BERLUSCONI RIAPRE LA PARTITA DELLA DECADENZA: “INTERVERRA’ NAPOLITANO, ME LO DEVE CONCEDERE”
I TONI BASSI DEL CAVALIERE PER STRAPPARE UN RINVIO A GENNAIO
Dieci giorni di tempo. E un patto in extremis.
Un accordo per chiudere quello che considera un incubo: la decadenza.
La linea della diplomazia che a sorpresa Silvio Berlusconi si è imposto nonostante lo strappo – e ha imposto ai suoi ieri – ha una data di scadenza assai ravvicinata. E coincide col voto per lui fatale del 27 novembre.
E infatti im vista di quell’appuntamento si è convinto che si possa ancora tracciare un disegno che porti dritto al rinvio. Con due alleati “speciali”: il Quirinale e il “figlio ribelle, ossia il vicepresidente del consiglio.
«Angelino — sospira nel retropalco della Palazzo dei Congressi — continua a dirmi che nonostante tutto si impegneranno per rinviare il voto sulla mia decadenza a gennaio, vedremo cosa sono capaci di fare». I fedelissimi fanno la fila per stringere la mano a un Cavaliere provato, sfiancato. Si è appena ripreso dalla crisi ipoglicemica che lo coglie sul palco. Ma il pensiero torna di nuovo ad Angelino. Tanto che molti sospettano che dietro la scissione ci sia addirittura un accordo sottobanco: rendere più facile lo slittamento al 2014 della sua decadenza
Dopo il pranzo a porte chiuse con la Pascale, si aprono le porte per Verdini, Santanchè e Fitto. Trovano un leader a quel punto risollevato.
«Oggi non mi è mancato nulla, abbiamo fatto la cosa giusta, abbiamo fatto di tutto, ma per Angelino sono dispiaciuto, lo consideravo un figlio. Degli altri no, non m’importava più nulla» è lo sfogo: «Non possiamo essere tristi per aver perso Giovanardi o Formigoni». Tutti insieme, alle prossime Europee, dice che «non andranno oltre il 4 per cento»
Ma il chiodo fisso della decadenza imminente si rivela la vera causa dell’angoscia che lo attanaglia. «A me basta che rinviino il voto di alcune settimane, a gennaio.
Il presidente Napolitano non può restare ancora una volta a guardare, ho fatto di tutto per farlo eleggere e dar vita al governo che lui voleva, deve fare qualcosa ». Serve tempo.
Ma suo a giudizio uno spiraglio si apre. «Mi dicono che la possibilità di fare un patto in extremis con il Colle esiste ancora»
In attesa che arrivino dagli Stati Uniti le nuove carte su Frank Agrama, l’italo egiziano del processo sui diritti tv. Ghedini e Longo lo hanno convinto che saranno il jolly per ottenere la revisione del processo.
E per aiutare il ricorso alla Corte di Giustizia europea. A quel punto – questa la strategia studiata a Palazzo Grazioli – «basterebbe un ordine del giorno da votare al Senato per ottenere un rinvio del voto sulla decadenza sine die, fino al pronunciamento della Corte europea ».
Disegno velleitario, ormai fuori tempo massimo, continuano a ripetere invano i consiglieri più moderati a un Berlusconi che non si rassegna. «Se ci saranno elementi tali da giustificare questa istanza, come noi pensiamo, certamente non ci tireremo indietro » dice del resto da Bari l’altro legale Franco Coppi a proposito dell’ipotesi revisione. Intanto i falchi sono già al lavoro per la manifestazione di piazza per mercoledì 27 a Roma
Eppure, nel discorso fiume di un’ora e mezza il Cavaliere non parla mai di crisi, mai accenna al passaggio all’opposizione. Ma non è un caso.
L’obiettivo ora è cambiato, in pochi adesso parlano di voto anticipato. «Adesso alle elezioni non potremmo andare » ha ammesso lo stesso Berlusconi.
Il leader promette ai suoi che martedì tornerà a Roma per lavorare all’organizzazione dei club Forza Silvio e soprattutto agli assetti gerarchici.
Chi è rimasto al suo fianco adesso scalpita. Il posto da vicepresidente al quale Alfano ha rinunciato rientra ora nelle mire di Raffaele Fitto. Verdini potrebbe restare coordinatore, sarà i dominus delle liste comunque.
Tra i due ormai un asse, vanno via insieme, nella stessa berlina, dal Palazzo dei congressi. Annamaria Bernini e Paolo Romani sono in pole position per la carica di capogruppo al Senato lasciata da Schifani.
Malore a parte, sotto il cielo grigio del novembre romano i toni sono dimessi, nessun’aria di festa, pare celebrarsi il divorzio dai «traditori» più che la rinascita di Forza Italia. Le prime file con i volti di un tempo, da Martino a Dell’Utri, da Scajola a Brancher, non giovano al maquiellage.
E a poco vale che fuori da lì si fronteggino i “falchetti” della Santanchè e quelli della Giovane Italia di Annagrazia Calabria.
Quando è tutto finito da un pezzo, sui gradini del piazzale antistante siedono i vincitori della battaglia campale di questi giorni. Fitto, Santanchè e Verdini, tutti e tre intenti a fumare la sigaretta liberatoria.
Con Angelino in realtà Berlusconi si è sentito fino a venerdì notte, quando tutto era già concluso. E si dice che contatti indiretti ci siano stati anche ieri.
Al capo la conferenza stampa di Angelino in fondo sembra non sia dispiaciuta.
Ma ora aspetta un segnale, l’unico che gli interessi
Dieci giorni di tempo.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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