ARRESTATO IL BOSS LATITANTE DELLA ‘NDRANGHETA DOMENICO BELLOCCO, RE DEL NARCOTRAFFICO
E’ IL REGGENTE DELLA COSCA DI ROSARNO… BLITZ IN UN CASOLARE ISOLATO DEL VIBONESE
Fine della latitanza per Domenico Bellocco, secondo i pentiti attuale reggente dell’omonimo casato di ‘Ndrangheta di Rosarno e stella nascente nel mondo del narcotraffico.
È proprio seguendo le tracce di una rete di narcos, che dall’Argentina faceva arrivare container e container di “bianca” al porto di Gioia Tauro, che la procura antimafia di Reggio Calabria era riuscita a individuarlo.
Ma nel novembre del 2019, quando il blitz è scattato di Bellocco carabinieri e finanzieri non hanno trovato traccia.
Per mesi, è diventato un’ombra. O almeno tale è stato fino ad oggi.
“Lo cercavamo da tempo, ma negli ultimi giorni – spiega il capo della Distrettuale antimafia, Giovanni Bombardieri – più di un indizio ci ha detto che eravamo molto molto vicini”. Qualche ora fa, il Gico ha scovato quelli decisivi, che hanno permesso di individuare il covo. E in poche ore è scattato il blitz congiunto degli agenti della Finanza di Reggio Calabria e Vibo Valentia e dei Carabinieri del comando provinciale di Reggio e della compagnia di Serra San Bruno, con il supporto dello Squadrone “Cacciatori di Calabria”.
Bellocco si nascondeva in un casolare isolato nella zona di Mongiana, comune montuoso del vibonese, ma vicinissimo alla Piana di Gioia Tauro in cui il clan ha il proprio regno. “È un dato da non sottovalutare – ci tiene a sottolineare il procuratore Bombardieri – per noi è la conferma dell’omogeneità criminale fra la ‘Ndrangheta della Piana di Gioia Tauro e quella del vibonese”.
Terra di casati storici, come i Piromalli di Gioia Tauro, i Bellocco di Rosarno, i Mancuso di Limbadi. “Le punte della stella” ha spiegato in verbali recentissimi il pentito Salvatore Di Giacomo.
Su eventuali appoggi e coperture dei clan di zona adesso si dovrà indagare, così come sulla rete che ha permesso a Bellocco di continuare a gestire il clan pur rimanendo nell’ombra. Un punto di partenza c’è. Il latitante si muoveva agevolmente anche grazie ad una carta d’identità contraffatta, ma corrispondente ad un soggetto realmente esistente. E gli investigatori adesso vogliono capire se quell’originale proprietario abbia avuto un ruolo nella latitanza del reggente del clan della Piana, o sia stato solo vittima inconsapevole della rete di protezione che attorno a lui è stata stesa.
Inseguito da un ordine di esecuzione per associazione mafiosa, adesso Bellocco dovrà rispondere anche di narcotraffico. Per gli inquirenti, era lui a coordinare le operazioni che per lungo tempo hanno permesso al clan di importare tonnellate di cocaina dall’Argentina, dove potevano contare anche su “colletti bianchi” in grado di avere soffiate e informazioni sulle indagini dei magistrati di Buenos Aires.
In Italia, la droga arrivava e veniva “consegnata” con la tecnica del rip-off. Ignaro di essere intercettato, era stato proprio uno dei trafficanti a spiegarlo. “A Gioia Tauro non arriva al porto viene buttata in mare. Hai capito? Viene buttata in mare prima del porto, ci sono i pescatori la?, i pescherecci, e poi con una cosa, ti prendono e ti tirano”. Dalla Calabria, ha svelato l’inchiesta, la cocaina veniva poi distribuita in mezza Italia, soprattutto fra Roma, Toscana, Lombardia e Veneto, dove gli uomini del clan avevano iniziato a reclutare anche imprenditori disponibili a riciclare il denaro guadagnato grazie ai fiumi di cocaina che lì sfociavano.
(da agenzie)
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