Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile “INCAPACI DI PROTEGGERE I NOSTRI SOLDATI”
“Il problema è la stupidità dei nostri generali. Non imparano, non hanno una curva d’apprendimento. L’esercito ucraino fa il suo mestiere, che è quello di uccidere i nemici. Ma a uccidere davvero i soldati russi sono i nostri generali, con la loro stupidità criminale”.
Il giorno dopo un bombardamento di precisione dei militari ucraini contro una base di soldati russi a Makiivka con i razzi di fabbricazione americana Himars, i commentatori russi che di solito fanno il tifo per l’invasione e spesso manipolano le informazioni sono in rivolta contro i vertici dell’esercito di Mosca, che a loro detta continuano a fare gli stessi errori – come se non importasse loro di soffrire perdite enormi. Questa volta sono morti sessantatré soldati secondo il ministero della Difesa russo, ma è possibile che il bilancio sia più alto perché i resti non identificati sono contati come “dispersi” e anche perché la propaganda russa tende a minimizzare le perdite.
L’edificio di tre piani raso al suolo a Capodanno dai razzi Himars era nella regione di Makiivka, a ridosso della linea di contatto nell’area di Donetsk, e ospitava un numero imprecisato di reclute russe arruolate a forza e spedite al fronte. Gli ucraini sono a una decina di chilometri appena e in questa guerra di artiglieria e missili per i russi era come avere un’arma puntata alla tempia. Eppure gli ufficiali hanno ignorato le cautele di base e hanno trasformato la locale scuola numero 19 in una caserma per centinaia di uomini. Spesso nelle zone occupate i soldati di Mosca occupano le case degli ucraini e si sparpagliano per non offrire un bersaglio facile. In questo caso non era possibile.
Accanto, dicono adesso i testimoni, c’erano anche cumuli di munizioni e non erano mimetizzati o nascosti. Un minuto dopo l’una di notte alcuni soldati russi sono usciti dalla base perché qualcuno nelle vicinanze stava sparando fuochi d’artificio per celebrare l’inizio dell’anno nuovo – una pratica vietata accanto a un reparto militare in zona di guerra. I soldati che sono usciti sono stati gli unici a salvarsi, perché in quel momento un numero non specificato di razzi Himars ha centrato l’edificio. Un video girato il giorno dopo mostra una spianata di calcinacci e un paio di travi in cemento armato al posto della scuola. Viene da chiedersi se l’ora della strage non sia un messaggio beffardo da parte dei soldati ucraini, perché a Mosca era un minuto dopo la mezzanotte. Circola il video di un Himars addobbato con luci natalizie e di un soldato ucraino che indossa un berretto da Babbo Natale mentre partono i razzi.
Gli Himars hanno rivoluzionato la guerra in Ucraina. Hanno una gittata di circa 80 km e dispongono di un sistema di guida basato sulle coordinate Gps, hanno un margine di errore di nove metri, che in pratica non è nulla. Gli Usa hanno cominciato a spedirli in Ucraina a giugno. Nei mesi estivi gli ucraini hanno fatto saltare in aria depositi di munizioni e di carburante e i russi hanno imparato a non concentrare i loro rifornimenti per non attirare i razzi. E allora perché non abbiamo ancora imparato a fare la stessa cosa con i soldati?, si domanda uno dei canali Telegram russi più seguiti, quello di Boris Rozhin: “Non siamo ancora capaci di prendere le più elementari misure di sicurezza”. Daniil Bessonov, portavoce dei separatisti filorussi di Donetsk, chiede ai generali russi perché non sono ancora in grado di prendere sul serio le armi degli ucraini. Chi ha preso la decisione di piazzare i soldati in quella scuola dev’essere punito, dice, e in ogni caso dopo tutti questi mesi ci dovrebbero essere bunker fortificati per le truppe. “I colpevoli non puniranno loro stessi – gli rispondono – continueranno a mandare i mobilitati al fronte e i figli ai Caraibi”.
Anastasia Kasherova, una commentatrice tv famosa, ricorda che non è la prima strage: “È già successo lo stesso a Svatovo, a Kreminna, a Pavlinka. Ci sono centinaia di dispersi e ai generali non importa nulla. Poi danno medaglie ai sopravvissuti e li trascinano alle parate e li chiamano eroi. E visto che parliamo sempre delle battaglie dei nostri nonni, ebbene i nostri nonni hanno combattuto, questi (i generali) stanno facendo dei cazzo di errori enormi. Si rifiutano di ascoltare la verità. Se non cambiamo generali, la guerra fino alla vittoria si trascinerà per molti anni e molte ondate di mobilitazione”.
Tra le forze russe schierate in Ucraina ci sono spaccature evidenti. Da mesi i ceceni di Kadyrov e i mercenari della Wagner di Prigozhin accusano i generali russi di essere incapaci di guidare l’invasione – un po’ hanno ragione, un po’ lo fanno perché vogliono scalare il sistema di potere putiniano. I morti di Makiivka offrono altro combustibile per questo scontro interno.
(da La Repubblica)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile LA MASSA HA BISOGNO DI UNA DIREZIONE. ESSA È IN MOVIMENTO E MUOVE VERSO QUALCOSA, ANCHE SE NON SI CAPISCE COSA. L’IMPORTANTE È FARLO TUTTI ASSIEME, COME UN TRENINO DI CAPODANNO
Il discorso di inizio anno di Giorgia Meloni è un video di un minuto. Più
informale, più sporco della rubrica con l’agendina piena di appunti. La premier si riprende da sola, la voce agitata di chi ha fretta di trasmettere un’emozione incontenibile. È un messaggio di auguri per un «2023 di orgoglio e di ottimismo».
Il governo, giura, «farà la sua parte ma vorrei che ci credeste con me nella possibilità di risollevare questa nazione (…) Noi possiamo fare molto di più, dobbiamo farlo assieme». È l’incitamento del coach negli spogliatoi, del leader politico che cerca il calore della folla dei suoi sostenitori, del concorrente del reality prima del televoto.
Ma in questo caso l’obiettivo della premier è meno chiaro della vittoria di una partita, di un’elezione, di un programma tv. Meloni parla a tutti gli italiani perché conosce la ricetta del populismo svelata da Elias Canetti in “Massa e Potere”: «La massa ha bisogno di una direzione. Essa è in movimento e muove verso qualcosa», anche se non si capisce cosa. L’importante è farlo tutti assieme, come un trenino di capodanno.
(da La Stampa)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile IL MICROBIOLOGO ANDREA CRISANTI LASCIA L’UNIVERSITÀ DI PADOVA E PROMETTE GUERRA AL GOVERNATORE DEL VENETO, DOPO LE INTERCETTAZIONI SULLA “FAIDA DEI TAMPONI” FATTE USCIRE DA “REPORT”… “QUESTO REGIME DI INTIMIDAZIONE IN QUESTA REGIONE DEVE FINIRE. È UN PROBLEMA DI ETICA, NON POLITICO”
“A partire da oggi lascio l’Università di Padova”. Lo ha detto all’ANSA il sen. Andrea Crisanti, che all’Ateneo padovano ricopriva il ruolo di docente ordinario di microbiologia. La decisione, ha proseguito Crisanti, è legata all’indagine sui tamponi rapidi della Procura di Padova, e alla diffusione di alcune intercettazioni telefoniche che lo riguardano. Senza voler entrare nel merito, Crisanti ha aggiunto di volere “essere libero di prendere ogni decisione che mi riguarda, visto anche – ha concluso – che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università”.
“Zaia? Dichiarazioni di una gravità senza precedenti. Lo inseguo fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilità che ha nei miei confronti. Questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire”: parola di Andrea Crisanti, virologo che secondo le cronache sarebbe stato preso di mira dal governatore leghista per le sue prese di posizione sulla gestione della pandemia di Covid. Una “faida” di cui ha deciso di occuparsi anche Report.
In un’intercettazione Luca Zaia avrebbe detto: “Sono qua a rompermi i coglioni da 16 mesi, stiamo per portarlo allo schianto e voi andate a concordare la lettera per togliere le castagne dal fuoco al senato accademico, per sistemare Crisanti”.
La questione è quella dei test rapidi acquistati dal Veneto (e da altre cinque regioni), riguardo ai quali è partita un’inchiesta su esposto del virologo, convinto della non idoneità dei tamponi a scopo di screening, in quanto l’affidabilità sarebbe stata dal 70% e non del 90% come attestato dal produttore.
“Penso che siano – dice a MOW Crisanti riguardo alle dichiarazioni di Zaia – di una gravità senza precedenti. Da una parte la Regione ignora una valutazione tecnica fatta dall’Università di Padova e dall’altra accetta come giustificazione per l’acquisto di più di 200 milioni di tamponi una giustificazione che non esiste (falsa) e allo stesso tempo si accanisce per 18 mesi come dice lui [Zaia] stesso per schiantare una persona che fa servizio pubblico ai cittadini. Bel presidente di Regione che abbiamo”.
Cos’è cambiato nei rapporti rispetto all’inizio della pandemia
Evidentemente a un certo punto le verità scomode danno fastidio, punto.
Pensa che andrà avanti anche sul piano giudiziario
Io lo inseguo fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilità che ha nei miei confronti.
Una cosa che l’ha segnata…
È una questione di rispetto degli altri cittadini, perché quello che ha fatto a me probabilmente lo fa e l’ha fatto ad altri, e questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire.
E il fatto che nel frattempo lei abbia trovato casa politica all’opposizione rispetto a Zaia, nel Pd?
È ininfluente, qui è un problema di etica, non è un problema politico. Accolgo con sgomento queste dichiarazioni. Perché poi non sono solo queste le dichiarazioni, perché chiaramente io ho fatto accesso agli atti e ci sono ben altre dichiarazioni in cui si dimostra che lui è l’orchestratore di una campagna di diffamazione e discredito nei confronti tra le altre cose di una persona che lavora per la Regione e che tra le altre cose ha preso delle posizioni proprio per salvaguardare la Regione stessa.
Evidentemente se fosse stato preso sul serio lo studio che ho fatto e che poi è stato pubblicato su Nature, chiaramente avrebbero dovuto riflettere sugli ordini che stavano facendo e gli appalti per 200 e passa milioni di euro.
Questi praticamente hanno accettato come giustificazione la dichiarazione di Rigoli (direttore della microbiologia di Treviso incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei tamponi, ndr) che non ha fatto nessuno studio, ed erano addirittura consapevoli che non l’aveva fatto.
L’alternativa a questo tipo di tamponi qual era?
Per fare lo screening bisognava fare i molecolari, punto. E questo era sia nelle direttive della commissione europea sia addirittura nei foglietti illustrativi dei test, che dicevano chiaramente che i test andavano fatti per diagnosi e non per screening, perché non avevano valore predittivo negativo sufficiente. In Veneto questi tamponi sono stati usati come screening per le rsa. E nel Veneto nella seconda ondata nelle rsa c’è stata una strage.
(da MOW)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile LA TURISTA ISRAELIANA ACCOLTELLATA A TERMINI MENTRE FACEVA IL BIGLIETTO… IL RESPONSABILE SE NE VA TRANQUILLAMENTE, NESSUN AGENTE INTERVIENE
È stata accoltellata nella serata di San Silvestro, mentre Roma si preparava
ad accogliere il nuovo anno.
La vittima, una studente 24enne israeliana, è stata colpita alla stazione Termini: è stata sorpresa alle spalle, mentre era concentrata con il viso rivolto alla biglietteria automatica per fare un biglietto del treno.
Si trovava a Roma per trascorrere la notte di Capodanno con un’amica e sarebbe dovuta ripartire ieri, domenica primo gennaio. Invece adesso si trova in ospedale in condizioni gravi dopo essere stata subito soccorsa dal 118.
L’intera aggressione ai danni della giovane, avvenuta alle ore 21.30, è stata registrata dalle telecamere dei sistemi di sicurezza della stazione Termini, che hanno ripreso ogni istante della vicenda, dall’avvicinamento dell’uomo alla sua fuga. Il lavoro degli inquirenti parte proprio da questi video: la Procura ha aperto un fascicolo per tentato omicidio.
Anche la sera del 31 dicembre c’è un viavai di persone alla stazione Termini: alcune si muovono in gruppo, altre in coppia. Una ragazza, nella parte alta dell’inquadratura, si trova da sola, davanti ad una delle macchinette automatiche per fare i biglietti alla stazione. È concentrata e guarda lo schermo. Nel frattempo, dalla parte opposta, si trova un uomo totalmente vestito di nero con ai piedi scarpe scure e un berretto sulla testa. Tiene fra le mani una busta celeste in cui sembra cercare qualcosa e si muove lentamente nel corridoio. È in quel momento, forse, che adocchia la 24enne, che si trova poco distante da lui e decide di agire.
L’aggressione alle spalle
L’uomo vestito di scuro le si è avvicinato lentamente, poi in un secondo ha estratto dalla busta celeste un coltello e l’ha accoltellata con due colpi al petto. In preda al panico la ragazza è caduta, si è rialzata e ha provato a fuggire, senza riuscirci. L’uomo si è avvicinato ancora e le sferra un terzo colpo. Poi si volta, nasconde il coltello nella busta ed è lui a scappare.
Dalle immagini sembra che si possa escludere la tentata rapina, così come non pare si sia trattato di un gesto antisemita.
La ragazza, immediatamente soccorsa, adesso si trova in ospedale, al Policlinico Umberto I. La sera del 31 dicembre è arrivata in codice rosso: le sue condizioni sono ancora gravi, ma stabili e fortunatamente non sembra più essere in pericolo di vita.
Proprio dall’ospedale, dove si trova in prognosi riservata, ha parlato con gli inquirenti, a cui ha spiegato di non conoscere il suo aggressore. Gli agenti, però, grazie al video finito sui social e a quelli delle altre videocamere a circuito chiuso, stanno cercando di ricostruire eventuali contatti fra i due e di capire se la giovane possa essere stata pedinata dal suo aggressore o seguita da lui già all’esterno della stazione: secondo quanto ricorda la 24enne, però, nessuno l’avrebbe seguita prima dell’aggressione.
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per tentato omicidio coordinato dall’aggiunto Michele Prestipino, dopo la prima informativa dalla Polfer: per il momento non sono coinvolti i pm dell’antiterrorismo.
(da Fanpage)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile AUMENTO DI 20 CENTESIMI PERCHE’ IL GOVERNO HA DECISO DI LASCIAR SCADERE IL TAGLIO DELLE ACCISE E RIPRISTINARE LE IMPOSTE CHE PROMETTEVA DI CANCELLARE
Giorgia Meloni ha aumentato il prezzo della benzina. Il 31 dicembre centinaia di migliaia di automobilisti si sono messi in coda ai distributori automatici di tutta Italia per fare il pieno di carburante.
L’ultimo giorno del 2022, infatti, è coinciso con l’ultimo giorno dello sconto sulle accise. Così, dopo mesi e mesi di riduzioni sul costo dei carburanti, si torna al prezzo pieno.
Non è la prima volta per il governo Meloni, tra l’altro, visto che a fine novembre già una parte delle accise erano state ripristinate
Facciamo un passo indietro.
La decisione di tagliare le accise – che sono delle imposte calibrate su un litro di carburante e inserite in diverse fasi della storia italiana – è stata del governo Draghi, che dalla primavera scorsa ha ridotto di 25 centesimi le accise sui carburanti.
Poi la misura è stata prorogata nel tempo, si è arrivati oltre i trenta centesimi tra decreti successivi e l’Iva tagliata di conseguenza. Fatto sta che il governo Draghi ha lasciato in eredità uno sconto attivo sul prezzo della benzina e del diesel di circa 35 centesimi in vigore fino al 18 novembre.
Il governo Meloni, fin dal suo insediamento, è sembrato molto dubbioso sul destino della misura. Si tratta di un provvedimento molto costoso per le casse dello Stato – si stima che siano stati spesi circa 7 miliardi di euro per coprire lo sconto da marzo a dicembre – e il prezzo del greggio è sceso rispetto ai picchi che hanno costretto Draghi a inserire lo sconto sulle accise.
Perciò il governo prima ha detto che avrebbe prolungato il taglio fino a fine anno, poi ci ha ripensato dividendo in due tranche il ritorno alla normalità. Dal primo dicembre lo sconto è diventato di 15 centesimi sul litro, dal primo gennaio è stato azzerato del tutto.
La decisione del governo sta facendo molto discutere – e scatenando ironia e critiche degli avversari politici – poiché Giorgia Meloni è sempre stata la prima a promettere di eliminare le accise sui carburanti, con tanto di video iconici da campagna elettorale.
E ora, invece, trovandosi al governo, la presidente del Consiglio ha deciso non solo di non tagliarle, ma di ripristinare anche le imposte così com’erano fino a qualche mese fa. Il problema, tra l’altro, riguarda gran parte del governo, visto che il taglio delle accise è anche uno dei tanti cavalli di battaglia di Matteo Salvini.
Insomma, il governo Meloni ha sostanzialmente alzato il prezzo della benzina e del diesel, cancellando dei tagli alle accise fatti negli ultimi mesi. E le promesse passate pesano come macigni, nel silenzio del governo.
(da Fanpage)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile SBARCHERA’ A TARANTO CON 85 PERSONE A BORDO
La nave Geo Barents di Medici senza frontiere ha salvato nella notte 41
persone, su richiesta delle autorità italiane, e in particolare del Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo italiano.
Si tratta del primo salvataggio in mare compiuto dopo l’approvazione del decreto che contiene regole più stringenti per le Ong, con multe fino a 50mila euro. Pochi minuti fa è stato indicato Taranto come porto di sbarco: la Geo Barents arriverà nel porto pugliese tra due giorni.
Non era ancora terminato il 1 gennaio, quando il team di Medici Senza Frontiere (Msf) ha tratto in salvo i 41 migranti che viaggiavano su una barca in difficoltà che si trovava in acque internazionali al largo della Libia.
L’operazione di salvataggio, fa sapere ancora l’Ong, si è svolta nel buio più totale e in condizioni difficili poiché la barca su cui viaggiavano le persone si era capovolta.
Nonostante l’esperienza traumatica, i 41 sopravvissuti, tra cui due donne, sono ora sani e salvi a bordo Geo Barents e assistiti dagli operatori di Medici senza frontiere.
Dopo l’intervento di questa notte, e sempre su richiesta delle autorità italiane, la nave della Ong ha effettuato un trasbordo da una nave mercantile di 44 persone. Dopodiché le autorità italiane hanno assegnato il porto di Taranto, dove la nave si sta dirigendo per far sbarcare gli 85 naufraghi (41 del salvataggio di questa notte più i 44 appena accolti a bordo).
Intanto Alarm Phone, il call center per i migranti in difficoltà nel Mediterraneo, segnala presenza di un altre persone in mare, che rischiano di annegare.
Si tratta di un gruppo di 170 persone, che si trovano al momento al largo delle acque della Sicilia: l’organizzazione lo fa sapere su Twitter, postando anche una foto con le coordinate dell’imbarcazione: “Oggi siamo stati chiamati da una barca in difficoltà, con circa 170 persone a bordo. Abbiamo informato le autorità 5 ore fa, ma si rifiutano di darci informazioni. La gente continua a chiamarci segnalando che la barca sta imbarcando acqua”.
(da Fanpage)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile IL REPORT DI CGIA DI MESTRE: “IN ITALIA PIU’ PENSIONI EROGATE CHE LAVORATORI”
Mentre nel Centro-Nord, eccezion fatta per Liguria, Umbria e Marche, i lavoratori attivi sono – anche se di poco – in numero maggiore rispetto a coloro che percepiscono una pensione, al Sud il sorpasso è pienamente avvenuto: questi ultimi superano infatti i primi di un milione e 244 mila unità.
In totale a livello nazionale lo scarto è di 205mila tra chi lavora e chi percepisce un sussidio: sono 22 milioni e 759 mila gli assegni, mentre i lavoratori autonomi e i dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi sono 22 milioni 554 mila. A rivelarlo è l’Ufficio studi della Cgia, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre, che riporta dati riferiti al 1 gennaio 2022.
Va ricordato che il numero di pensionati è più basso rispetto a quello delle prestazioni erogate: i beneficiari di trattamenti Inps alla fine dell’anno scorso erano infatti poco più di 16 milioni.
Tra le principali cause di questo squilibrio c’è la forte denatalità che da 30 anni caratterizza l’Italia: il calo demografico ha ridotto la popolazione in età lavorativa. Tra il 2014 e il 2022, secondo Cgia, la popolazione italiana nella fascia di età più produttiva, che va dai 25 ai 44 anni, è diminuita di oltre un milione e 360 mila unità, un calo del 2,3%.
“Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana – fa notare l’associazione – potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa pensionistica, di quella farmaceutica e di quella legata alle attività di cura/assistenza alla persona”.
Il risultato dell’analisi è comunque sottodimensionato, perché circa un milione e 700mila pensionati hanno comunque continuato volontariamente a esercitare l’attività lavorativa. Per quanto riguarda il risultato “anomalo” del Sud, va segnalato che, rispetto alle altre zone d’Italia, il numero degli occupati è sensibilmente inferiore.
(da TPI)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile LA DONNA SAREBBE UNO DEGLI “ATTORI” DI CUI IL DITTATORE SI CIRCONDA PER PORTARE AVANTI LA SUA PROPAGANDA…L’IRONIA DELLA PREMIO NOBEL, OLEKSANDRA MATVIICHUK: “ANCHE I FIGURANTI SCARSEGGIANO”
Nel suo messaggio di Capodanno Vladimir Putin è apparso affiancato da
truppe che avrebbero combattuto in Ucraina. In realtà avrebbe arruolato «attori» che recitassero la parte dei soldati mentre brindava per elogiare i loro sforzi bellici.
L’accusa è rimbalzata sui social, rilanciata anche da reporter di testate autorevoli come Cnn e Bild, mentre circolano pure nuove indiscrezioni sullo stato di salute dello zar: in particolare una nuova analisi dell’intelligence occidentale afferma che Putin avrebbe deciso di attaccare l’Ucraina a febbraio sotto effetto di farmaci antitumorali che inducono stati di megalomania come effetti collaterali.
Tra i primi a ironizzare sulle «comparse» per Putin è Tadeusz Giczan, già caporedattore di Nexta, media bielorusso dell’opposizione. «Una soldatessa, una marinaia e una cristiana devota. Dio si muove in un modo misterioso » ha twittato riferendosi alla donna bionda con la coda alla destra di Putin, mentre pronuncia il suo discorso. Julian Röpcke, caporedattore politico della Bild, ha rilanciato anche un video in cui la si vede raccontare che i soldati russi feriti non vogliono essere evacuati dal campo di battaglia perché desiderano continuare a combattere con i loro compagni. «Anche il dittatore sembra annoiato da questa orrenda propaganda» commenta Röpcke.
Sebbene sia in mimetica, il sospetto è che abbia più presenza scenica che esperienza al fronte. Questo perché la misteriosa donna — secondo alcune segnalazioni sui social — sarebbe già comparsa in una serie di photo opportunity con Putin: in tuta arancione impermeabile da marinaio su una barca, poi con il velo sul capo da credente devota in chiesa.
Con lei altri volti «ricorrenti» come ha notato Clarissa Ward, corrispondente internazionale della Cnn, con una domanda: «Chi è lei? Una guardia del corpo? Un’attrice?» e facendo notare che «ci sono altre facce che appaiono in entrambe le foto a destra». Anche due suoi «compagni» erano stati avvistati nel filmato in barca con Putin e alla funzione religiosa, sempre al fianco del presidente russo.
Alcuni hanno sostenuto che la donna misteriosa sia Sergukhina Larisa Borisovna, parlamentare della Duma di Russia Unita, il partito di Putin. Sempre lei era delle «mamme speciali» dei soldati ricevute a novembre al Cremlino. Il presidente era già stato accusato lo scorso maggio di aver inscenato una visita a un ospedale militare usando «attori»: uno dei «soldati feriti» sarebbe anche apparso nei panni dell’operaio in una precedente visita in una fabbrica.
L’ipotesi è che il ricorso a «controfigure» fidate sia il modo ormai abituale di Putin per portare avanti la sua propaganda di leader acclamato dalla gente comune evitando però i rischi di qualsiasi contatto ravvicinato — visto anche il calo del consenso per la guerra in Ucraina.
Ora sarebbe costretto anche a ricorrere allo stesso cast, notano con ironia alcuni commentatori sui social. A iniziare dalla co-vincitrice del premio Nobel per la pace 2022 Oleksandra Matviichuk, la 39enne ucraina avvocata e attivista per i diritti umani: «Putin voleva copiare Zelensky, che è venuto dai difensori ucraini a Bakhmut. Ma dopo dieci mesi di guerra su vasta scala, anche gli attori scarseggiano in Russia».
(da il Corriere della Sera)
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Gennaio 2nd, 2023 Riccardo Fucile PARLAMENTO TRATTATO DA PASSACARTE, FONDO PEREQUATIVO SENZA UN EURO PER LE AREE SVANTAGGIATE
Come annunciato dall’autore, il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata è stato depositato a Palazzo Chigi: ora il ministro degli Affari regionali inizierà a fare pressioni per portarlo in Consiglio dei ministri. D’altronde Luca Zaia, che è il co-autore di questa legge, aveva chiarito la scorsa settimana che “senza autonomia” la Lega nazionale “non ha più ragione di esistere”: e così, per evitare che la Lega dei ministeri fosse bombardata da quella dei territori, la legge quadro che farà da cornice alle singole intese Stato-Regioni si è materializzata.
Il problema è che il ddl – che Il Fatto ha potuto visionare – è quasi peggio delle previsioni: intese pattizie, “eterne” e di difficile correzione, Parlamento trattato da passacarte, un Fondo perequativo senza un euro in più per le aree svantaggiate. Per non chiamarla “secessione dei ricchi” bisogna fare una certa fatica.
Intanto la procedura, che definiremo “o comunque una volta decorso il termine di 30 giorni” perché si tratta di un iter di corsa, alla bersagliera. Il prequel è in manovra. Una commissione governativa definirà entro 12 mesi i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che la Costituzione come riformata nel 2001 prevede siano rispettati su tutto il territorio nazionale: una volta definiti vengono emanati via Dpcm e via Dpcm si stabilisce anche quali funzioni non prevedono i Lep, il Parlamento neanche ci mette bocca.
Intanto, Meloni permettendo, la legge quadro va alle Camere, che devono approvarla: se lo fanno in questa modalità sarà l’ultima volta che parlano. Dopo, infatti, le singole intese sulle 23 materie citate dal Titolo V, robetta tipo la scuola, vengono contrattate tra governo e giunte regionali, che possono o anche no tener conto del parere di Conferenza Unificata e Commissione parlamentare per le questioni regionali. E il Parlamento? Approva “ai sensi dell’art. 116 terzo comma della Costituzione”. Cioè, nelle intenzioni di Calderoli e Zaia, dice sì o no a maggioranza qualificata senza poter fare emendamenti.
Poi c’è il capolavoro. Se ci sono in ballo i Lep, si legge, il trasferimento di funzioni, fondi e personale può essere fatto solo dopo la loro definizione, per il resto si può procedere appena approvata la legge quadro. La definizione, però, non è la loro attuazione e nemmeno il loro finanziamento, ma Calderoli ha fretta: e infatti “fino alla determinazione dei costi e fabbisogni standard” si usa la spesa storica (pudicamente definita “fissa e ricorrente”), che com’è noto favorisce il Nord.
Il punto è spostare subito personale e soldi, cioè stabilire lungo il 2023 quanti schei potrà tenersi Zaia per lasciare tranquillo Salvini nella sua seconda prova da ministro.
Ci pensa il Tesoro a deciderlo? Macché: una commissione paritetica Stato-Regione deciderà quanta compartecipazione al gettito o riserva di aliquota toccherà al Doge e ai suoi simili, come si fa nei trattati fiscali con gli Stati stranieri…
Queste intese, si dirà, comunque prima o poi scadono. In realtà possono avere una durata, dice il ddl Calderoli, quindi anche non averla e nell’intesa si deve stabilire i casi in cui le parti possano chiederne la cessazione: anche se c’è una scadenza, però, per evitare il rinnovo automatico serve “l’iniziativa congiunta” di Stato e Regione.
Le verifiche sul funzionamento del nuovo sistema poi sono una barzelletta: Palazzo Chigi può “disporre verifiche su specifici profili” e poi basta perché non ha il potere di correggere alcunché. Almeno sui soldi, dirà il lettore, ci saranno controlli: certo, li fa la commissione paritetica Stato-Regione
Infine ci sarebbe il problema del “fondo perequativo senza vincoli di destinazione” previsto dalla Costituzione per i territori più poveri. Ecco, la legge Calderoli non lo prevede: dice che bisogna fare un fondo unico coi soldi che lo Stato già oggi stanzia per le Regioni in varie forme, dunque senza un euro in più, e peraltro “salvaguardando gli specifici vincoli di destinazione” (il che sarebbe incostituzionale). Infine parla di “procedure” per un uso “più razionale, efficace ed efficiente delle risorse” (tipico linguaggio da tagli di spesa).
Questo è il progetto che serve alla Lega per tenere insieme le sue due anime e questo progetto può passare solo se il Parlamento deciderà di fare il passacarte e non il legislatore.
(da Il Fatto Quotidiano)
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