. E che invece stanno passando sotto traccia».
Forse, caro Porro, nessuno della stampa mondiale e dei colleghi scienziati si è mobilitato perché quella notizia è totalmente falsa. Per scoprirlo, bastava controllare le fonti, cosa che evidentemente tutti quei solerti giornalisti, Nicola Porro compreso, non hanno fatto.
Andiamo con ordine.
CHI HA SCOPERTO OMICRON?
La dottoressa Angelique Coetzee non ha affatto scoperto la variante Omicron, l’hanno scoperta altri. Bastava andare a cercare l’articolo fondamentale, noto a tutti gli scienziati del globo, e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, dal titolo: “Rilevamento di una variante di SARS-CoV-2 in Sudafrica”, che ovviamente è la variante Omicron.
Lo studio è stato condotto da una quarantina di scienziati, guidati da Richard Lessells e Tulio De Oliveira, per lo più appartenenti alla Università KwaZulu–Natal di Durban, in Sudafrica, i cui nomi figurano tutti come autori dell’articolo. Il nome della dottoressa Angelica Coetzee non c’è, quindi la variante Omicron non l’ha scoperta lei.
Ci potrebbe essere un’altra possibilità. La dottoressa Coetzee non ha scoperto Omicron ma potrebbe essere stata lei a segnalare per prima i pazienti affetti dalla nuova variante. Nell’intervista, la Coetzee racconta: «Il 18 novembre nella mia clinica ho visitato un paziente che diceva di essere estremamente affaticato, aveva dolori muscolari e un forte mal di testa. I sintomi mi hanno fatto pensare a un’infezione da Covid, e così lo sottoposi al test, che è risultato positivo».
Tutto qui? La dottoressa Coetzee è stata la prima ad accorgersi dell’esistenza di una nuova variante del coronavirus che dava solo sintomi lievi? Non è vero neanche questo.
Bastava leggere l’altro articolo scientifico, pubblicato anch’esso sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, e intitolato: “Rapida espansione epidemica della variante Omicron del SARS-CoV-2 in Sudafrica”, che descrive come è stata rilevata la variante Omicron, e da chi.
Lo studio è stato condotto da una cinquantina di scienziati, appartenenti in parte al team della Università KwaZulu–Natal di Durban sempre guidato da Richard Lessells e Tulio De Oliveira, e in parte al team dell’Istituto congiunto di ricerca sull’Aids delle Università di Harvard e di Gaborone, in Botswana, guidato da Richard Shapiro e Sikhulile Mojo.
Scrivono gli scienziati: «A metà novembre è stato notato un rapido incremento dei casi di COVID-19 nella provincia di Gauteng. In particolare, questo incremento di casi è stato osservato tra gli studenti universitari di Tshwane».
Questi pazienti presentavano tutti una caratteristica particolare che aveva insospettito gli scienziati. Normalmente, nel test a tampone molecolare – che in realtà noi scienziati chiamiamo PCR, ovvero Reazione a Catena della Polimerasi- si utilizzano tre “esche” molecolari per pescare tre geni del virus, che, se sono presenti, abboccano all’amo, vengono amplificati da una macchina, e poi rilevati nell’esame.
In quei pazienti sudafricani, il tampone molecolare rilevava la presenza di due geni ma non del terzo, il gene S che codifica per la proteina Spike del virus – fenomeno che viene detto “fallimento del bersaglio del gene S”.
Gli scienziati cominciarono a sospettare che, se questo capitava, significava che quei pazienti erano infettati da una nuova variante di Sars-CoV-2 dotato di un gene S della proteina Spike con così tante mutazioni da non essere riconosciuto dalle esche molecolari precedenti.
Scrivono gli scienziati: «Il sequenziamento effettuato il 19 novembre 2021 su campioni prelevati da otto pazienti tra il 14 e il 16 novembre ci indicò che si trattava di una nuova variante di SARS-CoV-2».
Gli studiosi trovarono la stessa nuova variante in campioni raccolti prima del 15 novembre da altri 29 pazienti. Gli scienziati aggiungono: «Contemporaneamente, i genomi raccolti l’11 novembre da quattro pazienti positivi al Covid presso dall’Istituto per l’Aids di Gaborone, in Botswana…. e poi da altri 15 pazienti nei giorni successivi, mostrarono lo stesso set di mutazioni».
Gli scienziati ovviamente hanno costantemente informato il ministero della Salute sudafricano e l’Oms delle loro scoperte, e così, il 26 novembre, la nuova variante scoperta è stata denominata Omicron. Anche in questo caso la dottoressa Coetzee non ha dato alcun contributo di rilievo visto che tra i cinquanta e passa nomi degli autori dello studio, il suo non c’è. In pratica, la dottoressa Coetzee ha solo visitato nel suo studio alcuni pazienti affetti dal Covid, quando Omicron era stata già scoperta da altri.
E CHI È LA DOTTORESSA COETZEE?
Ma chi è questa dottoressa Angelique Coetzee? Nel suo curriculum lei scrive di essere un general practictioner, cioè un medico condotto, con un suo studio privato. Non lavora in nessuno dei grandi ospedali di Johannesburg, di Praetoria, o di Durban, in cui si sono svolte le ricerche condotte per conto dal Ministero della Salute del Sudafrica sulla nuova variante. La dottoressa Coetzee non ha mai pubblicato alcun studio di rilievo sul Covid.
Risulta essere la presidentessa della South African Medical Assciation, ma non lasciatevi ingannare dal nome altisonante: l’Associazione dei medici audafricani è semplicemente una specie di sindacato «che – si legge sul sito- rappresenta collettivamente i medici sudafricani, e ha lo scopo di influenzare la legislazione, i regolamenti e le politiche in materia di salute e sanità».
La dottoressa Coetzee aggiunge: «Mi è stato chiesto di non dichiarare pubblicamente che si trattava di una malattia lieve, e di dire che eravamo di fronte ad una malattia grave, io ho rifiutato perché il decorso è per lo più mite».
L’avrà osservato nei pochi pazienti che ha visitato nel suo studio? Quando le hanno chiesto da chi sarebbero arrivate queste pressioni, lei ha risposto: «Sono stata criticata dai paesi europei, in particolare Paesi Bassi e Regno Unito, ma non solo». Per farli contenti, doveva dire che Omicron dà una malattia lieve in Sudafrica, ma che «in Europa è molto grave. Era ciò che i politici Ue volevano sentire».
E come no, Boris Johnson, Mario Draghi e gli altri premier europei devono chiamare uno sconosciuto medico condotto di Pretoria, Sudafrica, per convincerla a dire al mondo che Omicron dà una malattia grave, quando tutti ma proprio tutti gli studi sulle più prestigiose riviste scientifiche del pianeta, come quello più recente dal titolo “Endemico non significa innocuo,” dimostrano che Omicron è poco più mite di Delta e forse diventerà endemica, ma se non fossimo tutti vaccinati avrebbe fatto lo stesso milioni di morti.
Dai, Nicola Porro, ritenta, sarai più fortunato.
(da Domani)
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Febbraio 17th, 2022 Riccardo Fucile
DRAGHI NON INTENDE RESTARE A CAPO DI UN GOVERNO ELETTORALE DOVE OGNI PARTITO PENSA SOLO A OTTENERE CONSENSI
In cabina di regia, secondo quanto riferiscono fonti ministeriali, Mario Draghi avrebbe chiesto spiegazioni su quanto accaduto la notte scorsa nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera dove il governo è andato sotto quattro volte nelle votazioni del decreto Milleproroghe. Il presidente del Consiglio, spiegano le stesse fonti, avrebbe sottolineato la necessità che la maggioranza garantisca compattezza.
Toni anche abbastanza netti, quelli usati dal premier durante la riunione che non ha affrontato il tema bollette: il governo, è il ragionamento fatto da Draghi, è qui per fare le cose o non si va avanti, il senso del ragionamento riportato da alcuni presenti. Dovete essere realisti, non idealisti. Il governo è qui per fare, il Parlamento garantirgli i voti. Il riferimento è a quanto successo durante la notte alla Camera con i partiti di maggioranza che hanno votato in ordine sparso su diverse proposte di modifica, mandando il Governo sotto quattro volte sul decreto Milleproroghe.
I partiti, viene riferito, hanno “suggerito” al premier un “cambio di metodo”, con un maggiore coinvolgimento sui dossier.
Mario Draghi poi sale al Quirinale, per parlare a quattr’occhi con il presidente Sergio Mattarella: di Ucraina e Russia, ma anche di Italia. Venerdì 18 febbraio il presidente del Consiglio vuole chiudere il decreto Bollette e non accetterà strappi da parte delle forze politiche, che in Parlamento stanno dando segnali di forte irrequietezza.
Alla Camera la notte scorsa la maggioranza è andata sotto quattro volte nelle commissioni Bilancio e Affari Costituzionali della Camera. Ci sono state forti tensioni e Lega e Forza Italia, due partiti di governo, hanno votato contro il parere dell’esecutivo alcuni emendamenti del Milleproroghe assieme a Fratelli d’Italia, il partito più forte dell’opposizione. «Avanti così non si può andare», sembra voler dire Draghi
Con i capi delegazione Draghi è stato chiaro, per alcuni anche troppo. Ha detto che quanto accaduto a Montecitorio in notturna è inaccettabile e che la maggioranza deve restare tale sia in Consiglio dei ministri, sia alla Camera e al Senato: «O i partiti garantiscono i voti in Parlamento, o il governo non va più avanti».
Un monito che il presidente del Consiglio ha condiviso con il capo dello Stato nel breve incontro al Quirinale, servito anche per far vedere plasticamente ai leader delle forze politiche che l’ex presidente della Bce non ha alcuna intenzione di restare alla guida di un esecutivo elettorale, dove ognuno fa a gara a sventolare le proprie bandierine, senza curarsi del bene del Paese. E del fatto che, se tutto precipita e si va a votare, l’Italia rischia di non incassare gli aiuti miliardari del Pnrr.
(da agenzie)
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