Destra di Popolo.net

DAVIGO METTE IL DITO NELLA PIAGA: “IN TUTTO IL MONDO LA DESTRA VUOLE LEGGE ED ORDINE, IN ITALIA L’IMPUNITA’“

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

IL MAGISTRATO DI DESTRA DIMOSTRA CHE IN ITALIA ESISTE SOLO UNA SEDICENTE DESTRA FARLOCCA

A 30 anni dall’inizio dell’inchiesta Mani Pulite, che a partire dal 1992 ha tolto il velo dal sistema corruttivo su cui si era basata la politica degli anni precedenti, due dei protagonisti di quella stagione, gli ex magistrati Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo, hanno ricordato le fasi salienti dell’inchiesta dialogando con Peter Gomez e Gianni Barbacetto, che seguirono e raccontarono quelle vicende da cronisti.
Una delle accuse che da sempre è stata rivolta al pool è stata quella di aver, per certi versi, risparmiato l’ex Partito Comunista (poi Pds) dall’ondata di arresti che ha, invece travolto altri partiti storici, come il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana.
“La sensazione che avevo io – racconta Davigo – è che mentre le imprese normali finanziavano i partiti della maggioranza, le cooperative cosiddette rosse finanziavano il Pci. Dare soldi ai partiti non è vietato, è vietato farlo di nascosto e le cooperative iscrivevano a bilancio i soldi che davano al partito, perlomeno una parte, quindi non c’era una pista immediatamente illegale da seguire”.
E, continua :”Però in alcuni casi è accaduto, per esempio dalle dichiarazioni di Sama risulta che un miliardo di lire era stato destinato ai vertici dell’allora Pci e fu portata a Botteghe Oscure da Gardini e Cusani. Gardini si è suicidato, Cusani non ha mai parlato, cosa potevamo fare? Torturare Cusani? Lo stesso per quanto riguarda Greganti. Greganti ha preso una somma dello stesso ammontare di altre somme, ma anche i decimali, che erano destinate ad altri partiti. Quindi era verosimilmente una tangente. Però dalle indagini che sono state fatte è risultato che questo si era comprato la casa… e non ha mai parlato. Certo, è stato in carcere, è stato condannato ma non ha detto una parola”.
Poi conclude il racconto con una nota di ironia: “Comunque ci venivano rivolte delle accuse a volte davvero stravaganti. Sono stato accusato di aver voluto favorire Partito Comunista perché avendo fatto fare una perquisizione Botteghe Oscure anziché farla fare alla Guardia di Finanza l’avrei fatto fare ai carabinieri. Ora, pensare che i carabinieri abbiano simpatie comuniste… anche perché non si trattava di fare un’analisi di documenti. Detto questo, l’idea che ci possa essere una strategia politica è un’idea talmente cretina… che non riesco a prenderla sul serio. Faccio solo due considerazioni di ordine politico: in tutto il mondo la destra vuole legge e ordine solo in Italia la destra vuole l’impunità… Io ho fatto il servizio militare come ufficiale, ho fatto anche il richiamo alle armi ed era l’epoca della guerra fredda: non diventavi ufficiale se eri di sinistra…”
(da IL Fatto Quotidiano)

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CROAZIA, TRAVOLTO IL GOVERNO SOVRANISTA: ARRESTATO UN MINISTRO, INDAGATO IL VICEPREMIER PER ABUSO D’UFFICIO NELLE ASSEGNAZIONI DI AIUTI

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

OVVIAMENTE NON MOLLANO LA POLTRONA

Darko Horvat, ministro dell’esecutivo croato conservatore di centrodestra guidato dal premier conservatore Andrej Plenkovic, è stato arrestato dopo una maxi-operazione della magistratura che indaga sui reati di abuso d’ufficio e favoreggiamento ai più alti livelli del governo.
Horvat, ministro dello Spazio urbano e dell’Edilizia, è stato portato in questura per un interrogatorio dopo che la sua casa è stata perquisita.
Stando alle prime informazioni diffuse dalla stampa di Zagabria, Horvat è sospettato di abuso d’ufficio nell’assegnazione di sovvenzioni e aiuti in alcuni progetti di sviluppo economico alle imprese in Comuni abitati da minoranze nazionali e aree economicamente disagiate nel 2018, quando era ministro dell’Economia.
Sotto inchiesta, riferiscono i media, sono anche l’attuale vicepresidente del governo, Boris Milosevic, all’epoca dei fatti deputato della minoranza serba, l’ex ministro dello sviluppo regionale, Tomislav Tolusic, un sottosegretario e altri ex alti esponenti dell’amministrazione di alcuni ministeri e di agenzie governative.
In una conferenza stampa straordinaria, il premier Plenkovic si è detto sorpreso da questo gesto così drastico della magistratura di arrestare un ministro in carica, esigendo spiegazioni.
Plenkovic ha escluso le dimissioni del suo governo affermando che la maggioranza parlamentare è stabile. Allo stesso tempo non ha escluso però la possibilità che il ministro Horvat possa essere sostituito “dato che una persona in custodia cautelare evidentemente non può svolgere in modo regolare le funzioni di membro del governo”.
In precedenza, contro Horvat le opposizioni avevano presentato una mozione di sfiducia, che dovrebbe essere discussa la settimana prossima – motivo la lentezza con cui procedono i lavori di ricostruzione a Zagabria e nella regione di Banija, colpite dal forte terremoto del 2020. Ma ora, dopo l’arresto del ministro, le opposizioni chiedono le dimissioni dell’intero governo e le elezioni anticipate.
(da agenzie)

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L’AFRICA E’ ANCORA SENZA VACCINI: IL MONDO RESTA A GUARDARE

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

SOLO IL 17% HA RICEVUTO UNA DOSE, APPENA IL 12% HA COMPLETATO IL PRIMO CICLO

Nelle scorse ore, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato che sei paesi africani produrranno i loro vaccini a mRNA. Egitto, Kenya, Nigeria, Senegal, Sud Africa e Tunisia sono stati selezionati come i primi destinatari della tecnologia dall’hub globale di vaccini mRNA dell’Oms, nel tentativo di garantire che il continente africano possa produrre dosi proprie di siero per combattere il Covid e altre malattie.
“La pandemia di Covid-19 ha dimostrato meglio di qualsiasi altro evento che affidarsi a una manciata di aziende per fornire beni pubblici globali è restrittivo e pericoloso”, ha affermato il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il modo migliore per affrontare le emergenze sanitarie e ottenere una copertura sanitaria universale è “aumentare notevolmente la capacità di tutte le regioni di produrre i prodotti sanitari di cui hanno bisogno”, ha aggiunto.
Il direttore generale dell’Oms non è di certo il primo a lanciare l’allarme sulla distribuzione dei vaccini nel mondo. Le più importanti riviste scientifiche internazionali lo stanno ripetendo da tempo: “The pandemic will not end while vaccine equity keeps getting pushed to the margins” titolava l’editoriale del 7 dicembre di Nature, sottolineando l’enorme disuguaglianza – l’ennesima disuguaglianza – che la pandemia ha generato nella diffusione dei vaccini, dove nei paesi a basso reddito solo il 6% della popolazione ha ricevuto almeno una dose.
I dati dei vaccini nel mondo
È come sempre il continente africano il fanalino di coda nella somministrazione dei vaccini del mondo, con solo il 17% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 12% che ha completato il primo ciclo vaccinale. Ancora più drammatica è la situazione di alcuni paesi africani, dove di vaccini quasi non v’è traccia. Parliamo del Burundi, dove ha ricevuto una dose solo lo 0,1% della popolazione, del Congo (0,5%), Ciad (1,7%), Sudan del Sud (2,9%), Cameroon (3,2%), Nuova Guinea (3,4%), Madagascar (3,6%) e la lista sarebbe ancora lunghissima.
Percentuale di popolazione vaccinata per continenti
Nel guardare la mappa della distribuzione dei vaccini nel mondo elaborata dal New York Times, in quell’Africa colorata di arancione (in compagnia di alcuni Paesi del medio oriente, dell’Est Europa, dell’Asia e del centro America) c’è tutta l’ingiustizia di un sistema che vede nelle mani di poche case farmaceutiche le sorti del diritto alla salute di tutti i cittadini del mondo.
L’urgenza dell’indipendenza africana
Il problema della distribuzione dei vaccini e dei farmaci verso i Paesi più poveri non nasce certo con la pandemia di Covid-19. L’Africa è da sempre un continente falcidiato dalle epidemie e spesso dimenticato dalle case farmaceutiche perché poco redditizio, ma il problema della sua indipendenza nella produzione di farmaci e vaccini nei prossimi anni sarà sempre più dirompente. Basti pensare che oggi l’età media della popolazione africana è 19 anni mentre quella europea è 44, e che con un tasso di crescita che si aggira tra il 3% e il 5% annuo, da qui al 2050 l’Africa subsahariana conterà all’incirca il 57% della crescita demografica globale, e il 23% circa della popolazione mondiale sarà subsahariana, dal 15% circa attuale. Parliamo di circa un miliardo di cittadini in più rispetto agli attuali. In confronto, la quota di popolazione globale dell’Unione Europea che si aggira oggi intorno al 6%, scenderà secondo le stime al 4% entro il 2050. Mentre la nostra piccola Italia, secondo Lancet, con l’attuale tasso di crescita negativo è destinata a dimezzare la popolazione entro il 2100, scendendo a circa 30 milioni di abitanti.
Tasso di crescita (o decrescita) demografica nel mondo
Insomma, favorire lo sviluppo e l’indipendenza dei paesi africani è un problema non più rimandabile e che riguarda principi di giustizia sociale oltre che di salute pubblica internazionale. Perché se c’è una cosa che questi due anni ci hanno insegnato, è che una pandemia non può essere contrastata con l’individualismo sfrenato dei paesi più ricchi, che fanno a gara per l’approvvigionamento di scorte di vaccino. Serve piuttosto un impegno collettivo e su scala globale, basato su due pilastri su cui sarebbe ora di agire: la condivisione dei brevetti su farmaci e vaccini e la costruzione delle infrastrutture necessarie alla loro produzione nei paesi più poveri.
Il fallimento del programma COVAX
“Omicron dimostra proprio perché il mondo ha bisogno di un nuovo accordo sulle pandemie”, ha affermato il direttore generale dell’OMS all’inizio della sessione speciale dell’Assemblea mondiale della sanità, tenutasi dal 29 novembre al 1° dicembre in Svizzera. Al termine dell’incontro, Ghebreyesus ha citato la necessità di un contratto per fortificare la cooperazione tra i paesi, affermando che potrebbe ridurre gli “approcci ‘me-first’ che ostacolano la solidarietà globale necessaria per affrontare una minaccia globale”.
Staremo a vedere se prima o poi riusciremo a passare dalle belle parole ai fatti. Per adesso non possiamo che registrare l’ennesimo fallimento, quello del programma COVID-19 Vaccines Global Access (COVAX) per la fornitura di vaccini ai paesi a basso reddito. Istituito all’inizio della pandemia da alcuni paesi donatori, fondazioni filantropiche e dall’OMS con lo slogan “nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro”, il COVAX prevedeva di vaccinare il mondo passo dopo passo, a cominciare dalle popolazioni più vulnerabili.
Non serve un investigatore del calibro di Sherlock Holmes per capire che questo non è mai successo. I governi donatori hanno promesso vaccini alla COVAX mentre conducevano negoziati paralleli con le aziende, in alcuni casi ordinando molte più dosi di quelle necessarie. Il COVAX non era la priorità, e la dimostrazione sta nel fatto che di 2 miliardi di dosi promesse entro la fine del 2021, a luglio ne erano state consegnate solo 95 milioni. Con la fine dell’estate e gran parte della popolazione occidentale vaccinata, il COVAX ha ricominciato a carburare arrivando a consegnare 600 milioni di vaccini. Ma poi con l’ondata di Omicron è ricominciata la corsa dei paesi ricchi all’accaparramento di scorte, in particolare per i vaccini basati sull’RNA messaggero, più efficaci contro Omicron. E cosa accadrà quando avremo un vaccino costruito sulla variante Omicron o magari efficace contro tutte le varianti del Sars-CoV-2? Visto come stanno andando le cose, non è difficile immaginarlo. E i paesi a basso reddito saranno sempre in fondo alla lista.
(da Fanpage)

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IL “CENTRINO“

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

QUALCUNO SA LA DIFFERENZA TRA CAMBIAMO, CORAGGIO ITALIA, NOI CON L’ITALIA, CENTRO DEMOCRATICO, AZIONE E ITALIA VIVA?

Spieghi il candidato, con parole sue, cosa distingue politicamente le seguenti sigle di partito: Cambiamo!, Coraggio Italia, Noi con l’Italia, Centro Democratico, Azione, Italia Viva.
In un ricorrente incubo notturno svolgo l’esame per diventare giornalista, ma il mio foglio resta tragicamente in bianco.
Non è solo un brutto sogno poiché se nella realtà dovessi rispondere a una domanda sul merito farei scena muta.
Nelle mie notti agitate c’è del metodo poiché tutti i simboli succitati potrebbero comporre quel Centro (forse all’inizio solo un Centrino) vagheggiato dai giornali in ogni retroscena che si rispetti.
Poi ho letto che due leader di prima grandezza di questa macchina da guerra in gestazione – Giovanni Toti (Cambiamo!) e Luigi Brugnaro (Coraggio Italia) – hanno litigato di brutto, e questo un po’ mi dispiace perché come pilastri della nuova entità dovrebbero dare il buon esempio. Come mai siano ai ferri corti non è chiarissimo anche se poi ho riflettuto che in tutte le grandi rivoluzioni, fatalmente, emergono dualismi spesso inconciliabili: Robespierre-Danton, Stalin-Trotsky.
Però, mentre lo scrivevo mi pentivo dei due infelici esempi che hanno avuto come epilogo, rispettivamente, la ghigliottina e una picconata.
Sono arcisicuro che quello tra Toti e Brugnaro sia solo un qui pro quo superabilissimo se solo la rappacificazione fosse agevolata da un paciere dotato del tatto necessario. Subito viene in mente uno come Matteo Renzi (Italia Viva), ma temo che al momento stia cercando di rispondere alla lettera di papà Tiziano. Perché non Carlo Calenda (Azione)?
Sarebbe perfetto se non fosse che ce lo dicono impegnato in tre o quattro risse: con Clemente Mastella, con il medesimo Renzi e con un vicino per questioni condominiali.
Poi, l’illuminazione: perché non affidare una fattiva mediazione a Maurizio Lupi (Noi con l’Italia), sempre così squisito e moderato nei modi, tanto che certe volte sembra trattenere il respiro per non disturbare.
Ecco, come federatore Lupi potrebbe essere per il Centro (o Centrino) ciò che George Washington ha rappresentato per l’America. Altrimenti toccherebbe dare ragione a Mario Draghi quando dice che piuttosto che guidare una simile, stravagante accolita di perdigiorno preferirebbe trovarsi un lavoro.
(da Il Fatto Quotidiano)

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FINALMENTE IL GOVERNO SI RICORDA DI LORO

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

ARRIVA IL FONDO PER LE FAMIGLIE DEI MEDICI E INFERMIERI MORTI DI COVID

L’indennizzo riguarda i medici non convenzionati Inail, ovvero non dipendenti dal Servizio sanitario nazionale, che rappresentano oltre la metà dei medici deceduti. “Abbiamo stanziato 15 milioni di euro per le famiglie dei professionisti sanitari che hanno perso la vita a causa del Covid. E’ un giusto riconoscimento che l’Italia deve a chi ha svolto il proprio lavoro per tutelare la salute di tutti noi”, ha commentato il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Il via libera è un passaggio cruciale che “sana una grande ingiustizia” secondo il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli. E’ una questione di “giustizia, un fatto etico prima ancora che economico. Ringraziamo il Ministro della Salute Roberto Speranza e la Ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti che – afferma Anelli – facendosi interpreti della richiesta avanzata dalla Fnomceo, hanno preso a cuore la causa, e il Governo tutto”.
Sono 370 i medici e gli odontoiatri morti durante la pandemia: di questi, 216 erano medici di famiglia, del 118, guardie mediche, specialisti ambulatoriali, liberi professionisti; 30 gli Odontoiatri a cui si aggiungono 90 infermieri. “Si viene così a sanare una grave ingiustizia, che vedeva abbandonate a se stesse oltre 250 famiglie, che al dolore per la perdita aggiungevano la tribolazione economica”, spiega Anelli.
Mentre infatti i medici dipendenti hanno copertura Inail, questo non vale per i liberi professionisti e per medici convenzionati, che costituiscono oltre la metà dei medici scomparsi. Nessun risarcimento da parte dello Stato è andato quindi a queste famiglie. Ed ancora: “Ringraziamo l’Enpam, l’Ente previdenziale dei medici e degli odontoiatri, che si è fatto carico di qualche aiuto, la Fondazione Diego Della Valle, per aver avviato una raccolta fondi, l’Onaosi, per aver aperto anche agli orfani dei sanitari caduti non contribuenti, permettendo loro di studiare nel collegio unico di Perugia, grazie anche a una donazione fatta all’AMMI, l’associazione delle mogli dei medici. Sono tutte iniziative meritorie, ma era giusto far sentire, finalmente, la voce dello Stato”, perché “questi 250 medici – ricorda Anelli – sono morti per portare a termine la loro missione. Anche se mancava tutto, se le mascherine non si trovavano, se i guanti erano finiti”.
Anche Silvestro Scotti segretario generale della Fimmg commenta con soddisfazione la decisione di oggi. “Quello di oggi – dice – e’ un segnale importante di sensibilita’ politica, la dimostrazione che attraverso un dialogo serio e non urlato e’ possibile raggiungere obiettivi importanti e, in questo caso, anche porre rimedio ad una grave ingiustizia”.
(da agenzie)

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CALENDA APRE IL CONGRESSO DI AZIONE: “NOI MAI CON POPULISTI E SOVRANISTI”

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

SFILANO ALLEATI, POSSIBILI ALLEATI E AMICI

“Ma cosa abbiamo combinato in questi due anni?”. Carlo Calenda apre il congresso di Azione con la soddisfazione di avere smentito i gufi che dicevano che non ce l’avrebbe mai fatta a creare un nuovo partito. Che Azione era solo lui e qualche amico. “E oggi siamo sesto partito italiano secondo i sondaggi”.
Apre i lavori dopo avere ascoltato alleati, amici, possibili interlocutori che, come nei vecchi congressi, sfilano davani ai delegati per portare il loro saluto. Messaggi politici da memorizzare e tirare fuori da qui alle prossime elezioni politiche. Non ci sono quelli del Movimento cinque stelle e Fratelli d’Italia. Ma con loro Calenda non ci pensa proprio ad allearsi. E lo dice dal palco. “Noi con populisti e sovranisti non andremo mai”.
Prima parla, collegato da remoto, Giancarlo Giorgetti. E dice con Azione si può dialogare, ci sono punti di convergenza. E il leader di Azione conviene. “La Lega può essere un interlocutore se decide cosa essere. Se è quella di Giorgetti si può dialogare. Ma se è quella di Salvini non può essere: non è né dignitoso né serio dire una cosa la mattina e dire il contrario la sera”. Giorgetti però avverte che ci sono problemi istituzionali da risolvere, riforme da fare. E avverte che la legge elettorale proporzionale non va bene. “Perchè serve un governo che decide e non pensi ai tornaconti elettorale”.
Il proporzionale non serve al paese, spiega Giorgetti. “La legge elettorale proporzionale, fatta solo per avvantaggiare qualcuno, è sempre sbagliata. La riforma della legge elettorale deve essere fatta per avere un governo che possa decidere sia a livello nazionale che europeo”, spiega. “C’è un senso di urgenza che investe noi che facciamo politica – continua – ma io non vorrei che questa urgenza di cambiamento e di riforma, in parte portata avanti dal governo Draghi e dal Parlamento, si riduca solo a una discussione sulla legge elettorale. C’è bisogno di energie nuove e di una classe dirigente che possa dare il proprio contributo”.
Quello che serve, secondo il ministro dello Sviluppo economico, è ” un governo che decida, una democrazia che aiuti la crescita senza pensare a tornaconti elettorali. Serve un importante impegno di riforme: da vent’anni abbiamo avuto cambi di maggioranze, solo in questa legislatura un campionario incomprensibile per i nostri osservatori esteri”. Secondo Giorgetti, “ora al di là delle baruffe quotidiane i richiami che vengono sull’aggiornamento delle istituzioni siano ineludibili, penso ai tre poteri, ma anche al rapporto tra governo e Parlamento”.
Sfilano gli altri. Enrico Letta, per esempio, ecumenico. Ringrazia Calenda Azione. Lui pensa al suo campo largo e Calenda deve starci dentro. “Sono sicuro che ci troveremo insieme alle prossime politiche”, dice il segretario del Pd. “Sono sicuro che insieme faremo grandi cose per il nostro Paese, sono sicuro che voi giocherete un ruolo importante e e che insieme, senza ambiguità tra di noi, vinceremo le elezioni politiche del 2023 e daremo un governo riformista e europeista a questo Paese”. Giorgetti replica subito: “Non vi posso promettere come ha fatto Letta che vinceremo insieme le elezioni ma sono certo che tra noi ci saranno ampi margini di collaborazione”.
Parlano Toti, Rosato, Della Vedova. Coraggio Italia, Italia dei Valori, +Europa sono possili alleati di quel centro che potrebbe andare oltre il 10 per cento. Tutti parlano di progetto liberaldemocatico, ancorato all’Europa. E non a casa il primo a parlare, in francese, è Stéphane Séjourné, europarlamentare e presidente del Gruppo Renew Europe. Calenda e Renzi ci stanno già dentro. Ma pure Letta si rifà agli stessi valori ma sta fra i Demcoratici e i socialisti. E anche Antonio Tajani che però sta nel Ppe. Ma sull’Europa Calenda sembra avere le idee molto chiare: si potrà fare solo se si cacciano fuori la Polonia e l’Ungheria.
(da agenzie)

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CRISANTI E VILLA DA DUE MILIONI DI EURO: ”COMPRATA CON I RISPARMI DI UNA VITA, IN TV VADO GRATIS E LE CONSULENZE LE DEVOLVO ALL’UNIVERSITA’”

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

”ME LA POSSO PERMETTERE, NON HO MAI PRESO UN EURO CON LA PANDEMIA, SE QUALCUNO SCRIVE L’OPPOSTO CI METTA LA FACCIA E CI VEDIAMO IN TRIBUNALE”

Il professor Andrea Crisanti si trova al centro delle polemiche per una villa da due milioni di euro. La residenza è Villa Priuli Custoza, si trova a San Germano dei Berici presso Vicenza, risale al Seicento ed è attribuita a Vincenzo Scamozzi, allievo di Palladio. Ha un giardino da 1,2 ettari, 15 mila metri quadrati e due bagni.
Ma, come ha spiegato lui in due interviste rilasciate a Repubblica e al Corriere della Sera, l’acquisto è stato effettuato con i suoi risparmi. E non certo con “i soldi della pandemia”: «Io non faccio nessuna attività privata: tutti i soldi che guadagno con le consulenze, li devolvo al Dipartimento. Proprio per evitare situazioni equivoche, mi sono imposto di non guadagnare neanche un quattrino con la pandemia. Mai fatto comparsate a pagamento, mai preso soldi per il Covid-19».
Crisanti fa sapere di aver acquistato la villa con i risparmi e un mutuo: «Io e mia moglie abbiamo iniziato le trattative per quella villa con giardino in provincia di Vicenza un anno e mezzo fa. E quando abbiamo firmato il rogito, come potevo aspettarmi che la notizia diventasse di pubblico interesse?».
E si arrabbia quando qualcuno dice che si è arricchito con il Coronavirus: «Si può essere d’accordo o meno con quel che dico, ma non si dovrebbe mai scendere così in basso. Sfido chiunque a dimostrare che io ci abbia guadagnato un euro. In televisione, ci sono andato sempre gratis. I compensi per le mie consulenze li ho sempre girati al mio dipartimento. Se oltre ai soliti leoni da tastiera qualcuno ci mette la faccia sostenendo questa te#si vergognosa e infamante, lo denuncio».
Infine, Crisanti ritiene di non dover rendere conto a nessuno: «Non costa due milioni. Ho fatto un mutuo, neppure troppo leggero. Quanto alle dimensioni, è una dimora — va meglio se la chiamiamo così? — progettata per ospitare familiari, parenti e amici, e stare insieme. Ho una certa età, è normale pensare a cose come questa. Me lo posso permettere. Sono una persona agiata. Io e mia moglie occupiamo posizioni apicali da molto tempo. E abbiamo sempre condotto una vita frugale. I soldi, non li abbiamo mai buttati.».
(da agenzie)

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VILLA CRISANTI

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

LA POLEMICA DA MENTECATTI SULL’ACQUISTO DI UNA VILLA DA PARTE DEL VIROLOGO

Dopo una vita di lavoro, uno stimato professionista di sessantasei anni decide di soddisfare la sua grande passione per il restauro e acquista con la moglie una villa veneta del Cinquecento per meno di due milioni, accendendo un mutuo e dando fondo ai risparmi di famiglia.
Perché quest’ uomo è costretto a giustificarsi come un ladro e a dichiarare pubblicamente di condurre un’esistenza morigerata e di non essersi arricchito con il Covid?
Perché si tratta di Andrea Crisanti, il virologo tendenza crisantemo che per due anni si è affacciato in televisione a dirci che le cose andavano male ma sarebbero andate peggio se non ci fossimo comportati meglio.
Quindi chi si erge ad autorità morale o, come nel caso di Crisanti, lo diventa sull’onda di un’emozione collettiva, secondo un pregiudizio diffuso dovrebbe prendere i voti di povertà.
Di per sé la ricchezza non infastidisce il pubblico, se colui che la ostenta è un gaudente e non pretende di suggerire regole, anzi si diverte un mondo ad aggirarle.
Se invece il benessere economico arride a chi è salito, o si è ritrovato, su una cattedra da cui ha impartito lezioni su ciò che è bene e ciò che è male, immediatamente scatta il sospetto dell’interesse personale, neanche Crisanti fosse il socio occulto di una multinazionale che produce tamponi e mascherine.
È un malizioso riflesso condizionato che sa di vendetta, dal momento che, nell’era dell’ego espanso, a nessuno fa piacere ascoltare le prediche altrui. Specie se sono scomode.
(da Il Corriere della Sera)

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ECCO COME LE SPIE RUSSE SI PREPARANO AD ELIMINARE GLI OPPOSITORI IN UCRAINA

Febbraio 19th, 2022 Riccardo Fucile

IL PAESE PULLULA DI AGENTI SEGRETI, PRONTI A CREARE PRETESTI PER APPICCARE IL FUOCO ALLA POLVERIERA D’EUROPA

Sono i protagonisti più temuti della crisi. Il mondo osserva le colonne dei carri armati, ma a decidere l’escalation saranno le loro mosse nell’ombra. L’Ucraina pullula di agenti segreti, i padroni della zona grigia prediletti dal Cremlino e venerati come angeli vendicatori della Madre Russia. Nel 2014 i “piccoli uomini verdi” sono stati gli eroi dell’occupazione della Crimea: soldati in anonime tute verdi a cui vengono dedicate statue, con sempre accanto un gatto.
Il felino è il simbolo del reparto più speciale del Gru, l’intelligence militare, perché – come ha detto sibillinamente il ministro della Difesa Sergey Shoigu – “è difficile trovare un gatto nel buio, soprattutto se il gatto non c’è…”. Sono fantasmi e la loro esistenza non verrà mai ammessa. Come quella degli altri gruppi che tramano nel territorio di Kiev, pronti a creare pretesti per appiccare il fuoco alla grande polveriera d’Europa.
L’ascesa dell’intelligence militare
Dopo la fine dell’Urss la questione ucraina è stata affare dell’Svr, la branca estera degli 007: una partita vecchio stile, giocata animando quasi settecento associazioni per promuovere la fratellanza con la Russia ma allo stesso tempo finanziando politici e oligarchi.
La svolta di Piazza Maidan che ha spinto il Paese nelle braccia dell’Occidente è stata il fallimento di questa strategia. Così l’approccio è stato rivoluzionato. Oggi il regista è Dmitry Kozak, numero due dello staff di Putin e veterano della destabilizzazione: ha superato le selezioni dell’intelligence militare nell’accademia dalle grandi vetrate chiamata “l’acquario dove sopravvivono solo i piranha”. Il suo compito è coordinare industria, media, diplomazia, chiesa e spie per stringere la morsa della “guerra ibrida” intorno al nemico. Un esempio? A dicembre le aziende russe hanno tagliato le forniture di gas e carbone a Kiev, provocando l’aumento delle bollette. Allo stesso tempo è stata aizzata con campagne social e programmi tv la protesta di commercianti e cittadini contro il governo ucraino, incapace di fronteggiare il carovita.
L’Fsb, l’erede del Kgb e fucina della classe dirigente putiniana, resta importante. Jack Watling e Nick Reynolds del Rusi, il centro studi della Difesa britannica, hanno appena pubblicato un dossier dettagliato.
Il Quinto Servizio dell’Fsb, guidato dal generale Sergei Beseda, ha moltiplicato i ranghi dell’ufficio ucraino: sono passati da venti a duecento persone. Tanti altri sono sul campo, dove compilano la “lista dei buoni e dei cattivi” in vista dell’occupazione. Avvicinano i cittadini ucraini sensibili alla causa di Mosca, scegliendo i più influenti per convincere la popolazione alla calma e per sostituire gli amministratori locali. E censiscono i personaggi “ostili” in grado di organizzare la resistenza contro i russi: quelli che all’Ora X verranno “neutralizzati”.
Sembra una sceneggiatura da film reaganiano, come Alba Rossa che all’acme della Guerra Fredda descriveva l’invasione sovietica degli States e i rastrellamenti di patrioti americani. Ma a confermare questo scenario c’è un’esercitazione molto particolare condotta a dicembre, che ha visto agire insieme 007 dell’Fsb e paracadutisti.
Gli incursori scesi dal cielo si sono incontrati con quelli sbucati dall’oscurità, non solo per occupare le infrastrutture chiave e i palazzi governativi, ma anche per localizzare e catturare tutti i “civili pericolosi”. Come? Pochi giorni dopo un cyber-attacco ha preso di mira il server delle assicurazioni auto dell’intera Ucraina: sono stati copiati targhe, indirizzi e dati personali di gran parte della popolazione.
Le infiltrazioni in partiti e istituzioni ucraine
A inasprire la minaccia occulta c’è l’infiltrazione dei partiti e delle istituzioni, inclusi gli apparati di sicurezza. Il controspionaggio di Kiev sostiene di avere individuato almeno trenta agenti russi impegnati a “coltivare” questa quinta colonna: una burocrazia parallela, che attende l’ordine di uscire allo scoperto e dividere dall’interno il Paese.
Nel giorno dell’offensiva, ai “piccoli uomini verdi” del Gru toccherà invece quello che in gergo definiscono “il lavoro bagnato” ossia sporco di sangue.
Sono sempre stati i primi a colpire, spuntando dal nulla per conquistare l’aeroporto di Praga nel 1968 o assaltare il palazzo presidenziale di Kabul nel 1979. Nell’ultimo decennio il servizio militare ha ottenuto la fiducia totale di Putin, surclassando in numeri e dinamismo l’Fsb. Tanti agenti da mesi si sono inseriti nelle città e nelle campagne ucraine: “astuti, coraggiosi ed educati”, come insegna il loro manuale, conducono vite insospettabili e sono gentili con i vicini di casa.
Ma, quando scatterà l’ordine, tenteranno di decapitare l’Ucraina, assassinando ministri e generali. Cercheranno di gettare la nazione nel caos; sincronizzando i sabotaggi informatici con le cariche di esplosivo per devastare reti telefoniche ed elettriche, tv e radio, snodi ferroviari e ponti stradali. Il logoramento psicologico è già cominciato: ogni mese ci sono cinquecento allarmi bomba, metà dei quali arrivano dai territori russi.
In cerca di un pretesto per l’aggressione
Quanto al pretesto per l’intervento di Mosca, i signori delle trame offrono un catalogo molto ampio. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha parlato all’Onu di “una fossa comune”: la scoperta di un eccidio ai danni della comunità russa. Oppure si muoveranno i provocatori per seminare violenza durante le manifestazioni, innescando la rivolta come è accaduto in Kazakistan un mese fa. O gli infiltrati spingeranno le formazioni nazionaliste ucraine a compiere attentati. Forse però il copione sarà più tradizionale. Dopo giorni di cannonate sulla sua parte del Donbass, l’artiglieria ucraina risponderà al fuoco. A quel punto una formidabile struttura di propaganda ingigantirà danni e vittime, offrendo il casus belli. Viene chiamato lo “scenario dell’Ossezia del Sud”, perché ricalca lo schema che nel 2008 provocò l’invasione russa della Georgia.
L’armata delle tenebre ha un solo punto debole: le liti tra diverse agenzie, in lotta feroce per il potere. Molti analisti pensano che il golpe ordito dal Gru in Montenegro nel 2016 sia fallito proprio per le informazioni fatte filtrare dai rivali interni. Sono così devoti all’inganno da tradirsi l’un l’altro. Chissà che non stia accadendo anche ora.
(da agenzie)

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