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IL SINDACO DEL BRESCIANO LASCIA LA LEGA PER FDI E VOLANO GLI STRACCI

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

NON APPREZZA L’APPOGGIO A DRAGHI E LO FA ”PER COERENZA” (NON PERCHE’ I VOTI DELLA LEGA SI SONO DIMEZZATI)

Giorgio Bontempi: è lui la persona che ha contribuito a aumentare le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia, visto che il partito di Giorgia Meloni sta portando dalla sua parte qualche leghista al quale piace di più la linea del partito che sta all’opposizione mentre la Lega sta nel governo Draghi..
Giorgio Bontempi, sindaco di Agnosine, Comune nel bresciano, dopo 25 anni lascia la Lega ed entra in Fratelli d’Italia. Il suo approdo nel partito di Giorgia Meloni è stato ufficializzato oggi in una conferenza stampa al Pirellone, alla quale hanno partecipato, oltre allo stesso Bontempi, anche la coordinatrice regionale di Fdi, Daniela Santanchè, l’assessore regionale alla Sicurezza Riccardo De Corato ed altri esponenti come il consigliere comunale milanese Andrea Mascaretti.
“Questo ingresso di Bontempi ha un significato particolare”, dice Santanchè. “Un libero professionista- continua- che ha costruito insieme alla Lega parte di un percorso. Ma avendo scelto in maniera chiara il campo del centrodestra, le sue difficoltà nascono da un credo politico contrapposto al fatto di governare con il Pd e con il M5S”. Infatti, “noi con loro pensiamo di essere incompatibili su tutte le questioni- aggiunge la coordinatrice regionale di Fdi- c’è una parola che vince su tutte le altre: coerenza”.
Parla anche Bontempi: “Non si cancellano in un giorno 25 anni con la Lega- commenta il sindaco- la mia è stata una decisione sofferta e inevitabile. Entro in Fdi in maniera molto rispettosa, per dare un contributo importante e rappresentare degnamente il centrodestra”.
Ma soprattutto, fa eco Bontempi alle parole di Santanchè, “per un valore fondamentale: la coerenza”. Sentirsi parte di un progetto, questo cerca il sindaco: “Cosa che, in pochi giorni, ho percepito in Fdi e che non avevo percepito prima”.
(da NetQuotidiano)

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I CONSIGLIERI LEGHISTI DI CALTANISETTA CHE CHIEDONO UN ”DECALOGO” DI REGOLE SOLO PER GLI IMMIGRATI

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

IL SINDACO: ”PROPOSTA VERGOGNOSA E RAZZISTA, QUI GLI STRANIERI LAVORANO E SONO INTEGRATI”

Fa discutere la proposta di due consiglieri comunali leghisti di Caltanissetta – Valeria Visconti e Oscar Aiello – che in un’interpellanza al sindaco Roberto Gambino (in quota Movimento 5 Stelle) hanno richiesto “di affiggere, a tappeto, sui muri delle vie, nei bar, davanti le scuole e gli ospedali, un’ordinanza-decalogo con le principali regole comportamentali, da far rispettare agli extracomunitari che sconoscono, a causa delle diversità culturali, il modo corretto e sano della vita cittadina, e che in quel modo sarebbero aiutati a rispettare la città e i cittadini che li accolgono”.
Nessun riferimento ai cittadini nisseni, che pure contribuiscono alla situazione di degrado in cui versa il centro storico.
Una sorta di “regolamento ad hoc” per chi non è del posto, come i tanti componenti delle comunità afghane e pakistane, allegata alla richiesta di combattere il disagio cittadino con un aumento della segnaletica stradale e col ripristino dell’illuminazione.
Un’interpellanza che il sindaco Gambino ha definito “razzista”, senza troppi giri di parole.
“Caltanissetta è una città accogliente – ha dichiarato – e questa interpellanza è gravissima e vergognosa. Nessuno può permettersi di dire una cosa del genere che crea scompiglio sociale. Gli stranieri sono perfettamente integrati nella nostra città“.
Il primo cittadino ha ricordato come uno dei due proponenti in quota Lega, la consigliera Visconti, fosse in precedenza iscritta al Movimento 5 Stelle: “Se avesse scritto una cosa del genere quando apparteneva al Movimento 5 Stelle, sarebbe stata espulsa, non è tollerabile un comportamento del genere”.
“Risponderò con i fatti all’interpellanza – ha aggiunto Gambino – visto che i 20 milioni di euro di rigenerazione urbana riguarderanno soprattutto il centro storico e contribuiranno alla sua rinascita”. Parole di condanna da parte della sezione nissena dell’Anpi: “Siamo profondamente indignati per queste affermazioni che rimandano a pagine oscure della storia del nostro Paese”.
(da agenzie)

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LA SINDACA DI AREA CENTRODESTRA DI SABAUDIA ARRESTATA PER CORRUZIONE ERA STATA SOSTENUTA DA SALVINI ALLE PROVINCIALI DI TRE ANNI FA

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

CASO STRANO: ACCUSATA DI AVER FATTO FAVORI A 45 ATTIVITA’ BALNEARI

Sedici misure cautelari, tra cui anche una destinata alla sindaca di Sabaudia Giada Gervasi, sono state eseguite in mattinata dal nucleo investigativo dei carabinieri di Latina. Nel procedimento, che coinvolge amministratori, funzionari pubblici e imprenditori si contestano, a vario titolo, i reati di corruzione, peculato e falso ideologico.
In particolare, alla prima cittadina di area centrodestra, vengono contestati 11 episodi di turbativa d’asta e uno di corruzione. In totale sono una ventina le persone finite nel registro degli indagati. La prima cittadina è stata eletta alle amministrative del 2017 sostenuta da liste civiche.
Nel 2018, in occasione delle elezioni Provinciali, la civica Gervasi era stata invece sostenuta anche da Matteo Salvini e dal Carroccio (che però in Comune siede all’opposizione).
Secondo quanto emerge da una nota diffusa dal procuratore di Latina Giuseppe De Falco, tutte le quarantacinque attività balneari presenti sul lido di Sabaudia avrebbero goduto, nel tempo, di favoritismi e privilegi all’interno del Comune di Sabaudia.
In base a quanto accertato dagli inquirenti “alcuni dipendenti pubblici sarebbero, in concreto, i titolari di alcuni stabilimenti e chioschi oggetto di favoritismi”.
L’attività di indagine, condotta dal procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e dai sostituti Antonio Sgarrella e Valentina Giammaria, è iniziata nel novembre 2019 a seguito dell’incendio alla centrale termica dell’Ente Parco Nazionale del Circeo e alle minacce al Comandante della Stazione Carabinieri Forestali “Parco di Sabaudia”. L’episodio venne condannato anche dall’allora ministro all’Ambiente Sergio Costa che sul Blog delle Stelle lo definì “un atto vile” e “un gesto volto a condizionare chi ogni giorno lavora e lotta per la tutela della legalità e dell’ambiente”.
Le indagini sono durate più di sette mesi e, si legge ancora nella nota della procura, “hanno accertato e ricostruito undici episodi di turbativa d’asta, la formazione di innumerevoli atti falsi, nonché condotte corruttive che sarebbero state poste in essere dal sindaco di Sabaudia e da amministratori comunali, in concorso con imprenditori e funzionari comunali”.
Sotto la lente di ingrandimento degli investigatori “è finita soprattutto la Coppa del Mondo di canottaggio, che si sarebbe dovuta svolgere a Sabaudia nel 2020, con riferimento alla quale appaiono favorite ditte compiacenti all’amministrazione comunale, sia nella realizzazione del campo di gara sia nell’affidamento del servizio di manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica, per un giro di affari di circa 1 milioni di euro“.
(da il Fatto Quotidiano)

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LA CRISI DEI TELEGIORNALI RAI NELL’ERA FUORTES

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

IN CALO IL TG1 E L’INGUARDABILE TG2 SOVRANISTA… MARETTA AL TG3

Falsa partenza in Rai per i telegiornali dell’era del nuovo ad Carlo Fuortes. Il Tg1 guidato da Monica Maggioni, molto gradita a Palazzo Chigi sull’asse Garofoli-Funiciello (rispettivamente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e capo di gabinetto di Mario Draghi) nei primi tre mesi della sua direzione viaggia a una media d’ascolti inferiore a quella del suo predecessore Giuseppe Carboni, nominato in quota al Movimento 5 stelle sotto la precedente gestione Foa-Salini.
Fatta eccezione per la settimana di Sanremo, negli altri giorni, soprattutto nell’edizione principale del tg della rete ammiraglia, quella delle 20, il segno è sempre quello del meno.
Ma ciò che preoccupa di più in azienda (e ha fatto scattare l’allarme del sindacato) sono le tante figure professionali rimaste senza incarico dopo l’arrivo di Maggioni. Oltre all’ex direttore Carboni, ci sono l’ex vicedirettore Filippo Gaudenzi, l’ex capo della segreteria di redazione Giuseppe Caserta e l’ex capo del Politico Natalia Augias. Quattro nomi e quattro stipendi pesanti su cui potrebbe accendere il faro la Corte dei Conti visto che poi ci sono altri giornalisti della testata che svolgono più funzioni.
Al loro posto alcuni fedelissimi della direttrice provenienti da Rainews e quelli segnalati dalla politica (vedi Nicola Rao in quota Fratelli d’Italia).
In più alcuni con il doppio incarico: oltre alla direttrice-conduttrice, stesso raddoppio di funzioni per Francesco Giorgino (vicedirettore e conduttore) ed Elisa Anzaldo (caporedattore centrale agli Speciali e conduttrice).
Preoccupa il calo di ascolti del Tg2 di destra-centro diretto da Sangiuliano
Preoccupa anche il calo degli ascolti per il Tg2 del confermato Gennaro Sangiuliano. Il telegiornale della destra-centro sta scendendo a livelli mai toccati prima: venerdì 18 febbraio è andato addirittura sotto il 5 per cento.
Mentre il giorno prima era toccato a Tg2 Post, l’approfondimento che segue l’edizione serale delle 20.30, scendere sotto la soglia psicologica del 3 per cento, per l’esattezza solo il 2,9. Al settimo piano di viale Mazzini si sta cercando di correre ai ripari cambiando il traino, ovvero il programma che precede il telegiornale di prima serata. Al posto dei classici e fidelizzati telefilm, si pensa a un game show o comunque a un programma stile “Battute”. Basterà a risollevare il glorioso tg di Andrea Barbato e Antonio Ghirelli o serviranno interventi più drastici?
Maretta tra la redazione del Tg3 e la direttrice Simona Sala
Infine ascolti in calo ma anche tanta maretta al Tg3 dove non c’è feeling tra la redazione e la direttrice Simona Sala, in quota metà Pd e metà 5 stelle corrente Luigi Di Maio. Clima teso nei corridoi della palazzina di Saxa Rubra, toni della voce alti, risultati deludenti. Alla direttrice si contestano soprattutto due cose: il voler inseguire sempre il Tg1 snaturando l’anima tradizionalmente di sinistra del telegiornale. E poi le continue apparizioni televisive molto spesso nei canali della concorrenza (vedi Otto e mezzo dell’amica Lilli Gruber) lasciando così sguarnita la plancia di comando.
(da tag43.it)

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CHIARA FERRAGNI CONTRO IL TITOLO DI LEGGO: “UNA MAMMA CHE LAVORA PERCHE’ DEVE ESSERE CONSIDERATA NEGLIGENTE?”

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

UNA MENTALITA’ MASCHILISTA PATETICA, L’INFLUENCER RISPONDE PER LE RIME

In seguito al viaggio di lavoro a New York di Chiara Ferragni, per partecipare alla New York Fashion Week, l’influencer si è scagliata contro il titolo di Leggo che ha messo in contrapposizione il suo comportamento e quello di suo marito Fedez, rimasto a casa a badare a Leone e Vittoria, e definito come “babysitter” piuttosto che essere semplicemente un padre.
“Una mamma che lavora perché deve essere giudicata negligente?”, ha scritto Ferragni in una story su Instagram. “Una mamma che si sente bene con il proprio corpo – ha aggiunto – perché deve sentirti in colpa? Una mamma che non dimentica di essere anche donna, moglie, lavoratrice, figlia, amica, perché deve essere discriminata? Come madre, imprenditrice e donna ho la fortuna di poter dedicare molto più tempo alla mia famiglia e ai miei bambini di quanto sia concesso alle donne che lavorano sotto un capo, ma non è comunque abbastanza per un certo tipo di giornalismo maschilista e tossico. Noi donne dobbiamo ancora una volta fare il doppio per essere apprezzate la metà. A me stessa e a tutte voi dico: non rinunciamo a lottare e a pretendere di essere considerate al pari degli uomini”.
Il modo in cui Leggo ha presentato la notizia è: “Chiara Ferragni e Fedez, lei vola a New York e si trasforma in Catwoman. Lui resta a Milano a fare il baby sitter (poi cambiato in “papà”, ndr)”. Se la prende con “un certo tipo di giornalismo”, che sembra giocare sui pregiudizi degli italiani nei confronti del suo lavoro. Oltre a contestare il fatto che a parti invertite non siano mai state fatte insinuazioni simili. Anche fosse andata a impersonare veramente Catwoman per lavoro – cosa che non ha fatto, tutto nasce da una didascalia con la quale Ferragni ha accompagnato alcune foto pubblicate sui social con indosso un abito nero aderente – quale sarebbe stato il problema?
(da NetQuotidiano)

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GARA DI SOLIDARIETA’ PER MERTCAN, L’OPERAIO VENTENNE MULTATO IN BICI: “PAGHIAMO NOI IL VERBALE”

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

IL COMANDO DEI CARABINIERI FAREBBE MIGLIORE FIGURA SE CHIEDESSE SCUSA E ANNULLASSE UNA MULTA ASSURDA

La vicenda di Mertcan, 20 anni, multato in bicicletta perché non aveva con sé la mascherina dopo un diverbio con i carabinieri, sta sollevando un’ondata di solidarietà. In tanti si sono detti pronti a pagare la multa al giovane operaio che la mattina dell’8 febbraio, alle 7.30, stava andando a Nichelino, in bici, per iniziare il suo turno in fabbrica.
Quella mattina aveva incrociato una pattuglia dei carabinieri in corso Moncalieri: “Uno dei militari – racconta – ha spalancato la portiera senza guardare mentre passavo in bici e ho rischiato di cadere”, aveva raccontato il ragazzo che aveva reagito a quell’episodio protestando e allontanandosi. I carabinieri, che hanno poi ricostruito la vicenda descrivendo quelle proteste come molto colorite tra offese e insulti, hanno fermato il giovane poco dopo e hanno accertato che non aveva con sé la mascherina che non era obbligatoria pedalando ma lo era, anche all’aperto, in caso di fermata. “Io però avevo trovato un passante disposto a regalarmene una”, aveva precisato Mertcan ma questo non è bastato a evitargli il verbale.
Il giovane guadagna 600 euro al mese: con quei soldi aiuta la famiglia, mamma, papà e un fratellino di 7 anni, a mantenersi e pagare le spese. Il verbale da 280 euro che gli è stato consegnato equivale quasi a metà del suo stipendio. Lui ha pagato subito per paura che la sanzione, dopo cinque giorni, aumentasse fino a 600 euro ma ora molte persone stanno scrivendo alla redazione di Repubblica per chiedere come poter far per risarcire il ragazzo della somma che ha già pagato. Mertcan ha ricevuto anche un’offerta di assistenza legale.
La solidarietà è arrivata da tutt’Italia. I primi sono stati una coppia di Foligno, Maurizio Lalleroni e sua moglie Francesca Ridolfi, entrambi presenti sui social e contattabili, che hanno lanciato un appello su Facebook dopo aver parlato con il ragazzo. “Vogliamo aprire una sottoscrizione in suo favore per restituirgli la somma che ha già pagato – scrivono – Mertcan ci ha lasciato il suo conto corrente, ci ha ringraziato: chiediamo di contattarci a chi fosse interessato a unirsi alla nostra proposta e al nostro contributo”.
“Sono un medico – commenta un’altra delle persone che hanno contattato la nostra redazione – non sono No Vax, No mask, anzi, ho la tripla dose e giro anche all’aperto con mascherina anche senza obbligo, ma credo che le ingiustizie e le sopraffazioni siano intollerabili”, .
Nemmeno l’operaio si aspettava una tale mobilitazione.” Sono molto contento per questa ondata di solidarietà che sto ricevendo, non me l’aspettavo. Ho letto molti commenti su questa vicenda e vorrei ringraziare a uno a uno chi mi sta sostenendo – dice – È una storia che mi ha amareggiato, che ha messo in difficoltà me e la mia famiglia per la cifra che abbiamo dovuto pagare, ma la risposta della gente mi sta dando tanta fiducia”.
(da agenzie)

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IL PATTO TRA RIFORMATORI INVOCATO DA BRUNETTA AGITA LA MAGGIORANZA: SALVINI HA PAURA DI FARE LA FINE DEL VASO DI COCCIO TRA LA MELONI E IL GOVERNISMO DI GRAN PARTE DELLA LEGA

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

LA PARTITA DELLA LEGGE ELETTORALE E GLI ALFIERI DEL PD CHE PUNTANO ALLA MAGGIORANZA URSULA

È davvero il tempo di pensieri mai fatti, come ha detto Renato Brunetta a Paola Di Caro sul Corriere di ieri? È davvero realistico e magari auspicabile che dopo l’unità nazionale ci sia ancora l’unità nazionale? E che dopo Mario Draghi, senza per ora tirarlo per la giacca, ci sia ancora perlomeno il suo metodo, quello che sta portando l’Italia fuori dalla pandemia e dalla crisi economica?
È una lunga partita politica dalle mille derivate quella che accompagna il Paese alle elezioni del 2023, sempre che strappi improvvisi non facciano precipitare la situazione in un ricorso anticipato alle urne. Non c’è dubbio che l’idea di questo percorso attraversi trasversalmente i partiti che sostengono il governo.
Nel Pd se ne fanno riservatamente alfieri dirigenti come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, l’ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci e il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che non manca di mantenere rapporti di ottimo vicinato con il leghista che Guida il Veneto, Luca Zaia.
Ci sono poi Dario Franceschini e Goffredo Bettini, che guardano a un’evoluzione europeista di almeno parte della Lega, se non tutta, che tornerebbe buona in caso di pareggio.
Ma su tutti c’è il disegno di Enrico Letta, che si sta ritagliando in modo certosino il ruolo del federatore di una larga alleanza: sì a Carlo Calenda stando attento a non perdere i Cinque Stelle, lucidità al di là dei pregressi personali per dialogare con Matteo Renzi, disponibilità a dare ruolo e a raccogliere la spinta degli amministratori locali.
Tutto questo nella previsione che non sarà facile, e forse nemmeno auspicabile, cambiare in senso proporzionale la legge elettorale. Con l’idea di provare a vincere, nella convinzione che un centrodestra litigioso sia tutt’ altro che imbattibile.
Il pensiero di Renato Brunetta, e anche di Mara Carfagna, è esplicito. Come del resto quello di Giovanni Toti, Luigi Brugnaro, Gaetano Quagliariello, che guardano con interesse al metodo Draghi.
E comunque Forza Italia, con Silvio Berlusconi, è solidamente intenzionata a ridurre lo spazio delle tentazioni sovraniste e populiste di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Calenda ha dimostrato alle amministrative di Roma di avere una fetta importante di popolo dalla sua parte, e a guardar bene non è neanche un signor no, vista l’apertura al secondo turno verso Roberto Gualtieri.
I Cinque Stelle, almeno in parte,lo vedono come un bau bau, ma lui fa appello alle forze che sostengono il governo e lascia aperto uno spiraglio: se cambiano, dice, si può provare a costruire. Ed eccoli i Cinque Stelle, che attraversano il passaggio più difficile dalla loro nascita. La diarchia, con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, è evidente e non sanabile. I toni ora sono più bassi per evitare lo sbriciolamento del Movimento.
Quindi, almeno per ora, niente scissione ma scontro di linee opposte sì, e si starà a vedere come finisce. Intanto si invita a guardare alle prossime comunali di Palermo, con la Sicilia che si appresta a tornare laboratorio politico, come tante volte nella storia repubblicana.
Il tentativo è quello di individuare un candidato da maggioranza Ursula, quindi senza Salvini e Meloni, e chissà, forse appunto con i Cinque Stelle. Divisi tra la tentazione di tornare alla splendida solitudine delle origini, con il rischio di un’illusione passatista, o guardare a una politica di alleanze che da cosa faccia nascere cosa.
Nel fronte di Di Maio c’è comunque l’idea che ogni progetto futuro debba fare a meno della Lega, dove, nonostante le buone intenzioni del fronte del Nord, che con Giancarlo Giorgetti e i governatori punta al cambio di passo, al timone c’è sempre Salvini.
Il leader leghista si appresta a incontrare Draghi, gli garantisce pieno sostegno sul Pnrr, rifiuta anche solo l’idea di essere un sabotatore, rivendica che sul Green pass come sulle bollette il suo apporto sia stato costruttivo, non fa mistero di non condividere l’azione del ministero dell’Interno, garantisce che mai e poi mai staccherà la spina.
Ma è anche convinto che dopo le elezioni dovrà esserci un governo politico e si muove in due direzioni: un lavoro di ricucitura, a partire dalle amministrative, per portare il centrodestra unito al voto, e un’operazione di rasserenamento nel partito, offrendo maggiore collegialità. Chi vuole tornare anche in futuro all’unità nazionale, insomma, non lo farà con i suoi voti. Con Giorgia Meloni non si sono ancora ripristinati rapporti diretti, dopo il gelo seguito all’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale.
Ma Salvini non ha intenzione di rispondere con polemiche alle polemiche. Chiede però che la leader di Fratelli d’Italia maturi un atteggiamento rispettoso nei confronti della sua partecipazione al governo. A meno che non intenda far da sola, consegnando all’irrilevanza un eventuale successo elettorale.
(da il Corriere della Sera)

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DOPO SOLI 8 MESI, ESCE DAL CARCERE ANTONIO DI FAZIO, L’IMPRENDITORE CHE NARCOTIZZAVA E STUPRAVA LE RAGAZZE A MILANO: ANDRA’ IN UNA COMUNITA’ DI RECUPERO

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

PER I GIUDICI SI E’ “ATTENUATO IL PERICOLO DI RICADUTA, AVENDO EGLI PRESO COSCIENZA DELLA ESTREMA GRAVITÀ DELLE CONDOTTE TENUTE” … AVREBBERO CERTAMENTE PRESO LA STESSA DECISIONE SE SI FOSSE TRATTATO DI UN POVERACCIO O DI UN IMMIGRATO

Il predatore sessuale esce dal carcere perché, tra l’altro, ha provato a uccidersi ma lo stesso nega di aver mai voluto suicidarsi.
Accade anche questo nelle storie che a Milano si intrecciano sui diversi molestatori seriali che agiscono con l’uso di droghe e farmaci per colpire le vittime, riducendole a bambole di pezza prive di difese e, l’indomani, di memoria.
Dopo Alberto Genovese, che aveva illuminato le cronache con gli scempi a Terrazza Sentimento, anche Antonio Di Fazio, l’imprenditore farmaceutico accusato di abusi sessuali su sei donne narcotizzandole in casa con benzodiazepine, finisce ai domiciliari nelle comunità terapeutiche Crest. Ma la scelta solleva le critiche delle parti offese.
Il gip di Milano Anna Magelli ha fatto uscire Di Fazio dal carcere di San Vittore per un percorso curativo in una clinica specializzata, su parere favorevole della procura. Ma è giusto che dopo otto mesi quest’ uomo debba lasciare il carcere, seppure abbia al polso un braccialetto elettronico per impedirne la fuga?
La decisione ha suscitato non poca sorpresa: tra i motivi a sostegno della decisione abbia pesato il «forte legame con il figlio che lo avrebbe fatto desistere dal serio tentativo suicidario per impiccagione intentato il 29 settembre scorso».
In particolare, il giudice valorizza il percorso psicoterapeutico avviato perché, scrive, «lo ha portato a prendere coscienza della estrema gravità delle condotte tenute e delle conseguenze della sua carcerazione che possono essere determinate a pregiudizio dell’equilibrio emotivo e psicologico del figlio minore; presa di coscienza che lo ha condotto a un certo punto ad intentare un serio tentativo di suicidio per impiccagione, il che porta a ritenere il pericolo di ricaduta in delitti della stessa natura come apprezzabilmente attenuato».
Agli atti però si trova un documento che sembra smentire l’episodio stesso. È una dichiarazione, su carta intestata dell’ufficio di polizia giudiziaria della penitenziaria del carcere, davanti al vice sovrintendente Daniele Zago, firmata dallo stesso Di Fazio, risalente al primo pomeriggio del 30 settembre, ovvero il giorno dopo il presunto drammatico episodio.
L’imprenditore nega con forza qualsiasi intento autodistruttivo: «Come già riferito al comandante, nego di aver posto in essere un gesto suicidario e altresì alla visita effettuata dal medico al locale pronto soccorso non ho riferito di averlo posto. Ho solo detto che avevo un umore deflesso che mi portava ad avere una condizione psicologica molto fragile ed altresì che questa condizione mi portava ad avere frequenti pianti. Né ieri né mai durante la mia fase processuale ho pensato di suicidarmi o farmi del male. Probabilmente una frase da me pronunciata al medico è stata male interpretata. Non ho manifestato intenti suicidari».
Ma allora cosa è accaduto? In attesa dell’udienza del rito abbreviato emergono anche altri punti da chiarire. Nella richiesta di mandare il loro assistito in comunità, i difensori del Di Fazio sottolineano anche che tale scelta andrebbe a completare il processo che lo ha portato a una rilettura critica della propria personalità e delle proprie problematiche. E su questo pare che ancora una parte significativa del percorso vada di certo compiuta.
Basta rileggere le relazioni all’autorità giudiziaria degli psicologi sugli incontri recenti con il figlio in cui, oltre a momenti di apprezzato recupero della genitorialità, si evidenziano atteggiamenti che tanto ricordano il passato quando Di Fazio per l’accusa si imponeva sulle donne abusate.
«Non sono mancate però le descrizioni sensazionalistiche di eventi occorsi in carcere (aggressioni tra detenuti, malesseri propri e dei suoi compagni, condizioni igienico-sanitarie estreme) – si legge ne documento – e le narrazioni di rapporti quotidiani improntati su un registro poco credibile di grandiosità (intimità e complicità con le guardie carcerarie; attività di aiuto, sostegno e guida a detenuti descritti come totalmente inetti; supervisione e formazione da parte sua del personale medico del carcere incompetente in materia di farmaci e terapie; “proposte di matrimonio” da parte di varie donne tra un’udienza e l’altra).
Si è notata, soprattutto nel terzo incontro, l’intrusione di temi incongrui e non pertinenti alla relazione padre-figlio (dettagli su questioni finanziarie e lavorative, inutili risvolti mediatici, vicende investigative e processuali, personaggi famosi citati fuori luogo, rapporti confidenziali e poco credibili con donne influenti che lo circondano in questo periodo) che attengono ancora una volta al proprio registro di funzionamento. Talvolta le figure femminili sono apparse svalutate: «Solo P. è stata una donna con la D maiuscola… con tutte le altre (fidanzate) ci laviamo i pavimenti…».
Per queste vicende, la scelta di far uscire Di Fazio dal carcere provoca l’indignazione di alcune parti offese e dei loro difensori. C’è chi sta valutando se partecipare ancora al dibattimento, chi invece ha trovato insuperabile la serie di menzogne rifilate dal Di Fazio persino nell’interrogatorio del dicembre scorso quando, ad esempio, affermava che Chiara, l’ultima vittima, studentessa alla Bocconi, si era avvicinata a lui con l’intento di baciarlo: «C’era uno stato di ebbrezza molto elevato in quel momento perché erano già partiti due giri pesanti di, ripeto, spritz Campari e Tanqueray ed una bottiglia di Amarone della Valpolicella». Peccato che gli esami sull’alcolemia della ragazza al pronto soccorso fossero incompatibili con quegli alcolici, mentre le benzodiazepine erano a livello assai superiore al grado di tossicità.
(da la Stampa)

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PUTIN RICONOSCE LE REPUBBLICHE FANTOCCIO DEL DONBASS E RISPOLVERA PERSINO LENIN PER GIUSTIFICARE LA GUERRA

Febbraio 21st, 2022 Riccardo Fucile

ESILARANTE CHE PARLI DI ”OLIGARCHI IN UCRAINA” PROPRIO LUI CHE E’ DIVENTATO MILIARDARIO CON I SUOI AMICI OLIGARCHI RUSSI

Vladimir Putin ha annunciato che riconoscerà le Repubbliche separatiste del Donbass. Il capo del Cremlino ha anticipato la decisione in una telefonata con Olaf Scholz e Emmanuel Macron comunicando di voler “firmare a breve” un decreto.
Un nuovo passo che sostanzialmente apre le porte all’ingresso delle truppe di Mosca nei territori, in quanto non ritenuti dell’Ucraina, e quindi fa scivolare la crisi verso una possibile guerra. “L’Ucraina non è un Paese confinante, è parte integrante della nostra storia, cultura, spazio spirituale. È stata creata da Lenin”, ha detto Putin nel suo discorso alla nazione accusando anche l’ambasciata statunitense di “controllare direttamente alcuni giudici” e affermando che “l’Ucraina ha già perso la sua sovranità”, definendola serva dei “padroni occidentali”.
Altro che incontro imminente tra Joe Biden e il presidente russo, la tensione nell’est Europa vive un’altra giornata di fibrillazioni, iniziata con l’annuncio di un “imminente” bilaterale Usa-Russia, secondo l’Eliseo, e trasformatasi nel nuovo punto più basso della crisi con il Cremlino che riconoscerà gli indipendentisti del Donbass.
I vertici d’urgenza
L’annuncio ha scatenato la reazione immediata di Germania, Francia e Ucraina che hanno convocato un vertice d’urgenza e in aggiunta Macron riunirà in serata il Consiglio di difesa francese.
Così mentre la Casa Bianca, dove Biden ha riunito il Consiglio di sicurezza nazionale, ribadisce che un attacco “estremamente violento contro l’Ucraina è possibile nei prossimi giorni o ore”, e mentre Kiev chiede una riunione una riunione urgente del Consiglio di sicurezza Onu, Putin mette chiaro che per il momento non retrocede dai suoi intenti.
Già nel corso nel corso della seduta straordinaria del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, aveva spiegato che gli accordi di pace di Minsk non hanno “nessuna prospettiva” di applicazione, almeno per il momento. Quindi aveva scongiurato l’adesione dell’Ucraina alla Nato: in questo caso Kiev “potrebbe iniziare a riprendersi la Crimea, e la Nato stessa si unirebbe a questi eventi”.
E ancora, soprattutto, aveva annunciato una decisione imminente sul riconoscimento richiesto dalle repubbliche autoproclamate del Donbass.
(da agenzie)

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